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La nonviolenza e' in cammino. 1470
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1470
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 5 Nov 2006 00:19:29 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1470 del 5 novembre 2006 Sommario di questo numero: 1. Afghanistan 2. "Azione nonviolenta" di novembre 2006 3. Hannah Arendt: Un estratto da "Comprensione e politica" 4. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2007 5. Indice dei numeri 886-915 (aprile 2005) de "La nonviolenza e' in cammino" 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. AFGHANISTAN [Gabriele Torsello, giornalista, fotografo e documentarista freelance, collaboratore di movimenti umanitari, impegnato contro la guerra e contro le violazioni dei diritti umani, e' stato rapito in Afghanistan il 12 ottobre 2006; e' stato liberato la mattina del 3 novembre: lo ha annunciato Emergency con questo comunicato: "Oggi, venerdi' 3 novembre, intorno alle 10 ora italiana (le13,30 in Afghanistan) una telefonata all'ospedale di Emergency a Lashkar-Gah ha indicato che sulla strada per Kandahar si sarebbe potuto trovare Gabriele Torsello liberato. Un membro afgano dello staff di Emergency, viaggiando nella direzione indicata, ha trovato Gabriele Torsello e lo ha accompagnato da incaricati del governo italiano. Emergency ha immediatamente avvertito i familiari, il ministero degli esteri e l'ambasciatore italiano a Kabul"] Che gioia grande la liberazione di Gabriele Torsello. E che strazio immenso che la guerra continui. Incombe a tutte e tutti il dovere di contribuire a liberare anche tutte le altre persone che in Afghanistan sono tenute prigioniere: della guerra, degli infiniti orrori di cui la guerra consiste e che la guerra alimenta. Per liberare le e gli innumerevoli Gabrieli afgani, occorre far cessare la guerra. * E poiche' lo stato italiano sta criminalmente partecipando alla guerra, e' dovere dei cittadini italiani in primo luogo far cessare la partecipazione italiana alla guerra. E poiche' lo stato italiano sta partecipando alla guerra in flagrante violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale, opporsi alla guerra e' hic et nunc per tutti i cittadini italiani anche un atto di ripristino della legalita' violata da maggioranze parlamentari e governi fedifraghi e stragisti. * Cessi la partecipazione italiana alla guerra afgana. Cessino le stragi della Nato, coalizione di cui l'Italia fa parte. Solo la pace salva le vite. Smilitarizzazione, disarmo, aiuti umanitari, scelta della nonviolenta: vi e' una sola umanita'. 2. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI NOVEMBRE 2006 [Da Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org), riceviamo e diffondiamo] E' uscito il numero di novembre 2006 di "Azione nonviolenta", rivista del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. In questo numero: La politica della nonviolenza (alla prova della guerra), di Mao Valpiana; Musulmani, jihad e nonviolenza, di Adel Jabbar; La resistenza dei contadini. Chi salvera' il mondo? La lotta per la salute e' una battaglia di tutti, di Sergio Albesano; La pace nel mondo puo' venire costruita cominciando oggi, un bambino per volta, nostra intervista a Ibu Robin Lim; L'Indonesia e', di Maurizio Rosemberg Colorni; Poetica della nascita, di Francesca Rivetti; Ha difeso gli obiettori, gli antimilitaristi, i disertori. Un premio al giurista intellettuale che scrive letteracce, nostra intervista a Sandro Canestrini. E le rubriche: Educazione. Chi puo' anche parlare ascolta con piu' attenzione, a cura di Pasquale Pugliese; Disarmo. La vendita di armi non conosce frontiera, a cura di Massimiliano Pilati; Economia. Servire Dio o Mammona: il dilemma della finanza cattolica, a cura di Paolo Macina; Giovani. Riflettere sui consumi e sul nostro stile di vita, a cura di Elisabetta Albesano e Agnese Manera; Per esempio. Le donne della Colombia vogliono tessere una rete, a cura di Maria G. Di Rienzo; Cinema. Figli contesi di un matrimonio in rottura, a cura di Flavia Rizzi; Libri. L'antibarbarie, a cura di Sergio Albesano; Lettere. Repliche sul movimento umanista, a cura della redazione. In copertina: Voci e volti delle religioni per la pace. In ultima: Materiale disponibile. In seconda: Pax et Biani, Francesco e il sultano. * Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail a: an at nonviolenti.org, scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". 3. MAESTRE. HANNAH ARENDT: UN ESTRATTO DA "COMPRENSIONE E POLITICA" [Dal sito www.feltrinelli.it riprendiamo il seguente estratto dal saggio di Hannah Arendt "Comprensione e politica (le difficolta' del comprendere)", nella raccolta di saggi Archivio Arendt. 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003, pp. 79-98 (la parte qui riprodotta e' alle pp. 87-98, non sono state riportate le note). Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] (...) Pare quasi un segno di giustizia storica che Paul Valery, la piu' lucida mente francese, la classica persona di bon sens, sia stato il primo a intuire la bancarotta del senso comune nel mondo moderno, in cui le idee piu' comuni sono state "attaccate, rifiutate, sorprese e dissolte dai fatti" e in cui, pertanto, siamo testimoni di "una sorta di insolvenza dell'immaginazione e di bancarotta dell'intelletto" (Regards sur le monde actuel). Ben piu' sorprendente e' pero' il fatto che gia' nel XVIII secolo Montesquieu fosse persuaso che solo i costumi - che, essendo mores, costituiscono in senso del tutto letterale la moralita' di ogni civilta' - potessero impedire uno spettacolare crollo morale e spirituale della cultura occidentale. Certamente Montesquieu non puo' essere annoverato tra i profeti di sventura, ma il suo coraggio freddo e sobrio non ha trovato eguali nemmeno tra i celebri pessimisti storici del XIX secolo. La vita dei popoli, secondo Montesquieu, e' regolata dalle leggi e dai costumi, che si differenziano per il fatto che "le leggi regolano le azioni del cittadino e i costumi regolano le azioni dell'uomo" (L'Esprit des lois, libro XIX, cap. 16). Le leggi definiscono lo spazio della vita politica pubblica, mentre i costumi definiscono la sfera della societa'. Il declino delle nazioni comincia con il venir meno della legalita', o perche' vi e' un abuso delle leggi da parte del governo in carica o perche' viene messa in dubbio o contestata l'autorita' della loro fonte. In entrambi i casi, le leggi non sono piu' ritenute valide. Ne consegue che la nazione, oltre a non "credere" piu' nelle proprie leggi, perde la propria capacita' di agire politicamente in maniera responsabile: gli individui cessano di essere cittadini nel senso pieno della parola. A perdurare allora (cosa che spiega tra l'altro la frequente longevita' dei corpi politici che hanno esaurito la propria linfa vitale) sono i costumi e le tradizioni della societa'. Fintanto che essi permangono intatti, gli uomini in quanto individui privati continuano a comportarsi secondo certi parametri di moralita'. Ma questa moralita' ha perso le sue basi. Ci si puo' affidare alla tradizione per prevenire il peggio solo per un periodo limitato di tempo. Qualsiasi incidente puo' distruggere i costumi e la moralita' una volta privati del loro ancoramento nella legalita'; qualsiasi evento contingente e' destinato a minacciare una societa' non piu' garantita dai suoi cittadini. Riguardo alla propria epoca e alle sue prospettive immediate Montesquieu aveva questo da dire: "La maggior parte dei popoli d'Europa sono ancora governati dai buoni costumi. Tuttavia, se per un lungo abuso di potere, se per una grande conquista, si instaurasse a un certo punto il dispotismo, non vi sarebbero piu' ne' costumi ne' clima a opporre resistenza: e in questa bella parte del mondo, la natura umana soffrirebbe, almeno per qualche tempo, gli stessi affronti che le si infliggono nelle altre tre" (L'Esprit des lois, libro VIII, cap. 8). In questo passaggio Montesquieu descrive i pericoli politici cui si espone un corpo politico retto solo dai costumi e dalle tradizioni, cioe' dalla sola forza vincolante della moralita'. I pericoli potrebbero giungere dall'interno, sotto forma di abuso di potere, o dall'esterno, sotto forma di aggressione. Ma cio' che Montesquieu non pote' prevedere e' il fattore che da ultimo effettivamente provoco' all'inizio del XIX secolo il declino dei costumi e che scaturi' da quella radicale trasformazione del mondo che chiamiamo Rivoluzione industriale, senza dubbio la piu' grande rivoluzione, in un cosi' breve lasso di tempo, che l'umanita' abbia mai conosciuto. Nel breve volgere di alcuni decenni essa trasformo' il nostro intero globo piu' radicalmente che non i tremila anni di storia che l'hanno preceduta. Ripensando ai timori espressi da Montesquieu quasi un secolo prima che questa rivoluzione dispiegasse tutta la sua forza, si e' indotti a riflettere su come sarebbero potute andare le cose in Europa in assenza di questo fattore decisivo. Una conclusione sembra inevitabile: questa grande trasformazione ebbe luogo all'interno di un quadro politico le cui basi non erano piu' certe e travolse pertanto una societa' che, sebbene fosse ancora capace di comprendere e giudicare, non era piu' in grado di rendere conto delle sue categorie di comprensione e dei suoi criteri di giudizio, una volta messi seriamente in questione. In altre parole, i timori di Montesquieu, che suonavano cosi' strani nel XVIII secolo e sarebbero apparsi scontati nel XIX, possono suggerirci una spiegazione, se non del totalitarismo o di ogni altro evento specificamente moderno, quantomeno dell'inquietante silenzio della nostra grande tradizione, della sua evidente incapacita' di rispondere in maniera efficace alla sfida portatale dalle questioni "morali" e politiche del nostro tempo. In effetti le fonti da cui sarebbero dovute scaturire queste risposte si erano inaridite e la stessa cornice entro cui la comprensione e il giudizio potevano emergere si era sgretolata. * A ben vedere, i timori di Montesquieu non si fermano qui e si avvicinano percio' alle nostre perplessita' attuali ancor piu' di quanto il passo citato sopra non dia a intendere. Il suo principale timore, che egli esprime proprio all'inizio della sua opera, riguarda, piu' che il benessere dei popoli europei e la sopravvivenza della liberta' politica, la natura umana stessa: "l'uomo, questo essere flessibile, che si piega nella societa' ai pensieri e alle impressioni altrui, e' ugualmente capace di conoscere la propria natura quando gli viene mostrata e di perderne persino il sentimento (d'en perdre jusqu'au sentiment) quando gli viene nascosta" (L'Esprit des lois, Prefazione). Per noi, che siamo posti di fronte al tentativo totalitario molto realistico di sottrarre all'uomo la sua natura col pretesto che essa va cambiata, il coraggio di queste parole ci appare come l'audacia della gioventu', che puo' rischiare tutto nell'immaginazione perche' nulla e' ancora accaduto che possa offrire ai pericoli immaginati la loro orribile concretezza. Cio' che viene prospettato, qui, e' qualcosa di piu' della perdita della capacita' di agire politicamente, che e' la condizione essenziale della tirannia, e qualcosa di piu' di una crescente assenza di significato e di perdita del senso comune (quella parte della nostra mente e quella porzione di saggezza ereditata che e' comune a tutti gli uomini in tutte le civilta'): e' la perdita della ricerca di significato e del bisogno di comprendere. Sappiamo bene fino a che punto nei regimi totalitari, pur senza accorgersene, gli individui siano stati portati vicino a questa condizione di insensatezza attraverso la combinazione di terrore e d'indottrinamento ideologico. * Nel nostro contesto, e' particolarmente degna di nota la peculiare e ingegnosa sostituzione del senso comune con quella logica stringente, che e' caratteristica del pensiero totalitario. La logicita' non e' identificabile col ragionamento ideologico, ma indica la trasformazione totalitaria delle diverse ideologie. Se la peculiarita' delle ideologie e' stata quella di trattare un'ipotesi scientifica, come "la supremazia del piu' adatto" in biologia o "la sopravvivenza della classe piu' progressista" nella storia, come un'"idea" che poteva essere applicata all'intero corso degli eventi, la peculiarita' della loro trasformazione totalitaria e' piuttosto quella di far degenerare l'"idea" in una premessa logica, cioe', in un'asserzione autoevidente da cui tutto il resto puo' essere derivato con implacabile coerenza logica. (Qui la verita' in effetti diventa proprio cio' che alcuni logici pretendono che sia, cioe' pura coerenza, con l'eccezione che questa identificazione a ben vedere comporta la negazione dell'esistenza stessa della verita', nella misura in cui dalla verita' ci si aspetta che riveli qualcosa, mentre la coerenza e' solo un modo di concatenare asserzioni, e come tale manca di ogni potere rivelatorio. La nuova corrente logica in filosofia, emersa dal pragmatismo, ha una terribile affinita' con la trasformazione totalitaria degli elementi pragmatici insiti in ogni ideologia in mera logicita' che spezza una volta per tutte i suoi legami con la realta' e l'esperienza. Naturalmente il totalitarismo procede in una maniera piu' rozza che, per nostra sfortuna, si dimostra pero' anche piu' efficace). La principale differenza politica tra senso comune e logica e' che il senso comune presuppone un mondo comune in cui tutti noi ci inseriamo, in cui possiamo convivere perche' possediamo un senso che controlla e accorda i dati sensoriali specifici di ciascuno con quelli di tutti gli altri; mentre la logica e tutta l'evidenza da cui il ragionamento logico procede puo' rivendicare un'attendibilita' del tutto indipendente dal mondo e dall'esistenza degli altri. E' stato spesso osservato che la validita' dell'asserzione 2 + 2 = 4 e' indipendente dalla condizione umana, cioe' e' ugualmente valida per Dio e per gli uomini. In altre parole, ogni qual volta il senso comune, il senso politico per eccellenza, non ci sostiene nel nostro bisogno di comprensione, e' molto probabile che accetteremo la logica come suo surrogato, poiche' la capacita' di fare dei ragionamenti logici e' anch'essa comune a tutti. Ma questa capacita' umana comune, che funziona anche in condizioni di assoluto distacco dal mondo e dall'esperienza e che e' propriamente "dentro" di noi, priva di ogni legame con qualcosa di "dato", e' incapace di comprendere alcunche' e, lasciata a se stessa, e' del tutto sterile. Solo quando lo spazio comune tra gli uomini e' stato distrutto e gli unici riferimenti affidabili che rimangono sono le tautologie senza significato dell'autoevidenza, questa capacita' puo' diventare "produttiva", sviluppare le proprie linee di pensiero, la cui caratteristica politica principale e' che posseggono sempre un potere di persuasione inesorabile. Identificare il pensiero e la comprensione con queste operazioni logiche significa ridurre la capacita' di pensiero, che per millenni e' stata considerata la facolta' suprema dell'uomo, al suo minimo comun denominatore, dove le differenze effettive non contano piu', ne mmeno la differenza qualitativa tra l'essenza di Dio e degli uomini. * Per quanti hanno a cuore la ricerca del significato e la comprensione, cio' che inquieta di piu' nella comparsa del totalitarismo non e' il fatto che esso sia qualcosa di nuovo, ma che abbia portato alla luce la condizione rovinosa in cui versano le nostre categorie di pensiero e i nostri criteri di giudizio. La novita' e' l'ambito di competenza dello storico, che - a differenza degli scienziati naturali che si interessano degli avvenimenti ricorrenti - si occupa di eventi che accadono una volta sola. Questa novita' puo' essere manipolata se lo storico enfatizza eccessivamente la causalita' e pretende di spiegare gli eventi riconducendoli a una catena causale di cui essi rappresenterebbero l'esito finale. Lo storico, in effetti, si pone come il "profeta rivolto al passato" (F. von Schlegel, Athenaeum, framm. 80), e cio' che lo separa dal dono autentico della profezia sembrerebbero essere solo le deprecabili limitazioni fisiche del cervello umano, che sfortunatamente non puo' contenere e combinare correttamente tutte le cause che operano in una stessa unita' di tempo. La causalita', comunque, e' una categoria assolutamente estranea e ingannevole nelle scienze storiche. Non solo il significato effettivo di ogni evento in verita' trascende qualsiasi serie di "cause" passate che possiamo attribuirgli (si pensi solo alla grottesca disparita' tra "causa" ed "effetto" in un evento come la prima guerra mondiale), ma questo stesso passato viene alla luce solo con l'evento stesso. Solo quando qualcosa di irrevocabile e' avvenuto possiamo cercare di ricostruirne la storia: l'evento illumina il proprio passato, non puo' mai essere dedotto da esso. La Storia [history] ha inizio ogni qual volta si verifichi un evento grande abbastanza da illuminare il proprio passato. Solo allora il dedalo caotico degli avvenimenti passati emerge come una storia [story] che puo' essere raccontata, perche' ha un inizio e una fine. Erodoto non e' solo il primo storico: nelle parole di Karl Reinhardt, "la storia esiste a partire da Erodoto" (Herodotus Persergeschichten, in Von Werken und Formen, 1948) - il passato greco divenne cioe' storia grazie alla luce diffusa su di esso dalle guerre persiane. L'evento illuminante rivela quindi un inizio nel passato che era rimasto fino a quel momento nascosto; all'occhio dello storico, l'evento illuminante non puo' che apparire come la fine di questo inizio appena scoperto. Solo quando nella storia futura si verifichera' un nuovo evento, questa "fine" si rivelera' come un inizio all'occhio dello storico futuro. E l'occhio dello storico e' solo lo sguardo, scientificamente addestrato, della comprensione umana; noi possiamo comprendere un evento solo come la fine e il culmine di tutto cio' che e' accaduto in precedenza, come "il compimento dei tempi"; solo nell'azione prenderemo senza esitazioni le mosse dal mutato insieme di circostanze, lo tratteremo cioe' come un inizio. Chiunque nelle scienze storiche creda sinceramente nella causalita', di fatto nega l'oggetto stesso della sua scienza. Una simile credenza puo' nascondersi nell'applicazione di categorie generali all'intero corso degli avvenimenti, come, ad esempio, quella di sfida e risposta, o nella ricerca di tendenze generali che si presume siano gli strati "piu' profondi" da cui gli eventi traggono origine e di cui essi sarebbero i sintomi accessori. Simili generalizzazioni e categorizzazioni estinguono la luce "naturale" che la storia [history] stessa fornisce e, al contempo, distruggono la storia [story] vera, con la sua unicita' e il suo significato eterno, che ogni periodo storico deve raccontarci. All'interno di tale cornice di categorie preconcette, la piu' rozza delle quali e' quella di causalita', gli eventi, intesi come qualcosa di irrevocabilmente nuovo, non possono mai accadere; e la storia, privata degli eventi, diventa la piatta monotonia dell'identico, dispiegato nel tempo - l'eadem sunt omnia semper di Lucrezio. * Proprio come nelle nostre vite personali le nostre peggiori paure e le nostre migliori speranze non ci preparano mai adeguatamente a cio' che effettivamente accadra' - perche' nel momento in cui un evento, anche se previsto, accade, tutto cambia e noi non possiamo mai essere preparati all'inesauribile letteralita' di questo "tutto" - cosi' ogni evento nella storia umana rivela un panorama inatteso di azioni, sofferenze e nuove possibilita' umane che nel complesso trascendono la somma totale di tutte le intenzioni deliberate e il significato di tutte le origini. Il compito dello storico e' proprio di scovare in ogni determinata epoca questo nuovo inatteso con tutte le sue implicazioni e di portare alla luce tutta la forza del suo significato. Egli deve sapere che, benche' questa storia [story] abbia un inizio e una fine, avviene all'interno di una cornice piu' ampia: la storia stessa [history]. E la storia, intesa in quest'ultimo senso, e' per l'appunto una storia [story] che ha molti inizi ma nessuna fine. La fine, nel senso stretto e ultimo del termine, potrebbe essere solo la scomparsa dell'uomo dalla faccia della terra, perche' tutto cio' che lo storico chiama fine, la fine di un'epoca, di una tradizione o di una civilta', rappresenta un nuovo inizio per coloro che sono vivi. La fallacia di tutte le profezie apocalittiche si nasconde nella sottovalutazione di questo semplice ma fondamentale fatto. Per lo storico mantenere la consapevolezza di questo fatto sara' non meno importante del controllo di quella che i francesi chiamano la sua deformation professionelle. Poiche' il suo oggetto d'interesse e' il passato, cioe' certi movimenti che la mente non potrebbe nemmeno cogliere se non fossero giunti a un qualche genere di epilogo, egli non ha che da operare una generalizzazione per vedere una fine (e un compimento dei tempi) ovunque. Gli risulta cioe' del tutto naturale vedere nella storia [history] una storia [story] con molte fini e nessun inizio; e questa inclinazione diviene veramente pericolosa solo quando - per un motivo o per l'altro - le persone cominciano a trasformare la storia, cosi' come essa si manifesta agli occhi professionali dello storico, in una filosofia della storia. Quasi tutte le spiegazioni moderne della cosiddetta storicita' dell'uomo sono state distorte da categorie che, nel migliore dei casi, sono ipotesi di lavoro per dare forma al materiale del passato. * Per fortuna, la situazione delle scienze politiche, che nel loro significato piu' elevato sono chiamate a perseguire la ricerca del senso e a rispondere all'esigenza di una comprensione autentica dei fatti politici, e' totalmente diversa. La notevole importanza che il concetto di inizio e di origine riveste per tutte le questioni strettamente politiche deriva semplicemente dal fatto che l'azione politica, come ogni azione, e' essenzialmente sempre l'inizio di qualcosa di nuovo; in quanto tale, e', nei termini della scienza politica, l'essenza stessa della liberta' umana. La posizione centrale che dovrebbero avere in tutto il pensiero politico il concetto di inizio e il concetto di origine e' andata persa soltanto quando si e' consentito alle scienze storiche di estendere il loro metodo e le loro categorie all'ambito della politica. Per il pensiero greco la centralita' dell'origine era attestata, come cosa ovvia, dal fatto che la parola arche' significa sia inizio sia governo. Tale crucialita' e' ancora viva, benche' in genere trascurata dagli interpreti moderni, nella teoria del potere politico di Machiavelli, secondo cui l'atto di fondazione stesso - ovvero l'inizio di qualcosa di nuovo - richiede e giustifica l'uso della violenza. Ma nel suo significato piu' pieno l'importanza degli inizi e' stata scoperta da un grande pensatore che visse in un'epoca che, per molti aspetti, assomigliava alla nostra piu' di ogni altro periodo della storia passata, e che per di piu' scrisse sotto l'urto di una fine catastrofica che in parte assomiglia alla fine a cui anche noi siamo giunti. Mi riferisco ad Agostino che, nella sua Civitas Dei (Libro XII, cap. 20), ebbe a scrivere: "Initium ergo ut esset, creatus est homo, ante quem nullus fuit" ("Perche' vi fosse un inizio, fu creato l'uomo, prima del quale nessuno fu"). Secondo Agostino, che a ragion veduta potrebbe essere definito il padre di tutta la filosofia della storia occidentale, l'uomo non solo ha la capacita' di iniziare, ma e' questo inizio stesso. Se la creazione dell'uomo coincide con la creazione di un inizio nell'universo (e cos'altro significa tutto cio' se non la creazione della liberta'?), allora la nascita dei singoli uomini, essendo nuovi inizi, riafferma il carattere originale dell'uomo in misura tale che l'origine non puo' mai diventare completamente una cosa del passato; il fatto stesso della continuita' memorabile di questi inizi nella successione delle generazioni garantisce una storia che non puo' mai finire perche' e' la storia di esseri la cui essenza e' l'inizio. * Alla luce di queste riflessioni, il nostro sforzo di comprendere qualcosa che ha distrutto le nostre categorie di pensiero e i nostri criteri di giudizio appare meno spaventoso. Anche se abbiamo perso i parametri con cui misurare e le regole sotto cui sussumere il particolare, un essere la cui essenza e' l'inizio puo' avere abbastanza originalita' dentro di se' per comprendere senza categorie preconcette e giudicare senza l'ausilio di quell'insieme di regole consuetudinarie in cui consiste la moralita'. Se l'essenza di ogni azione, e in particolare delle azioni politiche, e' di dare vita a un nuovo inizio, allora la comprensione diviene l'altro lato dell'azione, quella forma di cognizione, distinta da molte altre, con cui gli uomini che agiscono (e non gli uomini impegnati a contemplare un corso della storia progressivo o catastrofico) possono venire infine a patti con cio' che e' accaduto e riconciliarsi con cio' che inevitabilmente esiste. In quanto tale, la comprensione e' una strana impresa. Alla fine non puo' fare altro che articolare e confermare cio' che la comprensione preliminare, che consciamente o inconsciamente e' sempre direttamente impegnata nell'azione, aveva intuito sin dall'inizio. Essa non si sottrarra' a questo circolo, bensi', al contrario, sara' pienamente conscia che qualsiasi altro risultato sarebbe cosi' distante dall'azione, di cui la comprensione rappresenta soltanto l'altro lato, da non potere essere in alcun modo vero. Ne' il processo stesso evitera' quel circolo che i logici chiamano "vizioso" e in questo senso potra' in qualche modo ricordare la filosofia, in cui i grandi pensieri si muovono sempre in circolo, impegnando la mente umana in cio' che non e' nient'altro che un dialogo interminabile tra essa stessa e l'essenza di tutto cio' che e'. In questo senso l'antica preghiera rivolta a Dio da re Salomone, che certamente ben conosceva l'azione politica - perche' gli fosse fatto dono di un "cuore comprensivo", come il dono piu' grande che un uomo potesse ricevere e desiderare - potrebbe aver valore anche per noi. Lontano tanto dal sentimentalismo quanto dalla pedanteria, il cuore umano e' la sola cosa al mondo che potra' farsi carico del fardello che il dono divino dell'azione, di essere un inizio e quindi di poter dare vita a un inizio, fa gravare su di noi. Salomone invocava questo particolare dono perche' era un re e sapeva che solo un "cuore comprensivo", e non la mera riflessione o il mero sentimento, ci permette di sopportare di vivere con gli altri, sempre estranei, in uno stesso mondo, e consente a loro di sopportarci. Volendo tradurre il linguaggio biblico in termini che ci sono piu' familiari (ma difficilmente piu' precisi), potremmo definire la facolta' dell'immaginazione il dono di un "cuore comprensivo". A differenza della fantasia, che si affida al sogno, l'immaginazione si concentra sulla particolare oscurita' del cuore umano e sulla particolare opacita' che circonda tutto cio' che esiste. Tutte le volte che parliamo della "natura" o dell'"essenza" di una cosa, in effetti ci riferiamo a questo nocciolo intimo, della cui esistenza non possiamo essere piu' certi di quanto lo siamo dell'oscurita' e dell'opacita'. La comprensione autentica non si stanca del dialogo interminabile e dei "circoli viziosi", perche' confida che alla fine l'immaginazione cogliera' quantomeno un lampo della luce sempre inquietante della verita'. Distinguere l'immaginazione dalla fantasia e attivare il suo potere non significa sancire l'"irrazionalita'" della comprensione degli affari umani. Al contrario, l'immaginazione, come ebbe a dire Wordsworth, "non e' che il nome per... la piu' chiara delle visioni, l'apertura della mente, / e la Ragione nella sua massima esaltazione" (The Prelude, libro XIV, 190-192). Solo l'immaginazione ci permette di vedere le cose nella giusta prospettiva, e ci da' la forza sufficiente per porre cio' che e' troppo vicino a una distanza tale da poterlo vedere e comprendere senza distorsioni e pregiudizi; ci da' la generosita' per colmare gli abissi che ci separano da cio' che e' troppo lontano da noi come se ci fosse familiare. Distanziarsi da alcune cose, e avvicinarsi ad altre, fa parte del dialogo della comprensione, per i cui scopi l'esperienza diretta stabilisce un contatto troppo stretto e la mera conoscenza innalza delle barriere artificiali. 4. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2007 Come ogni anno le Edizioni Qualevita mettono a disposizione l'agenda-diario "Giorni nonviolenti", un utilissimo strumento di lavoro per ogni giorno dell'anno. Vivamente la raccomandiamo. Il costo di una copia e' di 9,50 euro, con sconti progressivi con l'aumento del numero delle copie richieste. Per informazioni ed acquisti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail: qualevita3 at tele2.it 5. MATERIALI. INDICE DEI NUMERI 886-915 (APRILE 2005) DE "LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO" * Numero 886 del primo aprile 2005: 1. Appello per la promozione in tutta Italia di comitati in difesa della Costituzione; 2. Enrico Peyretti: Rispetto per la vita; 3. Laura Lilli: Una testimonianza; 4. Francesca Borrelli ricorda Susan Sontag; 5. Liliana Moro presenta "Anna Maria Ortese o dell'indipendenza poetica" di Gabriella Fiori; 6. Maria Antonietta Saracino: parole sul mare della diaspora; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'. * Numero 887 del 2 aprile 2005: 1. Enrico Peyretti: Un uomo morente; 2. Peppe Sini: Un voto contro il colpo di stato, la guerra infinita e l'eruzione terroristica; 3. Elsa Morante: Solo chi ama; 4. Giuliana Sgrena: I miei trenta giorni di prigionia (parte prima); 5. Amina Wadud, prima donna imam; 6. Un profilo di Fatema Mernissi; 7. Giovanna Providenti: L'esperienza di Olga Frejdenberg; 8. Federica Sossi presenta "Rahel Varnhagen" di Hannah Arendt; 9. "Femmis"; 10. Letture: Amelia Rosselli, Le poesie; 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di piu'. * Numero 888 del 3 aprile 2005: 1. Severino Vardacampi: Un volto; 2. Giobbe Santabarbara: Chiedo scusa, vogliamo parlare del colpo di stato? 3. Angela Dogliotti Marasso: Educare al conflitto a scuola. Modelli ed esperienze; 4. Di alcuni scritti di Carla Lonzi; 5. Giuliana Sgrena presenta "Un mondo di pace e' possibile" di Nella Ginatempo; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'. * "La domenica della nonviolenza", numero 15 del 3 aprile 2005: 1. Karol Wojtyla: Il concetto di "prossimo"; 2. La pace difficile. Una testimonianza di Giuseppe Dossetti (1995); 3. Letture: Hannah Arendt, Responsabilita' e giudizio; 4. Riletture: Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie; 5. Riletture: Sylvia Plath, La campana di vetro; 6. Riletture: Sylvia Plath, Diari. * Numero 889 del 4 aprile 2005: 1. Sergio Paronetto: Un grande dono; 2. Giuliana Sgrena: I miei trenta giorni di prigionia (parte seconda e conclusiva); 3. Anna Bravo ricorda Nuto Revelli; 4. Angela Giuffrida: Date alla madre quello che e' della madre; 5. Roberto Ciccarelli: Un volume di "Aut aut" su Michel Foucault e il potere psichiatrico; 6. Il "Cos in rete" di aprile; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'. * Numero 890 del 5 aprile 2005: 1. Peppe Sini: Solidarieta' con Farid Adly, minacciato di morte; 2. Il 25 aprile in difesa della Costituzione; 3. Piero Calamandrei: Epigrafi per donne, uomini e citta' della Resistenza; 4. Carla Cohn: Il prato; 5. Anna Bravo ricorda Maria Occhipinti; 6. Chiara Vergano intervista Serge Latouche; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'. * Numero 891 del 6 aprile 2005: 1. La pace, la Costituzione; 2. Enrico Peyretti: Chiesa e pace: governi o coscienze? 3. Flavio Lotti e Grazia Bellini: Il difensore della pace; 4. Anna Maffei: Un protagonista del nostro tempo; 5. Rossana Rossanda: Un po' di silenzio; 6. Luisa Muraro: Altri motivi; 7. Sara Sesti: Shirin Ebadi; 8. Paola Meneganti: Lisa, Gladys; 9. Liliana Moro presenta "Il 'genere' dei libri" di Tiziana Plebani; 10. Paolo Andruccioli presenta "Sobrieta'" di Francesco Gesualdi; 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di piu'. * Numero 892 del 7 aprile 2005: 1. "Azione nonviolenta" di aprile; 2. Anna Bravo: Donne, guerra, memoria (parte prima); 3. Nicola Calipari, un eroe della nonviolenza; 4. Fernanda Pivano ricorda Robert Creeley; 5. Luisa Muraro: Fermarsi a parlare; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'. * "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 6 del 7 aprile 2005: Giovanna Providenti: Donne nonviolente in tempi di guerra. * Numero 893 dell'8 aprile 2005: 1. Del buon uso delle vittorie elettorali; 2. Anna Bravo: Donne, guerra, memoria (parte seconda); 3. Maria G. Di Rienzo: Una donna contro i signori della guerra; 4. Osvaldo Caffianchi: Esequie; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'. * Numero 894 del 9 aprile 2005: 1. Anna Bravo: Donne, guerra, memoria (parte terza e conclusiva); 2. Maria Luigia Casieri: L'educazione che ama e che libera (parte prima). Alcuni autori di riferimento; 3. Frei Betto: La differenza; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di piu'. * Numero 895 del 10 aprile 2005: 1. Con Farid Adly; 2. Maria Luigia Casieri: L'educazione che ama e che libera (parte seconda). Alcune piste di ricerca; 3. Ettore Masina: In quel momento; 4. Carla Cohn: Lo specchio frantumato. Auschwitz-Birkenau, ottobre 1944; 5. Nove quaderni di un corso di educazione alla pace; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'. * "La domenica della nonviolenza", numero 16 del 10 aprile 2005: 1. Maria Luigia Casieri: Per una prima rassegna di ricercatori che abbiano interagito con l'opera di Emilia Ferreiro; 2. Maria Luigia Casieri: Un profilo di Emilia Ferreiro. * Numero 896 dell'11 aprile 2005: 1. Paolo Candelari: Il Movimento Internazionale della Riconciliazione solidale con Farid Adly; 2. Mao Valpiana: Il Movimento Nonviolento solidale con Farid Adly; 3. Una conferenza di Farid Adly a Cefalu'; 4. Maria Luigia Casieri: L'educazione che ama e che libera (parte terza). Il contesto linguistico e comunicativo; 5. Ammu Joseph: Giornaliste scalze; 6. Giulio Vittorangeli: L'apartheid globale; 7. Silvana Silvestri: Un film su Sophie Scholl; 8. Due giorni di speranza per il Nicaragua; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'. * Numero 897 del 12 aprile 2005: 1. Tre incontri a Milano su ricatti di pace e contratti di guerra; 2. Un convegno internazionale a Udine per un'idea di pace; 3. Maria Luigia Casieri: L'educazione che ama e che libera (parte quarta). Il contesto psicologico e pedagogico; 4. Anna Bravo ricorda Lidia Beccaria Rolfi; 5. Giulio Vittorangeli: Un'esperienza complessa tra liberazione e restaurazione; 6. Letture: Luigi Accattoli, Islam. Storie italiane di buona convivenza; 7. Letture: Gian Antonio Stella, L'orda; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'. * Numero 898 del 13 aprile 2005: 1. Un convegno su Primo Mazzolari a cinquant'anni da "Tu non uccidere"; 2. Una bibliografia essenziale di e su Primo Mazzolari; 3. Maria Luigia Casieri: L'educazione che ama e che libera (parte quinta). Il contesto storico e filosofico; 4. Giovanna Providenti: L'azione di Jane Addams; 5. Angela Giuffrida: Favorire il cambiamento; 6. Un libro su donne nell'islam contro l'integralismo; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'. * Numero 899 del 14 aprile 2005: 1. Il 25 aprile in difesa della Costituzione; 2. Maria Luigia Casieri (a cura di): Alcune opere di e su Celestin ed Elise Freinet; 3. Maria Luigia Casieri (a cura di): Alcune opere di e su Paulo Freire; 4. Maria Luigia Casieri (a cura di): Alcune opere di e su Maria Montessori; 5. Il 15 aprile ad Acquedolci con Farid Adly e Claudio Fava; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'. * "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 7 del 14 aprile 2005: 1. Nelly Sachs: E' l'ora planetaria dei fuggiaschi; 2. Giovanna Boursier: La memoria di nonna Milka; 3. Maria Luigia Casieri: L'azione di Emilia Ferreiro nel contesto dell'alfabetizzazione come pratica di liberazione in America Latina. Una premessa; 4. Giovanna Providenti: Nella scrittura di Sabina Spielrein. * Numero 900 del 15 aprile 2005: 1. Farid Adly: La forza dei cuori; 2. Pasquale Pugliese: Breve itinerario all'interno dei conflitti nella relazione educativa; 3. Maria Luigia Casieri (a cura di): Alcune opere di e su Jerome S. Bruner; 4. Maria Luigia Casieri (a cura di): Alcune opere di e su Aleksandr Romanovic Lurija; 5. Maria Luigia Casieri (a cura di): Alcune opere di e su Lev Semenovic Vygotskij; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'. * Numero 901 del 16 aprile 2005: 1. Bruna Peyrot: Donne in guerra e in pace (parte prima); 2. A Rovereto il secondo meeting delle scuole di pace; 3. Una breve biografia di Primo Mazzolari; 4. Giovanna Providenti: Maria Montessori, l'educazione, la pace, l'ecologia; 5. Riletture: Anselm Jappe, Debord; 6. Riletture: Oreste Macri', Il cimitero marino di Paul Valery; 7. Riletture: Tiziano Terzani, La porta proibita; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'. * Numero 902 del 17 aprile 2005: 1. Severino Vardacampi: Le pensioni di Salo'; 2. Bruna Peyrot: Donne in guerra e in pace (parte seconda); 3. Una intervista a Luigi Bettazzi; 4. Alessandro Portelli ricorda Saul Bellow; 5. "Raggio"; 6. Letture: Elena Liotta, Luciano Dottarelli, Lilia Sebastiani, Le ragioni della speranza in tempi di caos; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'. * "La domenica della nonviolenza", numero 17 del 17 aprile 2005: 1. Giovanna Providenti: Femminismi e nonviolenza; 2. Ernesto Balducci: Introduzione a "La pace. Realismo di un'utopia"; 3. Riletture: Ana Roy, Essere donna. * Numero 903 del 18 aprile 2005: 1. Giulio Vittorangeli: Crisi della politica e lotta per la pace; 2. Giancarla Codrignani: Interrogativi dopo le elezioni; 3. Bruna Peyrot: Donne in guerra e in pace (parte terza); 4. Alessandra Amicone: Il messaggio di Aldo Capitini; 5. Letture: Jorge Semprun, Vivro' col suo nome, morira' con il mio; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'. * Numero 904 del 19 aprile 2005: 1. Nonviolenza di genere all'Universita' di Palermo; 2. Marta Marsili intervista Mathilde Kayitesi; 3. Thich Nhat Hanh a Roma; 4. Una bibliografia delle opere di Thich Nhat Hanh in italiano; 5. Bruna Peyrot: Donne in guerra e in pace (parte quarta e conclusiva); 6. Enrico Peyretti: Chiesa e pace, tra due papi; 7. Margherita Hack: Quale papa; 8. Alessandra Amicone: Cosa puoi fare tu; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'. * Numero 905 del 20 aprile 2005: 1. Giuseppe Burgio: Verso un'ecologia dei conflitti (parte prima); 2. Eleonora Cirant: Un'esperienza di riflessione collettiva sull'intreccio tra nascita e tecnologie; 3. Maddalena Gasparini: Riflessioni attorno agli interrogativi prodotti dalle tecnologie biomediche; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di piu'. * Numero 906 del 21 aprile 2005: 1. Laura Operti: Colloqui con Norberto Bobbio; 2. Giuseppe Burgio: Verso un'ecologia dei conflitti (parte seconda e conclusiva); 3. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 4. Per saperne di piu'. * "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 8 del 21 aprile 2005: 1. Vandana Shiva: Le donne del Kerala contro la Coca cola; 2. Marina Forti: Coca cola, la battaglia degli azionisti; 3. Mara Maffei Gueret: Ellen Swallow, fondatrice dell'ecologia; 4. L'indice di "Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita'" di Bruna Peyrot; 5. Cristiano Morsolin ricorda Dorothy Stang; 6. Marinella Correggia ricorda Marla Ruzicka; 7. Lidia Menapace: Procreazione assistita e relazioni di giustizia tra le donne del mondo. * Numero 907 del 22 aprile 2005: 1. Farid Adly: Grazie a tutte e tutti; 2. Primo Levi: Partigia; 3. Cyrille Cartier: Donne in Iraq; 4. Alessandra Amicone: La tenacia di don Carlo; 5. Giancarla Codrignani: Il sessantesimo; 6. Un appello per il referendum sulla legge 40/2004; 7. Alcune ragioni di opposizione alla legge 40/2004; 8. Maddalena Gasparini: Oltre il referendum; 9. Tiziana Tobaldi: Un profilo di Donna Haraway; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'. * Numero 908 del 23 aprile 2005: 1. Per il sessantesimo compleanno di Aung San Suu Kyi; 2. Giancarla Codrignani: Religiosi e laici dopo Vojtyla; 3. Giovanni De Martis: Il nazismo contro le donne; 4. Maria Luisa Boccia: Maternita' di Stato; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'. * Numero 909 del 24 aprile 2005: 1. Riane Eisler: Il personale e' ancora politico; 2. George J. Wittenstein: Ricordi della "Rosa bianca" (parte prima); 3. Alcune notizie biografiche sui resistenti della "Rosa bianca"; 4. Angela Giuffrida: Una domanda decisiva; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'. * "La domenica della nonviolenza", numero 18 del 24 aprile 2005: 1. Franco Fortini: Canto degli ultimi partigiani; 2. Emanuele Giordana: Il genocidio degli armeni; 3. Hannah Arendt: L'imputato Boger; 4. Guenther Anders: Tesi sull'eta' atomica; 5. Simone Weil: Se. * Numero 910 del 25 aprile 2005: 1. Giobbe Santabarbara: E' vero; 2. George J. Wittenstein: Ricordi della "Rosa bianca" (parte seconda e conclusiva); 3. Pietro Pinna: "L'infinita apertura dell'anima" in Aldo Capitini; 4. Riletture: Lidia Menapace: Resiste'; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'. * Numero 911 del 26 aprile 2005: 1. Giulio Vittorangeli: La parola, cosa preziosa; 2. Eleonora Cirant: Il desiderio, il potere, il dovere di dare la vita; 3. Anna Maria Crispino: Con ragione e sentimento; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di piu'. * Numero 912 del 27 aprile 2005: 1. Anna Bravo: La Resistenza nonviolenta; 2. Monica Lanfranco: Piovono pietre; 3. Benito D'Ippolito: En alabanza de un carpintero llamado Ricardo Orioles; 4. Stefania Giorgi: Dal genio al gender; 5. Vittoria Franco: Per consentire la vita e la nascita; 6. Riedizioni: Victor Codina: Cos'e' la teologia della liberazione; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'. * Numero 913 del 28 aprile 2005: 0. Una comunicazione di servizio; 1. Riccardo Orioles: 30 aprile 1982; 2. Una bibliografia essenziale sul popolo armeno e sul genocidio di cui e' stato vittima; 3. I processi nazisti ai resistenti della "Rosa bianca"; 4. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo; 5. Andrea Cozzo: Il "rappel" di Lanza del Vasto, richiamo fisico e mentale all'attenzione; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'. * "Nonviolenza. Femminile plurale", numero 9 del 28 aprile 2005: 1. Giulia Allegrini: Donne, popoli indigeni e resistenza nonviolenta; 2. Giulia Allegrini: "Siamo indigene, siamo povere e siamo donne. Dobbiamo lottare tre volte. Scegliendo la nonviolenza, che e' femminile" (parte prima); 3. Bojana Stoparic: Le donne palestinesi hanno sempre meno diritti; 4. Ida Dominijanni: Lapidazioni e punizioni esemplari; 5. Luciana Percovich: Il nuovo tecnologico e la coscienza femminile (1996). * Numero 914 del 29 aprile 2005: 1. Peppe Sini: Andre Gunder Frank; 2. Marco Revelli: Approdare alla nonviolenza; 3. Campagna di obiezione/opzione di coscienza: "Scelgo la nonviolenza"; 4. Man: Per una risoluzione nonviolenta del conflitto israelo-palestinese; 5. Etty Hillesum: Se si vuole; 6. Riviste: "Genesis". Anni settanta; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'. * Numero 915 del 30 aprile 2005: 1. Enrico Peyretti: La Resistenza antinazista in Germania; 2. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 3. Per saperne di piu'. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1470 del 5 novembre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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