La nonviolenza e' in cammino. 1468



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1468 del 3 novembre 2006

Sommario di questo numero:
1. Una sola umanita'
2. Enrico Piovesana: Il fallimento
3. Enrico Piovesana: Le stragi di civili della Nato
4. Daniela Pandolfi: Un inizio
5. Benedetto Vecchi presenta "Il pianeta degli slums" di Mike Davis
6. L'agenda "Giorni nonviolenti" 2007
7. Indice dei numeri 827-854 (febbraio 2005) de "La nonviolenza e' in
cammino"
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. UNA SOLA UMANITA'
[Gabriele Torsello, giornalista, fotografo e documentarista freelance,
collaboratore di movimenti umanitari, impegnato contro la guerra e contro le
violazioni dei diritti umani, e' stato rapito in Afghanistan il 12 ottobre
2006]

Ci sta a cuore la vita di Gabriele Torsello.
Ci sta a cuore la vita di tutte le persone che la guerra strazia e divora.
*
Sia liberato Gabriele Torsello.
Cessi la guerra in Afghanistan.
*
Solo la pace salva le vite.
Vi e' una sola umanita'.

2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: IL FALLIMENTO
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 30 ottobre 2006, li' apparso col titolo "Pantano afgano. La
Nato in difficolta' di fronte a una resistenza armata sempre piu' estesa e
popolare". Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter.net", per
cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; nel maggio 2004 e' stato
in Afghanistan in qualita' di inviato]

"Ci vuole pazienza e perseveranza: questa non e' una guerra che si vince in
un anno, ne' in due. Ci vorra' una decina díanni per avere il pieno
controllo dell'Afghanistan". Parola del generale Karl Eikenberry, comandante
delle forze Usa in Afghanistan. Uno tra i piu' ottimisti.
Molti altri ufficiali Nato ritengono infatti che i tempi per "prevalere" in
Afghanistan saranno ben piu' lunghi. Il brigadiere Ed Butler, per esempio,
comandante delle truppe britanniche nella provincia di Helmand, pochi giorni
fa ha parlato di "almeno altri vent'anni" e ha ammesso che, nella regione, i
suoi uomini sono stati "praticamente sconfitti". Infatti, il 17 ottobre -
dopo mesi di combattimenti - i britannici sono stati costretti a ritirarsi
dalla roccaforte talebana di Musa Qala, in Helmand.
*
Coalizione in ritirata
Le dichiarazioni dei generali alleati tradiscono il momento di grave
difficolta' che le forze d'occupazione stanno attraversando.
Sul terreno, le truppe Usa e Nato non riescono piu' a tener testa ai sempre
piu' numerosi e agguerriti guerriglieri talebani. Tanto che si parla di un
piano di ritiro graduale delle forze della Coalizione da tutti i dodici
distretti frontalieri che sono sotto il controllo dei talebani: da quelli
del deserto del Registan, a sud di Kandahar, a quelli delle montagne del
Nuristan, a est di Kabul. Un piano che ricalca il "modello Musa Qala",
ovvero un patto di reciproca non-aggressione, raggiunto con la mediazione
delle autorita' tribali locali, che prevede che i talebani, in cambio del
ritiro delle truppe straniere, non attacchino piu' le basi della Coalizione
nella zona.
Il 21 ottobre le forze Usa hanno iniziato a ritirarsi dal distretto di
Ali-Sher, nella provincia di Khost.
*
Carri armati e bombardieri
Altrove, dove gli accordi non sono possibili, la Nato sta mettendo in campo
una forza di fuoco sempre maggiore per far fronte a un nemico che nessuno
ormai sottovaluta piu'. All'aeroporto militare di Kandahar continuano ad
atterrare aerei carichi di carri armati canadesi Leopard da impiegare sul
fronte di Panjwayi e Zhari. I bombardieri strategici B-1, i
caccia-bombardieri F-18 e Harrier e gli aerei anticarro A-10 hanno
intensificato i raid aerei sui villaggi del sud e dell'est, provocando un
crescente numero di vittime civili. L'ultima strage, almeno 60 morti
martedi' scorso, ha suscitato lo sdegno e la condanna dell'Onu e dello
stesso governo di Kabul, sempre piu' insofferente verso il disprezzo dei
comandi Nato verso la popolazione civile afgana.
Nuove vittime civili si temono anche nei raid aerei Nato di sabato nella
provincia di Uruzgan, dove i comandi Isaf parlano per ora di 70 combattenti
talebani uccisi.
*
Sembra la guerra anti-sovietica
Una popolazione che - come osserva la Jamestown Foundation ("JF"), agenzia
di stampa di riferimento dei "neocon" di Bush - si sta progressivamente
schierando dalla parte dei talebani, dando alla loro resistenza armata un
carattere "afganocentrico" che - osserva la "JF" - "la rende sempre piu'
simile all'insurrezione anti-sovietica degli anni '80, composta in gran
parte da forze afgane".
Forze diverse che stanno costituendo un fronte comune sempre piu' ampio,
formato per ora dai talebani del mullah Omar e del suo vice, il mullah
Dadullah (attivi nel sud), dal Partito dell'Islam di Gulbuddin Hekmatyar e
dal Partito Islamico di Yunus Khalis e Jalaluddin Haqqani (attivi nell'est).
Ma pare siano in corso trattative con i comandanti dell'ex Alleanza del Nord
che controllano il nord dell'Afghanistan - finora per conto del governo
Karzai - ma che mostrano segni di crescente insofferenza verso gli occupanti
stranieri. Soprattutto i tagichi del defunto comandante Ahmad Shah Massud,
che - scrive "JF" - "si stanno rendendo conto di aver combattuto per dieci
anni gli occupanti russi solo per poi ritrovarsi occupati dagli americani".
*
Vogliono sicurezza, non democrazia
L'analisi della Jamestown Foundation sottolinea anche un'altra inquietante
analogia: quella con la situazione di anarchia e insicurezza generalizzata
che, a meta' degli anni '90, facilito' l'affermazione dei talebani.
"Il miglior alleato dei talebani e' il fallimento del governo Karzai e dei
suoi alleati occidentali nel garantire legge e ordine nel Paese. L'afgano
medio infatti, piu' che alle elezioni e ai parlamenti, e' interessato alla
sicurezza e al bene della sua famiglia e delle sue proprieta'. Cinque anni
di occupazione militare occidentale non hanno portato ne' piu' sicurezza ne'
piu' benessere. In piu', le forze della Coalizione, sempre piu' malviste per
la continua uccisione di civili afgani, non danno segno di voler lasciare il
Pese in tempi brevi".
Gli afgani si trovano davanti a una scelta: morire in regime democratico o
vivere in un regime talebano. Secondo il generale britannico David Richards,
comandante Isaf, se la guerra continua la maggioranza degli afgani tornera'
a sostenere i talebani: dal loro punto di vista, il male minore.

3. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: LE STRAGI DI CIVILI DELLA NATO
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 26 ottobre 2006 li' apparso col titolo "'Sorry'. Afghanistan:
ancora stragi di civili compiute dalla Nato. Che si scusa, e continua a
bombardare"]

Martedi' pomeriggio i superbombardieri statunitensi B-1 hanno sganciato i
loro ordigni da una tonnellata sulle case di fango di alcuni villaggi del
distretto di Panjwayi, lungo il fiume Arghandab, una trentina di chilometri
a ovest di Kandahar. Sotto le macerie di decine di abitazioni rase al suolo
sono rimasti corpi senza vita di sessanta, forse novanta civili. Anziani,
donne e bambini. "Nessuno dei morti era talebano", ha dichiarato all'Afp un
abitante di uno dei villaggi colpiti.
*
La Nato scarica la colpa sui talebani
I comandi Nato hanno riferito che i raid "mirati" di martedi' hanno ucciso
solo combattenti talebani, almeno 48. Pur ammettendo la "credibilita'" delle
notizie di "danni collaterali", ovvero della morte di civili innocenti. Mark
Laity, rappresentante civile della Nato in Afghanistan (non e' un caso che
abbia parlato lui, invece dei soliti generali in mimetica) si e' detto
dispiaciuto ("sorry"), ma ha pero' tenuto a precisare che non e' colpa della
Nato se "i talebani continuano a usare i civili come scudi umani",
nascondendosi nelle aree abitate.
*
Zona vietata: impossibile indagare
Che la notizia di ingenti perdite civili sia attendibile non c'e' alcun
dubbio, visto che e' stata confermata da piu' fonti, divergenti solo sul
numero dei morti: 90 secondo fonti locali dell'agenzia Pajhwok; 85 secondo
un membro del consiglio provinciale di Kandahar, Bismallah Afghanmal; 70
secondo Karim Jan, abitante di uno dei villaggi colpiti; 60 secondo un
funzionario del governo che ha voluto rimanere anonimo "per timore di
ripercussioni".
Le autorita' afgane locali hanno inviato la polizia sul posto per
investigare, ma gli agenti si sono visti sbarrare la strada dai soldati Isaf
canadesi che hanno sigillato la zona.
*
Condanne e rabbia crescente
L'Unama (la Missione Onu in Afghanistan) si e' detta "molto preoccupata" per
"il gran numero di civili" uccisi dalla Nato. "La salvaguardia e il
benessere dei civili devono sempre venire per primi e ogni vittima civile e'
inaccettabile, senza eccezioni", si legge nel documento diffuso dalla
Missione.
All'interno del governo filo-occidentale di Kabul i malumori per questi
"incidenti" stanno lasciando il posto a una rabbia diffusa. Se il presidente
Hamid Karzai, per non irritare Washington, si limita ogni volta a rinnovare
il suo invito alla Nato affinche' "usi piu' cautela per evitare perdite
civili", molti politici, magari in forma anonima, esprimono la loro collera
nei confronti della Nato. "Non basta chiedere scusa! Questi incidenti stanno
diventando troppo frequenti", ha dichiarato un anonimo funzionario afgano.
*
Non si puo' piu' parlare di "incidenti"
In effetti, la frequenza di casi di civili uccisi nei raid della Nato e'
ormai tale che risulta difficile chiamarli ancora "incidenti". Il 18
ottobre, 8 civili sono morti in un raid nello stesso distretto di Panjwayi.
Il giorno prima, 17 ottobre, altri 9 civili sono morti sotto le bombe Nato
nel vicino distretto di Zhari e 13 sono stati uccisi in raid aerei nel
distretto di Grishk, in provincia di Helmand. Nella stessa provincia, il 15
ottobre altre bombe sono cadute su Musa Qala, nella provincia di Helmand
provocando molti feriti tra i civili. Uno stillicidio che va avanti ormai da
mesi: 50 civili uccisi a Pnjwayi il 9 settembre; altri 21 nella stessa zona
il 5 settembre; 10 a Musa Qala il 27 agosto e altri 13 il 25 agosto; 15
civili morti a Zhari il 22 agosto; e cosi' via. Decine, centinaia di morti
civili che - secondo affidabili fonti militari di "PeaceReporter" - vengono
spacciate per talebani con il vecchio sistema delle armi messe accanto ai
cadaveri.

4. INCONTRI. DANIELA PANDOLFI: UN INIZIO
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questa
testimonianza da un lavoro di gruppo misto in occasione dell'incontro del 14
ottobre 2006 a Roma, promosso dai firmatari dell'appello "La violenza contro
le donne ci riguarda. Prendiamo la parola come uomini". Daniela Pandolfi e'
una intellettuale femminista]

L'invito e l'appello ["La violenza contro le donne ci riguarda. Prendiamo la
parola come uomini", appello a partire dal quale si e' svolto l'incontro del
14 ottobre a Roma ad uno dei gruppi di lavoro del quale si riferisce questo
resoconto - ndr] mi appaiono immediatamente ineludibili, ma il dubbio di
attraversare, sia pur temporaneamente, sia pur in punta di piedi, uno spazio
dove "anche un sorriso puo' fare rumore", non mi abbandonera' per l'intera
giornata. L'appuntamento e' alle 11: non siamo in molti, dieci o quindici,
quasi tutti di sesso maschile. Due o tre le signore presenti, dall'aria (me
compresa) prevedibile: un che di femminista o militante o almeno pensoso.
Loro no, sono meno omogenei, di ogni eta' ed aspetto: in comune soltanto un
piglio vivace nello sguardo che non nasconde curiosita' e ironia. Anzi
piuttosto serenamente sembra dichiarare un certo gusto per la sfida e la
determinazione... Fino all'assemblea plenaria pomeridiana la partecipazione
femminile si mantiene assai discreta (meno del 30%) anche quando il numero
dei convenuti prende ad aumentare (senza strafare, a dire il vero).
E quasi subito arriva un suggerimento a distribuirsi in gruppi dove parlare
partendo da se', alla ricerca di un contatto che possa diventare (o
inventare) un denominatore comune, fondamento per nuove proposte. Alcuni,
fra i quali chi scrive, sono colti in contropiede: l'idea era, piuttosto,
osservare cosa sarebbe stato dell'incontro annunciato, trovare degli
argomenti su cui riflettere, o forse (come poi dira' una bonaria
partecipante emiliana, di disarmante saggezza) "non perdere un Inizio fra
maschile e femminile per nessuna ragione al mondo".
Si finisce per concludere che non e' giusto sottrarsi all'invito: in un
frangente simile, se uno sente il bisogno di esserci, tanto vale ci sia del
tutto...
Il lavoro si apre con una breve storia dell'iniziativa in corso, riferita da
Massimo Greco e Jones Mannino, del gruppo romano "maschileplurale"
(www.maschileplurale.it), passando poi, come di regola, alle
autopresentazioni.
E' esattamente da questo giro di presa di parola che prende corpo, a mio
parere, una portata di argomenti e riflessioni che merita di essere
riferita, per miglior chiarezza e conforto sulla luminosita' dei propositi
messa in gioco dai presenti. Cio' che verra' detto, dibattuto in assemblea
plenaria, nel pomeriggio, rappresenta una sintesi diversa, piu' larga e
inquieta, di quanto si dipana nello spazio intimo del confronto ricercato
dagli organizzatori. La stessa presenza femminile cambiera' di peso e di
portata: maggiormente orientata alla risonanza esterna del convegno e meno
incisiva sulle modalita' della riflessione maschile ancora alla ricerca di
sue forme personali, pur ispirate dagli sviluppi del pensiero femminista.
*
Un signore di Foggia, con esperienza di pari opportunita' (direi
minimizzando e rispettandone l'identita'), va subito al cuore del problema:
non c'e' bisogno di riferirsi immediatamente agli episodi di violenza
estrema. "Partire da noi" e' accorgersi di fattori minuti, striscianti: per
riconoscere che le radici della violenza maschile hanno il loro humus nel
desiderio scorretto, basta ricordare, ad esempio, che la prima vendetta nei
confronti di un nemico, al sud in particolare, e' offenderlo nelle sue
donne: anche solo verbalmente, tanto per cominciare, (figlio, marito,
fratello di...).
Per Antonio, ecologista di sinistra, che si dichiara cresciuto al corrente
delle insoddisfazioni del femminile, all'interno di una famiglia dove la
convivialita' aveva connotati matriarcali, l'innamorarsi di una femminista
ha significato condividerne gli impegni. Ricorda Carla Lonzi e il mito del
genio per affermare il rifiuto del maschile impositivo, prepotente, che
estende alla natura il suo bisogno di espropriazione e dominio.
Osvaldo e' un sociologo dell'ambiente che s'inserisce a buon diritto nel
sostegno di questa logica, ma in piu' riconosce nel suo vissuto (quale
studioso, astratto e razionale) la difficolta' maschile a rapportarsi
concretamente con quanto gli sta immediatamente piu' vicino: famiglia
compresa.
Insegnante da sempre in un liceo femminile e ora in pensione, Raffaello
viene dalla Calabria e non nasconde il suo stupore per il gran numero di
conterranei che incontra in questo contesto. Si dice gli uomini del sud...
Per molti anni ha riservato alcune ore del suo insegnamento ad una pratica
maieutica nei confronti del femminile, perche' le sue allieve riflettessero
sul loro essere donne e sulla consapevolezza dei loro diritti. Insiste sulla
necessita' che le donne facciano esperienza dei loro bisogni e specificita'
e imparino a non essere nemiche di se': questa incomprensione di genere e',
per l'appunto, una deviazione implicita nel sistema patriarcale.
Insofferente all'accademia sostiene la positivita' dei lavori di gruppo.
Nonostante l'aria assorta e coscienziosa Sergio e' un signore dinamico che
per lavoro trasporta merci pericolose: non e' propenso a sedute di
autocoscienza, ma sente la necessita' di pensare a soluzioni e atti
concreti. Cominciare a riparare e risarcire, intanto, sarebbe una forma
concreta di presa d'atto del problema.
Vanni e' di Verona e ha sposato una femminista che lo ha avvicinato ai temi
del movimento politico delle donne. Ha fatto esperienza di relazione nella
comunita' veronese Diotima (e se ne avverte immediatamente la qualita'). A
lui sembra che nel comunicato ci sia "poco uomo" e paventa l'intromissione
della politica tentacolare. Chiede, molto coscienziosamente, come ci si
voglia muovere e suggerisce di lavorare "dualmente" dove si puo'.
Giovanni e' di Palermo, ma studia a Pisa. Si e' appena laureato in filosofia
con una tesi sull'identita' maschile dal titolo "Dominio e silenzio". La sua
natura di filosofo implica soluzioni culturali che richiedono tempi lunghi.
Intervenire sul quotidiano significa, per il momento, concentrarsi su cio'
che ci protegge: le persone intorno, i rapporti sociali, la loro qualita'.
Sul meno immediato si tratta di agire sugli stereotipi gia' orientati,
riscrivere le icone dominanti. Quanto al tramonto del modello patriarcale,
certamente la cosa non riguarda l'aspetto economico-mercantile, che anzi ne
rappresenta l'affermazione dilagante.
La prima donna a prendere la parola e' Anna, femminista storica che vive a
Firenze dopo un soggiorno romano di trent'anni. Prese le distanze da Roma e
dalla pratica femminista, aveva annunciato che sarebbe tornata quando si
fossero mossi gli uomini che avessero la capacita' di parlare di se'. Dunque
e' qui: anche se in genere non fa politica in gruppi misti e ritiene che il
ricorso all'autocoscienziale sia praticabile solo quando si condivide
qualcosa.
Cristiano e' di Bari, giovanissimo. La violenza lo turba in modo
insostenibile. Si e' trovato ad intervenire in soccorso di una giovane amica
aggredita e sente fortemente il bisogno di fare qualcosa contro il
verificarsi di simili situazioni.
Laura si occupa di intercultura a Pomezia. E' giovane, ribelle, arrabbiata,
sensibile. Sente di non poter mancare a questa specie di inizio...
Da Cosenza viene un'altra Anna. Appartiene al primo Centro sociale
costituitosi come parte lesa contro lo stupro ed e' impegnata nelle
attivita' di sostegno del Telefono rosa. Cresciuta in un contesto dove il
maschile e' silenzioso e dominante, si chiede com'e' possibile che gli
uomini non prendano la parola almeno rispetto agli episodi di maggior
gravita'. Sente anche il bisogno di discuterne ad un piu' alto livello.
Antonietta e' un'insegnante impegnata nel centro antiviolenza di Viterbo
che, sottolinea, lavora molto. E' assorta, quasi in disparte: non crede sia
questo il grande incontro con il maschile. Forse e' l'inizio di una
riflessione, ma il cambiamento passa attraverso il corpo, richiede un
cambiamento di senso del piacere: e quello che si ostina a imporsi con il
dominio e' un piacere malato.
Angelo: sente di voler mettere in discussione il potere maschile. Non si
puo' fare se non destrutturandosi come genere: e' il primo passo verso una
parita' dei soggetti. Vuol frequentare un ambiente maschile: il bar dello
sport, la partita; e' la' che intende portare la sua testimonianza.
Mario viene da Brescia, fa il commercialista e come Vanni e' stato
sensibilizzato all'esperienza di relazione di Diotima da una moglie
femminista. Lo muove l'evidenza di una distruttivita' enorme in atto, la
necessita' di dare un segnale politico forte e, insieme, la volonta' di
riconciliarsi con il maschile . Pensa che dare spazio a queste scelte abbia,
finalmente, valore dirompente.
Daniela e' romana, ma ha vissuto a Milano, Bologna e nei pressi di Firenze.
Secondo lei l'attuale picco di violenza nei confronti della donna non
rappresenta soltanto il segnale di una crisi dell'identita' maschile, ma
anche la minaccia di una sua stabile regressione: intesa come spinta ad
occupare, in modo tempestivo e sopraffattorio, la parte interstiziale piu'
mobile del nostro sistema culturale, mentre e' ancora aperta a interrogativi
di genere e di classe del tutto rivoluzionari. Crede si tratti dell'unica
spiegazione possibile al silenzio della quasi totalita' della parte maschile
del nostro Paese rispetto alle violenze emergenti.
Jones: la sua e' una riflessione politica che dura da molti anni. La
violenza sessuale ci fa fare i conti con la nostra sfera emotiva, mette in
luce uno spazio di rimozione ineludibile. Costruire una qualita' diversa e'
condividere: ormai le rendite del patriarcato sono pagate con moneta falsa.
Massimo: la violenza offende tutto e tutti. Anche gli uomini, che sono lesi
nella loro possibilita' di essere considerati diversamente.

5. LIBRI. BENEDETTO VECCHI PRESENTA "IL PIANETA DEGLI SLUMS" DI MIKE DAVIS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 ottobre 2006.
Benedetto Vecchi e' redattore delle pagine culturali del quotidiano "Il
manifesto"; nel 2003 ha pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita'
a Zygmunt Bauman.
Mike Davis, statunitense, docente di teoria urbana, e' uno degli studiosi di
urbanistica piu' noti a livello internazionale; scrive abitualmente su "The
Nation", "Los Angeles Weekly" e "Los Angeles Times"; riportiamo la scheda
pubblicata dal "Manifesto" del 3 luglio 2003 che ricorda le sue opere
principali: "Le prime pagine de La citta' di quarzo (edita integralmente
dalla Manifestolibri) si aprono con un struggente ricordo di una citta'
fondata da un gruppo di socialisti utopici nei pressi di Los Angeles. Ora
quel piccolo paese e' una citta' fantasma, ma Mike Davis conosce bene le
vicende del movimento operaio americano (il suo primo libro, Prisoner of
American Dream, e' un atto d'amore verso le lotte degli operai americani del
primo Novecento) e sa bene il filo rosso che rappresenta nella storia degli
Stati Uniti. Ma la sua notorieta' viene dai sui studi come urbanista o
meglio come storico delle citta'. Di Los Angeles, in primo luogo, a cui ha
dedicato, oltra a La citta' di quarzo, anche Geografia della paura
(Feltrinelli). Suo e' anche Latinos alla conquista degli Usa (Feltrinelli),
accurata analisi delle presenza ispanica negli Stati Uniti. Accattivante e
prezioso e' anche Olocausti tardovittoriani (sempre Feltrinelli), una storia
dell'intreccio tra calamita' naturali e crescita dell'imperialismo"]

Un libro piu' volte riscritto ogni volta che il suo autore, Mike Davis,
tornava da un viaggio in una citta' nota per la poverta' dei milioni di
uomini e donne che la' vivono. Oppure quando riusciva a mettere le mani sui
dati economici e demografici di realta' urbane sfuggenti a un censimento
sistematico. Poi, con un colpo di mouse, la nuova versione veniva inviata in
rete a un gruppo eterogeneo di lettori scelti dallo stesso autore per
sollecitare critiche e commenti. A quel punto, Davis si sedeva nuovamente di
fronte allo schermo per compiere mirati "taglia e cuci" o per riscriverne
parti alla luce delle note a margine dei suoi "lettori di riferimento". Un
work in progress che ha avuto il primo momento pubblico all'uscita sulla
"New Left Review" di due lunghi articoli con un unico titolo: The planet of
slums. Saggi anch'essi rielaborati che ora aprono il volume dato alle stampe
nei mesi scorsi e che Feltrinelli ha prontamente tradotto con lo stesso
titolo di quei primi materiali: Il pianeta degli slums (pp. 214, euro 15).
Non e' certo la prima volta che Mike Davis sottopone le sue riflessioni a un
confronto collettivo prima che si condensino in un libro. Ma questa volta lo
ha fatto perche' il volume si propone come la prima tappa di un'esplorazione
teorica sulla rilevanza delle megalopoli nel Sud del mondo nel definire lo
spirito del tempo postmoderno. Rio de Janeiro, Manila, Seoul, San Paulo,
Karachi, Khartoum, Mumbay, Citta' del Messico, Lusaka, Giacarta sono infatti
da considerare le capitali del XXI secolo, perche' entro il 2020 gran parte
dell'umanita' vivra' in citta' simili a Karachi. Il pianeta degli slums e'
quindi un libro ambizioso perche' considera chiusa l'esperienza centrale
della modernita' - la metropoli novecentesca, appunto - ed e' agli antipodi
di un altro importante studio sulle trasformazioni urbane d'inizio
millennio.
Non compare mai, ma questo libro di Mike Davis e' il contraltare documentato
e appassionato dell'altrettanto ambizioso volume di Saskia Sassen in cui la
studiosa di origine europea descrive la progressiva, ma irreversibile
formazione di Citta' globali in quanto porti d'accesso e centri di
coordinamento dell'economia globale, mantenendo pero' gran parte delle
caratteristiche architettoniche, sociali, politiche della metropoli
novencentesca.
*
Nel regno dell'informale
Nel pianeta degli slums della metropoli di Georg Simmel o dei passages di
Walter Benjamin o dei melting pot di John Dos Passos o Lewis Munford non
c'e' traccia alcuna. Le capitali del XXI secolo sono infatti un susseguirsi
di baraccopoli e quartieri formicaio dove regna sovrana la poverta'. Mentre
al posto di piccoli o grandi atelier produttivi c'e' un susseguirsi senza
soluzione di continuita' di quelle attivita' che vengono algidamente
definite "settore informale". Ed e' con questo eterogenea moltitudine di
"fantasmi informali" che occorre fare i conti teoricamente e dunque
politicamente, sostiene Davis polemizzando con l'ottimismo liberista e
compassionevole di studiosi come Herman De Soto, il quale vede nel self-help
e nell'"informal"ª la via d'uscita dalla poverta' dello slum.
Mike Davis e' pero' uno studioso "di razza" ed e' consapevole che Mumbay o
Rio de Janeiro sono il centro di regioni metropolitane in cui accanto alla
crescita delle megalopoli vi e' anche la "fioritura" delle cosiddette
"citta' di mezzo" abitate da milioni di uomini e donne e che sono il vero
nodo strategico di quella "divorazione della campagna" che caratterizza il
Sud del mondo. Con molta ironia Davis annota che il vecchio conflitto tra
citta' e campagna cosi' caro ai movimenti di liberazione nazionale e' stato
alla fine risolto con la progressiva scomparsa della campagna.
La prima domanda a cui Davis tenta di dare una risposta e' perche' sono
cresciuti gli slums. Quesito retorico, certo, visto che il fenomeno
dell'urbanizzazione e' parte integrante della rivoluzione industriale e che
non si e' certo arrestato con il passaggio al postfordismo. Inoltre, gli
slums sono l'esito di una "urbanizzazione senza industrializzazione" e per
questo un concentrato di poverta' e "survivalismo informale". La risposta
allora va cercata proprio nella globalizzazione, termine tanto generico
quanto equivoco.
Il primo fattore che ha facilitato la crescita degli slums e' il
decentramento produttivo a livello mondiale. Si puo' chiamare pure
outsourcing o world factory, ma in entrambi i casi significa che molte
grandi imprese hanno spostato nel Sud del mondo parte del ciclo produttivo a
causa dei bassi salari e di una legislazione del lavoro pressoche' nulla.
Cosi', parte delle grandi megalopoli sono diventate gli enormi insediamenti
urbani che conosciamo. Per queste citta' sembra ripetersi la prima, grande
urbanizzazione della modernita'. In questo caso gli slums ricordano i
degradati quartieri operai di Manchester nell'Ottocento e Davis puo', a
ragione, invitare alla lettura della Situazione della classe operaia inglese
di Friedrich Engels per farsi un'idea di come si possa vivere a San Paulo
del Brasile. Ma se questa e' una delle spiegazioni, ce ne e' un'altra molto
meno evidente, e che ha come attori protagonisti organizzazioni diventate
sinonimo di espropriazione, libero mercato e poverta'. Si tratta del Fondo
monetario internazionale, della Banca mondiale e dell'Organizzazione del
commercio. I loro progetti di aggiustamento strutturale e di modernizzazione
hanno falcidiato le economie di sussistenza, riducendo i contadini a
"proletari passivi" la cui univa via di fuga dalla poverta' e' rappresentata
dallo spostamento in citta'.
Le pagine che Mike Davis dedica alla vita negli slums sono tra le migliori
che lo studioso statunitense ha scritto negli ultimi anni. Con un ritmo
serrato e avvincente, scrive dello squattering, l'occupazione cioe' del
terreno con conseguente costruzione della casa. Ma squattering e' anche
l'occupazione di stabili abbandonati: terreni e abitazioni "riqualificati"
per la gioia dei loro proprietari, i quali si presenteranno mesi dopo dopo
per chiedere il pagamento dell'affitto. Nella saggistica mainstream tutto
questo ha una definizione. Si tratta della cosiddetta "urbanizzazione
pirata", della quale Davis riconosce una forte ambivalenza: le diffusa
pratiche di resistenza per conseguire quel "silenzioso sconfinamento
nell'ordinario" che e' la vita nello slum costituiscono tuttavia la spinta
propulsiva per quel circolo virtuoso tra speculazione edilizia, ciclo
politico e valorizzazione capitalistica del territorio. Sia che si tratti di
conflitti per avere l'acqua, l'elettricita' o sistemi di trasporto, alla
fine il ghetto o la favela conquista valore di mercato. Sbaglia pero' chi
vede nei poveri degli slums la leva per una rivolta generalizzata contro
l'ordine costituito. Le capitali del XXI secolo non conoscono infatti un
soggetto operaio che costituisce le sue istituzioni di contropotere. Mumbay,
San Paulo, Giacarta o Nairobi conoscono una realta' sociale fortemente
differenziata secondo linee di razza e di reddito dove i poveri
costituiscono quell'"ornamento" che agli inizi del Novecento era individuato
nella classe operaia che irrompeva nel centro metropolitano e plasmava la
vita metropolitana. Certo, la vita negli slums conosce anche i suoi
apologeti, sia quando incensano il self-help o la vivacita' culturale del
ghetto, ma sono solo punti di vista neocoloniali di un problema esplosivo.
Mike Davis parla pero' di una guerra contro i poveri scatenata da Banca
mondiale, Fondo Monetario internazionale, dove gli Stati Uniti forniscono le
truppe armate d'assalto, arrivando a sostenere, provocatoriamente, che gli
scontri armati a Sadr City, il quartiere di Baghdad sono episodi di quella
guerra contro i poveri. Ma pensare che dagli slums possa manifestarsi una
una rivolta generalizzata contro l'ordine neoliberista e' scambiare i
desideri con la realta'.
*
Il Vietnam della globalizzazione
Il libro di Mike Davis pone domande e arrischia prime risposte. E questa
appassionata ricognizione sulle capitali del XXI secolo costringe a
misurarsi con la crisi della "forma metropoli". Finora, infatti, l'idea
dominante e' stata che i conflitti decisivi della modernita' avevano come
teatro le grandi metropoli occidentali. Nella postmodernita' non sara'
necessariamente cosi'. Una conclusione, la sua, che mette giustamente in
primo piano le differenze tra presente e passato, ma non la
complementarieta' tra le citta' globali e le megalopoli. Sia nel primo caso
che nel secondo viene infatti meno il nesso tra urbanizzazione e
industrializzazione. Le citta' globali sono infatti i luoghi della
progettazione e del coordinamento dell'economia mondiale, mentre la
produzione si diffonde su scala planeteria. Le megalopoli sono invece gli
hub, cioe' gli incroci caotici o meglio i punti di intersezione di quella
stessa economia mondiale. La crisi della "forma metropoli" e' infatti
propedeutica al ridisegno delle gerarchie tanto tra gli stati nazionali che
tra le gerarchie sociali all'interno dello stato-nazione. In entrambi i
casi, e' una crisi originata dai conflitti sociali nel Nord e nel Sud del
mondo attorno alla messa al lavoro delle forme di vita. Pensare il
superamento degli slums significa dunque pensare i necessari punti di crisi
tanto delle citta' globali che delle megalopoli dal punto di vista dei
movimenti globali. Solo cosi' si puo' immaginare il Vietnam della
globalizzazione economica auspicato da Davis. Senza che la lingua della
rivolta abbia il ritmo del fondamentalismo religioso.

6. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI" 2007

Come ogni anno le Edizioni Qualevita mettono a disposizione l'agenda-diario
"Giorni nonviolenti", un utilissimo strumento di lavoro per ogni giorno
dell'anno. Vivamente la raccomandiamo. Il costo di una copia e' di 9,50
euro, con sconti progressivi con l'aumento del numero delle copie richieste.
Per informazioni ed acquisti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030
Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell. 3495843946, e-mail:
qualevita3 at tele2.it

7. MATERIALI. INDICE DEI NUMERI 827-854 (FEBBRAIO 2005) DE "LA NONVIOLENZA
E' IN CAMMINO"

* Numero 827 del primo febbraio 2005: 1. Per una bibliografia sulla Shoah
(parte settima); 2. La Fondazione ex campo Fossoli e il Centro studi "Primo
Levi"; 3. Francesco Comina: La coscienza di Josef Mayr-Nusser tra fede e
politica; 4. Antonio Camuso: Un ricordo di Giovanni Palatucci; 5. Gadi
Luzzatto Voghera: La Shoah: un evento unico? 6. Ileana Montini: Di donne e
di nonviolenza; 7. Giulio Vittorangeli: "Milioni di sms"; 8. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 828 del 2 febbraio 2005: 1. Il Comitato per la Foresta dei Giusti;
2. Sergio Paronetto: Mappe della nonviolenza; 3. Per una bibliografia sulla
Shoah (parte ottava); 4. Letture: Mariri' Martinengo, Le trovatore II; 5. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.
* Numero 829 del 3 febbraio 2005: 1. Maria Luigia Casieri: cacao; 2.
Brunetto Salvarani: L'esperienza del campo di Fossoli; 3. Per una
bibliografia sulla Shoah (parte nona); 4. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 5. Per saperne di piu'.
* Numero 830 del 4 febbraio 2005: 1. Per una bibliografia sulla Shoah (parte
decima); 2. La legge istitutiva del Giorno della Memoria; 3. Adriana Lotto:
La deportazione femminile nella storiografia tedesca; 4. Vandana Shiva: Il
dono del cibo; 5. Ida Dominijanni: Iraq, il colore viola; 6. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 831 del 5 febbraio 2005: 1. Giuliana; 2. Daniela Padoan: Donne nel
cuore di tenebra; 3. Daniela Coccolo e Sabina Baral: Giovani donne nei tempi
bui; 4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte undicesima); 5. Enrico
Peyretti: Iraq: tacciano le armi e cessi il dominio armato; 6. Ali Rashid:
La democrazia: un cammino di liberta' con al centro l'essere umano; 7. Farid
Adly: Le elezioni irachene sulla stampa araba; 8. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 832 del 6 febbraio 2005: 1. Benito D'Ippolito: Giuliana; 2. Ada
Aharoni: La pace e' una donna e una madre; 3. Per una bibliografia sulla
Shoah (parte dodicesima); 4. Monica Lanfranco: Femministe, dove siete? 5. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.
* "La domenica della nonviolenza", numero 7 del 6 febbraio 2005: 1. Giuliana
Sgrena: Florence e gli altri; 2. Giuliana Sgrena: Una donna torturata a Abu
Ghraib; 3. Rosangela Pesenti: Pensieri da un anno con troppe guerre; 4.
Tiziana Plebani: Corpi di pace, corpi di guerra.
* Numero 833 del 7 febbraio 2005: 1. Luciana Castellina: Giuliana; 2. Unione
delle comunita' ed organizzazioni islamiche in Italia: Appello per la
liberazione di Giuliana Sgrena; 3. Pubblicata la seconda edizione ampliata
de "La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo
Dolci" di Giuseppe Barone; 4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte
tredicesima); 5. Richard Pearsall: Lillian Willoughby; 6. Rosangela Pesenti:
Il G8 di Genova, un ricordo; 7. Amina Donatella Salina: recuperare la
pratica della nonviolenza; 8. Per Fernaldo Di Giammatteo; 9. Una lettera
aperta ai vescovi, ai credenti, ai cittadini; 10. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.
* Numero 834 dell'8 febbraio 2005: 1. Lidia Menapace: Giuliana; 2. Simona
Pari e Simona Torretta: Per Giuliana; 3. Krishnammal Jagannathan e Vandana
Shiva: Un appello; 4. John Pilger: Il paese che il mondo vuole dimenticare;
5. Per una bibliografia sulla Shoah (parte quattordicesima); 6. Patricia
Smith Melton: Una tremenda bellezza; 7. Roberto Silvestri: Per Ossie Davis;
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 835 del 9 febbraio 2005: 1. Maria G. Di Rienzo: Giuliana; 2. Alcune
donne fiorentine: Per Giuliana; 3. Anais Ginori intervista Miguel Benasayag
sul rapimento di Florence Aubenas; 4. Per una bibliografia sulla Shoah
(parte quindicesima); 5. Un appello da Palermo; 6. Lucia Mielli: Differenze
culturali e diritti universali; 7. Ileana Montini: Donne, violenza, salute
mentale; 8. Amelia Alberti: L'obeso e il cadavere; 9. Giulio Vittorangeli:
L'ambasciatore; 10. Il "Cos in rete" di febbraio; 11. Una legge delega per i
macellatori di carne umana; 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 13.
Per saperne di piu'.
* Numero 836 del 10 febbraio 2005: 1. Agnese Ginocchio: Giuliana; 2. Ali
Rashid: Per Giuliana; 3. Rossana Rossanda: Una vita appesa al caos; 4. Per
una bibliografia sulla Shoah (parte sedicesima); 5. Maria G. Di Rienzo:
Genere e movimenti; 6. Luisa Muraro: L'ultima vittoria di Romana Guarnieri;
7. Amma: Nel linguaggio del cuore; 8. Un libro per contrastare e prevenire
il bullismo nelle scuole; 9. Una bibliografia essenziale di Elena
Buccoliero; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di
piu'.
* Numero 837 dell'11 febbraio 2005: 1. Peppe Sini: Giuliana; 2. Voci per
Giuliana; 3. Si potrebbe; 4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte
diciassettesima); 5. Clotilde Pontecorvo: Alcuni appunti per la didattica
della Shoah; 6. Maria G. Di Rienzo: Organizzare gruppi "centrati"; 7. Una
lettera al Ministro dell'Interno; 8. No al commercio delle armi. Una
giornata di sensibilizzazione; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10.
Per saperne di piu'.
* Numero 838 del 12 febbraio 2005: 1. Tavola della pace: Il 19 febbraio a
Roma per Giuliana; 2. Lidia Menapace: Giuliana, o della nonviolenza; 3.
Liliana Rampello e Vita Cosentino: Con Giuliana e Florence; 4. Per una
bibliografia sulla Shoah (parte diciottesima); 5. Enrico Peyretti ricorda
Vittorio Bachelet; 6. Severino Vardacampi: La memoria delle Foibe; 7. Johan
Galtung: Le alternative per un nuovo ordine mondiale; 8. Letture: Jacques
Derrida, Perdonare; 9. Letture: Sergio Paronetto, La nonviolenza dei volti;
10. Letture: Marshall B. Rosenberg, Le parole sono finestre (oppure muri);
11. Letture: Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria; 12.
La "Carta" del Movimento Nonviolento; 13. Per saperne di piu'.
* Numero 839 del 13 febbraio 2005: 1. Giuliana Sgrena: La memoria; 2. Voci
per Giuliana e Florence; 3. Il 6 marzo a Bologna assemblea nazionale dei
Berretti bianchi; 4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte
diciannovesima); 5. Luigi Benevelli: I medici e gli psichiatri tedeschi e il
nazismo; 6. Il lavoro di Ariane Mnouchkine; 7. Lisa Clark: Una rivoluzione
culturale; 8. Lidia Menapace: A partire dal femminismo; 9. Benito
D'Ippolito: Per Simone; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per
saperne di piu'.
* "La domenica della nonviolenza", numero 8 del 13 febbraio 2005: 1. Silvia
Vegetti Finzi: Un possibile paradigma etico; 2. Sergio Paronetto: Una
bibliografia sulla nonviolenza; 3. Letture: Amal Rifa'i, Odelia Ainbinder,
con Sylke Tempel, Vogliamo vivere qui tutt'e due; 4. Letture: Giuseppe
Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di
Danilo Dolci; 5. Letture: Francesco Gesualdi, Centro nuovo modello di
sviluppo, Sobrieta'.
* Numero 840 del 14 febbraio 2005: 1. Nicoletta Crocella: Giuliana; 2. Voci
per Giuliana; 3. Per una bibliografia sulla Shoah (parte ventesima); 4.
Giobbe Santabarbara: Cinque note sulle elezioni irachene; 5. Susan George:
La prima cosa da fare in Italia; 6. Franco Rotelli ricorda Franca Ongaro
Basaglia; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 841 del 15 febbraio 2005: 1. Voci per Giuliana; 2. Per una
bibliografia sulla Shoah (parte ventunesima); 3. Uno sciagurato disegno di
legge delega; 4. Paolo Scarfi: Osservazioni in tema di riforma
dell'ordinamento giudiziario militare; 5. Enrico Peyretti: L'intollerabile;
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 842 del 16 febbraio 2005: 1. Raffaella Chiodo: Giuliana; 2. "Azione
nonviolenta" di febbraio; 3. Per una bibliografia sulla Shoah (parte
ventiduesima); 4. Ileana Montini: Memoria; 5. Angela Giuffrida: Una
equazione infondata; 6. Cecilia Zecchinelli: Donne, elezioni, futuro; 7.
Franca Bimbi ricorda Franca Ongaro Basaglia; 8. Giulio Vittorangeli: Tra
passato e futuro; 9. Letture: Aldo Capitini, Le ragioni della nonviolenza;
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.
* Numero 843 del 17 febbraio 2005: 1. Giuliana, o dell'umanita'; 2. In gravi
condizioni un volontario dell'Operazione Colomba picchiato a sangue; 3.
Jagannathan: Ai benefattori delle vittime dello tsunami; 4. Per una
bibliografia sulla Shoah (parte ventitreesima); 5. Lorella Pica: Una lettera
dal Guatemala; 6. Maurizio Matteuzzi: Sorella Dorothy; 7. Santina Polimeni e
Stefano Carboni: Thich Nhat Hanh a Roma in aprile; 8. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 844 del 18 febbraio 2005: 1. Sergio Paronetto: Giuliana; 2. Voci
per Giuliana; 3. Dacia Maraini: Ti aspettiamo, Giuliana; 4. Per una
bibliografia sulla Shoah (parte ventiquattresima); 5. Lea Melandri: La
misoginia anche a sinistra; 6. Marina Forti intervista Shahla Lahiji; 7. Pax
Christi di Verona: Una manifestazione blasfema e necrofila; 8. Letture:
Cesare Segre: La letteratura italiana del Novecento; 9. Letture: Chone
Shmeruk, Breve storia della letteratura yiddish; 10. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.
* Numero 845 del 19 febbraio 2005: 1. Giuliana; 2. Per una bibliografia
sulla Shoah (parte venticinquesima); 3. Luisa Muraro: Sulla vita umana; 4.
Adriana Cavarero: Una politica oltre il potere; 5. Donatella Betti Baggio:
Con Amma e Appa; 6. Pedro Casaldaliga: Prospettiva; 7. Rosangela Pesenti:
Bertha von Suttner, la rimossa; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9.
Per saperne di piu'.
* Numero 846 del 20 febbraio 2005: 1. Alda Merini: Per Giuliana; 2. Dalla
parte delle vittime; 3. Jagannathan: Una lettera aperta al Collector di
Nagapattinam; 4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte ventiseesima); 5.
Rosangela Pesenti: Lisistrata, l'ironica; 6. Luisa Muraro: Il ripensamento
femminista; 7. Marco Roncalli ricorda Romana Guarnieri; 8. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* "La domenica della nonviolenza", numero 9 del 20 febbraio 2005: 1. Ogni
vita umana, ogni umano corpo; 2. Giuliana Sgrena: Torturatori di Ali Baba;
3. Ida Dominijanni: Il buon soldato Graner; 4. Luigi Cancrini: L'allegria
dei torturatori; 5. Giuliana Sgrena: Torturate ad Abu Ghraib; 6. Lia
Cigarini: Al mondo con amore e con onore; 7. Severino Vardacampi: Alcuni
minimi opportuni schiarimenti su resistenza, guerriglia, terrorismo; 8.
Paolo Tranchina: Breve storia dei "Fogli di informazione".
* Numero 847 del 21 febbraio 2005: 1. Fatema Mernissi: Giuliana; 2. Alberto
L'Abate: Previsione e prevenzione dei conflitti armati: riflessioni a
partire dal maremoto nel sud-est asiatico; 3. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 4. Per saperne di piu'.
* Numero 848 del 22 febbraio 2005: 1. Lidia Menapace: Giuliana e il popolo
della pace; 2. Lilli Gruber: Per Giuliana; 3. Adriana Zarri: Per Giuliana;
4. Enzo Mazzi: Non sei sola, Giuliana; 5. Mao Valpiana: Il 24 febbraio in
corte d'appello a Venezia; 6. Per una bibliografia sulla Shoah (parte
ventisettesima); 7. Mohandas Gandhi: Satyagraha, non "resistenza passiva";
8. Letture: Franco Barbero, Olio per la lampada; 9. Letture: Philippe
Breton, Elogio della parola; 10. Letture: Alphonse e Rachel Goettmann, Le
malattie dell'anima; 11. Letture: Thierry Pech, Marc-Olivier Padis, Le
multinazionali del cuore; 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 13. Per
saperne di piu'.
* Numero 849 del 23 febbraio 2005: 1. Voci per Giuliana; 2. Da Verona a
Venezia, oggi e domani; 3. Blues del treno della morte; 4. Giulio
Vittorangeli: Il senso della fragilita' umana; 5. Per una bibliografia sulla
Shoah (parte ventottesima); 6. Ileana Montini: La voglia matta; 7. Rocco
Altieri: La nonviolenza dei popoli puo' sconfiggere la guerra; 8. La "Carta"
del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 850 del 24 febbraio 2005: 1. Giancarla Codrignani: Giuliana; 2. Mao
Valpiana: Dal banco degli imputati la nonviolenza contro la guerra; 3. Peppe
Sini: Una dichiarazione di solidarieta'; 4. Marta Galli: Bertha von Suttner;
5. Lev Tolstoj: La nostra concezione della vita; 6. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 851 del 25 febbraio 2005: 1. Pier Scolari: Cara Giuliana; 2. Mao
Valpiana: Assolti. Una vittoria della nonviolenza, una vittoria di tutti; 3.
Per Renzo Imbeni; 4. Rosangela Pesenti: Antigone tra le guerre. Appunti al
femminile; 5. Per una bibliografia sulla Shoah (parte ventinovesima); 6.
Sherry Glaser: Lacrime; 7. Presto in libreria una nuova opera di Enrico
Peyretti; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 852 del 26 febbraio 2005: 1. Voci per Giuliana; 2. Mao Valpiana:
Grazie a tutti; 3. Peppe Sini: Da Venezia una vittoria della nonviolenza,
una vittoria dell'umanita'; 4. Chiara Cavallaro: "No alla censura preventiva
sulla guerra", una campagna da sostenere; 5. Per una bibliografia sulla
Shoah (parte trentesima); 6. Ileana Montini: I seguaci di don Giussani; 7.
La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 853 del 27 febbraio 2005: 1. Giuliana; 2. La strage; 3. La sentenza
del Tribunale di Verona confermata dalla Corte d'Appello di Venezia; 4. Tre
note su nonviolenza e lotta antimafia; 5. Andrea Cozzo: Elementi per un
approccio nonviolento al superamento del sistema mafioso (alcuni appunti e
considerazioni da sviluppare); 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7.
Per saperne di piu'.
* "La domenica della nonviolenza", numero 10 del 27 febbraio 2005: 1. Elena
Loewenthal: Dare voce ai ricordi, testimoniare la storia; 2. Massimo
Ammaniti ricorda Franca Ongaro Basaglia; 3. Giovanni Berlinguer ricorda
Franca Ongaro Basaglia; 4. Luigi Cancrini ricorda Franca Ongaro Basaglia; 5.
Mario Colucci ricorda Franca Ongaro Basaglia; 6. Paolo Tranchina ricorda
Franca Ongaro Basaglia; 7. Marco Bertotto e Gabriele Eminente ricordano
Peter Benenson; 8. Edoardo Boncinelli ricorda Aldo Carotenuto; 9. Edi Rabini
ricorda Renzo Imbeni; 10. Alessandro Portelli ricorda Agostino Lombardo; 11.
Rossana Rossanda ricorda Titina Maselli; 12. Umberto Galimberti ricorda
Carlo Tullio-Altan; 13. Suvendrini Kakuchi: La "modestia" che uccide.
* Numero 854 del 28 febbraio 2005: 1. In digiuno per Giuliana; 2. Per una
bibliografia sulla Shoah (parte trentunesima); 3. Per una definizione del
concetto di nonviolenza; 4. Umberto Santino: Nonviolenza, mafia e antimafia
(parte prima); 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di
piu'.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1468 del 3 novembre 2006

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it