La nonviolenza e' in cammino. 1383



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1383 del 10 agosto 2006

Sommario di questo numero:
1. "Una citta'" intervista Pierre Vidal-Naquet
2. La "Carta" del Movimento Nonviolento
3. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. UNA CITTA'" INTERVISTA PIERRE VIDAL-NAQUET
[Dalla bellissima rivista "Una citta'", n. 140, giugno-luglio  2006
(disponibile anche nel sito: www.unacitta.it) riprendiamo la seguente
recente intervista a Pierre Vidal-Naquet, scomparso pochi giorni fa. Pierre
Vidal-Naquet (1930-2006), resistente antifascista, oppositore della guerra
d'Algeria, storico e militante democratico, intransigente difensore dei
diritti umani di tutti gli esseri umani. I suoi genitori furono deportati e
uccisi ad Auschwitz, giovanissimo prese parte alla Resistenza; tra gli
intellettuali francesi piu' impegnati contro la guerra d'Algeria, fu tra i
primi a denunciare l'uso della tortura da parte delle truppe francesi in
Algeria, e fu tra i promotori del "Manifesto dei 121"; illustre studioso
dell'antichita' classica, direttore di studi all'Ecole des Hautes Etudes en
Sciences Sociales, con Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant uno dei
fondatori del Centre de recherche comparee sur les societes anciennes;
sempre impegnato contro ogni oppressione ed ogni misitficazione, e' uno dei
nostri indimenticabili maestri. Tra le opere di Pierre Vidal-Naquet tradotte
in italiano: Lo stato di tortura, Bari 1963; Il buon uso del tradimento,
Editori Riuniti, Roma 1980; Gli ebrei, la memoria e il presente, Editori
Riuniti, Roma 1985; Il cacciatore nero, Editori Riuniti, Roma 1988,
Feltrinelli, Milano 2006; Gli assassini della memoria, Editori Riuniti, Roma
1993; La democrazia greca nell'immaginario dei moderni, Il Saggiatore,
Milano 1996; Il mondo di Omero, Donzelli, Roma 2001; Lo specchio infranto.
Tragedia ateniese e politica, Donzelli, Roma 2002; (con Jean-Pierre
Vernant), Mito e tragedia nell'antica Grecia, Einaudi, Torino 1976; (con
Jean-Pierre Vernant), Mito e tragedia due. Da Edipo a Dioniso, Einaudi,
Torino 1991, 2001]

Pierre Vidal-Naquet, storico dell'antichita', intellettuale impegnato nella
difesa dei diritti dell'uomo, contro la tortura in Algeria, e contro il
negazionismo, e' nato nel 1930 a Parigi. Nel giugno del 1940 la famiglia si
rifugia a Marsiglia dopo un lungo esodo perche' il padre rifiuta di lasciare
la Francia. Il 15 maggio del 1944 il padre e la madre vengono arrestati. Non
li vedra' mai piu'. Lui invece scampa miracolosamente alla deportazione. Con
la liberazione, torna a Parigi, dove vive con la nonna e altri parenti.
Studia al Liceo Carnot, dove si appassiona alla tragedia greca, come pure
alla storia. A 18 anni. con alcuni amici, da' vita alla rivista
"Imprudence". Nel '48, il processo Rajk, in Ungheria, svanisce del tutto la
tentazione di aderire al Partito Comunista. Giovane docente universitario
prosegue il suo lavoro sulla Grecia antica, "eterodosso" rispetto agli studi
tradizionali per l'influsso di Platone, ma anche di Dumezil e Levi-Strauss.
Nel 1958 firma il Manifesto dei 121, contro la guerra díAlgeria. Viene
sospeso dall'insegnamento. Il suo primo libro, L'Affaire Audin, e'
consacrato alla guerra d'Algeria. Fedele agli ideali anticolonialisti e
indignato per l'uso della tortura (di cui il padre era stato vittima dopo
l'arresto nel '44) scrive La raison d'Etat et La torture dans la Republique.
Tra i molti libri sulla Grecia antica, ricordiamo Il cacciatore nero. Forme
di pensiero e forme di articolazione sociale nel mondo greco antico
(Feltrinelli) e, con Jean-Pierre Vernant, i due volumi Mito e tragedia
nell'antica Grecia (Einaudi). Ha inoltre scritto Il buon uso del tradimento.
Flavio Giuseppe e la guerra giudaica (Editori Riuniti).
Vidal-Naquet ha ingaggiato anche una dura lotta contro i negazionisti e i
revisionisti, in particolare con il libro Gli assassini della memoria
(Editori Riuniti), dedicato alla madre. Si e' infine molto occupato del
conflitto israelo-palestinese, prendendo fin da subito posizione per uno
stato palestinese. E' stato direttore dell'Ecole des hautes etudes en
sciences sociales (Ehess), e ha insegnato negli Stati Uniti, in Inghilterra
e in Italia.
Le sue memorie sono state raccolte in due volumi: La brisure et l'attente,
1930-1955 e Le trouble et la lumiere, 1955-1998 (Seuil/La Decouverte). Il
suo ultimo libro e' L'Atlantide. Petite histoire d'un mythe platonicien, Les
Belles Lettres, 2005. Oggi vive a Parigi [e' deceduto nel luglio 2006 -
ndr].
*
- "Una citta'": Come si poneva nella vostra famiglia il problema
dell'assimilazione?
- Pierre Vidal-Naquet: Sono nato a Parigi in un quartiere molto borghese,
mio padre era avvocato, mia madre era originaria della comunita' ebraica del
Comtat Venaissin; la questione dell'assimilazione non si poneva per noi:
eravamo francesi e basta. Certo sapevamo di essere ebrei ma, quando chiedevo
cosa significasse, la risposta era che quella ebraica e' la madre di tutte
le religioni.
Non ebbi una vera e propria educazione religiosa, mio padre quando avevo 11
anni mi disse di essere ateo, gli chiesi chi mi avesse creato e lui
indicando mia madre rispose: "Noi".
C'era poi una forma di simpatia per il protestantesimo, che per noi
significava l'Inghilterra. Che anche la Germania fosse protestante non ce ne
rendevamo conto. Ricordo che un giorno mi disse: "Se sopravviveremo ci
convertiremo all'anglicanesimo". Nel '40 la nostra sola speranza era la
vittoria dell'Inghilterra, solo in seguito subentro' l'America.
A segnarmi fu il racconto che nel '41-'42 mio padre mi fece dell'affare
Dreyfus. A sbalordirmi nell'affare Dreyfus non era la parte iniziale, bensi'
il processo di Rennes. Dopo la cassazione del caso, a Rennes lo condannano
di nuovo ammettendo delle circostanze attenuanti: ma se aveva tradito non
c'era bisogno di circostanze attenuanti, se non aveva tradito non c'era
ragione di condannarlo.
Mio padre a quel tempo pensava che i grandi criminali fossero, oltre Petain
e Laval, i tedeschi. Nel suo diario parla della strage degli armeni e scrive
che sono i tedeschi ad aver suggerito ai turchi di massacrare gli armeni
(che e' falso, i turchi non avevano bisogno dei consigli dei tedeschi). Fui
anche considerato un traditore dagli armeni il giorno in cui difesi
l'elezione di Gilles Veinstein al College de France dichiarando che
Veinstein, un professore di turcologia di origine ebraica, era accusato
ingiustamente di negazionismo relativamente alla strage degli armeni. E'
curioso, mi hanno accusato di essere complice di un negazionista quando per
tutta la vita ho difeso la causa degli armeni. Li assimilavo un po' a quello
che avevano subito gli ebrei.
*
- "Una citta'": Quindi l'affare Dreyfus e' un punto nodale nella sua vita?
- Pierre Vidal-Naquet: Si', centrale, anche riguardo alla questione
algerina. Fin da subito fui contro la guerra d'Algeria per ragioni legate al
fatto che durante la guerra avevamo lottato per il diritto dei popoli
all'autodeterminazione, perche' la Francia fosse indipendente, e allora che
l'Algeria lottasse per essere indipendente mi pareva del tutto legittimo.
Idealmente ero contro la guerra d'Indocina, contro la repressione in Tunisia
e Marocco e contro la guerra in Algeria.
Líimpegno pero' e' una cosa diversa. L'impegno per me arrivo' nel Natale del
'56 in seguito all'incontro con il mio piu' vecchio amico Robert Bonnaud che
mi descrisse come aveva assistito a una strage di prigionieri algerini.
Rimasi talmente inorridito che gli chiesi di metterlo per iscritto. Volevo
venisse pubblicato e cosi' avvenne, su "Esprit" nell'aprile '57.
Nell'estate di quell'anno segui' la scomparsa di Maurice Audin e l'arresto
di Henry Alleg. Jerome Lindon, delle Editions de Minuit, era il figlio di un
amico di mio padre che era stato sostituto procuratore alla Corte di
Cassazione, oltre che uno degli artefici della repressione contro i
collaborazionisti dopo la guerra; un altro amico di mio padre Andre'
Boissarie era procuratore generale della Liberazione e mi diceva che non
aveva scrupoli nei confronti dei torturatori: meritavano di essere fucilati.
Per me, l'idea che i francesi potessero torturare, sapendo che mio padre
dopo il suo arresto, il 15 maggio 1944, era stato torturato dalla Gestapo...
Ecco, questa idea mi disgustava proprio come patriota. A quei tempi avevo
stilato una tipologia della resistenza francese alla guerra d'Algeria
distinguendo tre temperamenti: i dreyfusardi, i bolscevichi, che
identificavano l'Fln con un partito di tipo leninista, e i terzomondisti,
quelli che vedevano nel Terzo Mondo la salvezza mondiale. Naturalmente non
esistevano ne' dei bolscevichi puri, ne' dei terzomondisti puri, ne' dei
dreyfusardi puri...
Mauriac, per dire, era un dreyfusardo cattolico come Peguy, solo che Peguy
era diventato cattolico dopo essere stato dreyfusardo, all'epoca del caso
Audin era socialista. Ad ogni modo, nel '58 quando mettemmo insieme un certo
numero di dossier li raggruppammo col titolo "Nous accusons" come il
"J'accuse" di Zola. Lo stesso organo contro il razzismo e per la pace
durante l'occupazione si chiamava "J'accuse".
Io in realta' ero piuttosto un incrocio delle tre categorie, ma certo il
punto di vista dreyfusardo era molto importante.
Nel primo volantino sull'affare Audin, che ho scritto io, il confronto
esplicito era proprio coi dreyfusardi. C'erano espressioni del tipo: "Noi
non cederemo come non l'hanno fatto i dreyfusardi un tempo".
Evidentemente qui la situazione era piu' complicata perche' c'era di mezzo
anche il colonialismo, pero' eravamo decisi a far valere l'idea che la
tortura e' un male in se', e non la si puo' ammettere neanche per i propri
nemici.
Su questo ho un altro aneddoto. In seguito alla venuta a conoscenza che
persone dell'Oas erano state torturate ci fu una nostra protesta, che
sorprese molta gente. Ricordo che l'avvocato di Maurice Audin mi telefono' e
mi disse: "Sono stato informato che il comitato Audin avrebbe protestato
contro le torture che sarebbero state fatte a membri dell'Oas", al che io
confermai, gli lessi anche il comunicato. Sapete che rispose? "Non capisco
come persone che lottano da anni contro la tortura abbiano potuto firmare un
comunicato simile". Cioe': non capisco come persone che lottano da anni
contro la tortura possano continuare a lottare contro la tortura!
Io comunque denunciai fin da subito anche le torture che praticavano gli
algerini. Usci' un mio articolo sull'"Observateur" su un caso di tortura
inflitto dagli algerini a un marinaio francese. Un particolare divertente: a
quel tempo l'Ambasciata algerina ci comunico' di essersi informata su queste
"voci" di tortura spiegandoci che erano false. Chiedemmo quali fossero le
loro fonti e ci fu risposto che si erano informati presso il ministro degli
interni! Tempo fa su "Le Monde" sono uscite alcune recensioni del libro di
Meynier e Harbi sui documenti dell'Fln. Ebbene, in questi documenti, firmati
da Amirouche, capo della wilaya di Cabilia, ci sono ordini del tipo: "Non
torturate che quando e' necessario". Esattamente quello che dicono gli
israeliani.
E' sorprendente, ho pubblicato tempo fa un articolo "Israel et la torture"
che mi e' valso rimproveri severi da parte degli israeliani.
*
- "Una citta'": Che posizione assunsero i comunisti?
- Pierre Vidal-Naquet: Quello che volevano i comunisti era avere il
monopolio della denuncia. Quando riuscimmo a ottenere delle informazioni
sulla morte di Maurice Audin, grazie a due funzionari (il fratello di un
ministro della Liberazione, segretario generale della Prefettura di Algeri,
e il commissario centrale della citta' d'Algeri), facemmo un comunicato
intitolato "La morte di Maurice Audin". I comunisti usarono tutti i mezzi
possibili per impedirne la pubblicazione col pretesto che solo una
dichiarazione di Madame Audin era accettabile. Audin era comunista e il
giornale "Liberation", che era piu' o meno controllato dal Partito
comunista, alla fine pubblico' il comunicato, ma col titolo "Madame Audin
accusa".
*
- "Una citta'": Cosa pensa della posizione di Camus sull'Algeria?
- Pierre Vidal-Naquet: Ammiro molto lo scrittore, ma ebbe un atteggiamento
troppo vicino ai pieds noirs. Sostenne il progetto di un deputato gaullista,
che si chiamava Lauriol, che prevedeva una struttura federale. Mi sembrava
un'impresa impossibile, ero molto sensibile alle sventure dei pieds noirs
ma, data la crisi, la loro posizione - un'Algeria multietnica - diventava
ogni giorno meno praticabile. Noi abbiamo fatto quello che abbiamo potuto.
Nell'ultimo numero di "Verite'-Liberte'", che era il nostro organo, abbiamo
pubblicato un appello agli europei e agli ebrei di Algeria perche'
restassero sul posto. Ma era tardi...
*
- "Una citta'": Parliamo di Israele. E' in contatto coi nuovi storici
israeliani?
- Pierre Vidal-Naquet: Ero molto amico di Simha Flapan, lo sono stato fino
alla morte, come pure di sua moglie, una persona deliziosa. Una volta, in
Israele, gli dissi che dovevano fare un'operazione acarniana... Gli Acarnesi
e' un'opera di Aristofane in cui un personaggio propone una pace separata
con gli spartani; dissi che dovevano fare un accordo di pace separata con i
palestinesi. E' l'idea di Ginevra, ma io l'ho detto nel '70 durante il mio
primo viaggio in Israele.
*
- "Una citta'": Certo. Forse pero' gli israeliani sceglierebbero di
identificarsi con gli spartani. O no?
- Pierre Vidal-Naquet: Ashery mi disse: "Noi siamo una Sparta di tre milioni
di abitanti che regnano su due milioni di iloti" . Era il '70. La situazione
poi e' peggiorata perche' nel '70 non c'erano quasi colonie. Io vidi un
kibbutz nel Golan, ce n'erano pochi altri.
In quello che visitai parlai con un israeliano che si sentiva completamente
a casa sua e diceva che quando ascoltava le radio arabe non le sentiva mai
reclamare il Golan, e che mi spiego' che erano li' per ragioni militari.
Qualche anno dopo, durante il secondo viaggio, ci accompagnava un
colonnello, c'era lo sciopero delle colonie del Golan e dei drusi si erano
chiusi all'interno del villaggio con sbarre metalliche...
*
- "Una citta'": Una delle grandi figure della destra israeliana, Jabotinsky,
viveva nel mito di Sparta, voleva una societa' modellata sulle sue virtu'
militari e civiche...
- Pierre Vidal-Naquet: Purtroppo c'erano altre persone che la pensavano
cosi'. Ancora prima del nazismo molti storici nazionalisti tedeschi si
identificavano in Sparta contro l'Atene francese. Un noto storico tedesco ha
pubblicato un libro sulla repubblica degli avvocati - la repubblica degli
avvocati erano Atene e la Francia. L'opposizione Sparta-Atene gioca fra la
Francia e la Germania da moltissimo tempo. Mentre invece i rivoluzionari
francesi, Saint-Just e Robespierre, si dicevano spartani. Robespierre
diceva: "Sparta brilla come un fulmine nelle tenebre immense".
*
- "Una citta'": I giacobini estremi perche' c'era una parte che si
riconosceva in Atene...
- Pierre Vidal-Naquet: Solo Camille Desmoulins. Nella querelle con
Robespierre, Desmoulins aveva detto: "I veri democratici, i veri
repubblicani erano gli ateniesi".
*
- "Una citta'": Nicole Loraux ha scritto L'oubli dans la cite' dove Atene fa
dell'oblio una base su cui costruire. Dopo i grandi tiranni l'oblio e'
istituzionalizzato e in effetti la tragedia diceva: "Non ricordate le cose
cattive". Lei si e' interrogato sul rapporto fra buon oblio e cattivo oblio.
In Israele questo problema e' vivissimo, per alcuni l'oblio e' una
condizione indispensabile per andare avanti, la tabula rasa; per altri, come
i nuovi storici, lo e' il ricordare... Come vede il problema?
- Pierre Vidal-Naquet: Sapete qual e' stato il cambiamento di Benny
Morris... Lui che era il prototipo stesso dei nuovi storici ora e' per il
trasferimento dei palestinesi... L'articolo di Nicole Loraux e'
assolutamente fondamentale, e' stata la mia migliore allieva, morta un anno
fa, di un attacco cerebrale... terribile.
Dunque, e' evidente che non si puo' vivere con la presenza permanente del
passato.
Torniamo, per capire, al 1962 in Francia. Il problema e' che nel '62 ci fu
una falsa simmetria fra due amnistie, fra l'altro mai proclamate
pubblicamente dalla Repubblica. La prima amnistia, legata agli accordi di
Evian, seppello' tutto quello che era stato fatto, si liberarono tutti i
maquisards condannati a morte in Algeria, e un mese dopo si fece la stessa
cosa in Francia. Accanto a questa passo' una seconda amnistia che riguardava
gli artefici della repressione. La grande differenza, che suscito' la mia
indignazione al tempo, e' che gli algerini che erano stati decapitati e
fucilati non potevano recuperare la vita mentre gli artefici della
repressione non erano mai stati condannati.
*
- "Una citta'": Plotino dice che l'anima immemore e' buona: quando e' bene e
quando e' male dimenticare?
- Pierre Vidal-Naquet: Dimenticare e' bene quando c'e' stata la punizione,
dimenticare e' male quando non c'e' stata punizione...
*
- "Una citta'": In Sudafrica, in nome della riconciliazione, basta
raccontare tutta la verita' per evitare la punizione...
- Pierre Vidal-Naquet: E' esattamente quello che propose il direttore di
"Verite'-Liberte'" al momento del grande dibattito sulla tortura, un'idea
eccellente ma per questo occorreva... anche dopo la guerra del '14
riabilitarono una parte di fucilati della grande guerra, un generale ha
scritto un eccellente libro su questo. E' una questione molto appassionante.
E pero' io credo che la ferita non possa richiudersi senza che ci sia stata
punizione.
*
- "Una citta'": Vorrei tornare alla prima parte della sua biografia. C'e' un
fenomeno del quale non trovo spiegazione: nella sua storia familiare, come
in quella di tanti altri ebrei, un giudaismo molto integrato, assimilato,
borghese e anche nazionalista fino alla seconda guerra mondiale, pratica
un'endogamia assoluta. Ma dopo la guerra, che genera un'adesione piu' forte
al giudaismo, l'endogamia finisce...
- Pierre Vidal-Naquet: Non saprei spiegare questo fenomeno, e'
paradossale... Mia moglie non e' ebrea, mia sorella ha sposato un corso. La
riscoperta del giudaismo per me e' avvenuta attraverso la storia, attraverso
l'insegnamento del periodo ellenistico. Scoprii questo personaggio del tutto
straordinario che e' Flavio Giuseppe e scrissi Il buon uso del tradimento.
E' evidente che Flavio Giuseppe e' un intermediario che si rivolgeva agli
assediati da abbastanza lontano per non venire colpito e da abbastanza
vicino perche' lo sentissero. Mio figlio maggiore, che non e' stupido, mi ha
detto: "E' Vidal-Naquet che si rivolge agli israeliani perorando la causa
palestinese da abbastanza lontano perche' non lo uccidano". La riscoperta
del giudaismo la devo molto anche a Jerome Lindon, il cui nonno faceva
Lindonbaum, che pubblico' un piccolo libro che si chiama Judas e che e'
un'apologia del tradimento...
*
- "Una citta'": Si utilizza spesso il suo nome per fare elogi a volte un po'
semplicistici del tradimento, dello storico come traditore. Ma nel suo
percorso si vede, al contrario, una grande fedelta' ai valori dreyfusardi
che l'accompagnano dall'infanzia fino a oggi. Flavio Giuseppe e' passato
nell'altro campo, lei e' sempre restato nel suo campo... Un capitolo delle
Memoires si intitola "Fedelta'".
- Pierre Vidal-Naquet: Lei le ha? Dove le ha prese?
*
- "Una citta'": Presso la biblioteca dell'universita' di Gerusalemme.
- Pierre Vidal-Naquet: Ci sono? C'e' stato un momento in cui non c'era
neanche uno dei miei libri.
*
- "Una citta'": I suoi libri ora ci sono quasi tutti.
- Pierre Vidal-Naquet: Una raccolta di miei testi e' stata tradotta in
ebraico, grosso modo e' la traduzione di una scelta dai tre volumi di Gli
ebrei, la memoria e il presente. Ma anche la mia produzione storica e' stata
tradotta.
*
- "Una citta'": Lei era molto legato ad Arnaldo Momigliano, che proveniva da
una famiglia di esiliati francesi passati in Piemonte, professore a Pisa,
Gerusalemme, Oxford...
- Pierre Vidal-Naquet: Momigliano ha scritto un'introduzione a Il buon uso
del tradimento. Flavio Giuseppe e la guerra giudaica. Il titolo l'aveva
colpito molto, disse che si poteva capire quel titolo solo facendo allusione
a Pascal, alla "Priere pour demander a' Dieu le bon usage des maladies". E
alla fine lo accetto', quel titolo che lo aveva colpito cosi' negativamente.
Si', Momigliano e' stato uno dei miei maestri.
*
- "Una citta'": E Bickermann?
- Pierre Vidal-Naquet: Quando gli ho inviato il testo di Flavio Giuseppe mi
disse che era a favore dei romani contro gli zeloti. C'e' una sua frase che
cito sempre: "Gli ebrei sono diventati il popolo del Libro quando questo
libro e' stato tradotto in greco". E' una frase magnifica, di una
profondita' inaudita.
*
- "Una citta'": Un ellenista, quindi, che si interessa all'ellenismo
ebraico... Fra persone di una certa borghesia italo-francese o
americano-francese sembra che il giudaismo permetta di stabilire un legame
fra la contemporaneita', e il problema quindi dell'identita' personale, e il
passato greco...
- Pierre Vidal-Naquet: Potrei aggiungere anche un certo internazionalismo.
Il mio giudaismo e' diasporico. Ho fatto una prefazione a un libro
intitolato Etre un peuple en diaspora, ma il titolo giusto sarebbe stato
Scegliere la diaspora. Sono un ebreo fermamente diasporico, quindi
fermamente non sionista, che rivendica il giudaismo come un fenomeno
internazionale e la mia parola greca preferita e' un termine che significa
"variopinto".
*
- "Una citta'": Conoscendo le sue memorie e il suo lavoro, si ha
l'impressione che lei sia una persona molto impegnata, ma che sta anche in
disparte, come uno spettatore in qualche modo distaccato...
- Pierre Vidal-Naquet: Ha completamente ragione. E' quello che chiamo il
paradigma "Souliers de satin". La protagonista di Claudel prima di
impegnarsi nella vita amorosa depone la sua scarpetta di satin sull'altare
della Vergine, il che significa che potra' farne di tutti i colori, ma ci
sara' sempre questo legame che la lega all'altare della Vergine. La mia
scarpa di satin e' la Grecia, cioe' ho scelto la storia greca perche' mi
permetteva di avere il distacco necessario davanti alle sollecitazioni
dell'impegno nel presente. Come vede ha completamente ragione.
*
- "Una citta'": Quindi non e' attraverso la storia greca che lei e' arrivato
all'impegno, semmai la storia greca le ha permesso di tenere una certa
distanza... Come scelse la storia e quella greca in particolare?
- Pierre Vidal-Naquet: Fu in occasione di un lavoro sul romanzo che maturai
la consapevolezza di dover studiare le cose nella loro totalita' e per me la
totalita' era la storia (la qual cosa ha indignato qualcuno, come se non ci
fossero stati filosofi specialisti della totalita').
Perche' la storia greca? La scelta e' legata a un episodio della mia
gioventu'. Pensavo di fare una tesi sulla guerra di Spagna, ma un giorno il
mio amico Alan Michel mi parla di un suo compagno che stava facendo un
lavoro sulla filosofia della storia, "e legge Hegel - aggiunse Michel - come
se tutto non fosse gia' in Platone". Mi venne l'idea che sarebbe stato
interessante studiare la concezione della storia in un uomo cosi' ostile ad
essa come Platone. Ne parlai al mio professore Marrou, che accetto', senza
rendermi conto in quel momento che scegliere quell'argomento era anche
scegliere il futuro, la storia antica. Feci uno studio sulla concezione
della storia nel IV secolo e mi trovai assistente nella Facolta' di Lettere
di Caen.
*
- "Una citta'": Parliamo un po' di Israele. A proposito della sua
rivendicazione di essere un ebreo della diaspora, con la situazione che c'e'
in Medio Oriente, il rapporto fra gli ebrei della diaspora e Israele e'
particolarmente complesso. In un'intervista di qualche tempo fa Jeff Halper,
un israeliano che fa parte del comitato contro la demolizione delle case
palestinesi e che conosce anche molto bene la situazione delle comunita'
europee e americane, diceva che gli ebrei della diaspora dovrebbero lasciare
andare Israele e Israele dovrebbe lasciare andare gli ebrei della diaspora,
perche' si fanno un cattivo servizio reciproco...
- Pierre Vidal-Naquet: Fin dal mio primo viaggio in Israele ho denunciato
quelli che ho chiamato gli "strani personaggi" che parlano nel nome del
giudaismo francese.
Certo, questo non mi ha reso molto popolare. Un giorno, uscendo da casa mia,
un signore mi chiese se ero il signor Vidal-Naquet e mi disse che erano in
600.000 a disprezzarmi (600.000 e' il numero approssimativo degli ebrei
francesi)... E' verissimo che gli organi ufficiali del giudaismo francese
sono di un servilismo abominevole nei confronti di Israele e questo non
significa che rappresentino la maggioranza perche' molte persone hanno
raggiunto una loro autonomia, ma non si esprimono, sono gli ebrei del
silenzio.
*
- "Una citta'": Comunque sono molti gli ebrei che dicono che per loro
Israele e' come un'assicurazione sulla vita...
- Pierre Vidal-Naquet: Lo so bene, ma ci si dovrebbe anche porre questa
domanda: qual e' il paese in cui gli ebrei sono in pericolo? Questo paese e'
Israele, non e' la Russia. In Sudafrica ho incontrato un professore di
ebraico che aveva scelto il Sudafrica perche' non poteva piu' sopportare il
clima di Israele. Ha scelto il Sudafrica dopo l'arrivo di Mandela.
Straordinario.
*
- "Una citta'": Ho l'impressione, pero', che il Sudafrica non abbia superato
del tutto l'apartheid...
- Pierre Vidal-Naquet: No, e' evidente quando si entra in un ristorante: i
clienti sono bianchi e i camerieri sono neri. Laggiu' ho conosciuto un uomo
di nome Pretorius, come il fondatore di Pretoria, che mi disse che fino a 18
anni non sapeva che ci fossero dei neri in Sudafrica... Pero' ora li vede.
Del resto ho sentito anche dei bianchi dire che l'apartheid era un crimine.
Quel viaggio per me e' stato affascinante perche', anche se mi rendevo
perfettamente conto che l'apartheid di fatto esisteva sempre, tuttavia
veniva anche violato tutti i giorni. Nel grande mercato di Johannesburg si
vedevano dei bianchi, ma c'erano pure dei neri che parlavano francese
perche' venivano dall'ex Congo belga... Certo, ho visto un'universita'
interamente bianca, non a Citta' del Capo, all'interno. Nonostante tutto,
quindi, e' stato fatto un grande passo nella direzione giusta e l'esempio di
quel professore di ebraico che ha scelto il Sudafrica perche' almeno la'
erano misti e' straordinario.
*
- "Una citta'": Michel Warshawski dice che Israele sembra aver preso la
strada di Masada.
- Pierre Vidal-Naquet: C'e' un complesso di Masada in Israele, e' evidente.
*
- "Una citta'": Lei e' in contatto con molti intellettuali israeliani, anche
critici nei confronti del governo di Israele. Quali sono i rapporti coi suoi
amici sionisti che abitano in Israele?
- Pierre Vidal-Naquet: I rapporti con i miei amici sionisti sono diventati
difficili. Ce ne sono che sono interamente sulle mie posizioni e anche piu'
radicali di me. Penso a un uomo come Daniel Amit: ho abitato a casa sua a
Gerusalemme, e' una persona meravigliosa, gli ho scritto quando ho letto un
suo testo nella "New York Review of Books" contro la linea ufficiale
israeliana.
Con Sternell non ho mai parlato di politica, lo vedevo quando ero a Oxford,
lavoravamo nella stessa biblioteca. L'unico dei miei amici israeliani che ha
un po' tradito e' Elie Barnavi perche' fare l'ambasciatore di Sharon e'
comunque molto difficile, per quanto mi abbia scritto che un ambasciatore
non rappresenta un governo ma uno Stato... Non e' molto convincente come
argomento. Fra i nuovi storici ho sostenuto Tom Segev...
*
- "Una citta'": Ad esempio Dan Bar-On e Sami Adwan sono due "traditori"
delle loro comunita', ma non sono transfughi, non sono passati col nemico
bensi' col traditore dell'altra parte...
- Pierre Vidal-Naquet: Beh, quando ho ricevuto il libro La storia
dell'altro, che voi avete curato e pubblicato in italiano, l'ho proposto a
Liana Levi che l'ha tradotto e in Francia ha venduto ora 15.000 copie con la
prefazione che ho scritto per "Una citta'". Per me questo libro e' stato un
avvenimento e il fatto che sia adottato come libro di testo in alcuni licei
in Israele e in Palestina...
Il solo che e' passato nell'altro campo e' Uri Avnery che e' diventato
"ambasciatore" della Palestina. L'ho conosciuto nel mio primo viaggio in
Israele.
*
- "Una citta'": Avnery ha un percorso strano perche' nel '48-'49 ha
pubblicato due libri a distanza di alcuni mesi, da una parte un inno
all'eroismo militare della guerra di Indipendenza, dall'altra una denuncia
delle espulsioni, stragi, torture contro i palestinesi. I due libri sono
diventati dei miti in due campi diversi.
- Pierre Vidal-Naquet: Lo conosco bene, l'ho incontrato a un ricevimento
organizzato da Leila Shahid (rappresentante della Palestina in Francia,
ndr). A proposito di Leila, tempo fa il presidente di "France-Palestine" mi
telefono' perche' denunciassi la denuncia da lei subita da parte di persone
di EuroPalestine. Sono dei mascalzoni, dei veri antisemiti...
*
- "Una citta'": Mi avevano invitato a una conferenza l'anno scorso a Parigi,
non ci sono andato. La condizione era che ci fosse da parte mia
un'approvazione netta del boicottaggio contro le universita' israeliane, io
trovavo che questo boicottaggio fosse un'azione del tutto irresponsabile, ho
scritto una lettera che loro non hanno pubblicato e che e' stata pubblicata
da "Una citta'"...
- Pierre Vidal-Naquet: Denunciare Leila Shahid come agente sionista supera
ogni limite. Io l'ammiro, e' un'oratrice eccellente, parla con una facilita'
e un'autorevolezza assolutamente straordinarie, in piu' e'
straordinariamente calorosa e intelligente, e' favorevole ai due Stati, a
favore di Ginevra; lei non c'e' andata, era in Palestina, nella striscia di
Gaza dove il numero di case distrutte era spaventoso. Le persone di
EuroPalestine che hanno denunciato Leila Shahid hanno commesso una vera
carognata.
*
- "Una citta'": Cosa pensa delle posizioni di Edward Said?
- Pierre Vidal-Naquet: Ho conosciuto Edward Said quando e' venuto a Parigi,
avevo molto affetto e ammirazione per lui, e' stato incredibilmente
insultato dagli israeliani, dagli ebrei americani e attaccato dagli stessi
palestinesi. Il suo libro di memorie e' notevolissimo. Lui era favorevole a
un solo Stato.
Idealmente anch'io preferirei uno Stato binazionale, ma per il momento mi
sembra molto difficile. Il problema dei due Stati e' che ce ne sara' uno in
cui ci saranno degli arabi e l'altro in cui non ci saranno ebrei.
*
- "Una citta'": Comunque due democrazie etniche... Ricomincia a farsi
strada, molto lentamente, l'idea di un unico Stato sia da parte israeliana
che da parte palestinese, anche se mi sembra difficilmente proponibile come
base politica per una soluzione oggi. Ma Ahmed Korai, Abu Ala, ha fatto
dichiarazioni interessanti dicendo che i palestinesi dovevano cambiare i
mezzi di lotta e ispirarsi al modello sudafricano e non algerino chiedendo
l'integrazione e la cooperazione fra le due comunita' in strutture federali
comuni in cui la base sia una cittadinanza di tipo sudafricano e non
nazionalista di stile algerino...
- Pierre Vidal-Naquet: Ho sempre lasciato nei miei scritti un posto per
questa ipotesi. Lei trovera', ne Gli ebrei, la memoria e il presente, un
articolo che ho scritto nel '67 durante la guerra dei sei giorni in cui
propongo la creazione di uno stato palestinese. Molte persone mi hanno preso
in giro: l'articolo si intitolava "Apres", ma l'ho scritto "pendant". Un mio
amico ha detto che quell'articolo avrei fatto meglio a scriverlo "avant".
*
- "Una citta'": Altri suoi amori, a parte la storia e la politica sono la
poesia e la musica, ma lei non ne parla molto, come per discrezione. Nelle
sue memorie la parola "amore" non appare benche' si sentano gli affetti
familiari, come se la storia e la politica fossero separate dalla poesia, la
musica, la famiglia, dall'affettivita' privata...
- Pierre Vidal-Naquet: E' vero solo in parte perche' fra i grandi
avvenimenti della mia vita ci sono le prime rappresentazioni delle opere di
Mozart con l'Opera di Vienna che cantava in tedesco delle opere italiane. E
sa perche' cantavano in tedesco? Quando erano a Vienna le cantavano in
italiano, ma quando venivano in un paese latino avevano paura di essere
presi in giro per il loro accento... Si', da una parte c'e' l'amore per la
musica e la poesia; fra gli uomini che mi hanno appassionato di piu' c'e' il
poeta Rene' Char; nelle Memoires c'e' una lettera magnifica che mi ha
scritto. Certo, la mia vita privata non riguarda nessuno, cio' non toglie...
*
- "Una citta'": Ho l'impressione che l'affettivita' non appartenga al campo
dell'oggettivita', che lei abbia una passione non emotiva per
l'oggettivita'.
- Pierre Vidal-Naquet: E' verissimo, per la poesia e la musica e'
difficile... Appartengo a una famiglia, a partire da mia zia Isabelle
Brunschwig, in cui i musicisti sono tanti. Gerard Brunschwig, suo figlio,
era un pianista formidabile, la migliore amica di mia zia era una famosa
pianista. Io adoro la musica, ma sono assolutamente incapace di suonare una
nota; mio cugino mi ha detto che sono come uno che ami la poesia senza saper
leggere. L'ho trovato un po' crudele...
*
- "Una citta'": Lei scrive ancora poesie come da giovane?
- Pierre Vidal-Naquet: No, assolutamente, ma ne ho scritto molte quando ero
giovane... La questione dell'affettivita' e' difficile, in certe critiche mi
si rimprovera della freddezza, una distanza... "Ha avuto i migliori
professori, i migliori amici ed e' freddo, glaciale". Non ho l'impressione
di essere glaciale, ma e' vero che tengo le distanze. Comunque dire, come
hanno fatto, che racconto freddamente l'arresto dei miei genitori mi sembra
eccessivo, non ho l'impressione di essere stato freddo.
*
- "Una citta'": Lei, si sa, ama l'Italia...
- Pierre Vidal-Naquet: Beh, intanto voglio dire che stimo tantissimo Primo
Levi, per me e' uno scrittore immenso. Ho un amico che si chiama Enzo
Traverso, trovai la sua tesi magnifica e quando fu pubblicata in francese
feci la prefazione. E Traverso mi regalo' i primi due volumi di Primo Levi
dei Meridiani [lapsus per l'edizione einaudiana, evidentemente quella in tre
volumi dell'87-'90, quella sempre einaudiana delle Opere in due volumi del
'97 nella Nue e' integrale - ndr]. Ma dei Meridiani ho anche Tucidide col
testo greco e la traduzione a cura di Luciano Canfora [lapsus per l'edizione
einaudiana nella collana Einaudi-Gallimard - ndr].
Per me l'Italia e' la scoperta dell'arte. Ho fatto un primo viaggio in
Italia nel '48, limitato a Roma e Ostia, ho visto quello che ho potuto, ma
il vero viaggio e' stato quello che ho fatto in bicicletta nel '49. Con un
amico siamo partiti dal Monginevro e siamo arrivati ad Arezzo, abbiamo fatto
il Passo della Futa, da Bologna a Firenze e' stata dura, non e' facile
neanche in macchina.
Mi sono accorto un giorno, al mio quinto viaggio in Italia, che non sapevo
niente dell'italiano, ho comprato un romanzo di Moravia, Le ambizioni
sbagliate, l'ho letto in italiano, ci ho messo otto giorni per leggere le
prime 70 pagine e tre ore per leggere il resto. Sono pigro: non parlo
italiano, ma lo leggo correntemente.
No, non c'e' un altro paese in cui mi senta a casa come in Italia. Sono
stato alla Scuola Normale, ho abitato in Piazza dei Cavalieri di fronte alla
Normale. Ci sono due paesi in cui sono stato felice, in Inghilterra, a
Oxford, e l'altro e' l'Italia per il viaggio in bicicletta che vi dicevo. Il
primo studioso italiano che ho letto e' un filosofo dell'inizio del XX
secolo che aveva fatto dei lavori su Platone, che si chiama Adolfo Levi, poi
Arnaldo Momigliano, ma non ho fatto lo sforzo necessario per parlare
italiano perche' lo leggo bene.
L'Italia e' un paese in cui sono felice, sono stato dappertutto, in
Sicilia... Sono il primo straniero ad avere ricevuto il premio "L'Eschilo
d'oro" dal Gruppo di Teatro Antico di Siracusa che di solito viene
attribuito a degli italiani. Per la prima volta l'hanno dato a un francese,
sono andato a ritirarlo a Siracusa; e' stata una delle cose che mi hanno
fatto piu' piacere nella mia vita. Sono stato a Palermo, Bari, Firenze,
Pisa. Ma l'iniziazione e' stato quel viaggio in bicicletta in cui all'inizio
volevamo fare Venezia e Firenze. Arrivati a Vercelli ci accampammo, fummo
punti dalle zanzare, andammo a Novara, poi in treno fino a Milano e
decidemmo di far la via Emilia, di andare a Firenze e abbandonare Venezia.
*
- "Una citta'": Ci sono molte somiglianze fra l'Italia e la Francia, in un
certo giudaismo italiano e francese...
- Pierre Vidal-Naquet: E' il famoso articolo di Gramsci... Momigliano in
quella raccolta di saggi, Pagine ebraiche (Einaudi), riprodusse anche quello
di Gramsci.
*
- "Una citta'": Dopo la guerra si faceva sempre anche il confronto fra i due
partiti comunisti...
- Pierre Vidal-Naquet: Solo che il comunismo italiano appariva a noi
francesi un comunismo intelligente. C'e' un libro in Francia, A l'ombre des
deux T. Togliatti era un perfetto staliniano naturalmente, ma aveva un modo
di comportarsi che era di alta levatura perche' c'era stato Gramsci, che non
era certo stalinista. (La seconda T era riferita a Thorez, leader del
Partito Comunista Francese, ndr).
*
- "Una citta'": Possiamo parlare un poco del suo impegno contro i
negazionisti della Shoah? Perche' si e' impegnato tanto contro quella gente?
- Pierre Vidal-Naquet: Per senso del dovere. Paul Thibaud mi parlo' di un
ricercatore del Cnrs (poi estromesso dal Centro) che conoscevo dai tempi
della guerra d'Algeria, Serge Thion. Thibaud mi disse che Thion sosteneva i
revisionisti. Ricevetti un suo testo Le comment du pourquoi nel quale
sosteneva Faurisson. Venne da me con Thibaud e per tutto il tempo non smisi
mai di chiedergli cosa ne era stato delle persone che non erano registrate
nel campo. A questa domanda non ha mai risposto, ha pubblicato recentemente
dei suoi Ecrits de combat in cui riporta la nostra conversazione, che dice
avere trascritto la sera stessa dell'incontro, e non mette questa domanda.
Questo mi permise di dire che era un falsario, mi imposi a quel punto di
leggere tutto Faurisson e tutti gli altri e decisi di rispondere. Ma posi
una condizione ai miei amici di "Esprit": che non ci doveva essere risposta,
non avrei permesso una risposta dove il mio testo sarebbe stato pubblicato.
Il testo e' stato subito tradotto in italiano e in tantissime lingue. E'
stata una delle esperienze storiche piu' drammatiche della mia vita. Mi ha
costretto a vedere su cosa poggiava la tradizione, ho ricevuto tutti i libri
pubblicati dal centro storico del museo di Auschwitz, la lista delle persone
che erano con i miei genitori. Nel giugno-luglio '80, quando e' uscito il
libro Verite' historique et verite' politique, ho scritto un testo poi
pubblicato su "Esprit" nel settembre dello stesso anno. Forse niente nella
mia vita e' stato scritto con un tale senso del necessario, il senso di
compiere il mio dovere di storico. Avevo a mia disposizione quello che
esisteva al centro di documentazione ebraica contemporanea, poi le cose
polacche tradotte in tedesco che mi erano arrivate da Varsavia e ho
analizzato il piu' minuziosamente possibile in particolare il testo su cui
poggiano le tesi di Faurisson, quello del medico delle SS che parla di
quelle che chiama le "operazioni speciali" e che secondo Faurisson si
riferiscono semplicemente alla selezione delle persone che scendono dal
treno, mentre e' assolutamente chiaro che le azioni speciali sono azioni in
cui le persone spariscono. Quando lo si analizza questo aspetto e' di una
chiarezza lampante. Faurisson mostra che non sa leggere. E' stata una delle
esperienze cruciali della mia vita, mi sono letteralmente messo alla
prova...
*
- "Una citta'": Nella prima guerra del Golfo lei era piuttosto favorevole
all'intervento americano, contrariamente alla seconda...
- Pierre Vidal-Naquet: Ho fatto in seguito un'autocritica nel bollettino di
France-Palestine. Il mio primo riflesso e' stato che non si doveva fare la
guerra, ma una volta che era cominciata non bisognava perderla. In
un'intervista su "Liberation" che suscito' polemiche dicevo che una volta
che la guerra era scoppiata occorreva vincerla, facendo cadere Saddam
Hussein, senza restare, cioe', alla superficie delle cose. Per la seconda
guerra del Golfo non ho avuto un secondo di esitazione. Penso che Bush sia
un criminale che ha portato il suo paese e una parte dell'Occidente in
un'impasse tragica.
Al momento della guerra in Kossovo quello che mi colpi' molto e' che Sharon
si pronunciasse in favore di Milosevic. Io non ero favorevole a Milosevic,
ma consideravo e considero tuttora che la fine della Jugoslavia sia stata
una catastrofe...
*
- "Una citta'": Cosa pensa dei nouveaux philosophes...
- Pierre Vidal-Naquet: Se c'e' un tipo che odio e' Bernard Henry Levy...
*
- "Una citta'": Pensavo che il piu' odiato fosse Guy Mollet...
- Pierre Vidal-Naquet: Beh, prima di tutti Guy Mollet e poi Bernard Henry
Levy. Se per caso mi trovo d'accordo con Bernard Henry Levy mi dico che devo
essermi sbagliato. Glucksmann ha il merito di essere sincero, e' il suo
unico merito. Glucksmann viene dal maoismo...
Con Finkielkraut ho in comune solo l'ammirazione per Primo Levi. Contro
Bernard Henry Levy scrissi l'articolo piu' violento della mia vita. Sul
"Nouvel Observateur" ho fatto la lista dei suoi errori nel suo libro Le
testament de Dieu. Momigliano mi scrisse che non gli piaceva questa guerra
fra ebrei. Ma e' un libro veramente incredibile. Sulla testimonianza di
Himmler al tribunale di Norimberga, dice che bisogna distinguere fra la
Gestapo e la Gestapa, ma la Gestapa l'ha inventata lui... Lei conosce il mio
amico Kapeliuk? Quando Henry Levy ando' in Israele a fare una conferenza sui
diritti umani, Kapeliuk gli chiese cosa pensasse dei diritti umani in
Israele e lui rispose che non aveva sufficientemente studiato per poterne
parlare. E' penoso.
*
- "Una citta'": Una persona che mi ha segnato profondamente e' Isaiah
Leibowitz. Lei l'ha conosciuto?
- Pierre Vidal-Naquet: E' un grande uomo, sono andato a trovarlo. Ha detto:
"La differenza fra Vidal-Naquet e me e' che lui e' un umanista e io sono un
ebreo". Quando gli si parlava dell'uso della Shoah per la difesa di Israele
diceva che era la cosa piu' orribile che esistesse. Sono anche in un
documentario su di lui, Izkor. Les esclaves de la memoire. Un giorno mio
figlio guardava la televisione e a un tratto ha visto che io e mia moglie
entravamo da Leibowitz ed e' rimasto stupefatto...
Una casa molto aperta dove si incontravano le persone piu' diverse...
Diceva: "Le dira' perche' sono sionista: perche' non vogliamo piu' essere
governati dai goym".
*
- "Una citta'": E' come un mantra che ripeteva, ma diceva: "Il sionismo e'
solo un movimento politico, di liberazione, non religioso"...
- Pierre Vidal-Naquet: Gia'. Faccio parte di un gruppo che si chiama "Trop
c'est trop", un gruppo pro-palestinese, per uno stato palestinese, di cui fa
parte anche un israeliano delizioso, Abram Israel. Ho conosciuto anche Jacob
Talmon...
*
- "Una citta'": Ah, lo storico, il primo che si e' opposto a Ben Gurion...
- Pierre Vidal-Naquet: L'ho conosciuto in Israele nel '70, impressionante,
perche' e' un liberale.
*
- "Una citta'": Ma sionista...
- Pierre Vidal-Naquet: Certo. Poi una persona che ho ammirato molto e' Amos
Finkelstein. Anche lui mi stimava perche' ha raccomandato ai suoi allievi
francesi di lavorare con me. Una mente e un'intelligenza magnifiche. E'
morto due anni fa a Los Angeles. Nel volume sul colloquio del Centro di alti
studi sulla Shoah c'e' un suo testo veramente ammirevole.
*
- "Una citta'": Fra i filosofi e pensatori francesi, lei cita spesso
Lyotard...
- Pierre Vidal-Naquet: Si', soprattutto un articolo: "Les indiens ne
cueillent pas les fleurs'.
*
- "Una citta'": Non lo conosco... Lyotard, diffusore del postmodernismo, ora
ha molta influenza in Israele, e il maitre a' penser di tutta la scuola
radicale della nuova storia.
- Pierre Vidal-Naquet: Il primo a pubblicare un testo di Lyotard sono stato
io, nella nostra rivista "Imprudence", nel '48-'49, lui non aveva messo il
titolo e lo abbiamo intitolato "Testo". La grande questione che ci si deve
porre e' la questione della verita'. Non credo ci sia la verita' con la V
maiuscola, credo ci siano delle verita'; quando dicevo che la mia
interpretazione dell'Atlandide era vera lui mi diceva che era sempre il mio
fantasma della verita'. Nella raccolta in onore di Lyotard c'e' una
discussione fra me e lui che e' interessante. Ci siamo frequentati molto,
all'inizio mi accusava di essere filo-israeliano, quando ho fatto il mio
primo reportage sugli israeliani nel '70 sul "Nouvel Observateur", alla fine
della sua vita era molto piu' filo-israeliano di me...
*
- "Una citta'": Il libro che parla di Atlantide e' uscito solo ora...
- Pierre Vidal-Naquet: Su questo tema ho iniziato a lavorare cinquanta anni
fa, in occasione del diploma per i miei Studi Superiori. E' un tema
piuttosto vecchio perche' ho preso la laurea sulla concezione platonica
della storia, nel 1953. In seguito ho superato la selezione e sono stato
nominato al Liceo di Orleans e nel 1956 ho sentito un illustre professore di
greco della Sorbona che ha fatto un'esposizione su Atlantide, a Orleans, in
cui sosteneva la tesi minoica. Sono andato a dirgli che non ero convinto.
E poi ho fatto, nel 1963, la mia prima esposizione su Atlantide e Atene,
strutturata sui significati del mito platonico. L'idea centrale era che il
rapporto tra Atlantide e Atene e' in realta' il rapporto tra Atene e Atene.
Atlantide rappresentava l'Atene marittima, che Platone detestava, e che
finisce in catastrofe, mentre Atene rappresentava l'Atene che Platone amava,
come avrebbe voluto che fosse, e che era l'Atene degli opliti.
Allora, su questo ho fatto un lavoro per studiare la storia del mito
attraverso i secoli, ho fatto dei corsi associati in Italia. Ho tenuto delle
lezioni alla Scuola Normale di Pisa, a Padova anche, e ho finito con il
trarne un libro, che e' uscito quindi piu' di cinquanta anni dopo le mie
prime riflessioni sul tema. Quel che e' singolare e' che Atlantide, che per
Platone e' un mito negativo, e' divenuto per molti interpreti un mito
positivo, una specie di nuovo sole del mondo. Ci sono state alcune
eccezioni. La principale e' un libro che si chiama Der kaiser fon Atlantis,
pubblicato da Viktor Ullmann, un deportato cecoslovacco che e' stato a
Theresienstadt, dove ha composto l'opera (si tratta di un'opera, non
semplicemente di un libro; Ullmann e' un compositore), e poi ad Auschwitz,
dove e' stato ucciso. Il kaiser di Atlantide era Hitler, che viene chiamato
"ueber alles". E l'altra eccezione e' Perec, un grande scrittore francese,
morto molto giovane. Si chiama Georges Perec e ha scritto un libro
intitolato W ou le souvenir d'enfance. Si svolge in un'isola non troppo
grande del Pacifico. Quest'isola annovera una serie di feste, di cui la
principale si chiama "Les Atlantiades" (Le Atlantiadi). Anche in questo caso
si tratta di un'Atlantide del tutto negativa, identificata con Auschwitz. A
partire da tutto questo ho ricostruito la storia di quel "continente
perduto", fin dall'antichita'... Ma l'utilizzo di Atlantide e'
essenzialmente hitleriano. C'era il nazionalismo irlandese che utilizzava
l'Atlantide, anche i nazionalisti francesi e spagnoli, ma non i nazionalisti
ebrei, che io sappia.
*
- "Una citta'": Lei ha scritto molte prefazioni...
- Pierre Vidal-Naquet: Marcel Benabou, in una raccolta a me dedicata, che si
intitola Un historien dans la cite', ha scritto un intervento su "Pierre
Vidal Naquet, prefacier". E' vero, ho scritto decine di prefazioni, c'e' chi
ha detto di me che non ho scritto opere ma solo prefazioni. Beh, quando
faccio prefazioni a Omero o Sofocle, mi sembra di poter essere soddisfatto.

2. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

3. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1383 del 10 agosto 2006

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