La nonviolenza e' in cammino. 1442



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1442 dell'8 ottobre 2006

Sommario di questo numero:
1. Afghanistan
2. Enrico Piovesana: Afghanistan, il volto dell'occupazione
3. Charlene Spretnak: In memoria
4. Il "Cos in rete" di ottobre
5. Enrico Peyretti presenta "Educare al pluralismo religioso" di Brunetto
Salvarani
6. Severino Vardacampi: Una postilla. Abolire l'Irc
7. Francesca Setzu presenta "Le fantasticherie della donna selvaggia" di
Helene Cixous
8. Letture: Pietro Ingrao, Volevo la luna
9. Ristampe: Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1827)
10. Ristampe: Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1840)
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. AFGHANISTAN

L'Afghanistan oggi e' un Vietnam anche italiano.
E' insieme alla condizione fatta ai migranti la nostra piu' infame vergogna,
di uno stato che costantemente viola la propria legge fondamentale, e che
provoca morti, deportazioni, riduzione in schiavitu'. Un paese che torna
fascista per responsabilita' precisa dei suoi governi e dei suoi parlamenti.
Ma anche per responsabilita' dei cittadini che non si ribellano alla guerra
e agli eccidi, che non insorgono con la forza della nonviolenza per ottenere
il ripristino della legalita' costituzionale: dell'articolo 10 che
garantisce agli stranieri perseguitati di trovare in Italia accoglienza,
liberta', diritti; dell'articolo 11 che ripudia la guerra.
*
Dicono alcuni giornali che nella finanziaria il governo avrebbe inteso
includere il finanziamento annuale delle missioni militari all'estero
cosiddette "di pace", cosicche' in parlamento non se ne parlasse piu', e la
partecipazione alle guerre continuasse nell'indifferenza di tutti. Dicono
poi alcuni giornali che quell'articolo verra' riformulato, quella proposta
ritirata, parola di non so quale ministro, di quale parlamentare: beninteso,
ministro del governo che ha voluto la prosecuzione della guerra e delle
stragi, parlamentare del parlamento che ha avallato la guerra e le stragi.
*
La Costituzione italiana proibisce che l'Italia partecipi a guerre che non
siano strettamente difensive.
La partecipazione italiana alle guerre in corso in Afghanistan e in Iraq e'
una flagrante violazone della legalita' costituzione e del diritto
internazionale.
E' dalla fine del secolo scorso che governo e parlamento italiani sono
fuorilegge, e l'Italia e' oggi coinvolta in teatri di guerra ove stragi
vengono quotidianamente commesse dalle coalizioni militari di cui siamo
parte.
Siamo ormai un paese che a pieno titolo fa parte della coalizione terrorista
e stragista guidata dal presidente degli Usa.
Siamo un paese reso criminale da governi criminali, e da fin totalitarie
maggioranze parlamentari criminali.
Nei teatri di guerra in cui sono stati mandati a morire e ad uccidere, non
pochi italiani sono gia' morti per questo; e moltissimi afgani, moltissimi
iracheni. E sono morte in tutto il mondo moltissime altre persone per le
risposte dei gruppi terroristici a quel terrorismo degli eserciti degli
stati occidentali che fa seguito al terrorismo dell'11 settembre che faceva
seguito al terrorismo di altri ancor precedente, lungo una plurisecolare
catena che o viene spezzata da qualcuno con un atto unilaterale di rinuncia
alla vendetta assassina, al sopruso assassino, o trascinera' nel baratro
l'umanita' intera.
*
La nonviolenza e' il gesto, l'atto che occorre: quel gesto di rottura della
catena delle uccisioni. Quel gesto che restaura il primato della vita e
della dignita' umana.
Ed e' un presagio di scelta della nonviolenza nelle relazioni internazionali
quanto attestano la carta delle Nazioni Unite nel suo preambolo e la
Costituzione della Repubblica Italiana nell'undicesimo e decisivo dei suoi
principi fondamentali.
*
E' necessario il ritiro immediato e completo delle truppe italiane
dall'Iraq, ancora non avvenuto sebbene ripetutamente dichiarato.
E' necessario il ritiro immediato e completo delle truppe italiane
dall'Afghanistan.
E solo cessando di fare la guerra si apre la via alla possibilita' di
costruire la pace, di esercitare un'azione che salvi le vite, che
smilitarizzi i conflitti, che apra al riconoscimento della comune umanita',
che consenta ricostruzione materiale e civile.
*
Ed anche il dispiegamento militare italiano in Libano e' gravissimo un
errore, e non solo perche' esso e' come star seduti su una polveriera
(massime da parte di uno stato, l'Italia, tuttora coinvolto in guerre
imperialiste e stragiste come quella irachena e quella afgana), poiche'
tutti sappiamo che al primo incidente - fortuito o provocato - la situazione
puo' di nuovo degenerare in guerra aperta; e non solo perche' quel
dispiegamento viene percepito dai poteri armati e assassini della regione
come una complicita' col loro potere, che il potere degli assassini
rafforza, e le vittime quindi opprime ancor piu'. Ma soprattutto perche'
altro occorre in quell'area: aiuto umanitario alle popolazioni, corpi civili
di pace, disarmo generalizzato, promozione di negoziati politici, una
politica coerente e condivisa di riconoscimento e sicurezza per tutte le
popolazioni, per tutte le istituzioni democratiche, per tutti gli
ordinamenti giuridici statuali, sapendo distinguere tra i diritti dei popoli
e le responsabilita' dei regimi, sapendo che tanto la Palestina quanto
Israele quanto gli altri paesi dell'area hanno diritto a una propria
esistenza statuale e indipendente, in sicurezza e benessere: quella
sicurezza e quel benessere che i popoli palestinese, israeliano, libanese e
di tutta l'area ardentemente desiderano, come l'intera umanita'. Ma solo la
pace costruita con mezzi di pace porta sicurezza e benessere: le guerre e il
terrorismo, le occupazioni militari e i fondamentalismi disumanati, ogni
terrore ed ogni oppressione, non portano ne' pace ne' giustizia, poiche' ne
sono la negazione assoluta.
Occorre la nonviolenza: armi ed eserciti portano solo morte poiche' di morte
sono strumenti: e una tregua non e' la pace, la pace viene dal dialogo, dal
riconoscimento di umanita'; la nonviolenza come dispiegamento il piu' nitido
ed il piu' energico di umana comprensione e solidarieta', essa si' salva le
vite, e porta la convivenza. Continuare a investire risorse in eserciti ed
armi allontana la pace e la giustizia, continuare con le occupazioni
militari - sia pure sotto l'egida dell'Onu - non porta alla ricostruzione
materiale e morale: solo la scelta della nonviolenza, solo la scelta della
nonviolenza: nonviolenza chiedono le vittime del terrorismo, nonviolenza
chiedono le vittime della guerra, nonvioelnza chiedono le vittime delle
occupazioni, nonviolenza chiedono le vittime delle devastazioni, della fame,
della rapina armata che perdura da secoli.
*
L'Italia fortunatamente non ha ancora subito gravi attentati terroristici
connessi alla "guerra infinita" voluta da Bush. Speriamo non avvengano mai.
Ma non vi e' dubbio che persistere nella partecipazione militare alle guerre
terroristiche neoimperiali e neocoloniali volute dall'amministrazione Bush
ha anche come ovvia ricaduta un'esposizione del territorio e della
popolazione italiana ad atti di guerra ovvero di terrorismo, poiche' ormai
guerra e terrorismo sono una cosa sola, da quando la guerra e' innanzitutto
guerra contro popolazioni civili, e non c'e' piu' un definito campo di
battaglia, una distinzione netta tra fronte e retrovie: non esistono piui'
fronti perimetrabili, tutto il mondo e' lo stesso fronte.
Si', le politiche di guerra di tutti gli ultimi governi espongono l'intera
popolazione italiana alla guerra e al terrorismo: altro che politica della
sicurezza. Non fosse altro che per questo sarebbe ragionevole che un moto di
popolo persuadesse governo e parlamento a rientrare nella legalita'
repubblicana, a cessare di partecipare alle guerre, a scegliere invece una
politica di pace con mezzi di pace, cio' che noi chiamiamo una politica dell
a nonviolenza.
*
Il tempo stringe, cosa si aspetta a far valere la legge e la giustizia, la
verita' e l'umanita'?
Cessi la pertecipazione italiana alle guerre e al terrorismo.
S'impegni l'Italia per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei
conflitti.
S'impegni l'Italia a una politica internazionale fondata sul principio di
salvare le vite, di promuovere il dialogo e la cooperazione tra i popoli, di
democrazia autentica, di riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti
gli esseri umani.
Si scelga la nonviolenza, fondatrice di una politica inveratrice di civile
convivenza.

2. DOCUMENTAZIONE. ENRICO PIOVESANA: AFGHANISTAN, IL VOLTO DELL'OCCUPAZIONE
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 6 ottobre 2006 dal titolo "Afghanistan, il volto
dell'occupazione. Nell'est, ora sotto Isaf, le truppe Usa bruciano villaggi,
uccidono il bestiame e reprimono il dissenso". Enrico Piovesana,
giornalista, lavora a "Peacereporter.net", per cui segue la zona dell'Asia
centrale e del Caucaso; nel maggio 2004 e' stato in Afghanistan in qualita'
di inviato]

Tut Naw e' un piccolo villaggio di contadini e allevatori abbarbicato sulle
impervie montagne di Kunar, a nord di Jalalabad. Lunedi' 2 ottobre, i
marines statunitensi impegnati nell'operazione "Furia di Montagna" lo hanno
circondato e hanno condotto un rastrellamento casa per casa alla ricerca di
presunti talebani che vi si nascondevano. Ma non hanno trovato nulla,
nemmeno armi. I soldati hanno appiccato il fuoco a sei case, ucciso a colpi
d'arma da fuoco una decina di mucche e poi se ne sono andati via portando
con loro tre ragazzi del villaggio.
L'episodio e' stato riportato dal governatore della provincia, il quale ha
promesso alla popolazione di Tut Naw di chiedere ai comandi Usa spiegazioni
e soprattutto risarcimenti per i danni provocati. Ma sara' difficile, dato
che un portavoce della Coalizione, il tenente Marcelo Calero, ha subito
detto di non sapere nulla di tali fatti.
*
Vietato criticare l'occupante
Nelle stesse ore a Jalalabad, nel palazzo del governatorato, era in corso
una riunione dei capi tribali della regione per discutere del deterioramento
delle condizioni di sicurezza nella zona. Zabit Zaher, rispettato anziano
delle montagne di Khugyani - responsabile delle finanze per il suo distretto
al tempo del governo mujaheddin di Rabbani e per questo successivamente
imprigionato dai talebani -, ha preso la parola dichiarando che la colpa
dell'insicurezza nella regione e' delle forze d'occupazione Usa, e
affermando che queste dovrebbero andarsene e lasciare il controllo della
zona alle autorita' locali, che poi penserebbero ad arrestare e consegnare
loro "tutti i talebani che vogliono". Alla fine della riunione, Zabit Zaher
e' stato arrestato dai marines. Lo ha denunciato suo nipote, Taher Omar.
*
Non basta metterci una toppa verde
Nelle regioni orientali dell'Afghanistan, come in tutto il resto del paese,
le truppe Usa si sono rese responsabili di gratuite violenze e abusi contro
la popolazione locale.
Dal 5 ottobre, questi stessi marines portano al braccio, oltre alla
bandierina a stelle e strisce, lo stemma di stoffa verde della "missione di
pace" Isaf a comando Nato: lo stesso stemma che sta sulle divise dei quasi
2.000 soldati italiani schierati nella vicina Kabul e ad Herat.
Difficile spiegare a un afgano le differenze tra un alpino italiano e un
marine statunitense, dato che hanno la stessa divisa e un distintivo che non
li distingue piu'. Ancor piu' difficile convincerlo del fatto che i soldati
che pochi giorni fa hanno bruciato il suo villaggio, ucciso le sue bestie e
portato via un suo parente, ora sono improvvisamente diventati soldati di
pace, venuti per ricostruire il paese e garantire la sicurezza.

3. RIFLESSIONE. CHARLENE SPRETNAK: IN MEMORIA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di
Charlene Spretnak. Charlene Spretnak, ecofemminista, e' docente di filosofia
e religione al California Institute of Integral Studies, a San Francisco, e
autrice di numerosi libri. Si occupa di spiritualita', cambiamento sociale,
pensiero ecologico, storia, femminismo]

A tutte le donne che hanno rischiato le loro vite nelle rivoluzioni
americana e francese, solo per scoprire il carattere patriarcale
dell'"illuminismo", che non era affatto inteso per loro;
a tutta la gente di campagna, il cui amore per la terra ed i suoi cicli li
fa oggetto di disprezzo per la mentalita' urbana moderna;
a tutti i popoli nativi che hanno resistito al genocidio ed
all'assimilazione forzata, ovvero al fato moderno per coloro che vengono
considerati "arretrati";
a tutte le vittime degli omicidi di massa perpetrati da regimi fascisti con
burocratica efficienza e ragioni insensate e strumentali;
a tutte le persone brutalizzate e uccise da eserciti e poliziotti
"marxisti", perche' resistevano alla teoria "scientifica" della storia;
a tutti coloro che hanno lottato per salvare le proprie comunita' e le
proprie vite dal controllo insensibile di grandi corporazioni e cartelli
economici;
a tutti i genitori che hanno protestato con funzionari delle nazioni
industrializzate affinche' riconoscessero la connessione fra le radiazioni o
l'inquinamento tossico ed i loro bambini malformati o malati;
a tutte le persone che hanno perseverato nel coltivare una vita spirituale
anche quando li si e' derisi come "irrazionali";
e a tutti i bambini che hanno valorosamente tentato di mantenere il loro
primario senso del mondo come meravigliosamente creativo e vivo e vibrante,
nonostante fossero ammassati sulle graticole delle scuole moderne,
noi dichiariamo: avevate ragione.
Avevate ragione, e la vostra sofferenza non e' stata vana. Le vostre lacrime
hanno reso fertile la terra, da cui ora crescono piu' sforzi di cambiamento
di quanti se ne possano contare, piu' resistenza di quanta se ne conosca.

4. STRUMENTI. Il "COS IN RETE" DI OTTOBRE
[Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (per contatti:
l.mencaroni at libero.it) riceviamo e volentieri diffondiamo]

Cari amici,
vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di ottobre 2006 del "Cos in rete"
(www.cosinrete.it).
Nello spirito del Cos di Capitini, le nostre e le vostre risposte e
osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani:
nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere
di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta,
antifascismo, tra cui: Mozart e la liberta'; Il pacifismo miope; La tutela
dei commons; Curati con false medicine; Come in Grecia; Napoli e Chelsea,
due vie per risorgere; Il dio motore; Le pericolose signorine; Come
prepariamo l'apocalisse; Le radici della Shoah; Conflitti e guerra nel mondo
d'oggi; La chiusura del cerchio fascista; Come rispondere a tassisti e
compagni; La sofferenza e Dio; Tutto da rifare; L'origine del male; ecc.
piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale
sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al "Cos
in rete" e' libera e aperta a tutti mandando i contributi a:
capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel blog del Cos:
cos.splinder.com
Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato
indirizzo in www.aldocapitini.it

5. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "EDUCARE AL PLURALISMO RELIGIOSO" DI
BRUNETTO SALVARANI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa
recensione.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio,
ed uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha
insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e
diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora
regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno
Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e'
membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace
delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista
"Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Brunetto Salvarani (per contatti: brunetto at carpinet.biz), teologo ed
educatore, da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo
fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal
1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena;
saggista, scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate,
dirige "Cem-Mondialita'", fa parte del Comitato "Bibbia cultura scuola", che
si propone di favorire la presenza del testo sacro alla tradizione
ebraico-cristiana nel curriculum delle nostre istituzioni scolastiche; e'
direttore della "Fondazione ex campo Fossoli", vicepresidente
dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat as-Salaam",
il "villaggio della pace" fondato in Israele da padre Bruno Hussar; e' tra i
promotori dell'appello per la giornata del dialogo cristiano-islamico. Ha
pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana, Emi, Tempi di
Fraternita', Marietti, Paoline]

Non c'e' piu' la "religione degli italiani": c'e' "l'Italia delle
religioni". Questo e' il dato di fatto che Salvarani documenta ampiamente.
Ma le istituzioni hanno colto che questo e' un cambiamento permanente? Non
pare. Gli antichi rabbini dicevano che il mondo si regge sul respiro degli
studenti. Ma, nonostante tanti anni di insegnamento della religione
cattolica (Irc), l'ignoranza religiosa degli italiani e' madornale. In
particolare, "la nostra realta' scolastica non e', attualmente, in grado di
fra fronte alla nuova situazione" della societa' plurireligiosa (p. 177).
Salvarani, teologo e scrittore, educatore all'interculturalita', ha promosso
in Italia la giornata di dialogo cristiano-islamico, non ancora assunta
dalla Cei, ma diffusa in centinaia di centri nel Paese. Egli vi vede un
kairos, un'occasione storica di col-loquio (parlare insieme), alternativo
allo scontro e all'indifferenza, ma questo bisogno non e' stato ancora
intercettato dalle istituzioni.
Il cuore del libro (Brunetto Salvarani, Educare al pluralismo religioso,
Emi, Bologna 2006) e' una proposta per la scuola. Nonostante l'impegno di
molti (non tutti!) gli insegnanti, l'Irc non e' sufficiente per far prendere
coscienza e per educare al pluralismo religioso. Oltretutto, il regime
concordatario e confessionale, getta i non-avvalentisi in un monstrum
pedagogico, l'"ora del nulla". Sara' molto difficile superare tale regime,
ma e' molto importante parlarne, creare coscienza. La proposta e' una "ora
delle religioni". L'esperienza esemplare, ampiamente riferita nel libro, e'
quella della citta' pluriculturale inglese di Bradford, nella quale, dopo un
periodo di scontri interetnici, pedagogisti, istituzioni, leaders religiosi
hanno responsabilmente costruito insieme un programma scolastico articolato
per imparare le religioni e imparare dalle religioni. Il fine dello studio
fenomenologico delle religioni e' una educazione alla saggezza, alla
capacita' di convivere imparando reciprocamente, e di scegliere una via
personale che dia senso alla vita. Il Syllabus di Bradford, tradotto, si
puo' ricevere gratis scrivendo a cemsegreteria at saveriani.bs.it
La proposta non e' solo una storia delle religioni, perche' ha al centro i
testi letterari-religiosi e anche le diverse espressioni cultuali. Si tratta
di affermare nella scuola la dignita' e lo statuto conoscitivo proprio delle
"scienze religiose". Finora, invece, laicismo e clericalismo sono stati
complici nel relegare la cultura religiosa nel recinto confessionale.
Salvarani parla di una "laicita' per addizione", non per sottrazione: "una
laicita', cioe', non di pura garanzia o di pura distinzione, bensi' capace
di riconoscere particolari tradizioni, che nel loro impiantarsi non ledano i
diritti di nessuno, ma, semmai, arricchiscano la comunita' di nuovi valori e
nuovi costumi" (p. 175). In particolare, l'autore segnala, come anche grandi
intellettuali laici, tra cui Bobbio, l'assurdita' di una scuola in cui si
studia Omero e non la Bibbia, che e' comunque il grande codice della cultura
occidentale, incomprensibile senza di essa.
Sara' difficile, in tempi brevi, superare il regime dell'Irc, ma si potra'
immettere in esso la nuova cultura interreligiosa (senza la quale, oggi, non
si e' davvero religiosi). Il problema non sono tanto gli insegnanti di
religione, ma le autorita' religiose cattoliche che, in Italia, non
accettano neppure di discutere.

6. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: UNA POSTILLA. ABOLIRE L'IRC
[Il nostro buon amico Severino Vardacampi, talvolta, scrive cosi'.
Compatiscano i buoni lettori]

E' a nostra modesto avviso assolutamente opportuna una seria educazione allo
studio del fatto religioso e delle religioni nelle scuole italiane; ma essa
sara' impossibile finche' vigera' l'Irc, le cui caratteristiche di
propaganda confessionale, di manipolazione ideologica, di mercimonio tra
costruzione del consenso ed instrumentum regni sono tanto flagranti quanto
inaccettabili, ed ha come ulteriore scandaloso portato l'assurdo di
insegnanti operanti nella scuola pubblica ma scelti da un potere che non e'
quello dello stato italiano bensi' di una organizzazione che intrinsecamente
per le sue finalita' istituzionali non riconosce il principio del rispetto
della liberta' di pensiero.
Vi sono oggi nelle scuole italiane docenti impegnati nell'Irc, ovvero
nell'insegnamento della religione cattolica, che fanno un lavoro di grande
valore, e che nel loro lavoro anticipano per molti versi cio' che andrebbe
pur fatto in una prospettiva non solo interconfessionale ma interculturale
in senso forte; e ad esse ed essi rendiamo omaggio. Ma l'istituto dell'Irc
in quanto tale e' del tutto ingiustificabile, ed incompatibile con una
scuola che vuole essere casa di tutte e tutti: sono cose che una volta erano
sentire comune di tanta parte della cultura democratica, sia laica che
confessionale (cfr. ad esempio Carmine Fotia, Emma Mariconda (a cura di),
L'ora illegale, Il manifesto - Sinistra indipendente, Roma s. d., ma 1987; e
per un inquadramento ulteriore e piu' ampio Enzo Marzo, Corrado Ocone (a
cura di), Manifesto laico, Laterza, Roma-Bari 1999).
Prima si procedera' a una riforma dell'ordinamento scolastico che includa
anche lo studio - il severo studio, lo studio vero - delle religioni e del
fatto religioso, prima ci si liberera' dell'Irc, e prima la scuola potra'
cominciare ad essere anche scuola, e non solo macchina di riproduzione del
dominio di classe e delle ideologie ad esso inerenti. L'ambito del sacro e
del religioso e' tanta parte dell'esperienza umana e dell'umano sapere, e
tutte le grandi religioni apportano altresi' tesori di civilta' e di
umanita', di riconoscimento e di liberazione (ma anche - come e' proprio di
ogni grande tradizione storica di pensiero e di prassi - di mistificazione e
oppressione, di alienazione e violenza): che quindi nella scuola di tutte e
di tutti la religione sia materia di studio e ricerca, non occasione di
propaganda e di indottrinamento (o peggio ancora: l'ora del passatempo e del
torpore, come sovente accade); ora di impegno e di liberta', non di
distrazione e di servitu'.
A scuola si studi il fatto religioso, le religioni positive, l'articolazione
di saperi che come scienze religiose, e come cognizione del sacro e
ricognizione della sfera del sacro, possono essere denominati e variamente
definiti; quanto alla fede, alla propria fede quale che essa sia, e' altrove
ed altrimenti che deve essere peculiarmente insegnata ed appresa; ed e'
nella vita intera che essa deve illuminare, ed essere testimoniata.

7. LIBRI. FRANCESCA SETZU PRESENTA "LE FANTASTICHERIE DELLA DONNA SELVAGGIA"
DI HELENE CIXOUS
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip/).
Francesca Setzu nel 2004 ha ricevuto il premio di scrittura femminile de "Il
paese delle donne" per la sua tesi di laurea su "Il concetto del sapere
nell'opera di Fatima Mernissi" (Universita' "La Sapienza" - facolta' di
sociologia, Roma, a. a. 2002-2003).
Helene Cixous, nata a Orano in Algeria nel 1938, docente universitaria a
Parigi, fondatrice del Centre des Etudes Feminines, scrittrice, drammaturga,
critica, pensatrice e militante per i diritti. Dal sito www.tufani.it (che
propone anche altri utilissimi materiali sull'autrice e non solo) estraiamo
questa utile notizia biobibliografica su Helene Cixous: "Helene Cixous nasce
a Orano, in Algeria, il 5 giugno 1937 da una famiglia ebrea che discende da
due differenti linee di diaspora. Gli antenati della madre sono
cecoslovacchi, austriaci, tedeschi, gli antenati del padre sono arrivati in
Africa dalla Spagna. Nella famiglia paterna si parla lo spagnolo, il
francese dei colonizzatori europei, l'arabo. Nella famiglia materna si parla
tedesco, una lingua che Helene Cixous dovra' in seguito riconquistare.
Questa breve mappa di orientamento nelle sette patrie e nelle sette lingue
sempre gia' perdute, come le chiama in Jours de l'an (des femmes, 1990)
disegna, piu' che lo spazio di un radicamento, una rete di spostamenti dove
domina la tensione tra il radicamento e lo sradicamento. Nella sua opera
l'autrice esprime questa tensione non nella forma dell'esilio, e della
nostalgia che lo accompagna, ma come possibilita' di movimento e capacita'
di riconoscere e rispettare le differenze. L'errare cixousiano tra luoghi e
parole che giungono da tutti i punti cardinali implica una potenzialita' di
incontro e di scambio, diventa il mobile punto di vista dal quale si puo'
guardare alle molte forme di "cattivo radicamento" e alle distruzioni che le
accompagnano. L'infanzia di Helene Cixous coincide con gli anni della
seconda guerra mondiale, l'epoca dei nazionalismi e dell'antisemitismo che
colpisce la famiglia a nord ma anche a sud (durante il governo di Vichy
perdono la cittadinanza francese, ottenuta con il decreto Cremieux solo nel
1870, e il padre non puo' piu' esercitare la professione medica). In seguito
e' la guerra d'Algeria, che scatena altri nazionalismi e altri razzismi, ad
allontanare la famiglia da Orano, citta' dove Helene Cixous non e' in
seguito piu' tornata. Il padre muore nel 1948, e la madre diventa ostetrica
ed esercita la sua professione nelle bidonville di Algeri per diversi anni
anche dopo la partenza della figlia. E' tuttavia espulsa definitivamente nel
1971. Helene Cixous giunge invece in Francia nel 1955, e la', come dice in
una lunga intervista a Mireille Calle-Gruber (Photos de racines, Paris, des
femmes, 1994), adotta una nazionalita' immaginaria che e' la nazionalita'
letteraria. A Parigi, in una situazione completamente diversa rispetto agli
anni algerini, non e' piu' l'appartenenza alla comunita' ebraica ad essere
in primo piano, ma il fatto di apprendere bruscamente che "ma verite'
inacceptable dans ce monde etait mon etre femme" [la mia verita'
inaccettabile in questo mondo era il mio essere donna] (op.cit.); "juifemme"
come scrivera' all'inizio degli anni settanta. Tale verita' inaccettabile in
questo mondo implica a sua volta - come l'errare della famiglia - una
complessa forma di continuita' con la scrittura. A partire dagli anni
settanta infatti il suo nome e i suoi scritti, sempre piu' numerosi, saranno
associati al dibattito sulla differenza sessuale e l'"ecriture feminine".
Nel corso degli anni sessanta Helene Cixous intraprende una ricerca di
dottorato dedicata a James Joyce (L'exil de James Joyce ou l'art du
remplacement, Grasset, 1969) e una carriera universitaria che la mette
presto a confronto con l'istituzione e con le critiche che si levano contro
di essa. Nel 1968 partecipa alla creazione di una universita' sperimentale a
Vincennes. Il consiglio cui da' vita per la fondazione di quella che e' oggi
Paris VIII - Vincennes si propone di trasformare l'Universita' francese in
modo durevole. Varie cattedre sono affidate a scrittori e scrittrici, tra
cui Michel Deguy, Michel Butor, Lucette Finas, o a innovatori nel campo
della critica e della teoria letteraria, come Gerard Genette, Jean-Pierre
Richard, Tzvetan Todorov, e della filosofia, come Michel Foucault, Michel
Serres e Gilles Deleuze. A Serge Leclaire e' affidata l'organizzazione del
primo dipartimento di psicanalisi in Francia. Nel 1969 pubblica il suo primo
testo letterario, Dedans (Grasset), e contemporaneamente inizia a insegnare
letteratura inglese a Paris VIII. La fine del decennio 1960 e la prima meta'
del successivo rappresenta un periodo intenso e ricco di mutamenti. Nel 1970
partecipa alla fondazione, insieme a Genette e Todorov, della rivista
"Poetique", sulla quale pubblichera' saggi dedicati, tra gli altri, a Freud,
Poe, Hoffmann e Joyce raccolti poi in volume (Prenoms de personne, Seuil,
1974). Nello stesso tempo prende anche attivamente parte al Gip (Groupe
Information Prison), con Foucault, e, dopo la scoperta del lavoro teatrale
della compagnia di Ariane Mnouchkine, propone a Foucault di associare il
Theatre du Soleil al Gip. La collaborazione con la compagnia porta alla
presentazione di brevissimi spettacoli davanti alle prigioni, sempre
interrotti dall'intervento della polizia. La fondazione del dottorato in
Etudes feminines a Paris VIII e' del 1974; si tratta del primo centro di
questo tipo in Europa e la sua creazione coincide con il momento in cui la
ricerca personale di Helene Cixous, proseguita intensamente anche a livello
letterario, incontra il movimento di liberazione delle donne e la scrittrice
sente la necessita' di dare visibilita' in modo nuovo, a livello
universitario, a cio' che il movimento porta in primo piano. Escono in
quegli anni molte fictions poetiche: Le troisieme corps e Les commencements
(Grasset, 1970), Un vrai jardin (L'Herne,1971), Neutre (Grasset, 1972),
Tombe (Seuil, 1973), Portrait du Soleil (Denoel, 1973) e Revolution pour
plus d'un Faust (Seuil, 1975); tutti testi che non solo affrontano in
maniera critica la cancellazione della differenza sessuale, ma si offrono
come concreto spazio di iscrizione della differenza e del femminile.
Contemporaneamente, nell'ambito degli insegnamenti proposti dal Centre
d'Etudes feminines, Helene Cixous inizia a tenere un seminario di dottorato
dedicato alla Poetique de la difference sexuelle. Il seminario a partire
degli anni ottanta sara' affiliato al College International de Philosophie,
istituzione fondata nel 1983. Negli stessi anni, 1974, '75, '76, Helene
Cixous scrive alcuni dei saggi che le hanno dato maggiore notorieta'
soprattutto fuori dalla Francia (in particolare Le Rire de la Meduse (1975)
e La jeune nee (1975), insieme a Catherine Clement) e inizia a pubblicare
presso le Editions des femmes fondate da Antoinette Fouque nel 1973.
Souffles (1975) e' il primo libro pubblicato presso des femmes, seguito
quasi subito da La, e Partie nel 1976, Angst (1977), Preparatifs de noces
au-dela' de l'abime (1978), e Ananke' (1979). La pubblicazione esclusiva con
des femmes e' una scelta politica cui tiene fede fino agli anni piu'
recenti. Del 1975 e' anche la pubblicazione della sua prima piece teatrale,
Portrait de Dora (una riscrittura del caso Dora di Freud), messa in scena al
Theatre d'Orsay con la regia di Simone Benmoussa. In tutti questi scritti e
non solo in quelli che maggiormente hanno dato luogo a un intenso dibattito
internazionale, si elabora un insieme di riflessioni relative
all'interazione fra letteratura, filosofia, e politica, e interrogativi che,
partendo dalle implicazioni e dalle dimensioni della differenza sessuale,
mettono in gioco la costruzione dell'identita' e della sessualita'. Il 1977
e' l'anno della pubblicazione presso le edizioni des femmes della traduzione
francese di La passione secondo G. H. di Clarice Lispector, e la scoperta da
parte di Helene Cixous di questa autrice brasiliana cui dedichera' alcuni
saggi e testi poetici (tra cui Vivre l'orange, 1979). La lettura di
Lispector accompagnera' da allora la sua scrittura e quel lavoro di
apprentissage a' la lecture che porta avanti attraverso l'insegnamento.
All'inizio degli anni ottanta il governo Barre sopprime il dottorato e il
Centre d'Etudes feminines. Come reazione a questa soppressione si organizza
una campagna internazionale di sostegno, situazione che per certi aspetti si
ripetera', benche' non si arrivi ad una vera e propria cancellazione, nel
1995. Il dottorato ottiene nuovamente l'abilitazione con il governo
socialista nel 1982. All'inizio del decennio 1980 Ariane Mnouchkine le
chiede di scrivere un testo per il Theatre du Soleil. La piece sara'
L'Histoire terrible mais inachevee de Norodom Sianhouk roi du Cambodge,
messa in scena nel 1985. La scrittura di quest'opera richiedera' un lungo
lavoro di documentazione nonche', per l'autrice, la ricerca di una forma di
scrittura teatrale attraverso una stretta collaborazione con la compagnia.
Nonostante le otto ore di spettacolo il pubblico risponde con entusiasmo e
porta a un successo ancora maggiore l'opera successiva, L'Indiade ou l'Inde
de leur reves, messa in scena alla Cartoucherie nel 1987-'88. Le due pieces
segnano l'inizio di un impegno comune che continua ancora oggi e che, dopo
essere passato per la scrittura del testo di La nuit miraculeuse (1989),
film diretto da Ariane Mnouchkine e commissionato dall'Assemblee Nationale
in occasione del bicentenario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, ha
portato alla rappresentazione di La ville parjure ou le reveil des Erinyes
(1994, anno che vede anche la messa in scena di L'Histoire (qu'on ne
connaitra jamais), al Theatre de la Ville, con la regia di Daniel Mesguish),
alla collaborazione per la creazione collettiva dello spettacolo Et soudain
des nuits d'eveil (1997) e infine a Tambours sur la digue, nella stagione
1999-2000. Attraverso il teatro Helene Cixous persegue un lavoro sulla
storia contemporanea, e sul rapporto tra teatro e storia, che accompagna e
si interseca sempre di piu' con le fictions e la produzione saggistica.
Quest'ultima e' molto ampia e varia, ma articoli e conferenze sono stati
raccolti solo in minima parte in due volumi in lingua francese pubblicati da
des femmes, Entre l'ecriture (1986), e L'heure de Clarice Lispector (1989),
e in un volume in lingua inglese, Stigmata. Escaping texts (Routledge,
1998). Dato l'interesse che la sua opera suscita negli Stati Uniti, in
Canada e in Inghilterra, vi tiene spesso conferenze e seminari e alcuni
saggi vengono pubblicati esclusivamente in lingua inglese. Nel 1990 viene
invitata a tenere le Wellek Lectures, poi edite con il titolo Three steps on
the ladder of writing (1993). Sempre negli Usa escono anche, nei primi anni
novanta, due raccolte di estratti dei seminari francesi, Reading with
Clarice Lispector (1990) e Reading the poetics of Blanchot, Joyce, Kafka,
Lispector, Tsvetaeva (1992), entrambi a cura di Verena Andermatt Conley. Il
percorso letterario di Helene Cixous prosegue dall'inizio degli anni ottanta
ad oggi con la pubblicazione di Illa (1980), With ou l'art de l'innocence
(1981), Limonade tout etait si infini (1982), Le livre de Promethea
(Gallimard, 1983), La bataille d'Arcachon (Quebec, Trois, 1986), Manne aux
Mandelstams aux Mandelas (1988), Jours de l'an (1990), L'ange au secret
(1991), Deluge (1992), Beethoven a' jamais (1993), La fiancee juive (1995),
Messie (1996), OR les lettres de mon pere (1997), Osnabrueck (1999), in un
esercizio di scrittura intenso e continuo che non e' l'illustrazione di una
posizione teorica o filosofica esplicita, ma e' il suo spazio effettivo di
invenzione e di pensiero. Nel 1998 pubblica insieme a Jacques Derrida il
volume dal titolo Voiles per l'editore Galilee - che ripropone cosi' due
testi scritti per la rivista "Contretemps" (2-3, 1997) - e da quell'anno, a
seguito dell'interruzione delle pubblicazioni decisa da des femmes, pubblica
presso questa casa editrice. L'incontro con Derrida data dai primi anni
sessanta, e la lettura dell'opera derridiana costituisce un riferimento
fondamentale per Helene Cixous. Voiles, e i testi di Cixous e di Derrida
pubblicati negli atti del convegno Lectures de la difference sexuelle (des
femmes, 1994) hanno cominciato solo in anni recenti a rendere piu' visibile
la ricchezza e la complessita' di questo scambio. All'inizio del 2000 e'
uscito Les reveries de la femmes sauvages, una fiction che come altri piu'
brevi testi recenti e' dedicata all'Algeria. Del mese di settembre 2000 e'
invece Le jour ou' je n'etais pas la' (Galilee), mentre nel novembre 2000 e'
uscito il volume che raccoglie gli atti del convegno di Cerisy-La-Salle,
Helene Cixous: croisees d'une oeuvre tenutosi nell'estate del 1998. Nel 2001
l'autrice ha pubblicato un saggio dedicato a Jacques Derrida (Portrait de
Jacques Derrida en Jeune Saint Juif, Galilee) e un'opera letteraria Benjamin
a' Montaigne. Il ne faut pas le dire (Galilee). Dell'anno successivo,
infine, e' il volume intitolato Manhattan (Galilee), l'ultima fiction finora
pubblicata. Edizioni italiane: Ritratto di Dora, trad. di Luisa Muraro,
Milano, Feltrinelli, 1977; Celle qui ecrit vit, "Nuova corrente", 28, 1981
(in lingua francese); L'approccio di Clarice Lispector, trad. di Nadia
Setti, "DWF", 3, 1988; Il teatro del cuore, scelta di testi dedicati al
teatro, trad. e cura di Nadia Setti, Parma, Pratiche, 1992; Sangue cattivo,
trad. di Maria Nadotti del testo introduttivo a La ville parjure ou le
reveil des Erinyes, "Lapis", 31, 1996; Il riso della Medusa, trad. di Catia
Rizzati, in Critiche femministe e teorie letterarie, a cura di R. Baccolini,
M. G. Fabi, V. Fortunati, R. Monticelli, Bologna, Clueb, 1997; Is a book a
tomb?, (inedito in francese) trad. di Monica Fiorini, "Poetiche. Letteratura
e altro", 3, 1997; La venuta alla scrittura, trad. di Monica Fiorini, "Studi
di Estetica", 17, 1998; Lettera a Zohra Drif (bilingue), trad. di Nadia
Setti, "Leggendaria", 14, 1999; La mia Algeriance, "DWF", 1, 1999; Tancredi
continua e Apparizioni, trad. di Nadia Setti in Scritture del corpo. Helene
Cixous variazioni su un tema, a cura di Paola Bono, Roma, Sossella, 2000;
Ostetriche crudeli, trad. di Monica Fiorini, "Autodafe' - Rivista del
parlamento internazionale degli scrittori", 1, 2000; L'ultimo quadro o il
ritratto di Dio, trad. di Monica Fiorini per il catalogo della mostra Opere
d'essere. Oeuvres d'etre. Works of being, Roma, Temple University,
ottobre-novembre 2000; Osnabruck, (fiction) trad. e cura di Monica Fiorini,
Ferrara, Tufani, 2001. Una versione aggiornata al 2000 di questa
biobibliografia e' stata pubblicata in: Helene Cixous, Esordi della
scrittura, postfazione di Monica Fiorini, trad. e cura di Adriano Marchetti,
Bologna, Il Capitello del Sole, 2001 ("Metaphrasis", 6)". Opere di Helene
Cixous: un'ampia bibliografia e' nel n. 619 di questo notiziario]

Attraverso la raffinata traduzione di Nadia Setti le lettrici e i lettori
italiani potranno scoprire un romanzo di Helene Cixous pubblicato in Francia
nel 2000, Le fantasticherie della donna selvaggia (Bollati Boringhieri,
Torino 2005, pp. 124, euro 15).
L'autrice, docente universitaria e scrittrice dallo stile originale e
multiforme, e' da sempre impegnata nel movimento di liberazione della donna,
animata dalla volonta' di dare legittimita' accademica alle tematiche della
differenza sessuale e dell'"ecriture feminine", ha fondato nel 1974,
nell'universita' sperimentale di Vincennes (oggi Paris 8 - Saint Denis), il
"Centre d'Etudes Feminines", primo istituto di questo tipo in Europa.
Helene Cixous ha scritto numerosi saggi, opere letterarie e testi teatrali
in cui la riflessione sulla differenza sessuale si interseca con temi
politico-sociali, filosofici e letterari.
Al centro di questo romanzo, non esplicitamente autobiografico, c'e' il
tormentato e difficile rapporto con la terra natale, "Tutto il tempo che ho
vissuto in Algeria ho sognato di giungere un giorno in Algeria" scrive
l'autrice, esprimendo il desiderio di colmare una ferita e il sogno di un
impossibile radicamento. Helene Cixous e' nata nel 1936 ad Orano, in
Algeria, dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza. L'Algeria era
all'epoca un paese dove coesistevano differenti culture, lingue e religioni,
i colonizzatori francesi, gli europei naturalizzati in Algeria,
spregiativamente chiamati "pieds noirs" e gli algerini (arabi e berberi),
microcosmi chiusi e delimitati da confini ben definiti ed invalicabili.
Numerosi scrittori ed intellettuali hanno testimoniato e narrato
l'emarginazione e l'impossibilita' di dialogo all'interno della societa'
algerina di quegli anni, la scrittrice Assia Djebar, nel suo
libro-intervista Andare al cuore delle ferite, ha ricordato che nel periodo
della sua infanzia non oltrapasso' mai la porta di un'abitazione francese:
"... si diceva 'buongiorno' alle donne francesi, agli insegnanti e alle loro
mogli, ma glielo si diceva all'aperto, in cortile, sulle scale".
La narrazione si svolge attraverso sovrapposizioni temporali: nel presente
francese, la Cixous, dialogando con il fratello, ricorda figure ed episodi
del passato algerino, la madre tedesca, la domestica Aicha e il giardino del
Clos-Salembier. La Storia entrera' con prepotenza nelle loro vite
sconvolgendone i destini: alla vigilia della seconda guerra mondiale
l'autrice, appartenente ad una famiglia ebrea, conoscera' l'antisemitismo di
Vichy e la segregazione. Qualche anno dopo la guerra perdera' il padre e
osservera' le difficolta' della madre, in quanto donna sola e straniera, a
sopravvivere.
Durante la sanguinosa guerra d'indipendenza maturera' la decisione di
lasciare l'Algeria per la Francia, alla ricerca di un paese dove
sperimentare finalmente "il senso d'appartenenza". In Francia diventera'
cruciale per la Cixous la consapevolezza della propria identita' femminile e
le battaglie per questa affermazione, ma ancora una volta il desiderio di
trovare "il paese dele proprie radici" non si realizzera' e sperimentera'
nuovamente la sofferenza del non sentirsi accettata.
Dopo una lotta straziante per conquistare un paese da sempre perduto, Helene
Cixous, come ha rivelato in un'intervista a Mireille Calle Gruber, sceglie
di partire da se', dal proprio vissuto per costruire una cittadinanza
virtuale, civile e letteraria insieme, e di combattere per il rispetto delle
differenze, contro l'ingiustizia sociale. Questo romanzo dalla prosa
stilisticamente ricercata, e' una testimonianza straordinaria di denuncia
della sofferenza e del dolore causati dall'intolleranza e dal razzismo, e
allo stesso tempo sottolinea l'importanza del dialogo tra le culture e
l'accoglienza dell"altro" nella societa'. Il metissage non e qualcosa da
temere, ma al contrario rappresenta un prezioso arricchimento per il mondo
contemporaneo.

8. LETTURE. PIETRO INGRAO: VOLEVO LA LUNA
Pietro Ingrao, Volevo la luna, Einaudi, Torino 2006, pp. 382, euro 18,50. Le
memorie di Ingrao, un libro di grande bellezza e sincerita' che (come quelli
analoghi ad esempio di Vittorio Foa e di Rossana Rossanda) costituisce ad un
tempo un documento della storia civile del nostro paese, una personale -
intellettuale e morale, politica, esistenziale - confessione (nel senso
latino, forte, del termine), una ricognizione di fatti e vicende, nessi e
problemi, dei concreti bisogni e delle esigenze profonde, delle esperienze e
delle riflessioni su cui molti di noi - ed anche proprio di quei maggiori
alla scuola - abbiamo scommesso la nostra vita. Un libro che vivamente
raccomandiamo. E di cui parleremo di nuovo.

9. RISTAMPE. ALESSANDRO MANZONI: I PROMESSI SPOSI (1827)
Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1827), Mondadori, Milano , 2006, pp.
CIV + 990, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). A cura di
Salvatore Silvano Nigro, l'edizione del 1827 del capolavoro manzoniano.

10. RISTAMPE. ALESSANDRO MANZONI: I PROMESSI SPOSI (1840)
Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1840). Storia della colonna infame,
Mondadori, Milano , 2006, pp. XLVI + 1266, euro 12,90 (in supplemento a vari
periodici Mondadori). A cura di Salvatore Silvano Nigro, e con la
collaborazione di Ermanno Paccagnini (curatore della nota critico-filologica
e del commento alla Storia della colonna infame), l'edizione del 1840 del
capolavoro manzoniano in ristampa anastatica e con eccellente apparato.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1442 dell'8 ottobre 2006

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