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La nonviolenza e' in cammino. 1356
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1356
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 14 Jul 2006 00:11:59 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1356 del 14 luglio 2006 Sommario di questo numero: 1. L'oppressione, la paura 2. Severino Vardacampi: Fermare la guerra 3. Dal 6 al 9 agosto nell'anniversario delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki 4. Mariagrazia Bonollo: L'impegno della societa' civile italiana per il Congo verso la pace 5. Peppe Sini: Due domande 6. Amitav Ghosh: Ricordare Abu Ghraib 7. Lidia Menapace: Frecce, calci e un'altra Italia possibile 8. Giancarla Codrignani: Morale vaticana ed etica femminile, note di una donna credente 9. Julia Kristeva: L'invito di Hannah 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. L'OPPRESSIONE, LA PAURA Il popolo palestinese oppresso dall'occupazione israeliana, nella solitudine e nella disperazione. Il popolo israeliano circondato quasi solo da regimi fascisti che non fanno mistero di intenzioni genocide, e segnato dalla bimillenaria persecuzione e dal genocidio subito da parte dei regimi fascisti europei una generazione fa. I popoli arabi e musulmani del Medio Oriente oppressi da regimi fascisti, dall'imperialismo americano, dal colonialismo e neocolonialismo europeo. L'Europa ricca che sa di quanto sangue e quanto orrore grondi il suo passato (qui sono nati gli imperialismi e i totalitarismi, dall'impero romano a quelli del XX secolo; qui sono state incubate e sono poi divampate le prime due guerre mondiali - le prime due -), che sa che il suo benessere attuale si regge sulla secolare e mai cessata rapina delle risorse altrui, sulla secolare e mai cessata schiavitu' altrui. Gli Stati Uniti che hanno una folle paura della vendetta delle vittime del loro sanguinario dominio imperiale. E tutte le diaspore, e tutti i sud del mondo, derubati di ogni bene e ogni diritto, vessati con sistematica, scientifica ferocia, scarificati fino all'osso nudo, nude vittime e nudi testimoni dell'orrore dell'ora presente che l'umanita' intera attanaglia. Oppressione, terrore, paura. E la guerra - la guerra terrorista, il terrorismo assassino - che distrugge tutto. * Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. EDITORIALE. SEVERINO VARDACAMPI: FERMARE LA GUERRA Per fermare la guerra occorre opporsi alla guerra. Per fermare una guerra occore opporsi a tutte le guerre. Il pacifismo generico e astratto non basta. Occorre la nonviolenza che inveri solidarieta', realizzi giustizia e promuova riconciliazione. Occorre la nonviolenza che e' la lotta la piu' nitida e la piu' intransigente contro tutte le oppressioni. Occorre la nonviolenza che e' la convivenza tra gli esseri umani che si riconoscono come esseri umani. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. INIZIATIVE DAL 6 AL 9 AGOSTO NELL'ANNIVERSARIO DELLE ATOMICHE SU HIROSHIMA E NAGASAKI [Da Tiziano Tissino (per contatti: t.tissino at itaca.coopsoc.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Nei prossimi giorni diffonderemo ulteriori dettagli delle iniziative e relativi materiali di approfondimento. Il programma completo ed ulteriori materiali sono consultabili anche nel sito del Comitato "Via le bombe" (www.vialebombe.org). Tiziano Tissino e' impegnato nel movimento nonviolento dei "Beati i costruttori di pace" ed in numerose altre esperienze ed iniziative nonviolente; e' tra i promotori dell'azione legale contro la presenza delle bombe atomiche americane ad Aviano e del Comitato "Via le bombe" (sito: www.vialebombe.org)] 6-9 agosto 2006: LXI anniversario delle atomiche su Hiroshima e Nagasakiò l'associazione "Beati i costruttori di pace" invita la cittadinanza a partecipare alle seguenti iniziative. Sabato 5 agosto, Gorizia, Piazzale della Transalpina, ore 21: incontro di riflessione, a cura della Comunita' Arcobaleno di Gorizia, per ricordare Hiroshima e Nagasaki e per dire no alle bombe atomiche. A Pordenone, ritrovo e partenza per Gorizia alle 19,30, presso l'oratorio di Vallenoncello. * Domenica 6 agosto, Aviano, di fronte alla Base Usaf, ore 8: cerimonia in ricordo di Hiroshima, nell'ora dello sgancio dell'atomica (8,12). E' stato invitato il Presidente della Camera del deputati. * Lunedi' 7 agosto, Pordenone, ore 9,30-19, Bastia del Castello di Torre: convegno "Fuori le atomiche dall'Italia, fuori le atomiche dalla storia", a cura del comitato "Via le bombe", con il patrocinio del "Coordinamento regionale enti locali per la pace". * Martedi' 8 agosto, Citizens' Weapons Inspection alla Base Usaf di Aviano. * Mercoledi' 9 agosto, Aviano, di fronte alla Base Usaf, ore 11, cerimonia conclusiva nell'ora dell'atomica su Nagasaki. Gli enti locali per la pace e gli aderenti alla rete "Mayors for Peace" sono stati invitati ad essere presenti con il proprio gonfalone. 4. INIZIATIVE. MARIAGRAZIA BONOLLO: L'IMPEGNO DELLA SOCIETA' CIVILE ITALIANA PER IL CONGO VERSO LA PACE [Da Mariagrazia Bonollo, dell'ufficio stampa dei "Beati i costruttori di pace" (per contatti: tel. 0445812321, cell. 3482202662, e-mail: salbega at interfree.it, sito: www.beati.org) riceviamo e volentieri diffondiamo] 63 volontari provenienti da tutta Italia partiranno il 24 luglio alla volta della Repubblica Democratica del Congo per una missione lanciata da "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa" per sostenere il percorso verso la democrazia della popolazione congolese, martoriata dalla "prima guerra mondiale africana" che dal 1998 al 2003 ha causato quattro milioni di morti e che da allora si e' avviata sulla strada di una difficile transizione verso la pace. Quest'ultima dovra' consolidarsi proprio attraverso le elezioni che si terranno il 30 luglio (le prime democratiche e multipartitiche da quarant'anni) e alle quali i volontari italiani parteciperanno in qualita' di osservatori elettorali della societa' civile, parificati a tutti gli effetti con quelli ufficiali dell'Unione Europea e della Fondazione Carter. Quelle che si terranno in Congo sono le prime elezioni democratiche da oltre 40 anni. "In solidarieta' con il popolo congolese che costruisce la democrazia e la pace - scrivono gli organizzatori - vorremmo offrire la nostra presenza per sottolineare quanto crediamo sia importante la costruzione di istituzioni democratiche nell'impegno per la pace. La nostra missione sara' composta da rappresentanti di associazioni e comitati, enti locali, gruppi religiosi, sindacati e singoli amici dell'Africa. Ci coordineremo con le missioni istituzionali, in particolare dell'Unione Europea, e collaboreremo con la Commissione elettorale indipendente, espressione della societa' civile congolese, dalla quale abbiamo ottenuto il riconoscimento che ci parifica a tutti gli effetti con gli osservatori elettorali internazionali". Per ultieriori informazioni: tel 0498070522, sito: www.beati.org 5. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: DUE DOMANDE La prima: la Costituzione della Repubblica Italiana va rispettata come legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico (tale che se una legge confligge con essa decade in quanto incostituzionale), si' o no? E l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana recita testualmente che "L'italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", si' o no? E la guerra in corso in Afghanistan e' una guerra, si' o no? E la partecipazione militare italiana alla guerra afgana confligge con il dettato costituzionale, si' o no? E i ministri della Repubblica hanno dovuto giurare fedelta' alla Costituzione all'atto dell'assunzione del loro incarico, si' o no? E la violazione della Costituzione e' un atto criminale, si' o no? E la criminale violazione della Costituzione da parte del governo e' un atto eversivo, si' o no? E noi dovremmo favoreggiare il crimine di un governo golpista che in totale continuita' col governo golpista precedente viola la Costituzione? * La seconda: la guerra - vietata dalla Costituzione - consiste nella commissione di omicidi di massa, si' o no? E coloro che in parlamento voteranno per la guerra - vietata dalla Costituzione - voteranno per la commissione di omcidi di massa, si' o no? E commettere omicidi di massa e' un crimine, si' o no? E noi dovremmo consentire la commissione di omicidi di massa? * Chi elude queste domande e' un triste e un tristo sofista. 6. RIFLESSIONE. AMITAV GHOSH: RICORDARE ABU GHRAIB [Dalla bella rivista diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 73, luglio 2006 (disponibile anche nel sito www.lostraniero.net) riprendiamo il seguente saggio di Amitav Ghosh, nella traduzione di Anna Nadotti, ivi pubblicato per gentile concessione dell'autore. Amitav Ghosh, scrittore e antropologo, e' nato a Calcutta nel 1956, e' cresciuto tra Bangladesh, Sri Lanka, Iran e India, ha studiato antropologia a Oxford, poi si e' trasferito in Egitto, in Cambogia, e' tornato a Delhi e ora vive tra New York (dove insegna alla Columbia University) e l'India. Tra le opere di Amitav Ghosh disponibili in traduzione italiana: Il paese delle maree; Il palazzo degli specchi; Il cromosoma Calcutta; Le linee d'ombra; I fantasmi della signora Gandhi; Il cerchio della ragione, Circostanze incendiarie. Anna Nadotti e' traduttrice, saggista, operatrice culturale. Su Anna Nadotti da "Rai news 24", riprendiamo anche la seguente scheda: "Anna Nadotti si definisce lettrice, traduttrice e consulente editoriale. Ma queste tre funzioni, o passioni, non bastano a dire chi e'. Nella sua vita e nella sua formazione hanno inciso il cinema, il jazz, la poesia e le arti figurative, soprattutto la pittura, e contribuiscono non poco alla sua attivita' di traduttrice. La sua passione per l'India l'ha portata a scandagliare con attenzione la letteratura contemporanea per proporre agli editori italiani autori e testi. Tra le sue traduzioni, tutte dall'inglese, quelle dei libri di Amitav Ghosh, di Anita Desai, di Satyajit Ray, Nayantara Sahgal e Vikram Chandra. Ha curato la scelta e la traduzione dei racconti di Mahasweta Devi. Sue anche le traduzioni dei testi della scrittrice inglese Antonia S. Byatt, delle introduzioni ai libri della Bibbia della Piccola Biblioteca Einaudi e di alcuni testi per ragazzi. Fa parte della redazione del mensile 'L'Indice' e collabora con il quotidiano 'Il manifesto', la Scuola Holden e l'Aiace di Torino, la Libera Universita' delle Donne di Milano e la rivista letteraria indiana 'Biblio'. Opere di Anna Nadotti: Oltre alle traduzioni Anna Nadotti e' autrice di: "Andate e ritorni dall'India (traduttrice per caso)", in S. Bassi, S. Bertacco, R. Bonicelli (a cura di), In That Village of Open Doors. Le nuove letterature crocevia della cultura moderna, Cafoscarina, Venezia 2002; "Fuori canone. Letterature, cinema, video nell'India contemporanea: una mappa impossibile", in Emanuela Casti e Mario Corona (a cura di), Luoghi e identita'. Geografie e letterature a confronto, Bergamo University Press - Edizioni Sestante, Bergamo 2004; "Sognando Beckham", in AA. VV., Donne sullo schermo, Aiace-Celid, Torino 2003; "Il punto di vista di Jo: uno sguardo sbieco su se stesse e il mondo", in AA. VV., Ragazze e ragazzi nel cinema contemporaneo, Aiace, Torino 2004". Goffredo Fofi, nato a Gubbio nel 1937, ha lavorato in campo pedagogico e sociale collaborando a rilevanti esperienze. Si e' occupato anche di critica letteraria e cinematografica. Tra le sue intraprese anche riviste come "Linea d'ombra", "La terra vista dalla luna" e "Lo straniero". Per sua iniziativa o ispirazione le Edizioni Linea d'ombra, la collana Piccola Biblioteca Morale delle Edizioni e/o, L'ancora del Mediterraneo, hanno rimesso in circolazione testi fondamentali della riflessione morale e della ricerca e testimonianza nonviolenta purtroppo sepolti dall'editoria - diciamo cosi' - maggiore. Opere di Goffredo Fofi: tra i molti suoi volumi segnaliamo particolarmente almeno L'immigrazione meridionale a Torino (1964), e Pasqua di maggio (1989). Tra le pubblicazioni degli ultimi decenni segnaliamo ad esempio: con Tony Thomas, Marlon Brando, Gremese, 1982; con Franca Faldini, Toto', Pironti, Napoli 1987; Pasqua di maggio. Un diario pessimista, Marietti, Casale Monferrato 1988; con P. Polito, L'utopia concreta di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1988; Prima il pane, e/o, Roma 1990; Storie di treno, L'Obliquo, 1990; Benche' giovani. Crescere alla fine del secolo, e/o, Roma 1993; Strana gente. 1960: un diario tra Sud e Nord, Donzelli, Roma 1993; La vera storia di Peter Pan e altre storie per film (1968-1977), e/o, Roma 1994; Piu' stelle che in cielo. Il libro degli attori e delle attrici, e/o, Roma 1995; Come in uno specchio. I grandi registi del cinema, Donzelli, Roma 1995; Strade maestre. Ritratti di scrittori italiani, Donzelli, Roma 1996; con Gad Lerner e Michele Serra, Maledetti giornalisti, e/o, Roma 1997; Sotto l'Ulivo. Politica e cultura negli anni '90, Minimum Fax, 1998; Un secolo con Toto', Dante & Descartes, Napoli 1998; Le nozze coi fichi secchi, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 1999; con Gianni Volpi, Vittorio De Seta. Il mondo perduto, Lindau, 1999; con Stefano Benni, Leggere, scrivere, disobbedire. Conversazione, Minimum Fax, 1999; con Franca Faldini, Toto'. L'uomo e la maschera, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2000; con Stefano Cardone, Intoccabili, Silvana, 2003; Paolo Benvenuti, Falsopiano, 2003; con Ferruccio Giromini, Santosuosso, Cooper e Castelvecchi, 2003; Alberto Sordi, Mondadori, Milano 2004; con Giovanni Da Campo e Claudio G. Fava., Simenon, l'uomo nudo, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2004; con Franca Faldini, Toto'. Storia di un buffone serissimo, Mondadori, Milano 2004; Circo equestre za-bum. Dizionario di stranezze, Cargo, 2005. Opere su Goffredo Fofi: non conosciamo volumi a lui dedicati, ma si veda almeno il ritratto che ne ha fatto Grazia Cherchi, ora alle pp. 252-255 di Eadem, Scompartimento per lettori e taciturni, Feltrinelli)] Nella generale indifferenza dell'opinione pubblica per l'esito dei processi di Abu Ghraib, si puo' leggere la tacita ammissione che il fatto ha poco a che vedere con i singoli perpetratori; nonche' l'ammissione che il significato dello scandalo va ricercato in circostanze e trascorsi personali ancora da chiarire. Quando scoppio' lo scandalo furono in molti a stupirsi che le forze armate degli Stati Uniti avessero deciso di assumere il controllo di uno stabilimento carcerario in un momento in cui le biblioteche, i musei, gli ospedali e i depositi di armi erano incustoditi. Ma questo concentrarsi sull'incarcerazione ha un lungo pedigree nella storia dell'espansione militare europea, soprattutto inglese. Risale al XVII e XVIII secolo, quando si registro', come oggi, un enorme aumento della popolazione carceraria; nella Gran Bretagna di allora, come negli Stati Uniti di oggi, un gran numero di soldati e marinai vivevano all'ombra delle nuove istituzioni penali. Per molti di loro tra carcere e servizio militare c'era poca differenza. "Nessun uomo dotato di sufficiente capacita' inventiva per entrare in un carcere", disse il dottor Johnson, "fara' il marinaio". Ma l'aumento della popolazione carceraria era vitale per il processo espansionistico. I detenuti inglesi, per esempio, furono essenziali per la colonizzazione dell'Australia e di alcune zone dell'America, come il Maryland. Anche in India, la conquista inglese del XVIII secolo determino' un rapido sviluppo del sistema carcerario. Nella seconda meta' del secolo gli inglesi esportarono i detenuti indiani in una serie di colonie penali costruite nelle isole del Golfo del Bengala e dell'Oceano Indiano: Penang, l'isola di Ramree vicino alla Birmania, le isole Andamane, Mauritius e Bencoolen, al largo di Sumatra. Sono questi gli antenati della Baia di Guantanamo. * Un primo e non secondario elemento di continuita' tra Abu Ghraib e le prigioni inglesi in India e' l'ossessiva fascinazione per i corpi: quello scrutare e marchiare e denudare, come se si volessero ri-fare i prigionieri. Alcune immagini di Abu Ghraib mostrano un'incredibile parentela con le fotografie scattate dagli ufficiali inglesi nelle carceri asiatiche del XVIII secolo. Nelle une come nelle altre i detenuti, uomini e donne, sono nudi e in piedi, con i genitali esposti davanti alla macchina fotografica; e sebbene siano stati spogliati, molti sono in ceppi, in catene e con un braccio sollevato. La differenza e' che queste immagini venivano scattate per progetti ufficialmente sanciti e i carcerieri non venivano mai inquadrati. Nell'India d'inizio Ottocento, i reclusi destinati al confino spesso venivano tatuati. Oltre che essere uno strumento di identificazione dei detenuti, i tatuaggi avevano anche un altro scopo. Nell'India pre-coloniale, in nord Africa e in alcune regioni del mondo arabo, i tatuaggi erano un ornamento soprattutto femminile: tatuare i prigionieri equivaleva dunque a un'evirazione simbolica, non solo dei prigionieri, ma dell'intera societa' che li produceva. E' improbabile che gli agenti di Abu Ghraib fossero consapevoli di questo particolare retaggio delle loro azioni, eppure in esse si riscontra un analogo intento. * Un secondo elemento di continuita' sta nel binomio carcerazione e teoria culturale. A quanto si sa, idee antropologiche come quelle di Raphael Patai, relative alla sessualita', l'onore e la mascolinita' degli arabi, hanno avuto un ruolo importante nel definire i metodi di Abu Ghraib e Guantanamo. I funzionari delle carceri inglesi in India erano attenti a colpire anche altre paure e tabu' che ritenevano profondamente radicati nel paese. Pensavano, ad esempio, che gli indiani temessero i viaggi per mare piu' della morte stessa: da cio', ai loro occhi, uno dei grandi vantaggi dei penitenziari sulle isole. C'era un aspetto della cultura indiana che poneva qualche problema ai funzionari inglesi. Era difficile trasformare le carceri in luoghi dove la lotta per la sopravvivenza individuale spezzasse i legami vigenti all'esterno: invece di schierarsi l'uno contro l'altro, i reclusi ripristinavano reti informali di rapporti familiari e di villaggio, di casta e di comunita'. Le immagini di Abu Ghraib fanno pensare a dinamiche simili. In alcune foto sembra quasi che i prigionieri si protendano l'uno verso l'altro, come per darsi sostegno. Non e' difficile immaginare che cio' sia stato fonte di notevoli fastidi per le guardie carcerarie che si sono laureate nel sistema carcerario statunitense. Nel suo precedente impiego, il sergente Graner avrebbe senza difficolta' ricoperto un ruolo importante nel brutalizzare i prigionieri: i detenuti avrebbero fatto il lavoro per lui. Ad Abu Ghraib invece si e' trovato davanti una popolazione carceraria non addestrata. Ecco perche' nelle fotografie le guardie hanno talora un'espressione esasperata, come se fossero stufe di dover insegnare ai prigionieri qualcosa che dovrebbero gia' sapere. "Guarda", dicono le loro facce, "e' cosi' che si fa". * Malgrado i precedenti e le indubbie continuita', nelle immagini uscite da Abu Ghraib c'e' qualcosa di totalmente inedito. Una novita' che non sta negli atti mostrati (si puo' essere certi che a Abu Ghraib e altrove sono successe cose assai peggiori, prima e dopo la caduta di Saddam Hussein), bensi' nello scopo delle fotografie. Molti osservatori hanno sostenuto che cio' che vediamo non e' tortura bensi' abuso. Tecnicamente credo che sia vero. La tortura implica il ricorso a mezzi estremi per ottenere un dato fine. Nelle foto di Abu Ghraib appare evidente che chi esercita l'abuso non ha uno scopo specifico. E' come se costringessero i prigionieri a mettere in scena una concezione della tortura, non come un mezzo bensi' come un fine. E' come se i carcerieri stessero dicendo ai prigionieri: non abbiamo nessuno scopo preciso nel farvi questo, se non insegnarvi chi siete e qual e' il vostro posto rispetto a noi. La guerra in Iraq e' stata spesso descritta in termini scolastici, si e' detto che doveva essere una lezione di democrazia, insegnare le strade della liberta', e cosi' via. Il significato delle fotografie va situato anche in questo contesto pedagogico: e' come se fossero state fatte per illustrare, a beneficio dei cittadini del Terzo Mondo, la concreta realta' del legame non detto tra prigioni e parlamenti. Ed esattamente qui sta l'orrore: non nelle azioni documentate, bensi' nel fatto che tali performance sono atti comunicativi, chiaramente intesi a istruire, addestrare. Anche per questo, probabilmente, i soldati non hanno avuto alcuna esitazione a scattare le fotografie e farle circolare; anche loro erano certi che la purezza dei fini giustificava i mezzi prescelti. * Se da tutto cio' possiamo trarre un'utile lezione, e' che, oggi come non mai, e' impossibile separare i mezzi dai fini: sono la stessa cosa, e ogni tentativo di distinguere gli uni dagli altri non fara' che confermarne l'inseparabilita'. Nell'era di Clinton ci furono molti interventisti liberali convinti che la nobilta' dei fini giustificasse qualunque mezzo (l'unilateralismo, farsi beffe del diritto internazionale e cosi' via). Oggi il tono e' cambiato e alcuni di loro hanno cominciato a parlare dei pericoli di una politica estera eccessivamente moralistica. Ma cio' significa disconoscere le responsabilita' di tutto cio' che e' andato storto. Affrontare la questione del miglioramento della vita umana non e' mai stato un problema. Il problema e' sorto quando si sono privilegiati i fini sui mezzi. Proprio per questa ragione gli interventisti liberali si sono trovati stretti in un nodo inestricabile con i neoconservatori: essendo incapaci di affrontare la questione dei mezzi appropriati, sono stati incapaci di contrastare l'appropriazione dei loro fini. Basterebbe questo a spiegare l'estrema importanza di figure come Howard Zinn e Noam Chomsky, con la loro insistenza sulla necessita' di analizzare tanto i mezzi quanto i fini. L'anniversario di Abu Ghraib dovrebbe servire come "memento" di cio' che accade quando tra il fine dichiarato di un progetto e i mezzi per raggiungerlo c'e' un'immane sproporzione: i mezzi diventano allora essi stessi il fine, e devono essere impiegati piu' e piu' volte. 7. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: FRECCE, CALCI E UN'ALTRA ITALIA POSSIBILE [Dal quotidiano "Liberazione" dell'11 luglio 2006. Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Avessi mai pensato che per diventare stabilmente famosa sarebbe bastato dire una frase sulle Frecce tricolori! Di tutto cio' di cui mi sono occupata nella mia vita politica vengo interpellata quasi solo su quelle. Allora: dichiaro che ho visto la finale dei mondiali di calcio, e anche la partita contro la Germania e mi sono molto divertita; che ero da sempre tifosa della Juve, del che invece ora mi vergogno un po'. Se mi si chiede che cosa penso dell'esibizione delle Frecce tricolori al rientro della nazionale dico che vorrei sapere chi paga, dato che il ministro Ferrero non firma la manovra economica, giustamente, tutti e tutte dobbiamo risparmiare, sono favorevole a una riduzione dei nostri emolumenti ecc. ecc. Le Frecce tricolori le paga la Nazionale? Oppure i club, magari come ammenda dei guai nel processo cui sottostanno? Vorrei solo sapere di piu'. E vorrei che di questo argomento si potesse discutere semplicemente. La Germania perde la partita e arriva solo terza. Ma riduce le spese militari, e cosi' quasi tutti i paesi europei; so che a Rivolto non tutti sono contenti di avere sulla testa un'ora e mezza al giorno le Frecce che si esercitano, che i bambini e le bambine hanno continue crisi di panico, che gli abitanti debbono cambiare le tegole sui tetti di frequente (e sono almeno indennizzati? no), che molti vigneti sono ormai vigneti al cherosene: non si puo' dire? E bisogna sentirsi ripetere la storiella della gloria nazionale eccetera? ho un altro concetto di nazione: sarei contenta che l'Italia fosse il paese che spende di piu' nella ricerca, che ha il piu' basso tasso di evasione fiscale, di disoccupazione, la miglior legge per i migranti, la minore criminalita' organizzata e cosi' via. Insomma per quanto mi riguarda non ho di cui pentirmi, anzi sono convinta che questa ubriacatura patriottarda calera' appena si sara' capito che la destra ci inzuppa il pane: appena si e' visto un eccesso di intromissione parafascista nelle vicende delle vittorie della Nazionale, le bandiere sono drasticamente calate, cosi' come i tassisti non si sono giovati della non richiesta alleanza dell'ultradestra. Il popolo e' meno scemo di quanto certi credono: lo si e' visto al referendum. 8. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: MORALE VATICANA ED ETICA FEMMINILE, NOTE DI UNA DONNA CREDENTE [Dal sito della rivista "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo il seguente intervento. Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it), presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005] Chi e' credente e' in difficolta': il fatto religioso, anche se non e' individualistico, e' certamente privato. Ne deriva che per una persona di fede uno dei primi requisiti e' la laicita'. L'autorita' del magistero, infatti, vale per l'ambito religioso e ha diritto di rendersi conosciuta; ma non puo' interferire con la politica dei governi, perche', per quello che riguarda i rapporti tra poteri diversi, e' espressione di uno Stato estero [il riferimento e', ovviamente, alla religione cattolica e al Vaticano - ndr]. Anche nel mondo laico domina la confusione e si e' venuta perdendo la pluralita' delle concezioni etiche: gli antichi conoscevano la morale platonica, la stoica, l'epicurea e cosi' via, mentre oggi sembra che esista solo, genericamente, "la morale" sullo sfondo ambiguo, per il mondo occidentale, della morale cattolica. Cosi' i laici arrivano ad avere "voglia di credere", senza capire che cosa significhi l'espressione, e cedono ai "superiori valori" del cattolicesimo (e non del cristianesimo che ha piu' larga accezione e, al suo interno, diverse confessionalita') negoziando mediazioni con un pensiero non mediabile. Accade cosi' che i politici non vogliono scontentare il potere religioso e sono, nel nostro paese in particolare, attenti a non proporre leggi sgradite al Vaticano. Su questo, come donna, avrei molto da dire, perche' sia i papi, sia i partiti, dimostrano che il patriarcato non e' per nulla morto: infatti, come potere, anche elettoralmente, le donne valgono meno delle chiese. Ma io volevo, una volta ogni tanto, farvi partecipi di un ragionamento interno al cattolicesimo. Mi ha sorpreso, infatti, che Benedetto XVI - che pure ha scritto un'enciclica per ricordare che "Dio e' amore" - per questioni come pacs e aborto parli di "eclissi di Dio". Se per la fecondazione assistita dice che "se l'uomo si arroga il potere di fabbricare l'uomo, si arroga anche il potere di distruggerlo", ci si domanda non solo se c'e' conoscenza corretta di una tecnica che non "crea" ne' ovuli ne' spermatozoi, ma rende possibili maternita' fino a ieri non possibili, ma dove dovrebbe andare Dio davanti a una societa' che continua a distruggere nelle guerre esseri che si sono riprodotti secondo la tradizione nuziale. La chiesa non ha potere di fermare le guerre? Allora perche' deve interferire con le decisioni del governo che concede diritti agli omosessuali, senza congratularsi se si ritira da una situazione di guerra. Non siamo piu' ai tempi di Pio XII che condannava l'aborto e non l'Olocausto. Mi sono venuti dei brutti pensieri: che il papa abbia paura. Benedetto XVI non assomiglia a Urbano VIII, che quando era cardinal Barberini poteva capire Galileo senza troppi turbamenti, ma condanno' una teoria dannosa all'autorita' di una Chiesa che non voleva ammettere errori. Oggi sembra che il papa nasconda a se stesso la paura per la poca fede dei cristiani parlando di "eclissi" di Dio, che, per definizione, non puo' esserci e non esserci contemporaneamente: era meglio il parroco che raccomandava ai bimbi di non far piangere Gesu'. Il presente e' certamente un tempo "epocale": la storia sta correndo rapida e fra dieci anni - se non ci saranno guerre o cataclismi a frenarla - avremo un mondo completamente diverso. Pensiamo ai progressi della medicina e della chirurgia: se rinsaldiamo femori con la plastica e prolunghiamo la durata della vita, perche' non consentire alla conoscenza piu' profonda dei tessuti e delle cellule la sperimentazione delle staminali? Dio era forse in eclissi quando Jenner, uno scienziato, innesto' il vaiolo sul figlio per sperimentare la cura della terribile malattia? C'e' paura che la gente perda la fede. Ma di quale fede si parla? Anche il papa cita poco il Vangelo, che e' la pietra di paragone su cui saggiare se una societa' puo' dirsi cristiana e che conferma che nessun tempo finora puo' esser definito tale. Oggi la sfida e' grande, non solo per il papa o per i cattolici o per i credenti di tutte le fedi: per tutti, infatti, o si realizza un mondo piu' avanzato perche' piu' civile e piu' umano o e' difficile pensare a qualunque "salvezza". Perche' allora cercare di ridurci al meno quando e' il piu' che ci interpella e richiede sforzi congiunti di tutti gli uomini di buona volonta', che non sono solo quelli che vanno a messa. O di tutti quelli che non sono solo "uomini" che parlano da uomini e non possono permettersi di esaurire i contenuti dell'amore di Dio. * Occorre che le donne alzino la voce: con lo sconquasso che agita il mondo, ne' il papa ne' i governanti debbono parlare di sessualita', famiglia, matrimonio, aborto, pacs, fecondazione assistita e altro senza ascoltare le donne. Le donne non sono permissive o immorali: non accettano piu' che la morale sia unica, definita solo dai maschi. E' forse morale che in un unico articolo del "nuovo" catechismo siano indicati ai cattolici come peccati l'adulterio, l'omosessualita', la prostituzione, la masturbazione insieme allo stupro, vale a dire il crimine piu' grave dopo l'omicidio? Se Dio e' amore (e il bisogno di ribadirlo in un'enciclica c'era solo perche' il mondo ha bisogno di piu' amore), perche' non siamo noi, a partire dal papa, amorevoli? Possiamo definire errore della Provvidenza l'esistenza di omosessuali e lesbiche ed escluderli dalla vita? se il papa dice che debbono praticare la castita' lo dira', forse, ai soli cattolici; ma gli altri come possono rinunciare a vivere? Perche' non si ascolta la voce delle donne che ne sanno di piu' - perche' pagano il disamore e il malamore sulla loro pelle - dell'amore, quello di Dio compreso? Che l'aborto sia un male, per piacere, lasciatelo dire alle donne: le statistiche dicono che la maggioranza di quelle che ancora abortiscono (dopo una legge che ha ridotto il numero degli aborti e della mortalita' femminile per le pratiche della clandestinita') sono le coniugate, a cui il marito non chiede se sono disposte ad un atto sessuale fecondo. Dio stesso indicava la via di una cultura superiore, quando invio' a Maria un messaggero per chiederne la disponibilita' e Maria ebbe la possibilita' di dire di no. La prostituzione non e' la donna o il travestito che disturba la viabilita' della gente perbene: ha la sua causa nel disordine mentale di uomini che desiderano prestazioni banali per esercitare un dominio. Che la famiglia sia un bene e' concetto universale: ma non l'hanno istituita le religioni, perche' l'umanita' si e' affinata proprio creando gli affetti delle relazioni. Tracce delle eta' primitive restano nelle tradizioni e nelle mentalita'; ma le donne, anche cattolicamente ortodosse, capiscono bene che una coppia che conviva nell'amore rinnovato quotidianamente senza ricorso a sindaci o a chiese crea dei bimbi che hanno lo stesso diritto di tutti al nido. E per proteggere la famiglia sarebbe bene che anche la chiesa cattolica condannasse i maltrattamenti che l'abitano senza distinzione di ceti e culture: le donne vengono violentate e picchiate, cosi' come i minori, in numero molto superiore alle denunce dei giornali. Il papa non lo puo' ignorare, quando parla di amore. Dio certamente non si eclissa; forse si indigna. Con chi? Certamente non con le donne. 9. MAESTRE. JULIA KRISTEVA: L'INVITO DI HANNAH [Da Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005, p. 278 (sono le parole conclusive del libro). Julia Kristeva e' nata a Sofia in Bulgaria nel 1941, si trasferisce a Parigi nel 1965; studi di linguistica con Benveniste; intensa collaborazione con Sollers e la rivista "Tel Quel"; impegnata nel movimento delle donne, psicoanalista, ha dedicato una particolare attenzione alla pratica della scrittura ed alla figura della madre; e' docente all'Universita' di Paris VII. Opere di Julia Kristeva: tra quelle tradotte in italiano segnaliamo particolarmente: Semeiotike', Feltrinelli, Milano; Donne cinesi, Feltrinelli, Milano; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio, Venezia; In principio era l'amore, Il Mulino, Bologna; Sole nero, Feltrinelli, Milano; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; I samurai, Einaudi, Torino; Colette, Donzelli, Roma; Hannah Arendt. La vita, le parole, Donzelli, Roma. In francese: presso Seuil: Semeiotike', 1969, 1978; La revolution du langage poetique, 1974, 1985; (AA. VV.), La traversee des signes, 1975; Polylogue, 1977; (AA. VV.), Folle verite', 1979; Pouvoirs de l'horreur, 1980, 1983; Le langage, cet inconnu, 1969, 1981; presso Fayard: Etrangers a nous-memes, 1988; Les samourais, 1990; Le vieil homme et les loups, 1991; Les nouvelles maladies de l'ame, 1993; Possessions, 1996; Sens et non-sens de la revolte, 1996; La revolte intime, 1997; presso Gallimard, Soleil noir, 1987; Le temps sensible, 1994; presso Denoel: Histoires d'amour, 1983; presso Mouton, Le texte du roman, 1970; presso le Editions des femmes, Des Chinoises, 1974; presso Hachette: Au commencement etait l'amour, 1985. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Julia Kristeva e' nata il 24 giugno 1941 a Silven, Bulgaria. Nel 1963 si diploma in filologia romanza all'Universita' di Sofia, Bulgaria. Nel 1964 prepara un dottorato in letteratura comparata all'Accademia delle Scienze di Sofia; nel 1965 ottiene una borsa di studio nel quadro di accordi franco-bulgari e dopo il 1965 prosegue gli studi e il lavoro di ricerca in Francia all'Ecole Pratique des Hautes Etudes. Nel 1968 consegue il dottorato sotto la direzione di Lucien Goldmann (con Roland Barthes e J. Dubois). Sempre nel 1968 e' eletta segretario generale dell'Association internationale de semiologie ed entra nel comitato di redazione del suo organo, la rivista 'Semiotica'. Nel 1973 consegue il dottorato di stato in lettere sotto la direzione di J. C. Chevalier. Dal 1967 al 1973 e' ricercatrice al Cnrs di linguistica e letteratura francese, al Laboratoire d'anthropologie sociale, al College de France e all'Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales. Nel 1972 tiene un corso di linguistica e semiologia all'Ufr di Letteratura, scienze dei testi e documenti dell'Universita' Paris VII 'Denis Diderot'. E' nominata direttore del Dea di Etudes Litteraires. Nel 1974 viene eletta Permanent visiting professor al Dipartimento di letteratura francese della Columbia University, New York. Nel 1988 e' responsabile del Draps (Diplome de recherches approfondies en psycopathologie et semiologie). Nel 1992 e' nominata direttore della Scuola di dottorato "Langues, litteratures et civilisations, recherches transculturelles: monde anglophone - monde francophone", all'Universita' di Paris VII 'Denis Diderot' e Permanent Visiting Professor al Dipartimento di Letteratura comparata dell'Universita' di Toronto, Canada. Nel 1993 e' nominata membro del comitato scientifico, che affianca il ministro dell'educazione nazionale. Attualmente e' professoressa all'Universita' Paris VII 'Denis Diderot'. Dal 1978 dopo una psicoanalisi personale e una analisi didattica presso l'Institut de psychanalyse, esercita come psicoanalista. Gli interessi scientifici di Julia Kristeva vanno dalla linguistica alla semiologia, alla psicoanalisi, alla letteratura del XIX secolo. Esponente di spicco della corrente strutturalista francese e in particolare del gruppo di 'Tel Quel', che ha sviluppato in Francia le ricerche iniziate dai formalisti russi negli anni Venti e continuate dal Circolo linguistico di Praga e da Jakobson, Julia Kristeva ritiene che la semiotica sia la scienza pilota nel campo delle cosiddette 'scienze umane'. Pervenuta oggi a un'estrema formalizzazione, in cui la nozione stessa di segno si dissolve, la semiotica si deve rivolgere alla psicoanalisi per rimettere in questione il soggetto senza di cui la lingua come sistema formale non si realizza nell'atto di parola, indagare la diversita' dei modi della significazione e le loro trasformazioni storiche, e costituirsi infine come teoria generale della significazione, intesa non come semplice estensione del modello linguistico allo studio di ogni oggetto fornito di senso, ma come una critica del concetto stesso di semiosi. Opere di Julia Kristeva: Semeiotike'. Recherches pour une semanalyse, Seuil, Paris 1969; Le texte du roman, Mouton, La Haye 197l; La revolution du language poetique. L'avant-garde a' la fin du XIX siecle: Lautreamont et Mallarme', Seuil, Paris 1974; Des chinoises, Editions des femmes, Paris l974; Polylogue, Seuil, Paris 1977; Pouvoirs de l'horreur. Essai sur l'abjection, Seuil, Paris 1980; Le language, cet inconnu. Une initiation a' la linguistique, Seuil, Paris 198l; Soleil noir. Depression et melancolie, Gallimard, Paris 1987; Les Samourais, Fayard, Paris 1990; Le temps sensible. Proust et l'experience litteraire, Gallimard, Paris l994. Numerosi articoli di Julia Kristeva sono apparsi sulle riviste 'Tel Quel', 'Languages', 'Critique', 'L'Infini', 'Revue francaise de psychanalyse', 'Partisan Review', 'Critical Inquiry' e molte altre. Tra le opere della Kristeva tradotte in italiano, ricordiamo: Semeiotike'. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano 1978; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio, Venezia 1979; Storia d'amore, Editori Riuniti, Roma 1985; Sole nero. Depressione e melanconia, Feltrinelli, Milano 1986; In principio era l'amore. Psicoanalisi e fede, Il Mulino, Bologna 1987; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; Poteri dell'orrore, Spirali/Vel, Venezia; I samurai, Einaudi, Torino 1991; La donna decapitata, Sellerio, Palermo 1997". Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Quanto a una azione politica che equivalga a una nascita e offra un riparo all'estraneita', Hannah Arendt, senza troppe illusioni, ci invita a pensarla e a viverla al presente, certo, ma sempre sotto il doppio regime del perdono e della promessa. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1356 del 14 luglio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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