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Nonviolenza. Femminile plurale. 81
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 81
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 14 Sep 2006 14:28:55 +0200
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 81 del 14 settembre 2006 In questo numero: 1. Simone Weil: Con i cannoni... 2. Casa delle donne maltrattate di Milano: Un nuovo servizio 3. Franca Fossati: Hina, Kaur 4. Bianca M. Pomeranzi: Il patto patriarcale 5. Sarah Simpson: Domestiche o schiave? 6. Ad Haiti una manifestazione delle vittime di violenza sessuale 7. Marina Forti: In Pakistan 8. Alessandra Mecozzi: Un altro Medio Oriente e' possibile 9. Un editoriale di "Leggendaria" 10. Susan Sontag: Una forma di nutrimento 11. Roberto Danese ricorda Lidia Storoni Mazzolani 1. MAESTRE. SIMONE WEIL: CON I CANNONI... [Da Simone Weil, Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale, Adelphi, Milano 1983, 1984, pp. 123-124. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Con i cannoni, gli aerei, le bombe, si puo' seminare la morte, il terrore, l'oppressione, ma non la vita e la liberta'. 2. INIZIATIVE. CASA DELLE DONNE MALTRATTATE DI MILANO: UN NUOVO SERVIZIO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente comunicato della Casa delle donne maltrattate di Milano] Parte un nuovo servizio alla casa delle donne maltrattate di Milano. L'associazione Casa delle donne maltrattate di Milano apre le porte a tutte le donne che si sentono a rischio ogni giovedi' a partire da giovedi' 14 settembre, dalle 15 alle 17, presso la sede dell'associazione in via Piacenza 14 a Milano, per fornire il nuovo servizio gratuito per "insegnare a valutare le situzioni di richio" al fine di prevenire la violenza sessuale e gli omicidi delle donne in famiglia e fuori. * La Lombardia ha purtroppo un triste primato: e' la regione italiana in cui e' piu' elevato il numero di donne uccise in famiglia. Nel quinquennio 2000-2005 in Italia sono avvenuti 495 omicidi all'interno della coppia. Nell'88,6% dei casi si tratta di uomini che hanno ucciso la propria partner o ex partner. In Lombardia in quel quinquennio sono state uccise 74 donne. Per non parlare poi dei recentissimi episodi di violenza verificatisi proprio a Milano. Nell'osservatorio quotidiano della Casa delle donne maltrattate, in cui le donne raccontano le loro esperienze, appare chiaro che la violenza forse e' aumentata o forse e' piu' pubblicizzata, ma sicuramente ha cambiato modalita': e' piu' feroce, piu' estrema, piu' "cattiva". Alla luce di questi dati sempre piu' allarmanti, l'associazione Casa delle donne maltrattate, che dal 1986 si occupa di maltrattamenti in famiglia e di violenza sulle donne, ha preso una decisione: aprire la propria sede, una volta alla settimana, alle donne che si sentono in pericolo ed "insegnare loro a valutare le situazioni di rischio" per difendersi e sottrarsi per tempo a questo pericolo di morte. Non sara' risolutivo, ma e' sicuramente un primo passo concreto. * Per informazioni e contatti: Casa delle donne maltrattate, via Piacenza 14, 20135 Milano, tel. 0255015519, fax: 0255019609, e-mail: cadmmi at tin.it, sito: www.cadmi.org 3. RIFLESSIONE. FRANCA FOSSATI: HINA, KAUR [Dal sito www.donnealtri.it riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "Europa" del 6 settembre 2006. Franca Fossati, intellettuale e giornalista, dal 1987 al 1993 e' stata direttrice di "Noi donne"] Allo stupro omofobico e/o fascista (vedi Viareggio), al piu' comune e nascosto stupro familiare, allo stupro discotecaro e a quello turistico se ne e' aggiunto un altro, definito etnico perche' compiuto da immigrati. Solo quest'ultimo sta facendo discutere ed e' diventato "questione politica e istituzionale" (Lea Melandri, "Liberazione", 5 settembre 2006). Tutti i salmi finiscono nello scontro di civilta'. Per non parlare delle uccisioni, delle botte, delle segregazioni. Ieri l'assassinio di Hina che voleva vivere come un'occidentale; oggi il suicidio di Kaur che non voleva tornare in India dall'anziano marito imposto dalla famiglia e soprattutto non voleva che ci tornassero i suoi figli. Solo pochi mesi fa avevamo scritto su questo giornale ["Europa" - ndr] dell'orribile strage, tutta italiana e occidentale, di mogli e fidanzate e figli da parte di mariti e fidanzati abbandonati. Poco dibattito allora, il boia domestico non fa notizia. Tranne le solite femministe d'antan. Ancora una volta ci siamo esibite nelle solite riflessioni politicamente corrette. Anche oggi con gli stupri sono state richiamate le "riserviste": come commentate le affermazioni del prefetto di Milano (e di Roma) che dice che le ragazze sono imprudenti (Mariolina Iossa, "Corriere della sera", 4 settembre 2006)? Come mai non siete scese in piazza? Come "rispondete al fatto che gli uomini continuano a tradurre il sesso in una malattia rabbiosa e crudele" (Letizia Paolozzi, www.donnealtri.it)? C'e' da essere scoraggiate: succede piu' o meno come trent'anni fa e se ne parla piu' o meno come trent'anni fa. C'e' chi si consola dicendo: ma oggi si denuncia di piu'; ma, almeno qui da noi, c'e' piu' riprovazione sociale; lo stupro e' violenza contro la persona, lo dice la legge. E poi i taxi rosa (ma chi ha qualche lustro in piu' si ricorda "riprendiamoci la notte"?) e i negozi aperti, gli incroci illuminati. Ben vengano, finalmente. C'e' sempre chi dice che le pene devono essere piu' severe. E chi ribatte che non e' con le leggi che si risolve il problema, che il mito della sicurezza "e' una trappola" (Angela Azzaro, "Liberazione", primo settembre 2006). E chi controreplica: la sicurezza e' liberta', come negarlo (Dorina Bianchi, "Europa", 2 settembre 2006)? Negli anni Settanta almeno eravamo riuscite a riportare lo stupro "al grado zero: un uomo stupra una donna" (Maria Serena Palieri, "L'Unita'", 3 settembre 2006), oggi ci sono aggravanti politicamente sensibili. Ed e' indubbia la contraddizione e il conflitto tra culture e tradizioni, non solo religiose, che legittimano la violenza contro le donne e negano al sesso femminile la liberta' di scelta e societa' come le nostre che le donne hanno gia' in parte trasformato iscrivendo, a fatica (quanta fatica!), la liberta' femminile nelle leggi e nel costume. Ma possiamo parlarne come se fossimo in un mondo di innocenti invasi dai barbari? Chi e' innocente, chi? Perche', una volta tanto, non siete scesi in piazza voi uomini? Perche' non avete gridato ai vostri fratelli di sesso, musulmani, cristiani, atei, coatti qualunque, che e' ora di smetterla, che c'e' un altro modo di essere maschi? Come mai i vescovi e il papa non tuonano dai pulpiti, non minacciano scomuniche e inferni? Rispondete, su rispondete. Ce l'avete un altro modello in testa e sotto la cintura? Ne avete parlato ai vostri figli? Avete mostrato in casa e in famiglia come vanno rispettate le mogli, le madri, le figlie? Lo avete spiegato ai vostri compagni di lavoro stranieri che il corpo dell'altra e' inviolabile, senza il suo consenso? Vi siete mai mostrati orgogliosi con gli altri, con "i barbari", della liberta' che le vostre donne si sono conquistate anche contro di voi? In realta' e' piu' facile parlare di leggi e di codici; fare la predica alle femministe o, peggio, rimpiangere quei "valori" patriarcali che gli altri, gli stranieri, incarnano con tanto crudele rigore. Come in "uno specchio deformante e inquietante" (Alberto Leiss su www.donnealtri.it). So bene che un'invettiva anti-maschi serve solo come training contro la depressione. E so anche che noi donne del "mondo libero" non ci possiamo del tutto chiamare fuori. Innanzitutto come madri di figli maschi. E come mogli complici, sorelle accondiscendenti, acide rivali delle altre. E soprattutto, nel discorso pubblico, dobbiamo decidere se stiamo dalla parte di Hina o della sua comunita' che in qualche modo ha giustificato il padre assassino. Se onoriamo Kaur o la sua famiglia indiana che l'ha portata al suicidio. Se ci sentiamo abbastanza forti da offrire, senza complessi e falsa coscienza, una sponda pratica e simbolica alle donne che vogliono liberarsi dalla segregazione e dalla violenza. Ce lo aveva gia' chiesto chiaramente Ayan Hirsi Ali nel suo libro Non sottomessa. Vale la pena di rileggerlo. 4. RIFLESSIONE. BIANCA M. POMERANZI: IL PATTO PATRIARCALE [Dal quotidiano "Liberazione" dell'8 settembre 2006. Bianca M. Pomeranzi, intellettuale femminista, esperta di cooperazione allo sviluppo, opera presso il Ministero degli affari esteri] Il dibattito sulla violenza nei confronti delle donne sta coinvolgendo progressivamente il tema della convivenza tra le diverse comunita' etniche, sempre piu' visibili nel nostro paese. Anzi, sembra quasi che nel caso della violenza sessuale alle italiane come nella violenza di genere contro le migranti sia sempre in gioco l'"altro patriarcato", quello che viene dal Sud del mondo e riduce le donne a soggetti totalmente vulnerabili. Recentemente, anche autrici serie, come Elisabetta Rasy sul "Corriere della sera", non hanno perso occasione di denigrare il "multiculturalismo femminista" che non osa prendere parola sulla mancanza di liberta' delle straniere migranti. Su questo, concordo con quanto ha scritto Monica Lanfranco proprio su questo giornale, citando le voci delle donne migranti in altri paesi occidentali con una storia molto piu' lunga del nostro in materia, che da tempo hanno svelato come un certo tipo di multiculturalismo sia spesso un "contratto tra patriarcati", che rimuove e allontana il conflitto di sesso. Prendere posizione su un tema cosi' complesso comunque non e' semplice e richiede un "salto epistemologico" che solo alcune pratiche politiche stanno iniziando a compiere. D'altronde, l'incapacita' e' diffusa nella cultura politica italiana corrente, particolarmente arretrata anche a causa dell'imbarbarimento culturale subito nel quinquennio berlusconiano. Di questo imbarbarimento fa parte un uso improprio della retorica sulle donne migranti "vittime", lanciato dalle rappresentanti istituzionali del governo di destra che avevano fatto della "tutela delle donne" un'arma per criminalizzare le culture dell'immigrazione. E' proprio di questo atteggiamento che il movimento delle donne vorrebbe velocemente sbarazzarsi, senza chiudere gli occhi, ovviamente, di fronte al patto patriarcale che trasforma il dialogo tra civilta' in un cupo silenzio sulle condizioni materiali di vita delle donne. I casi recenti e clamorosi di Hina e di Kaur non possono passare in secondo piano, non possono non essere chiamati per quello che sono: violenze di genere. In un caso, quello di Hina, la nostra legislazione e' sufficiente a punire, ma non a prevenire, nell'altro semplicemente e' totalmente inefficace. Perche' come ben sanno anche le donne italiane, non ci sono strumenti per resistere alle pressioni patriarcali all'interno della famiglia, se non la presa di coscienza, la presa di parola, e la ribellione. Occorre dunque riflettere su cosa si puo' fare per intervenire efficacemente. Su questo le pratiche avviate dalle donne, spesso a livello locale, hanno dimostrato che accanto alle campagne di informazione e di denuncia, vanno costruite strategie di intervento concrete in cui il ruolo del pubblico, locale o nazionale, e' quello di sostenere iniziative che valorizzino l'autonomia delle donne migranti anche rispetto alle loro comunita'. Si tratta di una strategia semplice, ma complessa nella sua realizzazione, poiche' richiede l'attenzione a una "pratica delle relazioni" che anche una grande parte della politica, schiacciata solo sulla decisionalita' istituzionale, non e' in grado di comprendere in tutta la sua importanza. La situazione e' resa piu' difficile dal fatto che neanche le associazioni di rappresentanza delle differenti comunita' migranti hanno interesse a spezzare il patto patriarcale che sta alla base di un multiculturalismo omertoso sul conflitto tra i sessi (quindi di facciata). L'azione delle "native" - per tornare al titolo di un convegno femminista sull'emigrazione organizzato a Torino piu' di dieci anni fa - dovrebbe essere quella di mettere in luce l'insostenibilita' di quel "patto patriarcale" per tutte le donne che vivono in questo paese. Mi auguro che gli sciagurati episodi di violenza - verso le italiane e verso le straniere - rimangano tutti, senza distinzione, al centro dell'attenzione mediatica: per fare in modo che il dibattito, aperto tra intellettuali, giornaliste/i, rappresentanti istituzionali e attiviste, non si chiuda relegandoli di nuovo in episodi di cronaca locale. Il giusto scandalo per questi massacri non puo' tuttavia tradursi in una sbrigativa condanna delle culture "altre", e deve far riflettere sulle conseguenze della globalizzazione sfrenata che non ha mai tenuto in conto la sostenibilita' umana del modello di sviluppo neoliberale. Fare fronte a questi fenomeni costringe adesso uomini e donne, politica istituzionale e movimenti, a radicali mutamenti di visione e di pratica politica. In questo senso anche la cooperazione verso i paesi del Sud del mondo puo' servire a comprendere e a intervenire in modo appropriato e va mantenuta costantemente "in tensione" con quello che accade all'interno del nostro paese. Cercare di affrontare il problema delle violenze di sesso e di genere in questo nuovo contesto globale impone di mettere in luce l'esperienza delle donne, native e migranti, nel Nord come nel Sud del mondo, per smascherare le connivenze e le gerarchie tra patriarcati. Solo cosi' avremo una possibilita' di superare la concezione liberale del multiculturalismo: attraverso una politica delle relazioni e della conoscenza, capace di fornire le basi per una convivenza tra diversi che non offenda i corpi e i desideri di nessuna. 5. MONDO. SARAH SIMPSON: DOMESTICHE O SCHIAVE? [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Sarah Simpson apparso su "Irin News" il 12 settembre 2006. Sarah Simpson scrive sull'agenzia informativa umanitaria "Irin news". Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] Lagos, Nigeria. I trafficanti di esseri umani fanno buoni affari qui. Prendono ragazzine semianalfabete dai villaggi nigeriani e le portano a lavorare come domestiche nel contesto urbano in espansione di Lagos. Ma le ragazze, alcune delle quali non hanno piu' di cinque anni, vengono retribuite poco o nulla. Tonia Ayo-Ola, diciannovenne, lavora in questo modo da tre mesi, senza un solo giorno di pausa. Ogni mattina si alza alle 6 per preparare la colazione al suo "padrone". Non srotola il materasso per dormire sul pavimento sino a che l'ultima persona in casa non e' andata a letto, spesso ben dopo mezzanotte. "Non ho amici. Non esco mai e non c'e' nessuno che mi cerca. Non sono felice. Qui non sono malvagi con me, ma non e' come stare con la mia famiglia, non sono libera", dice Tonia. Tonia non e' mai stata pagata per il suo lavoro, sebbene sappia che l'intermediario ha offerto una somma imprecisata di denaro alla sua famiglia per la fine dell'anno, periodo in cui spera di tornare a casa. "Se le ragazze ricevono dei soldi, e' solo dopo che i trafficanti se ne sono presi la maggior parte per i 'costi di viaggio' e la 'commissione'", dice Justina Onifade dell'Unicef. In tutta l'Africa occidentale, milioni di ragazze come Tonia (e meno spesso anche ragazzi) sono di fatto vendute in schiavitu' come domestiche. Abusi sessuali e fisici su di loro sono comuni. Molte vengono tenute sotto chiave, e non hanno contatti al di fuori dei loro datori di lavoro: se hanno bisogno d'aiuto non sanno a chi rivolgersi. Una volta che sono lontane dalle loro famiglie, le ragazze sono in completa balia dei trafficanti, che a volte continuano a spostarle di casa in casa, intascandosi i loro profitti. Per Tonia Ayo-Ola la vicenda e' cominciata con l'arrivo dei trafficanti nel suo villaggio a nord di Lagos. Le hanno detto che potevano trovarle lavoro presso una facoltosa famiglia cittadina. L'accordo e' stato stipulato con il fratello di lei, e senza quasi rendersene conto Tonia si e' trovata in viaggio per andare a lavorare presso sconosciuti. "Affrontare il problema del traffico interno e' solo il primo passo", dice Orakuwe Grinze dell'agenzia governativa nigeriana per la proibizione del traffico di persone, in sigla Naptip; "Il traffico interno e' ingrediente per il traffico internazionale, perche' una volta che le ragazze sono state portate via dalle loro famiglie puo' accadere di tutto". Il traffico di fanciulle e fanciulli e' uno dei crimini organizzati in crescita, secondo l'Unicef, e si stima che faccia 1,2 milioni di vittime ogni anno. Il governo nigeriano ha varato una legge che rende illegale impiegare lavoratori sotto i 18 anni d'eta' in case che non siano di familiari. Ma i lavoratori sono cosi' a buon mercato che l'aiuto domestico e' la norma, e ben pochi nigeriani sanno che esiste questa legge. I funzionari del Naptip dicono che e' una continua lotta contro la poverta', in un paese in cui il 70% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. "La poverto' puo' farti agire a livello animale, farti guardare ai tuoi figli come a qualcosa che puoi vendere, ma in effetti neppure gli animali fanno questo", dice Grinze. L'agenzia Naptip sta lavorando con l'Unicef per riunire le domestiche trafficate alle loro famiglie. Onifade dell'Unicef spiega che in molti casi e' complicato, perche' le bambine piu' piccole non sanno o non ricordano il nome del loro padre, o del luogo da cui vengono. Riguardo alle altre, l'Unicef sta lavorando con il governo per fornire loro istruzione e formazione. Al Centro sorto all'uopo ad Agege giovani donne, ragazze e due giovani uomini possono scegliere classi di formazione come parrucchiere, disegnatrici di moda e persino allevatrici di lumache giganti (uno dei piatti favoriti della Nigeria del sud). E' probabile pero' che questo programma gratuito non raggiungera' mai le ragazze piu' vulnerabili. "Grazie a questi Centri le ragazze riescono ad uscire dalle case in cui lavorano. Vengono qui e conoscono i propri diritti, condividono le esperienze, ricevono sostegno", spiga Onifade, "e questa e' l'esatta ragione per cui i loro padroni non vogliono mandarcele". 6. MONDO. AD HAITI UNA MANIFESTAZIONE DELLE VITTIME DI VIOLENZA SESSUALE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo apparso sull'"International Herald Tribune"] Port-Au-Prince, Haiti. Indossando abiti bianchi e maschere nere, centocinquanta donne che hanno subito stupri hanno sfilato attraverso la capitale venerdi' primo settembre per chiedere giustizia e fine delle discriminazioni contro di loro. Il canto "Non abbandoneremo la lotta" e' stato intonato dalle dimostranti, tra cui ragazzine e donne anziane, mentre camminavano lentamente verso il National Palace. E' la prima manifestazione da anni, ad Haiti, ad essere tenuta per richiamare l'attenzione sulla violenza sessuale, che e' raramente perseguita nel paese e mette un marchio sulle vittime. "Quando sei stata stuprata ti senti come se non fossi piu' umana, perche' quelli vicini a te con te non vogliono aver nulla a che fare", ha detto Elisena Nicola, trentottenne madre di cinque figli. Elisena ha raccontato come uomini appartenenti ad un gruppo paramilitare sfondarono la porta della sua casa a Port-Au-Prince e la violarono prima di uccidere suo marito. Subi' la stessa violenza di nuovo nel 2004, durante il periodo convulso che segui' la caduta del presidente Jean-Bertrand Aristide. "Vogliamo che il governo ci sostenga", ha spiegato Elisena, "E che porti i colpevoli davanti a un tribunale". La ministra haitiana per gli affari delle donne, Marie Laurence Jocelyn Lassegue, dice che il suo ufficio sta tentando di raccogliere fondi per iniziative che proteggano le donne delle violenza, ed aiutino le vittime degli stupri. "In questo momento le donne che subiscono violenza sessuale non hanno alcun posto dove andare per ricevere aiuto". La ministra ha incontrato le dimostranti che si erano radunate fuori dal suo ufficio. La protesta era stata organizzata dalla Commissione delle donne che fu fondata dalle vittime degli stupri avvenuti durante il regime militare degli anni 1991-1994 e fornisce assistenza sanitaria e consulenza legale. Sotto il regime, soldati regolari e il gruppo paramilitare del "Fronte per l'avanzamento ed il progresso di Haiti" (Fraph) diedero luogo ad una campagna di stupro sistematico, tortura e omicidi per punire i supposti sostenitori di Aristide. In un'udienza di un procedimento giudiziario tenutasi a New York questa settimana, una donna ha testimoniato di aver subito uno stupro di gruppo da parte di seguaci del temuto ex leader del Fraph, Emmanuel "Toto" Constant. L'udienza si teneva per decidere se Constant e' da ritenersi responsabile per i danni subiti da tre donne querelanti. L'uomo e' in prigione a Long Island per frode e illeciti finanziari e non era presente all'udienza. Il Dipartimento di stato Usa nel 1996 permise a Constant di evitare l'estradizione ad Haiti e di vivere libero negli Stati Uniti nonostante avesse guidato la campagna di terrore del Fraph. Constant dichiara che, a quel tempo, lui lavorava per la Cia. I funzionari haitiani sospettano che sappia troppo delle attivita' della Cia ad Haiti perche' gli Usa permettano l'estradizione, nonostante l'agenzia ovviamente neghi di aver avuto un qualsiasi ruolo nelle azioni antidemocratiche compiute nel paese. Anne Sosin, direttrice del gruppo di attivisti per i diritti denominato "Haiti Rights Vision", con sede a Por-Au-Prince, dice che lo stupro e' fin troppo comune nell'impoverita nazione caraibica, specialmente negli slum densamente popolati e controllati da gang in guerra fra loro. "La paura di essere ignorate o non prese sul serio dalla polizia tiene molte donne lontane dal cercare aiuto", dice Anne Sosin, "d'altronde ne' gli stupratori ne' i loro fiancheggiatori vengono inquisiti". 7. MONDO. MARINA FORTI: IN PAKISTAN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 settembre 2006. Marina Forti, giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004] Il governo pakistano e' sceso a patti, ancora una volta, con la coalizione dei partiti religiosi: oggetto del compromesso e' la riforma delle leggi che trattano di violenza sessuale e di adulterio - in altre parole, oggetto del compromesso sono i diritti delle donne. Lunedi' infatti il governo ha deciso di accogliere le obiezioni avanzate dai partiti religiosi alla sua proposta di legge di riforma delle Ordinanze Hudood, il complesso di leggi ispirate alla shari'a (la legge coranica) sulla morale e lo statuto personale delle donne, emanate nel 1979 dall'allora dittatore generale Zia ul-Haq. Di tutte le leggi islamizzanti emanate allora, solo quelle che toccano la vita delle donne hanno avuto un vero impatto giuridico: come quelle Ordinanze che prescrivono tra l'altro la galera, pene corporali o la lapidazione per "crimini" sessuali come fornicazione e adulterio (pene corporali e lapidazione in realta' non sono mai state comminate da un regolare tribunale: ma sono una minaccia costante sulla vita delle donne). Il governo del presidente Parvez Musharraf (di nuovo un generale), che ama parlare di "moderazione illuminata" in queste materie, aveva promesso di abrogare o riformare almeno uno degli aspetti piu' criticati di quelle leggi, che riguarda lo stupro: oggi una donna che denunci di aver subito violenza deve presentare quattro uomini come testimoni, o altrimenti sara' ritenuta responsabile del reato di adulterio. La bozza di legge presentata dal governo sotto il nome di Protection of Women Bill ("legge per la protezione delle donne") toglieva lo stupro dai reati regolari dalla legge religiosa e lo metteva nell'ambito del codice penale laico. Era gia' questo un compromesso: alcuni deputati dell'opposizione avevano proposto di abrogare per intero le Ordinanze Hudood, come chiedono da anni le organizzazioni pakistane per i diritti umani e decine di gruppi di donne e attiviste sociali. Anche una riforma cosi' moderata pero' ha fatto insorgere i partiti religiosi ultraconservatori, riuniti nella coalizione Mma, che hanno minacciato di ritirare i propri deputati dal parlamento nazionale e dai parlamenti provinciali. E questo avrebbe messo in seria difficolta' il presidente Musharraf, che del loro consenso ha bisogno: la Mma e' al governo in due province e ha un terzo dei seggi nel parlamento nazionale (conquistati cavalcando il diffuso risentimento contro la guerra americana in Afghanistan e approfittando delle limitazioni imposte da Musharraf ai due maggiori partiti laici, la Lega musulmana dell'ex premier Nawaz Sharif e il Partito popolare della ex premier Benazir Bhutto). La settimana scorsa il governo e' sopravvissuto a una mozione di sfiducia dell'opposizione laica proprio grazie all'appoggio dei partiti religiosi. E in un momento di grande instabilita' nelle province confinanti con l'Afghanistan, dove l'esercito pakistano conduce una guerra ai Taliban e al Qaeda che provoca risentimenti e rivolte, inimicarsi i religiosi sarebbe stato un rischio per Musharraf, che dunque ha ceduto. Gli emendamenti presentati dai partiti islamici e accettati dal governo peggiorano le leggi attuali. Lo stupro sara' materia della legge religiosa quando ci siano i quattro testimoni, del codice civile negli altri casi - a discrezione del giudice. L'adulterio, offesa regolata dalla legge religiosa, ora sara' anche un reato civile punibile con la galera fino a 5 anni. E in aggiunta a tutto questo, un articolo della bozza che oggi il parlamento approvera' afferma che i dettami della legge religiosa prevalgono su qualunque cosa dicano le altre leggi. Il risultato e' una legge ambigua che peggiora la situazione per le donne, ha commentato Asma Jehangir, avvocata e presidente della Commissione per i diritti umani in Pakistan (Hrcp), organizzazione indipendente (anzi, spesso ostacolata dal governo) che rappresenta un baluardo delle battaglie democratiche pakistane: "Hanno voluto far credere alle donne che questa legge serva a proteggerle. Invece protegge gli estremisti religiosi", ha detto Jehangir. Certo denunciare uno stupro non sara' piu' facile di prima. 8. RIFLESSIONE. ALESSANDRA MECOZZI: UN ALTRO MEDIO ORIENTE E' POSSIBILE [Dal quotidiano "Liberazione" dell'8 settembre 2006. Alessandra Mecozzi e' responsabile internazionale della Fiom Cgil] Negli ultimi mesi la guerra ha ripreso con la sua ferocia la scena: alla quotidiana carneficina nell'Iraq occupato e alla ripresa dei combattimenti in Afghanistan, si sono aggiunti l'assedio e le stragi di Gaza, la guerra in Libano e Israele. L'assassinio di Angelo Frammartino, volontario di pace a Gerusalemme, e' stato un tragico e inquietante sintomo del dilagare della occupazione e della guerra nelle coscienze. Mai in Italia si e' sentita tanta impotenza e incapacita' di risposta del movimento contro la guerra, il bisogno di una strategia lungimirante capace di agire nell'emergenza. La fiaccolata del 17 luglio, indetta da venti associazioni, come urgente e indispensabile risposta contro la guerra e in solidarieta' con tutte le vittime, insieme alle difficolta' di realizzarla, ha visto una partecipazione modestissima, della societa' e della politica. L'iniziativa della Tavola della pace del 26 agosto, nata per dare risposta alla necessita' di riavviare discussione e iniziativa, e' stata segnata, inopinatamente, da una manifestazione di sostegno alla missione militare: "Forza Onu". Per fortuna qualche voce critica, come quella di Pax Christi, c'e' stata. Se il movimento pacifista non e' morto, ha sicuramente perso la bussola. Sarebbe urgente ritrovarla, analizzando cio' che sta succedendo nel mondo e in Medio Oriente in particolare, considerando tutte le energie positive, in Italia, in Europa e nel mondo. Per la prima volta centinaia di associazioni dagli Stati Uniti si rivolgono alle "sorelle e fratelli del Medio Oriente" con una lettera aperta che condanna la politica statunitense nell'area e il suo sostegno alle violazioni del diritto internazionale compiute dal governo israeliano, mentre in Israele si sono susseguite manifestazioni e iniziative. In Gran Bretagna una grande manifestazione si e' di nuovo fatta sentire. Anche in Francia, fatto non abituale, si sono susseguite presenza in piazza e nelle strade durante l'estate. La finestra aperta dalla politica estera italiana verso i paesi arabi e il mondo islamico - anche risultato delle grandi mobilitazioni degli anni recenti contro la "guerra permanente antiterrore" e lo "scontro di civilta'", che ne e' l'ideologia, lanciata dagli Stati Uniti dopo l'11 settembre - anziche' incentivare il movimento ad iniziative piu' energiche e lungimiranti, sembra che lo spinga alla delega o alla contrapposizione. La missione militare di interposizione in Libano, probabilmente necessaria in quel disastro, per mantenere il "cessate il fuoco" e proteggere i civili, non puo' far dimenticare tempi e i modi con cui l'Onu ha potuto deciderlo: l'opposizione ad esso di Usa e Israele, per l'oscena richiesta di "finire il lavoro", ha consentito la semidistruzione di un paese e l'uccisione di oltre 1.300 civili. Se il diverso carattere di questa missione rispetto a quelle in Afghanistan e in Iraq va riconosciuto, e non solo per i caschi blu, ma per il consenso delle parti in conflitto e per il suo essere forza di interposizione, va anche con nettezza sostenuto che, in quanto missione militare in un'area di guerra, e' esposta a molti rischi, fino e quella dell'inglobamento nella "guerra al terrore". C'e' da augurarsi che non accada, e che il confronto e il negoziato politico occupino la scena, mentre le armi tacciono. Ma una missione militare fa parte di un sistema di politica armata, con il contorno di cultura militarista che ne deriva: non e' accettabile che diventi un terreno, ne' tantomeno una bandiera, dei movimenti per la pace: si esce dalla guerra se si disarmano politica e cultura. E' una lotta e una costruzione lunga e difficile, su molti terreni, e senza scorciatoie ne' semplificazioni: dalla questione del nucleare a quella delle spese militari, dalla smilitarizzazione del territorio alla questione della cooperazione militare con paesi belligeranti, dalla produzione, commercio e traffico delle armi, al sostegno alle societa' civili del Medio Oriente che si battono per i diritti e la democrazia, contro regimi autoritari e bellicisti, per liberarsi da occupazioni e fondamentalismi, a cui guerre e ingiustizie hanno portato consenso. L'orizzonte comune globale deve essere quello del disarmo, cominciando da quello nucleare. Nell'immediato, una vera pace in Medio Oriente e' oggi impensabile se non si costruisce subito una iniziativa per la fine dell'occupazione israeliana di tutti i territori e la creazione di uno stato palestinese indipendente, sui confini del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa. Finora non un atto e' stato fatto dalla comunita' internazionale, dall'Unione Europea, in questa direzione. L'Onu e' responsabile della non applicazione di decine di risoluzioni, percio' la sua esaltazione e' fuori luogo, va se mai incalzato internazionalmente su questo terreno. Il blocco dei fondi alla Anp, usato come clava contro il governo di Hamas, eletto democraticamente, ma "non gradito", ha ridotto letteralmente alla fame una popolazione gia' colpita; l'assedio di Gaza - origine della guerra in Libano - dura da giugno, facendo ogni giorno vittime. Chiusi i valichi per le persone e per le merci (entrano solo quelle israeliane) con l'Egitto, mentre l'Unione Europea fa alloggiare in territorio israeliano i suoi osservatori militari garanti ufficialmente del passaggio, avvisati dall'esercito israeliano (!) dell'impossibilita' di aprire per motivi di "sicurezza". Mezzo governo palestinese e' da tempo in carcere insieme a vari parlamentari. La guerra contro i civili e' diventata la quotidianita' della condizione palestinese, nelle strade e nelle case, sui corpi e le menti. C'e' da agire perche' il Medio Oriente, la sua cultura, le sue risorse, restino nelle mani di chi lo abita e vuole decidere, anche mettendo in discussione i rispettivi regimi e rifiutando piani di nuova colonizzazione. Oggi e' la nascita di uno stato palestinese a poter rappresentare concretamente che un altro Medio Oriente e' possibile, libero da occupazioni, guerra e oppressione. 9. RIVISTE. UN EDITORIALE DI "LEGGENDARIA" [Dal sito della bella rivista "Leggendaria" (www.leggendaria.it) riprendiamo l'editoriale del n. 57 dell'estate 2006, monografico sul tema "S/velate". Riportiamo di seguito il sommario del fascicolo: "Tema. S/velate; La Questione di Anna Maria Crispino; Islam e Occidente Pensare lo scontro di civilta' di Franca Fossati; Il corpo Un colossale paradosso di Bia Sarasini; Scritture Mosaico di lingue e storie di Gabriella Seccardini; Femminismo A chi serve bollarle come vittime? di Anissa Helie; Incontro. Maria Pia Quintavalla L'universale infanzia di tutti intervista di Loredana Magazzeni; Dal profondo della memoria di Maria Clelia Cardona; Amelie Nothomb L'ultima provocazione di Amelie a cura di Marilena Genovese; Scritture: Maria Zambrano Spagnoli fuori dalla Spagna; Adania Shibli Il "best of" delle farfalle e degli elicotteri nell'anno 2000; Adania Shibli Polvere; Piera Mattei La Citta', gli uccelli; Nadia Tarantini Gazpacho; Silvia Bre L'estasi di G. L. Bernini, beato mentre scolpisce Ludovica Albertoni; Aldina De Stefano Haiku del bosco; A/margine: Africa Leggendaria a Cape town di Monica Luongo; Primopiano: Archivi Memoria e cuore del femminismo di Ivana Rinaldi; Femminismo La lente della Storia di Ivana Rinaldi; Giovanna Mozzillo Favole di contagiosa vitalita' di Maria Vittoria Vittori; Nicoletta Vallorani La doppia ombra di Maria Grosso; Scrittura femminile Le porte strette per ricominciare di Claudia Patuzzi; Scrittrici italiane Amore, non amore di Stefania Lucamante; Letture: Anna Santoro Il mistero e la complessita' del vivere di Maria Clelia Cardona; May Sinclair La mistificazione della coscienza di Simona Corso; Daniela De Robert Il mondo recluso di Vanessa Lanari; Elizabeth von Arnim La scelta di Rose-Marie di Anna Maria Crispino; Anna Caprara Gallotta Per le strade di Capri di Nadia Tarantini; Brendan O'Carroll Il risveglio della vedova di Margherita Boschi; Monika Maron Autobiografia e geografia di se' di Laura Bocci; Rubriche: News e buone notizie"] Svelare: togliere il velo per poter vedere cio' che c'e' sotto, coperto, nascosto, temuto o fantasticato. Ma anche rivelare, portare alla luce, esporre cio' che non si conosce, di noi, dell'altro. E' in questa doppia valenza che usiamo il titolo S/velate per proporre ipotesi di riflessione, domande, frammenti di un discorso necessario all'urgenza di "pensare" lo scontro di civilta' cui stiamo assistendo. Uno scontro - di armi e di parole - che sembra riuscire ad assoldare sempre piu' militanti dall'una e dall'altra parte e che si intreccia perversamente con manifestazioni sempre piu' allarmanti del risorgere di un patriarcato aggressivo e violento, fenomeno trasversale alle culture e alle religioni. E dunque "pensare" significa riflettere soprattutto su di noi, donne dell'Occidente cristiano, e a partire da noi, come da tempo abbiamo imparato a fare. Ma anche, allo stesso tempo, ascoltare, le altre/gli altri in nome di quella relazione necessaria anche alla pratica della critica o del conflitto. I testi che vi proponiamo nel nostro Tema vanno nell'una e nell'altra direzione, un doppio movimento non sempre, non ancora, pienamente sintonizzato ma inevitabile. Il tema rimbalza anche nel nostro speciale Scritture, dove i due racconti della giovane scrittrice palestinese Adana Ghibli, inediti in Italia, ci consentono di misurare quanto la distanza tra "noi" e "loro" sia molto minore di quella che ci appare: siamo nella trama di uno stesso racconto e dipendiamo gli uni dagli altri, le une dalle altre. E ad un'altra guerra, uno scontro tremendo tra diverse idee di civilta' apparentemente tutto interno all'Occidente, ci rimanda il testo di Maria Zambrano trovato e preparato per noi da Alessandra Riccio. Ad arricchire il nostro Speciale, racconti e poesie inedite di "leggendarie" autrici italiane. Monica Luongo ci racconta dell'accoglienza ricevuta dal nostro numero "Africa" alla Fiera del Libro di Cape Town, ma vi segnaliamo anche l'intenso dialogo tra Loredana Magazzeni e Maria Pia Quintavalla e l'istantanea di un confronto collettivo tra Amelie Nothomb e il suo pubblico romano ripresa per noi da Marilena Genovese. C'e' tanto ancora da leggere in Primopiano e Letture, sezioni che abbiamo potuto espandere grazie al cambio di formato e all'aumento delle pagine della nostra "Leggendaria". Il prossimo numero sara' pronto a fine ottobre: un fascicolo doppio, monografico, bilingue sulle "donne" di Henrik Ibsen, collegato ad un importante convegno di cui trovate il programma a pagina 37. Intanto, pero', buona lettura con questo super-numero di tarda estate! 10. MAESTRE. SUSAN SONTAG: UNA FORMA DI NUTRIMENTO [Da Susan Sontag, Contro l'interpretazione, Mondadori, Milano 1967, 1998, p. 56 (e' un frammento dal saggio Sullo stile del 1965). Susan Sontag e' stata una prestigiosa intellettuale femminista e pacifista americana, nata a New Y ork nel 1933, deceduta sul finire del 2004; acutissima interprete e critica dei costumi e dei linguaggi, fortemente impegnata per i diritti civili e la dignita' umana; tra i molti suoi libri segnaliamo alcuni suoi stupendi saggi, come quelli raccolti in Contro l'interpretazione e Stili di volonta' radicale, presso Mondadori; e Malattia come metafora, presso Einaudi; tra i suoi lavori piu' recenti segnaliamo particolarmente il notevole Davanti al dolore degli altri, Mondadori, Milano 2003] Ho applicato piu' volte all'opera d'arte la metafora di una forma di nutrimento. Lasciarsi coinvolgere in un'opera d'arte comporta senza dubbio l'esperienza di distaccarsi dal mondo. Ma l'opera d'arte e' anche un oggetto vibrante, magico ed esemplare che ci restituisce al mondo, in un certo senso piu' aperti e arricchiti. 11. LUTTI. ROBERTO DANESE RICORDA LIDIA STORONI MAZZOLANI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 settembre 2006. Roberto Danese, docente universitario, latinista, si e' occupato particolarmente di Plauto, Terenzio e del teatro latino, di Seneca tragico, Lucano, di ecdotica dei testi classici, didattica dell'antico, fortuna dell'antico nel mondo moderno e contemporaneo, antropologia del mondo antico, ed ancora: fonologia del latino, metrica classica, mitografia;, strumenti informatici per lo studio delle dispiline umanistiche. E' autore di molte pubblicazioni. Lidia Storoni Mazzolani (Roma, 1911-2006), scrittrice, storica, acuta studiosa della cultura latina, finissima traduttrice di classici latini, inglesi e francesi, ha collaborato generosamente a riviste e quotidiani (tra cui "La Stampa", "La Repubblica", "Il Sole 24 ore") ed ha pubblicato libri che restano nel cuore dei lettori] E' scomparsa ieri a Roma, all'eta' di novantacinque anni, Lidia Storoni Mazzolani, antichista e saggista poliedrica, nota non soltanto per i volumi da lei firmati, ma anche - o forse soprattutto - per le sue numerose traduzioni da lingue antiche e moderne, prima fra tutte quella, divenuta celebre anche all'estero, delle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Nata a Roma nel 1911, Lidia Storoni Mazzolani era una specialista di storia antica. Come storica si occupo' in particolare dell'epoca imperiale, pubblicando diversi saggi importanti fra cui si devono ricordare L'impero senza fine (Rizzoli 1972), Vita di Galla Placidia (Rizzoli 1975) e Tiberio o la spirale del potere (Rizzoli 1978). Di notevole rilievo all'interno dell'opera della studiosa e' soprattutto L'idea di citta' nel mondo romano. L'evoluzione del pensiero politico di Roma (Ricciardi 1967, ripubblicato nel 1994 dalla casa editrice fiorentina Le Lettere), con cui fra l'altro vinse il premio Viareggio. Successivamente, gli interessi di Storoni Mazzolani si estesero anche alla patristica, concretandosi in lavori su Agostino di Ippona (Sant'Agostino e i pagani, Sellerio 1987) e su Ambrogio vescovo (Tea 1996). Gran parte della sua opera di saggista e' stata tradotta nelle principali lingue straniere. Ancora come storica, Storoni Mazzolani contibui' alla diffusione dei testi classici tramite l'editoria tascabile firmando traduzioni di Sallustio, Tacito e Cicerone per la Bur, ma anche numerose introduzioni e prefazioni a edizioni divulgative. Nel 1973 pubblico' per Einaudi una fortunata raccolta di epigrafi romane, dal titolo Iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici di Roma antica, ripresa poi in parte in Iscrizioni funerarie romane (Bur 1991). Ma il peso culturale di Lidia Storoni Mazzolani non si puo' misurare solo con il lavoro di studiosa del mondo antico: la sua attivita' ha infatti spaziato in molti altri campi, partendo sempre dalla formazione di classicista, ma utilizzandola per indagare anche aspetti della cultura moderna e contemporanea. In questo senso possiamo affermare che Storoni Mazzolani fu autentica anticipatrice nel porre l'accento sull'importanza dei rapporti tra antico e moderno, tema oggi divenuto una delle direttrici fondamentali e piu' produttive negli studi classici. Bisogna infatti dire che la notorieta' della studiosa e' forse piu' di tutto legata alla lunga consuetudine di scambio intellettuale e di amicizia con una grande scrittrice contemporanea come Marguerite Yourcenar. Fu Yourcenar stessa a chiedere che Lidia Storoni Mazzolani, che aveva da poco tradotto per Einaudi Mario l'epicureo di Walter Pater, volgesse in italiano le Memorie di Adriano e nel corso della traduzione fra la scrittrice belga e la studiosa italiana si instauro' un rapporto intellettuale e umano di grande intensita'. "Incomincio' tra noi - avrebbe in seguito ricordato Storoni Mazzolani - uno scambio epistolare molto frequente, all'inizio concernente solo le vicende editoriali, qualche incertezza sul testo da parte mia, qualche cortese precisazione da parte sua, poi un interessamento reciproco sempre piu' vivo e amichevole: le lettere che mi scrisse sono cosi' ricche d'intelligenza e di calore umano che quando in Francia fu pubblicato il suo epistolario mi fu chiesta fotocopia di quelle che possedevo e molte vi furono introdotte". Per questo, l'epistolario fra Yourcenar e Storoni Mazzolani e' ancor oggi oggetto di studi specialistici, e parte di esso e' confluito nella antologia di scritti epistolari yourcenariani Lettere ai contemporanei (Einaudi 1995), corredata da una introduzione della stessa Storoni Mazzolani, che firmo' inoltre un saggio su Yourcenar posto in appendice all'edizione italiana delle Memorie di Adriano (Einaudi 1981). L'attivita' di traduttrice di testi moderni della studiosa e' stata tuttavia assai piu' estesa e ha riguardato (oltre a Walter Pater) anche Thomas Babington Macaulay (La conquista dell'India, Mondadori 1958) e un classico come I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift (Einaudi 1963). Infine, per dare la giusta definizione al multiforme profilo intellettuale di Lidia Storoni Mazzolani, dobbiamo ricordare anche i suoi interessi archeologici e per la fotografia, fino ad arrivare alla sua recente collaborazione con il cinema documentaristico, come autrice del soggetto e dei testi per il film De immortalitate (regia di Luigi Bazzani, 1990), dedicato al culto dei morti nell'antichita' etrusca e romana e nel primo cristianesimo, terzo dei quindici film prodotti dalla Rai per la serie Roma imago urbis. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 81 del 14 settembre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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