Voci e volti della nonviolenza. 39



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 39 del 12 settembre 2006

In questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Confessioni di un'occidentale
2. Et coetera

1. MARIA G. DI RIENZO: CONFESSIONI DI UN'OCCIDENTALE

Lo confesso, il mese scorso ho commesso un atto di arroganza occidentale
imponendo i miei valori ad una coppia indiana di adolescenti. Questi due,
una ragazza e un ragazzo, se ne stanno con me alla fermata dell'autobus.
Lui, ben piantato e con una faccetta truce, prende a spintonarla, a serrarle
i polsi, a tirarle i capelli. Lei e' minuta, imbronciata, molto piu' sobria
di lui che e' sgargiante: tutto quello che il ragazzo ha addosso, zainetto
compreso, e' "firmato". Non capisco cosa si dicono, ovviamente, ma e' quasi
solo lui a parlare, concitato e rabbioso; lei oppone un cipiglio costante e
si svincola cocciutamente da quelle mani che continuano a stringerle gli
avambracci, a tirarle mezzi pugni sulle spalle. Infine fa per andarsene e il
ragazzetto la strattona ancora facendola girare su se stessa. Alza la mano
per schiaffeggiarla.
E' a questo punto che il mio ignobile razzismo eurocentrico si e' messo di
mezzo. Gli ho bloccato il braccio interponendo il mio. "No". Questo ho
detto. "Anche se state litigando, picchiarsi non va bene". La sorpresa e
l'imbarazzo per l'intervento di un'adulta sconosciuta ha interrotto il
litigio. Lui ha farfugliato qualcosa, lei non ha detto nulla. Quando mi sono
scostata, si e' messa a camminare in fretta verso una fermata piu' distante,
ed il ragazzo l'ha seguita, ma senza toccarla. Puo' darsi che la baruffa sia
ripresa 300 metri piu' in la', ma almeno qualcuno ha detto pubblicamente ad
entrambi i ragazzi che picchiare l'amica o la sorella o la fidanzata non e'
un'opzione umanamente accettabile.
Rivendico questo supposto oltraggio al rispetto delle "altre culture". Io
rispetto ogni singolo essere umano, ma mi si deve ancora dimostrare che sono
obbligata a rispettare le sue azioni qualora esse siano inique e ingiuste.
Per la cultura nazista mettere ebrei sui treni per Auschwitz era
perfettamente accettabile, per l'ex sindaco della mia sventurata citta' sui
treni per i campi dovrebbero salirci i migranti. Non rispetto un bel niente
di tutto questo orrore, agito o invocato.
*
Le femministe bianche occidentali del mio stampo, purtroppo, perseverano nel
credere che la violenza non abbia giustificazione. Mai. Dozzine di
femministe e attiviste per i diritti umani, non bianche e non occidentali,
sono d'accordo con noi, al punto che continuano a chiedere alle altre, se
non proprio un sostegno diretto, almeno di essere viste ed ascoltate. Ho
inviato, e non esagero, centinaia di comunicati e resoconti al proposito
agli stessi giornali che in questi giorni si chiedono costernati, di fronte
ad episodi di estrema violenza su donne e ragazze, "dove sono le
femministe".
Io sono qui, invisibile quanto quelle di colore e paese diversi dai miei. Da
trent'anni non dico proprio sempre le stesse cose, ci mancherebbe che non
avessi imparato niente in tutto questo tempo, ma il leit motiv e' rimasto
intatto: io credo che nessuno "meriti" la violenza di qualcun altro. E
riguardo a chi la usa, io chiedo che ne risponda davanti alla legge con
tutte le attenuanti o aggravanti che derivano dalla singolarita' di ogni
storia umana, e chiedo che si cerchi di riparare insieme i danni fatti. Ma
non gli si torca un capello. In caso contrario, gridero' anche per il suo,
di diritto umano, a non subire violenza.
Mi e' assai indifferente che chi ha la spranga in mano per bastonare persone
omosessuali (Bologna, il 7 settembre scorso) venga, come sembra,
dall'Albania, o sia nato nel mio quartiere: la spranga la deve deporre,
assieme al suo odio ed al suo disprezzo, che come tutte le emozioni umane si
possono trasformare.
E sarebbe bene che deponessero in fretta odio e disprezzo anche il Vescovo
ausiliario e la Curia di Bologna, che hanno commentato il fatto con "la
trasgressione e la violenza sono cugine", e "una societa' che ammicca con
indulgenza a comportamenti trasgressivi non puo' poi far finta di
meravigliarsi". Ovvero, le vittime della violenza si sono meritate
l'aggressione e le botte. Bastava che obbedissero agli ordini (quali? Non ci
si "improvvisa" omosessuali a tavolino, per trasgressione volontaria del
giovedi' sera) e non gli sarebbe successo niente, come dimostrano le
centinaia di migliaia di innocenti che vengono violati, feriti e uccisi ogni
giorno nel mondo da governi legittimi, soldati legittimi e legittimi mariti
e padri.
Legittimo pastore di anime e' il sacerdote cattolico pescato dalla polizia a
far sesso con un "prostituto" rom di 13 anni a Milano: lo stesso giorno
delle spranghe, ma si sa che la trasgressione e la violenza eccetera
eccetera, per cui ne' Vescovi ne' Curie hanno trovato nulla da dire.
Non mi importa nulla che a usare violenza sulle figlie, a picchiarle e
rinchiuderle, sia un padre italianissimo (il mio lo ha fatto) o un padre
pachistano: non e' ammissibile, non lo accetto. Qualsiasi sia il conflitto
in atto la violenza e' il modo sbagliato di agirlo.
*
Ditemi, e' un concetto cosi' difficile? Perche' devo leggere montagne di
"distinguo" ogni qualvolta la violenza coinvolge come perpetratori o vittime
gli immigrati e le immigrate, quasi dire la verita' fosse inurbano? Se a
uccidere la donna italiana con cui conviveva e' un egiziano (sempre Milano,
sempre il 7 settembre) questo e' un dato. I giornali hanno anche riportato
che costui ha 25 anni: i venticinquenni devono allora protestare la loro
innocenza generazionale, scrivere pistolotti sull'arroganza geriatrica di
chi non ha piu' venticinque anni e quindi non puo' capire, ribadire
ossessivamente che anche i quarantenni uccidono?
E vogliamo aggiungere una postilla fissa in cronaca per ogni delitto
commesso da una persona di sesso femminile, ad esempio "P. S. Anche gli
uomini ammazzano"? E ci credo, che vi suona male, forse ci starebbe al
contrario: quando dieci anni fa compii una ricerca approfondita sui fatti di
cronaca nera in cui erano coinvolte donne e bambini, i miei dati segnalarono
un rapporto finale di 14 a 1. Ovvero, gli uomini in Italia uccidevano e
ferivano quattordici volte tanto rispetto alle donne. Naturalmente e' un
dato "sui generis", basato com'e' su cio' che la stampa aveva riportato, e
di sicuro non copre la reale estensione della violenza, che spesso esce
troppo tardi dalle porte chiuse di regolarissime e legittime famiglie.
Allora, posso capire meglio perche' se uno slavo ha stuprato una siciliana,
devo commentare in finale d'articolo: pero' il mese scorso un ragioniere
piemontese ha violentato una somala, e viceversa? Perche' il suggerimento
delle emerite pensatrici nostrane con "senso di colfa" (e' il senso di colpa
che si prova verso la propria colf migrante, io che il water lo gratto da
sola non riesco a provarlo) e' in sostanza questo. Mi spiegano anche a cosa
serve, alla siciliana e alla somala soprattutto?
E come favorira' la fine della violenza riferirsi all'omicidio di Hina, la
ragazza pachistana "trasgressiva", come al conflitto tra "il nostro diritto
e il costume di queste comunita'"? ("L'Unita'", 11 settembre 2006). Da
quando in qua l'omicidio e' un banale "costume"? Forse lo era diventato per
Eichmann, forse la pensano cosi' le "Bestie di Satana", ma l'omicidio e' il
tabu' piu' antico della storia umana, e non c'e' comunita', religione,
tradizione, ecc. che non abbia la sua proibizione al proposito. Non vedete
che questo e' veramente un ragionamento razzista? Quando avete smesso di
pensare, per riuscire a sostenere che uccidere sia un'usanza tribale, di
quelle da condonare a questi "bingo bongo" ignoranti, fintanto che non si
"civilizzano"?
*
E come favorira' la fine della violenza l'invito a batterci il petto da mane
a sera perche' siamo donne nate in Italia e quindi con una serie di
"privilegi"? Ma stiamo dormendo? Quali dannati privilegi, ci siamo
conquistate tutto centimetro dopo centimetro, soffrendo insulti, privazioni,
denunce, scherno, rotture familiari, trascinamenti in questura per i
capelli, e i sermoni di molti giovani e meno giovani rivoluzionari che ci
dicevano quanto masturbatorie fossero le nostre associazioni ed azioni, che
teorizzavano la "proprieta' collettiva" delle femmine, che bollavano il
femminismo come. "ideologia borghese", "occidentale", "reazionaria". Quello
che conta e' la lotta, magari armata, il gruppo, mica le tue sfighe private,
urlavano pieni di ispirazione. E chi si e' sentita questa manfrina per tutti
gli anni '70 oggi scrive che quello che conta sono i diritti dei popoli, non
i diritti dei singoli (e da cosa sono fatti i popoli, dannazione a me e alla
logica elementare, da cosa sono fatti se non da individui umani?! E perche'
l'uno deve escludere l'altro?).
Guarda te come la storia si ripete, questa sciocchina.
Quando tirammo il fiato perche' qualche legge era passata, qualche uso
ignobile era cominciato a divenire impraticabile, perche' sanzionato
legalmente e socialmente, abbiamo guardato le bambine di allora con un
sorriso e abbiamo detto: a loro non succedera'. Loro non dovranno subire
quel che abbiamo subito noi. E allora sentivamo che le nostre sofferenze e
fatiche avevano avuto senso, di fronte a quelle bambine praticamente
sparivano. Mannaggia, se avessi saputo prima che a quelle poverette avrei
"imposto" dei diritti umani! Magari, in nome della tradizione, e della
solidarieta' con l'oppresso contadino, avremmo potuto voltarci dall'altra
parte quando nelle campagne italiane era "costume" per i padri e i fratelli
maggiori usare sessualmente le bimbe in casa.
La cornice dei diritti umani non vi piace? O non vi piace solo se e'
riferita ai vostri avversari ideologici? O non vi piace che milioni delle
persone di cui, chissa' perche', vi nominate interpreti e portavoce, li
stiano chiedendo, e per questo vengano uccisi o incarcerati? E dio quanto me
ne dispiace: possono non piacervi ma li avete ancora tutti, i vostri diritti
umani, e nel mio piccolo continuero' a difenderli anche per voi. "Miei
perche' tuoi, tuoi perche' miei": cosi' parlava dei diritti umani quella
grande attivista nonviolenta che fu Barbara Deming.

2. ET COETERA

Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) e' una prestigiosa
intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista
teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche
sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza.
Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne
disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura
di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2005.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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