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La nonviolenza e' in cammino. 1413
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1413
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 9 Sep 2006 00:19:01 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1413 del 9 settembre 2006 Sommario di questo numero: 1. Le vittime afgane 2. Osvaldo Caffianchi: Cantata di un uomo senz'arte ne' parte 3. Per una definizione del concetto di nonviolenza 4. Manuela Cartosio: Donne migranti 5. Ne' multiculturalismo ne' eurocentrismo, intercultura 6. A Pisa nel centenario della nascita del satyagraha 7. Una festa per Luminaria a Palermo 8. A Roma il 21 settembre 9. A Venezia dal 7 al 9 ottobre 10. Il "Cos in rete" di settembre 11. Mario Pianta presenta il "Dictionnaire de l'autre economie" a cura di Jean-Louis Laville e Antonio David Cattani 12. Letture: Brunetto Salvarani, Educare al pluralismo religioso 13. Riedizioni: Paolo Sarpi, Opere 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LE VITTIME AFGANE Le vittime afgane. La guerra che le uccide. 2. CONTRORIME. OSVALDO CAFFIANCHI: CANTATA DI UN UOMO SENZ'ARTE NE' PARTE Sono un uomo senz'arte ne' parte ma so leggere i segni nel cielo: quando annuvola poi vien la pioggia quando vien la canicola sudi. Sono un uomo senz'arte ne' parte ma so che sono cose diverse ammazzare o salvare le vite. So che servono a uccider le armi. Sono un uomo senz'arte ne' parte ma lo so che la guerra e' assassina e che sono assassini gli eserciti e chi guerre ed eserciti usa. Sono un uomo senz'arte ne' parte: ma ho saputo negare il consenso alla guerra, agli eserciti, alle armi ed a tutti i governi assassini. 3. MATERIALI. PER UNA DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI NONVIOLENZA [Riproduciamo ancora una volta il seguente testo gia' pubblicato in passato su questo foglio] Una premessa terminologica Scriviamo la parola "nonviolenza" tutta attaccata, come ci ha insegnato Capìtini, per distinguerla dalla locuzione "non violenza"; la locuzione "non violenza" significa semplicemente non fare la violenza; la parola "nonviolenza" significa combattere contro la violenza, nel modo piu' limpido e piu' intransigente. Chiamiamo le persone che si accostano alla nonviolenza "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti", perche' nessuno puo' dire di essere "nonviolento", siamo tutti impastati di bene e di male, di luci e di ombre, e' amica della nonviolenza la persona che rigorosamente opponendosi alla violenza cerca di muovere verso altre piu' alte contraddizioni, verso altri piu' umani conflitti, con l'intento di umanizzare l'agire, di riconoscere l'umanita' di tutti. Con la parola "nonviolenza" traduciamo ed unifichiamo due distinti e intrecciati concetti gandhiani: "ahimsa" e "satyagraha". Sono due parole densissime che hanno un campo semantico vastissimo ed implicano una concettualizzazione ricca e preziosa. Poiche' qui stiamo cercando di esprimerci sinteticamente diciamo che ahimsa designa l'opposizione alla violenza, e' il contrario della violenza, ovvero la lotta contro la violenza; ma e' anche la conquista dell'armonia, il fermo ristare, consistere nel vero e nel giusto; e' il non nuocere agli altri (ne' con atti ne' con omissioni), e quindi innocenza, l'in-nocenza nel senso forte dell'etimo. Ahimsa infatti si compone del prefisso "a" privativo, che nega quanto segue, e il tema "himsa" che potremmo tradurre con "violenza", ma anche con "sforzo", "squilibrio", "frattura", "rottura dell'armonia", "scissura dell'unita'"; in quanto opposizione alla lacerazione di cio' che deve restare unito, l'ahimsa e' dunque anche ricomposizione della comunita', riconciliazione. Satyagraha e' termine ancora piu' denso e complesso: tradotto solitamente con la locuzione "forza della verita'" puo' esser tradotto altrettanto correttamente in molti altri modi: accostamento all'essere (o all'Essere, se si preferisce), fedelta' al vero e quindi al buono e al giusto, contatto con l'eterno (ovvero con cio' che non muta, che vale sempre), adesione al bene, amore come forza coesiva, ed in altri modi ancora: e' bella la definizione della nonviolenza che da' Martin Luther King, che e' anche un'eccellente traduzione di satyagraha: "la forza dell'amore"; ed e' bella la definizione di Albert Schweitzer: "rispetto per la vita", che e' anch'essa un'ottima traduzione di satyagraha. Anche satyagraha e' una parola composta: da un primo elemento, "satya", che e' a sua volta derivato dalla decisiva parola-radice "sat", e da "agraha". "Agraha" potremmo tradurla contatto, adesione, forza che unisce, armonia che da' saldezza, vicinanza; e' la forza nel senso del detto "l'unione fa la forza", e' la "forza di attrazione" (cioe' l'amore); e' cio' che unisce in contrapposizione a cio' che disgrega ed annichilisce. "Satya" viene tradotto per solito con "verita'", ed e' traduzione corretta, ma con uguale correttezza si potrebbe tradurre in modi molto diversi, poiche' satya e' sostantivazione qualificativa desunta da sat, che designa l'essere, il sommo bene, che e' quindi anche sommo vero, che e' anche (per chi aderisce a fedi religiose) l'Essere, Dio. Come si vede siamo in presenza di un concetto il cui campo di significati e' vastissimo. Con la sola parola nonviolenza traduciamo insieme, e quindi unifichiamo, ahimsa e satyagraha. Ognun vede come si tratti di un concetto di una complessita' straordinaria, tutto l'opposto delle interpretazioni banalizzanti e caricaturali correnti sulle bocche e nelle menti di chi presume di tutto sapere solo perche' nulla desidera capire. * Ma cosa e' questa nonviolenza? lotta come umanizzazione La nonviolenza e' lotta come amore, ovvero conflitto, suscitamento e gestione del conflitto, inteso sempre come comunicazione, dialogo, processo di riconoscimento di umanita'. La nonviolenza e' lotta o non e' nulla; essa vive solo nel suo incessante contrapporsi alla violenza. Ed insieme e' quella specifica, peculiare forma di lotta che vuole non solo vincere, ma con-vincere, vincere insieme (Vinoba conio' il motto, stupendo, "vittoria al mondo"; un motto dei militanti afroamericani dice all'incirca lo stesso: "potere al popolo"); la nonviolenza e' quella specifica forma di lotta il cui fine e' il riconoscimento di umanita' di tutti gli esseri umani: e' lotta di liberazione che include tra i soggetti da liberare gli stessi oppressori contro il cui agire si solleva a combattere. Essa e' dunque eminentemente responsabilita': rispondere all'appello dell'altro, del volto muto e sofferente dell'altro. E' la responsabilita' di ognuno per l'umanita' intera e per il mondo. Ed essendo responsabilita' e' anche sempre nonmenzogna: amore della verita' come amore per l'altra persona la cui dignita' di essere senziente e pensante, quindi capace di comprendere, non deve essere violata (e mentire e' violare la dignita' altrui in cio' che tutti abbiamo di piu' caro: la nostra capacita' di capire). Non e' dunque una ideologia ma un appello, non un dogma ma una prassi. Ed essendo una prassi, ovvero un agire concreto e processuale, si da' sempre in situazioni e dinamiche dialettiche e contestuali, e giammai in astratto. Non esiste una nonviolenza meramente teorica, poiche' la teoria nonviolenta e' sempre e solo la riflessione e l'autocoscienza della nonviolenza come prassi. La nonviolenza o e' in cammino, vale da dire lotta nel suo farsi, o semplicemente non e'. Esistono tante visioni e interpretazioni della nonviolenza quanti sono i movimenti storici e le singole persone che si accostano ad essa e che ad essa accostandosi la fanno vivere, poiche' la nonviolenza vive solo nel conflitto e quindi nelle concrete esperienze e riflessioni delle donne e degli uomini in lotta per l'umanita'. * Tante visioni della nonviolenza quente sono le persone che ad essa si accostano Ogni persona che alla nonviolenza si accosta da' alla sua tradizione un apporto originale, un contributo creativo, un inveramento nuovo e ulteriore, e cosi' ogni amica e ogni amico della nonviolenza ne da' una interpretazione propria e diversa dalle altre. Lo sapeva bene anche Mohandas Gandhi che defini' le sue esperienze come semplici "esperimenti con la verita'", non dogmi, non procedure definite e routinarie, non ricette preconfezionate, ma esperimenti: ricerca ed apertura. * La nonviolenza come insieme di insiemi Io che scrivo queste righe propendo per proporre questa definizione della nonviolenza cosi' come a me pare di intenderla e praticarla: la nonviolenza e' cosa complessa, un insieme di insiemi, aperto e inconcluso. 1. E' un insieme di concetti e scelte logico-assiologici, ovvero di criteri per l'azione: da questo punto di vista ad esempio la nonviolenza e' quell'insieme di scelte morali che potremmo condensare nella formula del "principio responsabilita'" in cui ha un ruolo cruciale la scelta della coerenza tra i mezzi e i fini (secondo la celebre metafora gandhiana: tra i mezzi e i fini vi e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta). 2. E' un insieme di tecniche interpretative (il riconoscimento dell'altro, ergo il rifiuto del totalitarismo, della cancellazione o della sopraffazione del diverso da se'), deliberative (per prendere le decisioni senza escludere alcuno) ed operative (per l'azione di trasformazione delle relazioni: interpersonali, sociali, politiche); come esempio di tecnica deliberativa nonviolenta potremmo citare il metodo del consenso; come esempio di tecniche operative potremmo citare dallo sciopero a centinaia di altre forme di lotta cui ogni giorno qualcuna se ne aggiunge per la creativita' di chi contro la violenza ovunque si batte. 3. E' un insieme di strategie: e ad esempio una di esse risorse strategiche consiste nell'interpretazione del potere come sempre retto da due pilastri: la forza e il consenso; dal che deriva che si puo' sempre negare il consenso e cosi', attraverso la noncollaborazione, contrastare anche il potere piu' forte. 4. E' un insieme di progettualita' (di convivenza, sociali, politiche): significativo ad esempio e' il concetto capitiniano di "omnicrazia", ovvero: il potere di tutti. La nonviolenza come potere di tutti, concetto di una ricchezza e complessita' straordinarie, dalle decisive conseguenze sul nostro agire. * Un'insistenza Insistiamo su questo concetto della nonviolenza come insieme di insiemi, poiche' spesso molti equivoci nascono proprio da una visione riduzionista e stereotipata; ad esempio, e' certo sempre buona cosa fare uso di tecniche nonviolente anziche' di tecniche violente, ma il mero uso di tecniche nonviolente non basta a qualificare come nonviolenta un'azione o una proposta: anche i nazisti prima della presa del potere fecero uso anche di tecniche nonviolente. Un insieme di insiemi, complesso ed aperto. Un agire concreto e sperimentale e non un'ideologia sistematica e astratta. Un portare ed agire il conflitto come prassi di umanizzazione, di riconoscimento e liberazione dell'umanita' di tutti gli esseri umani; come responsabilita' verso tutte le creature. La nonviolenza e' in cammino. La nonviolenza e' questo cammino. Il cammino vieppiu' autocosciente dell'umanita' sofferente in lotta per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. * Una grande esperienza e speranza storica Non patrimonio di pochi, la nonviolenza si e' incarnata in grandi esperienze e speranze storiche, due sopra tutte: la Resistenza, e il movimento delle donne; ed e' il movimento delle donne, la prassi nonviolenta del movimento delle donne, la decisiva soggettivita' autocosciente portatrice di speranza e futuro qui e adesso, in un mondo sempre piu' minacciato dalla catastrofe e dall'annichilimento della civilta' umana. 4. RIFLESSIONE. MANUELA CARTOSIO: DONNE MIGRANTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 settembre 2006. Manuela Cartosio e' giornalista e saggista, particolarmente attenta ai movimenti e alle lotte sociali] Il rapporto tra donne migranti e donne native e' il grande assente nelle riflessioni femminili seguite all'uccisione di Hina Saleem, agli stupri commessi da extracomunitari e, da ultimo, al suicidio della vedova indiana Kaur che ci ha "affidato" i due figli prima di buttarsi sotto il treno (e poco cambia che il secondo marito avesse 37 e non 70 anni). Il richiamo "E le femministe che dicono?", pur se sgrammaticato, malevolo e ignorante, ha avuto il merito di mettere in piazza un rovello fin qui confinato nella pubblicistica femminile: "Il multiculturalismo e' un male per le donne?". Si', lo e', se scade in un relativismo culturale indifferente, se chiude gli occhi di fronte alla non liberta' delle donne in diverse comunita' straniere, segnatamente quelle di religione islamica e con forti legami di clan. E pero', aggiungono "le femministe", non sono solo i padri pachistani a tagliare la gola "per ragioni d'onore" alle figlie trasgressive e ribelli, non sono solo i nordafricani a stuprare le donne. I delitti contro le donne vengono sussunti sotto l'ampio mantello di un patriarcato declinato diversamente nel tempo e nello spazio, ma in ultima istanza identico. Giusta o sbagliata che sia questa reductio ad unum, l'analisi guarda ai patriarchi, omette le donne migranti e soprattutto svicola sul complicato o inesistente rapporto tra loro e noi. Parlo in prima persona. Perche' io, che pure mi occupo di queste cose per mestiere, ho scoperto solo qualche giorno fa che oltre la meta' delle donne violentate a Milano sono straniere? Perche' io, che pure mi picco di sapere qualcosa di Brescia, solo "dopo Hina" ho realizzato che i film e i romanzi anglo-pachistani potrebbero essere ambientati in Val Trompia? Mi sono data due risposte. Le donne immigrate invisibili e segregate come le pachistane non le vogliamo vedere perche' ci riportano a una condizione di "vittima", spesso connivente, che ci siamo scrollate di dosso solo l'altro ieri. I diritti non si insegnano, ci diciamo, ognuna se li deve conquistare. Anche questo e' vero, ma rischia di diventare un alibi che delega tutta la fatica dell'incontro-scontro a operatrici socio-assistenziali, insegnati, ginecologhe, mediatrici culturali. Le donne migranti latinoamericane o slave, invece, le vediamo benissimo. Stanno nelle nostre case, ci sostituiscono nei lavori di cura, accudiscono i nostri bambini e i nostri vecchi. Ci risolvono un sacco di problemi, ma ce ne pongono uno enorme con noi stesse: essere non solo "padrone" di altre donne (e gia' sarebbe una bella gatta da pelare), ma anche ladre di affetti. Siamo parte attiva in quel grande esproprio di affetti di cui parla il rapporto della Nazioni Unite diffuso ieri sulle donne migranti. I soldi (non tantissimi) che paghiamo a badanti e colf diventano rimesse che tengono in piedi l'economia dei paesi poveri. Ma non compensano la cura sottratta alle loro famiglie e dirottata sulle nostre, la lunga assenza, i matrimoni saltati per aria, le sindromi d'abbandono dei figli. Oltre che diseguale, come tutti i rapporti salariari, il nostro rapporto con colf e badanti straniere e', salvo rarissime eccezioni, un viluppo di sensi di colpa e di bugie. Se non si scioglie questo nodo, non ci sara' inclusione delle migranti nel movimento delle donne. Stiamo parlando di un fenomeno di massa. Il mezzo milione stimato di badanti fotografa solo il presente. Nell'arco degli ultimi dieci anni milioni di donne italiane hanno usufruito del lavoro delle migranti. Ragazze, vogliamo parlarne? 5. RIFLESSIONE. NE' MULTICULTURALISMO NE' EUROCENTRISMO, INTERCULTURA Sarebbe opportuno farla finita con un falso dilemma tutto interno alla subalternita' alle culture del privilegio e della discriminazione, dello sfruttamento e del razzismo, del patriarcato e dell'autoritarismo: il falso dilemma secondo cui o si accetta un multiculturalismo che legittima ogni violenza purche' ristretta ad un orizzonte comunitario e identitario, o si deve ricadere in un eurocentrismo angusto e tracotante che approda alla weltanschauung dei totalitarismi storici e nuovi. Ne' l'eurocentrismo colonialista e imperialista, ne' il multiculturalismo complice di tutte le oppressioni: occorre una pratica viva dell'intercultura, che a tutti gli esseri umani riconosca tutti i diritti umani, che sappia che una e' l'umanita', ed unica e infinitamente preziosa ogni persona, e che l'identita' altro non e' che l'intreccio delle innumerevoli alterita' incontrate e vissute, ereditate e criticate in ascolto e conflitto incessanti; e che quante piu' sono le relazioni tanto piu' ogni individuo e' colmo di doni e di liberta'. Di alterita' e prossimita' - di responsabilita' quindi - si nutre viva policroma l'esistenza degna. 6. INCONTRI. A PISA NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DEL SATYAGRAHA Si svolge a Pisa da ieri all'11 settembre 2006 un convegno internazionale sul tema "Il potere della nonviolenza" nel centenario della nascita del satyagraha (11 settembre 1906). Il convegno e' promosso dalla prestigiosa rivista "Quaderni satyagraha" e dal Centro Gandhi di Pisa; partecipano molte autorevoli personalita' della riflessione e dell'impegno nonviolento. Per informazioni, adesione e partecipazione contattare il Centro Gandhi di Pisa, tel. 3355861242, fax: 1782205126, e-mail: 11settembre.nonviolenza at centrogandhi.it, sito: www.centrogandhi.it 7. INCONTRI. UNA FESTA PER LUMINARIA A PALERMO [Da Giovanna Fiume (per contatti: fiumegio at unipa.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Giovanna Fiume insegna storia moderna presso la facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Palermo. Fa parte della direzione di "Quaderni storici", della redazione della "Rivista di storia delle donne" e del comitato scientifico di "Crime, histoire & societes". Ha pubblicato: La crisi sociale del 1848 in Sicilia (Messina 1982); Bande armate in Sicilia. Violenza e organizzazione del potere, 1819-1849 (Palermo 1984); La vecchia dell'aceto. Un processo per veneficio nella Palermo di fine Settecento (Palermo 1990). Ha curato il volume Madri. Storia di un ruolo sociale (Venezia 1995) e Il santo patrono e la citta', San Benedetto il Moro. Culti strategie, devozioni di eta' moderna (Venezia 1999). Con M. Modica ha pubblicato Benedetto il Moro. Santita', agiografia e primi processi di canonizzazione (Palermo 1998)] Sabato 9 settembre alle ore 20,30 allo Spasimo faremo festa. Luminaria, una nuova associazione di donne, si presenta alla citta' di Palermo con uno spettacolo corsaro, meticcio, articolato fra dimensioni apparentemente incompatibili: una piece teatrale tratta da un racconto del Novecento, la lettura salmodiata di una Sura del Corano e alcuni rap composti e proposti tra rabbia e dolcezza dai ragazzi di una nostra periferia. Questa scelta di contaminazione delle differenze nasce dalla convinzione che si possano costituire inediti paradigmi per la costruzione di una nuova coscienza globale. La Sirena di Tomasi di Lampedusa descrive la nostra isola come luogo di seduzione e straniamento, un "luogo geometrico di vite fallite", dove "la costa e' selvaggia, il mare e' del colore dei pavoni, il fiume frettoloso, le alghe fioriscono" e dove gli intellettuali se ne stanno "sempre con le lunghe orecchie intente a spiare lo strascichio dei passi della Morte" e "i libri nel sottosuolo dell'Universita' poiche' mancano i fondi per le scaffalature vanno imputridendo lentamente". Da qui nessun altrove. Lo sanno bene le ragazze e i ragazzi dello Zen che, sull'esempio di Scampia, hanno creato un centro sociale intitolato a Giovanni Vitale, vittima della violenza, dove si incontrano, scrivono, compongono e cantano, non per sfogo immediato, o non solo, ma per deliberata volonta' di denuncia, di riscatto e desiderio di progetto. Cosi' nasce lo spettacolo Du Zen. Ma il progetto che i tempi ci impongono e' un approccio e un approdo interculturale, una contaminazione, appunto, nel senso piu' profondo di intreccio empatico e intima osmosi, che puo' trovare nel dialogo interreligioso una vocazione potente. Questa e' l'intenzione sottesa alla recitazione della Sura 24 dedicata alla luce, metafora del divino presso tutte le civilta': una lampada in una nicchia e' alimentata con l'olio di un ulivo ne' orientale ne' occidentale; e' l'Albero della Vita al centro dell'Eden, la colonna centrale dell'albero delle Sephirot nella Cabbala ebraica, l'ulivo del Getsemani e quello riconosciuto dalla colomba di Noe'. E' l'ulivo della pace, ma anche della giustizia, raggiunte attraverso la nonviolenza. L'attrice e regista Patrizia D'Antona interpretera' la Lighea del racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, accompagnata dalle musiche di Rita Collura e Giuseppe Costa; Asma Gherib recitera' in arabo la Sura del Corano dedicata alla luce; il "Laboratorio Zen insieme" proporra' una fantasia di storie e canzoni rap, dal progetto di Melania Messina. * Dove si accendono sempre piu' spesso le luci del versatile talento delle donne, tante luci, talvolta una luminaria... Costruire un'associazione di donne e' tra le imprese piu' difficili che ci siano. Il gruppo, l'organizzazione, il collettivo vogliono occupare lo spazio pubblico, a partire da quell'ibrido di passaggio che furono i salotti, i saloni e i cafes letterari, tra Sette e Ottocento. Ma vi portano modi e contenuti della sfera privata, poiche' le donne, a differenza degli uomini, non possono lasciare i propri corpi a casa, ma li conducono sempre con se'. Le donne sono i loro corpi, maledizione e risorsa della loro condizione storica. Il corpo femminile e' stato escluso dalla sfera pubblica quando, agli albori dell'eta' contemporanea, essa e' stata definita come spazio della cittadinanza. Proprio in ragione della loro biologia, le donne non sono state cittadine, ma piuttosto mogli e riproduttrici di cittadini - un ruolo sociale basato sul fondamento biologico che le donne partoriscono, costruito come se si trattasse del riconoscimento della loro essenziale "natura". Dalla natura sarebbe provenuto cosi' il fondamento della loro diseguaglianza e della loro conseguente, inevitabile, esclusione. La nozione di cittadinanza, quindi, si e' troppo a lungo costruita attraverso l'esclusione delle donne. Le associazioni di donne sono da questo punto di vista borderline, al confine tra pubblico e privato; portano un mondo di idee, progetti, desideri, pratiche nella sfera pubblica, contaminandone il linguaggio, dando al privato (relazioni familiari, sessualita', ecc.) una connotazione pubblicistica e nello stesso tempo femminilizzano la sfera pubblica. Dove si accendono sempre piu' spesso le luci del versatile talento delle donne, tante luci, talvolta una luminaria... Muovendo da queste considerazioni, Luminaria ha inserito fra i suoi scopi: l'elaborazione, la valorizzazione e la diffusione della cultura e della politica di genere, in ogni campo della espressione artistica e della conoscenza, del pensiero femminile e femminista, della cultura antimafiosa, di tutela ambientale, di sviluppo equo e solidale, di rispetto verso gli animali, di dialogo interculturale e interreligioso; la creazione di spazi di comunicazione tra donne e tra donne e uomini, dove realizzare pratiche di relazione e di reciproca valorizzazione; spazi di amicizia e di solidarieta' fra donne migranti e native; spazi di dialogo nazionale e internazionale, a partire dall'area mediterranea, volti al ristabilimento e al mantenimento della cultura della pace e della nonviolenza; la ricerca e l'attivazione di occasioni di dialogo e di cooperazione con donne delle periferie (delle citta' e del mondo), con una particolare attenzione ai problemi locali di interesse globale; la promozione della tutela e la valorizzazione dei beni naturali, culturali, storici e monumentali; l'apertura di sportelli informativi sulle azioni positive a vantaggio delle donne; l'organizzazione di spettacoli teatrali e musicali, concerti, rassegne, mostre, festival, cineforum, seminari, conferenze, workshop e consulte; la pubblicazione di saggi, riviste, libri, ricerche e studi attinenti alle politiche di genere, per contribuire allo sviluppo socioculturale e civile delle cittadine e dei cittadini tutti e alla sempre piu' ampia diffusione della democrazia e della solidarieta' in tutti i rapporti umani, alla difesa pratica e nonviolenta delle liberta' civili, politiche e dei diritti sociali, individuali e collettivi. 8. INCONTRI. A ROMA IL 21 SETTEMBRE [Dalla Commissione Internazionale Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana (per contatti: tel. 0657940656, fax: 065750675, cell. 3280722672, e-mail: jp at curia.op.org) riceviamo e volentieri diffondiamo] Il giorno 21 settembre e' la Giornata mondiale della pace promossa dalle Nazioni Unite nel 2001 affinche' tutto il mondo osservi un giorno di pace e nonviolenza (http://idpvigil.com). "Beati gli operatori di pace perche'" saranno chiamati figli di Dio", con queste parole il maestro dell'Ordine Domenicano, fra Carlos Azpiroz Costa, op, apre la lettera che invita la Famiglia Domenicana nel mondo ad unirsi con un piccolo gesto per la pace e in solidarieta' con i tanti fratelli e sorelle in Medio Oriente che chiedono di non essere lasciati soli. I domenicani e le domenicane, insieme ad altre famiglie religiose e alla societa' civile che crede nella pace e nella nonviolenza, sono chiamate e chiamati da piu' parti a prendere posizione per difendere la pace e la convivenza tra i popoli. L'escalation di violenza e crudelta' che si sta consumando nel mondo e il grido incessante delle nostre sorelle e dei nostri fratelli in quei paesi ci ha spinto a invitarvi a una marcia per la pace a Roma da piazza Venezia al Colosseo il 21 settembre alle ore 17,30 (appuntamento a piazza Madonna di Loreto, a fianco a Piazza Venezia). Ci auguriamo possiate tutti e tutte essere presenti in questa "camminata di pace" per esprimere con forza la nostra convinzione che la pace e' possibile ora in Iraq e negli altri paesi del martoriato Medio Oriente. Con gioia abbiamo ricevuto gia' l'adesione di altre realta' della societa' civile. Se desiderate esprimere la vostra adesione, vi preghiamo di contattarci. I promotori internazionali di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana sr. Marie-Therese Perdriault, op fr. Prakash Lohale, op * Per informazioni: Commissione Internazionale Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana, Convento Santa Sabina, piazza Pietro d'Illiria 1, 00153 Roma, tel. 0657940656, fax: 065750675, cell. 3280722672, e-mail: jp at curia.op.org 9. INCONTRI. A VENEZIA DAL 7 AL 9 OTTOBRE [Da Giovanni Benzoni (per contatti: tel. 3282517362, e-mail: giovannibenzoni at fastwebnet.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Giovanni Benzoni, amico della nonviolenza, animatore di innumerevoli rilevanti iniziative, di vasta esperienza amministrativa, giornalistica ed editoriale, suscitatore di impegno civile e promotore di cultura, e' responsabile del "progetto Iride" per la Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace; e' in gran parte merito suo la realizzazione dell'annuale "Salone dell'editoria di pace" a Venezia, e dell'Annuario della pace, volume che costutuisce un prezioso e irrinunciabile strumento di riflessione e di lavoro. Un suo profilo autobiografico, scritto con amabilissima verve e autoironia e generosamente messo a nostra disposizione, e' nel n. 1070 di questo foglio] Si svolgera' dal 7 al 9 ottobre a Venezia il sesto salone dell'editoria di pace, appuntamento di grande impotanza per tutte le persone impegnate per la pace e per una cultura della pace e della dignita' umana. Il filo conduttore del salone quest'anno sara' "Fare pace tra verita' e menzogna". Per partecipare e contirbuire all'iniziativa (di cui e' gia' disponibile un programma di massima), contattare l'infaticabile animatore del salone Giovanni Benzoni: tel. 3282517362, e-mail: giovannibenzoni at fastwebnet.it 10. STRUMENTI. IL "COS IN RETE" DI SETTEMBRE [Dagli amici dell'associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (per contatti: l.mencaroni at libero.it) riceviamo e volentieri diffondiamo] Cari amici, vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di settembre 2006 del "C.O.S. in rete", www.cosinrete.it Nello spirito del Cos di Capitini, le nostre e le vostre risposte e osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta, antifascismo, tra cui: Dittature di destra e di sinistra; Informarsi per fare; Ricchi e poveri in eterno?; Le barriere contro i poveri; Stare insieme, stare meglio; Clamans in deserto del rock; Le oscure radici dell'Europa; La guerra fascista di Spagna; Il papa e Israele; Cattolici e guerra; Le illusioni della filantropia; All'alba del liberalsocialismo; ecc. Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi. Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al C.O.S. in rete e' libera e aperta a tutti mandando i contributi a: capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel sito blog del cos a http://cos.splinder.com Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato indirizzo in: www.aldocapitini.it 11. LIBRI. MARIO PIANTA PRESENTA IL "DICTIONNAIRE DE L'AUTRE ECONOMIE" DI JEAN-LOUIS LAVILLE E ANTONIO DAVID CATTANI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 settembre 2006. Mario Pianta e' nato ad Asti nel 1956, economista, ricercatore del Cnr, docente universitario di politica economica, impegnato nel movimento per la pace, collalbora al quotidiano "Il manifesto"; tra le opere di Mario Pianta: Stati Uniti: il declino di un impero tecnologico, Edizioni Lavoro, Roma 1988; (a cura di), L'economia globale, Edizioni Lavoro, Roma 1989; (con Giulio Perani), L'industria militare in Italia, Edizioni Associate, Roma 1989; (a cura di), Jesse Jackson. La politica dell'arcobaleno, Datanews, Roma 1989; (con Alberto Castagnola), La riconversione dell'industria militare, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1990; (con altri), Tecnologia, crescita e occupazione, 1998; Globalizzazione dal basso, Manifestolibri, Roma 2001. Jean-Louis Laville, sociologo, e' docente al Conservatoire National des Arts et Metiers (Cnam), ricercatore al Centre National de la recherche scientifique (Cnrs), dirige il Centre de recherche et d'information sur la democratie et l'autonomie (Crida) a Parigi. Autore di numerose pubblicazioni, tra cui: con R. Sainsaulieu, Sociologie de l'association, 1997; con E. Mingione, La nuova sociologia economica, 1999; con Laurent Gardin, Le iniziative locali in Europa, Bollati Boringhieri, Torino 1999; con Michele La Rosa, Christian Marazzi, Federico Chicchi, Reinventare il lavoro, Sapere 2000, 2006; con Antonio David Cattani, Dictionnaire de l'autre economie, 2006. Antonio David Cattani e' docente unversitario di sociologia ed autore e curatore di varie pubblicazioni] C'e' il Fattore C dei produttori (cooperazione, comunita', collettivita', collaborazione), ci sono le quattro R dei consumatori (ridurre, riciclare, riutilizzare, riparare) e le quattro A dei modelli di economia alternativa (altrimenti, altrove, alterita', alternanza). E' L'alfabeto per un linguaggio nuovo, necessario a un mondo di idee e di pratiche che restano illegibili con le categorie economiche tradizionali e che si trovano in un dizionario titolato Dictionnaire de l'autre economie, curato da Jean-Louis Laville e Antonio David Cattani (Desclee de Brouwer, pp. 564, 32 euro). Cinquantasei voci, da altermondialisation a utopie, con autori che vanno da Patrick Viveret a Euclides Andre' Mance, da Alain Caille' a Jose' Louis Coraggio. Il lavoro, impegnativo, costituisce un primo passo, spesso interrotto a meta' percorso. I punti di forza del volume sono nel titolo e negli autori. Intitolarlo all'altra economia e' una scelta importante per unificare le moltissime esperienze e prospettive diverse, per trovare una definizione condivisa dall'America latina all'Europa. Quella che vi viene confermata e' una categoria in Italia ormai consolidata, mentre in Francia prevaleva quella di economia sociale (con un ruolo fondamentale alle cooperative) e nel mondo anglosassone si continua a insistere sulle non profit organisations. Avere riunito punti di vista francesi e latinoamericani e' un secondo pregio, con alcune voci tratte da un precedente volume brasiliano, A outra economia, a cura di Antonio David Cattani (Veraz, 2003). Sono passi avanti, questi, che tuttavia si fermano a meta' strada. Sotto il titolo restano allineate troppe voci sovrapposte - economia alternativa, economia morale, economia non mercantile, economia non monetaria, economia popolare, economia sociale, economia solidale (vista da Nord e da Sud), terzo settore - senza che i testi, troppo brevi, portino a una sistematizzione dei temi. Vengono raccolte le molte definizioni diverse, senza uno sforzo di sintesi su come potremmo definire oggi un sistema altro rispetto all'economia di mercato del capitalismo neoliberista. E' utile lo sforzo di ritorno alle origini delle teorie e delle pratiche. Scopriamo che i padri riconosciuti dell'altraeconomia sono, stando al numero delle citazioni, Karl Polanyi, Karl Marx, Marcel Mauss e Max Weber e troviamo spesso i debiti riconoscimenti a Owen, Saint Simon, Fourier e Proudhon. Il punto chiave, che l'introduzione di Jean-Louis Laville ribadisce, resta quello sottolineato da Polanyi nella sua analisi del capitalismo liberista di inizio Novecento: la necessita' di "reinserire" l'economia di mercato dentro la societa' e le sue relazioni, rovesciando l'assolutizzazione della razionalita' economica e l'idea che ci si possa affidare a un sistema di mercati capaci di autoregolarsi. Tra le alternative all'individualismo della razionalita' economica emergono dal dizionario lo "spirito del dono", la reciprocita', la solidarieta', l'associazionismo. Ancora piu' eterogenee sono le strade che, nelle voci del volume, possono allontanarci della "dittatura dei mercati". La questione di fondo restano le relazioni tra la sfera delle attivita' sociali, in cui si opera come persone e cittadini, e quella delle attivita' economiche, in cui siamo produttori, lavoratori, consumatori, risparmiatori. Tra le immagini piu' convincenti presentate dal libro c'e' quella proposta dal grande storico Fernand Braudel, ossia un'economia mondiale costituita da tre piani: l'economia terra terra legata alla riproduzione della societa', fatta di lavoro domestico, autoproduzione e autoconsumo, scambi su mercati locali; un "primo piano" di economia concorrenziale di mercato e un "piano alto" abitato dagli oligopoli delle imprese multinazionali. L'espansione capitalistica ha invaso con logiche di mercato il piano terra della quotidianita', insieme al mondo del vivente, la sfera dei saperi e dei beni pubblici, e un primo compito dell'altraeconomia sta nel respingere questa invasione e tutelare la dimensione prevalentemente sociale di questo ambito. Dopo la difesa, l'attacco: si possono fare incursioni dove i mercati stessi falliscono per la natura pubblica o relazionale dei beni prodotti, affiancando e integrando con altre attivita' economiche e sociali - tipiche del terzo settore e delle imprese sociali - la difesa del welfare state e dell'intervento pubblico per servizi sociali, scuola, sanita', infrastrutture e ambiente. Infine, al "piano nobile" delle multinazionali, gli abusi piu' gravi possono essere fronteggiati con relazioni dal basso: commercio equo, microcredito, cooperazione decentrata. Se proviamo a ordinare le molte prospettive aperte dal volume, emergono una varieta' di strategie complementari: in primo luogo ridimensionare la sfera delle attivita' economiche rispetto agli ambiti del sociale e della politica; poi accrescere i vincoli che questi ultimi possono imporre ai modi di svolgimento della produzione, dei consumi e della finanza; sperimentare infine attivita' economiche fuori dalle logiche capitalistiche e di mercato, da un lato tramite esperienze radicate nell'agire sociale e solidale e dall'altro reinventando un intervento pubblico non statalista. Nel primo caso la sfida e' nella forma sociale in cui realizzare attivita' economiche: associazioni che forniscono servizi, fondazioni, imprese sociali e cooperative presentano tutte luci e ombre con una difficolta' di definizione dei confini discussa nell'articolo di Alessandro Messina in questa stessa pagina [del quotidiano "Il manifesto" - ndr]. Nel secondo caso, la relazione tra societa' civile e politica diventa centrale, con la capacita' della prima di condizionare la visione del "bene comune" interpretato dalle strutture di potere, dai meccanismi di decisione e dalle elite della politica. Piu' spazio alla sfera del sociale e della politica vuol dire naturalmente piu' democrazia, una politica che non sia ridotta e esercizio del potere, piu' partecipazione e ruolo dei cittadini; come ricorda Laville, "la visione di un'altra economia diventa necessaria se non rinunciamo alla finalita' di un approfondimento della democrazia". Per quanto confusa nella definizione e molteplice nelle direzioni da perseguire, la strada dell'altraeconomia appare cosi' obbligata se cerchiamo alternative concrete, qui e ora, al capitalismo neoliberista. Lo raccontano con grande efficacia gli autori latinoamericani che nel Dizionario mostrano come le pratiche di un'altraeconomia nel Sud del mondo si siano moltiplicate negli ultimi vent'anni alla ricerca di risposte (e di sopravvivenza) alle politiche neoliberiste. E lo mostrano anche le esperienze piu' avanzate diffuse in Europa per fornire servizi capaci di andare incontro a bisogni insoddisfatti, per aprire spazi all'agricoltura biologica e a produzioni amiche dell'ambiente, al commercio equo e alla finanza etica, ai consumi critici e alla condivisione dei saperi. * Bibliografia: Per esplorare vie alternative Che cosa leggere per esplorare l'altraeconomia? Fondamentale e' La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca, pubblicato in gran fretta a Londra da Karl Polanyi nel 1944 (Einaudi 2000, pp. 383, 24 euro), per offrire un'alternativa ai disastri del liberismo nel dopoguerra. L'introduzione di Alfredo Salsano all'edizione italiana ricostruisce il percorso di Polanyi e il suo profilo intellettuale che si forma a un crocevia della cultura della sinistra europea, con un orientamento radicalsocialista, non marxista, ostile sia al mercato sia alla pianificazione centralizzata e con una forte attenzione alla pratica sindacale. La "grande trasformazione" e' la capacita' della societa' di fermare la "dittatura dell'economia" imponendo l'intervento dello stato per regolare i mercati, aprendo le porte a quello che sara' il welfare state. Polanyi continera' poi a lavorare soprattutto sull'intreccio tra storia e antropologia, con i saggi raccolti in Economie primitive, arcaiche e moderne e Traffici e mercati negli antichi imperi (entrambi da Einaudi). Non molto ricca e' la riflessione recente sulle alternative "di sistema" al capitalismo neoliberista che sappiano partire da pratiche concrete. Tra queste c'e' il numero 20 della "Revue du Mauss", Quelle autre mondialisation? (La Decouverte-Mauss 2002) con contributi, tra gli altri di Morin, Laidi, Latouche. Dagli Usa viene Alternatives to economic globalization (Berrett-Koehler, 2002) realizzato da un folto gruppo di critici della globalizzazione (soprattutto americani) guidato da John Cavanagh e Jerry Mander, che concentrandosi sulla critica alle corporations suggerisce dieci principi per societa' sostenibili e propone di rovesciare i processi di globalizzazione con limiti alle imprese e attenzione alla dimensione locale. Seymour Melman in After capitalism. From managerialism to workplace democracy (Knopf, 2001) svolge una lucida analisi del capitalismo militarizzato degli Usa e vede una via d'uscita in una democrazia sul posto di lavoro, che tolga potere ai manager e lo restitusca al controllo dei lavoratori. Dalle teorie alle pratiche: una sintesi e' in Susan George, Un altro mondo e' possibile se... (Feltrinelli, 2003, pp. 220, 13 euro). Un riepilogo (illustrato) e' in nel Piccolo dizionario critico della globalizzazione di Ignacio Ramonet, Ramon Chao e Jacek Wozniak (Sperling & Kupfer, 2004, pp. 432, 16 euro). La storia della ricerca di un'altraeconomia in Italia dal 1848 a oggi e' in Giulio Marcon, Le utopie del ben fare. Percorsi della solidarieta': dal mutualismo al terzo settore ai movimenti, (L'ancora del Mediterraneo, 2004, pp. 330, euro 20). Impossibile non ricordare, poi, il mensile "Altreconomia. L'informazione per agire" (www.altreconomia.it) che da anni racconta le pratiche concrete del cambiamento. La rivista e molti libri si possono trovare ormai anche nelle botteghe del commercio equo di tutta Italia. 12. LETTURE. BRUNETTO SALVARANI: EDUCARE AL PLURALISMO RELIGIOSO Brunetto Salvarani, Educare al pluralismo religioso. Bradford chiama Italia, Emi, Bologna 2006, pp. 224, euro 12. Nella vastissima produzione pubblicistica di Brunetto Salvarani sui temi del dialogo ecumenico ed interreligioso e dell'educazione volta al riconoscimento e all'incontro tra le culture, i popoli, le persone, questo suo recente libro svolge e argomenta con la consueta ampiezza e profondita' di sguardo alcuni convincimenti di fondo, documenta decisive esperienze sia consolidate sia in fieri, propone pratiche buone e necessarie. Con una simpatetica presentazione di Flavio Pajer. Per una volta ci sia consentito rilevare come anche la dedica che il volume apre abbia una propria portata ermeneutica e contribuisca a chiarire alcuni riferimenti concreti e aggettanti: essa recita "A Bruno Hussar, Domenico Milani e Raimon Panikkar, uomini sul confine e grandi educatori al pluralismo religioso", ed in poche parole definisce e propone piu' che una plurale ed aperta lezione, una espansiva e respirante rete di amicizie, nitida una sequela. 13. RIEDIZIONI. PAOLO SARPI: OPERE Paolo Sarpi: Opere, Biblioteca Treccani - Il Sole 24 ore, Milano 2006, pp. XXIV + 562, euro 12,90 (in suppl. a "Il sole 24 ore"). Dalla classica Letteratura Italiana Ricciardi una selezione rappresentativa della produzione di Sarpi, dai Pensieri ai Consulti, dall'epistolario alla Relazione dello stato della religione (saggio di traduzione e annotazioni), alla Istoria del concilio tridentino (di cui si offrono alcune centinaia di pagine) per le cure di Gaetano e Luisa Cozzi. L'opera pubblicistica e storiografica di Sarpi non e' solo la testimonianza di un uomo coraggioso e di uno studioso e militante di straordinaria acutezza, ma anche un esempio di stile nitido e rigoroso, ed il suo capolavoro, l'Istoria del concilio tridentino, e' uno degli autentici capolavori della letteratura italiana. Purtroppo chi ha curato questa comunque meritoria recente riproposta antologica non ha tenuto adeguatamente conto della particolare disposizione della fondamentale introduzione di Gaetano Cozzi, distribuita tra gli excerpta delle opere in quanto organizzata per fasi della vita e dell'azione di Sarpi in guisa di piu' "note introduttive" (ciascuna ad una o a un gruppo di opere, di quel periodo rappresentative) che tuttavia svolgono un unico discorso continuato, cosicche' sfortunatamente mancano in questa nuova edizione alcune parti di quel fondamentale studio. I lettori esigenti (ed ogni lettore deve essere esigente se lettore vuol essere) potranno o andare all'edizione originale (che nelle buone biblioteche pubbliche non dovrebbe mancare), o almeno recuperare l'intero saggio ad un tempo biografico ed interpretativo nella non molto lontana riedizione einaudiana di alcune parti del testo ricciardiano, e particolarmente rifarsi a Paolo Sarpi, Pensieri, Einaudi, Torino 1976, ove tutte le note introduttive di Gaetano Cozzi sono riportate in sequenza a ricomporre un unico saggio alle pp. XI-CXXXIII, con bibliografia alle pp. CXXXV-CXXXIX. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1413 del 9 settembre 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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