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La nonviolenza e' in cammino. 1442
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1442
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 8 Oct 2006 00:22:27 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1442 dell'8 ottobre 2006 Sommario di questo numero: 1. Afghanistan 2. Enrico Piovesana: Afghanistan, il volto dell'occupazione 3. Charlene Spretnak: In memoria 4. Il "Cos in rete" di ottobre 5. Enrico Peyretti presenta "Educare al pluralismo religioso" di Brunetto Salvarani 6. Severino Vardacampi: Una postilla. Abolire l'Irc 7. Francesca Setzu presenta "Le fantasticherie della donna selvaggia" di Helene Cixous 8. Letture: Pietro Ingrao, Volevo la luna 9. Ristampe: Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1827) 10. Ristampe: Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1840) 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. AFGHANISTAN L'Afghanistan oggi e' un Vietnam anche italiano. E' insieme alla condizione fatta ai migranti la nostra piu' infame vergogna, di uno stato che costantemente viola la propria legge fondamentale, e che provoca morti, deportazioni, riduzione in schiavitu'. Un paese che torna fascista per responsabilita' precisa dei suoi governi e dei suoi parlamenti. Ma anche per responsabilita' dei cittadini che non si ribellano alla guerra e agli eccidi, che non insorgono con la forza della nonviolenza per ottenere il ripristino della legalita' costituzionale: dell'articolo 10 che garantisce agli stranieri perseguitati di trovare in Italia accoglienza, liberta', diritti; dell'articolo 11 che ripudia la guerra. * Dicono alcuni giornali che nella finanziaria il governo avrebbe inteso includere il finanziamento annuale delle missioni militari all'estero cosiddette "di pace", cosicche' in parlamento non se ne parlasse piu', e la partecipazione alle guerre continuasse nell'indifferenza di tutti. Dicono poi alcuni giornali che quell'articolo verra' riformulato, quella proposta ritirata, parola di non so quale ministro, di quale parlamentare: beninteso, ministro del governo che ha voluto la prosecuzione della guerra e delle stragi, parlamentare del parlamento che ha avallato la guerra e le stragi. * La Costituzione italiana proibisce che l'Italia partecipi a guerre che non siano strettamente difensive. La partecipazione italiana alle guerre in corso in Afghanistan e in Iraq e' una flagrante violazone della legalita' costituzione e del diritto internazionale. E' dalla fine del secolo scorso che governo e parlamento italiani sono fuorilegge, e l'Italia e' oggi coinvolta in teatri di guerra ove stragi vengono quotidianamente commesse dalle coalizioni militari di cui siamo parte. Siamo ormai un paese che a pieno titolo fa parte della coalizione terrorista e stragista guidata dal presidente degli Usa. Siamo un paese reso criminale da governi criminali, e da fin totalitarie maggioranze parlamentari criminali. Nei teatri di guerra in cui sono stati mandati a morire e ad uccidere, non pochi italiani sono gia' morti per questo; e moltissimi afgani, moltissimi iracheni. E sono morte in tutto il mondo moltissime altre persone per le risposte dei gruppi terroristici a quel terrorismo degli eserciti degli stati occidentali che fa seguito al terrorismo dell'11 settembre che faceva seguito al terrorismo di altri ancor precedente, lungo una plurisecolare catena che o viene spezzata da qualcuno con un atto unilaterale di rinuncia alla vendetta assassina, al sopruso assassino, o trascinera' nel baratro l'umanita' intera. * La nonviolenza e' il gesto, l'atto che occorre: quel gesto di rottura della catena delle uccisioni. Quel gesto che restaura il primato della vita e della dignita' umana. Ed e' un presagio di scelta della nonviolenza nelle relazioni internazionali quanto attestano la carta delle Nazioni Unite nel suo preambolo e la Costituzione della Repubblica Italiana nell'undicesimo e decisivo dei suoi principi fondamentali. * E' necessario il ritiro immediato e completo delle truppe italiane dall'Iraq, ancora non avvenuto sebbene ripetutamente dichiarato. E' necessario il ritiro immediato e completo delle truppe italiane dall'Afghanistan. E solo cessando di fare la guerra si apre la via alla possibilita' di costruire la pace, di esercitare un'azione che salvi le vite, che smilitarizzi i conflitti, che apra al riconoscimento della comune umanita', che consenta ricostruzione materiale e civile. * Ed anche il dispiegamento militare italiano in Libano e' gravissimo un errore, e non solo perche' esso e' come star seduti su una polveriera (massime da parte di uno stato, l'Italia, tuttora coinvolto in guerre imperialiste e stragiste come quella irachena e quella afgana), poiche' tutti sappiamo che al primo incidente - fortuito o provocato - la situazione puo' di nuovo degenerare in guerra aperta; e non solo perche' quel dispiegamento viene percepito dai poteri armati e assassini della regione come una complicita' col loro potere, che il potere degli assassini rafforza, e le vittime quindi opprime ancor piu'. Ma soprattutto perche' altro occorre in quell'area: aiuto umanitario alle popolazioni, corpi civili di pace, disarmo generalizzato, promozione di negoziati politici, una politica coerente e condivisa di riconoscimento e sicurezza per tutte le popolazioni, per tutte le istituzioni democratiche, per tutti gli ordinamenti giuridici statuali, sapendo distinguere tra i diritti dei popoli e le responsabilita' dei regimi, sapendo che tanto la Palestina quanto Israele quanto gli altri paesi dell'area hanno diritto a una propria esistenza statuale e indipendente, in sicurezza e benessere: quella sicurezza e quel benessere che i popoli palestinese, israeliano, libanese e di tutta l'area ardentemente desiderano, come l'intera umanita'. Ma solo la pace costruita con mezzi di pace porta sicurezza e benessere: le guerre e il terrorismo, le occupazioni militari e i fondamentalismi disumanati, ogni terrore ed ogni oppressione, non portano ne' pace ne' giustizia, poiche' ne sono la negazione assoluta. Occorre la nonviolenza: armi ed eserciti portano solo morte poiche' di morte sono strumenti: e una tregua non e' la pace, la pace viene dal dialogo, dal riconoscimento di umanita'; la nonviolenza come dispiegamento il piu' nitido ed il piu' energico di umana comprensione e solidarieta', essa si' salva le vite, e porta la convivenza. Continuare a investire risorse in eserciti ed armi allontana la pace e la giustizia, continuare con le occupazioni militari - sia pure sotto l'egida dell'Onu - non porta alla ricostruzione materiale e morale: solo la scelta della nonviolenza, solo la scelta della nonviolenza: nonviolenza chiedono le vittime del terrorismo, nonviolenza chiedono le vittime della guerra, nonvioelnza chiedono le vittime delle occupazioni, nonviolenza chiedono le vittime delle devastazioni, della fame, della rapina armata che perdura da secoli. * L'Italia fortunatamente non ha ancora subito gravi attentati terroristici connessi alla "guerra infinita" voluta da Bush. Speriamo non avvengano mai. Ma non vi e' dubbio che persistere nella partecipazione militare alle guerre terroristiche neoimperiali e neocoloniali volute dall'amministrazione Bush ha anche come ovvia ricaduta un'esposizione del territorio e della popolazione italiana ad atti di guerra ovvero di terrorismo, poiche' ormai guerra e terrorismo sono una cosa sola, da quando la guerra e' innanzitutto guerra contro popolazioni civili, e non c'e' piu' un definito campo di battaglia, una distinzione netta tra fronte e retrovie: non esistono piui' fronti perimetrabili, tutto il mondo e' lo stesso fronte. Si', le politiche di guerra di tutti gli ultimi governi espongono l'intera popolazione italiana alla guerra e al terrorismo: altro che politica della sicurezza. Non fosse altro che per questo sarebbe ragionevole che un moto di popolo persuadesse governo e parlamento a rientrare nella legalita' repubblicana, a cessare di partecipare alle guerre, a scegliere invece una politica di pace con mezzi di pace, cio' che noi chiamiamo una politica dell a nonviolenza. * Il tempo stringe, cosa si aspetta a far valere la legge e la giustizia, la verita' e l'umanita'? Cessi la pertecipazione italiana alle guerre e al terrorismo. S'impegni l'Italia per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti. S'impegni l'Italia a una politica internazionale fondata sul principio di salvare le vite, di promuovere il dialogo e la cooperazione tra i popoli, di democrazia autentica, di riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani. Si scelga la nonviolenza, fondatrice di una politica inveratrice di civile convivenza. 2. DOCUMENTAZIONE. ENRICO PIOVESANA: AFGHANISTAN, IL VOLTO DELL'OCCUPAZIONE [Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 6 ottobre 2006 dal titolo "Afghanistan, il volto dell'occupazione. Nell'est, ora sotto Isaf, le truppe Usa bruciano villaggi, uccidono il bestiame e reprimono il dissenso". Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter.net", per cui segue la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; nel maggio 2004 e' stato in Afghanistan in qualita' di inviato] Tut Naw e' un piccolo villaggio di contadini e allevatori abbarbicato sulle impervie montagne di Kunar, a nord di Jalalabad. Lunedi' 2 ottobre, i marines statunitensi impegnati nell'operazione "Furia di Montagna" lo hanno circondato e hanno condotto un rastrellamento casa per casa alla ricerca di presunti talebani che vi si nascondevano. Ma non hanno trovato nulla, nemmeno armi. I soldati hanno appiccato il fuoco a sei case, ucciso a colpi d'arma da fuoco una decina di mucche e poi se ne sono andati via portando con loro tre ragazzi del villaggio. L'episodio e' stato riportato dal governatore della provincia, il quale ha promesso alla popolazione di Tut Naw di chiedere ai comandi Usa spiegazioni e soprattutto risarcimenti per i danni provocati. Ma sara' difficile, dato che un portavoce della Coalizione, il tenente Marcelo Calero, ha subito detto di non sapere nulla di tali fatti. * Vietato criticare l'occupante Nelle stesse ore a Jalalabad, nel palazzo del governatorato, era in corso una riunione dei capi tribali della regione per discutere del deterioramento delle condizioni di sicurezza nella zona. Zabit Zaher, rispettato anziano delle montagne di Khugyani - responsabile delle finanze per il suo distretto al tempo del governo mujaheddin di Rabbani e per questo successivamente imprigionato dai talebani -, ha preso la parola dichiarando che la colpa dell'insicurezza nella regione e' delle forze d'occupazione Usa, e affermando che queste dovrebbero andarsene e lasciare il controllo della zona alle autorita' locali, che poi penserebbero ad arrestare e consegnare loro "tutti i talebani che vogliono". Alla fine della riunione, Zabit Zaher e' stato arrestato dai marines. Lo ha denunciato suo nipote, Taher Omar. * Non basta metterci una toppa verde Nelle regioni orientali dell'Afghanistan, come in tutto il resto del paese, le truppe Usa si sono rese responsabili di gratuite violenze e abusi contro la popolazione locale. Dal 5 ottobre, questi stessi marines portano al braccio, oltre alla bandierina a stelle e strisce, lo stemma di stoffa verde della "missione di pace" Isaf a comando Nato: lo stesso stemma che sta sulle divise dei quasi 2.000 soldati italiani schierati nella vicina Kabul e ad Herat. Difficile spiegare a un afgano le differenze tra un alpino italiano e un marine statunitense, dato che hanno la stessa divisa e un distintivo che non li distingue piu'. Ancor piu' difficile convincerlo del fatto che i soldati che pochi giorni fa hanno bruciato il suo villaggio, ucciso le sue bestie e portato via un suo parente, ora sono improvvisamente diventati soldati di pace, venuti per ricostruire il paese e garantire la sicurezza. 3. RIFLESSIONE. CHARLENE SPRETNAK: IN MEMORIA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di Charlene Spretnak. Charlene Spretnak, ecofemminista, e' docente di filosofia e religione al California Institute of Integral Studies, a San Francisco, e autrice di numerosi libri. Si occupa di spiritualita', cambiamento sociale, pensiero ecologico, storia, femminismo] A tutte le donne che hanno rischiato le loro vite nelle rivoluzioni americana e francese, solo per scoprire il carattere patriarcale dell'"illuminismo", che non era affatto inteso per loro; a tutta la gente di campagna, il cui amore per la terra ed i suoi cicli li fa oggetto di disprezzo per la mentalita' urbana moderna; a tutti i popoli nativi che hanno resistito al genocidio ed all'assimilazione forzata, ovvero al fato moderno per coloro che vengono considerati "arretrati"; a tutte le vittime degli omicidi di massa perpetrati da regimi fascisti con burocratica efficienza e ragioni insensate e strumentali; a tutte le persone brutalizzate e uccise da eserciti e poliziotti "marxisti", perche' resistevano alla teoria "scientifica" della storia; a tutti coloro che hanno lottato per salvare le proprie comunita' e le proprie vite dal controllo insensibile di grandi corporazioni e cartelli economici; a tutti i genitori che hanno protestato con funzionari delle nazioni industrializzate affinche' riconoscessero la connessione fra le radiazioni o l'inquinamento tossico ed i loro bambini malformati o malati; a tutte le persone che hanno perseverato nel coltivare una vita spirituale anche quando li si e' derisi come "irrazionali"; e a tutti i bambini che hanno valorosamente tentato di mantenere il loro primario senso del mondo come meravigliosamente creativo e vivo e vibrante, nonostante fossero ammassati sulle graticole delle scuole moderne, noi dichiariamo: avevate ragione. Avevate ragione, e la vostra sofferenza non e' stata vana. Le vostre lacrime hanno reso fertile la terra, da cui ora crescono piu' sforzi di cambiamento di quanti se ne possano contare, piu' resistenza di quanta se ne conosca. 4. STRUMENTI. Il "COS IN RETE" DI OTTOBRE [Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (per contatti: l.mencaroni at libero.it) riceviamo e volentieri diffondiamo] Cari amici, vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di ottobre 2006 del "Cos in rete" (www.cosinrete.it). Nello spirito del Cos di Capitini, le nostre e le vostre risposte e osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta, antifascismo, tra cui: Mozart e la liberta'; Il pacifismo miope; La tutela dei commons; Curati con false medicine; Come in Grecia; Napoli e Chelsea, due vie per risorgere; Il dio motore; Le pericolose signorine; Come prepariamo l'apocalisse; Le radici della Shoah; Conflitti e guerra nel mondo d'oggi; La chiusura del cerchio fascista; Come rispondere a tassisti e compagni; La sofferenza e Dio; Tutto da rifare; L'origine del male; ecc. piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi. Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al "Cos in rete" e' libera e aperta a tutti mandando i contributi a: capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel blog del Cos: cos.splinder.com Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato indirizzo in www.aldocapitini.it 5. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "EDUCARE AL PLURALISMO RELIGIOSO" DI BRUNETTO SALVARANI [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa recensione. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Brunetto Salvarani (per contatti: brunetto at carpinet.biz), teologo ed educatore, da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal 1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena; saggista, scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate, dirige "Cem-Mondialita'", fa parte del Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la presenza del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle nostre istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex campo Fossoli", vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in Israele da padre Bruno Hussar; e' tra i promotori dell'appello per la giornata del dialogo cristiano-islamico. Ha pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana, Emi, Tempi di Fraternita', Marietti, Paoline] Non c'e' piu' la "religione degli italiani": c'e' "l'Italia delle religioni". Questo e' il dato di fatto che Salvarani documenta ampiamente. Ma le istituzioni hanno colto che questo e' un cambiamento permanente? Non pare. Gli antichi rabbini dicevano che il mondo si regge sul respiro degli studenti. Ma, nonostante tanti anni di insegnamento della religione cattolica (Irc), l'ignoranza religiosa degli italiani e' madornale. In particolare, "la nostra realta' scolastica non e', attualmente, in grado di fra fronte alla nuova situazione" della societa' plurireligiosa (p. 177). Salvarani, teologo e scrittore, educatore all'interculturalita', ha promosso in Italia la giornata di dialogo cristiano-islamico, non ancora assunta dalla Cei, ma diffusa in centinaia di centri nel Paese. Egli vi vede un kairos, un'occasione storica di col-loquio (parlare insieme), alternativo allo scontro e all'indifferenza, ma questo bisogno non e' stato ancora intercettato dalle istituzioni. Il cuore del libro (Brunetto Salvarani, Educare al pluralismo religioso, Emi, Bologna 2006) e' una proposta per la scuola. Nonostante l'impegno di molti (non tutti!) gli insegnanti, l'Irc non e' sufficiente per far prendere coscienza e per educare al pluralismo religioso. Oltretutto, il regime concordatario e confessionale, getta i non-avvalentisi in un monstrum pedagogico, l'"ora del nulla". Sara' molto difficile superare tale regime, ma e' molto importante parlarne, creare coscienza. La proposta e' una "ora delle religioni". L'esperienza esemplare, ampiamente riferita nel libro, e' quella della citta' pluriculturale inglese di Bradford, nella quale, dopo un periodo di scontri interetnici, pedagogisti, istituzioni, leaders religiosi hanno responsabilmente costruito insieme un programma scolastico articolato per imparare le religioni e imparare dalle religioni. Il fine dello studio fenomenologico delle religioni e' una educazione alla saggezza, alla capacita' di convivere imparando reciprocamente, e di scegliere una via personale che dia senso alla vita. Il Syllabus di Bradford, tradotto, si puo' ricevere gratis scrivendo a cemsegreteria at saveriani.bs.it La proposta non e' solo una storia delle religioni, perche' ha al centro i testi letterari-religiosi e anche le diverse espressioni cultuali. Si tratta di affermare nella scuola la dignita' e lo statuto conoscitivo proprio delle "scienze religiose". Finora, invece, laicismo e clericalismo sono stati complici nel relegare la cultura religiosa nel recinto confessionale. Salvarani parla di una "laicita' per addizione", non per sottrazione: "una laicita', cioe', non di pura garanzia o di pura distinzione, bensi' capace di riconoscere particolari tradizioni, che nel loro impiantarsi non ledano i diritti di nessuno, ma, semmai, arricchiscano la comunita' di nuovi valori e nuovi costumi" (p. 175). In particolare, l'autore segnala, come anche grandi intellettuali laici, tra cui Bobbio, l'assurdita' di una scuola in cui si studia Omero e non la Bibbia, che e' comunque il grande codice della cultura occidentale, incomprensibile senza di essa. Sara' difficile, in tempi brevi, superare il regime dell'Irc, ma si potra' immettere in esso la nuova cultura interreligiosa (senza la quale, oggi, non si e' davvero religiosi). Il problema non sono tanto gli insegnanti di religione, ma le autorita' religiose cattoliche che, in Italia, non accettano neppure di discutere. 6. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: UNA POSTILLA. ABOLIRE L'IRC [Il nostro buon amico Severino Vardacampi, talvolta, scrive cosi'. Compatiscano i buoni lettori] E' a nostra modesto avviso assolutamente opportuna una seria educazione allo studio del fatto religioso e delle religioni nelle scuole italiane; ma essa sara' impossibile finche' vigera' l'Irc, le cui caratteristiche di propaganda confessionale, di manipolazione ideologica, di mercimonio tra costruzione del consenso ed instrumentum regni sono tanto flagranti quanto inaccettabili, ed ha come ulteriore scandaloso portato l'assurdo di insegnanti operanti nella scuola pubblica ma scelti da un potere che non e' quello dello stato italiano bensi' di una organizzazione che intrinsecamente per le sue finalita' istituzionali non riconosce il principio del rispetto della liberta' di pensiero. Vi sono oggi nelle scuole italiane docenti impegnati nell'Irc, ovvero nell'insegnamento della religione cattolica, che fanno un lavoro di grande valore, e che nel loro lavoro anticipano per molti versi cio' che andrebbe pur fatto in una prospettiva non solo interconfessionale ma interculturale in senso forte; e ad esse ed essi rendiamo omaggio. Ma l'istituto dell'Irc in quanto tale e' del tutto ingiustificabile, ed incompatibile con una scuola che vuole essere casa di tutte e tutti: sono cose che una volta erano sentire comune di tanta parte della cultura democratica, sia laica che confessionale (cfr. ad esempio Carmine Fotia, Emma Mariconda (a cura di), L'ora illegale, Il manifesto - Sinistra indipendente, Roma s. d., ma 1987; e per un inquadramento ulteriore e piu' ampio Enzo Marzo, Corrado Ocone (a cura di), Manifesto laico, Laterza, Roma-Bari 1999). Prima si procedera' a una riforma dell'ordinamento scolastico che includa anche lo studio - il severo studio, lo studio vero - delle religioni e del fatto religioso, prima ci si liberera' dell'Irc, e prima la scuola potra' cominciare ad essere anche scuola, e non solo macchina di riproduzione del dominio di classe e delle ideologie ad esso inerenti. L'ambito del sacro e del religioso e' tanta parte dell'esperienza umana e dell'umano sapere, e tutte le grandi religioni apportano altresi' tesori di civilta' e di umanita', di riconoscimento e di liberazione (ma anche - come e' proprio di ogni grande tradizione storica di pensiero e di prassi - di mistificazione e oppressione, di alienazione e violenza): che quindi nella scuola di tutte e di tutti la religione sia materia di studio e ricerca, non occasione di propaganda e di indottrinamento (o peggio ancora: l'ora del passatempo e del torpore, come sovente accade); ora di impegno e di liberta', non di distrazione e di servitu'. A scuola si studi il fatto religioso, le religioni positive, l'articolazione di saperi che come scienze religiose, e come cognizione del sacro e ricognizione della sfera del sacro, possono essere denominati e variamente definiti; quanto alla fede, alla propria fede quale che essa sia, e' altrove ed altrimenti che deve essere peculiarmente insegnata ed appresa; ed e' nella vita intera che essa deve illuminare, ed essere testimoniata. 7. LIBRI. FRANCESCA SETZU PRESENTA "LE FANTASTICHERIE DELLA DONNA SELVAGGIA" DI HELENE CIXOUS [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip/). Francesca Setzu nel 2004 ha ricevuto il premio di scrittura femminile de "Il paese delle donne" per la sua tesi di laurea su "Il concetto del sapere nell'opera di Fatima Mernissi" (Universita' "La Sapienza" - facolta' di sociologia, Roma, a. a. 2002-2003). Helene Cixous, nata a Orano in Algeria nel 1938, docente universitaria a Parigi, fondatrice del Centre des Etudes Feminines, scrittrice, drammaturga, critica, pensatrice e militante per i diritti. Dal sito www.tufani.it (che propone anche altri utilissimi materiali sull'autrice e non solo) estraiamo questa utile notizia biobibliografica su Helene Cixous: "Helene Cixous nasce a Orano, in Algeria, il 5 giugno 1937 da una famiglia ebrea che discende da due differenti linee di diaspora. Gli antenati della madre sono cecoslovacchi, austriaci, tedeschi, gli antenati del padre sono arrivati in Africa dalla Spagna. Nella famiglia paterna si parla lo spagnolo, il francese dei colonizzatori europei, l'arabo. Nella famiglia materna si parla tedesco, una lingua che Helene Cixous dovra' in seguito riconquistare. Questa breve mappa di orientamento nelle sette patrie e nelle sette lingue sempre gia' perdute, come le chiama in Jours de l'an (des femmes, 1990) disegna, piu' che lo spazio di un radicamento, una rete di spostamenti dove domina la tensione tra il radicamento e lo sradicamento. Nella sua opera l'autrice esprime questa tensione non nella forma dell'esilio, e della nostalgia che lo accompagna, ma come possibilita' di movimento e capacita' di riconoscere e rispettare le differenze. L'errare cixousiano tra luoghi e parole che giungono da tutti i punti cardinali implica una potenzialita' di incontro e di scambio, diventa il mobile punto di vista dal quale si puo' guardare alle molte forme di "cattivo radicamento" e alle distruzioni che le accompagnano. L'infanzia di Helene Cixous coincide con gli anni della seconda guerra mondiale, l'epoca dei nazionalismi e dell'antisemitismo che colpisce la famiglia a nord ma anche a sud (durante il governo di Vichy perdono la cittadinanza francese, ottenuta con il decreto Cremieux solo nel 1870, e il padre non puo' piu' esercitare la professione medica). In seguito e' la guerra d'Algeria, che scatena altri nazionalismi e altri razzismi, ad allontanare la famiglia da Orano, citta' dove Helene Cixous non e' in seguito piu' tornata. Il padre muore nel 1948, e la madre diventa ostetrica ed esercita la sua professione nelle bidonville di Algeri per diversi anni anche dopo la partenza della figlia. E' tuttavia espulsa definitivamente nel 1971. Helene Cixous giunge invece in Francia nel 1955, e la', come dice in una lunga intervista a Mireille Calle-Gruber (Photos de racines, Paris, des femmes, 1994), adotta una nazionalita' immaginaria che e' la nazionalita' letteraria. A Parigi, in una situazione completamente diversa rispetto agli anni algerini, non e' piu' l'appartenenza alla comunita' ebraica ad essere in primo piano, ma il fatto di apprendere bruscamente che "ma verite' inacceptable dans ce monde etait mon etre femme" [la mia verita' inaccettabile in questo mondo era il mio essere donna] (op.cit.); "juifemme" come scrivera' all'inizio degli anni settanta. Tale verita' inaccettabile in questo mondo implica a sua volta - come l'errare della famiglia - una complessa forma di continuita' con la scrittura. A partire dagli anni settanta infatti il suo nome e i suoi scritti, sempre piu' numerosi, saranno associati al dibattito sulla differenza sessuale e l'"ecriture feminine". Nel corso degli anni sessanta Helene Cixous intraprende una ricerca di dottorato dedicata a James Joyce (L'exil de James Joyce ou l'art du remplacement, Grasset, 1969) e una carriera universitaria che la mette presto a confronto con l'istituzione e con le critiche che si levano contro di essa. Nel 1968 partecipa alla creazione di una universita' sperimentale a Vincennes. Il consiglio cui da' vita per la fondazione di quella che e' oggi Paris VIII - Vincennes si propone di trasformare l'Universita' francese in modo durevole. Varie cattedre sono affidate a scrittori e scrittrici, tra cui Michel Deguy, Michel Butor, Lucette Finas, o a innovatori nel campo della critica e della teoria letteraria, come Gerard Genette, Jean-Pierre Richard, Tzvetan Todorov, e della filosofia, come Michel Foucault, Michel Serres e Gilles Deleuze. A Serge Leclaire e' affidata l'organizzazione del primo dipartimento di psicanalisi in Francia. Nel 1969 pubblica il suo primo testo letterario, Dedans (Grasset), e contemporaneamente inizia a insegnare letteratura inglese a Paris VIII. La fine del decennio 1960 e la prima meta' del successivo rappresenta un periodo intenso e ricco di mutamenti. Nel 1970 partecipa alla fondazione, insieme a Genette e Todorov, della rivista "Poetique", sulla quale pubblichera' saggi dedicati, tra gli altri, a Freud, Poe, Hoffmann e Joyce raccolti poi in volume (Prenoms de personne, Seuil, 1974). Nello stesso tempo prende anche attivamente parte al Gip (Groupe Information Prison), con Foucault, e, dopo la scoperta del lavoro teatrale della compagnia di Ariane Mnouchkine, propone a Foucault di associare il Theatre du Soleil al Gip. La collaborazione con la compagnia porta alla presentazione di brevissimi spettacoli davanti alle prigioni, sempre interrotti dall'intervento della polizia. La fondazione del dottorato in Etudes feminines a Paris VIII e' del 1974; si tratta del primo centro di questo tipo in Europa e la sua creazione coincide con il momento in cui la ricerca personale di Helene Cixous, proseguita intensamente anche a livello letterario, incontra il movimento di liberazione delle donne e la scrittrice sente la necessita' di dare visibilita' in modo nuovo, a livello universitario, a cio' che il movimento porta in primo piano. Escono in quegli anni molte fictions poetiche: Le troisieme corps e Les commencements (Grasset, 1970), Un vrai jardin (L'Herne,1971), Neutre (Grasset, 1972), Tombe (Seuil, 1973), Portrait du Soleil (Denoel, 1973) e Revolution pour plus d'un Faust (Seuil, 1975); tutti testi che non solo affrontano in maniera critica la cancellazione della differenza sessuale, ma si offrono come concreto spazio di iscrizione della differenza e del femminile. Contemporaneamente, nell'ambito degli insegnamenti proposti dal Centre d'Etudes feminines, Helene Cixous inizia a tenere un seminario di dottorato dedicato alla Poetique de la difference sexuelle. Il seminario a partire degli anni ottanta sara' affiliato al College International de Philosophie, istituzione fondata nel 1983. Negli stessi anni, 1974, '75, '76, Helene Cixous scrive alcuni dei saggi che le hanno dato maggiore notorieta' soprattutto fuori dalla Francia (in particolare Le Rire de la Meduse (1975) e La jeune nee (1975), insieme a Catherine Clement) e inizia a pubblicare presso le Editions des femmes fondate da Antoinette Fouque nel 1973. Souffles (1975) e' il primo libro pubblicato presso des femmes, seguito quasi subito da La, e Partie nel 1976, Angst (1977), Preparatifs de noces au-dela' de l'abime (1978), e Ananke' (1979). La pubblicazione esclusiva con des femmes e' una scelta politica cui tiene fede fino agli anni piu' recenti. Del 1975 e' anche la pubblicazione della sua prima piece teatrale, Portrait de Dora (una riscrittura del caso Dora di Freud), messa in scena al Theatre d'Orsay con la regia di Simone Benmoussa. In tutti questi scritti e non solo in quelli che maggiormente hanno dato luogo a un intenso dibattito internazionale, si elabora un insieme di riflessioni relative all'interazione fra letteratura, filosofia, e politica, e interrogativi che, partendo dalle implicazioni e dalle dimensioni della differenza sessuale, mettono in gioco la costruzione dell'identita' e della sessualita'. Il 1977 e' l'anno della pubblicazione presso le edizioni des femmes della traduzione francese di La passione secondo G. H. di Clarice Lispector, e la scoperta da parte di Helene Cixous di questa autrice brasiliana cui dedichera' alcuni saggi e testi poetici (tra cui Vivre l'orange, 1979). La lettura di Lispector accompagnera' da allora la sua scrittura e quel lavoro di apprentissage a' la lecture che porta avanti attraverso l'insegnamento. All'inizio degli anni ottanta il governo Barre sopprime il dottorato e il Centre d'Etudes feminines. Come reazione a questa soppressione si organizza una campagna internazionale di sostegno, situazione che per certi aspetti si ripetera', benche' non si arrivi ad una vera e propria cancellazione, nel 1995. Il dottorato ottiene nuovamente l'abilitazione con il governo socialista nel 1982. All'inizio del decennio 1980 Ariane Mnouchkine le chiede di scrivere un testo per il Theatre du Soleil. La piece sara' L'Histoire terrible mais inachevee de Norodom Sianhouk roi du Cambodge, messa in scena nel 1985. La scrittura di quest'opera richiedera' un lungo lavoro di documentazione nonche', per l'autrice, la ricerca di una forma di scrittura teatrale attraverso una stretta collaborazione con la compagnia. Nonostante le otto ore di spettacolo il pubblico risponde con entusiasmo e porta a un successo ancora maggiore l'opera successiva, L'Indiade ou l'Inde de leur reves, messa in scena alla Cartoucherie nel 1987-'88. Le due pieces segnano l'inizio di un impegno comune che continua ancora oggi e che, dopo essere passato per la scrittura del testo di La nuit miraculeuse (1989), film diretto da Ariane Mnouchkine e commissionato dall'Assemblee Nationale in occasione del bicentenario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, ha portato alla rappresentazione di La ville parjure ou le reveil des Erinyes (1994, anno che vede anche la messa in scena di L'Histoire (qu'on ne connaitra jamais), al Theatre de la Ville, con la regia di Daniel Mesguish), alla collaborazione per la creazione collettiva dello spettacolo Et soudain des nuits d'eveil (1997) e infine a Tambours sur la digue, nella stagione 1999-2000. Attraverso il teatro Helene Cixous persegue un lavoro sulla storia contemporanea, e sul rapporto tra teatro e storia, che accompagna e si interseca sempre di piu' con le fictions e la produzione saggistica. Quest'ultima e' molto ampia e varia, ma articoli e conferenze sono stati raccolti solo in minima parte in due volumi in lingua francese pubblicati da des femmes, Entre l'ecriture (1986), e L'heure de Clarice Lispector (1989), e in un volume in lingua inglese, Stigmata. Escaping texts (Routledge, 1998). Dato l'interesse che la sua opera suscita negli Stati Uniti, in Canada e in Inghilterra, vi tiene spesso conferenze e seminari e alcuni saggi vengono pubblicati esclusivamente in lingua inglese. Nel 1990 viene invitata a tenere le Wellek Lectures, poi edite con il titolo Three steps on the ladder of writing (1993). Sempre negli Usa escono anche, nei primi anni novanta, due raccolte di estratti dei seminari francesi, Reading with Clarice Lispector (1990) e Reading the poetics of Blanchot, Joyce, Kafka, Lispector, Tsvetaeva (1992), entrambi a cura di Verena Andermatt Conley. Il percorso letterario di Helene Cixous prosegue dall'inizio degli anni ottanta ad oggi con la pubblicazione di Illa (1980), With ou l'art de l'innocence (1981), Limonade tout etait si infini (1982), Le livre de Promethea (Gallimard, 1983), La bataille d'Arcachon (Quebec, Trois, 1986), Manne aux Mandelstams aux Mandelas (1988), Jours de l'an (1990), L'ange au secret (1991), Deluge (1992), Beethoven a' jamais (1993), La fiancee juive (1995), Messie (1996), OR les lettres de mon pere (1997), Osnabrueck (1999), in un esercizio di scrittura intenso e continuo che non e' l'illustrazione di una posizione teorica o filosofica esplicita, ma e' il suo spazio effettivo di invenzione e di pensiero. Nel 1998 pubblica insieme a Jacques Derrida il volume dal titolo Voiles per l'editore Galilee - che ripropone cosi' due testi scritti per la rivista "Contretemps" (2-3, 1997) - e da quell'anno, a seguito dell'interruzione delle pubblicazioni decisa da des femmes, pubblica presso questa casa editrice. L'incontro con Derrida data dai primi anni sessanta, e la lettura dell'opera derridiana costituisce un riferimento fondamentale per Helene Cixous. Voiles, e i testi di Cixous e di Derrida pubblicati negli atti del convegno Lectures de la difference sexuelle (des femmes, 1994) hanno cominciato solo in anni recenti a rendere piu' visibile la ricchezza e la complessita' di questo scambio. All'inizio del 2000 e' uscito Les reveries de la femmes sauvages, una fiction che come altri piu' brevi testi recenti e' dedicata all'Algeria. Del mese di settembre 2000 e' invece Le jour ou' je n'etais pas la' (Galilee), mentre nel novembre 2000 e' uscito il volume che raccoglie gli atti del convegno di Cerisy-La-Salle, Helene Cixous: croisees d'une oeuvre tenutosi nell'estate del 1998. Nel 2001 l'autrice ha pubblicato un saggio dedicato a Jacques Derrida (Portrait de Jacques Derrida en Jeune Saint Juif, Galilee) e un'opera letteraria Benjamin a' Montaigne. Il ne faut pas le dire (Galilee). Dell'anno successivo, infine, e' il volume intitolato Manhattan (Galilee), l'ultima fiction finora pubblicata. Edizioni italiane: Ritratto di Dora, trad. di Luisa Muraro, Milano, Feltrinelli, 1977; Celle qui ecrit vit, "Nuova corrente", 28, 1981 (in lingua francese); L'approccio di Clarice Lispector, trad. di Nadia Setti, "DWF", 3, 1988; Il teatro del cuore, scelta di testi dedicati al teatro, trad. e cura di Nadia Setti, Parma, Pratiche, 1992; Sangue cattivo, trad. di Maria Nadotti del testo introduttivo a La ville parjure ou le reveil des Erinyes, "Lapis", 31, 1996; Il riso della Medusa, trad. di Catia Rizzati, in Critiche femministe e teorie letterarie, a cura di R. Baccolini, M. G. Fabi, V. Fortunati, R. Monticelli, Bologna, Clueb, 1997; Is a book a tomb?, (inedito in francese) trad. di Monica Fiorini, "Poetiche. Letteratura e altro", 3, 1997; La venuta alla scrittura, trad. di Monica Fiorini, "Studi di Estetica", 17, 1998; Lettera a Zohra Drif (bilingue), trad. di Nadia Setti, "Leggendaria", 14, 1999; La mia Algeriance, "DWF", 1, 1999; Tancredi continua e Apparizioni, trad. di Nadia Setti in Scritture del corpo. Helene Cixous variazioni su un tema, a cura di Paola Bono, Roma, Sossella, 2000; Ostetriche crudeli, trad. di Monica Fiorini, "Autodafe' - Rivista del parlamento internazionale degli scrittori", 1, 2000; L'ultimo quadro o il ritratto di Dio, trad. di Monica Fiorini per il catalogo della mostra Opere d'essere. Oeuvres d'etre. Works of being, Roma, Temple University, ottobre-novembre 2000; Osnabruck, (fiction) trad. e cura di Monica Fiorini, Ferrara, Tufani, 2001. Una versione aggiornata al 2000 di questa biobibliografia e' stata pubblicata in: Helene Cixous, Esordi della scrittura, postfazione di Monica Fiorini, trad. e cura di Adriano Marchetti, Bologna, Il Capitello del Sole, 2001 ("Metaphrasis", 6)". Opere di Helene Cixous: un'ampia bibliografia e' nel n. 619 di questo notiziario] Attraverso la raffinata traduzione di Nadia Setti le lettrici e i lettori italiani potranno scoprire un romanzo di Helene Cixous pubblicato in Francia nel 2000, Le fantasticherie della donna selvaggia (Bollati Boringhieri, Torino 2005, pp. 124, euro 15). L'autrice, docente universitaria e scrittrice dallo stile originale e multiforme, e' da sempre impegnata nel movimento di liberazione della donna, animata dalla volonta' di dare legittimita' accademica alle tematiche della differenza sessuale e dell'"ecriture feminine", ha fondato nel 1974, nell'universita' sperimentale di Vincennes (oggi Paris 8 - Saint Denis), il "Centre d'Etudes Feminines", primo istituto di questo tipo in Europa. Helene Cixous ha scritto numerosi saggi, opere letterarie e testi teatrali in cui la riflessione sulla differenza sessuale si interseca con temi politico-sociali, filosofici e letterari. Al centro di questo romanzo, non esplicitamente autobiografico, c'e' il tormentato e difficile rapporto con la terra natale, "Tutto il tempo che ho vissuto in Algeria ho sognato di giungere un giorno in Algeria" scrive l'autrice, esprimendo il desiderio di colmare una ferita e il sogno di un impossibile radicamento. Helene Cixous e' nata nel 1936 ad Orano, in Algeria, dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza. L'Algeria era all'epoca un paese dove coesistevano differenti culture, lingue e religioni, i colonizzatori francesi, gli europei naturalizzati in Algeria, spregiativamente chiamati "pieds noirs" e gli algerini (arabi e berberi), microcosmi chiusi e delimitati da confini ben definiti ed invalicabili. Numerosi scrittori ed intellettuali hanno testimoniato e narrato l'emarginazione e l'impossibilita' di dialogo all'interno della societa' algerina di quegli anni, la scrittrice Assia Djebar, nel suo libro-intervista Andare al cuore delle ferite, ha ricordato che nel periodo della sua infanzia non oltrapasso' mai la porta di un'abitazione francese: "... si diceva 'buongiorno' alle donne francesi, agli insegnanti e alle loro mogli, ma glielo si diceva all'aperto, in cortile, sulle scale". La narrazione si svolge attraverso sovrapposizioni temporali: nel presente francese, la Cixous, dialogando con il fratello, ricorda figure ed episodi del passato algerino, la madre tedesca, la domestica Aicha e il giardino del Clos-Salembier. La Storia entrera' con prepotenza nelle loro vite sconvolgendone i destini: alla vigilia della seconda guerra mondiale l'autrice, appartenente ad una famiglia ebrea, conoscera' l'antisemitismo di Vichy e la segregazione. Qualche anno dopo la guerra perdera' il padre e osservera' le difficolta' della madre, in quanto donna sola e straniera, a sopravvivere. Durante la sanguinosa guerra d'indipendenza maturera' la decisione di lasciare l'Algeria per la Francia, alla ricerca di un paese dove sperimentare finalmente "il senso d'appartenenza". In Francia diventera' cruciale per la Cixous la consapevolezza della propria identita' femminile e le battaglie per questa affermazione, ma ancora una volta il desiderio di trovare "il paese dele proprie radici" non si realizzera' e sperimentera' nuovamente la sofferenza del non sentirsi accettata. Dopo una lotta straziante per conquistare un paese da sempre perduto, Helene Cixous, come ha rivelato in un'intervista a Mireille Calle Gruber, sceglie di partire da se', dal proprio vissuto per costruire una cittadinanza virtuale, civile e letteraria insieme, e di combattere per il rispetto delle differenze, contro l'ingiustizia sociale. Questo romanzo dalla prosa stilisticamente ricercata, e' una testimonianza straordinaria di denuncia della sofferenza e del dolore causati dall'intolleranza e dal razzismo, e allo stesso tempo sottolinea l'importanza del dialogo tra le culture e l'accoglienza dell"altro" nella societa'. Il metissage non e qualcosa da temere, ma al contrario rappresenta un prezioso arricchimento per il mondo contemporaneo. 8. LETTURE. PIETRO INGRAO: VOLEVO LA LUNA Pietro Ingrao, Volevo la luna, Einaudi, Torino 2006, pp. 382, euro 18,50. Le memorie di Ingrao, un libro di grande bellezza e sincerita' che (come quelli analoghi ad esempio di Vittorio Foa e di Rossana Rossanda) costituisce ad un tempo un documento della storia civile del nostro paese, una personale - intellettuale e morale, politica, esistenziale - confessione (nel senso latino, forte, del termine), una ricognizione di fatti e vicende, nessi e problemi, dei concreti bisogni e delle esigenze profonde, delle esperienze e delle riflessioni su cui molti di noi - ed anche proprio di quei maggiori alla scuola - abbiamo scommesso la nostra vita. Un libro che vivamente raccomandiamo. E di cui parleremo di nuovo. 9. RISTAMPE. ALESSANDRO MANZONI: I PROMESSI SPOSI (1827) Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1827), Mondadori, Milano , 2006, pp. CIV + 990, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). A cura di Salvatore Silvano Nigro, l'edizione del 1827 del capolavoro manzoniano. 10. RISTAMPE. ALESSANDRO MANZONI: I PROMESSI SPOSI (1840) Alessandro Manzoni, I promessi sposi (1840). Storia della colonna infame, Mondadori, Milano , 2006, pp. XLVI + 1266, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). A cura di Salvatore Silvano Nigro, e con la collaborazione di Ermanno Paccagnini (curatore della nota critico-filologica e del commento alla Storia della colonna infame), l'edizione del 1840 del capolavoro manzoniano in ristampa anastatica e con eccellente apparato. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1442 dell'8 ottobre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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