La nonviolenza e' in cammino. 1418



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1418 del 14 settembre 2006

Sommario di questo numero:
1. E' cosi' difficile?
2. Hannah Arendt: E' preferibile
3. Nonviolenza: Intransigenza e negoziato
4. Floriana Lipparini: La convivenza delle differenze
5. Alex Zanotelli: Un messaggio a Lampedusa
6. Giulio Vittorangeli: Un muto grido di orrore
7. Aldo Capitini: Nonmenzogna e nonuccisione
8. Marinella Correggia: Mine
9. Marina Forti: Il regime iraniano chiude il quotidiano "Shargh"
10. Mohandas K. Gandhi: Democrazia e nonviolenza
11. Riletture: Elena Croce, Il congedo del romanzo
12. Riletture: Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo
13. Riletture: Adrienne Rich, Nato di donna
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. E' COSI' DIFFICILE?

E' cosi' difficile per tante care persone ammettere che quando mesi fa si
sono accodate alla decisione governativa di continuare a partecipare alla
guerra afgana si sono sbagliate?
E' cosi' difficile per tante care persone ammettere che quando alcune
settimane fa hanno accettato e persino esaltato il coinvolgimento militare
italiano anche nel teatro bellico libanese si sono sbagliate?
E' cosi' difficile capire che la pace non sara' frutto degli eserciti ma
della nonviolenza; non sara' frutto delle occupazioni militari ma della
costruzione di relazioni di reciproco riconoscimento e di convivenza nella
giustizia; non sara' frutto delle armi ma del ripudio delle armi?
E' cosi' difficile capire che l'attuale politica internazionale del governo
italiano (la stessa del governo precedente, la stessa del governo del 1999),
tutta centrata sullo strumento militare e sulla complicita' con la guerra e
gli assassini, e' una politica criminale che non costruisce la pace ma
estende la guerra?
E' cosi' difficile capire che se non si fa la scelta del disarmo non si
contrastera' ne' la guerra ne' il terrorismo?
E' cosi' difficile capire che occorre una politica nonviolenta, e che quindi
e' necessario e urgente uscire dalle subalternita', dalle ambiguita', dalle
complicita' con i signori della guerra?
*
Contro la guerra e il terrorismo vi e' una sola via: smilitarizzazione dei
conflitti, disarmo, solidarieta' all'umanita' intera, la scelta della
nonviolenza.
E' cosi' difficile riconoscere che non vi e' nonviolenza senza
antimilitarismo, che non vi e' nonviolenza senza impegno per il disarmo?
E' cosi' difficile prendere sul serio quell'invito di Gandhi ad essere tu il
cambiamento che vorresti vedere nel mondo?

2. MAESTRE. HANNAH ARENDT: E' PREFERIBILE
[Da Hannah Arendt, La vita della mente, Il Mulino, Bologna 1987, 1993, p.
283. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu
allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli,
Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie
divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang
Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg
Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

E' preferibile patire un torto che commetterlo perche' e' possibile restare
amici della vittima. Ma chi vorrebbe essere amico di un assassino o dover
convivere con lui?

3. RIFLESSIONE. NONVIOLENZA: INTRANSIGENZA E NEGOZIATO

Fine della lotta nonviolenta e' raggiungere dei buoni compromessi. Non
annientare la controparte, ma raggiungere un accordo vantaggioso per
l'umanita' e il mondo (quindi, in ultima analisi, vantaggioso anche per la
controparte in quanto parte dell'umanita' e del mondo). Per questo la
nonviolenza e' inflessibile nel ripudio dell'uccisione e della menzogna, per
questo e' inflessibile nel lottare contro ogni menzogna e contro ogni
uccisione; per questo non vuole compiere ingiustizie, e sempre per questo
non permette che altri compiano ingiustizie ma quelle ingiustizie combatte
con tutte le sue forze.
La nonviolenza e' l'arte della lotta e della comunicazione, e' il conflitto
gestito in forme non distruttive, e' lotta come cooperazione, ricerca
incessante e inesausta di un accordo che - per dirla con Vinoba - dia la
vittoria al mondo, faccia cioe' prevalere l'umanita'.
*
Ma occorre avere posizioni limpide per poter fare trattative serie.
Gandhi era un formidabile negoziatore: coloro che lo ebbero come controparte
lo attestano unanimi, sia che pensassero - e non pochi se ne dovettero
persuadere - che fosse persona di straordinario rigore e valore, sia che
pensassero - e per molti anni non furono affatto pochi - che fosse un
azzeccagarbugli rotto a tutte le astuzie e un politicante senza scrupoli.
Ma fu un formidabile negoziatore perche' fermissimo sui principi, e sempre
disponibile all'ascolto ma mai alla complicita'.
Solo chi e' fortemente autonomo sa negoziare e raggiunge buoni compromessi:
poiche' la lotta politica e' questo, non altro: raggiungere buoni
compromessi, ma si raggiungono buoni compromessi solo se si e' saldi in cio'
che vale e si sa entro quali limiti si negozia; e si negozia lottando, e su
cio' che non e' negoziabile non si negozia affatto.
Ancora una volta il senso del limite e' la chiave di volta di un'etica
adeguata alla politica che salva l'umanita'.
*
Per questo una politica della nonviolenza e' una politica intransigente sui
principi e pazientissima e tenacissima nella ricerca di accordi attraverso
la lotta, il negoziato, la costruzione del riconoscimento e della fiducia,
l'esempio, la persuasione.
Per questo la scelta della nonviolenza e' la politica piu' realistica.
La politica delle armi, degli eserciti, delle guerre, e' invece dereistica,
e criminale.
*
Sono cose ovvie, e non avremmo perso tempo a ricordarle se non fosse
accaduto che nel volger di una stagione tanti rumorosi chiacchieroni che
fino a un attimo prima cicalavano di  nnonviolenza e di pacifismo "senza se
e senza ma", si sono convertiti - sempre "senza se e senza ma" - in
appassionati seguaci della guerra, degli eserciti, delle armi. Per certi
spiriti particolarmente volatili andare al governo certe volte ha effetti
peggiori delle arti di Circe.

4. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: LA CONVIVENZA DELLE DIFFERENZE
[Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at fastwebnet.it) per
averci messo a disposizione il seguente brano estratto dal suo libro Per
altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi. Floriana Lipparini, giornalista
(tra l'altro ha lavorato per il mensile "Guerre e Pace", che per qualche
tempo ha anche diretto, occupandosi soprattutto della guerra nella ex
Jugoslavia), impegnata nel movimento delle donne (Collettivo della Libreria
Utopia, Donne per la pace, Genere e politica, Associazione Rosa Luxemburg),
ha coordinato negli anni del conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista
delle donne di Rijeka, un'esperienza di condivisione e relazione nel segno
del femminile, del pacifismo, dell'interculturalita', dell'opposizione
nonviolenta attiva alla guerra, da cui e' lentamente nato un libro, Per
altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi, edito in Croazia da Shura
publications, in edizione bilingue, italiana e croata]

Durante l'assedio di Sarajevo, il violoncellista Nigel Kennedy tutti i
giorni andava a suonare tra le macerie dell'antica Biblioteca distrutta
dall'artiglieria serbo-bosniaca. Era un meraviglioso segnale di resistenza
contro l'intollerabile violenza della guerra, ma purtroppo non ha fermato
nemmeno un cecchino.
Almeno fino all'esplodere del conflitto, in Bosnia prevaleva una concezione
molto avanzata e democratica di nazionalita', una cittadinanza legata al
fatto di vivere tra diversi sullo stesso territorio. Sfortunatamente il
luogo Bosnia costituiva un ostacolo, per i geometrici piani delle sue
potenti vicine; un luogo da ingoiare, avendolo prima demonizzato e negato.
I bosniaci sono stati definiti, secondo i casi, in realta' serbi, o in
realta' croati (una parte per il tutto), o turchi (stranieri, nemici che
vanno annientati). Negare il nome di chi si vuole distruggere e' un antico
sistema.
Soltanto a stragi avvenute, a smembramenti compiuti, qualcuno nel mondo si
e' accorto del sistema di tolleranze e convivenze che caratterizzava la
Bosnia-Erzegovina, traendola fuori da quella nebbia indistinta e demode' che
il nome stesso di Sarajevo evocava, con i suoi echi primo Novecento. Troppo
tardi. Il demone del nazionalismo ha nel frattempo ingoiato cinquant'anni di
storia, nell'indifferenza, quando non nell'interesse dell'Europa.
Quell'Europa che ha continuamente bisogno di definirsi attraverso
l'esclusione dell'Est, spiega Rada Ivekovic nella Balcanizzazione della
ragione.
L'Est (ma potrebbe anche essere il Sud) e' l'altro da se', il nemico da
sacrificare per dare vita al nuovo mito delle origini; oppure da incorporare
assimilandolo, come e' avvenuto soprattutto nel caso della Slovenia e della
Croazia, la cui dipartita dalla Federazione avvenne nel segno e nel sogno
dell'Europa, o per meglio dire del mercato e del marco (l'euro ancora non
esisteva).
Come scrive Ivekovic, il nazionalismo dietro la cui arcaica mitologia si
possono trascinare interi paesi in una guerra insensata rappresenta in
realta' la costruzione piu' originaria di un ordine patriarcale e
universale, fondato ab ovo sull'esclusione del femminile.
Ma le differenze e le mescolanze sono dentro ognuno di noi, anche dentro
coloro che credono al ridicolo mito della purezza genetica, scientificamente
smentito da Luca Cavalli-Sforza nelle sue interessanti ricerche. Ripenso
alle identita' plurime di cui parlo' con tanta genialita' Alex Langer, qui
in Italia, lui che le viveva in prima persona (i molti livelli dell'io). E
andrei oltre, sempre con l'aiuto di Rada Ivekovic: identita' plurime e in
continua costruzione, identita' non permanenti. Un vasto campo di ricerca
che si apre alla riflessione di genere e che sarebbe bello poter affrontare
con la guida di teoriche e filosofe.
Non e' quindi mia intenzione, ora, entrare nel vivo di questa questione, che
merita ben altro approfondimento da parte di chi ha titoli per farlo. Mi
limito a osservare che certo e' giusto lottare per il diritto delle
minoranze a essere riconosciute e rispettate, per il diritto di tutte le
culture a sopravvivere, per il diritto delle lingue minacciate a non farsi
cancellare dai centralismi dominatori e arroganti, per il diritto di tutte e
di tutti a non farsi omologare dal pensiero unico e dal falso universalismo
delle banche, della Coca-Cola, dei McDonald's, delle catene di alberghi
uguali in ogni parte del mondo.
Come tanti altri anch'io ho lottato per questi diritti, ma non per farne
bandiere, confini, esclusioni. Esattamente per il contrario: per promuovere
la convivenza delle differenze che non hanno bisogno di frontiere, per il
fecondo dialogo con il diverso, per la difesa della biodiversita' in ogni
campo dell'esistente.
Nessuna tradizione, cultura o religione, tuttavia, puo' giustificare la
violenza, nessun dio puo' esigere la dominazione sulle donne, la loro
subordinazione familiare e sociale, le mutilazioni, le uccisioni, anche se
per lunga assuefazione le stesse vittime in molti casi hanno finito per
introiettare questi orrori come se realmente fossero dettami di qualche
legge divina. Qui non esiste differenza culturale da rispettare, ma abuso,
violenza e dominio da rifiutare.
D'altro canto, i massacri, le stragi e gli stupri che qualcuno ha definito
barbari o tribali, sentendosene estraneo da buon europeo civilizzato, escono
anche dalle pieghe nere del nostro passato. Ne possiamo riconoscere il
modello in tutte le guerre di religione della storia europea: la notte di
San Bartolomeo, il massacro degli Albigesi, l'Inquisizione, la caccia alle
streghe, i pogrom... Basta rileggersi Occidente misterioso, di Giorgio
Galli. E chiedersi se la caccia non sia per caso ancora aperta. Esistono
pericoli sempre ricorrenti. Le conquiste delle donne sono sempre in
pericolo.

5. APPELLI. ALEX ZANOTELLI: UN MESSAGGIO A LAMPEDUSA
[Dal quotidiano "Liberazione" del 10 settembre 2006 riprendiamo il seguente
messaggio di Alex Zanotelli ai partecipanti alla manifestazione svoltasi a
Lampedusa per l'abolizione dei Centri di permanenza temporanea (in sigla:
Cpt). Pur condividendo nella sostanza questo appello (alcune cui formule
peraltro ci sembrano subalterne e rinunciatarie, forse perche' scritto o
dettato frettolosamente), due obiezioni ci sembrano necessarie: la prima, e'
doveroso rilevare come la definizione di "lager" sia inaccettabile: i Cpt
sono immorali e criminali campi di concentramento, strutture abominevoli e
da abolire senza esitazioni, ma il termine "lager" evocando l'universo
concentrazionario nazista in tutta la sua estensione (compresi i campi di
sterminio) significa altra cosa, e si deve evitare di usarlo impropriamente
stante il rischio di banalizzare quell'orrore assoluto. La seconda: e'
doveroso rilevare anche che i Cpt non sono stati creati dalla infame legge
Bossi-Fini, ma dalla legge Turco-Napolitano del 1998 (era in carica il primo
governo Prodi; Livia Turco e' tuttora ministra e Giorgio Napolitano e' oggi
presidente della repubblica), intere parti della quale - palesemente
incostituzionali e criminogene - sono state pienamente confermate dalla
successiva Bossi-Fini. Dal nostro modesto punto di vista non sono
ammissibili ne' le reticenze ne' i collateralismi ne' le sudditanze nei
confronti di governi e governanti responsabili di politiche razziste e
assassine (p. s.). Alessandro Zanotelli (per contatti:
alex.zanotelli at peacelink.it), missionario comboniano, ha diretto per anni la
rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle
armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il
potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e'
tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri,
solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della
rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della
"rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza
nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa.
Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio
dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire,
Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo,
La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno
alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998;
La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi,
Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003;
(con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il
Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del
sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003; Korogocho, Feltrinelli, Milano
2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida
alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003]

Prima di tutto mi sembra importante la scelta di Lampedusa come luogo
emblematico di come accogliamo gli immigrati in Italia. Non possiamo
assistere passivamente alla morte di migliaia di immigrati in questo mare,
che e' diventato il mare della morte.
E' un crimine contro l'umanita'.
Per questo chiediamo al governo Prodi l'abolizione della legge Bossi-Fini
(una legge per me immorale) e il varo di una nuova e piu' umana legislazione
in materia.
Chiediamo con insistenza l'eliminazione di tutti i Cpt d'Italia (sono degli
autentici lager).
Chiediamo al governo Prodi di rivelare quanti Cpt siano stati costruiti in
Sicilia dal governo Berlusconi e a quanto ammontano le spese sostenute per i
viaggi di rimpatrio (deportazioni) degli immigrati ai loro paesi di origine.
Chiediamo con forza al governo Prodi il varo di una legge sui rifugiati
politici come prevede la nostra Costituzione.
Dobbiamo continuare a fare pressione sull'Unione Europea perche' sia meno
"fortezza" e piu' "casa dei popoli".
Chiediamo soprattutto al governo Prodi una seria politica estera verso
l'Africa. La situazione di questo continente e' talmente grave che, o si
comincia a capire che e' nostro interesse rimetterlo in piedi o i problemi
di quel continente ci coinvolgeranno tutti.
Questo appuntamento a Lampedusa e' importante proprio perche' e' luogo
simbolo della immensa sofferenza di nostri fratelli immigrati. E' un grido a
cui dobbiamo rispondere.
Ne va della nostra umanita'.

6. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: UN MUTO GRIDO DI ORRORE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori
di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da
sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Sappiamo che oggi l'urgenza, quando si parla di guerre e pace, e' il Medio
Oriente.
Sappiamo, non da oggi, che altre guerre con il loro unico ininterrotto
funerale, con la loro ferocia e illegalita', restano nel dimenticatoio.
Salvo avvenimenti particolarmente cruenti che, per qualche giorno o qualche
ora, conquistano le prime pagine.
Una di queste e' la guerra in Cecenia. La prima e' durata ventuno mesi, dal
dicembre 1994 all'agosto 1996. La seconda e' comincia nel 1999 e
praticamente e' ancora in corso.
Di questa guerra restano due episodi particolarmente angoscianti.
Il 23 ottobre 2002 i separatisti ceceni tengono in ostaggio per tre giorni
centinaia di spettatori nel teatro di Via Dubrovka, a Mosca. Un folto
commando composto da uomini e donne, imbottiti di esplosivo, chiede la fine
della guerra e il ritiro delle truppe dalla Cecenia, minacciando la strage.
Prima dell'irruzione delle forze speciali, dentro il teatro viene immesso un
gas tossico che dovrebbe paralizzare il commando: invece uccide 50 ceceni e
128 ostaggi. Quello che successe dietro le quinte e' rimasto un segreto che
le "donne-martiri" (le attentatrici omicide-suicide), che peraltro non si
fecero esplodere, portarono con se' all'altro mondo.
E' restata una ferita dell'umanita', e quell'odore di gas non siamo riusciti
a scrollarcelo di dosso. Perche', prima dell'invenzione della guerra
indefinita e infinita contro il terrorismo, l'idea di risolvere la faccenda
con il gas non avrebbe avuto l'alibi che contro il terrorismo ogni mezzo e'
lecito, e all'orrore straziato non si aggiungerebbe poi in noi l'atroce
percezione che anche sul versante dei governi tutto si avvicina e diventa un
precedente imitabile, e quello che e' accaduto a Mosca puo' accadere in un
altro punto del pianeta, e non c'e' agire di memoria o di diritto che possa
fermare la follia di un potere che si scopre vulnerabile e impotente.
L'altro episodio avviene ai primi dei settembre del 2004: un commando di
guerriglieri ceceni prende in ostaggio una scuola di Beslan, Ossezia
meridionale, con 1.200 persone fra cui 800 bambini. Anche in questo caso,
nessuna trattativa. I russi intervengono con le forze speciali. Il numero
delle vittime e' incerto: tra 300 e 500 i morti, tra cui moltissimi bambini,
e circa 700 i feriti.
"Ancora oggi un muto grido di orrore risuona dentro di me, e mi sembra
annullare non solo ogni speranza per il futuro ma anche il senso delle
scelte che in passato tanti (e un po' anch'io, con fatica e paura e
incoerente testardaggine) hanno fatto (e pagato) per cercare di riscattare
la Terra da certi orrori. Lo strazio di Beslan, catturato dalle idrovore
mass-mediatiche, mi ha reso lucidamente consapevole della definitiva eclisse
di una civilta' incapace di memorie e di sentimenti amorosi" (Ettore
Masina).
In mezzo a questi due avvenimenti, una dolorosa sequenza di attentati: Il 5
luglio 2003 a Mosca, doppio attentato kamikaze al concerto rock di Tusino,
16 morti e 38 feriti; il 9 dicembre, sempre del 2003, l'esplosione all'Hotel
National, a due passi dal Cremlino; il 5 febbraio 2004, l'attentato suicida
alla metropolitana di Mosca, oltre 50 morti e 130 feriti.
Protagonisti di tutti questi attentati sono, sostanzialmente, le donne; e
per un momento si accende un dibattito sui kamikaze (bombe-viventi) ceceni.
Il paragone immediato, superficiale, e' con i kamikaze palestinesi. Ma in
Cecenia muoiono solo donne; gli uomini non si fanno saltare in aria, danno
un valore troppo alto alle proprie vite. E' vero, esistono donne palestinesi
kamikaze che vanno a morire "per vendicare le sofferenze del loro popolo".
Ma non si e' mai vista una bomba-vivente incinta, preventivamente picchiata
e imbottita di droga.
La giornalista russa Julija Juzik ha condotto una capillare indagine su
questo doloroso fenomeno, divenuta poi un libro pubblicato anche in Italia
(Le fidanzate di Allah. Voci e destini delle kamikaze cecene,
Manifestolibri, Roma 2004). Documenta come la ragione che spinge le
attentatrici cecene a cercare la morte e' una tragedia personale o una vita
infelice. Raramente vanno a morire per fanatismo religioso o per il loro
popolo. Non si uccidono da sole, ma vengono fatte saltare in aria a
distanza. E' questa la caratteristica unica e tremenda: non sono loro a
uccidere, e' tramite loro che uccidono.
"Le rapiscono, le addestrano, le imbottiscono di esplosivo, le scortano sul
luogo prestabilito, le sguinzagliano tra la folla e, mentre la disgraziata
si confonde tra la gente cercando una via di scampo, la persona che l'ha
accompagnata sul posto compone il codice e la donna salta in aria dilaniata
in mille brandelli" (p. 151).
Resta la sofferenza di queste donne strumentalizzate dalla guerra che
richiede, anche per le palestinesi, un gesto politico d'amore per la pace.

7. MAESTRI. ALDO CAPITINI: NONMENZOGNA E NONUCCISIONE
[Da Aldo Capitini, Scritti filosofici e religiosi, Fondazione centro studi
Aldo Capitini, Perugia 1998, p. 32 (e' un frammento dal primo libro di Aldo
Capitini, Elementi di un'esperienza religiosa, Laterza, Bari 1937, 1947, poi
ripubblicato nella ristampa anastatica della seconda edizione dalla Nuova
Cappelli, Bologna 1990. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899,
antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore
di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E'
stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia.
Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di
Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini,
Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed
una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle
ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente
e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea
d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e
liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del
Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni
e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con
Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia
degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani)
Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione
di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito:
www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi
ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i
fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di
tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di
opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza,
Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi,
Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo
Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle
singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le
pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci,
Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini,
Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La
pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb,
Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi
dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi)
1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia
intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998,
2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico
de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta'
liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia
1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica
Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella,
Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo
pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005;
Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005;
cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali
nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della
critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi
utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione
nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel
sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su
Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini:
capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o
anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it]

Con la persuasione religiosa approfondisco la consapevolezza che l'altro e'
un individuo esistente, pensante. Il proposito di non mentirgli mai,
rinnovato ad ogni istante, vince continuamente l'essere separati, quella
separazione che non e' la differenza spirituale che ha pur sempre una base
di unita', ma la separazione materiale, di cosa vicino a cosa. Io potro'
propormi fini alti quanto si voglia; ma l'altro non lo avvicino in modo
assoluto a me, e resta fuori finche' penso di mentirgli. Cosi' e' per la sua
esistenza: il proposito di non ucciderlo, rinnovato ad ogni istante, rende
l'altro vicino a me, si' che la sua esistenza non e' un fatto meccanico, per
suo conto, ma e' unita all'intimo mio, proprio attualmente con amore. Io non
ho in me soltanto l'idea dell'altro, ma la sua esistenza stessa. E
quell'intimita' che ho tra me e me, la moltiplico cosi' per tutti. Solo
cosi' impianto un vero amore. "Perche' dici che mi ami, se l'animo tuo non
e' con me?" e' detto nella Bibbia ad uno che mentisce. Nonmenzogna e
nonuccisione attuano un'unita' dalla radice, un'unita' concreta che non
lascia nulla fuori di se'.

8. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: MINE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 settembre 2006. Marinella Correggia e'
una giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace,
dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza. Tra le sue
pubblicazioni: Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, Milano
2000, 2002]

Oltre ad amputare arti e mietere vite avvelenano interi territori,
rendendoli non accessibili alle attivita' agricole. Sono le mine
antipersona, tuttora disseminate e tragicamente attive in moltissimi paesi;
il quadro attuale della loro presenza ma anche degli impegni di sminamento,
trascorsi nove anni dalla firma del Trattato di Ottawa per la messa al bando
della produzione, dell'uso, dello stoccaggio e del trasferimento delle mine,
saranno presentati nel rapporto di prossima pubblicazione "Landmine Monitor
Report 2006", a cura della Campagna internazionale per la messa al bando
delle mine-Icbl (vincitrice del Premio Nobel per la pace 1997) e delle 90
campagne nazionali, le quali tutte insieme hanno fatto un movimento
mondiale - a partire circa dal 1992 - capace di porre al centro
dell'attenzione e del biasimo un problema nascosto, ottenendo un trattato
internazionale e riuscendo anche a stimolare esperienze di riconversione di
industrie militari (ad esempio in Italia, gia' grande produttrice di queste
armi particolarmente oscene).
*
Ma la battaglia continua. Anche per la campagna Usa. Il Pentagono, infatti,
sembrerebbe intenzionato a sviluppare e produrre entro i prossimi anni la
nuova versione delle "armi attivate dalle vittime", cioe' ad attivazione non
intenzionale, per cosi' dire passiva, da parte di contadini, pastori,
bambini... Si comporto' male, a suo tempo, Bill Clinton: invece di firmare
il Trattato di Ottawa, l'allora presidente ordino' di iniziare presso il
Pentagono un programma di ricerca e sviluppo per identificare possibili
alternative alle mine antipersona cosi' da "poter fare a meno prima
possibile" di queste ultime. Le alternative dovevano essere in grado di
"discriminare" (fra target e civili e militari). Dopo dieci anni di ricerca,
le nuove armi saranno presto in grado di entrare in produzione. Ma sembrano
proprio simili alle mine convenzionali, sostiene la Campagna antimine
statunitense che riunisce 500 associazioni ed e' coordinata dai pacifisti
quaccheri: "Temiamo oltretutto che la ripresa della produzione di armi
attivate dalle vittime da parte degli Stati Uniti possa fornire una buona
scusa ad altre nazioni per continuare a usare mine indiscriminate" ha detto
Joe Volk, segretario esecutivo del Friends Committee, i quaccheri appunto;
"Se l'esercito piu' potente e avanzato del mondo continua a sostenere di
aver bisogno di queste armi, perche' non dovrebbero fare lo stesso gli
altri?". E Scott Stedjan, coordinatore della Campagna, chiede al Congresso
di "far si' che il Pentagono non spenda centinaia di milioni di dollari per
nuove armi che non sono capaci di distinguere fra lo stivale di un soldato e
il piede di un bambino".
Qualcuno al Congresso risponde: un gruppo di senatori ha presentato il
Victim-Activated Landmine Abolition Act; una proposta di legge che se fosse
approvata proibirebbe in ogni circostanza le mine e le altre armi ad
attivazione da parte delle vittime, assicurando invece che tutte le nuove
munizioni americane possano essere fatte detonare solo in risposta a un atto
intenzionale. Sono 150 i paesi ad aver messo al bando le mine antipersona.
Gli Stati Uniti devono invece ancora firmare il trattato di Ottawa, anche se
ne hanno accettate molte parti e non hanno usato mine antipersona attivate
dalle vittime a partire dalla guerra del Golfo del 1991 (ma poche settimane
fa cinque bambini iracheni sono stati uccisi dallo scoppio di uno di quegli
"antichi" ordigni), non esportano mine dal 1992 e non producono alcun tipo
di mine dal 1997.
*
Intanto, alcune buone notizie: in Myanmar (Birmania), il Chin National Front
(Cnf), membro di un'alleanza antigovernativa chiamata National Democratic
Front of Burma (Ndf) ha annunciato che non usera' piu' mine nella sua lotta
armata. Il Landmine Monitor del 2004 ha riferito che nei cinque anni
precedenti Mynamar e' stata uno degli unici due paesi in cui l'uso delle
mine e' stato costante e ha identificato fra gli altri il Chin National Army
(Cna), braccio armato del Cnf, come utilizzatore e anche produttore di mine
antipersona, malgrado il cessate il fuoco nazionale in vigore da sette anni.
L'atto formale e' stata la firma del cosiddetto "signed Geneva Call's Deed
of Commitment" (DoC), destinato alle aggregazioni non statali. La firma
impegna non solo a non piazzare altri ordigni ma anche a distruggere i
depositi e a cooperare nello sminamento delle aree contaminate. E
quest'estate la Kuki National Organization (Kno) ha dichiarato di non aver
usato e di non voler usare mine antipersona in India, per ragioni etiche. E'
stata preceduta da un'altra organizzazione combattente, il National
Socialist Council of Nagaland, in India, spesso sul fronte opposto rispetto
alla Kno.

9. MONDO. MARINA FORTI: IL REGIME IRANIANO CHIUDE IL QUOTIDIANO "SHARGH"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 settembre 2006. Marina Forti,
giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti
umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano
"Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia
globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per
sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di
Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel
Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004]

Una delle poche voci indipendenti della stampa iraniana e' di nuovo zittita.
Il Consiglio per il controllo della stampa presso il Ministero della cultura
ha ordinato ieri la chiusura di "Shargh" ("Oriente"), il piu' noto e diffuso
quotidiano vicino all'opposizione riformista pubblicato a Teheran. Il
direttore responsabile Mehdi Rahmanian ha dichiarato che fara' appello, ma
tra i giornalisti e collaboratori della testata pochi credono che il
giornale possa tornare in edicola in tempi brevi - o forse mai. E tutti lo
prendono come un ammonimento rivolto a tutte le voci dissenzienti verso
l'attuale governo iraniano.
Il comunicato del Consiglio per il controllo della stampa afferma che i
responsabili di "Shargh" erano stati avvisati. In effetti in agosto il
Consiglio aveva emesso un ultimatum: "A causa di 70 casi di violazioni, tra
cui insulti a dirigenti dello stato e figure religiose e nazionali, la
pubblicazione di articoli blasfemi e di articoli atti a creare discordia",
il Consiglio aveva ordinato al giornale di sostituire il direttore
responsabile entro un mese. L'ultimatum scadeva appunto ieri. Rahmanian nega
di aver contravvenuto all'ordine: proprio domenica aveva chiesto una proroga
di due mesi per trovare un successore a se stesso. Nel suo comunicato, il
Consiglio dei censori se la prende anche con una vignetta pubblicata
giovedi' scorso dal quotidiano, in cui si vede una scacchiera ai cui lati si
guardano un cavallo e un asinello con un alone di luce attorno alla testa.
Un riferimento derisorio al presidente della repubblica? Pare che l'anno
scorso Mahmoud Ahmadi-Nejad abbia detto ai suoi collaboratori che durante il
suo discorso all'Assemblea generale dell'Onu a New York si era sentito
circondato da un alone di luce divina; la notizia era ampiamente circolata
sui blog iraniani anche se fonti ufficiali l'hanno smentita.
Forse la vignetta e' stata la goccia finale agli occhi del Comitato dei
censori, ma la chiusura di "Shargh" fa parte di un attacco a ogni voce
critica in Iran. La stampa e' da sempre terreno di scontro politico - fin da
quando le testate indipendenti erano fiorite con la presidente dal
riformista Mohammad Khatami e la magistratura, controllata dai settori piu'
conservatori dello stato, si era accanita: dal 1999-2000 almeno un centinaio
di giornali sono stati chiusi, decine di giornalisti arrestati, anche se
nuove testate sono state aperte in un braccio di ferro continuo. I censori
hanno poi preso di mira i notiziari online e perseguito i "giornalisti
internet". Da quando poi si e' insediato il governo di Ahmadi-Nejad, i
direttori sono stati convocati regolarmente per sentirsi dire quali
argomenti trattare e come; inutile dire che su questioni come il nucleare
non sono ammesse voci discordanti. Proprio ieri il giornale online "Rooz"
(notizie e commenti sia dall'Iran che dalla diaspora democratica) riferiva
che il Ministero della cultura ha emanato una nuova direttiva in cui si
elencano le fonti "affidabili e valide" a cui la stampa dovra' attenersi,
cioe' le sole agenzie di stampa governative: in sostanza fa divieto di
citare qualunque fonte indipendente.
"Shargh" restava come una voce relativamente aperta, l'unica dove si trovano
commenti critici sui fatti della vita nazionale (benche' sempre un po' tra
le righe). Il direttore Mohammad Ghouchani e il caporedattore politico
Mohammad Atrianfar sono noti intellettuali d'opposizione.
La pubblicazione era il risultato di una sorta di contrattazione politica:
"Shargh" (che secondo notizie difficili da confermare era sostenuto da
imprenditori vicini al "pragmatico" ex presidente Hashemi Rafsanjani) era
stato chiuso dalla magistratura il 18 febbraio 2004, due giorni prima delle
elezioni legislative, per aver pubblicato il testo di una dura lettera alla
Guida suprema, l'ayatollah Khamenei, letta in parlamento dai deputati
ribelli che criticavano il Consiglio dei guardiani per aver escluso i
candidati riformisti. Quella volta il direttore Rahmanian era andato a
incontrare il procuratore generale di Teheran (ed ex capo del tribunale per
la stampa) Saeed Mortazavi, aveva accettato di fare tante scuse per aver
pubblicato quel testo "offensivo", e il giornale era stato autorizzato a
tornare in edicola. Ovvero, i giornalisti di "Shargh" avevano deciso che un
giornale con qualche autocensura era pur sempre meglio che nessun giornale.
Questa volta sembra che anche lo spazio di contrattazione politica
dell'autocensura sia finito.

10. MAESTRI. MOHANDAS K. GANDHI: DEMOCRAZIA E NONVIOLENZA
[Da Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino
1973, 1996, p. 140 (e' un frammento da un testo apparso su "Harijan" del 18
maggio 1940). Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e
profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della
nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio
d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di
convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra,
avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro
la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della
nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito
del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico.
Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la
teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione
economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il
30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di
quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e
che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti
discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione,
della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un organizzatore, un
giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una
natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua
riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede
significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In
italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza,
Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e
autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la
liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton;
Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura
della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e
fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi
sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di
frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da
Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio
pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato
l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi
ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali
della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono
stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi
massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda
il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza
civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi:
tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente
accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro
di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung,
Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente
detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il
Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il
Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il
Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e'
quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia
cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti
nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente
utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L.
Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti
Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci,
Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di
Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti
pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero
nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark
Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini,
L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con
la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini)
2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi
in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006]

La democrazia, finche' e' sostenuta dalla violenza, non puo' fare
l'interesse dei deboli o proteggerli. La mia concezione della democrazia e'
che sotto di essa il piu' debole deve avere le stesse possibilita' del piu'
forte. Questo puo' avvenire soltanto attraverso la nonviolenza.

11. RILETTURE. ELENA CROCE: IL CONGEDO DEL ROMANZO
Elena Croce, Il congedo del romanzo, Mondadori, Milano 1982, pp. 144, lire
16.000. Leggere Elena Croce e' sempre una delizia, e un nutrimento.

12. RILETTURE. ROBIN MORGAN: SESSUALITA', VIOLENZA E TERRORISMO
Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo, La Tartaruga, Milano 1998,
2003, pp. 250, euro 14,40. Un libro la cui lettura - vorremmo dire: la cui
meditazione - vivamente raccomandiamo.

13. RILETTURE. ADRIENNE RICH: NATO DI DONNA
Adrienne Rich, Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 1996, 2000, pp. 422,
euro 11,36. Un classico la cui lettura e' indispensabile.

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1418 del 14 settembre 2006

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