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La nonviolenza e' in cammino. 1355
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1355
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 13 Jul 2006 00:55:13 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1355 del 13 luglio 2006 Sommario di questo numero: 1. Menzogna e pregiudizio 2. Stephanie Westbrook: Bandiere di pace per Camp Casey 3. Simone Weil: Il freddo dell'acciaio 4. "Partire dall'Afghanistan per costruire una politica di pace". Un appello di alcuni parlamentari 5. Peppe Sini: Un profondo dissenso dall'appello che precede e una preghiera ancora 6. Enrico Peyretti: Domande sofferte sulla spedizione in Afghanistan 7. Giobbe Santabarbara: Una postilla al testo che precede 8. Waheed Khan: La vergogna dei "delitti d'onore" 9. Augusto Cavadi: Un incontro con Serge Latouche in agosto in Sicilia 10. Il "Cos in rete" di luglio 11. Bertolt Brecht: Quando la guerra comincia 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MENZOGNA E PREGIUDIZIO Come si fa a non vedere che il mondo e' in fiamme? Che la guerra - e il terrorismo, che e' la guerra di coloro che per uccidere non dispongono di eserciti regolari e (per ora) di armi di sterminio di massa - sta gia' devastando vaste aree del pianeta? Come si fa a non capire che e' in gioco l'esistenza stessa della civilta' umana? * Ma la guerra inebria, rende ciechi, e porta il fascismo. Un sintomo di cio' e' che in Italia si sta decidendo la prosecuzione della partecipazione militare del nostro paese alla guerra afgana. Il governo ha gia' decretato la prosecuzione della guerra, in perfetta continuita' con il governo golpista che lo ha preceduto. Il parlamento si appresta a farlo con un consenso totalitario alla guerra che coinvolge tutte le forze politiche. Il governo ha gia' decretato la violazione dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana che riipudia la guerra. Il parlamento si appresta a farlo. E mentre questa scellerata follia avviene, tante persone ragionevoli discettano con sussiego e compunzione quale sia il giusto prezzo in termini di afgani assassinati per un ministero, per un gabinetto: mille morti? diecimila? E - di grazia, ci dicano - il prezzo varia se a morire invece che poveri civili afgani sono soldati italiani? Novecento afgani e un italiano? A questo siamo. La guerra porta il fascismo. * Questo foglio, e il Centro di ricerca per la pace di Viterbo che lo pubblica, dubitano di molte cose, ma di tre cose no, e sono le seguenti: I. La guerra consiste di uccisioni di esseri umani: chi sostiene la guerra si fa corresponsabile dell'uccisione di esseri umani. II. La Costituzione della Repubblica italiana proibisce la partecipazione italiana alla guerra afgana: chi sostiene la partecipazione italiana alla guerra afgana viola la Costituzione e si mette fuori della legge che fonda il nostro ordinamento giuridico. III. Tutte le chiacchiere di questo mondo non valgono una vita umana. * Le persone che si esprimono a favore della guerra non dicano che lo fanno perche' vogliono la pace: e' una menzogna. E vien da pensare, poveretti loro, che abbiano introiettato a tal punto la neolingua e il bispensiero di orwelliana memoria da credere davvero che "La guerra e' pace. La liberta' e' schiavitu'. L'ignoranza e' forza". * Le persone che pensano che pur di governare loro e i loro amici si possono anche scannare un po' di poveri cristi in Afghanistan rivelano il loro pregiudizio: non solo razzista, ma del tutto antiumano. E vien da pensare, poveretti loro, che abbiano fatto proprio il capovolgimento di ogni valore proclamato dalle streghe di Macbeth. 2. APPELLI. STEPHANIE WESTBROOK: BANDIERE DI PACE PER CAMP CASEY [Da Stephanie Westbrook (per contatti: info at peaceandjustice.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Stephanie Westbrook e' imepgnata nell'associazione "U. S. Citizens for Peace & Justice - Statunitensi per la pace e la giustizia"] Questa estate, dal 16 agosto fino al 2 settembre, Cindy Sheehan insieme ad altri attivisti torna a presidiare Crawford, Texas, dove si trova il ranch di Bush. Quest'anno l'accampamento di Camp Casey, che porta il nome del figlio di Cindy morto in Iraq, promette di essere ancora piu' grande di quello dell'anno scorso e sono in programma varie iniziative. Io partecipero' al Camp Casey. Su suggerimento di amici in Italia, do' la mia disponibilita' a portare un omaggio del movimento pacifista italiano a Camp Casey: un "bandierone" della pace costituito da piu' bandiere cucite insieme. Faccio appello alle organizzazioni e ai gruppi in tutta Italia di inviare una bandiera della pace, anche con un messaggio di sostegno scritto sopra, per i partecipanti al Camp Casey. Le bandiere dovranno arrivare al seguente indirizzo entro l'11 agosto: Stephanie Westbrook, c/o Mbe, via di Novella 10, 00199 Roma. Chi si trova a Roma puo' anche contattarmi via e-mail a: bandiere at peaceandjustice.it per metterci d'accordo per la consegna della bandiera. Per motivi pratici (dimensioni e peso), si prega di inviare solamente bandiere della pace. Stephanie Westbrook, Statunitensi per la pace e la giustizia, Roma 3. MAESTRE. SIMONE WEIL: IL FREDDO DELL'ACCIAIO [Da Simone Weil, I catari e la civilta' mediterranea, Marietti, Genova 1996, 1997, p. 33. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Il freddo dell'acciaio e' ugualmente mortale all'impugnatura e sulla punta. 4. DOCUMENTAZIONE. "PARTIRE DALL'AFGHANISTAN PER COSTRUIRE UNA POLITICA DI PACE". UN APPELLO DI ALCUNI PARLAMENTARI [Attraverso la mailing list di Attac-Roma (per contatti: attac_roma at yahoogroups.com) riceviamo e diffondiamo il seguente appello sottoscritto da alcuni parlamentari] Il nostro obiettivo primario resta il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan, ed una radicale trasformazione della presenza dell'Onu e dell'Unione Europea in quel paese, nonche' un ripensamento dell'intervento della Nato al di fuori del contesto nordatlantico. Il ritiro del contingente militare italiano dall'Iraq rappresenta una svolta importante sulla quale costruire una nuova politica estera di pace e multilateralismo solidale. Questa svolta non puo' dirsi compiuta se sulla guerra in Afghanistan non e' stato possibile assumere un'esplicita posizione comune nel programma dell'Unione. Ciononostante, le forze di sinistra ed il movimento della pace nelle sue varie espressioni sono riusciti a strappare con difficolta' una mediazione che valutiamo positivamente. Essa prevede il congelamento della presenza militare italiana sul campo, respingendo le pressanti richieste della Nato, soprattutto di aerei da combattimento, l'aumento della componente civile, ed il monitoraggio parlamentare. Pensiamo che a queste condizioni sara' possibile costruire un percorso che possa creare le premesse per una radicale trasformazione della presenza italiana in Afghanistan, nella prospettiva di un ritiro delle truppe a vantaggio di forme efficaci di promozione della sicurezza umana e dei diritti fondamentali delle popolazioni afgane, nonche' di prevenzione politica e sociale del conflitto. Tuttavia l'aumento dell'impegno militare italiano nell'operazione Enduring Freedom, sotto comando Usa, prospettato nel decreto di rifinanziamento appare palesemente in contraddizione con un tale percorso. Chiediamo pertanto al Governo un'ulteriore riflessione ed un ripensamento. Prendiamo atto delle decisioni che ora la coalizione e' in grado di assumere ma siamo intenzionati a sviluppare un'iniziativa costante a livello politico e parlamentare per far si' che agli impegni presi segua un effettivo cambiamento di rotta della politica estera italiana in Afghanistan. * Francesco Martone, Silvana Pisa, Piero Di Siena, Giovanni Battaglia, Giovanni Bellini, Maria Luisa Boccia, Paolo Brutti, Jose' Luis Del Roio, Guido Galardi, Nuccio Iovene, Giorgio Mele, Lidia Menapace, Sabina Rossa, Anna Maria Palermo 5. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN PROFONDO DISSENSO DALL'APPELLO CHE PRECEDE E UNA PREGHIERA ANCORA L'appello che presentiamo sopra e' sottoscritto anche da persone cui ci lega un'antica e profonda amicizia. Amicizia che non e' in discussione. Cio' che obiettiamo ai firmatari e' che, se il testo che ci e' pervenuto e' corretto e se interpretiamo bene le loro parole, essi infine "prend[ono] atto delle decisioni che ora la coalizione e' in grado di assumere" con cio' intendendo la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan. Cosicche', pur persuasi che la guerra sia un male e che la pace sia un bene, non solo subiscono la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana, ma la avallano di fatto poiche' ad essa non dichiarano - almeno finora - che intendono opporsi esplicitamente nel modo in cui nelle assemblee democratiche con potere deliberativo ci si esprime: con il voto. * Crediamo che cio' significhi commettere due errori, anzi tre. Il primo: farsi sostenitori de facto della guerra e recarne la corresponsabilita' qualora si voti a favore del decreto del governo che la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana stabilisce. Il secondo: violare la Costituzione, che all'art. 11 e' esplicita ed ineludibile: a una guerra come quella in corso in Afghanistan l'Italia non puo' partecipare, chi delibera in senso opposto agisce contro la Costituzione; il fatto che altri lo abbiano gia' fatto prima non autorizza a farlo di nuovo, cosi' come il fatto che nel corso della storia tanti omicidi siano stati commessi non legittima l'omicidio. Qualora si voti a favore del decreto che la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana stabilisce, la violazione della Costituzione e' flagrante. Il terzo: almeno una delle persone che hanno sottoscritto il testo che precede e' da sempre figura di riferimento dell'impegno di pace. Un suo voto a favore della guerra sarebbe una palese contraddizione. In questo momento di terribile confusione in cui alcuni pretendono di chiamare missione di pace quella che e' partecipazione alla guerra, e molti stanno cedendo alla guerra facendosi scudo del fatto che anche alcune persone buone stanno parimenti cedendo, noi ancora una volta preghiamo coloro che in passato alla guerra seppero opporsi di non cedere ad essa ora. * E per dirla tutta: per chi scrive queste accorate righe non e' in discussione la stima e l'affetto per Lidia Menapace, come non era in discussione la stima e l'affetto per Norberto Bobbio, e la stima e l'affetto per Alex Langer, in vicende passate che con la presente hanno qualche analogia di fondo: ma che gli sciagurati guerrafondai possano abusivamente farsi scudo del nome di Norberto Bobbio, o di Alex Langer, o di Lidia Menapace, questo ci indigna e ci addolora. Il parlamento italiano sara' chiamato al voto tra pochi giorni. Il parlamento che anche noi abbiamo eletto. E poiche' l'Italia e' una democrazia parlamentare, il potere di fare le leggi e' del parlamento; ed e' il parlamento quindi che decidera' la guerra o la pace. Sappiamo bene che pressoche' la totalita' delle forze politiche presenti in parlamento e' per la guerra. Ma almeno le persone che alla guerra sono state sempre contrarie non si dimentichino di se stesse, e per quanto e' in loro potere difendano, con la pace, la Costituzione, la dignita' del popolo italiano e delle istituzioni democratiche, le vite di coloro che la guerra invece uccide. 6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DOMANDE SOFFERTE SULLA SPEDIZIONE IN AFGHANISTAN [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Col chiamare "stravaganze, estranee al suo dna", l'obiezione di coscienza di alcuni parlamentari alla presenza italiana nella guerra afghana, un ministro dimostra umana sensibilita' o grave sordita' morale e politica? Si puo' gestire la politica internazionale e i relativi conflitti odierni con tale insensibilita'? Il ritiro dalla guerra sarebbe andarsene con la coda tra le gambe, o piuttosto con l'onore di chi agisce umanamente e costruttivamente invece che militarmente? D'altra parte, come mai sono comparsi obiettori in Senato, dove ogni voto e' determinante, e non alla Camera dei deputati, dove probabilmente i contrari alla continuazione della guerra sono ancora piu' numerosi? Tutte le obiezioni sono sincere e sofferte o alcune sono tattiche-politiche (caduta di una maggioranza e nascita di un'altra)? Come mai sincerissimi e provati amici e amiche della pace e della nonviolenza non obiettano in Parlamento al decreto prospettato, pur lavorando per orientarlo meglio? La scelta attuale e' davvero tra due sole secche alternative: restare la' in armi o andarsene? Se, nella coalizione politica di centrosinistra affermatasi di misura nelle elezioni sulla coalizione molto ma molto peggiore di centrodestra, non ci sono i numeri per decidere di uscire ora completamente da quella guerra, ma soltanto per avviare la riduzione di presenza e intensita' in quella guerra, con la possibilita' di premere per programmarne l'uscita, e' saggezza e responsabilita' abbandonare questa terza alternativa, con la conseguenza che si realizzi la prima - restare la' in armi - ad opera di una nuova coalizione di fatto, spostata come politica complessiva (compresa la politica sociale, costituzionale, culturale) verso le posizioni della coalizione sconfitta nelle elezioni? Quando la decisione tutta giusta non e' possibile, perche' non e' una decisione di coscienza soltanto personale, ma una scelta collettiva di un insieme che comunque decidera', mosso da differenti sensibilita' e criteri, e' piu' giusto affermare la decisione personale, sentita coma l'unica giusta, lasciando che l'insieme prenda la decisione meno giusta (la prima delle tre alternative suddette: restare la' in armi), oppure e' piu' giusto operare con chiarezza critica e responsabile per ottenere una decisione meno ingiusta, o un po' piu' giusta (la terza delle tre alternative suddette: ridurre presenza, intensita' e durata di quella guerra)? Il vero ruolo di chi fa parte di una istituzione politica deliberante, della quale non puo' in coscienza accettare le decisioni, pur dopo averle legittimamente contrastate e averne legittimamente preparata e proposta la modifica, e' di membro delle istituzioni, oppure e' il ruolo, essenziale e profetico, di testimone personale, indipendente dalle decisioni collettive del momento? Porta maggiore soccorso alle vittime attuali e potenziali della guerra chi, in base alla sua coscienza giustamente orripilata, se ne ritrae totalmente, o chi, nell'azione politica, opera per diminuire le azioni di guerra fino alla loro cessazione? E' piu' giusto che gli uni e gli altri si condannino reciprocamente, affermando se stessi, o che cerchino una soluzione, sostenuta da entrambi, verso il maggiore possibile bene comune, pensando anzitutto alle vittime? Tra il giusto e l'ingiusto, nelle decisioni collettive politiche (strutturalmente diverse dalle decisioni personali, le quali pure non sono sempre prive di dubbi e incertezze), c'e' solo l'abisso e un salto, oppure un cammino umile e imperfetto? Chi sente e accetta questo umile e imperfetto cammino - purche' pero' sia un cammino e non immobilismo - e' giusto accusarlo di tradimento di cio' che e' giusto? Non vale anche in questa questione - tormentosa per tutti, comoda soltanto per chi, in un modo o nell'altro, vuole solo affermare se stesso - l'antico detto "summum jus summa iniuria"? Potra' essere compresa la fatica interiore di chi sopporta e soffre i passi parziali, purche' possano essere diretti verso la pace nonviolenta, proprio per non tradire la pace nonviolenta consegnando il potere di decidere a chi non la cerca? E' traditore della nonviolenza e amico della violenza chi, tra il disarmo totale e unilaterale (che egli vuole, ma non ha possibilita' di ottenere) e il transarmo piu' possibile (da armamenti offensivi ad armamenti puramente e strutturalmente difensivi), cerca questo perche' lo considera un passo verso la nonviolenza? Sono domande meditate e responsabili, che costano, non sono sicurezze sparate come proiettili, e chiedono rispetto. 7. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: UNA POSTILLA AL TESTO CHE PRECEDE Non c'e' bisogno di dire che non condivido affatto quanto scrive Enrico Peyretti. Chi legge abitualmente questo foglio sa perche'. Queste poche righe scrivo solo per rivolgere due sole puntuali obiezioni alle quarta e alla quinta delle domande da lui poste, che mi sembra possano dar luogo a gravi fraintendimenti. 1. Alla Camera dei Deputati vi sono non pochi parlamentari che hanno gia' variamente espresso la loro contrarieta' alla prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana, ma e' solo al Senato che i rapporti di forza tra i due schieramenti di centrosinistra e di centrodestra sono tali che pochi voti fanno la differenza, ecco perche' ovviamente l'attenzione si e' polarizzata li'. 2. E' bizzarro e irricevibile che si voglia sindacare sulla limpidezza delle motivazioni di chi si oppone alla guerra oggi come in passato ed oggi come in passato dichiara che votera' per la pace e secondo il dettato costituzionale, quando sarebbe da chiedersi piuttosto perche' persone che fino a ieri ruggivano slogan persino imbarazzanti e totalitari come "no alla guerra senza se e senza ma" oggi si apprestino a votare per la guerra e in flagrante, scandalosa, criminale violazione della Costituzione della Repubblica Italiana. Ma credo che sia io che Enrico conosciamo gia' la risposta. 8. MONDO. WAHEED KHAN: LA VERGOGNA DEI "DELITTI D'ONORE" [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo di Waheed Khan, per l'agenzia "Reuters", del 28 giugno 2006] Karachi, Pakistan. Ayesha Baloch, 18 anni, e' stata trascinata in un campo. Suo cognato la teneva distesa a terra, mentre suo marito sedeva sulle sue gambe e usava il coltello per tagliarle via il labbro superiore e una narice. In alcune comunita' pakistane chiamano queste aggressioni "questioni d'onore", ma per la maggioranza del paese sono una vergogna nazionale. Sposata meno di due mesi fa, nel distretto centrale di Dera Ghazi Khan, Ayesha Baloch era stata accusata di aver avuto rapporti sessuali con un altro uomo prima del matrimonio. "Prima mi hanno torturata e battuta. Ho cominciato a gridare. Akbar allora mi ha preso le mani e mi ha tenuta giu' sul terreno. Essa invece si e' seduto sulle mie gambe e mi ha tagliato il naso e la bocca", mormora Ayesha attraverso le bende, all'ospedale della citta' di Multan. "Sanguinavo. Loro sono fuggiti in motocicletta. Io ho ricominciato a urlare. Delle persone mi hanno sentita, mi hanno soccorsa e mi hanno portata a casa di mia madre". Almeno non e' stata uccisa: ogni anno, piu' di 1.000 donne vengono uccise da mariti e parenti per "questioni d'onore", e la cifra si riferisce solo ai casi denunciati, non a quelli effettivi. La maggioranza degli omicidi non viene effettuata in un eccesso di rabbia, ma accuratamente pianificata ed il movente ha piu' spesso a che fare con il denaro che con altri motivi. La stessa settimana in cui Ayesha veniva mutilata, ad un intero mondo di distanza dal suo villaggio, attiviste ed attivisti per il cambiamento sociale, parlamentari e leader di comunita' si sono riuniti ad Islamabad, la capitale, per lanciare la campagna "Possiamo farla finita con i delitti d'onore" *. Farhana Faruqi Stocker, direttrice regionale dell'agenzia internazionale per gli aiuti umanitari Oxfam, dice che gia' diecimila persone, chiamate "agenti del cambiamento", hanno sottoscritto la campagna. Ma Stocker sa che ci sono due condizioni vitali perche' essa abbia successo. "Il modo di pensare dei legislatori deve cambiare, se vogliamo che vengano stabilite buone leggi", ha detto alla Reuters; tuttavia e' perfettamente consapevole che in numerose zone rurali del Pakistan sono i "maulvisi", ovvero i chierici, ad avere piu' influenza del governo locale o delle leggi federali. "E per ottenere il cambiamento, dobbiamo contrastare i chierici". Il Pakistan e' un paese che sembra vivere in epoche diverse allo stesso tempo. Una piccola elite abbraccia il XXI secolo, chierici conservatori predicano interpretazioni dell'Islam che risalgono al medioevo, mentre la maggior parte delle comunita' rurali, assai povere, sono governate da costumi tribali che risalgono a ben prima dell'arrivo dell'Islam. I delitti "d'onore" vengono chiamati omicidi "karo-kari". Una donna viene detta una "femmina nera", ovvero una "kari", non appena viene accusata di aver avuto relazioni sessuali esterne al matrimonio, ed e' passibile di morte. "Karo" e' la versione maschile del termine. L'usanza ha le sue origini nella cultura tribale, sebbene l'interpretazione rigida del codice penale islamico "hudood" sentenzi che le adultere debbano essere lapidate a morte. Un ex presidente del Pakistan, Farooq Ahmed Leghari, viene da Dera Ghazi Khan. Sostiene che la', o in posti simili, ci vorra' qualcosa di piu' delle leggi, per cambiare la societa': "Per contrastare questo comportamento c'e' bisogno di movimenti sociali, che coinvolgano persone provenienti da tutti i settori della societa'". * Una legge emanata lo scorso anno commina un minimo di 10 anni di prigione per gli autori dei cosiddetti "delitti d'onore", ma l'avvocato e attivista per i diritti umani Rashid Rehman dice che i crimini sono assai spesso coperti dalle famiglie, e la polizia preferisce non intervenire. "Quelli che vengono arrestati sono quasi sempre lasciati andare per mancanza di prove, o dopo essersi riconciliati con le famiglie delle vittime, ovvero nella maggior parte dei casi con parenti stretti". Gli aggressori di Ayesha Baloch, assieme al padre che li aveva incitati, sono ora custoditi dalla polizia, ma la giovane ha poche aspettative sull'ottenere giustizia: "Sono gente potente, che ha soldi. Usciranno su cauzione". Mukhtar Mai, un'icona per le donne pakistane, e vittima lei stessa di uno stupro di gruppo nel 2002, sostiene che la legge deve essere fatta rispettare dalla polizia, senza pregiudizi, ma ritiene cruciale anche l'istruzione delle ragazze. "Sino a che non si permettera' alle donne di studiare, questo continuera'", dice Mai, il cui stupro fu ordinato dagli anziani del villaggio dopo che il fratellino dodicenne di lei era stato accusato di avere relazioni sessuali con una ragazza di un'altra tribu'. * Circa il 70% dei pakistani vive in zone rurali dove il feudalesimo e l'organizzazione tribale ancora sopravvivono ed applicano i loro codici. Con una popolazione di 160 milioni di persone, e che cresce del 2% l'anno, con un reddito annuale pro capite di 800 dollari, e le citta' inondate da migranti provenienti dalle campagne, il Pakistan e' in pericolo di essere squassato dai problemi sociali. Secondo Fida Hussain Mastoi, viceispettore generale di polizia nella provincia di Sindh, la polizia sta gia' lottando in salita per arrestare l'incremento dei "delitti d'onore": "Figuriamoci lo sradicarli". Pochi giorni prima della vicenda di Ayesha Baloch, Nur Jehan era morta a Karachi, un mese dopo essere stata ferita da quattro colpi d'arma da fuoco, sparati da parenti che la accusavano di "scarsa moralita'". La rintracciarono in citta', essendo venuti apposta da un villaggio del Baluchistan per ucciderla, la rapirono, le spararono, e la lasciarono per morta in una fogna. E' sopravvissuta un mese, in ospedale, poi una delle ferite allo stomaco si e' infettata. Aveva 14 anni. 9. INCONTRI. AUGUSTO CAVADI: UN INCONTRO CON SERGE LATOUCHE IN AGOSTO IN SICILIA [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at alice.it) per averci messo a dsposizione questo articolo apparso sull'edizione palermitana del quotidiano "La Repubblica" del 12 luglio 2006. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005; E, per passione, la filosofia, DG Editore, Trapani 2006. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa). Serge Latouche, docente universitario a Parigi, sociologo dell'economia ed epistemologo delle scienze umane, esperto di rapporti economici e culturali Nord/Sud, e' una delle figure piu' significative dell'odierno impegno per i diritti dell'umanita'. Opere di Serge Latouche: L'occidentalizzazione del mondo, Il pianeta dei naufraghi, La megamacchina, L'altra Africa, La sfida di Minerva, Giustizia senza limiti, Come sopravvivere allo sviluppo, tutti presso Bollati Boringhieri, Torino; Il mondo ridotto a mercato, Edizioni Lavoro, Roma; I profeti sconfessati, La meridana, Molfetta. Cfr. anche il libro intervista curato da Antonio Torrenzano, Immaginare il nuovo, L'Harmattan Italia, Torino 2000. Franco Cassano, docente universitario, e' un autorevole sociologo e saggista. Dal sito www.comune.benevento.it riprendiamo la seguente scheda: "Franco Cassano e' nato ad Ancona nel 1943 e insegna Sociologia della conoscenza nell'Universita' di Bari. E' stato intellettuale di punta del marxismo meridionale, ma ha iniziato, negli anni Ottanta, una riflessione che, senza rinnegare quelle radici, si apriva a nuovi orizzonti. Il pensiero meridiano, ovvero ripensare il Mezzogiorno riconsiderando la sua identita' culturale rispetto a una modernizzazione che non lo ha fatto, e' l'opera che nel 1996 ha aperto il dibattito sull'autonomia del pensiero meridionale. In Approssimazione. Esercizi di esperienza dell'altro (Il Mulino, 1989), partendo dal presupposto dell'assoluta trascendenza dell'altro, chiunque egli sia, venivano analizzati i modi dell'avvicinamento, riconoscendo la necessita' di "una volonta' d'impotenza". Partita doppia. Appunti per una felicita' terrestre (Il Mulino, 1993) era uno straordinario percorso in otto stazioni che cercavano di evidenziare come ogni situazione della vita e della storia sia, appunto, una "partita doppia", abbia vantaggi e svantaggi, schiudendoci spesso all'orizzonte tragico, che e' quello in cui l'uomo e' gettato. Ne Il pensiero meridiano (Laterza, 1996), il suo libro piu' celebre che ha posto le basi teoriche di un nuovo meridionalismo, il Sud del mondo (anche attraverso una riflessione su Camus e Pasolini) viene pensato a partire da parametri nuovi, valorizzandone prima di tutto l'osmosi con il mare, l'"andar lenti", contro il mito moderno dell'"homo currens", la sua dimensione di frontiera. Con Mal di Levante (Laterza, 1997) e Paeninsula (Laterza, 1998) Cassano ha esteso la sua riflessione a Bari e all'Italia, insistendo su temi come la contaminazione tra le culture per risolvere il rapporto con il futuro. Modernizzare stanca (Il Mulino, 2001) raccoglie una serie di saggi in cui Cassano riflette con sobrieta' e ironia su una gran varieta' di aspetti del vivere umano. La modernita' - questa la tesi di fondo - presenta dei coni d'ombra: esistono degli aspetti che non riesce a risolvere in modo soddisfacente, esistono dei valori (favole, preghiere, ricordi infantili, passioni, relazioni affettive) che essa, a volte colpevolmente, trascura, e che possono essere proficuamente riattivati per renderci meno nevrotici. Il suo ultimo lavoro e' una breve saggio su Leopardi, Oltre il nulla (Laterza, 2003), la cui tesi centrale e' che il "nulla" nell'autore de La ginestra e' solo la penultima parola. Il disincanto di cui il recanatese si fece teorico e poeta non coincide con la resa. Nostro compito e' farci carico della verita' senza rassegnarsi. Nello stesso tempo Leopardi va riattivato come poeta civile, alfiere di una "solidarieta' planetaria", che puo' nascere dalla capacita' dello "sguardo da lontano". Cassano appare come uno dei pensatori piu' liberi ed originali del panorama intellettuale italiano, grazie anche alla sua passione e alla sua inesausta curiosita' intellettuale, che rompe barriere tra discipline e ideologie. Fa parte del comitato scientifico del Laboratorio Progetto Poiesis e della redazione della rivista "Da qui". Presiede a Bari il movimento di cittadinanza attiva Citta' plurale"] Come il movimento del Sessantotto, anche i new-global attuali hanno i loro intellettuali. Tra questi Serge Latouche, sostenitore nomade e brillante della teoria della "decrescita". Come recita il titolo di uno dei suoi ultimi libri tradotti in italiano, l'economista francese e' preoccupato del rischio - molto concreto ed immediato - che l'umanita' non riesca a "sopravvivere allo sviluppo". Per quanti della mia generazione hanno individuato nello sviluppo dei Sud del mondo (dal meridione italiano ai paesi del terzo mondo) una meta politica per cui spendersi, anche a costo di qualche sacrificio personale, la tesi suona abbastanza provocatoria. Ne' Latouche fa nulla per attenuarne l'impatto choccante: "Lo 'sviluppo' e' stato ed e' l'occidentalizzazione del mondo. Ci sono parole dolci, che rinfrancano il cuore, e parole-veleno, che si infiltrano nel sangue come una droga, pervertono il desiderio ed oscurano il giudizio. 'Sviluppo' e' una di queste parole tossiche" (pp. 28-29). * Ai responsabili della Scuola di formazione etico-politica "Giovanni Falcone' e' sembrato che la sfida teorica e pratica fosse meritevole di essere accolta, soprattutto dal punto di vista "meridiano": non insiste, ormai da anni, Franco Cassano sulla necessita' che il Sud smetta di idolatrare i modelli di sviluppo nordici e - senza presunzione, ma neppure complessi di inferiorita' - elabori piste alternative? Che cessi di interpretarsi come il luogo "dove ancora non e' successo niente e dove si replica male e tardi cio' che celebra le sue prime altrove"? Da qui l'idea di invitare Latouche ad un seminario di quattro giorni ad Erice - dalla sera del 3 al pranzo del 6 agosto (per informazioni e prenotazioni: tel. 3386132301 o anche 091587437) - per provare a discutere con lui in maniera meno frettolosa di quanto consentano i talk-show televisivi o le sintetiche interviste giornalistiche. * Dopo la relazione iniziale dell'ospite francese, la discussione sara' avviata di volta in volta da alcuni esperti (Salvo Vaccaro dell'Universita' di Palermo, Santo Vicari della "Universita' etica per la condivisione della conoscenza" di Bruxelles e Umberto Santino del Centro "Giuseppe Impastato") che, pur riconoscendosi negli stessi scenari di sfondo, hanno maturato perplessita', riserve e critiche rispetto alle tesi di Latouche. Non e' difficile, infatti, che esse - acute nella diagnosi dei difetti del modello capitalistico imperante, con le buone e con le cattive, su quasi tutto il pianeta - risultino meno convincenti quando si tratta di controproporre delle terapie. E' vero, infatti, che "di fronte alla mondializzazione" bisogna reagire con "una vera e propria decolonizzazione dell'immaginario e una deeconomizzazione degli spiriti, necessarie per cambiare il mondo prima che il cambiamento del mondo ci condanni a vivere nel dolore. Bisogna cominciare a vedere le cose diversamente perche' possano diventare diverse, perche' si possano concepire soluzioni veramente originali e innovative" (p. 95). Ma, in concreto, come attuare una "decrescita conviviale" ed un "localismo" virtuoso che restituisca alla gestione democratica dal basso la cabina di regia della storia? Il professore parigino non e' prodigo di indicazioni operative (anche perche' le strategie di coinvolgimento dei partiti, dei sindacati, degli stessi governi nazionali e regionali, vanno calibrate secondo il contesto specifico delle aree del pianeta). D'altronde non si puo' pretendere da un intellettuale che - oltre ad indicare la meta - preconfezioni i mezzi per raggiungerla. Latouche stesso sembra esserne convinto. "Se si e' a Roma e si vuole andare a Torino, e si e' preso per sbaglio un treno per Napoli, non basta rallentare la locomotiva, frenare o anche fermarsi, bisogna scendere e prendere un treno nella direzione opposta. Per salvare il pianeta e assicurare un futuro accettabile ai nostri figli non ci si puo' limitare a moderare le tendenze attuali, ma bisogna decisamente uscire dallo sviluppo e dall'economicismo" (pp. 84-85): tuttavia "l'alternativa allo sviluppo" non puo' "prendere la forma di un modello unico. Il doposviluppo e' necessariamente plurale" (p. 74). Se - grazie alla sinergia delle istituzioni e dell'associazionismo culturale - anche in Sicilia si configurassero, con maggior precisione e consistenza rispetto al passato, delle ipotesi in tale direzione, l'appuntamento ericino avrebbe raggiunto il suo obiettivo primario. La politica e' soprattutto previdenza del futuro: al contrario di cio' che constatiamo, l'amministrazione del presente - con la sua routine spesso grigia - dovrebbe costituirne soltanto il risvolto inevitabile. 10. STRUMENTI. IL "COS IN RETE" DI LUGLIO [Dagli amici dell'"Associazione nazionale amici di Aldo Capitini" (per contatti: l.mencaroni at libero.it ) riceviamo e volentieri diffondiamo] Cari amici, vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di luglio 2006 del "Cos in rete" (sito: www.cosinrete.it). Nello spirito del Centro di orientamento sociale (in sigla: Cos) di Capitini, le nostre e le vostre risposte e osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta, antifascismo, tra cui: Il neorealismo del terzo millennio; Sviluppo e democrazia dal basso; L'aggiunta religiosa dei cattolici; Le cause della rivoluzione; Il vicolo cieco della violenza; Le donne e Gesu'; Pensare prima di consumare; La nonviolenza e la fratellanza fra i popoli; I Suvandali; Il cattivo esempio machista; I filantropi Usa e i furbetti Italy; Voltaire e padre Pio; Stuprate, uccise, inascoltate; Un deputato ridotto alla fame; Gli eretici della 40; ecc. Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi. Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al Cos in rete e' libera e aperta a tutti mandando i contributi all'indirizzo e-mail: capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel blog del Cos: http://cos.splinder.com Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato indirizzo in www.aldocapitini.it 11. LE ULTIME COSE. BERTOLT BRECHT: QUANDO LA GUERRA COMINCIA [Da Bertolt Brecht, Poesie di Svendborg, Einaudi, Torino 1976, p. 22 (la traduzione e' di Franco Fortini). Bertolt Brecht (1898-1956), scrittore, poeta, drammaturgo tedesco tra i maggiori del Novecento, nella sua opera e' rilevante l'impegno contro la guerra e contro l'oppressione sociale. Opere di Bertolt Brecht: segnaliamo in particolare l'utile volumetto per la scuola curato da Renato Solmi e dal Ccm di Torino: Bertolt Brecht, L'abici' della guerra, Einaudi, Torino. Ed ovviamente almeno le Poesie di Svendborg, sempre presso Einaudi. Ma tantissime altre sue opere occorrerebbe citare qui, tutte in Italia edite da Einaudi. Opere su Bertolt Brecht: per un'introduzione cfr. il volume a cura di Roberto Fertonani, Per conoscere Bertolt Brecht, Mondadori, Milano. Franco Lattes (Fortini e' il cognome della madre) e' nato a Firenze nel 1917, antifascista, partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'Ossola. Nel dopoguerra e' redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha collaborato a varie riviste, da "Comunita'" a "Ragionamenti", da "Officina" ai "Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato una delle persone piu' limpide e piu' lucide (e per questo piu' isolate) della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale pressoche' leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi. Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani, Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi. Si veda anche l'antologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori Riuniti; la recente bella raccolta di interviste, Un dialogo ininterrotto, Bollati Boringhieri; e la raccolta di Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano 2003. Tra le opere su Franco Fortini in volume cfr. AA. VV., Uomini usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso Berardinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini, Transeuropa, Jesi 1988. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier Vincenzo Mengaldo; la bibliogafia generale degli scritti di Franco Fortini e' in corso di stampa presso le edizioni Quodlibet a cura del Centro studi Franco Fortini; una bibliografia essenziale della critica e' nel succitato "Meridiano" mondadoriano pubblicato nel 2003] Quando la guerra comincia forse i vostri fratelli si trasformeranno e i loro volti saranno irriconoscibili. Ma voi dovete rimanere eguali. Andranno in guerra, non come ad un massacro, ma ad un serio lavoro. Tutto avranno dimenticato. Ma voi nulla dovete dimenticare. Vi verseranno grappa nella gola come a tutti gli altri. Ma voi dovete rimanere lucidi. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1355 del 13 luglio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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