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La nonviolenza e' in cammino. 1418
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1418
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 14 Sep 2006 00:24:48 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1418 del 14 settembre 2006 Sommario di questo numero: 1. E' cosi' difficile? 2. Hannah Arendt: E' preferibile 3. Nonviolenza: Intransigenza e negoziato 4. Floriana Lipparini: La convivenza delle differenze 5. Alex Zanotelli: Un messaggio a Lampedusa 6. Giulio Vittorangeli: Un muto grido di orrore 7. Aldo Capitini: Nonmenzogna e nonuccisione 8. Marinella Correggia: Mine 9. Marina Forti: Il regime iraniano chiude il quotidiano "Shargh" 10. Mohandas K. Gandhi: Democrazia e nonviolenza 11. Riletture: Elena Croce, Il congedo del romanzo 12. Riletture: Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo 13. Riletture: Adrienne Rich, Nato di donna 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. E' COSI' DIFFICILE? E' cosi' difficile per tante care persone ammettere che quando mesi fa si sono accodate alla decisione governativa di continuare a partecipare alla guerra afgana si sono sbagliate? E' cosi' difficile per tante care persone ammettere che quando alcune settimane fa hanno accettato e persino esaltato il coinvolgimento militare italiano anche nel teatro bellico libanese si sono sbagliate? E' cosi' difficile capire che la pace non sara' frutto degli eserciti ma della nonviolenza; non sara' frutto delle occupazioni militari ma della costruzione di relazioni di reciproco riconoscimento e di convivenza nella giustizia; non sara' frutto delle armi ma del ripudio delle armi? E' cosi' difficile capire che l'attuale politica internazionale del governo italiano (la stessa del governo precedente, la stessa del governo del 1999), tutta centrata sullo strumento militare e sulla complicita' con la guerra e gli assassini, e' una politica criminale che non costruisce la pace ma estende la guerra? E' cosi' difficile capire che se non si fa la scelta del disarmo non si contrastera' ne' la guerra ne' il terrorismo? E' cosi' difficile capire che occorre una politica nonviolenta, e che quindi e' necessario e urgente uscire dalle subalternita', dalle ambiguita', dalle complicita' con i signori della guerra? * Contro la guerra e il terrorismo vi e' una sola via: smilitarizzazione dei conflitti, disarmo, solidarieta' all'umanita' intera, la scelta della nonviolenza. E' cosi' difficile riconoscere che non vi e' nonviolenza senza antimilitarismo, che non vi e' nonviolenza senza impegno per il disarmo? E' cosi' difficile prendere sul serio quell'invito di Gandhi ad essere tu il cambiamento che vorresti vedere nel mondo? 2. MAESTRE. HANNAH ARENDT: E' PREFERIBILE [Da Hannah Arendt, La vita della mente, Il Mulino, Bologna 1987, 1993, p. 283. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] E' preferibile patire un torto che commetterlo perche' e' possibile restare amici della vittima. Ma chi vorrebbe essere amico di un assassino o dover convivere con lui? 3. RIFLESSIONE. NONVIOLENZA: INTRANSIGENZA E NEGOZIATO Fine della lotta nonviolenta e' raggiungere dei buoni compromessi. Non annientare la controparte, ma raggiungere un accordo vantaggioso per l'umanita' e il mondo (quindi, in ultima analisi, vantaggioso anche per la controparte in quanto parte dell'umanita' e del mondo). Per questo la nonviolenza e' inflessibile nel ripudio dell'uccisione e della menzogna, per questo e' inflessibile nel lottare contro ogni menzogna e contro ogni uccisione; per questo non vuole compiere ingiustizie, e sempre per questo non permette che altri compiano ingiustizie ma quelle ingiustizie combatte con tutte le sue forze. La nonviolenza e' l'arte della lotta e della comunicazione, e' il conflitto gestito in forme non distruttive, e' lotta come cooperazione, ricerca incessante e inesausta di un accordo che - per dirla con Vinoba - dia la vittoria al mondo, faccia cioe' prevalere l'umanita'. * Ma occorre avere posizioni limpide per poter fare trattative serie. Gandhi era un formidabile negoziatore: coloro che lo ebbero come controparte lo attestano unanimi, sia che pensassero - e non pochi se ne dovettero persuadere - che fosse persona di straordinario rigore e valore, sia che pensassero - e per molti anni non furono affatto pochi - che fosse un azzeccagarbugli rotto a tutte le astuzie e un politicante senza scrupoli. Ma fu un formidabile negoziatore perche' fermissimo sui principi, e sempre disponibile all'ascolto ma mai alla complicita'. Solo chi e' fortemente autonomo sa negoziare e raggiunge buoni compromessi: poiche' la lotta politica e' questo, non altro: raggiungere buoni compromessi, ma si raggiungono buoni compromessi solo se si e' saldi in cio' che vale e si sa entro quali limiti si negozia; e si negozia lottando, e su cio' che non e' negoziabile non si negozia affatto. Ancora una volta il senso del limite e' la chiave di volta di un'etica adeguata alla politica che salva l'umanita'. * Per questo una politica della nonviolenza e' una politica intransigente sui principi e pazientissima e tenacissima nella ricerca di accordi attraverso la lotta, il negoziato, la costruzione del riconoscimento e della fiducia, l'esempio, la persuasione. Per questo la scelta della nonviolenza e' la politica piu' realistica. La politica delle armi, degli eserciti, delle guerre, e' invece dereistica, e criminale. * Sono cose ovvie, e non avremmo perso tempo a ricordarle se non fosse accaduto che nel volger di una stagione tanti rumorosi chiacchieroni che fino a un attimo prima cicalavano di nnonviolenza e di pacifismo "senza se e senza ma", si sono convertiti - sempre "senza se e senza ma" - in appassionati seguaci della guerra, degli eserciti, delle armi. Per certi spiriti particolarmente volatili andare al governo certe volte ha effetti peggiori delle arti di Circe. 4. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: LA CONVIVENZA DELLE DIFFERENZE [Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at fastwebnet.it) per averci messo a disposizione il seguente brano estratto dal suo libro Per altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi. Floriana Lipparini, giornalista (tra l'altro ha lavorato per il mensile "Guerre e Pace", che per qualche tempo ha anche diretto, occupandosi soprattutto della guerra nella ex Jugoslavia), impegnata nel movimento delle donne (Collettivo della Libreria Utopia, Donne per la pace, Genere e politica, Associazione Rosa Luxemburg), ha coordinato negli anni del conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista delle donne di Rijeka, un'esperienza di condivisione e relazione nel segno del femminile, del pacifismo, dell'interculturalita', dell'opposizione nonviolenta attiva alla guerra, da cui e' lentamente nato un libro, Per altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi, edito in Croazia da Shura publications, in edizione bilingue, italiana e croata] Durante l'assedio di Sarajevo, il violoncellista Nigel Kennedy tutti i giorni andava a suonare tra le macerie dell'antica Biblioteca distrutta dall'artiglieria serbo-bosniaca. Era un meraviglioso segnale di resistenza contro l'intollerabile violenza della guerra, ma purtroppo non ha fermato nemmeno un cecchino. Almeno fino all'esplodere del conflitto, in Bosnia prevaleva una concezione molto avanzata e democratica di nazionalita', una cittadinanza legata al fatto di vivere tra diversi sullo stesso territorio. Sfortunatamente il luogo Bosnia costituiva un ostacolo, per i geometrici piani delle sue potenti vicine; un luogo da ingoiare, avendolo prima demonizzato e negato. I bosniaci sono stati definiti, secondo i casi, in realta' serbi, o in realta' croati (una parte per il tutto), o turchi (stranieri, nemici che vanno annientati). Negare il nome di chi si vuole distruggere e' un antico sistema. Soltanto a stragi avvenute, a smembramenti compiuti, qualcuno nel mondo si e' accorto del sistema di tolleranze e convivenze che caratterizzava la Bosnia-Erzegovina, traendola fuori da quella nebbia indistinta e demode' che il nome stesso di Sarajevo evocava, con i suoi echi primo Novecento. Troppo tardi. Il demone del nazionalismo ha nel frattempo ingoiato cinquant'anni di storia, nell'indifferenza, quando non nell'interesse dell'Europa. Quell'Europa che ha continuamente bisogno di definirsi attraverso l'esclusione dell'Est, spiega Rada Ivekovic nella Balcanizzazione della ragione. L'Est (ma potrebbe anche essere il Sud) e' l'altro da se', il nemico da sacrificare per dare vita al nuovo mito delle origini; oppure da incorporare assimilandolo, come e' avvenuto soprattutto nel caso della Slovenia e della Croazia, la cui dipartita dalla Federazione avvenne nel segno e nel sogno dell'Europa, o per meglio dire del mercato e del marco (l'euro ancora non esisteva). Come scrive Ivekovic, il nazionalismo dietro la cui arcaica mitologia si possono trascinare interi paesi in una guerra insensata rappresenta in realta' la costruzione piu' originaria di un ordine patriarcale e universale, fondato ab ovo sull'esclusione del femminile. Ma le differenze e le mescolanze sono dentro ognuno di noi, anche dentro coloro che credono al ridicolo mito della purezza genetica, scientificamente smentito da Luca Cavalli-Sforza nelle sue interessanti ricerche. Ripenso alle identita' plurime di cui parlo' con tanta genialita' Alex Langer, qui in Italia, lui che le viveva in prima persona (i molti livelli dell'io). E andrei oltre, sempre con l'aiuto di Rada Ivekovic: identita' plurime e in continua costruzione, identita' non permanenti. Un vasto campo di ricerca che si apre alla riflessione di genere e che sarebbe bello poter affrontare con la guida di teoriche e filosofe. Non e' quindi mia intenzione, ora, entrare nel vivo di questa questione, che merita ben altro approfondimento da parte di chi ha titoli per farlo. Mi limito a osservare che certo e' giusto lottare per il diritto delle minoranze a essere riconosciute e rispettate, per il diritto di tutte le culture a sopravvivere, per il diritto delle lingue minacciate a non farsi cancellare dai centralismi dominatori e arroganti, per il diritto di tutte e di tutti a non farsi omologare dal pensiero unico e dal falso universalismo delle banche, della Coca-Cola, dei McDonald's, delle catene di alberghi uguali in ogni parte del mondo. Come tanti altri anch'io ho lottato per questi diritti, ma non per farne bandiere, confini, esclusioni. Esattamente per il contrario: per promuovere la convivenza delle differenze che non hanno bisogno di frontiere, per il fecondo dialogo con il diverso, per la difesa della biodiversita' in ogni campo dell'esistente. Nessuna tradizione, cultura o religione, tuttavia, puo' giustificare la violenza, nessun dio puo' esigere la dominazione sulle donne, la loro subordinazione familiare e sociale, le mutilazioni, le uccisioni, anche se per lunga assuefazione le stesse vittime in molti casi hanno finito per introiettare questi orrori come se realmente fossero dettami di qualche legge divina. Qui non esiste differenza culturale da rispettare, ma abuso, violenza e dominio da rifiutare. D'altro canto, i massacri, le stragi e gli stupri che qualcuno ha definito barbari o tribali, sentendosene estraneo da buon europeo civilizzato, escono anche dalle pieghe nere del nostro passato. Ne possiamo riconoscere il modello in tutte le guerre di religione della storia europea: la notte di San Bartolomeo, il massacro degli Albigesi, l'Inquisizione, la caccia alle streghe, i pogrom... Basta rileggersi Occidente misterioso, di Giorgio Galli. E chiedersi se la caccia non sia per caso ancora aperta. Esistono pericoli sempre ricorrenti. Le conquiste delle donne sono sempre in pericolo. 5. APPELLI. ALEX ZANOTELLI: UN MESSAGGIO A LAMPEDUSA [Dal quotidiano "Liberazione" del 10 settembre 2006 riprendiamo il seguente messaggio di Alex Zanotelli ai partecipanti alla manifestazione svoltasi a Lampedusa per l'abolizione dei Centri di permanenza temporanea (in sigla: Cpt). Pur condividendo nella sostanza questo appello (alcune cui formule peraltro ci sembrano subalterne e rinunciatarie, forse perche' scritto o dettato frettolosamente), due obiezioni ci sembrano necessarie: la prima, e' doveroso rilevare come la definizione di "lager" sia inaccettabile: i Cpt sono immorali e criminali campi di concentramento, strutture abominevoli e da abolire senza esitazioni, ma il termine "lager" evocando l'universo concentrazionario nazista in tutta la sua estensione (compresi i campi di sterminio) significa altra cosa, e si deve evitare di usarlo impropriamente stante il rischio di banalizzare quell'orrore assoluto. La seconda: e' doveroso rilevare anche che i Cpt non sono stati creati dalla infame legge Bossi-Fini, ma dalla legge Turco-Napolitano del 1998 (era in carica il primo governo Prodi; Livia Turco e' tuttora ministra e Giorgio Napolitano e' oggi presidente della repubblica), intere parti della quale - palesemente incostituzionali e criminogene - sono state pienamente confermate dalla successiva Bossi-Fini. Dal nostro modesto punto di vista non sono ammissibili ne' le reticenze ne' i collateralismi ne' le sudditanze nei confronti di governi e governanti responsabili di politiche razziste e assassine (p. s.). Alessandro Zanotelli (per contatti: alex.zanotelli at peacelink.it), missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003; (con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003; Korogocho, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003] Prima di tutto mi sembra importante la scelta di Lampedusa come luogo emblematico di come accogliamo gli immigrati in Italia. Non possiamo assistere passivamente alla morte di migliaia di immigrati in questo mare, che e' diventato il mare della morte. E' un crimine contro l'umanita'. Per questo chiediamo al governo Prodi l'abolizione della legge Bossi-Fini (una legge per me immorale) e il varo di una nuova e piu' umana legislazione in materia. Chiediamo con insistenza l'eliminazione di tutti i Cpt d'Italia (sono degli autentici lager). Chiediamo al governo Prodi di rivelare quanti Cpt siano stati costruiti in Sicilia dal governo Berlusconi e a quanto ammontano le spese sostenute per i viaggi di rimpatrio (deportazioni) degli immigrati ai loro paesi di origine. Chiediamo con forza al governo Prodi il varo di una legge sui rifugiati politici come prevede la nostra Costituzione. Dobbiamo continuare a fare pressione sull'Unione Europea perche' sia meno "fortezza" e piu' "casa dei popoli". Chiediamo soprattutto al governo Prodi una seria politica estera verso l'Africa. La situazione di questo continente e' talmente grave che, o si comincia a capire che e' nostro interesse rimetterlo in piedi o i problemi di quel continente ci coinvolgeranno tutti. Questo appuntamento a Lampedusa e' importante proprio perche' e' luogo simbolo della immensa sofferenza di nostri fratelli immigrati. E' un grido a cui dobbiamo rispondere. Ne va della nostra umanita'. 6. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: UN MUTO GRIDO DI ORRORE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Sappiamo che oggi l'urgenza, quando si parla di guerre e pace, e' il Medio Oriente. Sappiamo, non da oggi, che altre guerre con il loro unico ininterrotto funerale, con la loro ferocia e illegalita', restano nel dimenticatoio. Salvo avvenimenti particolarmente cruenti che, per qualche giorno o qualche ora, conquistano le prime pagine. Una di queste e' la guerra in Cecenia. La prima e' durata ventuno mesi, dal dicembre 1994 all'agosto 1996. La seconda e' comincia nel 1999 e praticamente e' ancora in corso. Di questa guerra restano due episodi particolarmente angoscianti. Il 23 ottobre 2002 i separatisti ceceni tengono in ostaggio per tre giorni centinaia di spettatori nel teatro di Via Dubrovka, a Mosca. Un folto commando composto da uomini e donne, imbottiti di esplosivo, chiede la fine della guerra e il ritiro delle truppe dalla Cecenia, minacciando la strage. Prima dell'irruzione delle forze speciali, dentro il teatro viene immesso un gas tossico che dovrebbe paralizzare il commando: invece uccide 50 ceceni e 128 ostaggi. Quello che successe dietro le quinte e' rimasto un segreto che le "donne-martiri" (le attentatrici omicide-suicide), che peraltro non si fecero esplodere, portarono con se' all'altro mondo. E' restata una ferita dell'umanita', e quell'odore di gas non siamo riusciti a scrollarcelo di dosso. Perche', prima dell'invenzione della guerra indefinita e infinita contro il terrorismo, l'idea di risolvere la faccenda con il gas non avrebbe avuto l'alibi che contro il terrorismo ogni mezzo e' lecito, e all'orrore straziato non si aggiungerebbe poi in noi l'atroce percezione che anche sul versante dei governi tutto si avvicina e diventa un precedente imitabile, e quello che e' accaduto a Mosca puo' accadere in un altro punto del pianeta, e non c'e' agire di memoria o di diritto che possa fermare la follia di un potere che si scopre vulnerabile e impotente. L'altro episodio avviene ai primi dei settembre del 2004: un commando di guerriglieri ceceni prende in ostaggio una scuola di Beslan, Ossezia meridionale, con 1.200 persone fra cui 800 bambini. Anche in questo caso, nessuna trattativa. I russi intervengono con le forze speciali. Il numero delle vittime e' incerto: tra 300 e 500 i morti, tra cui moltissimi bambini, e circa 700 i feriti. "Ancora oggi un muto grido di orrore risuona dentro di me, e mi sembra annullare non solo ogni speranza per il futuro ma anche il senso delle scelte che in passato tanti (e un po' anch'io, con fatica e paura e incoerente testardaggine) hanno fatto (e pagato) per cercare di riscattare la Terra da certi orrori. Lo strazio di Beslan, catturato dalle idrovore mass-mediatiche, mi ha reso lucidamente consapevole della definitiva eclisse di una civilta' incapace di memorie e di sentimenti amorosi" (Ettore Masina). In mezzo a questi due avvenimenti, una dolorosa sequenza di attentati: Il 5 luglio 2003 a Mosca, doppio attentato kamikaze al concerto rock di Tusino, 16 morti e 38 feriti; il 9 dicembre, sempre del 2003, l'esplosione all'Hotel National, a due passi dal Cremlino; il 5 febbraio 2004, l'attentato suicida alla metropolitana di Mosca, oltre 50 morti e 130 feriti. Protagonisti di tutti questi attentati sono, sostanzialmente, le donne; e per un momento si accende un dibattito sui kamikaze (bombe-viventi) ceceni. Il paragone immediato, superficiale, e' con i kamikaze palestinesi. Ma in Cecenia muoiono solo donne; gli uomini non si fanno saltare in aria, danno un valore troppo alto alle proprie vite. E' vero, esistono donne palestinesi kamikaze che vanno a morire "per vendicare le sofferenze del loro popolo". Ma non si e' mai vista una bomba-vivente incinta, preventivamente picchiata e imbottita di droga. La giornalista russa Julija Juzik ha condotto una capillare indagine su questo doloroso fenomeno, divenuta poi un libro pubblicato anche in Italia (Le fidanzate di Allah. Voci e destini delle kamikaze cecene, Manifestolibri, Roma 2004). Documenta come la ragione che spinge le attentatrici cecene a cercare la morte e' una tragedia personale o una vita infelice. Raramente vanno a morire per fanatismo religioso o per il loro popolo. Non si uccidono da sole, ma vengono fatte saltare in aria a distanza. E' questa la caratteristica unica e tremenda: non sono loro a uccidere, e' tramite loro che uccidono. "Le rapiscono, le addestrano, le imbottiscono di esplosivo, le scortano sul luogo prestabilito, le sguinzagliano tra la folla e, mentre la disgraziata si confonde tra la gente cercando una via di scampo, la persona che l'ha accompagnata sul posto compone il codice e la donna salta in aria dilaniata in mille brandelli" (p. 151). Resta la sofferenza di queste donne strumentalizzate dalla guerra che richiede, anche per le palestinesi, un gesto politico d'amore per la pace. 7. MAESTRI. ALDO CAPITINI: NONMENZOGNA E NONUCCISIONE [Da Aldo Capitini, Scritti filosofici e religiosi, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998, p. 32 (e' un frammento dal primo libro di Aldo Capitini, Elementi di un'esperienza religiosa, Laterza, Bari 1937, 1947, poi ripubblicato nella ristampa anastatica della seconda edizione dalla Nuova Cappelli, Bologna 1990. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Con la persuasione religiosa approfondisco la consapevolezza che l'altro e' un individuo esistente, pensante. Il proposito di non mentirgli mai, rinnovato ad ogni istante, vince continuamente l'essere separati, quella separazione che non e' la differenza spirituale che ha pur sempre una base di unita', ma la separazione materiale, di cosa vicino a cosa. Io potro' propormi fini alti quanto si voglia; ma l'altro non lo avvicino in modo assoluto a me, e resta fuori finche' penso di mentirgli. Cosi' e' per la sua esistenza: il proposito di non ucciderlo, rinnovato ad ogni istante, rende l'altro vicino a me, si' che la sua esistenza non e' un fatto meccanico, per suo conto, ma e' unita all'intimo mio, proprio attualmente con amore. Io non ho in me soltanto l'idea dell'altro, ma la sua esistenza stessa. E quell'intimita' che ho tra me e me, la moltiplico cosi' per tutti. Solo cosi' impianto un vero amore. "Perche' dici che mi ami, se l'animo tuo non e' con me?" e' detto nella Bibbia ad uno che mentisce. Nonmenzogna e nonuccisione attuano un'unita' dalla radice, un'unita' concreta che non lascia nulla fuori di se'. 8. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: MINE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 settembre 2006. Marinella Correggia e' una giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza. Tra le sue pubblicazioni: Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, Milano 2000, 2002] Oltre ad amputare arti e mietere vite avvelenano interi territori, rendendoli non accessibili alle attivita' agricole. Sono le mine antipersona, tuttora disseminate e tragicamente attive in moltissimi paesi; il quadro attuale della loro presenza ma anche degli impegni di sminamento, trascorsi nove anni dalla firma del Trattato di Ottawa per la messa al bando della produzione, dell'uso, dello stoccaggio e del trasferimento delle mine, saranno presentati nel rapporto di prossima pubblicazione "Landmine Monitor Report 2006", a cura della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine-Icbl (vincitrice del Premio Nobel per la pace 1997) e delle 90 campagne nazionali, le quali tutte insieme hanno fatto un movimento mondiale - a partire circa dal 1992 - capace di porre al centro dell'attenzione e del biasimo un problema nascosto, ottenendo un trattato internazionale e riuscendo anche a stimolare esperienze di riconversione di industrie militari (ad esempio in Italia, gia' grande produttrice di queste armi particolarmente oscene). * Ma la battaglia continua. Anche per la campagna Usa. Il Pentagono, infatti, sembrerebbe intenzionato a sviluppare e produrre entro i prossimi anni la nuova versione delle "armi attivate dalle vittime", cioe' ad attivazione non intenzionale, per cosi' dire passiva, da parte di contadini, pastori, bambini... Si comporto' male, a suo tempo, Bill Clinton: invece di firmare il Trattato di Ottawa, l'allora presidente ordino' di iniziare presso il Pentagono un programma di ricerca e sviluppo per identificare possibili alternative alle mine antipersona cosi' da "poter fare a meno prima possibile" di queste ultime. Le alternative dovevano essere in grado di "discriminare" (fra target e civili e militari). Dopo dieci anni di ricerca, le nuove armi saranno presto in grado di entrare in produzione. Ma sembrano proprio simili alle mine convenzionali, sostiene la Campagna antimine statunitense che riunisce 500 associazioni ed e' coordinata dai pacifisti quaccheri: "Temiamo oltretutto che la ripresa della produzione di armi attivate dalle vittime da parte degli Stati Uniti possa fornire una buona scusa ad altre nazioni per continuare a usare mine indiscriminate" ha detto Joe Volk, segretario esecutivo del Friends Committee, i quaccheri appunto; "Se l'esercito piu' potente e avanzato del mondo continua a sostenere di aver bisogno di queste armi, perche' non dovrebbero fare lo stesso gli altri?". E Scott Stedjan, coordinatore della Campagna, chiede al Congresso di "far si' che il Pentagono non spenda centinaia di milioni di dollari per nuove armi che non sono capaci di distinguere fra lo stivale di un soldato e il piede di un bambino". Qualcuno al Congresso risponde: un gruppo di senatori ha presentato il Victim-Activated Landmine Abolition Act; una proposta di legge che se fosse approvata proibirebbe in ogni circostanza le mine e le altre armi ad attivazione da parte delle vittime, assicurando invece che tutte le nuove munizioni americane possano essere fatte detonare solo in risposta a un atto intenzionale. Sono 150 i paesi ad aver messo al bando le mine antipersona. Gli Stati Uniti devono invece ancora firmare il trattato di Ottawa, anche se ne hanno accettate molte parti e non hanno usato mine antipersona attivate dalle vittime a partire dalla guerra del Golfo del 1991 (ma poche settimane fa cinque bambini iracheni sono stati uccisi dallo scoppio di uno di quegli "antichi" ordigni), non esportano mine dal 1992 e non producono alcun tipo di mine dal 1997. * Intanto, alcune buone notizie: in Myanmar (Birmania), il Chin National Front (Cnf), membro di un'alleanza antigovernativa chiamata National Democratic Front of Burma (Ndf) ha annunciato che non usera' piu' mine nella sua lotta armata. Il Landmine Monitor del 2004 ha riferito che nei cinque anni precedenti Mynamar e' stata uno degli unici due paesi in cui l'uso delle mine e' stato costante e ha identificato fra gli altri il Chin National Army (Cna), braccio armato del Cnf, come utilizzatore e anche produttore di mine antipersona, malgrado il cessate il fuoco nazionale in vigore da sette anni. L'atto formale e' stata la firma del cosiddetto "signed Geneva Call's Deed of Commitment" (DoC), destinato alle aggregazioni non statali. La firma impegna non solo a non piazzare altri ordigni ma anche a distruggere i depositi e a cooperare nello sminamento delle aree contaminate. E quest'estate la Kuki National Organization (Kno) ha dichiarato di non aver usato e di non voler usare mine antipersona in India, per ragioni etiche. E' stata preceduta da un'altra organizzazione combattente, il National Socialist Council of Nagaland, in India, spesso sul fronte opposto rispetto alla Kno. 9. MONDO. MARINA FORTI: IL REGIME IRANIANO CHIUDE IL QUOTIDIANO "SHARGH" [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 settembre 2006. Marina Forti, giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004] Una delle poche voci indipendenti della stampa iraniana e' di nuovo zittita. Il Consiglio per il controllo della stampa presso il Ministero della cultura ha ordinato ieri la chiusura di "Shargh" ("Oriente"), il piu' noto e diffuso quotidiano vicino all'opposizione riformista pubblicato a Teheran. Il direttore responsabile Mehdi Rahmanian ha dichiarato che fara' appello, ma tra i giornalisti e collaboratori della testata pochi credono che il giornale possa tornare in edicola in tempi brevi - o forse mai. E tutti lo prendono come un ammonimento rivolto a tutte le voci dissenzienti verso l'attuale governo iraniano. Il comunicato del Consiglio per il controllo della stampa afferma che i responsabili di "Shargh" erano stati avvisati. In effetti in agosto il Consiglio aveva emesso un ultimatum: "A causa di 70 casi di violazioni, tra cui insulti a dirigenti dello stato e figure religiose e nazionali, la pubblicazione di articoli blasfemi e di articoli atti a creare discordia", il Consiglio aveva ordinato al giornale di sostituire il direttore responsabile entro un mese. L'ultimatum scadeva appunto ieri. Rahmanian nega di aver contravvenuto all'ordine: proprio domenica aveva chiesto una proroga di due mesi per trovare un successore a se stesso. Nel suo comunicato, il Consiglio dei censori se la prende anche con una vignetta pubblicata giovedi' scorso dal quotidiano, in cui si vede una scacchiera ai cui lati si guardano un cavallo e un asinello con un alone di luce attorno alla testa. Un riferimento derisorio al presidente della repubblica? Pare che l'anno scorso Mahmoud Ahmadi-Nejad abbia detto ai suoi collaboratori che durante il suo discorso all'Assemblea generale dell'Onu a New York si era sentito circondato da un alone di luce divina; la notizia era ampiamente circolata sui blog iraniani anche se fonti ufficiali l'hanno smentita. Forse la vignetta e' stata la goccia finale agli occhi del Comitato dei censori, ma la chiusura di "Shargh" fa parte di un attacco a ogni voce critica in Iran. La stampa e' da sempre terreno di scontro politico - fin da quando le testate indipendenti erano fiorite con la presidente dal riformista Mohammad Khatami e la magistratura, controllata dai settori piu' conservatori dello stato, si era accanita: dal 1999-2000 almeno un centinaio di giornali sono stati chiusi, decine di giornalisti arrestati, anche se nuove testate sono state aperte in un braccio di ferro continuo. I censori hanno poi preso di mira i notiziari online e perseguito i "giornalisti internet". Da quando poi si e' insediato il governo di Ahmadi-Nejad, i direttori sono stati convocati regolarmente per sentirsi dire quali argomenti trattare e come; inutile dire che su questioni come il nucleare non sono ammesse voci discordanti. Proprio ieri il giornale online "Rooz" (notizie e commenti sia dall'Iran che dalla diaspora democratica) riferiva che il Ministero della cultura ha emanato una nuova direttiva in cui si elencano le fonti "affidabili e valide" a cui la stampa dovra' attenersi, cioe' le sole agenzie di stampa governative: in sostanza fa divieto di citare qualunque fonte indipendente. "Shargh" restava come una voce relativamente aperta, l'unica dove si trovano commenti critici sui fatti della vita nazionale (benche' sempre un po' tra le righe). Il direttore Mohammad Ghouchani e il caporedattore politico Mohammad Atrianfar sono noti intellettuali d'opposizione. La pubblicazione era il risultato di una sorta di contrattazione politica: "Shargh" (che secondo notizie difficili da confermare era sostenuto da imprenditori vicini al "pragmatico" ex presidente Hashemi Rafsanjani) era stato chiuso dalla magistratura il 18 febbraio 2004, due giorni prima delle elezioni legislative, per aver pubblicato il testo di una dura lettera alla Guida suprema, l'ayatollah Khamenei, letta in parlamento dai deputati ribelli che criticavano il Consiglio dei guardiani per aver escluso i candidati riformisti. Quella volta il direttore Rahmanian era andato a incontrare il procuratore generale di Teheran (ed ex capo del tribunale per la stampa) Saeed Mortazavi, aveva accettato di fare tante scuse per aver pubblicato quel testo "offensivo", e il giornale era stato autorizzato a tornare in edicola. Ovvero, i giornalisti di "Shargh" avevano deciso che un giornale con qualche autocensura era pur sempre meglio che nessun giornale. Questa volta sembra che anche lo spazio di contrattazione politica dell'autocensura sia finito. 10. MAESTRI. MOHANDAS K. GANDHI: DEMOCRAZIA E NONVIOLENZA [Da Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, p. 140 (e' un frammento da un testo apparso su "Harijan" del 18 maggio 1940). Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006] La democrazia, finche' e' sostenuta dalla violenza, non puo' fare l'interesse dei deboli o proteggerli. La mia concezione della democrazia e' che sotto di essa il piu' debole deve avere le stesse possibilita' del piu' forte. Questo puo' avvenire soltanto attraverso la nonviolenza. 11. RILETTURE. ELENA CROCE: IL CONGEDO DEL ROMANZO Elena Croce, Il congedo del romanzo, Mondadori, Milano 1982, pp. 144, lire 16.000. Leggere Elena Croce e' sempre una delizia, e un nutrimento. 12. RILETTURE. ROBIN MORGAN: SESSUALITA', VIOLENZA E TERRORISMO Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo, La Tartaruga, Milano 1998, 2003, pp. 250, euro 14,40. Un libro la cui lettura - vorremmo dire: la cui meditazione - vivamente raccomandiamo. 13. RILETTURE. ADRIENNE RICH: NATO DI DONNA Adrienne Rich, Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 1996, 2000, pp. 422, euro 11,36. Un classico la cui lettura e' indispensabile. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1418 del 14 settembre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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