Nonviolenza. Femminile plurale. 72



==============================
NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
==============================
Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 72 del 13 luglio 2006

In questo numero:
1. Amrita Mukherjee intervista Mehmooda
2. Lea Melandri: Un colloquio su maschile/femminile

1. AFGHANISTAN. AMRITA MUKHERJEE INTERVISTA MEHMOODA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista del
24 giugno 2006 di Amrita Mukherjee, di "India Times", a Mehmooda,
dell'Associazione rivoluzionaria delle donne afgane (Rawa)]

- Amrita Mukherjee: E' ancora obbligatorio per le donne, in Afghanistan,
indossare il burqa?
- Mehmooda: No, e' facoltativo, ma in molte regioni, specialmente nelle aree
controllate da comandanti fondamentalisti armati, molte donne lo indossano
per motivi di sicurezza. Gran parte di loro non lo vogliono, ma si sentono
piu' sicure ad indossarlo, perche' in queste aree le giovani e le donne
vengono rapite e stuprate dai gruppi armati. Persino a Kabul, dove
stazionano migliaia di militari dell'Isaf, numerose donne fanno lo stesso.
E' importante ricordare che sotto il dominio dei Talebani era assolutamente
obbligatorio per tutte le donne, in ogni angolo del paese.
*
- Amrita Mukherjee: Le donne possono uscire da sole, ora, o devono ancora
essere accompagnate da un parente di sesso maschile?
- Mehmooda: Di nuovo, dipende dalla zona. Nelle grandi citta' ci sono
parecchie donne che escono da sole, ma in quelle piu' piccole sono sempre
accompagnate da un uomo della famiglia. La situazione della sicurezza e'
critica in molte parti dell'Afghanistan, percio' le famiglie non consentono
alle donne e alle bambine di uscire, temendo che vengano uccise o che
subiscano violenze di ogni tipo.
*
- Amrita Mukherjee: Quindi una donna che e' per strada da sola deve temere
di essere insultata, assalita e stuprata? In pubblico?
- Mehmooda: Decisamente si'. Un largo numero di milizie armate, appartenenti
a diversi gruppi fondamentalisti (in special modo all'Alleanza del Nord),
sono responsabili della condizione delle donne afgane. Sfortunatamente,
nella maggior parte dei casi la polizia o i funzionari del governo sono
complici, percio' le donne tendono a non denunciare le violenze. Ci sono
numerosi casi di abusi e stupri specialmente nei villaggi, dove il governo
centrale non ha il controllo, ed i comandanti dell'Alleanza del Nord si sono
creati i propri governi locali. Ben pochi di questi fatti raggiungono i
media, perche' non ci sono giornalisti nelle aree remote del paese a causa
dei pericoli che la presenza di gruppi armati comporta. Uno di questi casi
e' stato lo stupro di gruppo di Rahima, dodicenne, da parte dei signori
della guerra.
*
- Amrita Mukherjee: Prima del dominio dei Talebani, c'erano donne
insegnanti, mediche, funzionarie governative. Sono state in grado di tornare
a svolgere normalmente le loro professioni?
- Mehmooda: Raramente. Pero' ad un certo numero di vedove e di donne
provenienti da famiglie bisognose e' stato offerto lavoro, per quanto non
sia sempre sicuro. Non sono impieghi offerti dal governo, ma dalle agenzie
internazionali di aiuto umanitario e dalle ong. L'Afghanistan ha un tasso di
disoccupazione superiore al 40%. Solo Kabul e' un'eccezione, li' un buon
numero di donne ha un lavoro. In altre zone dell'Afghanistan le donne hanno
paura di avere un impiego "ufficiale", giacche' vengono uccise dai Talebani
e da altri uomini armati se solo vanno agli uffici delle ong (che sono le
sole ad offrire loro lavoro, attualmente). Il 30 maggio 2006 sono state
assassinate cosi' sei persone che lavoravano nel campo degli aiuti
umanitari, e tre erano donne. Sino a quando criminali notori sederanno in
Parlamento, potranno solo far passare leggi discriminatorie per le donne, e
nessuno puo' aspettarsi che facciano qualcosa in loro favore.
*
- Amrita Mukherjee: Ci sono donne in posizioni di potere?
- Mehmooda: Abbiamo 68 deputate nel Parlamento nazionale, ed anche una
ministra. Ma piu' dell'avere un paio di donne in posizioni di rilievo, e'
importante dare uno sguardo alla situazione generale delle donne nel paese.
Molte di queste donne in posizioni rilevanti hanno connessioni strette con i
fondamentalisti, o si stanno compromettendo con essi. Basta guardare alle
dozzine di rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch per
avere le prove che l'amministrazione afgana non e' stata in grado di
proteggere le donne.
*
- Amrita Mukherjee: Se una donna vuole uscire da un matrimonio violento come
puo' farlo? Che difficolta' incontra se vuole risposarsi o avere un'altra
relazione?
- Mehmooda: E' praticamente impossibile. Cultura, tradizioni e costumi
familiari fanno si' che le donne neppure tentino di sfuggire a tali
situazioni. Nei pochi casi in cui e' successo, le donne abusate sono state
arrestate, messe in prigione, o riconsegnate alla famiglia. I tribunali
afgani non le aiutano, percio' esse non denunciano le violenze che
subiscono.
*
- Amrita Mukherjee: Se una donna non puo' avere bambini, viene maltrattata?
- Mehmooda: Si'. Di solito suo marito ha il permesso di prendersi un'altra
moglie, tenendosi anche lei. E la prima moglie continuera' a lavorare per il
marito e la di lui famiglia come una serva. In molti casi l'uomo si prende
una seconda moglie se la prima non da' alla luce un maschio. Una bambina e'
perlopiu' non benvenuta. Sfortunatamente questi usi disgustosi sono ancora
in auge: alcuni dei miliziani fondamentalisti hanno quattro mogli, e sposano
ragazzine che hanno 30-40 anni meno di loro. Alcune le rapiscono, altre le
comprano da famiglie poverissime. E le famiglie non potrebbero comunque
rifiutarsi, sanno quanto pericoloso sarebbe il farlo.
*
- Amrita Mukherjee: Sul sito web di Rawa si dice che c'e' stato un aumento
nel tasso di suicidi di donne in Afghanistan? Come mai?
- Mehmooda: Secondo la Commissione indipendente afgana per i diritti umani,
nel 2005 sono stati riportati 154 casi di "autoimmolazione" di donne nella
zona occidentale del paese, e 34 nelle zone a sud e orientali. Ma i numeri
reali sono piu' alti. Molte di queste donne trovano tutte le porte chiuse e
non riescono a trovare altro modo che il suicidio per sfuggire agli orribili
problemi familiari e sociali che devono affrontare.
*
- Amrita Mukherjee: Qual e' lo stato dell'istruzione nel paese, ora?
- Mehmooda: Nelle grandi citta' come Kabul, Herat, Mazar-e-Sharif e
Jalalabad ci sono alcune universita', e scuole per ragazze, ma nelle piccole
citta' e nei villaggi non ci sono ne' scuole ne' progetti educativi. Per la
maggior parte le famiglie non vogliono mandare a scuola i loro bambini,
perche' e' pericoloso.
*
- Amrita Mukherjee: Rawa, ai tempi del regime talebano, organizzava scuole
clandestine. Alcuni dicono che avevate anche saloni di bellezza clandestini.
Adesso i vostri progetti sono alla luce del sole?
- Mehmooda: Tutti i nostri progetti sociali e umanitari vanno avanti nello
stesso modo. Siamo ancora un'organizzazione non registrata, non legale, e
non possiamo portare avanti le nostre iniziative con il logo di Rawa.
Abbiamo ancora molti dei problemi che avevano sotto i Talebani. Essendo
fortemente contrarie ai leader fondamentalisti, criminali che stanno
condizionando il governo, e criticando i loro sostenitori ed il ruolo
negativo che altri governi hanno in Afghanistan, e' difficile per noi
operare apertamente. Alcune persone, considerando il carattere orgoglioso e
non compromesso della nostra lotta, credono sia suicida farsi nemici tanto
potenti, ed hanno paura di entrare in contatto con noi, sebbene molti di
loro lodino il nostro coraggio. Una cosa spiacevole, molto importante, e'
che certi scrittori e poeti afgani sono diventati i portavoce delle bande
fondamentaliste, le quali usano la loro arte ed il loro talento per
ingannare la gente, e presentare una visione annacquata, ripulita, dei
fondamentalisti. Costoro sono contrari a Rawa, e si oppongono agli obiettivi
di Rawa. Oggi la maggior parte di essi ha posizioni di rilievo nel governo.
L'8 marzo 2006, quando tenemmo una grande manifestazione per il Giorno
internazionale della donna a Kabul, la gente era meravigliata dal grosso
rischio che Rawa correva e i media, spaventati dai fondamentalisti, non
hanno dato notizia dell'evento. Non possiamo mettere in vendita la nostra
rivista in nessuna libreria, ne' a Kabul ne' in altre citta'
dell'Afghanistan, perche' in diversi posti i librai sono stati maltrattati e
minacciati da uomini armati affinche' non tenessero in negozio le
pubblicazioni di Rawa. I soldati dei signori della guerra hanno piu' volte
raccolto le nostre riviste dai negozi e le hanno bruciate, ed hanno fatto
pressione sui negozianti perche' denunciassero le donne di Rawa che avevano
portato da loro il materiale. In uno di questi incidenti, imprigionarono e
torturarono un sostenitore di Rawa scoperto in un mercato di Kabul a copiare
un nostro comunicato, che voleva distribuire ad altri. E' stato rilasciato
dopo 24 ore, avendo accettato di pagare un riscatto ai suoi rapitori.
Quello che ti dico e' solo la punta dell'iceberg dei problemi e delle
durezze che affrontiamo in Afghanistan. Lavoriamo ancora in
semiclandestinita', percio' per noi e' difficile raggiungere le persone.
Abbiamo ancora una lunga strada davanti, per raggiungere ogni zona del paese
e lavorare con le donne. Ci sono zone in cui non siamo mai riuscite ad
andare, e in cui le persone conoscono Rawa per via di qualche intervista
radiofonica o perche' hanno visto il nostro giornale. Puoi sicuramente
trovare donne ed uomini che di Rawa non hanno mai sentito parlare.
Ma non abbiamo mai avuto "saloni di bellezza", in nessun angolo
dell'Afghanistan. In effetti non ci piacciono. Nella situazione attuale, in
cui le donne afgane vivono problemi cosi' gravi ed urgenti, aprire saloni di
bellezza significa prenderle in giro.
*
- Amrita Mukherjee: Secondo te quali azioni immediate dovrebbe intraprendere
il governo per migliorare la condizione delle donne afgane?
- Mehmooda: Sino a che i terroristi fondamentalisti saranno al potere ed
avranno posti chiave nel governo, non ci sara' alcun cambiamento: solo una
democrazia basata sulla laicita' potra' migliorare la condizione delle
donne. Non ci aspettiamo che il governo attuale, cosi' com'e' composto,
faccia qualcosa per aiutare le donne.Come ho detto prima, l'Alleanza del
Nord ha i suoi criminali al governo. L'Alleanza del Nord comprende questi
stupratori ricchissimi, indaffarati a trafficare eroina sotto il naso
dell'esercito statunitense. Sono loro le persone dietro l'insicurezza, i
rapimenti, la sparizione di miliardi di dollari di aiuti stranieri, le
ingiustizie, le regole anti-donne, le coperture di omicidi che avvengono
alla luce del sole, e cosi' via. Vari eprsonaggi al potere si sono macchiati
del sangue di migliaia di persone. Tutti questi gentiluomini e signore hanno
il disgraziato marchio di inumane brutalita' commesse contro il nostro
popolo negli anni piu' neri, dal 1992 al 1996. Ora sono i nostri ministri,
vicepresidenti, consiglieri del presidente. La maggior parte degli
ambasciatori, dei governatori, dei funzionari d'alto rango sono affiliati
alla mafia dell'Alleanza del Nord. Fino a che costoro saranno al potere, un
miglioramento per le donne e' fuori questione.
*
- Amrita Mukherjee: In che modo i signori della guerra e gli ex Talebani
sono arrivati in Parlamento?
- Mehmooda: E' ovvio che le elezioni non sono state ne' pulite ne' libere.
Mentre i candidati democratici venivano minacciati, arrestati e persino
uccisi, i fondamentalisti hanno usato il loro denaro, le loro armi e la
corruzione per vincere. Sono andati in Parlamento non per risolvere il piu'
piccolo dei problemi del nostro popolo devastato, ma per raggiungere i loro
scopi politici.
*
- Amrita Mukherjee: C'e' stato qualche cambiamento nel comportamento degli
uomini, in Afghanistan?
- Mehmooda: Lasciando da parte la dominazione fondamentalista, la violenza
contro le donne ha radici profonde nella nostra societa'. Rawa crede che
solo attraverso uno sforzo continuo, garantendo istruzione e suscitando
consapevolezza, potremo rendere piu' sensibili sia gli uomini sia le donne.
*
- Amrita Mukherjee: Malalai Joya, deputata, e' stata aggredita perche' ha
parlato contro la presenza dei signori della guerra in Parlamento. Donne
parlamentari si unirono ai deputati uomini nell'assalto. Pensi che questo
incidente sia emblematico della reale situazione afgana?
- Mehmooda: E' esatto. Prova ancora che costoro non sono rappresentanti del
popolo ma solo signori della guerra, fondamentalisti ignoranti e mafiosi
coinvolti nel traffico di droga. Durante le elezioni hanno usato potere,
denaro, fucili e frodi non solo per se stessi, ma per insediare donne
fantoccio nei seggi riservati alle donne. Si', sfortunatamente in
Afghanistan abbiamo anche "signore della guerra", ed alcune di esse ora sono
in Parlamento.
*
- Amrita Mukherjee: Si dice che i Talebani non abbiamo mai lasciato
l'Afghanistan. Come si fa sentire la loro presenza?
- Mehmooda: Soprattutto nelle aree che confinano con il Pakistan ci sono
stati incidenti, come attacchi e roghi di scuole, omicidi di impiegati
maschi e femmine delle ong, stranieri presi come ostaggi, e cosi' via.
Distribuiscono volantini in cui minacciano le donne e spesso tengono
trasmissioni radiofoniche.
*
Amrita Mukherjee: I media sono recentemente tornati ad occuparsi
dell'Afghanistan. Questo in qualche modo aiuta la vostra causa?
- Mehmooda: Purtroppo negli ultimi dieci anni di guerra in Afghanistan, i
media occidentali non si sono interessati della questione. Dopo il collasso
del regime filosovietico e l'occupazione di Kabul da parte dei
fondamentalisti nel 1992, si sostenne che era in corso una guerra civile, e
che essa era parte della cultura e della tradizione afgane. Nella maggior
parte dei casi, i media devono dire cio' che piu' fa comodo ai governi. Fu
solo dopo l'11 settembre che l'interesse venne creato, e le persone
cominciarono a parlare dell'oppressione subita dalle donne. La situazione
era presente nel nostro paese da anni ed anni, ma passava del tutto sotto
silenzio. Sino a che i media internazionali hanno parlato di noi, cio' e'
servito per ottenere sostegni e donazioni. Ma gli aiuti sono drasticamente
diminuiti dopo breve tempo, perche' i media occidentali sostenevano che
l'Afghanistan era stato liberato, e che le donne afgane erano ormai al
sicuro e si godevano la vita.
*
- Amrita Mukherjee: Potresti rilasciare un'intervista come questa ad un
giornale locale, in Afghanistan?
- Mehmooda: Mai. In primo luogo perche' e' un'intervista a Rawa, e nessuno
avrebbe il coraggio di pubblicarla per le conseguenze pericolose che cio'
potrebbe comportare. In secondo luogo, noi chiamiamo per nome i peggiori
criminali, che oggi sono politici, e questo e' un tabu'. La stampa in
Afghanistan riceve fortissime pressioni, e non puo' criticare apertamente il
governo.

2. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: UN COLLOQUIO SU MASCHILE/FEMMINILE
[Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche
riprendiamo la trascrizione della puntata della trasmissione "Il grillo"
realizzata con gli studenti del liceo classico "Umberto I" di Napoli il 7
febbraio 2001 e trasmessa il 12 marzo 2001. Lea Melandri, nata nel 1941,
acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba
voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel
movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Opere di Lea
Melandri: segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio,
Milano 1977, poi Manifestolibri, Roma 1997. Cfr. anche Come nasce il sogno
d'amore, Rizzoli, Milano 1988; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga,
Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia
di foglietti, Moby Dick 1996. Dal sito www.universitadelledonne.it
riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di
scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione
per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice
insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo
psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di c
ui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini &
Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70
e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi,
sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba
voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988
( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La
Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di
foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica
dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione
Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei
sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di
posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto',
'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha
diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione
femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione
aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle
donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

- Studentessa: Benvenuti al Liceo "Umberto I" di Napoli. In questo incontro
parleremo di "maschile/femminile" con la professoressa Lea Melandri, che
ringraziamo per avere accettato il nostro invito. Prima di cominciare la
nostra discussione guardiamo una breve scheda filmata.
*
- Scheda filmata: La generazione del '68 e' stata la prima a rivendicare con
forza, pubblicamente, la propria sessualita' e il suo valore politico e
rivoluzionario. Anche all'interno di un progetto piu' generale. "Chi dorme
due volte con la stessa donna e' parte del sistema", osarono dire con
allegra forza i giovani di quegli anni. L'interazione tra pubblico e privato
si e' indubbiamente affievolita negli ultimi due decenni. Il sesso non e'
piu' un terreno su cui far valere la propria diversita', un ambito da
sgomberare di pregiudizi, di ipocrisie e da una secolare repressione. Oggi
quei giovani sono divenuti padri e i loro figli hanno alle spalle, come un
dato acquisito, le conquiste della generazione precedente. I ventenni di
oggi, figli del grande freddo emozionale e politico degli anni Ottanta, sono
meno disposti a far del sesso una bandiera, meno propensi a caricarlo di
significati e di simboli. Paiono vivere la sfera della sessualita' in
maniera piu' quieta e piu' elastica, piu' attenta alle singole esperienze e
alle sfumature. Sono piu' realisti i giovani d'oggi? O addirittura un po'
piu' conformisti? E poi sono davvero cosi' scontate le conquiste dei padri?
La sessualita' e' divenuta piu' democratica? O e' ancora terreno di scontro
e luogo di potere, anzitutto tra generi sessuali?
*
- Studentessa: Siamo ragazzi di diciotto anni e non abbiamo visto davvero il
femminismo da vicino. Quali sono stati i suoi meriti, i suoi errori, e
soprattutto che eredita' ci ha lasciato?
- Lea Melandri: Io vengo dall'esperienza del primo femminismo, agli inizi
degli anni Settanta, con i gruppi di autocoscienza e di pratica
dell'inconscio - cosi' si chiamavano allora i primi gruppi separati di sole
donne, in cui si cominciava a riflettere sul rapporto tra i sessi, in un
modo assolutamente nuovo e inedito rispetto alla storia precedente - che
credo abbiano segnato per me, come per molte altre donne, l'inizio di una
nuova storia. E questo e' difficile da comunicare. E' difficile dire cosa
significava che a quel punto la questione e il rapporto tra i sessi non era
piu' solo il problema della "questione femminile", come si diceva in
passato - cioe' un problema di svantaggio di un sesso rispetto all'altro, un
problema di emarginazione e esclusione, di sfruttamento o di dominio di un
sesso sull'altro. Il lavoro che si faceva di riflessione su di se' - e prima
ancora che di riflessione, di racconto di se' - nei gruppi di autocoscienza,
rappresentava una grande rivoluzione. Intanto perche' allora colpi' che le
donne si trovassero da sole, in gruppi separati. Ma anche perche' quello che
avveniva era qualcosa di nuovo. Cioe' si raccontavano le vite, le storie. E
in queste storie un posto centrale aveva sicuramente il rapporto d'amore, la
sessualita', l'uso e l'immagine che una ha del proprio corpo. Quindi il
fatto che si parlasse di sessualita', che uno dei temi centrali fosse la
domanda: "Che cos'e' la sessualita' femminile?", cioe' perche' il corpo
femminile si e' adattato, come dire, a piacere all'uomo e ad assolvere in
modo quasi esclusivo il compito di garantire la sopravvivenza della specie.
Io credo che in sostanza i due cardini su cui si e' costruito il rapporto
storico uomo-donna - le differenze che conosciamo, l'idea che ci siamo
formati e che abbiamo ereditato di maschile e femminile - siano il fatto che
il corpo femminile e' sia il corpo che genera, sia il corpo che e' piu'
vicino alla creatura che nasce, maschio o femmina che sia. Quindi e' il
corpo da cui si riceve la sopravvivenza a livello materiale, ma da cui si
ricevono anche i primi impulsi sessuali. Ora, il fatto che le donne abbiano
svolto storicamente questa funzione, e il fatto che da questo corpo, come
dire, venga contemporaneamente la garanzia della sopravvivenza, ma anche la
seduzione sessuale, questo era un tema su cui non si era riflettuto
nell'emancipazionismo precedente. Si era parlato di diritti delle donne, si
era lottato perche' le donne potessero votare come gli uomini. Cioe'
l'emancipazionismo - quello che comincia verso la fine dell'Ottocento, ma
che ha dei precedenti anche nei secoli prima - si era costituito attorno al
problema della "questione femminile", cioe' su come sottrarre un sesso da
una posizione di svantaggio e di emarginazione. Col femminismo nasce invece
un'altra storia, un'altra coscienza, straordinaria, che sposta il problema
del rapporto uomo-donna dalla scena storica a quella che io chiamo spesso la
preistoria, cioe' a questo sedimento di pensieri, immagini, modi di
comportamento, modelli che noi ci portiamo dentro e che si formano molto
precocemente nella vita degli individui, e che in parte ereditiamo
inconsciamente dalla storia della specie. Cioe' analizzare, andare cosi' in
profondita', scavare dentro le nostre vite, vedere come si costruisce dentro
di noi l'adesione a un modello. Perche' e' sotto gli occhi di tutti che c'e'
stato un dominio del sesso maschile, che la societa' e la vita pubblica si
e' costruita attraverso il linguaggio, le leggi, le istituzioni dettate da
un sesso solo. E d'altra parte anche Rousseau, nel Contratto sociale, diceva
esplicitamente che le donne non entravano nel contratto sociale. La
motivazione e' interessante: "Le donne - dice Rousseau -esercitano
un'attrattiva troppo forte, quel corpo e' troppo pericoloso". Ed e' un corpo
che nella cultura maschile non e' stato solo visto come un corpo
insignificante - politicamente, culturalmente, storicamente - da emarginare,
ma e' anche un corpo dotato di una grande potenza. Ossia l'attrattiva
sessuale e la potenza del fare i figli e' stata vista come un elemento forse
inquietante per l'uomo. Ecco, io insisto sul fatto che il dominio maschile
non nasce da una volonta' perversa di sfruttamento di un sesso rispetto
all'altro. Nasce da desideri, paure, fantasie che nascono con la specie, ma
che si ripetono ogni volta che nasce un bambino di fronte a quel corpo che
continua a essere cosi' presente, quasi in modo esclusivo. E' vero che oggi
le donne lavorano, ma e' anche vero che il corpo femminile continua a essere
quello che e' piu' vicino all'infanzia, quello che ha piu' parte in un
vissuto di dipendenza infantile. Quindi il femminismo degli anni Settanta ha
aperto un discorso che andava in profondita' nella questione dei sessi,
proprio perche' la voleva vedere dall'interno, nell'interiorizzazione dei
modelli. Non solo come un fatto di violenza, di dominio esterno, ma come una
rappresentazione del mondo, che in questo senso quindi tira dentro uomini e
donne. Perche' se e' vero che l'uomo ha lasciato al corpo femminile una
parte della propria esperienza, quella del legare e consegnare al corpo
femminile la custodia non solo della sopravvivenza del processo generativo,
ma anche della vita affettiva, questo corpo e' anche venuto a significare
tutto cio' che la storia e la cultura tradizionalmente intesa ha lasciato
fuori: la nascita, l'infanzia, la vita, la morte, l'amore, ovvero un'area
enorme della vita degli esseri umani. In questo senso l'uomo che compare
nella storia e' un uomo impoverito. E' certo potente per un verso, ma
estremamente debole per l'altro. E' un individuo scorporato, perche' ha
consegnato alla donna, e continua a consegnarle, la custodia di una parte di
se'. Ma questa e' anche, secondo me, la radice delle immagini del maschile e
del femminile che abbiamo ereditato, pur con tutta la tendenza a pensare a
un nomadismo dei generi, a una trasmigrazione continua per cui virilita' e
femminilita' si spostano, si possono mescolare e ricomporre. C'e'
sicuramente un'osmosi maggiore di comportamenti tra maschi e femmine. Resta
pero' che i ruoli del maschile e del femminile conservano nel tempo un loro
fascino proprio come tali: la donna e' corpo, natura, sessualita' e vita
affettiva; e l'uomo invece e' pensiero e storia. Questa complementarieta' ha
un suo fascino. Ed e' quello che, io credo, dovremmo indagare. Ma il merito
del femminismo storico degli anni Settanta e' stato di portare alla luce,
attraverso il racconto dell'esperienze delle vite, tutta questa materia che
ha a che fare con la sessualita', la vita affettiva, l'amore e anche le
vicende-chiave della nascita e della morte, cioe' i limiti naturali della
storia degli esseri umani.
*
- Studentessa: La condizione della donna varia in modo notevole da paese a
paese, ma si puo' parlare lo stesso di un terreno comune di discussione
riguardo a questo problema? Secondo lei, i diritti delle donne variano da
paese a paese, o sono validi ovunque?
- Lea Melandri: Credo che il modo con cui si sono costruiti i ruoli sessuali
rappresenta l'aspetto piu' universale nella storia della specie umana. In
questo senso si ripetono, senza delle varianti sostanziali, da paese a
paese, da luogo a luogo, da stato a stato. Quindi c'e' una condizione, direi
universalmente evidente, in cui questi ruoli complementari si riproducono.
Il problema dei diritti e' un problema fondamentale: le donne partecipano di
uno sviluppo della civilta' che non e' diverso da quello dell'uomo. Quindi,
in questo senso, acquisire diritti vuol dire uscire da una condizione
violenta, spesso di emarginazione e di sfruttamento. E' anche vero che i
diritti non risolvono sostanzialmente il rapporto tra i sessi; ci sono
diritti che le donne stesse spesso hanno rifiutato, per esempio laddove
l'acquisizione di nuovi diritti tende a modellare la presenza o
l'individualita' femminile su uno stampo che e' quello che ha rappresentato
storicamente invece la comunita' degli uomini. Cioe', per dirla piu'
semplicemente, quando acquisire diritti vuol dire uniformarsi a un'idea di
cittadino che si e' costruita dall'interno di una societa' di dominio
maschile, spesso sono le donne che rifiutano questi diritti. Anche rispetto
al lavoro, che e' una delle questioni principali, il desiderio delle donne
e' controverso. Si vuole essere presenti nella vita pubblica, lavorare,
perche' spesso ovviamente ce n'e' bisogno e perche' e' anche un modo di
uscire da una realta' soffocante, come la famiglia e la vita affettiva. E'
anche vero pero' che molte donne continuano oggi - donne che vengono
presentate come modelli di emancipazione, le donne di potere - a dire che ci
tengono alla sfera privata, ci tengono a essere anche madri. In televisione,
ormai abitualmente, vediamo la donna di successo, l'attrice importante, la
rock star, la porno star, eccetera, che ci tiene a dire che per lei e' molto
importante anche la maternita'. Credo che problemi ce ne siano, e tanti! Lo
dimostra il fatto, per esempio, che, nonostante il diritto di voto, il
diritto alla partecipazione alla vita pubblica, nella vita politica in
particolare, nei Parlamenti, le donne sono in una percentuale bassissima. E
non serviranno le quote a garantire la partecipazione. Perche'? Perche'
credo che il problema non sia quello di un'emancipazione che dia alle donne
gli stessi diritti che hanno gli uomini, oppure  estendere questi diritti a
tutti i popoli, dove la condizione femminile appare piu' arretrata. Oggi
l'Occidente si e' assunto di fronte al mondo anche questo compito: oltre ai
suoi mercati e al suo denaro, esporta democrazia; e, come indice di
democraticita', si indica sempre la condizione femminile. Dove la condizione
femminile migliora - si dice - la democrazia avanza. Insisto: non e' una
questione solo di diritti: c'e' qualcosa di piu' profondo che va modificato.
Ed e', come dicevo prima, capire piu' profondamente perche' il corpo
femminile continua sia a essere oggetto di grande esaltazione da parte
dell'immaginario collettivo, sia a essere screditato, tanto da poter essere
stato messo fuori dal Contratto sociale. Cioe' perche' ancora le donne usano
la seduzione del loro corpo, come si vede oggi in televisione - non e' la
liberta' sessuale quella, e' un'altra cosa, e' un via libera all'esibizione
di se', la piu' spudorata possibile - come strumento di potere, e la
maternita' come una sorta di contropartita rispetto al maschio. Finche' non
si modifica questo e' difficile pensare di potere usare la scappatoia dei
diritti. Deve cambiare piu' profondamente una relazione che si e' costruita
all'origine della specie e che lascia dei segni su di noi.
*
- Studente: Quando si parla di maschile e femminile non e' piu' importante
specificare prima se si sta parlando di omosessuale o di eterosessuale?
- Lea Melandri: Non mi sembra cosi' importante, perche' i ruoli del maschile
e del femminile, a mio avviso, si ripetono, anzi si esasperano, nel rapporto
omosessuale. Il rapporto tra due persone dello stesso sesso e' fortemente
improntato, nella relazione che si intrattiene, ai ruoli sessuali: i ruoli
vengono enfatizzati nel rapporto tra due persone dello stesso sesso. Cioe'
non e' una terza modalita' sessuale che emerge quando siamo in presenza di d
ue persone dello stesso sesso, al contrario. E in questo senso io torno sul
tema del perche' i ruoli sessuali hanno tanto fascino. Guardavo prima la
scheda filmata: liberta' sessuale sicuramente c'e' ne e' molto di piu' oggi.
Ma la sessualita' non e' separata dalla vita sentimentale. E questo non lo
si e' detto abbastanza. Perche' il '68 e' passato alla storia appunto come
il periodo della liberta' sessuale - c'erano le comuni, si scioglievano le
famiglie, le coppie, eccetera. Poi oggi vediamo che e' vero che ci sono
molte piu' persone che vivono sole. E questo e' un segno anche delle
maggiori difficolta' nei rapporti di coppia. E' anche vero che l'idea
centrale che controlla, a mio avviso, sia la sessualita' sia la vita
affettiva, resta l'idea della coppia, del ricongiungimento di un maschio e
di una femmina. Tutti gli spettacoli televisivi, al 90%, hanno come tema la
relazione di coppia. Penso, in particolare, a quella trasmissione, che si
chiama "Questioni di cuore", che trasmette Rai Due, il primo pomeriggio: e'
strabiliante la ripetitivita' dello schema. Poi non importa molto che sia
costruito. Questo lo sappiamo, ce lo dicono anche che e' costruito. Non ci
aspettiamo la spontaneita'. Ma anche la finzione dice qualcosa. Quello che
dice e' che uno dei punti forti su cui si puo' catturare l'attenzione del
pubblico e' proprio la vicenda della coppia. La coppia stara' insieme o si
sciogliera'? Ricordo una trasmissione di anni fa, "Il gioco delle coppie",
un'altra trasmissione di grande successo. E quando chiedevo ai miei genitori
anziani, che la guardavano ogni giorno: "Perche' la guardate sempre?", mio
padre rispondeva: "Perche' vogliamo vedere se i due poi vanno insieme".
Questo vuol dire che ci sono alcuni elementi centrali della nostra
esperienza di relazione tra individui di sesso diverso, che non riguardano
tanto la sessualita', quanto piuttosto la sentimentalita', cioe' la vita
affettiva, il sentimento d'amore, il desiderio di felicita'. C'e' piu'
liberta' sessuale del passato, ma il sogno di felicita', quello che ho
chiamato piu' volte il sogno d'amore, il desiderio di fondere due esseri in
uno, di tenere insieme tutto cio' che la storia ha diviso - quindi
corpo/mente, natura/cultura, la composizione degli opposti -, ecco questo
sogno e' piu' antico, sta piu' a monte ancora, secondo me, del desiderio
sessuale. Forse perche' ha un suo antecedente, non direi storico, ma
preistorico, in quell'esperienza di esser stati due in uno nel corpo di una
madre. Ecco io credo che in questa vicenda iniziale degli umani, che e'
quella di esser stati tutt'uno, col corpo che poi e' quello che ti nutre,
che ti accarezza, che ti da' i primi stimoli, credo che questa esperienza
dia un segnale duraturo in questo sogno di fare incontrare e fondere due
esseri in uno. E sono sempre un maschio e una femmina, anche nella coppia
omosessuale, cioe' sono due figure del maschile e femminile.
*
- Studente: Non crede che le rivendicazioni del femminismo abbiano ceduto un
po' il passo a quelle omosessuali?
- Lea Melandri: No. Sicuramente l'omosessualita' ha avuto dai movimenti di
liberazione della donna la strada aperta: da quando e' nato il movimento
delle donne ed e' cominciata una frequentazione tra donne ha avuto una
maggiore possibilita' di riconoscimento. In quei movimenti degli anni
Settanta sicuramente l'omosessualita' e' riemersa e ha avuto parola, ma non
vedo un legame cosi' diretto.
*
- Studente: La politica e' da sempre un ambito prettamente maschile. Ma,
secondo lei, se aumentasse il ruolo della donna all'interno della politica,
vi sarebbero dei cambiamenti, si potrebbe parlare di una politica al
femminile, oppure le cose rimarrebbero sostanzialmente invariate?
- Lea Melandri: Appartengo a quell'esperienza del femminismo che non ha
appoggiato incondizionatamente l'ingresso delle donne nella vita pubblica.
C'e' un desiderio in questa direzione di molte donne, ma penso che non basti
una presenza numericamente maggiore di donne nelle istituzioni della vita
pubblica a modificare i modi con cui finora si e' espressa la politica.
Sempre negli anni Settanta, si parlava di una ridefinizione della politica,
della cultura e della storia. Ridefinizione voleva dire che, nel momento in
cui si riscopriva la politicita' della vita affettiva, del rapporto tra i
sessi, delle vicende dell'infanzia, del quotidiano, si pensava che la
politica dovesse cambiare: che dovesse cambiare il suo modo di procedere, le
sue forme organizzative, il suo linguaggio. Ci si aspettava che la
partecipazione alla vita pubblica avvenisse in altri modi. Uno, per esempio,
era l'idea della partecipazione diretta; si era molto critiche allora sulla
delega e comunque si era critiche su tutte le forme che ha preso
storicamente una politica che e' nata sulla cancellazione della vita
quotidiana, dei rapporti personali, della vita affettiva, dei corpi e della
sessualita'. Oggi assistiamo all'esatto contrario, cioe' la cosiddetta vita
privata invade il pubblico: il 90% dei media, delle trasmissioni televisive
in particolare, ma anche la pubblicita'. Tutti i giornali si alimentano di
questa materia, che allora era diventata oggetto di riflessione, e non solo
del femminismo. Quindi oggi la politica rischia di decadere, rischia di
perdere consensi, sulla base di questa onda fortissima che viene dal senso
comune e che crea il successo di certi personaggi politici che non parlano
piu' il linguaggio della politica tradizionale. Penso che le donne possano
avere una funzione grandissima nella vita pubblica, ma non tanto in quanto
donne, ma come portatrici di un valore in se', di una differenza in se', di
un linguaggio nuovo, di una umanita' nuova. Ecco, io credo che le donne nel
corso dei millenni abbiano dovuto adattarsi enormemente e abbiano dovuto
assimilarsi in parte ai modelli imposti, ma credo anche che ci sia stata una
lunga resistenza per non essere assimilate del tutto. Pero' le donne,
abbiamo visto, quando compaiono sulla scena pubblica possono fare
esattamente gli stessi errori ed esercitare la stessa violenza degli uomini.
Si pensa sempre che le donne siano portatrici di pace. Io penso che le donne
invece abbiano una violenza trattenuta, magari scaricata a lungo su di se',
sui propri corpi, sulla vita psichica. Ma non credo che sia la presenza tout
court delle donne a modificare la vita pubblica, ma che sia questo lavoro di
analisi, di scavo, di riflessione su di se' e sul rapporto uomo-donna, per
come si e' costruito storicamente, la svolta produttiva. E questo
cambiamento deve avvenire da tutte e due le parti: non ci puo' essere un
cambiamento unilaterale. I cambiamenti piu' forti sono avvenuti negli anni
Settanta, perche' toccavano la quotidianita' dei suoi elementi fondamentali,
materiali. Toccavano appunto il rapporto d'amore, la sessualita'. Cambiavano
le famiglie. Qualche donna le lasciava. Qualcuna non voleva piu' fare figli.
Quindi e' stato soltanto nel momento in cui il cambiamento delle donne
modificava anche i comportamenti e i privilegi maschili che si e' avuto un
cambiamento significativo. Ora, nella politica non ho visto questo. Negli
anni Ottanta e Novanta sono entrate molte donne nella vita pubblica, ma sono
anche sparite, sono rimaste invisibili. E bisogna chiedersi il perche'.
Cioe' l'assimilazione ai comportamenti gia' dati non puo' che fare
scomparire le donne.
*
- Studentessa: La causa della crisi della famiglia e del rapporto di coppia
puo' essere questa confusione tra maschile e femminile, questa
indifferenziazione tra i due ruoli?
- Lea Melandri: Certo. Sicuramente c'e' una crisi della famiglia, che, tra
l'altro, a volte viene dichiarata dai sondaggi, a volte coperta, perche'
anche in questo i dati statistici che ci vengono offerti parlano sempre
lingue contraddittorie. Un giorno si dice che tutte le famiglie sono in
crisi, che tra uomo e donna non c'e' piu' incontro, che la sessualita' e'
piu' che mai in crisi. Il giorno dopo si ha invece un'immagine ricomposta
della famiglia. Quindi i dati statistici non aiutano molto. Io credo che
qualcosa sia cambiato e in questo senso sicuramente gli anni Settanta hanno
lasciato, attraverso le generazioni, un segno, se non un patrimonio, di
sapere e di cambiamenti significativi nella vita pubblica. Nel privato
certamente si'. Per esempio sono molte di piu' le donne che vivono sole, e
anche gli uomini cominciano a pensare che non sia cosi' terribile doversi
cucinare o tenere a posto una stanza. Quindi c'e' sicuramente una crisi.
C'e' anche, come sempre avviene quando alcuni ruoli che hanno dato sicurezza
a piu' generazioni o a millenni di storia umana vanno in crisi, la
tentazione di enfatizzarli. Come dicevo prima, mi stupisce che l'immagine
della coppia felice e della donna ricomposta tra privato e pubblico sia oggi
cosi' enfatizzata, mostrata insistentemente. Penso alle donne che vengono
presentate, esibite, esposte soprattutto per la bellezza dei loro corpi, per
la loro seduzione o il loro successo, che vengono intervistate perche'
dicano quanto e' importante per loro anche avere un figlio, fare le madri e
cosi' via. Quindi e' evidente che ci si stacca con difficolta' dai ruoli e
dalla ricomposizione di questi ruoli, dal tenere insieme queste  figure:
uomo e donna. Cosi' come avviene nella donna, allo stesso modo si tende a
volere ricomporre il maschile e il femminile nell'uomo. Sembra gia' una
femminilizzazione il fatto che l'uomo si esibisca nudo, esibisca la nudita'
come la donna. Questi per me non sono dei cambiamenti significativi. Sono
solo il segno che qualcosa e' andato in crisi, che sicuramente uno
scollamento maggiore c'e'. Non siamo cosi' radicati in quelle figure del
maschile e femminile. Ma c'e' una difficolta' proprio a rimetterle in
discussione. Per che cosa poi? Perche'? Che cos'e' che ci si aspetta? Io ho
criticato molto il pensiero della differenza femminile - che e' una delle
teorie che, nel femminismo, ha avuto, non solo in Italia, piu' seguito -
perche', mentre riscopre le diversita' storiche e psicologiche tra maschio e
femmina, tende pero' a fissarle di nuovo come delle identita', come se le
donne fossero portatrici di valori che la civilta' dell'uomo non ha. Per cui
la donna sarebbe simbolo o portatrice di valori di umanita', di pace, di
capacita' relazionale. Ecco, l'esaltazione del femminile, ottenuta per
ribaltamento di una condizione storica di sottomissione, per cui quello che
le donne avrebbero imparato nelle case curando i figli, i mariti, oggi
sarebbe utile alla vita pubblica: non credo che il problema sia quello di
ribaltare o far scambiare i ruoli, ma quello di uscire dal fascino che hanno
queste "ruolizzazioni", queste identita' di maschile e femminile cosi'
ancorate a dei poli diversi dell'esperienza, per cui il femminile resta
sempre legato alla natura, alla vita affettiva, alla capacita' di relazione,
mentre invece il maschile alla storia, al linguaggio, al potere. Credo che
sia importante continuare a ragionare e a riflettere a partire dalle nostre
vite, da quanto e' radicato in noi di questi modelli quando li mettiamo in
atto, quasi senza accorgercene, nel nostro modo di comportarsi. Riuscire a
metterli in discussione per approdare poi a un'individualita' non deve
cancellare il fatto di appartenere a un sesso o a un altro. Un segno della
diversita' rimane. Ma l'individualita' a cui si arriva deve essere capace di
riconoscere anche la somiglianza con l'altro. E' importante che uno sappia
di essere innanzitutto se stesso, un se stesso che si e' costruito nella
relazione con gli altri. E innanzitutto si e' costruito fin dall'infanzia,
in una relazione di forte dipendenza dagli altri, restando pur sempre un
individuo che ha una ragione di vivere in se'.
*
- Studentessa: Parlare troppo della differenza tra uomini e donne non
produce un rallentamento di quel processo di uguaglianza che ormai e' in
atto?
- Lea Melandri: Si'; dicevo appunto che le mie critiche al pensiero della
differenza vengono dal fatto che, insistendo sulle identita' e le differenze
tra maschio e femmina, si finisce per creare un dialogo ancora piu'
difficile, o comunque si chiede a uomini e donne di entrare in un rapporto
quasi di patteggiamento. Cioe' all'uomo si chiede di riconoscere, come hanno
detto alcune femministe, l'ordine simbolico della madre, che vuol dire
riconoscere che, prima della legge dei padri, prima della civilta'
dell'uomo, c'e' un primato della madre - non soltanto storicamente, ma
appunto simbolicamente. Quindi vuol dire ristabilire gerarchie, vuol dire
volere contrattare la relazione. A parte il fatto che piu' che di differenze
di entita', io parlerei di processi di differenziazione e di
identificazione. Una cosa e' fissare il maschile e il femminile come un dato
statico che c'e' sempre stato e che si tratta solo di rivalutare; un'altra
pensare che la posizione maschile stessa si sia formata come processo di
differenziazione. Si puo' immaginare cosa sia avvenuto all'origine, cosa
avvenga alla nascita di ogni bambino. Cioe' questo corpo che ti ha tenuto,
che e' stato tutt'uno con te, e' un corpo che tende a inglobarti, che tende
ad assimilarti. Quindi si puo' pensare che tutti gli esseri umani abbiano,
nascendo da un corpo di donna, una preistoria al femminile? Ossia si e'
stati un po' tutt'uno in una sorta di "coidentita'" con quel corpo. Per cui
il primo processo di chi nasce e' un processo inevitabile di
differenziazione, che vuol dire staccarsi da quel corpo. E com'e' difficile!
Ancora oggi credo che per molti dei nostri genitori o anche per noi figli
sia cosi' difficile pensare che l'altro sia un altro e non una parte di te,
come lo e' un braccio o una gamba. L'appartenenza al corpo che ti ha
generato ti accompagna per tutta la vita. Dunque e' un processo di
differenziazione. L'uomo puo' avere accentuato, e la sua cultura lo dice,
gli aspetti della razionalita', gli aspetti che lo differenziavano da quel
corpo-natura che lo ha generato. Allora non si puo' fissare, come dei dati
statistici, identita' e differenza, quando noi vediamo continuamente
modificarsi, nel rapporto con gli altri, questo bisogno di andare a
somigliare o prender distanza, identificarsi o differenziarsi. Quindi sono
dei processi, non sono dei dati costanti. Tu pero' lo dicevi in relazione ai
diritti. Ed e' vero che viene spesso contrapposta - ed e' un vicolo cieco -
la problematica della differenza e quella dell'uguaglianza. E' un vicolo
cieco, perche' sono due cose che si richiamano a vicenda. Sono uno di quei
binomi complementari, che si implicano reciprocamente. Quando si accentua il
problema dell'uguaglianza qualcuno dice subito: "No, ma le donne sono
diverse". Quando nei rapporti di lavoro si sono ottenuti diritti di parita',
immediatamente si e' fatto notare che il corpo femminile, la donna, aveva
delle altre esigenze. Da questo non se ne esce. Credo che il problema e'
tentare di elaborare un modo di pensare se stessi e gli altri fuori da
questo impianto dualistico, cosi' rigido, che ha costruito maschile e
femminile su natura/cultura, corpo/mente, eccetera, e che tiene
inevitabilmente e drammaticamente divisi gli individui maschi e femmine in
se stessi. Perche', l'uomo e' forse meno natura della donna? Forse che la
naturalita' del vivere non appartiene ad entrambi? Gli uomini sono
affettuosi, sentimentali quanto le donne. Pero' questo schema non e' cosi'
facile da rimuovere.
*
- Studentessa: Vorrei che ci parlasse del suo femminismo, della sua
esperienza personale.
- Lea Melandri: Io devo al femminismo - insisto: al primo femminismo - un
cambiamento profondo della mia vita. Vengo da una famiglia contadina
poverissima e sono stata la prima di questa famiglia che ha studiato. Sono
arrivata alla laurea, poi all'insegnamento, portando dentro il senso di una
divisione profonda. E' stato molto difficile, per me, negli anni Cinquanta,
tenere insieme i segni che mi venivano dall'appartenenza a una condizione
sociale estremamente disagiata e violenta - perche' le condizioni di vita
erano tali che i rapporti familiari erano molto violenti - con gli studi
liceali, con la cultura classica - una figlia di contadini che studia, era
rarissimo. Il salto era grande. Per fortuna avevo otto-dieci chilometri di
bicicletta tra il paese e il liceo, per cui potevo smaltire tutto il peso di
queste due realta': quella familiare, paesana da una parte e la cultura
classica dall'altra. Dovevo smaltirlo perche' c'era un nodo enorme di
problemi che riguardavano l'adolescenza, ma riguardavano anche l'adolescenza
di una femmina in un paese. Dovevo smaltirlo perche' non c'era nessuna
lingua che mi aiutasse a tradurre quello che vivevo stando nella mia
famiglia e quello che invece dovevo imparare a scuola. Mancava un tramite.
Quindi una gran parte dei miei pensieri, delle mie sofferenze, delle mie
emozioni, restava congestionata. Infatti arrossivo - arrossisco un po' anche
adesso, i segni restano. Quindi restava un nodo enorme di non detto,
qualcosa di sotterraneo. Ecco, il fuori tema era questo; ero una di quelle
allieve molto brave, scrivevo bene in italiano, ma c'era un problema: andavo
spesso fuori tema. Andare fuori tema per me voleva dire tentare attraverso
la scrittura di consegnare una parte della mia esperienza a chi mi avrebbe
dovuto ascoltare e non aveva orecchi per farlo. Quando sono scappata da
questo paese e sono arrivata a Milano - cominciava il '68 -  e' stata una
nuova nascita, perche' prima il movimento antiautoritario nella scuola di
cui ho fatto parte, poi il femminismo, mi dicevano che quello che allora era
fuori tema, in verita' era in tema: la vita affettiva, le relazioni
familiari, la sessualita' e il corpo. Potete immaginare che liberazione
quando, diventata di ruolo nella scuola media, c'era un movimento attorno a
me che diceva che bisognava abbandonare il ruolo, entrare in un rapporto
diverso coi propri allievi. Questo per me e' stato l'aprirsi di un campo
straordinario di ripensamento di qualcosa che aveva lavorato dentro di me in
modo angoscioso, drammatico, producendo anche una grande sofferenza fisica.
Quindi e' stato un modo per dire che questo retroterra della storia, su cui
ci si puo' ammalare, puo' diventare invece la strada maestra di una nuova
cultura e di una nuova politica. Per questo io resto ancorata al femminismo
di quegli anni. Continuo a pensare che e' attuale in questa sua scoperta, e
che bisogna continuare a scavare dentro di se' sempre. Non c'e' una dottrina
che insegni, ecco cos'e' stata la presa di coscienza in quegli anni. La
presa di coscienza si deve rinnovare per ognuno di noi. Quello che puo'
contare e' soprattutto la riflessione sull'esperienza di altre generazioni
piuttosto che una dottrina o una teoria.

==============================
NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
==============================
Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 72 del 13 luglio 2006

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it