Nonviolenza. Femminile plurale. 76



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 76 del 10 agosto 2006

In questo numero:
1. Luisa Muraro: Ignorarla non serve
2. Wilpf: Pace per le popolazioni di Israele, Palestina e Libano
3. Alcune necessarie integrazioni al testo che precede
4. Lidia Menapace: Per un'Europa di pace, neutrale, disarmata, nonviolenta
5. Lidia Menapace: Ancora tre note sulla proposta dell'Europa neutrale e
attiva, costruttrice di pace con mezzi di pace
6. Lidia Menapace: Ancora per l'Europa neutrale e attiva, disarmata,
smilitarizzata e nonviolenta
7. Lidia Menapace: Proposte per un'Europa di pace

1. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: IGNORARLA NON SERVE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo apparso su "Vanity Fair" n. 29 del 27
luglio 2006. Luisa Muraro, una delle piu' influenti pensatrici viventi, ha
insegnato all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica
femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo"
riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di
undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio
Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in
filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo
Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal
Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora
nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al
progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo
coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e
Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi
sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte
della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano
1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri),
Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della
madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria,
Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato
vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista
trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita'
filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei
(da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il
profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e
nonna nel 1997"]

Molte ingiustizie contro le donne sono finite, ma la violenza no, non
accenna a diminuire, come mostra la cronaca di queste settimane. Le nostre
vite sono diventate piu' libere di quelle delle nostre madri, ma la violenza
non e' cessata e, come in passato, essa proviene spesso da uomini ai quali
la vittima era legata da rapporti stretti. Le cifre sono impressionanti. Che
cosa significa questa ripetitivita', c'e' qualcosa che si puo' fare e a
quali profondita' bisogna andare per vedere qualche cambiamento?
Per cominciare, io suggerisco di non credere, davanti ad uomini come
l'assassino di Jennifer Zacconi, che si tratti di casi isolati e di
comportamenti patologici. Tra la violenza estrema e i comportamenti
ordinari, infatti, c'e' un continuum che ci sfugge solo perche' passa sotto
silenzio la violenza meno grave ma piu' diffusa. Credere che i violenti
siano una minoranza a se' stante, potrebbe essere solo un alibi per non
chiederci a quale titolo, di paura o di disprezzo o altro, chi lo sa, la
violenza entra nella sessualita' maschile, violenza specificamente sessista,
da riconoscere come tale. Se lo chiedano, per favore, anche i magistrati e i
loro consulenti.
*
Sono troppi gli uomini che, dopo una condanna definitiva, vengono rimessi in
liberta' e tornano a infierire su donne. Il caso di Angelo Izzo e' unico
solo per la sua enormita'. Nel 1975, lui e i suoi amici Guido e Ghira,
allora tre giovanotti della Roma bene (sic), seviziarono a morte le
giovanissime Rosaria Lopez e Donatella Colasanti: questa sopravvisse per
accusarli e la sua vita non ha avuto altro senso, a parte la vicinanza
amorosa di sua madre: morta questa, e' morta anche lei, il 31 dicembre
scorso. Ebbene, proprio l'anno scorso, il suddetto Angelo Izzo, ergastolano,
ottiene la semiliberta' e di li' a poco sevizia e uccide due donne, madre e
figlia, quest'ultima una ragazzina di 14 anni. Com'e' potuto succedere che
un giudice e uno psicologo, senza neanche porsi il problema di quella sua
vittima ancora viva, abbiano ritenuto degno di liberta' e di fiducia quel
miserabile? Io credo di saperlo. Lo avranno giudicato da come si atteggiava
verso di loro, maschi e detentori di un potere: da uomo ragionevole e
rispettoso. Nella societa' del "tra noi uomini adulti" e' cosi' che ci si
comporta, temo, tutti che fanno mostra di una solida virilita', tutti
reciprocamente rispettosi e complici, nessuno che lasci trasparire quello
che lo rode nei confronti dell'altro sesso.
*
Da Aristotele in poi, per millenni, gli uomini si sono considerati il primo
sesso e, per sostenere questo primato, hanno elaborato una serie di teorie
fisiche e metafisiche, nessuna delle quali e' rimasta in piedi. In realta',
si sono aiutati con il dominio patriarcale. Dietro a tutta questa storia, io
intravedo una difficolta' troppo a lungo ignorata. Diventare uomini non e'
per niente facile, ne' in senso biologico ne' in quello morale e
psicologico, perche' significa assumere un'identita' differente da quella
femminile della madre. Ora che certi privilegi sono finiti, ora che le donne
possono istruirsi ed essere indipendenti, la difficolta' di quel necessario
distaccarsi dalla matrice della propria vita, potrebbe essersi acuita.
Bisogna saperla e andarle incontro, ignorarla non aiuta nessuno.

2. APPELLI. WILPF: PACE PER LE POPOLAZIONI DI ISRAELE, PALESTINA E LIBANO
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip) riprendiamo la
seguente dichiarazione della presidente internazionale della Women's
International League for Peace and Freedom (in sigla: Wilpf), Regina
Birchem; la dichiarazione, redatta in collaborazione con Odile Haber della
Commissione internazionale sul Medio Oriente e Cynthia Minster della Sezione
Wilpf Usa, e previa consultazione con Hanan Awwad (Wilpf Palestina), Roula
Zoubiane (Wilpf Libano), Edith Ballantyne (Ginevra), e' stata sottoscritta
anche dalla sezione italiana]

La Women's International League for Peace and Freedom deplora l'escalation
della violenza in Libano, nei Territori palestinesi occupati, specialmente
Gaza, e in Israele.
Noi condanniamo la scelta di colpire obiettivi civili e distruggere
infrastrutture civili da qualsiasi parte venga e, in particolare,
l'eccessiva sproporzionata rappresaglia militare da parte di Israele, come
una violazione del diritto internazionale. Gli estesi bombardamenti a Gaza e
in Libano; gli attacchi da terra, mare e aria contro il Libano; la
distruzione delle centrali elettriche e delle condutture dell'acqua; gli
attacchi missilistici alle citta' israeliane, rendono piu' difficile il
controllo della spirale di ostilita' e la ricerca di soluzioni.
Noi denunciamo l'uso della forza. Non esiste una soluzione militare ai
problemi della regione. Noi riconosciamo che l'attuale pericolosa e
instabile situazione e' la diretta conseguenza della ininterrotta
occupazione dei Territori palestinesi da parte di Israele e dell'incessante
distruzione di infrastrutture palestinesi, particolarmente a Gaza, dove una
crisi umanitaria va crescendo fra il milione e quattrocentomila persone che
vi abitano.
Pertanto chiediamo agli Stati Uniti di unirsi al resto della comunita'
internazionale nel denunciare le responsabilita' di Israele nell'escalation
di questo conflitto.
Chiediamo un immediato cessate il fuoco e la cessazione dei bombardamenti di
rappresaglia, delle uccisioni e distruzioni. Ci appelliamo a tutte le parti
interessate perche' si ritorni al processo politico e alla ricerca di
soluzioni definitive seriamente negoziate.
Chiediamo a tutti di cooperare con lo speciale team di consiglieri delle
Nazioni Unite inviati nella regione dal Segretario generale e di rispettare
le risoluzioni delle Nazioni Unite e la legislazione internazionale
umanitaria, specialmente con riferimento alla protezione dei civili e delle
infrastrutture civili.
La Women's International League for Peace and Freedom chiede a Israele di
fermare la stretta militare su Gaza e di consentire gli aiuti umanitari a
Gaza, la fine dell'assedio al Libano e della distruzione delle
infrastrutture civili. Chiediamo a tutte le parti interessate di accettare
il cessate il fuoco, di rilasciare i prigionieri palestinesi e libanesi
illegalmente detenuti e di cominciare a negoziare una giusta e durevole pace
che rechi sicurezza alle popolazioni civili di Israele, Palestina e Libano.
Sosteniamo la proposta di una Conferenza internazionale di pace convocata
dalle Nazioni Unite e basata sul riconoscimento dello Stato sovrano di
Palestina entro i confini precedenti al 1967 e definiti dagli accordi del
1947, con eventuali modifiche accettate concordemente dalle parti.
Chiediamo all'Autorita' nazionale palestinese, agli Usa, alla Gran Bretagna,
ai governi israeliano, iraniano e siriano, alla Lega araba e all'Unione
Europea di cercare soluzioni pacifiche per proteggere le vite umane in Medio
Oriente e ovunque nel mondo.

3. RIFLESSIONE. ALCUNE NECESSARIE INTEGRAZIONI AL TESTO CHE PRECEDE

Ci siano consentite alcune necessarie osservazioni al testo che precede:
a) la rappresentazione degli eventi attuali che vi si propone sembra
sottovalutare il ruolo specifico e la peculiare rilevanza degli attacchi
missilistici alle citta' israeliane dalle basi Hezbollah situate in Libano,
attacchi che insieme al rapimento di soldati israeliani hanno costituito la
causa scatenante dell'attacco militare israeliano al Libano;
b) tra i prigionieri da liberare vi sono anche quelli israeliani nelle mani
di gruppi armati;
c) non e' ammissibile non dire una parola di esplicita e specifica condanna
dell'azione terroristica di Hezbollah (che e' insieme un gruppo armato che
pratica il terrorismo contro Israele - il lancio di razzi sulle citta'
cos'altro e' se non terrorismo? -, un movimento fondamentalista che svolge
variegate attivita', e un partito politico che fa parte del governo del
Libano);
d) non e' ammissibile non dire una parola sulla necessita' del
riconoscimento da parte dei governi e dei partiti politici di governo
dell'area mediorientale del diritto di Israele a esistere e della
popolazione israeliana a non essere costantemente bersaglio di stragi e
minacciata da propositi di genocidio.

4. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: PER UN'EUROPA DI PACE, NEUTRALE, DISARMATA,
NONVIOLENTA
[Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 671, settembre 2003. Lidia Menapace
(per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924,
partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico,
pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto";
e' tra le voci piu' significative della cultura delle donne e dei movimenti
della societa' civile. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e'
stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di
Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi
di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio,
Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968;
(a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001; AA. VV., Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Ho sempre avuto grande preoccupazione a proposito del futuro militare
europeo e sulla cancellazione di fatto dell'art.11 della nostra
Costituzione, dato che la Convenzione presieduta da Giscard d'Estaing non si
poteva affatto considerare un soggetto neppure lontanamente affidabile sul
diritto alla pace.
Del resto neppure Prodi, pur da ascoltare quando critica le forme non
federali e le procedure oligarchiche del trattato costituzionale europeo,
quando si passa alla politica estera e militare sostiene che l'Europa deve
avere un esercito e che promuovere la pace si fa anche con le armi: non si
sa dove stiano questi potenti signori, del tutto alienati dal loro potere:
ma se provassero ad aprire gli occhi e guardassero il Medio Oriente
vedrebbero subito che le armi generano solo risposte violente e senza fine
vanno alla distruzione.
D'altra parte non posso credere che se la futura costituzione europea dice
una cosa, uno degli stati federati puo' deciderne un'altra, non per
l'appunto sulle questioni ex-nazionali delegate: lo si vede gia' per le
materie economiche. A questo punto si aggiunge un'altra preoccupazione e
cioe' che la delegazione italiana non tiene in nessun conto gli accordi
unanimi sulla difesa e intangibilita' dei primi 11 articoli della nostra
Costituzione: non hanno nemmeno provato a difendere il primato del lavoro
rispetto al mercato ne' a far accettare un qualche rifiuto della guerra.
Come si sa la pace viene indicata come un obiettivo da promuovere, cioe' una
buona intenzione, il ripudio della guerra e' scomparso e non risulta che
nessuno del nostro paese abbia mosso un dito in proposito.
*
Se le cose stanno pressappoco cosi', che cosa si puo' fare?
Certamente continuare a volere la pace e ad agire per conservarla
preservarla promuoverla ecc.: ma il movimento che si e' risvegliato in
questi ultimi anni e' molto legato anche ai risultati e non disposto solo ai
no, che pure si debbono dire.
Mi sono chiesta percio' se nella storia europea vi fossero radici
antimilitariste e le ho trovate nella tradizione del movimento delle donne
fin dal suffragismo, e del movimento operaio fin da prima della prima guerra
mondiale.
La prima guerra mondiale  fu un terribile esame e prova di forza, che fu
vinta dai militaristi e spacco' in due il movimento operaio, il femminismo
fu sfiorato solo in piccola parte, e anche il papa Benedetto XV rimase quasi
solo, mentre le Chiese in generale furono sostenitrici dei vari eserciti.
Il movimento operaio subi' allora il suo piu' cocente e non rimediato
insuccesso, quando  - come disse Rosa Luxemburg - si dovettero vedere i due
piu' organizzati proletariati d'Europa, quello tedesco e quello francese,
"travestiti da militari spararsi addosso agli ordini delle rispettive
borghesie nazionali": fu persa l'anima internazionalista e le classi operaie
furono "arruolate" al nazionalismo: basta ricordare che Mussolini fu
interventista e Matteotti no.
La tradizione antimilitarista neutralista e pacifista del movimento operaio
si attenuo' e ottenebro' nel fascismo e nel nazionalsocialismo e anche -
benche' meno - nel "socialismo in un paese solo"; e la tragica protesta di
papa Benedetto XV che defini' la guerra "una inutile strage" resto' senza
seguito fino alla "Pacem in terris" di papa Giovanni.
*
Ma bisogna comunque ricordare che il movimento operaio e quello delle donne
non chiesero mai, mai provocarono o dichiararono guerre.
Furono per lo piu' neutralisti.
E per ragioni profonde: prima di tutto dunque non e' giusto esprimere
opinioni superficiali dicendo che essere neutrali significa fregarsene di
tutto e tutti: essere neutrali significa invece prendere posizione e agire
nelle varie situazioni in tutti i modi tranne che con le armi.
La Svezia, che e' un paese neutrale (in Europa sono quattro: Svizzera,
Svezia, Finlandia e Austria, e bisognera' pur avere un'opinione su di loro,
e qualche proposta), ad esempio, ospito' circa diecimila disertori e
renitenti Usa durante la guerra nel Vietnam; e uno degli ispettori delle
Nazioni Unite che non trovarono le armi di distruzione di massa in Iraq e'
svedese.
I paesi neutrali fanno spesso parte di operazioni diplomatiche e alle
Nazioni Unite gioverebbe molto averne a disposizione molti e autorevoli.
*
Ma dunque, oltre ad essere una componente importante della tradizione
operaia e femminista, che cosa e' la neutralita' da un punto di vista
giuridico?
E' la posizione di un soggetto politico (uno stato) che dichiara di
rinunciare per se' all'uso della guerra, e di vincolarsi nei confronti della
comunita' internazionale a non fare politiche aggressive che possono
sfociare nel conflitto armato, e di consentire alla comunita'
intrernazionale di intervenire nei propri  confronti in caso di violazione
degli impegni presi con censure, rottura di relazioni diplomatiche o
commerciali, embargo ecc.
A sua volta il territorio neutrale non ospita basi militari di nessuno, non
consente passaggio di truppe a terra ne' di aerei. All'inizio della guerra
in Iraq infatti la piccola Austria non ebbe bisogno di far niente per non
dare il passaggio alle truppe, treni e aerei Nato e Usa diretti magari verso
Camp Derby: le  basto' far presente che e' uno stato neutrale, e al Brennero
non arrivo' nemmeno un fucilino di latta.
*
Si dira': ma i paesi neutrali hanno pure un esercito: certamente. E sono
subito con chi presenta progetti in forma di legge costituzionale per il
disarmo totale unilaterale  e l'abolizione degli eserciti.
Ma se non ci si impegna a questo livello (e non mi consta che vi siano
proposte di questo tipo) con lotte tenaci e ben organizzate, con la
formazione di una cultura politica radicalmente nonviolenta fino al diritto
di recessione da qualsiasi spesa militare, insomma se non si chiede
direttamente l'abolizione degli eserciti, la proposta della neutralita' e'
la piu' equilibrata, realistica, moderata, gestibile sul piano del diritto
internazionale e compatibile con una riconversione dell'economia di guerra
in economia di pace.
Nella proposta di neutralita' attiva che la "Convenzione permanente di donne
contro le guerre" avanza per l'Europa diciamo anche che le risorse sottratte
agli eserciti possono e debbono essere usate per programmi continentali di
protezione civile, quantomai necessari dati i mutamenti del clima, di
servizio civile dati i problemi di inserimento sociale ed economico delle
giovani generazioni, e di addestramento generale alla  difesa popolare
nonviolenta.
Si possono anche prendere in considerazione le politiche militari dei paesi
neutrali e collocarsi al piano piu' basso a scendere, fino all'estinzione
processuale degli eserciti.
*
Persino la Svizzera che e' armata fino ai denti e ha una popolazione che
puo' essere richiamata per difendere il territorio invaso in ogni momento e
che si addestra alla difesa di ponti strade ecc per tutta la vita e ha a
domicilio armi munizioni e vettovaglie per i casi di invasione (peraltro mai
verificatisi in un numero ormai rilevantissimo di secoli) esclude qualsiasi
ordigno nucleare, poiche' sostiene giustamente che non si puo' gabellare per
"difensiva" l'atomica.
E' un buon precedente per rifiutare in Italia il bombardiere atomico europeo
Eurofighter, che viene fatto passare per "difensivo", e per ospitare il
quale si sono fatte a Grosseto piste allungate, abbattendo una scuola
materna (un fatto altamente simbolico della gerarchia delle priorita').
Insomma se invece di fare risatine e scuotimenti di capo, si interloquisse
sulla proposta ne verrebbero conseguenze importanti e il discorso pacifista
uscirebbe da molte genericita'.
Una Europa neutrale - ho appena bisogno di dirlo - sarebbe proprio cio' che
serve alle Nazioni Unite per tornare ad essere una difesa del diritto e non
succube della violenza militarista.

5. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: ANCORA TRE NOTE SULLA PROPOSTA DELL'EUROPA
NEUTRALE E ATTIVA, COSTRUTTRICE DI PACE CON MEZZI DI PACE
[Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 683, settembre 2003]

Vorrei in primo luogo che nella riflessione non si dimenticasse sempre di
citare l'esperienza del movimento delle donne, che in verita' non ha mai ne'
teorizzato ne' praticato forme di violenza, mai invocato o sostenuto guerre,
si e' sempre lacerato in momenti di conflitto armato dei quali le donne sono
vittime piu' di chiunque, ultimi i casi delle donne di Belgrado e della
Bosnia, per tacere del Ruanda ecc.ecc.
Le Donne in nero hanno inventato e praticato "Visitare i luoghi diifficili"
e messo in atto molte iniziative di interposizione in Palestina.
Gandhi riconosceva il debito che aveva verso le suffragiste inglesi.
Dover sempre chiedere di essere chiamate col proprio nome e' doloroso: la
cancellazione e' una forma molto forte di violenza, un genocidio simbolico e
finisce per diventare i forse dieci milioni di bambine cinesi prive di
qualsiasi diritto perche' non vengono iscritte all'anagrafe.
Il movimento delle donne non si  confonde con nessun partito, non ha mai
ceduto la rappresentanza.
*
E quando dico movimento operaio intendo movimento operaio, magari nelle sue
forme sindacali o associative o mutualistiche, o ricreative come le case del
popolo ecc.
I partiti che ne hanno spesso usurpato la rappresentanza non mi interessano
e non mi riferisco a loro.
E' vero che la sinistra ha fatto un mucchio di errori, molti dei quali
dipendenti dal non aver proseguito l'iniziale cammino internazionalista e
neutralista  ed essersi adeguata alla "funzione nazionale della classe
operaia" ecc.
*
Cio' che chiedo e' un confronto su come si possa efficacemente intervenire
nel dibattito e poi nelle decisioni a proposito del "Trattato costituzionale
europeo" che forse avra' una prima approvazione entro l'anno, per non
ripetere gli errori di omissione che ci hanno portato in casa Maastricht
Nizza Schengen ecc.
Nel testo che chiamero' per brevita' giscardiano la sinistra italiana non
c'e' perche' e' stato fatto dai governi, non dai parlamenti: per l'Italia il
rappresentante era Fini, che non solo non ha  tenuto conto dell 'art. 11
della Costituzione italiana, ma ha lasciato che al posto del lavoro sia
messo il mercato ecc. ecc.: insomma i primi 11 articoli della Costituzione
che un patto parlamentare solenne ha definito intangibili sono stati
bypassati dal trattato costituzionale e di fatto cancellati. Nella bozza del
Trattato la pace e' "da promuovere", non non e' un diritto e per promuoverla
si usano anche le armi.
*
La proposta di neutralita' attiva ha il pregio di avere una base di diritto
internazionale (e io sono per praticare per quanto possibile la
ricomposizione  del diritto internazionale e il sostegno alle Nazioni Unite)
e quattro precedenti sul territorio europeo, cioe' Svizzera, Svezia,
Finlandia e Austria, mentre il transarmo non e' un diritto, ma una proposta
politica che quindi dipende dalle maggioranze.
Sono da sempre favorevole a tutti i disarmi, unilaterali ecc., ma bisogna
vedere se il testo della Costituzione europea consentira' di praticarli. In
piu' il transarmo deve essere concordata coi militari e io preferirei
accordarmi coi movimenti non militaristi, neutralisti, nonviolenti e
pacifisti prima che coi militari e il loro potere fortissimo (il famoso
"complesso militare-industriale-scientifico" e adesso anche culturale e
mediatico).
Marx diceva che e' bene per quanto possibile ancorare nel diritto le
conquiste politiche ottenute ben sapendo che esse pure dipendono dai
rapporti di forza: tuttavia un ostacolo giuridico e' piu' difficile da
scavalcare che una proposta politica, come si vede anche dal tema delle
pensioni: se i sindacati non potessero appellarsi a diritti sanciti, nel
gestire il conflitto sociale staremmo tutti e tutte ben peggio.

6. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: ANCORA PER L'EUROPA NEUTRALE E ATTIVA,
DISARMATA, SMILITARIZZATA E NONVIOLENTA
[Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 684, settembre 2003]

Cominciamo ad elencare le proposte sulle quali siamo d'accordo: cio' e' bene
dal punto di vista del metodo, sgombra la mente da parole contrapposte,
mette via una serie di faccende gia' viste oppure ne riparla per andare
avanti, non solo per dirle.
Dunque siamo d'accordo sulla Difesa popolare nonviolenta: anche la
Convenzione di Donne contro la guerra propone un diffuso addestramento di
difesa popolare nonviolenta a livello europeo, anche come strumento utile
per la riconversione di spese militari in spese civili ecc. Lo stesso scopo
ha la proposta di un progetto di protezione civile europea che pure serve
date le vicende climatiche e pure sottrae molti mezzi alle spese militari
(noi proponiamo che la riconversione delle spese militari sia appunto
destinata a finanziare difesa popolare nonviolenta, protezione civile e
servizio civile in modo da non lasciare senza risposta i lavoratori e le
lavoratrici delle fabbriche di armi ecc.). Fino a qui va bene? basta solo
che chi cita difesa popolare nonviolenta, protezione civile, servizio
civile, non dimentichi di citare tra i soggetti favorevoli la Convenzione di
donne contro le guerre. Noi naturalmente ci ricordiamo sempre di citare le
proposte del Centro Sereno Regis ecc.
Le proposte sul fisco vorrei conoscerle meglio.
Noi siamo in genere favorevoli (e questa mi pare una differenza tra alcune e
alcuni di noi) a fissare per legge alcune cose, dato che abbiamo
sperimentato che chi e' forte non ha bisogno della legge, ma chi e' debole
si': abbiamo sperimentato ad esempio che l'aborto sarebbe comunque rimasto
un reato (tranne che come aborto "terapeutico" deciso da altri e non dalla
madre) se non avessimo ottenuto una legge; che la violenza sessuale sarebbe
ancora una oscura vergogna delle donne invece di essere un reato.
A Pechino (1995) abbiamo ottenuto l'assenso dei governi del mondo, contro le
mutilazioni genitali, sulla nostra definizione: "l'integrita' fisica e' bene
non disponibile" e non ne puo' disporre nessuno, ne' il padre o il marito o
l'iman o lo stato o la religione.
Le donne senegalesi hanno cominciato, prendendo spunto da qui, delle
pratiche per liberare le loro sorelle dal  tremendo uso delle mutilazioni
genitali, quelle keniote ottenuto che lo stato dichiari reato tali pratiche,
percio' possono inventare riti gioiosi di passaggio dalla fanciullezza alla
puberta'.
Lo stupro etnico o di guerra, pratica comune che alcuni codici militari
consentivano e alcune culture patriarcali ancora scusano sono diventati
crimine contro l'umanita' dopo l'arrivo alle Nazioni Unite di dieci milioni
di firme raccolte da associazioni di donne in tutto il mondo. Ci siamo mosse
perche' donne bosniache stuprate ci hanno fatto sapere che si sarebbero
suicidate perche' dopo lo stupro le loro famiglie padri mariti e fratelli le
ripudiavano come impure e adultere e la chiesa le incitava a mettere al
mondo gli eventuali concepiti da adottare successivamente.
Donne condannate ad essere lapidate per adulterio sono state salvate da
raccolte di firme, ma non si ha notizia di iniziative di uomini democratici
(dopo Gesu' Cristo) che dicono ai loro simili che non si puo' fare cio':
passa tutto sotto il segno spesso ambiguo e in questi casi del tutto
ipocrita che "e' la loro cultura" (sic!).
Possiamo comunque discutere anche della utilita' relativa di un ancoraggio
di legge.
L'argomento mi pare urgente dato che e' in arrivo una proposta di trattato
costituzionale europeo, e ammaestrata da Maastricht e Schengen e Nizza
vorrei che mi si dicesse come si fa a sottrarsi a un testo che dichiara che
il mercato e' il regolatore supremo: dunque l'Italia non sara' piu' una
repubblica democratica fondata sul lavoro, ma sul mercato, poiche' tutte le
politiche debbono rispondere al mercato; dove non vi saranno piu' servizi
pubblici (scuola, sanita', trasporti) perche' tutto potra' essere
privatizzato, pure l'acqua.
So che un gruppo di parlamentari europei di Rifondazione ha presentato un
emendamento  per introdurre nel trattato costituzionale europeo che
"L'Europa  rifiuta la guerra come strumento ecc.", una specie di art. 11: e'
una iniziativa da appoggiare? a noi pare di si'.
Inoltre - che io sappia - l'unico stato europeo che gia' ha un ordinamento
positivo di difesa popolare nonviolenta e' l'Austria, non per caso paese
neutrale.
Ma in generale si ritiene che la neutralita' dei paesi gia' neutrali debba
essere difesa nel progetto europeo, o no? perche' se si', la prospettiva
della neutralita' resta aperta, altrimenti esce di scena definitivamente, e
l'Europa si unifica cancellando il movimento operaio sottoposto al mercato,
lo stato sociale sostituito da una "assistenza moderna" e da servizi a
pagamento, senza citare la cittadinanza sessuata, nessun diritto universale
per chi vi immigra, e anche senza la possibilita' di essere neutrali.
Solo quattro stati europei al mondo, che io sappia, scelsero la neutralita'
per evitare di fare guerre. Insomma dell'Europa resta in piedi il passato
imperiale. Non per nulla il confronto e' tra Bush e Chirac: due imperatori;
e non vorrei dover scegliere Chirac solo perche' e' piu' laico  e
palesemente meno fuori di testa di Bush che adesso si considera anche
campione del "Bene". Avendo tempo potrei anche dedicarmi a convertire i
militari o gli uomini in generale ad essere dolci, gentili, e a praticare
una sessualita' nonviolenta, ma - sorry - davvero: prima vengono le mie
sorelle.

7. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: PROPOSTE PER UN'EUROPA DI PACE
[Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 696, ottobre 2003. Relazione tenuta a
un convegno promosso dalla rivista dei missionari saveriani "Missione oggi"
ed apparsa in essa, nel n. 7 dell'agosto-settembre 2003  (sito:
www.saveriani.it/missioneoggi)]

Che simboli, immagini, concetti evoca in me la parola "Europa"?
Geograficamente, e' una specie di riassunto del mondo. Con climi diversi,
pianure, fiumi. Niente e' eccessivamente grande. Le montagne piu' alte
restano quelle dell'Himalaya. I fiumi piu' lunghi sono altrove. Da punto di
vista culturale, questo frastagliamento si traduce in complessita',
differenziazione, razionalita'. Eppure, l'Europa non evoca il concetto di
"pace".
E' una storia di differenziazione. Non si potrebbe pensare, ad esempio, di
votare in Parlamento la lingua ufficiale, come si e' fatto negli Stati
Uniti. Erano incerti fra tedesco e inglese. E' passato l'inglese per pochi
voti. Si e' potuto fare tutto cio' perche' l'America e' un continente piu'
raccogliticcio e con delle presenze gia' molto determinate dal punto di
vista del potere. In Europa sarebbe impensabile votare "una" lingua
ufficiale, perche' la differenziazione e' molto radicata. Ci sono almeno
cinque o sei delle grandi lingue del mondo. Anche la razionalita' - cioe'
una certa idea di leggere il mondo secondo criteri universabilizzabili -
sembra nata in Europa.
L'Europa, pero', non e' stato un continente di pace. Al contrario, e' stato
il continente piu' aggressivo di tutto il pianeta. Non solo al suo interno,
ma nell'imperialismo, l'Europa ha battuto tutti gli altri.
Persino le religioni - trasferite dalla loro culla nel sistema politico
europeo con il grande patto tra impero romano e cristianesimo che ha dato il
via alla cristianita' (cioe' alla rappresentazione politica del messaggio
religioso) - hanno sviluppato caratteristiche aggressive nella predicazione.
Il fatto che tutte le ex colonie francesi siano prevalentemente cattoliche e
quelle inglesi prevalentemente evangeliche, dice chiaramente il rapporto di
subordinazione e di reciproco aiuto, sostegno. Questa "poco santa alleanza"
si e' realizzata anche nell'espansione missionaria.
*
La guerra moderna "made in Europe"
Di sicuro, l'unificazione dell'Europa e' di per se' elemento che modifica
gli equilibri politici mondiali. Allora diventa importante esaminare
l'Europa sotto il profilo della sua relazione con la guerra, e dei semi di
pace che ha dentro di se'. Questo e' il terreno sul quale mi muovero'.
Se esamina la propria storia, l'Europa ha prima di tutto da fare un'enorme
autocritica. Perche' la caratteristica della guerra moderna - cioe'
dell'attributo dell'esercizio della violenza legittimato allo Stato - e'
un'idea europea. La guerra preesisteva. C'era una guerra arcaica, che
consisteva in un patto per conquistare un territorio dove poter vivere. Ma
la guerra moderna e' un attributo dello Stato, della sua sovranita'. E'
considerata la legittimazione della violenza, che attribuita allo Stato
viene chiamata "forza"; serve per difendere i propri cittadini dai nemici.
C'e' questo passaggio che e' significativo della sottigliezza giuridica
della cultura europea: le armi sono violenza, l'Esercito e' un'istituzione
violenta, tuttavia quando e' assunta dallo Stato in funzione di tutela della
comunita' di cittadini/e, si chiama "forza" e diventa legittima.
Questa legittimazione avviene persino all'interno perche' gli strumenti
violenti che difendono il singolo cittadino dalla criminalita', si chiamano
"forze dell'ordine". La parola "forza" e' una legittimazione, non solo
un'ipocrisia giuridica, perche' in effetti quando la violenza diventa forza,
ha dei limiti; allo stesso modo, la forza che viene attribuita allo Stato,
ha pure dei confini: e' stata elaborata una teoria, sia in ambito cristiano
che in ambito politico, sulla "guerra giusta". Anche questa e' una
caratteristica delle riflessioni europee.
Quale guerra puo' essere dichiarata "giusta"? Nella tradizione giuridica
prevalentemente europea (diventata poi generale), si dice che quando uno
Stato ha subito un danno - ad esempio, gli e' stato portato via un pezzo del
suo territorio - e in nessun altro modo riesce a recuperarlo, puo'
legittimamente far ricorso alle armi. Questo uso e' legittimo se, nel
riparare il danno, c'e' un certo equilibrio. Il risarcimento deve essere
paragonabile al danno ricevuto.
Messe sotto questo giudizio, gia' la prima ma anche la seconda guerra
mondiale e' dubbio che fossero giuste. Vediamo perche'. Il fatto che
l'Italia volesse o rivolesse nel suo disegno di riunificazione di una
comunita' culturalmente abbastanza omogenea, almeno per tradizione
linguistica, il Trentino e il Friuli Venezia Giulia, era legittimo.
Diplomaticamente, era stata gia' quasi ottenuta. Non per niente Benedetto XV
defini' poi la guerra un'inutile strage. Per altre ragioni, l'Italia entro'
pero' lo stesso in guerra: seicentomila morti, grande indebolimento della
popolazione, altri seicentomila morti per la spagnola. E, gia' che
c'eravamo, abbiamo preso anche il Sud Tirolo. Puo' essere considerato un
risarcimento equo? La conquista di Bolzano non era nei disegni nemmeno del
piu' sfrenato dannunziano. Quindi sotto questo profilo, davvero un'inutile
strage anche solo per l'Italia.
*
Una violenza non legittimabile
La seconda guerra mondiale si conclude con lo sganciamento delle due
atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Questo e' un danno che non consente
risarcimento. Che risarcimento chiedi per duecentomila persone morte e danni
genetici che si ripropongono per generazioni, non si sa fino a quando? Da
quando c'e' l'atomica, la guerra e' uscita dall'orizzonte giuridico della
sua legittimazione possibile. Non ci sono piu' guerre giuste dopo l'atomica.
Perche' potenzialmente si puo' infliggere un danno ad una popolazione, che
non e' misurabile. Che implica le generazioni successive.
Se vogliamo usare la razionalita' europea, c'e' dunque un impegno storico di
definire i conflitti tra gli Stati - per qualsiasi ragione: territoriale,
culturale, religiosa, economica - senza una guerra, perche' c'e' sempre il
rischio dell'atomica. Ci troviamo di fronte ad un evento del tutto nuovo
nella storia del pensiero giuridico. E' venuta meno la possibilita' di dare
anche con sofisticati ragionamenti, con calcoli, ecc. una legittimazione al
passaggio dalla violenza alla forza. La guerra oggi e' dunque solo violenza
non legittimabile.
Questa e' una cosa con la quale l'Europa deve fare i conti. Un'Europa che ha
inventato la guerra moderna, come attributo legittimo degli Stati nella loro
sovranita'. Su questo terreno, deve dunque fare un'autocritica. Bisogna
restituire il maltolto, che in parte con la decolonizzazione e' gia'
avvenuto. Un maltolto piu' profondo, che e' quello dell'uso delle risorse
dei paesi impoveriti dalla nostra rapina, sarebbe un'altra parte di
risarcimento dovuto. Non e' solo un atto di bonta', ma qualcosa di
impegnativo: comporta anche un cambiamento delle relazioni economiche con le
altre aree del mondo.
*
I semi di pace
Dopodiche' non c'e' niente da salvare in Europa dal punto di vista della
pace?
C'e' una curiosa ambiguita' del messaggio cristiano e due movimenti molto
significativi. Il messaggio cristiano e' di per se' un messaggio di pace.
Tuttavia, sposandosi con il potere politico, spesso non ha portato alla
pace. Il patto tra trono e altare ha in parte cancellato questo volto di
pace del cristianesimo. Appunto solo in parte perche' testimonianze hanno
continuato ad agire, non pero' con il volto ufficiale della chiesa o delle
chiese.
Il messaggio cristiano ha dunque bisogno di fare un grande lavoro di
scrostamento e di recupero di una delle sue piu' straordinarie
caratteristiche dal punto di vista della storia: la laicita' delle
istituzioni pubbliche, politiche, dell'autorganizzazione della societa'. Un
elemento che e' invece del tutto assente nelle altre due religioni
monoteiste (ebraismo e islam). E' un tema fondamentale: una delle cose che
l'Europa cristiana potrebbe rivendicare.
Ci sono altri due movimenti che potrebbero essere messi a fondamento di
un'Europa che abbia fatto su di se' una sana autocritica: il movimento
operaio e il movimento delle donne. Entrambi non hanno mai voluto guerre.
Non ne hanno nemmeno mai provocate, a parte qualche caso isolato (ad
esempio, in tempi moderni, la Thatcher). Ma se facciamo un calcolo
proporzionale, siamo sul 3% contro un 97% degli uomini.
Il movimento operaio ha sempre temuto la guerra. Si spacco' in due
all'inizio della prima guerra mondiale. Rosa Luxemburg senti' la prima
guerra mondiale come una tragedia. Disse: "E' impensabile che i due piu'
organizzati proletariati d'Europa - quello francese e quello germanico -
travestiti da militari si sparino addosso agli ordini delle rispettive
borghesie nazionali".
Abbiamo dunque una lunga tradizione di non interventismo nel movimento
operaio, che ha utilizzato tutte le forme dell'azione nonviolenta:
assemblee, manifestazioni, petizioni, scioperi, picchetti, sabotaggio e
boicottaggio. La stessa Rosa Luxemburg pensava che la rivoluzione avrebbe
dovuto essere fatta attraverso uno sciopero generale ad oltranza, nel corso
del quale l'insediamento delle nuove classi avrebbe modificato le relazioni
nella societa'.
Anche il movimento delle donne ha questa stessa caratteristica. Esso
comincio' in Inghilterra con il suffragismo. E Gandhi ha studiato dalle
suffragiste inglesi le forme della lotta nonviolenta. Anche le suffragiste
facevano manifestazioni, sit-in, si legavano alle colonne dei palazzi del
potere. E intervenivano facendo della disobbedienza civile molto attiva. Una
delle prime cose che fecero, fu di occupare le tribune di Whitehall, il
Parlamento inglese, in un giorno in cui si discuteva la legge elegantemente
intitolata "Legge sui bastardi". Allora, buttarono dei volantini sui quali
c'era scritto: "Forse ci sono dei genitori bastardi, ma i figli...".
Suscitarono uno scandalo enorme. Poiche' erano signore della buona societa'
e, come tali, non dovevano nemmeno sapere che nell'Europa vittoriana c'erano
i bastardi.
Le suffragiste americane si sono segnalate invece per aver fatto una catena
di disobbedienza: avevano ospitato gli schiavi neri che scappavano dagli
Stati del Sud. Generalmente, questi schiavi avevano il nome e l'indirizzo di
una donna bianca, che li accoglieva. E dava l'indirizzo di un'altra donna
bianca, fino a quando non arrivavano negli Stati del Nord. E' curioso che
questo movimento delle donne cominci con dei temi relativi alla riproduzione
e con una sorta di alleanza con altri oppressi. Donne e neri, soprattutto
negli Stati Uniti, sono tradizionalmente collegati.
Penso che sia soprattutto questo, cio' che l'Europa debba rivendicare della
propria storia. Deve dire: "Da questi movimenti vengono suggerimenti di
relazioni fra le persone, i generi, le classi, le etnie, le religioni, molto
conflittuali, ma assolutamente contrari alla violenza e alla guerra".
Dunque, sono dei luoghi di studio importanti.
Con la "Convenzione permanente di donne contro le guerre", proponiamo che
l'Europa si costituisca come continente neutrale.
Proprio la sua scienza giuridica, le consente di dire: "Non c'e' piu' guerra
legittima. Io Europa, come continente, ne ho fatte di tutti i colori, e di
questo chiedo perdono; ma, nella mia storia, ho anche due grandi movimenti
che poi si sono diffusi in tutto il mondo, e che hanno radicalmente cambiato
le relazioni: sono molto conflittuali - considerano il conflitto una delle
forze della storia - e hanno usato tutte le forme della lotta nonviolenta".
*
Europa: un continente neutrale
La neutralita', dal punto di vista del diritto internazionale, e' una
decisione soggettiva di un ente giuridico. "Io, Stato, dichiaro che non
faro' guerra; prendo questo impegno davanti alla comunita' internazionale. E
questa fa lo stesso nei miei confronti. Dunque, non ospitero' sul mio
territorio basi militari o passaggi di truppe. E, di conseguenza, la
comunita' internazionale non potra' passare. A mia volta, mi impegno a non
fare politiche aggressive che debbano sfociare nella guerra; se cio' dovesse
avvenire, la comunita' internazionale mi metterebbe delle sanzioni. E' un
sistema di contrappesi giuridici abbastanza significativo. Applicato in
Europa, obbligherebbe la Nato ad andarsene.
Quando c'e' stata l'ultima guerra in Iraq, l'Austria ha dichiarato: "Sono
neutrale". E non e' passato neanche un fucile. Nemmeno il sorvolo dei suoi
territori era consentito.
Nel territorio europeo (non nell'Unione Europea), ci sono gia' quattro Stati
neutrali: la Svizzera, l'Austria, la Svezia e la Finlandia. Che cosa ne
facciamo? Non possono entrare in Europa perche' sono neutrali? Non possiamo
garantire che la loro neutralita' verra' rispettata anche nell'Europa unita?
C'e' gia' stato un ministro degli Esteri italiano, Gianni De Michelis, che
aveva dichiarato che l'Austria, se voleva entrare in Europa, doveva
rinunciare alla neutralita'.
Mi piacerebbe che anche un'Europa non neutrale riconoscesse la neutralita'
degli Stati europei che gia' l'hanno dichiarata. E che poi essa si
sviluppasse in modo da non ostacolare un futuro di neutralita', quando fosse
maturo. So che al momento e' impensabile presentare al Parlamento europeo
una proposta del genere: esso e' infatti larghissimamente orientato verso
l'Esercito europeo di difesa.
Quindi, per il momento, questa proposta non e' attuabile. Ma teniamo sullo
sfondo la nostra decisione: vogliamo un'Europa neutrale. Intanto facciamo
un'Europa che non ostacoli un futuro accesso alla neutralita'. Ad esempio,
facciamo una Costituzione europea dove, all'articolo 1, ci sia il diritto
alla pace.
*
La rivoluzione in ambito Onu
Questo porterebbe ad una significativa correzione nell'ambito delle Nazioni
Unite.
Penso che,  quando l'Europa sara' costituita, chiedera' di entrare all'Onu.
Si stanno costituendo queste mostruose forme non-giuridiche di intervento.
Ad esempio, su Israele ora interviene l'Europa, gli Stati Uniti, forse le
Nazioni Unite... Ma che cosa vuol dire? Il futuro dell'Iraq sara' gestito da
Stati Uniti, la sua coalizione e Onu: che significa? Le Nazioni Unite
vengono degradate ad un ruolo assistenziale, non piu' di direzione politica.
Bisogna uscire da questa logica.
Sono abbastanza vecchia da ricordarmi che, quando la Societa' delle Nazioni
fu sottoposta da parte di Hitler e Mussolini ad attacchi furibondi, e fini'
in pezzi, questo fu uno dei grandi segni della seconda guerra mondiale.
Perche' comunque una sede di comparazione giuridica qualche cosa vale.
Pensate a questa vicenda: con un calciomercato assolutamente sfrenato, gli
Stati Uniti non sono riusciti a comprare voti sufficienti per passare al
Consiglio di Sicurezza: gli ha detto di no il Camerun. Vuol dire che i soldi
non comprano tutto. Vuol dire che il diritto ha una sua forza.
La richiesta dell'Europa di entrare con una nuova identita' collettiva nelle
Nazioni Unite sarebbe l'occasione straordinaria per una riforma dello stesso
Onu. Bisognera' allora ridiscutere la formazione del Consiglio di Sicurezza.
La nostra proposta e' un'Europa unificata, che abbia nella sua Costituzione
il diritto alla pace, con la prospettiva di diventare un continente neutrale
(e percio' un polo di riferimento al mondo di tutti i popoli e i paesi che
vogliono evitare la guerra).
Potrebbe ad esempio ospitare sul suo territorio, visto che ha una grande
tradizione giuridica, tutti i tribunali penali internazionali. Potrebbe
essere il luogo di formazione di una magistratura e di una polizia
internazionale, che intervenga contro i crimini di guerra. In questo senso,
l'avvio del Tribunale penale internazionale - malgrado l'opposizione degli
Stati Uniti - e' significativo. E' un grande segno della forza del diritto.
Cosa proponiamo per le Nazioni Unite? Che la forza dell'Europa rimetta in
discussione le strutture. Chiediamo che il Consiglio di Sicurezza sia tutto
a rotazione. Che l'Assemblea venga dotata di maggiori poteri decisionali.
Che il diritto di veto venga tolto, o venga reinterpretato per quello che
era in epoca romana: non lo detenevano i consoli, ma i tribuni della plebe;
chi aveva gia' il potere, non occorreva che avesse anche il diritto di veto.
Questo potrebbe essere dato ai popoli impoveriti. L'Argentina potrebbe
mettere il veto al Wto, ad esempio.
Alcuni propongono che il Consiglio di Sicurezza diventi il governo del
mondo. Questo mi parrebbe, ora come ora, una fuga in avanti. Si potrebbe
invece cominciare col dire che tutte le agenzie Onu diventino i luoghi in
cui si preparano i futuri governi del mondo. Sulla cultura, sull'infanzia,
sui rifugiati, ecc. si puu' allevare un personale di governo, anche
diplomatico, significativo. Ce n'e' da fare - come vedete - per i prossimi
150 anni...
Non dobbiamo mettere limiti alla nostra fantasia politica.
In questo momento, si soffre soprattutto di una grande asfissia politica:
meschinita' nella politica di tutti i giorni; e grandi gesti di prepotenza
nella politica in cui si decidono le sorti del mondo. Non e' sano. Perche'
induce ad essere o leghisti o imperialisti. Questi sono due eccessi che
ripudio. E' importante stabilire dei territori di possibili conflitti che
vengono tutti analizzati, riconosciuti. E poi ci si impegni per trovare
forme nonviolente per la loro gestione. La pace - che non ha finora alcuna
definizione giuridica positiva (e' solo cessazione della guerra) - potrebbe
diventare "gestione o governo nonviolento dei conflitti".

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 76 del 10 agosto 2006

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