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La domenica della nonviolenza. 94
- Subject: La domenica della nonviolenza. 94
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 8 Oct 2006 15:12:32 +0200
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 94 dell'8 ottobre 2006 In questo numero: 1. A Fiesole il 12 ottobre 2. "La politica della nonviolenza", un seminario promosso dal Movimento Nonviolento il 21-22 ottobre a Verona 3. April Dembosky intervista Asra Nomani 4. Emma Schiavon intervista Sihem Habchi 5. Ida Dominijanni presenta "La cittadinanza interiore" di Bruna Peyrot 6. Francesca Setzu presenta "Karawan. Dal deserto al web" di Fatema Mernissi 1. INCONTRI. A FIESOLE IL 12 OTTOBRE [Dalla Fondazione "Ernesto Balducci" (per contatti: fondazionebalducci at virgilio.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006. Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in provincia di Grosseto) nel 1922, ed e' deceduto a seguito di un incidente stradale nel 1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore culturale, promotore di numerose iniziative di pace e di solidarieta'. Fondatore della rivista "Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (Ecp) nel 1986. Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, e' stato un pensatore di grande vigore ed originalita', le cui riflessioni ed analisi sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza dei drammatici problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio (Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario (Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre l'Europa (Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude (Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una cosa (Ecp); la raccolta postuma di scritti su temi educativi Educazione come liberazione (Libreria Chiari); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero umano (Cremonese); ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo (Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn. 373-374, 1995; un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa introduzione biografica e' il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci: cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze 1996; recente e' il libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernita', Laterza, Roma-Bari 2002; cfr. anche almeno Enzo Mazzi, Ernesto Balducci e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002; e AA. VV., Verso l'"uomo inedito", Fondazione Ernesto Balducci, San Domenico di Fiesole (Fi) 2004. Per contattare la Fondazione Ernesto Balducci: tel. 055599147, e-mail: fondazionebalducci at virgilio.it, sito: www.fondazionebalducci.it Carmelo Pellicano' e' presidente della Fondazione "Ernesto Balducci". Alberto L'Abate (per contatti: labate at unifi.it) e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario di sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" dell'Universita' di Firenze, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; amico e collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, e si e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione"; e' portavoce dei "Berretti Bianchi" e promotore dei Corpi civili di pace. Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001] La Fondazione Ernesto Balducci, il Comune di Fiesole e la Comunita' dei Padri Scolopi invitano a partecipare all'incontro sul tema "Gandhi ed Ernesto Balducci: nonviolenza e coscientizzazione" che si terra' giovedi' 12 ottobre, ore 17.30, alla Badia Fiesolana, nella Sala Capitolare. ntroduce: Carmelo Pellicano', relatore: Alberto L'Abate. Per ulteriori informazioni: Fondazione "Ernesto Balducci", via dei Roccettini 9, 50016 S. Domenico di Fiesole (Firenze), tel. 055599147, fax 055599240, e-mail : fondazionebalducci at virgilio.it 2. INCONTRI. "LA POLITICA DELLA NONVIOLENZA", UN SEMINARIO PROMOSSO DAL MOVIMENTO NONVIOLENTO IL 21-22 OTTOBRE A VERONA Si svolgera' a Verona il 21 e 22 ottobre il seminario sul tema "La politica della nonviolenza (alla prova della guerra)" promosso dal Movimento Nonviolento. * Programma: - Sabato 21 ottobre, ore 10: relazione introduttiva. Prima sessione "La teoria della nonviolenza, sulla guerra" (mattina, ore 10-13). Seconda sessione "La pratica della nonviolenza, nella politica" (pomeriggio, ore 15-19). Serata libera, con due proposte: a) visita guidata alla mostra "Mantegna a Verona", b) laboratorio del "Teatro dell'oppresso" sui temi discussi. - Domenica 22 ottobre, ore 9. Terza sessione "La strategia della nonviolenza, le iniziative" (mattina, ore 9-11). Conclusioni (ore 11-13). Ogni sessione verra' sollecitata da una griglia di domande. Il Seminario si svolgera' presso la Sala "Comboni" dei padri comboniani, in vicolo Pozzo 1, Verona. * Informazioni logistiche Il seminario si svolgera' presso la sala "Comboni" dei Padri Comboniani, in vicolo Pozzo 1 (rione di San Giovanni in Valle, quartiere di Veronetta, nel centro storico, vicino a Piazza Isolo) a Verona. Il pernottamento e' previsto presso l'Ostello della gioventu' (15 euro, con prima colazione), ma e' necessario prenotarsi per tempo, entro il 15 ottobre. L'ostello (in via Fontana del Ferro) si trova a cento metri dalla sede del seminario. Nelle vicinanza vi sono vari locali a prezzi contenuti per il pranzo e la cena (cena presso l'ostello, solo per gli ospiti, a 7 euro). La Sala Comboni e l'Ostello sono situati sulla collina, immersi nel verde. Ampia possibilita' di parcheggio. Collegamento diretto dalla atazione con l'autobus n. 73 (frequenza ogni 30 minuti, tempo di percorrenza 20 minuti, scendere al capolinea di via Ponte Pignolo). * Per informazioni e prenotazioni Casa per la nonviolenza, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 3. RIFLESSIONE. APRIL DEMBOSKY INTERVISTA ASRA NOMANI [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista ad Asra Nomani, di April Dembosky per "Mother Jones". April Dembosky vive a San Francisco, in California; giornalista indipendente, e' editorialista di "Mother Jones". Asra Nomani vive a Morgantown, in West Virginia; intellettuale femminista musulmana americana, apprezzata giornalista e scrittrice, e' autrice del volume Standing alone in Mecca; vari suoi testi sono disponibili nel sito: asranomani.com Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] Quando Asra Nomani divenne la prima donna nella sua moschea ad insistere sul diritto di pregare nella sala principale, riservata agli uomini, si attiro' un gran numero di critiche dai leader islamici. Ma le sue azioni l'hanno anche portata al primo Congresso internazionale sul femminismo islamico, tenutosi a Barcellona nell'ottobre 2005. La conferenza ha segnato una svolta nell'attivismo di Nomani. Dalle piccole dimostrazioni dove vive (a Morgantown, nel West Virginia) alle campagne nazionali, Nomani sta ora prendendo il suo posto nel movimento internazionale per i diritti delle donne musulmane. La sua ultima realizzazione si chiama "Sogno islamico": si tratta di un sito web dedicato all'analisi del Corano ed all'interpretazione degli studiosi e delle studiose attuali, che intende creare una fonte accessibile rispetto alle controversie relative ad istanze contemporanee. * - April Dembosky: Quali erano le motivazioni che hanno portato alla realizzazione del Congresso internazionale sul femminismo islamico? - Asra Nomani: Rispetto alla storia dei diritti delle donne negli Usa e' stato paragonabile alla Conferenza di Seneca Falls, con la differenza che il Congresso e' stato organizzato e voluto anche da uomini musulmani, i quali credono che l'Islam sia mistificato qualora le donne non conseguano una pienezza di diritti. E' stato bellissimo essere li' dove si dava riconoscimento al concetto di "femminismo islamico", perche' si tratta ancora di un argomento tabu' per molta gente. * - April Dembosky: Chi c'era, e cosa e' stato discusso? - Asra Nomani: C'erano meravigliose attiviste per i diritti umani e studiose venute da ogni dove, dall'Indonesia al Mali, donne di cui avevo sentito parlare per anni, ma che non avevo mai visto di persona. Quando ci siamo riconosciute ci siamo abbracciate come vecchie amiche: siamo donne che spesso si sentono sole nei loro gruppi, e che la pensano nello stesso modo. Al Congresso e' risultato molto chiaro che la maggioranza delle cose fatte e dette nel mondo in nome dell'Islam sono interpretazioni, non la legge di Dio. Non vi e' un disegno divino dietro le azioni, ma la volonta' umana. Questo e' qualcosa su cui stiamo ponendo l'accento nelle nostre comunita'. L'Islam e' considerato da troppe persone, inclusi molti musulmani, come un monolito: noi stiamo sfidando le interpretazioni che creano questa entita' monolitica. Raheel Raza, nativa del Pakistan e residente in Canada, ha parlato del suo lavoro nell'opporsi agli arbitrati religiosi che impongono la "sharia", o legge islamica, sulle comunita'. E' stata molto chiara sul fatto che si oppone a qualsiasi interpretazione che svilisca le donne. Una donna del Senegal ha parlato del suo essersi trovata in un matrimonio poligamo, e di quanto ha sofferto a causa di cio'. Una donna malese ha narrato del lavoro che lei ed altre stanno facendo sul campo, rifiutando la teologia e le interpretazioni che permettono la poligamia. Una donna del Mali ha parlato della sua associazione, che produce un programma radiofonico educativo, in cui si informano le donne rispetto al loro diritto umano di non essere mutilate sessualmente, mutilazioni che in Mali vengono imposte in nome dell'Islam. Una donna che ci ha ispirate molto veniva dalla Nigeria: ci ha raccontato del lavoro svolto dalla sua organizzazione, Baobab, con gli imam e chi guida le preghiere in moschea, per aprire le loro menti al concetto delle interpretazioni diverse. * = April Dembosky: In che modo queste donne attiviste hanno ispirato te? - Asra Nomani: Quello che ho provato durante la conferenza e' stata la sensazione di essere sull'orlo di una grande opportunita': mettere insieme tutto questo grandioso lavoro e creare un nuovo approccio all'Islam per il mondo intero. Perche' donne ed uomini in tutto il mondo stanno operando in questo senso. Ora e' il momento per noi di metterci insieme, cosi' che nessuno debba piu' iniziare da zero nella sua comunita'. E' questo il "Sogno islamico" che ho illustrato durante il mio intervento, un progetto che metta in luce le interpretazioni dell'Islam progressiste e favorevoli alle donne, che fornisca un'alternativa al tipo di Islam che viene praticato in molti luoghi. Da allora ho lavorato affinche' questo accadesse. E' un tipo diverso di attivismo, rispetto a quello che facevo prima, e' stata una vittoria anche personale, perche' ho sconfitto le mie stesse paure nello sfidare lo status quo. Per ottenere che un nuovo approccio abbia successo, dobbiamo renderlo accessibile: percio' mi avvalgo del consiglio di numerosi studiosi e studiose, e di organizzatori ed organizzatrici in seno ai gruppi. Il concetto che sto veicolando e' semplice, si chiama "tawheed", ed e' un principio fondamentale dell'Islam: assicura che le persone sono eguali in questo mondo, e che una persona non puo' avere privilegi rispetto ad un'altra. E' un concetto che e' andato perduto in molte societa' musulmane, dove le persone denigrano le donne o chi appartiene ad un'altra fede. Di questo atteggiamento ne abbiamo abbastanza, deve finire. * - April Dembosky: Come sta funzionando, sino ad ora? - Asra Nomani: Questa e' l'era di internet, ed e' cosi' che ci connettiamo attraverso le distanze che ci separano. Il sito riceve una quantita' enorme di e-mail. Una donna musulmana innamorata di un cristiano mi ha scritto: "Posso sposarlo?". Ho potuto fornirle le interpretazioni teologiche pluraliste e progressiste che dicono di si', puo' sposarlo senza che lui debba convertirsi. Questo e' ancora un tabu' in molte delle nostre comunita' e ci sono poche risorse disponibili per saperne di piu'. Oppure, ho ricevuto un messaggio da un uomo pakistano che scriveva: "Sono gay, posso esserlo o dovrei cambiare?", ed io gli ho fornito le risorse e l'interpretazione che gli hanno permesso di accettare se stesso. Questa e' la visione che voglio rendere reale. * - April Dembosky: Chi sono le persone che pensi potrebbero contribuire a rendere reale la visione? - Asra Nomani: Il contributo di Khaled Abou El Fadl, avvocato e studioso, e' stato importantissimo per me. E' uno dei pochi "sapienti" dell'Islam abbastanza coraggioso da riconoscere pubblicamente i diritti delle donne, anche quello di essere imam. Penso anche a Reza Aslan, un iraniano immigrato negli Usa che ha scritto un libro dal titolo "Nessun dio se non Dio": lui dice chiaramente che le donne non sono obbligate a coprirsi la testa, che questo non ha a che vedere con l'Islam. E prende coraggiosamente le parti delle persone omosessuali. Poi c'e' la dottoressa Amina Wadud, la donna che guida la preghiera a New York, ed Asma Barlas, un'altra professoressa. Tutte e due hanno dato meravigliose letture del Corano. Ed anche Omid Safi, che ha scritto un libro sull'Islam progressista e, in Malesia, Zaina Anwar di "Sorelle nell'Islam". Ognuno di questi studiosi e studiose ha creato un contributo, diciamo un pezzo della torta. E' venuto il momento di mettere i pezzi insieme, cosi' che tutti possano condividere cio' che e' stato fatto. * - April Dembosky: Ci sono parecchi uomini nella tua lista. Pensi che gli uomini possano giocare un ruolo positivo nel femminismo islamico? - Asra Nomani: Ce ne sono tanti che stanno al nostro fianco. Alle donne spesso non viene dato accesso alla conoscenza, e questi uomini ci stanno incoraggiando nei nostri studi, sono uomini di coscienza che ne hanno abbastanza dell'assunto di essere "superiori" alle donne. E sappiamo che lo scambio e' reciproco, loro hanno bisogno di noi quanto noi di loro. Gli altri uomini li aggrediscono, li ostracizzano, li mettono in ridicolo. Attraversano difficolta' per sostenerci, ma continuano a farlo e grazie a cio' sono indiscutibilmente piu' forti. * - April Dembosky: Una volta hai detto: "L'intolleranza verso le donne e' come il canarino nella miniera per l'intolleranza verso altre persone". - Asra Nomani: Io penso ad un'espressione dell'Islam progressista e tollerante, in tutto il mondo, e per tutte le persone. I diritti delle donne sono un aspetto di questa visione, ma sono anche il punto focale nel contrastare l'estremismo. Quando sollevi una questione che riguarda le donne metti gli estremisti in una posizione indifendibile, e questo accade in maniera piu' rapida di quanto accada su altre questioni. E' la via piu' veloce per ottenere trasformazione e cambiamento. Se ci rappresentiamo come donne, se come donne continuiamo a lottare giorno dopo giorno, costringeremo gli estremisti a confrontarsi con la realta' delle loro idee. * - April Dembosky: In quali modi, come musulmana che vive negli Usa, le tue preoccupazioni sono diverse da quelle di una musulmana che vive in Africa o in Medio Oriente? - Asra Nomani: Certamente, a livello fisico ed economico, le minacce alle nostre vite non sono le stesse, ma lo scenario in cui ci muoviamo e' identico. Le pressioni che una donna subisce affinche' corrisponda all'immagine della "brava ragazza musulmana" sono uguali. Le maniere di esercitare il controllo e le regole sono le stesse, hanno solo un grado di pressione differente. Negli Usa, un padre musulmano minaccera' sua figlia di diseredarla se sposa un americano, in Pakistan potrebbero lanciarle dell'acido in faccia. La dinamica del dominio e' la stessa, solo espressa in modo diverso. * - April Dembosky: C'e' chi dice che il femminismo islamico sia influenzato dall'occidente. Le donne presenti a Barcellona hanno detto che il movimento nasce all'interno dell'Islam. Tu che ne pensi? - Asra Nomani: Se tu mi avessi intervistata vent'anni fa ti avrei detto che mi sentito completamente non legittimata, in quanto americana musulmana. Mi sembrava di non essere autentica. Ma non capisco e non sottoscrivo il concetto che non avrei diritto di parlare come musulmana perche' sono anche statunitense. Io non parlo arabo, Osama bin Laden si', ed io non lo considero un musulmano piu' "vero" di me. Essere musulmani significa accettare ed onorare le differenze che abbiamo all'interno del nostro mondo, culturalmente, fisicamente, linguisticamente, perche' e' questo che l'Islam insegna, che siamo gente di molte tribu'. * - April Dembosky: In questo senso, tornando alla tua idea di "Sogno islamico", perche' la collaborazione fra donne di paesi differenti sarebbe cosi' importante? - Asra Nomani: A causa delle unicita' delle esperienze, l'implementazione di cio' su cui ci siamo accordate risultera' assai probabilmente differente. Le comunita' si evolveranno in modo diverso l'una dall'altra, ma alla conferenza abbiamo toccato tutti i punti caldi: l'omosessualita', le donne imam, la pena capitale, il terrorismo, il sesso, e abbiamo raggiunto un consenso. Stiamo lavorando su un terreno comune, cio' che varia sono le opportunita' che si presentano nei vari luoghi, e che comportano una diversita' in tempi e tecniche. * - April Dembosky: Le donne e gli uomini non musulmani hanno un ruolo in questo progetto? E se si', quale? - Asra Nomani: Uno dei grossi problemi che abbiamo negli Usa e' che le forze progressiste non si schierano a fianco dei progressisti musulmani, pensano che la "correttezza politica" sia non intervenire, per non offendere la liberta' di religione e le scelte culturali. Ne conosco un mucchio di questi personaggi, vanno alle sessioni interreligiose nelle moschee e vedono che le donne vengono relegate in cantina, ma non dicono niente e pensano: "Ah, bene, e' questo il vostro modo di fare". Ma noi che abbiamo a cuore le donne nelle nostre comunita' stiamo rispondendo: "Questo non e' il nostro modo di fare, questo non e' il modo giusto, questo non e' il modo islamico". L'evolversi riguarda tutti, musulmani e non. Quando contrastiamo il sessismo ed il pregiudizio nel mondo musulmano stiamo combattendo contro ideologie, non contro persone specifiche o un'intera fede. Noi dobbiamo maturare, e la comunita' progressista deve maturare con noi. I progressisti devono sapere che c'e' bisogno di loro in questo lavoro dell'incoraggiare espressioni piu' inclusive e tolleranti dell'Islam nel mondo. 4. RIFLESSIONE. EMMA SCHIAVON INTERVISTA SIHEM HABCHI [Dal quotidiano "Liberazione" del 29 settembre 2006. Emma Schiavon, storica, docente e saggista, e' dottoressa di ricerca all'Universita' di Milano e collaboratice del Cirsde (Centro interdipartimentale di studi delle donne) di Torino; nel 1990 come rappresentante degli studenti di Lettere e filosofia ha sostenuto con successo la richiesta di far inserire nello statuto della facolta' di Lettere materie afferenti agli Women's Studies; nel 1997 ha ottenuto il premio "Franca Pieroni Bortolotti" per la migliore opera inedita di storia delle donne conferito dalla Societa' italiana delle storiche e dall'Assessorato alla cultura del Comune di Firenze; si occupa di genere e cittadinanza, nazionalismi e movimenti femminili. Tra le opere cui ha contribuito: Carla Colombelli (a cura di), La guerra non ci da' pace. Donne e guerre contemporanee, Edizioni Seb 27, Torino 2005. Sihem Habchi e' vicepresidente dell'associazione "Ni putes ni soumises" (per ulteriori informazioni si veda il sito: www.niputesnisoumises.com). Anna Bravo (per contatti: anna.bravo at iol.it), storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003] "Ni putes ni soumises" ("ne' puttane ne' sottomesse") e' un movimento di donne nate o cresciute nei quartieri-ghetto delle periferie francesi; nel 2003, anno della sua nascita, ha organizzato una manifestazione che ha coinvolto 30.000 donne in tutto il paese. In un'epoca segnata da comunitarismi di ogni sorta e integralismi incrociati, il movimento "Ni putes ni soumises" richiama con forza le questioni di base, alla radice del femminismo: autodeterminazione personale e sessuale, diritto di cittadinanza e di movimento nello spazio pubblico, uguaglianza di diritti e di opportunita', contrasto della violenza e dell'oppressione. E lo fa chiamando in causa i pilastri della Francia repubblicana: laicita' e uguaglianza. Venerdi' scorso per la sezione "Conflitti, convivenze e riconciliazioni" della manifestazione "Torino spiritualita'" si e' svolto l'incontro - condotto da Anna Bravo - con Sihem Habchi, nata in Algeria e cresciuta in Francia, vicepresidente del movimento. Sihem ha raccontato della devastazione sociale che ha colpito le periferie francesi negli anni '90, con i padri che hanno perso il lavoro e i figli che del sogno occidentale non hanno ricevuto nemmeno la speranza. La mancanza di identita', reddito, aspettative, ha portato la piu' classica delle reazioni di chiusura e regressione, abilmente sfruttate dai professionisti dell'integralismo islamico. Le donne dei quartieri si sono dunque trovate piu' che mai ristrette fra il pregiudizio etnico montante - e molte di loro, in particolare Fadela Amara, presidente e fondatrice del movimento, provengono da un decennale impegno antirazzista - e il dilagare di atteggiamenti e ideologie misogine e antifemministe. Le giovani soprattutto devono affrontare un "fratriarcato" duro e aggressivo (poiche' non sono i padri gli attori della reazione, ma i giovani), dove ognuna e' tenuta a giustificare la sua presenza nello spazio pubblico e deve rispondere non soltanto al proprio fratello Mohamed, ma anche a Omar, a Abdel, in una parola a tutti i giovani maschi del quartiere. Il nuovo fratriarcato islamista chiede alle proprie sorelle di scegliere fra un'immagine pubblica di rispettabilita' sessuale che corrisponda all'abbigliamento neo-islamico d'ordinanza e al velo, o di pagare la propria liberta' di scelta con il disprezzo, e qualche volta con vere e proprie aggressioni. L'associazione ha quindi scelto di appoggiare in modo convinto la nuova legge che vieta il velo nelle scuole argomentando che non si tratta di una pratica obbligatoria dell'Islam, quanto piuttosto del "logo" dell'islam politico radicale che si e' affermato dopo la rivoluzione khomeinista del '79. Il velo e' visto come marca di divisione fra uomini e donne e fra "veri" musulmani e non, e come simbolo ostentato di subordinazione delle donne agli uomini che le ragazze, soprattutto le minorenni, sono costrette a indossare per le pressioni sempre piu' assillanti della famiglia e del quartiere. Di qui lo slogan, forte e provocatorio: "non puttane", ovvero si respinge al mittente il disprezzo per le scelte di liberta', "ne' sottomesse", con il rifiuto della subordinazione e dei suoi emblemi. Abbiamo incontrato Sihem Habchi, che e' anche responsabile dello sviluppo internazionale dell'organizzazione il giorno dopo il dibattito. * - Emma Schiavon: Quali sono state le principali tappe nella costruzione del vostro movimento, e quali sono le vostre piu' importanti attivita' oggi? - Sihem Habchi: Il primo passo e' stata la convocazione degli "Stati generali delle donne dei quartieri", alla Sorbona nel 2001: Fadela Amara, attraverso la rete delle associazioni antirazziste, aveva organizzato questa manifestazione dove le donne erano invitate a parlare della loro esperienza all'universita': piu' di duecento donne sono arrivate da tutta la Francia, molte di nascosto dai loro familiari, e questa forte domanda di partecipazione ci ha convinte a continuare. Nel 2003 c'e' stata la marcia di fondazione del nostro movimento, che ha coinvolto ogni zona del paese; nel 2005 abbiamo organizzato il Tour de France repubblicano con dibattiti in tutto il paese: volevamo dare la parola a chi non parla mai; nel 2006 abbiamo lanciato la Maison de la mixite', dove intendiamo praticare la mescolanza per rompere i ghetti mentali, quelli culturali, quelli etnici e anche il "ghetto" della separazione fra uomini e donne. Con l'aiuto anche di fondazioni private e' oggi aperto uno spazio a Parigi, e noi speriamo che sia presto seguito da altri. * - Emma Schiavon: Qual e' stata la vostra posizione e il vostro ruolo durante la recente esplosione dei quartieri popolari in Francia? - Sihem Habchi: Noi non abbiamo preso una posizione, semplicemente perche' ritenevamo non ci fosse niente di nuovo: sono anni che le auto bruciano nei quartieri, da anni il 15 % dei giovani e' al di fuori del sistema scolastico e c'e' il 20% di disoccupazione. Quanto alle espressioni di machismo, il problema e' che da anni i quartieri popolari sono degli spazi completamente controllati dagli uomini, anche sotto questo profilo quindi nessuna novita'. Il punto e' un altro: che cosa facciamo per questi giovani che dicono "Io sono francese!"? Alcuni hanno parlato di rivolta sociale ma questi sono giovani che non riescono a strutturare una domanda politica, il loro solo modo d'espressione e' la violenza e da molto tempo partiti e sindacati sono fuori dai quartieri. Per questo sono particolarmente critica nei confronti delle strumentalizzazioni sia di destra che di sinistra: da destra si dice semplicemente che sono delinquenti, mentre l'estrema sinistra ha voluto vedere una rivolta sociale. Ma senza qualcuno che struttura delle domande, delle rivendicazioni, che rivolta sociale e'? * - Emma Schiavon: Ieri al dibattito ti sei definita musulmana, anche rispondendo alla ragazza velata che ha preso la parola nel contraddittorio, e ho letto che e' lo stesso per Fadela Amara... in che senso voi vi definite pubblicamente musulmane, e femministe, e laiche? - Sihem Habchi: Si', ci tengo a precisare che noi non crediamo nel "femminismo musulmano". Non intendiamo quindi il nostro impegno come interno alla religione musulmana per cambiarla. Noi semplicemente siamo credenti e compiamo alcune pratiche spirituali, ma questo riguarda la nostra sfera intima. Dal punto di vista politico noi siamo femministe e laiche. Abbiamo ritenuto pero' necessario in questo momento dichiarare anche la nostra fede personale per dare un'immagine diversa della donna musulmana, che oggi e' identificata solamente come quella che porta il velo. Noi rivendichiamo quindi pubblicamente la nostra fede e ricordiamo che l'Islam, come religione priva di un clero e di un dogma stabilito una volta per tutte, e' praticata in tutto il mondo nelle forme piu' diverse, compresa la nostra. 5. LIBRI. IDA DOMINIJANNI PRESENTA "LA CITTADINANZA INTERIORE" DI BRUNA PEYROT [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 ottobre 2006. Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005. Bruna Peyrot (per contatti: peyrotb at libero.it), torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri; vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete. Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione, una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004; La cittadinanza interiore, Citta' Aperta, 2006] Bruna Peyrot vive in Brasile a Belo Horizonte, e' una studiosa di storia sociale e dell'esperimento di Lula ha scritto nel 2004 in La democrazia nel Brasile di Lula. Ma non e' solo ne' principalmente del Brasile che parla La cittadinanza interiore, il suo libro che Citta' aperta edizioni manda in libreria in coincidenza con le elezioni di questi giorni. Qui il problema e' la democrazia tout court, nell'epoca in cui gli Stati Uniti pretendono di esportarla a suon di bombe, in Europa "nessun giovane sa piu' spiegare perche' sia importante avere una Costituzione", e in America Latina invece, dopo le dittature degli anni Settanta, l'indebitamento degli Ottanta e il neoliberismo rapace dei Novanta, la democrazia si va imponendo nella sinistra ex-rivoluzionaria come "un valore in se'", parallelamente a un "ripensamento etico individuale" del rapporto fra violenza e politica. L'eco del percorso brasiliano si sente in questo libro, che pure e' ricco di riferimenti a esperienze e letture italiane dell'autrice, e che ruota attorno a un'idea centrale, questa: non c'e' cittadinanza democratica credibile senza quella che l'autrice chiama "cittadinanza interiore". Ovvero, non c'e' diritto che viga dall'esterno senza una mobilitazione della soggettivita' che viene dall'interno. Ma attenzione, non si tratta qui dell'ennesimo invito all'interiorizzazione della Legge e delle leggi, ne' dell'ennesima tecnica per la produzione del consenso. Quello che Peyrot propone e' un decalogo di "consapevolezze" che, nell'ispirare la cittadinanza interiore, rivoluzionano lo statuto della cittananza in rapporto ai terremoti - strutturali e culturali, planetari e locali, politici e antropologici, giuridici e psicologici - del mondo globale. * Nessun cambiamento del mondo, insomma, senza cambiamento di se', a partire da se': un comandamento cardinale della cultura femminista, cui infatti Peyrot fa riferimento, tanto che la prima "consapevolezza" da lei proposta per la "cittadinanza interiore" e' quella della differenza sessuale, ovvero la capacita' di (ri)costruire la relazione uomo-donna dopo il femminismo. Seguono la consapevolezza "della Storia dentro la vita", che consiste nel sapere agire anche nel proprio limitato contesto all'altezza della necessita' politica e storica; la consapevolezza "del diritto all'autobiografia", per contrastare con la narrazione di se' la tendenza alla disgregazione e alla dissipazione propria del nostro presente "liquido"; la consapevolezza "del vincere la guerra in noi", per poterla contrastare sullo scenario geopolitico; la consapevolezza "dei luoghi parlanti", ovvero della storia e delle emozioni che i luoghi racchiudono e ci trasmettono; la consapevolezza "dell'esilio nelle lingue di mezzo", cioe' dell'espropriazione infelice che ogni migrazione comporta, ma che puo' diventare felice quando l'esilio e' una condizione mentale scelta anche da chi e' stanziale; la consapevolezza della "democrazia come ragionamento", processo discorsivo e non mero assetto procedurale, istituzionale e giuridico; la consapevolezza "dell'educazione come nonviolenza", intesa non solo come pedagogia delle giovani generazioni ma come continuo processo di ripensamento della storia e della politica e delle loro ripetizioni nevrotiche; infine, la consapevolezza "dell'invadere la politica con la spiritualita'", ovviamente non nel senso integralista del termine, ma per dare dignita' pubblica, politica, a cio' che la politica tradizionale relega nella sfera privata. * "Perche' non parlare di amore, morte, nostalgia, paura, come si parla di bilanci, strade e servizi sociali?", si chiede Peyrot. La risposta la sappiamo: perche' la politica tradizionalmente intesa non sopporta questo sfondamento dei suoi confini, e preferisce languire presidiandoli. Eppure e' proprio questo sfondamento dei confini - della politica, delle identita', della sovranita' degli individui e degli Stati - la posta in gioco del presente. "La vita nasce dallo sfondamento dei confini individuali in un atto d'amore. Solo ripetendo questo gesto si comprende cosa e' irrinunciabile per noi, cosa e' comune e cosa e' diverso e pretende un contratto di reciproco rispetto": si riscrive cioe' il patto sociale. 6. LIBRI. FRANCESCA SETZU PRESENZA "KARAWAN. DAL DESERTO AL WEB" DI FATEMA MERNISSI [Da "Leggere donna", n. 7-8, gennaio-febbraio 2006. Francesca Setzu nel 2004 ha ricevuto il premio di scrittura femminile de "Il paese delle donne" per la sua tesi di laurea su "Il concetto del sapere nell'opera di Fatima Mernissi" (Universita' "La Sapienza" - facolta' di sociologia, Roma, a. a. 2002-2003). Fatema Mernissi (ma il nome puo' essere traslitterato anche in Fatima) e' nata a Fez, in Marocco, nel 1940, acutissima intellettuale di forte impegno civile, impegnata per i diritti delle donne, per la democrazia e i diritti u mani di tutti gli esseri umani, docente universitaria di sociologia a Rabat, studiosa del Corano, saggista e narratrice; tra i suoi libri disponibili in italiano: Le donne del Profeta, Ecig, 1992; Le sultane dimenticate, Marietti, 1992; Chahrazad non e' marocchina, Sonda, 1993; La terrazza proibita, Giunti, 1996; L'harem e l'Occidente, Giunti, 2000; Islam e democrazia, Giunti, 2002; Karawan. Dal deserto al web, Giunti, 2004. Il sito internet di Fatema Mernissi e' www.mernissi.net] Qual e' l'idea che gli europei e gli occidentali piu' in generale hanno di un paese arabo come il Marocco? Per superare e sconfiggere stereotipi e pregiudizi eurocentrici, Fatima Mernissi, sociologa e scrittrice marocchina conosciuta in tutto il mondo, ci propone nel suo nuovo interessante saggio di andare alla scoperta del regno nordafricano. E' un invito, quello della Mernissi, a compiere un viaggio nelle realta' culturali e sociali marocchine ignorate dal grande circuito del turismo di massa dei villaggi-vacanze di Agadir e Essaouira, e allo stesso tempo un paese molto distante anche da quelle immagini quotidianamente trasmesse dai telegiornali di tutto il pianeta, per rammentarci i pericoli del fondamentalismo islamico. In Karawan: dal deserto al web, frutto di lunghi anni di rigorose ricerche condotte nella realta' arabo-islamica del Marocco, la sociologa ci racconta con il suo appassionante e vivace stile letterario un Paese che, animato dalla volonta' di combattere le nuove forme di terrorismo e neocolonialismo, propugna le idee dell'Islam umanista, fondato sull'arte dello jadal, l'arte dell'autocritica e del dialogo democratico rispettoso della diversita'. Solo attraverso la comunicazione democratica e accessibile a tutti sara' possibile un reciproco e fecondo scambio con il mondo occidentale. Uno degli strumenti per realizzare questo sogno di giustizia sociale e' la "Caravane Civique", convegni itineranti annuali che prevedono mostre, musica, danze e conferenze. La Caravane e' nata in Marocco alla fine degli anni Novanta, con il sostegno di Fatima Mernissi e di altri coraggiosi esponenti della societa' civile marocchina oggi protagonisti del libro, per favorire l'incontro tra popolazioni delle aree rurali e metropolitane. Partecipano a questo progetto donne e uomini di diversa estrazione sociale: docenti universitari e pittrici illetterate, artigiani ed editori, attivisti politici e tessitrici di tappeti, librai e medici, scrittori e registi. Tutti accomunati dalla convinzione che la democrazia nasca dal libero confronto e che nei paesi arabo-islamici l'accesso alle nuove tecnologie informatiche come tv satellitari e internet, rappresenti un'occasione straordinaria per la diffusione di un sapere senza censure e per lo sviluppo del dialogo fra le culture. La Mernissi ci conduce, creando pagina dopo pagina un'atmosfera che sembra evocare la magia de Le mille e una notte... ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 94 dell'8 ottobre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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