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La nonviolenza e' in cammino. 1357
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1357
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 15 Jul 2006 00:12:37 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1357 del 15 luglio 2006 Sommario di questo numero: 1. La guerra e' il terrorismo 2. Contando fino a tre 3. Peppe Sini: Un golpista 4. Albino Bizzotto: Un invito nell'anniversario di Hiroshima e Nagasaki 5. Silvia Vegetti Finzi: Alla domanda che fonda ogni cura 6. Franco Fortini: Della verita' di Capitini 7. Vittorio Giacopini presenta "Circostanze incendiarie" di Amitav Ghosh 8. Benedetto Vecchi presenta "Vita liquida" di Zygmunt Bauman 9. Miriam Tola: Una mostra dedicata a Susan Sontag 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. TELEGRAMMI. LA GUERRA E' IL TERRORISMO Non puo' darsi una "guerra contro il terrorismo". La guerra e' il terrorismo. 2. EDITORIALE. CONTANDO FINO A TRE Uno: la Costituzione della Repubblica Italiana esplicitamente proiibisce al Parlamento italiano di deliberare la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana, in quanto tale partecipazione e' del tutto illegale e criminale. Che la maggioranza parlamentare della precedente legislatura abbia deliberato in violazione della Costituzione e si sia macchiata di un infame crimine non giustifica che in quell'infame crimine e in quella violazione golpista si perseveri, la pregressa commissione di un delitto non autorizza la sua reiterazione. * Due: in Afghanistan e' in corso da decenni una guerra atroce che ha gia' provocato un numero enorme di vittime. Partecipare alla guerra, proseguire la guerra, significa aggiungere altre vittime, significa far morire altre persone ancora. Un parlamento che deliberasse la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana con cio' stesso commetterebbe il reato di omicidio plurimo. Ed il fatto che la maggioranza parlamentare della precedente legislatura proprio questo abbia ripetutamente fatto in violazione della Costituzione dovrebbe avere come effetto non il persistere nel crimine, ma la sanzione penale per i responsabili: per le leggi italiane l'omicidio e' un reato. * Tre: ma non basta far cessare la partecipazione militare italiana alla guerra afgana: occorre intervenire positivamente per la pace, per il disarmo di tutte le parti, per assistere tutte le vittime, per aiutare la popolazione di quel paese a ricostruire cio' che la guerra ha devastato, e a costruire una civile convivenza fondata sul riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani e un'economia non dipendente dai poteri criminali; occorre promuovere educazione, assistenza, salute per tutti, sostenendo in primo luogo le inizative delle donne. Questo intervento di pace deve avvenire con mezzi di pace, deve essere caratterizzato dalla scelta nitida e intransigente della nonviolenza. 3. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN GOLPISTA Il presidente della repubblica (lo stesso signore cofirmatario della legge che nel '98 ha riaperto i campi di concentramento in Italia) che fa pressione sui parlamentari affinche' votino a favore della guerra e in violazione della Costituzione. Anche a questo ci e' toccato assistere in questi giorni di criminale follia. 4. INIZIATIVE. ALBINO BIZZOTTO: UN INVITO NELL'ANNIVERSARIO DI HIROSHIMA E NAGASAKI [Da Tiziano Tissino (per contatti: t.tissino at itaca.coopsoc.it) riceviamo e volentieri diffondiamo questa lettera dell'11 luglio 2006 di Albino Bizzotto, presidente di "Beati i costruttori di pace", inviata a tutti i sindaci che hanno aderito alla rete "Mayors for Peace" promossa dai sindaci di Hiroshima e Nagasaki. Don Albino Bizzotto, impegnato in molte iniziative di pace e di solidarieta', promotore e presidente del movimento nonviolento "Beati i costruttori di pace", e' una delle figure piu' vive della nonviolenza in Italia. Un suo piu' ampio profilo e' nel n. 1017 di questo foglio. Tiziano Tissino e' impegnato nel movimento nonviolento dei "Beati i costruttori di pace" ed in numerose altre esperienze ed iniziative nonviolente; e' tra i promotori dell'azione legale contro la presenza delle bombe atomiche americane ad Aviano e del Comitato "Via le bombe" (sito: www.vialebombe.org)] Egregio signor sindaco, conosciamo l'impegno suo personale e della sua amministrazione in favore dello smantellamento di tutto l'arsenale atomico sparso nel mondo, impegno che si concretizza anche nella sua adesione attiva a Mayors for peace. Le scriviamo per invitarla a partecipare alle iniziative che la nostra associazione, in collaborazione con il Comitato "Via le bombe" e con il patrocinio del Coordinamento enti locali per la pace del Friuli Venezia Giulia, organizza dal 6 al 9 agosto in ricordo delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki. A oltre 60 anni da quegli eventi il mondo si trova ancora a fare i conti con l'incubo nucleare. La fase di progressivo disarmo atomico sembra essersi conclusa e il ricorso ad armi nucleari tattiche per essere usate in guerra e' tornato ad essere parte della strategia militare delle superpotenze. Il rifiuto delle potenze nucleari a rispettare i loro impegni assunti con il Trattato di non proliferazione del 1968 lascia aperta la strada ad una nuova fase di proliferazione, con gli esiti catastrofici che questa potrebbe comportare. Le armi atomiche, con la loro sola presenza, mettono a rischio l'esistenza stessa del pianeta. Per questo, gia' oltre quarant'anni fa, Guenther Anders invitava tutti e ciascuno all'obiezione di coscienza verso qualsiasi forma di collaborazione con il sistema nucleare, in nome della sopravvivenza dell'umanita'. Ricordava come la questione nucleare creasse un gravissimo vulnus democratico ed invitava i cittadini a non accettare la pretesa di politici e militari a decidere nel campo dei problemi atomici senza coinvolgere la popolazione: "abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la 'res publica'... e un problema piu' 'pubblico' dell'attuale decisione sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai". Gia' lo scorso anno, per la stessa circostanza del 6- 9 agosto, a Ghedi e ad Aviano dove ci sono le "nostre" atomiche, abbiamo avuto la bellissima sorpresa dell'adesione e della partecipazione di numerosi sindaci con i loro gonfaloni. Siamo convinti che la pressione delle comunita' locali possa dare quella spinta istituzionale necessaria perche' anche il nostro governo possa intervenire con maggiore autorita' a livello internazionale per sollecitare la ripresa del cammino della non proliferazione. Per questo motivo la invitiamo a partecipare con il gonfalone del suo Comune alla manifestazione conclusiva il 9 agosto prossimo alle ore 11, nell'ora dell'atomica su Nagasaki, nel campo antistante la base di Aviano. Per l'apertura delle iniziative il 6 agosto alle ore 8,15, l'ora di Hiroshima, abbiamo invitato, sempre di fronte alla base di Aviano, il presidente della Camera dei Deputati. Sappiamo di giungere molto in ritardo con questo invito, non dovuto a nostra negligenza, e che il 9 agosto e' una data brutta per tutti, ma non possiamo esimerci dalla responsabilita' nei confronti delle comunita' cui apparteniamo e delle generazioni che verranno. Per questo confidiamo nella sua presenza, o di una delegazione con un suo messaggio. Le siamo riconoscenti per quello che potra' fare. Cogliamo l'occasione per porgere a lei e ai suoi concittadini i nostri migliori auguri di pace. Il presidente di "Beati i costruttori di pace", Albino Bizzotto 5. MAESTRE. SILVIA VEGETTI FINZI: ALLA DOMANDA CHE FONDA OGNI CURA [Da Silvia Vegetti Finzi (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992, p. XIV. Silvia Vegetti Finzi (Brescia 1938), psicologa, pedagogista, psicoterapeuta, docente universitaria, saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Su Silvia Vegetti Finzi dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente notizia biografica: "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi in pedagogia, si e' specializzata in psicologia clinica presso l'Istituto di psicologia dell'Universita' cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70 ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico. Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna psicologia dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con l'Universita' delle donne 'Virginia Woolf' di Roma e con il Centro documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta (laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del 'Corriere della Sera' e successivamente anche di 'Io donna' e di 'Insieme"' Fa parte del comitato scientifico delle riviste: 'Bio-logica', 'Adultita'', 'Imago ricercae', nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della 'Casa della cultura' di Milano, della 'Libera universita' dell'autobiografia' di Anghiari. Collabora inoltre con le riviste filosofiche 'Aut Aut' e 'Iride'. Molti suoi scritti sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo. E' membro dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa' italiana di psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il premio nazionale 'Cesare Musatti', e per quelli di bioetica il premio nazionale 'Giuseppina Teodori'. Sposata con lo storico della filosofia antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo. Gli interessi di Silvia Vegetti Finzi seguono quattro filoni: il primo e' volto a ricostruire una genealogia della psicoanalisi da Freud ai giorni nostri, intesa non solo come storia del movimento psicoanalitico ma anche come storia della cultura; il secondo, una archelogia dell'immaginario femminile, intende recuperare nell'inconscio individuale e nella storia delle espressioni culturali, elementi di identita' femminile e materna cancellati dal prevalere delle forme simboliche maschili: a questo scopo ha analizzato i sogni e i sintomi delle bambine, i miti delle origini, i riti di iniziazione femminile nella Grecia classica, le metafore della scienza, l'iconografia delle Grandi Madri; il terzo delinea uno sviluppo psicologico, dall'infanzia all'adolescenza, che tenga conto anche degli apporti psicoanalitici. Si propone inoltre di mettere a disposizione, tramite una corretta divulgazione, la sensibilita' e il sapere delle discipline psicologiche ai genitori e agli insegnanti; il quarto, infine, si interroga sulla maternita' e sugli effetti delle biotecnologie, cercando di dar voce all'esperienza e alla sapienza delle donne in ordine al generare". Tra le opere di Silvia Vegetti Finzi: (a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri), Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987); Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre, Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994; Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi), Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri), Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, Alma Edizioni, 1997; (con altri), Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria Battistin), L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000; Parlar d'amore, Rizzoli, Milano 2003; Silvia Vegetti Finzi dialoga con le mamme, Fabbri, Milano 2004; Quando i genitori si dividono, Mondadori, Milano 2005] Alla domanda che fonda ogni cura, "chi sono io?", l'analista risponde infatti: "tu sei la tua storia", inaugurando cosi' la costruzione narrativa del soggetto moderno. Questa modalita' di procedere spiega perche' la ricerca di identita', che caratterizza la nostra epoca, tanto si giovi della narrazione biografica, soprattutto quando le sue vicende siano costituite non soltanto da dati fattuali, ma anche da percorsi affettivi e intellettuali finalizzati alla realizzazione di se'. 6. TESTIMONIANZE. FRANCO FORTINI: DELLA VERITA' DI CAPITINI [Da Franco Fortini, Un giorno o l'altro, Quodlibet, Macerata 2006, p. 95. Franco Lattes (Fortini e' il cognome della madre) e' nato a Firenze nel 1917, antifascista, partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'Ossola. Nel dopoguerra e' redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha collaborato a varie riviste, da "Comunita'" a "Ragionamenti", da "Officina" ai "Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato una delle persone piu' limpide e piu' lucide (e per questo piu' isolate) della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale pressoche' leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi. Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani, Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi; e adesso il postumo incompiuto Un giorno o l'altro, Quodlibet, Macerata 2006. Si veda anche l'antologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori Riuniti; la recente bella raccolta di interviste, Un dialogo ininterrotto, Bollati Boringhieri; e la raccolta di Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano 2003. Tra le opere su Franco Fortini in volume cfr. AA. VV., Uomini usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso Berardinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini, Transeuropa, Jesi 1988. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier Vincenzo Mengaldo; la bibliogafia generale degli scritti di Franco Fortini e' in corso di stampa presso le edizioni Quodlibet a cura del Centro studi Franco Fortini; una bibliografia essenziale della critica e' nel succitato "Meridiano" mondadoriano pubblicato nel 2003. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Qualche anno dopo la guerra andai, insieme a Ruth, a visitarlo nella sua torre di Perugia. Ne uscii persuaso della verita' di Capitini, cioe' di qualcosa che egli era e non soltanto di quello che diceva. 7. LIBRI. VITTORIO GIACOPINI PRESENTA "CIRCOSTANZE INCENDIARIE" DI AMITAV GHOSH [Dalla bella rivista diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 73, luglio 2006 (disponibile anche nel sito www.lostraniero.net) riprendiamo la seguente recensione. Vittorio Giacopini (Roma,1961), giornalista e saggista, e' redattore della rivista diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero". Opere di Vittorio Giacopini: Scrittori contro la politica, Bollati Boringhieri, 1999: Una guerra di carta. Il Kosovo e gli intellettuali, Eleuthera, 2000; Viaggiatori senza biglietto, L'Ancora del Mediterraneo, 2001; No-global tra rivolta e retorica, Eleuthera, 2002; La comunita' che non c'e'. Paul Goodman, idee per i movimenti, Nonluoghi Libere Edizioni, 2003; Fuori dal sistema. Le parole della protesta, Minimum fax, 2004; Al posto della liberta'. Breve storia di John Coltrane, e/o, 2005. Amitav Ghosh, scrittore e antropologo, e' nato a Calcutta nel 1956, e' cresciuto tra Bangladesh, Sri Lanka, Iran e India, ha studiato antropologia a Oxford, poi si e' trasferito in Egitto, in Cambogia, e' tornato a Delhi e ora vive tra New York (dove insegna alla Columbia University) e l'India. Tra le opere di Amitav Ghosh disponibili in traduzione italiana: Il paese delle maree; Il palazzo degli specchi; Il cromosoma Calcutta; Le linee d'ombra; I fantasmi della signora Gandhi; Il cerchio della ragione, Circostanze incendiarie] Non c'e' bisogno di grandi dottrine o spiegazioni per leggere il mondo in cui viviamo, e in Circostanze incendiarie di Amitav Ghosh (Neri Pozza) c'e' tutta la (poca) teoria che dovrebbe servirci per orientarci in un contesto angusto e intollerabile. L'ultima raccolta di saggi, racconti e reportage di Amitav Ghosh e' un libro essenziale e misterioso che ci guida nei labirinti del presente e ci fa appassionare alla Storia senza ricorrere a trucchi o a scorciatoie. "Non riesco a immaginare il futuro... / pero' conosco un racconto sulle mappe che va bene per te". La poesia di Ondaatje che Ghosh cita alla fine di un saggio appassionante diventa una sfida programmatica. Anche se i due eventi-trauma degli ultimi vent'anni (la caduta del Muro e delle Torri) hanno generato miliardi di astrusi teoremi e troppe chiacchiere, non siamo costretti a baloccarci con tutte queste teorie pret-a'-porter per vivere il nostro presente con un minimo di intelligenza e passione e un po' di rabbia. Ghosh lo mostra in ogni frase che scrive: in questi racconti aderenti alle cose e ai sentimenti, nelle digressioni storiche e politiche, nei tentativi calibrati e concreti di spiegare il mondo. La sua posizione e' molto chiara. Il nostro e' un tempo di "tentazioni imperiali" e prepotenza, una pesante stagione di acquiescenza. Ghosh intuisce benissimo dove stanno il nodo e la croce del presente e poi guarda in faccia il nemico e sa stanarlo. Nessun mistero, l'orrore ha un volto e un profilo familiari: l'imperialismo di ritorno, con la sua pedagogia ipocrita e insolente (l'inedito su Abu Ghraib che presentiamo [e' il testo riportato sopra - ndr] e' una riflessione su questo tema), il fanatismo bigotto del terrore, la fede - ottusa, ostinata, incriticabile - nel dio del "mercato globale" e nel profitto. La "prigione del potere assoluto" si sta facendo sempre piu' odiosa e soffocante e mentre il mondo diventa piu' libero "lo spazio per il dissenso" si restringe. La paura di Ghosh e' che "in questo spazio ridotto" le voci autonome e indipendenti prendano a "ripiegarsi" su se stesse. Ma e' un rischio che e' necessario sfatare e si puo' vincere: "abbiamo bisogno di ricreare, espandere e immaginare daccapo lo spazio per un dissenso articolato, umano e creativo". Circostanze incendiare pero' non e' un libro di riflessioni introverse o un repertorio di esortazioni a buon mercato. Anche in un mondo unificato nel segno della globalizzazione omologante resistono spazi diversi e anomalie, e ci sono luoghi, personaggi, situazioni ed esperienze da narrare. Senza farsi illusioni Ghosh resta attento e curioso, si guarda intorno. Accanto ad alcuni testi gia' noti come "Danzando in Cambogia" o come "Birmania", il libro presenta molti saggi assai belli su territori e figure sorprendenti. "Conto alla rovescia", per esempio, ricostruisce le radici del confronto nucleare indo-pakistano e la paradossale carriera del ministro della difesa indiano Fernandez (questo ex gandhiano pacifista che sara' tra gli architetti della strategia nucleare indiana) sino a descrivere l'assurdo della guerra silenziosa che da anni New Delhi e Islamabad conducono a quattromila metri di altezza nel deserto di ghiaccio del Siachen. "I fantasmi della signora Gandhi" e' il lavoro forse piu' utile e importante per capire le radici ambigue e profonde della crisi indiana (e il terrorismo) e persino in "11 settembre" (poche scarne pagine scritte di getto dopo gli attentati) Ghosh si sottrae alle trappole della retorica per offrirci una storia - molto onesta, asciutta, personale - di quei fatti abusati e di quei giorni. Ma ogni pagina di Circostanze incendiarie e' importante e va letta senza paraocchi. In un universo culturale affollato di grilli parlanti e facili Cassandre, Ghosh e' uno degli ultimi intellettuali che non si e' trasformato in un bonzo o in un cretino troppo intelligente. 8. LIBRI. BENEDETTO VECCHI PRESENTA "VITA LIQUIDA" DI ZYGMUNT BAUMAN [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 luglio 2006 riprendiamo la seguente recensione (recensione di cui ci sembrano peraltro decisamente non condivisibili alcune astrattezze e forzature). Benedetto Vecchi e' redattore delle pagine culturali del quotidiano "Il manifesto"; nel 2003 ha pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita' a Zygmunt Bauman. Zygmunt Bauman, illustre sociologo, intellettuale democratico, ha insegnato a Varsavia, a Tel Aviv e Haifa, a Leeds; e' il marito di Janina Bauman. Opere di Zygmunt Bauman: segnaliamo almeno Cultura come prassi, Il Mulino, Bologna 1976; Modernita' e olocausto, Il Mulino, Bologna 1992, 1999; La decadenza degli intellettuali, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Il teatro dell'immortalita', Il Mulino, Bologna 1995; Le sfide dell'etica, Feltrinelli, Milano 1996; La societa' dell'incertezza, Il Mulino, Bologna; Dentro la globalizzazione, Laterza, Roma-Bari 1999; Voglia di comunita', Laterza, Roma-Bari 2001; Modernita' liquida, Laterza, Roma-Bari 2002; Intervista sull'identita', Laterza, Roma-Bari 2003; La societa' sotto assedio, Laterza, Roma-Bari 2003; Vite di scarto, Laterza, Roma-Bari 2005; Vita liquida, Laterza, Roma-Bari 2006] La produzione di scarti umani e' la piu' florida industria del capitalismo contemporaneo. La perentoria affermazione campeggia in gran parte dei capitoli dell'ultimo volume del prolifico Zygmunt Bauman (Vita liquida, Laterza, pp. 185, euro 15). Un tema gia' trattato precedentemente da questo studioso di origine polacca, uscito dalla porta di servizio da Varsavia nel 1968, quando la campagna antisemita del regime "socialista" volta a colpire il fragile movimento studentesco e gli intellettuali critici aveva raggiunto il suo apice, creando un clima di ostilita' che impediva a lui, e a tanti altri, di svolgere il suo lavoro di docente e ricercatore. Ma Bauman, a differenza di tanti altri intellettuali esiliati, ha comunque mantenuto uno sguardo critico nei confronti delle societa' tanto all'est quanto all'ovest dell'Elba, al punto di diventare uno dei piu' acuti studiosi della realta' contemporanea da lui stessa definita modernita' liquida. Ed e' appunto in questa modernita' liquida che la produzione di scarti ha raggiunto livelli sofisticati. Sono scarti i migranti rinchiusi nei campi profughi o sbattuti dentro i vari centri di permanenza temporanea che campeggiano in gran parte dei paesi europei. Ma sono scarti anche gli espulsi dal lavoro o le donne e gli uomini che hanno un lavoro ma ricevono un salario al di sotto della soglia di poverta'. Ma, visto che una delle caratteristiche del capitalismo e' di rendere produttivo anche chi non lo e', ecco fiorire una dinamica industria di riciclaggio degli scarti. In questo nuovo e anch'esso espansivo settore c'e' un po' di tutto, dal fitness che serve a rimettere in sesto la macchina-corpo alla formazione permanente per chi e' relegato ai margini del mercato del lavoro; dalla moda che trae dalla strada nuove ispirazioni e tendenze all'industria culturale che sforna e vende come best-sellers manuali e video per imparare a fare soldi e a sviluppare una corretta e sana visione opportunistica dello stare in societa'. Infine, l'industria degli scarti annovera capitalisti caritatevoli e organizzazioni non governative gestite con il cipiglio di un capitano d'industria. * Di merce in merce Il banco di prova, o meglio la migliore messa in scena della produzione degli scarti e' il consumismo, al punto che l'accesso all'immane produzione di merci diventa la chiave di accesso all'identita', raffigurata come un patchwork costruito la mattina rovistando nei mall e disfatto la notte quando il desiderio appena appagato diventa frustrazione di fronte all'ultimo spot pubblicitario in cui il cellulare da poco acquistato e' gia' da gettare nella pattumiera per dover essere sostituito, il giorno successivo, con l'ultima realise lanciata sul mercato. Il consumo, dunque, come fondamento dell'identita'. Da qui l'interesse dello studioso polacco per le nuove tecniche di marketing pensate per mantenere oliate le macchine del desiderio. Divertente e' ad esempio la lunga parentesi sulle diete alimentari. Il mantra della modernita' liquida e' un corpo asciutto, efficiente, gradevole da mostrare. Da qui l'invito a mantenere sempre il peso forma: dunque la dieta e se non si dimagrisce la colpa e' di un lento metabolismo che va attivato mangiando. Il culto del corpo e' quindi un gatto che si morde la coda, ma di questo sono ben felici dietologi, salutisti e industrie farmaceutiche o alimentari, altre figure tipiche dell'industria del riciclaggio. Il fitness e' quindi il paradigma di una societa' che impone di essere felici, sapendo benissimo che la terra promessa sara' raggiunta solo da pochi eletti. Oppure Bauman invita a prestare attenzione a quella economia del logo dove l'importante non e' l'oggetto in se', ma il marchio impresso su di essi, perche' favorisce quel senso di appartenenza a una comunita' virtuale senza confini che partecipa al grande circo della griffe. Il consumo e' per Bauman l'architrave della modernita' liquida che ha dissolto e continua a macinare consuetudini e forme di vita, vorace attivita' che rimuove il passato e chiude le frontiere a qualsiasi altro futuro che non sia la tediosa ripetizione del presente. A questa colonizzazione della vita non c'e' piu' argine, neanche quello rappresentato dalla cultura in quanto attivita' autonoma dalla produzione di merci. Nel secolo scorso, Theodor Wiesengrund Adorno avere visto nella cultura l'argine per frenare la cosificazione della vita. Allo stesso tempo Hannah Arendt vedeva nello spazio pubblico il luogo per una vita activa propedeutica alla critica di una societa' amministrata. Ma se l'autore della Dialettica dell'illuminismo gia' scriveva della formazione di un'industria culturale, l'attuale spazio pubblico vede come forma dominante della discussione pubblica la spettacolarizzazione della vita privata di cui i reality show ne sono l'emblema. Allo stesso tempo, le cosiddette politiche della vita registrano il cambiamento e tendono a introdurre norme per tutto cio' che concerne l'intimo, sia che si tratti di procreazione assistita che di eutanasia o, piu' prosaicamente, di scelte di vita. La cultura non costituisce piu' quell'ultima trincea alla cosificazione della vita, mentre gli intellettuali da tempo hanno abbandonato ogni pretesa di illuminare la caverna, preferendogli le luci seducenti dei talk show. E tuttavia una certa, seppur minoritaria, retorica pubblica considera ancora la cultura e lo spazio pubblico come attivita' poste a difesa dal potere onnivoro della societa' dei consumi o della colonizzazione della vita. Ed e' proprio alla cultura che Bauman dedica il secondo capitolo di Vita liquida. E lo fa proprio per svelare le ambivalenze di tale retorica pubblica, facendo leva sul doppio legame tra autore e industria, dove il primo ha bisogno del secondo per farsi conoscere e gli editori hanno bisogno degli intellettuali per produrre libri-merce. Il doppio legame non deriva pero' dall'implicito patto di mutua dipendenza di cui scrive l'autore ma dal fatto che gli autori, meglio: gli intellettuali, sono oramai forza-lavoro sottoposta a tutte le ferree leggi del lavoro salariato, mentre l'aura dell'intellettuale interprete della societa' e' solo una convenzione per indicare la contraddizione tra attitudine critica e sua amministrazione da parte dell'industria culturale. Ma tale contraddizione tra attitudine critica, riflessiva, della forza-lavoro e suo governo da parte delle imprese capitalistiche non e' prerogativa solo della produzione culturale, ma dell'immane produzione di merci nella modernita' liquida. Un capitolo dunque centrale che consente di rileggere il libro da un altro punto di vista: la convergenza tra precarieta' e attivita' cognitiva in quanto mezzo di produzione. Va da se' che la precarieta' e' un sentimento connaturato alla natura umana. L'animale umano conosce questo sentimento sin dalla nascita ed e' il sentimento che lo spinge a strategie di adattamento a un habitat ostile. Con realismo si puo' affermare che proprio per sconfiggere questa precarieta' l'animale umano ha fatto leva su inventiva, creativita', sapere e conoscenza. La produzione a ciclo continuo di scarti provoca la riemersione violenta di questo sentimento connaturato alla natura umana, ma con una differenza sostanziale rispetto, perche' no, all'invenzione dello stato o del welfare state: la generica attitudine umana alla riflessione e' ridotta a materia prima della produzione capitalistica da parte della forza-lavoro. Ci sono dunque vite da scarto proprio laddove c'e' il massimo di attivita' cognitiva ridotta a mezzo di produzione. E, a differenza di quanto sostiene Bauman, l'esclusione dalla vita activa non riguarda solo alcune tipologie della popolazione: tutta la popolazione e' potenzialmente un scarto proprio perche' mette in campo intelligenza, sapere, conoscenze tecnico-scientifiche e creativita'. * L'universo delle leggi E' questa precarieta' l'oggetto su cui si applicano quelle politiche della vita che vogliono esercitare un controllo su quella attitudine critica, riflessiva direbbe Ulrich Beck, divenuta mezzo di produzione. La dissoluzione continua delle consuetudine, dei legami sociali, delle forme di vita, e' spiegabile quindi non tanto a partire dal solo consumo, come fa Bauman, ma proprio dalla constatazione che la cultura, intesa come generica attivita' cognitiva, e' un mezzo di produzione. Le life politics vorrebbero dunque regolamentare questo stato d'emergenza per esercitare il controllo sulla vita activa. In ogni caso non ci troviamo di fronte all'emersione di una nuova figura sociale, il precario, che si affianca o sostituisce altre figure sociali. Il capitalismo postfordista non ha bisogno, per utilizzare un'espressione marxiana, di un esercito industriale di riserva, ma di rendere tutta la forza-lavoro un esercito industriale di riserva. Da questo punto di vista tutti possono diventare scarti, perche' la precarieta' e' il background emotivo e pratico indispensabile per vivere nella modernita' liquida. Questo non significa che non esistono uomini e donne che vivono una condizione lavorativa diversa da quella ratificata dalla costituzione materiale chiamata welfare state. Anzi, e' probabile che il loro numero sia destinato ad aumentare. Cio' che e' pero' rilevante notare e' che l'obiettivo perseguito di istituzionalizzare la precarieta' - come d'altronde testimoniano le tante riforme del mercato del lavoro o di regolamentazione delle migrazioni che accomunano il vecchio continente agli Stati Uniti, si basa su leggi ispirate a principi universali. Il fascino mefistofelico delle politiche della vita sta proprio nello stato di emergenza volto a provocare un cortocircuito tra un sentimento connaturato alla natura umana e l'attivita' cognitiva in quanto mezzo di produzione. Insomma, precari tutti, ma all'interno di regole e norme precise di comportamenti. A caratterizzare la modernita' liquida non e' la produzione di scarti, quanto l'avvenuta trasformazione in mezzo di produzione dell'attivita' cognitiva di cui gli scarti sono l'indispensabile effetto collaterale. La vita liquida e' dunque il terreno scivoloso su cui si misura la potenza delle politiche della vita. Ma anche l'habitat sociale su cui misurare la potenza politica di un loro sovvertimento. 9. MEMORIA. MIRIAM TOLA: UNA MOSTRA DEDICATA A SUSAN SONTAG [Dal quotidiano "Liberazione" del 13 luglio 2006. Miriam Tola e' giornalista, saggista, operatrice culturale. Susan Sontag e' stata una prestigiosa intellettuale femminista e pacifista americana, nata a New York nel 1933, deceduta sul finire del 2004; acutissima interprete e critica dei costumi e dei linguaggi, fortemente impegnata per i diritti civili e la dignita' umana; tra i molti suoi libri segnaliamo alcuni suoi stupendi saggi, come quelli raccolti in Contro l'interpretazione e Stili di volonta' radicale, presso Mondadori; e Malattia come metafora, presso Einaudi; tra i suoi lavori piu' recenti segnaliamo particolarmente il notevole Davanti al dolore degli altri, Mondadori, Milano 2003] Susan Sontag scopri' il potere delle immagini a 12 anni quando vide in un libro le immagini di Bergen-Belsen e Dachau. Da allora fino alla morte, avvenuta nel 2004, non ha mai smesso di scrivere sul significato della fotografia e i suoi effetti nella costruzione della storia e della percezione di se' e degli altri. Quando nel 1975 qualcuno le chiese il perche' del suo interesse rispose: "Sono stata ossessionata dalle fotografie. E' un mezzo che ha esplorato fino in fondo, nella sua storia relativamente breve, quasi tutti i problemi estetici, morali e politici di una certa importanza - a partire dal concetto stesso di modernita' e di gusto modernista". A New York, fino al 4 settembre, il Metropolitan Museum rende omaggio alla critica e scrittrice americana con la mostra On Photography: A Tribute to Susan Sontag. La curatrice Mia Fineman ha accostato breve frasi, quasi aforismi, tratte dai suoi libri, e quaranta immagini dagli archivi del Met tra cui quelle di Walker Evans, Julia Margaret Cameron, Diane Arbus, Robert Mapplethorpe e Annie Leibovitz, che fu per anni anche la compagna dell'autrice. L'allestimento, sobrio come lo stile di Sontag, punta sui rimandi allusivi tra parole e immagini e lascia a chi guarda il compito di tessere reti variabili di legami. Cosi' la riflessione sul surrealismo che "sta al cuore stesso dell'impresa fotografica" e' accostata alle immagini di un mattatoio di Eri Lotan, direttore della fotografia di Luis Bunuel, in cui i pezzi di carne, accuratamente tagliati, sono perfettamente allineati ed esposti alla luce del tramonto. Fa eccezione il commento diretto ed esplicito della celebre foto "The Falling Soldier" di Robert Capa, icona dell'eroismo repubblicano nella guerra civile spagnola pubblicata per la prima volta sulla rivista "Life" nel 1937. Sontag ricorda che l'autenticita' dell'immagine, scattata nell'istante in cui una pallottola colpisce un repubblicano, e' stata piu' volte contestata. Il suo valore sta nell'immediatezza, nella verita' della morte catturata dal fotografo. Nel momento in cui e' emerso il sospetto che quella morte non e' stata reale ma simulata per la macchina, l'immagine, agli occhi di molti, ha perso il suo immenso valore. "Viste attraverso le fotografie, le persone diventano icone di se stesse", diceva Sontag. E accanto ai ritratti dei mostri sacri come Oscar Wilde e Andy Warhol il Met ha appeso quello di Susan Sontag realizzato da Peter Hujar nel 1975, quando l'intellettuale statunitense aveva 32 anni. Hujar l'ha ritratta distesa sulla schiena con le braccia piegate dietro la testa e lo sguardo rivolto in un punto fuori campo, perfetta espressione di quella lucidita' magnetica che l'ha trasformata in figura critica insostituibile. All'indomani dell'attacco al World Trade Center Sontag si attiro' critiche feroci per un articolo pubblicato sul "New York Times" in cui sottolineava: "La disconnessione tra la mostruosa dose di realta' di lunedi' scorso e lo stupido balbettio indignato e gli inganni venduti da figure pubbliche e commentatori tv e' sorprendente e depressiva. Sembra che le voci accreditate a seguire gli eventi si siano unite in una campagna per infantilizzare il pubblico". Negli ultimi anni della sua vita torno' a concentrarsi sugli effetti della guerra sui corpi e lo sguardo con Davanti al dolore degli altri (Mondadori, 2003). Pochi mesi prima di morire, il 28 dicembre 2004, vide le immagini delle torture di Abu Ghraib e scrisse: "Quelle foto siamo noi". Secondo Sontag le foto dei prigionieri incappucciati e costretti a simulare atti sessuali di fronte alla camera combinano la brutalita' di qualunque occupazione straniera con gli elementi peculiari della "war on terror" lanciata dall'amministrazione Bush. Di piu', mostrano che "l'America e' diventata un paese in cui le fantasie e le pratiche violente sono viste come intrattenimento". * Il fantasma intelligente di Susan Sontag si aggira anche in un'altra mostra, allestita al PS1 di New York fino al 25 settembre: Into Me / Out of Me. Imponente rispetto alle dimensioni minimali di quella del Met, attraversa 40 anni di storia e il lavoro di 130 artisti che hanno esplorato, immaginato e descritto l'esperienza del corpo, le sue superfici, gli anfratti, le relazioni interno/esterno e le alterazioni possibili. Into Me/Out of Me, che a novembre arrivera' in Europa al KW Institute for Contemporary Art di Berlino, include una vasta documentazione, video e immagini, degli Azionisti viennesi che a meta' anni Sessanta attaccarono i tabu' occidentali della violenza, del sesso, dei fluidi corporei e dell'auto-mutilazione. La potenza del corpo sessuato emerge nelle performance di artiste come Carole Schneemann, Gina Pane, Valie Export e Marina Abramovic e le connessioni tra sessualita', potere e identita' diventano esplicite con forza nel lavoro di Hannah Wilke, Mapplethorpe, Hujar e artisti contemporanei come Bruce La Bruce. Il debito del curatore Klaus Biesenbach con Sontag e' esplicito soprattutto nella sezione dedicata all'immaginario dei corpi mutilati dalle guerre e alla violenza mediatizzata. Dessin Jaloux, composizione in tono war-porn di Thomas Hirschhorn, sovrappone ritagli di vittime irachene e corpi femminili ipersessuali mentre il poster Rwanda di Alfredo Jaar, realizzato nel 1994, ripete in caratteri neri su fondo bianco il nome del teatro di guerra africano e allude alle carenze della copertura mediatica di un genocidio che la comunita' internazionale ha a lungo rifiutato di riconoscere come tale. Come scriveva Susan Sontag: "Le parole alterano, le parole aggiungono, le parole sottraggono. E' stata la strenua elusione della parola genocidio mentre in poche settimane circa 800.000 tutsi venivano macellati in Rwanda dai loro vicini ad indicare che il governo americano non aveva intenzione di fare nulla. Rifiutare di nominare con il suo vero nome, tortura, cio' che e' accaduto ad Abu Ghraib - e cio' che e' accaduto altrove in Afghanistan e a Guantanamo - e' oltraggioso proprio come il rifiuto di chiamare il genocidio ruandese un genocidio". 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1357 del 15 luglio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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