La nonviolenza e' in cammino. 1354



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1354 del 12 luglio 2006

Sommario di questo numero:
1. Gli gnorri
2. Emily Dickinson: Vicini
3. Alberto L'Abate: La maieutica reciproca. L'attualita' degli insegnamenti
di Danilo Dolci
4. Lidia Menapace: Laicita'
5. Rossana Rossanda presenta "Lei dunque capira'" di Claudio Magris
6. Ristampe: Daniel Defoe, Opere
7. Peppe Sini: Dell'etica della cura
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. GLI GNORRI

I propagandisti della prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra
continuano a propalare una bugia che va smascherata.
L'alternativa non e', come essi vogliono dar a bere, tra restare li' in armi
o andarsene con la coda tra le gambe.
L'alternativa e' tra continuare a partecipare alla guerra o cessare di
partecipare alla guerra e contribuire invece a costruire la pace recando
aiuto alle vittime, con interventi umanitari, con una presenza civile
disarmata, con il sostegno alla lotta delle donne per i diritti di tutti,
con un'azione nonviolenta di soccorso, interposizione, testimonianza,
mediazione e riconciliazione.
La partecipazione alla guerra significa infatti continuare a partecipare
all'uccisione di esseri umani, poiche' la guerra di questo consiste.
Contribuire alla pace significa invece recare soccorso alle vittime,
impegnarsi perche' la guerra cessi, contrastare tutte le violenze, sostenere
quante e quanti in Afghanistan lottano per il riconoscimento di tutti i
diritti umani a tutti gli esseri umani.
*
Detto altrimenti: l'alternativa e' tra uccidere o salvare le vite.
Uccidere, come fanno gli eserciti in guerra, e li' c'e' una guerra in corso
ormai da decenni.
Salvare le vite, come fanno gli esseri umani quando si ricordano di esserlo.
*
Detto ancora altrimenti: l'alternativa e' tra militarismo e nonviolenza.
Il militarismo, che finanche in tempo di pace prepara la guerra, addestra ad
uccidere, e quando la guerra deflagra trova la sua ora, cupa, tragica ora
delle stragi e della barbarie.
La nonviolenza, che alla guerra si oppone sempre, che a tutte le stragi si
oppone, che si oppone a tutte le uccisioni, che si oppone a tutte le
oppressioni, che della vita, i diritti, la dignita' di ogni essere umano si
prende cura, si sente responsabile.
*
E quindi questa e' l'alternativa: o l'esercito che provoca morti o i corpi
civili di pace che salvano vite; o sopprimere le persone o salvarle; o
recare morte o recare aiuto.
Questa e' la scelta da compiere, e non dovrebbe essere difficile capire
quale dei due corni del dilemma e' buono, e quale e' un crimine.
E se qualcuno fosse ancora incerto o disorientato, lo aiuta la Costituzione
della Repubblica Italiana che all'articolo 11 testualmente afferma:
"L'Italia ripudia la guerra".
*
Qui e' Rodi, qui salta.
E la si faccia finita di fare gli gnorri.

2. MAESTRE. EMILY DICKINSON: VICINI
[Da Emily Dickinson, Lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993,
2000, p. 273 (e' un frammento da una lettera del febbraio 1883). Emily
Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le
edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a
fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily
Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo
segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante:
Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e
Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario
curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni,
Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua
figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto
dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei
sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002]

Gli abissi sono dei vicini inattesi.

3. RIFLESSIONE. ALBERTO L'ABATE: LA MAIEUTICA RECIPROCA. L'ATTUALITA' DEGLI
INSEGNAMENTI DI DANILO DOLCI
[Da "Scienza e pace",  n. 11, 4 luglio 2006 (disponibile nel sito:
www.scienzaepace.unipi.it).
"Scienza e pace" e' la rivista del "Centro interdisciplinare scienze per la
pace" dell'Universita' di Pisa (per contatti: via Gioberti 39, 56124 Pisa,
tel. 0502211200/1, fax: 0502211206, e-mail: redazione at cisp.unipi.it).
Alberto L'Abate (per contatti: labate at unifi.it) e' nato a Brindisi nel 1931,
docente universitario di sociologia dei conflitti e ricerca per la pace,
promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione
dei conflitti" dell'Universita' di Firenze, e' impegnato nel Movimento
Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla
nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i
conflitti; amico e collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle
iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente;
come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto
dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della
Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a
Pristina, e si e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la
riconciliazione"; e' portavoce dei "Berretti Bianchi" e promotore dei Corpi
civili di pace. Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno
Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto
e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo,
La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana,
Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001.
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43
dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica
scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento"
ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e
botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il
28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver
lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a
Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu'
povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio
al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la
denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si
impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a
Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le
disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro
intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2
febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di
disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una
strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958)
si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare
questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza
sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del
fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle
accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della
vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo
Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino
1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli
attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto
Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a
Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci
e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere
e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico
sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi
nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di
alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di
costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro
economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che
faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento
di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per
tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno
necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni,
per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte
successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di
migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile;
l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e
cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce
l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per
valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno
educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando
di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti
internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto,
frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con
numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla
distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci
evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi
al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di
effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione
capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della
complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone
"all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a
tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco
adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu'
recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra
esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica
e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge
della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30
dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo
spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel
portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita".
Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento
segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e
di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le
opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze
1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988
(sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe
Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo
Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro
fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e
la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali
audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo
Dolci. Memoria e utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili
materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.net,
www.danilodolci.toscana.it, danilo1970.interfree.it, www.nonviolenti.org]

Come e' noto il primo pensatore a parlare di maieutica e' stato Socrate che
aveva dato questo nome al suo metodo di insegnamento. Egli infatti
paragonava il ruolo dell'insegnante a quello della levatrice. Questa non ha
alcun ruolo nel concepimento del nascituro, ed aiuta solo la puerpera nel
metterlo alla luce. Cosi' l'insegnante deve cercare di aiutare gli allievi a
far emergere le qualita' e capacita' che sono gia' in loro, ma che le
condizioni esterne spesso costringono a tenere dentro ed a non far uscire
verso l'esterno. Da qui l'importanza della maieutica nella crescita e nello
sviluppo delle persone. E' chiaro che questa impostazione non mette tanto al
centro della formazione l'accumulazione delle conoscenze, quanto la
formazione del carattere delle persone stesse. Le conoscenze, infatti,
possono venire dall'esterno, ma il carattere, per svilupparsi, deve fare i
conti con le qualita' interiori dell'individuo, e con le sue capacita' di
ascolto, di empatia, di impegno ecc. che possono essere rinforzate ed
incoraggiate (questo il ruolo del maieuta) ma non possono venire
semplicemente trasmesse dall'esterno.
*
Un autore italiano che si e' ispirato, nella propria attivita' pedagogica,
alla maieutica socratica e' Danilo Dolci. Questi, che e' stato chiamato "il
Gandhi Italiano", dopo aver fatto studi di architettura decise di lasciare
l'universita' per vivere in una comunita', Nomadelfia, che si occupava di
bambini abbandonati. Ma poi, non appagato da questa scelta, decise di
trasferirsi in una delle zone piu' povere d'Italia, a Trappeto, un piccolo
paese della Sicilia occidentale, che lui aveva conosciuto da bambino
seguendo il padre capostazione nei luoghi dove questi aveva lavorato.
Come scrive uno dei suoi piu' noti biografi, Giuseppe Barone: "Nel 1952...
il 14 ottobre... da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, nel letto di
un bambino morto per denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando
le autorita' si impegnano a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna". Dopo qualche anno di studio dei problemi della
zona e di iniziative per cercare di migliorarle, pubblica Banditi a
Partinico, che serve a far conoscere all'opinione pubblica italiana e di
altri paesi le disperate condizioni di vita della Sicilia occidentale. Il
libro e' una specie di atto d'accusa verso le autorita' che, invece di
pensare ad aiutare la popolazione a superare il proprio stato di miseria,
spendono solo per reprimere il banditismo, e per mettere in prigione i ladri
ed i mariuoli, spesso pero' lasciando liberi proprio i dirigenti della
mafia, con cui in molti casi i dirigenti politici sono collusi.
L'iniziativa che fara' conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale
Danilo Dolci sara' lo "sciopero alla rovescia" del 2 febbraio 1956. Per
sostenere il diritto al lavoro, sancito dalla Costituzione Italiana, ed il
fatto che di lavori utili alla collettivita' ce ne sono molti, Danilo, con
varie centinaia di persone disoccupate della zona, si mette a riaggiustare
una strada comunale in pessime condizioni e quasi intransitabile. Lui e gli
altri disoccupati saranno accusati di "occupazione abusiva di suolo
pubblico" e processati . Ma il processo a loro si trasformera' in un
processo contro lo Stato italiano. Tutti i migliori avvocati italiani si
offriranno infatti volontariamente per difenderlo, e sottolineeranno
l'assurdita' di un processo a persone che cercano solo un diritto - quello
al lavoro - che la Costituzione Italiana riconosce loro, ma che lo Stato
italiano non cerca invece di promuovere realmente.
In quel periodo Dolci ottiene il "Premio Lenin per la pace" (1958); con i
soldi del premio Dolci costituisce il "Centro studi e iniziative per la
piena occupazione" che si occupera' di studiare a fondo i problemi della
zona ed i modi per stimolare un reale sviluppo economico, dal basso, che
vada a vantaggio dei piu' poveri e non dei mafiosi o della classe dirigente.
Ecco cosa scrive Barone sul lavoro di Dolci: "Per tanti avversari Dolci e'
solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare ed ascoltarsi, a
scegliere, a pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore
antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a
concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia".
"E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che
prende corpo l'idea di costruire la diga del fiume Jato, indispensabile per
dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla
mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili
uno strumento di dominio" (Barone, 2002).
E dopo anni di studi, progetti e lotte la diga verra' costruita, e con
questa verra' data vita anche ad una cooperativa di contadini della zona che
gestiranno in proprio l'acqua in questa raccolta, che servira' anche a
dissetare gli abitanti della citta' di Palermo, e che, con l'aiuto anche dei
tecnici agricoli assunti dal Centro creato da Dolci, aumentera' notevolmente
la produzione ed il reddito della popolazione della zona.
L'idea della costruzione di questa diga era stata presentata, in una delle
riunione fatte da Dolci con la popolazione della zona per discutere sui
problemi e sulle loro possibili soluzioni, da un povero contadino che
soffriva, come gli altri, della carenza di acqua, controllata dalla mafia e
venduta a prezzi inaccessibili per loro. Da questa esperienza nasce, in
Dolci, l'idea della "maieutica reciproca", per sottolineare appunto che non
esiste un solo maieuta, il docente, ma che la verita', e la soluzione dei
problemi, va ricercata insieme, soprattutto con le persone che di quel
problema stesso soffrono.
*
Ma per comprendere meglio l'impostazione di Dolci e' bene far riferimento ad
un suo saggio pubblicato nel 1968: "Cosa e' pace?". In esso Dolci prende in
esame vari dizionari della lingua italiana, ed alcuni anche di altri paesi,
e nota come in tutti la pace e' vista come un concetto negativo, come
assenza di guerra. E sottolinea la necessita' di vederla invece come un
concetto positivo, e per far questo da' alcune indicazioni metodologiche:
1. "Voler sapere, voler capire", che comporta una osservazione sistematica,
un lavoro di ricerca e di scoperta per documentarsi, per superare
l'ignoranza ed i pregiudizi, ecc.
2. "Avere il coraggio di chiarire il fronte delle difficolta' da vincere", e
cioe' la necessita' di vedere le collusioni tra la mafia locale e gli organi
dello Stato, e di capire che una vera democrazia deve garantire a ciascuno
la possibilita' di lavorare, di sapere, di esprimersi, e che il lavoro per
la pace non e' facile.
3. "Essere rivoluzionari", e cioe' cercare di superare i comportamenti, sia
individuali che di gruppo, che cercano di mantenere la situazione come e'
attualmente, o di modificarla solo in modo quasi impercettibile. Scrive
Danilo: "L'azione nonviolenta e' rivoluzionaria anche in quanto, con la sua
profonda capacita' di animare le coscienze, mette in moto altre forze pure
diverse nei metodi. Ciascuno che aspira al nuovo fa la rivoluzione che sa...
Chi pensa che la guerra sia la forma suprema di lotta, il modo di risolvere
i contrasti, ha una visione ancora molto limitata dell'uomo e dell'umanita'.
Chi ha effettiva esperienza rivoluzionaria sa come, per riuscire a cambiare
una situazione, deve fare appello, esplicitamente o meno, ad un livello
morale, oltre che materiale, superiore a quello imperante; sa come
l'appellarsi a principi piu' esatti, ad una morale superiore, divenga
elemento di forza effettiva: e in questo modo la sua azione e'
rivoluzionaria anche in quanto contribuisce a creare nuova capacita', nuova
cultura, nuovi istinti: nuova natura dell'uomo. Personalmente, sono persuaso
che la pace si identifica con l'azione rivoluzionaria nonviolenta" (pp. 229-
230).
4. "Saper sperimentare". Per Dolci la sperimentazione e' indispensabile
perche' senza una esperienza diretta l'individuo ed i gruppi piccoli e vasti
non sanno cercare, operare, vivere insieme, combattere in modo nuovo.
5. "Non vendersi". Danilo sottolinea come il vendersi, soprattutto da parte
degli intellettuali, il prostituirsi ai potenti, agli sfruttatori, a quelli
che lui definisce "i veri fuorilegge", non solo fa male a chi lo fa ("ci
limita, ci disfa") ma permette a questi ultimi di resistere nelle loro
posizioni di prepotenza. "Scegliere secondo necessita' e coscienza - certo,
non e' facile -, rifiutarsi ad ogni professione o occasione che ci impegni
in sfruttamenti ed assassinii di ogni genere, e' un contributo fondamentale
per rompere il sistema delle clientele, dal livello di strada a quello
internazionale" (p. 234).
6. "Saper mettere fuori legge i veri fuorilegge". Per questo e' necessario
far leva su leggi morali e giuridiche piu' elevate, o anche su leggi solo
democratiche, perche' questo permette di far venire alla luce chi e'
veramente fuorilegge, chi tortura ingiustamente, chi sfrutta il lavoro
lasciandolo insicuro, chi fa brogli elettorali, chi spreca denaro pubblico,
chi impedisce le liberta' di espressione, di riunione, di informazione. Ma
per far questo bisogna raccogliere dati precisi, documentati, sistematici,
anche eventualmente con fotografie, in modo da avere prove schiaccianti che
non possano essere negate. Ma soprattutto e' necessario "mettersi in
condizione di far le nuove leggi e le strutture nuove necessarie" (p. 235).
7. "Saper muovere fronti nuovi". Secondo Danilo le armi sono nate per la
difesa dei nostri antenati per far loro procurare cibo tra belve feroci, e
percio' come utili strumenti per la loro sopravvivenza. Ma attualmente
queste armi sono "anacronismi assurdi", sono dei mostri che sputano fuoco e
distruggono in un attimo citta' costruite dall'opera di milioni di persone
in migliaia di anni. "Non solo dobbiamo sgonfiare questi mostri - scrive
Danilo - non alimentandoli e non lasciandoli nutrirsi di noi: dobbiamo
sapere chiaramente in ogni nostra fibra che questi mostri noi li abbiamo
costruiti, e noi li possiamo distruggere creando altro... Nella misura in
cui si riesce a interpretare e ad esprimere le profonde esigenze di
migliaia, di milioni, di centinaia di milioni, di miliardi di uomini, e li
si aiuta a prendere coscienza di se' e dei propri problemi, ad avviare
iniziative alternative di ogni tipo, dal minimo al piu' alto livello, a
premere con efficacia, in quella misura si riesce a mettere in moto una
forza concretamente rivoluzionaria" (p. 236).
8. "Saper pianificare organicamente". Scrive Danilo, a proposito di questo
passo che per lui e' la conclusione fondamentale di tutto il percorso:
"L'opposto dello scontrarsi-incontrarsi del caos, del lasciare tutto
accadere a caso, della furbizia delle lotterie, e' pianificare; l'opposto di
essere mostri, e' svilupparsi organicamente. All'umanita' necessita
raggiungere la sua unita' organica: la pace non viene a caso, e' inventare
il futuro. Se e' piu' facile che una pianificazione risulti efficace
disponendo del potere, non si devono sottovalutare le possibilita' della
pianificazione d'opposizione. Una delle insufficienze di certi movimenti
rivoluzionari e' la debolezza del loro fronte costruttivo rispetto alla loro
capacita' di coscientizzare, o al peso che riescono a raggiungere nella
protesta, nella pressione. La costruzione di nuovi gruppi organici e la
demolizione dei vecchi sistemi devono procedere coordinate, potenziandosi a
vicenda: il crescere di una alternativa persuasiva incoraggia la denuncia e
l'attacco ai vecchi gruppi; d'altra parte la perdita di autorita' delle
vecchie strutture facilita lo sviluppo delle nuove" (p. 237). Ma per questo,
sottolinea Danilo, e' necessaria una assunzione di responsabilita' sia degli
individui che dei gruppi, in particolare non collaborando a quanto vi e' di
insano e di superato nella societa' attuale, ed inventando un futuro
diverso. "Nuovi rapporti nell'umanita' - scrive Dolci - possono si'
realizzarsi in quanto si costruiscono nuove visioni d'insieme, nuove
qualita' di rapporto, nuovi centri mondiali, nuove strutture nazionali ed
internazionali, nuovi metodi di rapporto, ma nella misura in cui a livello
individuale, di gruppi, di popoli, tutto questo viene maturato: il processo
e' interdipendente. E' necessario passare da un mondo autoritario e
frammentato ad un mondo pluricentrico e coordinato" (ibid.). E Danilo
conclude il saggio con un paragrafo intitolato: "Pace e' un modo diverso di
esistere", nel quale scrive: "La pace che amiamo e dobbiamo realizzare non
e' dunque tranquillita', quiete, assenza di sensibilita', evitare i
conflitti necessari, assenza di impegno, paura del nuovo, ma capacita' di
rinnovarsi, costruire, lottare e vincere in modo nuovo: e' salute, pienezza
di vita (anche se nell'impegno ci si lascia la pelle), modo diverso di
esistere" (ibid).
*
Dolci e' morto il 30 dicembre 1997, ma il suo insegnamento e' ancora
attualissimo.
In questi ultimi tempi si parla molto del movimento che lotta contro
l'attuale modello di sviluppo e contro il processo di globalizzazione che
mette al centro del suo interesse il mercato e lo sviluppo economico di
pochi paesi ricchi, emarginando i piu' poveri. Questo nuovo movimento
ricerca invece una "globalizzazione dal basso", negli interessi degli
ultimi. Ed anche se a Porto Alegre e nel Forum Europeo di Firenze c'e' stata
una seria ricerca di una alternativa positiva al modello di sviluppo ancora
dominante un problema non ancora del tutto risolto nel movimento e' quello
del metodo nonviolento, sul quale ci sono opinioni divergenti, e che e'
invece al centro di tutto il lavoro di Danilo. Credo percio' che le idee di
Danilo, il suo lavoro, ed i suoi libri, siano di estrema importanza per
tutto il movimento alternativo attuale che dovrebbe conoscerli meglio ed
ispirarsene.
*
Bibliografia minima
- Barone Giuseppe, Introduzione al libretto di Danilo Dolci, Girando per
strade e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002.
- Barone Giuseppe, La forza della nonviolenza: Bibliografia e profilo
biografico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000.
- Dolci Danilo, "Cosa e' pace?", in Idem, Inventare il futuro, Laterza, Bari
1968.
- Dolci Danilo, a cura di, Bozza di manifesto: "Dal trasmettere al
comunicare", Edizioni Sonda, Torino 1989.
- Dolci Danilo, La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia,
Scandicci (Firenze) 1996.
- Mangano Antonino, Danilo Dolci educatore. Un nuovo modo di pensare e di
essere nell'era atomica, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di
Fiesole (Firenze) 1992.
- Morgante Tiziana Rita, Maieutica e sviluppo planetario in Danilo Dolci,
Lacaita, Manduria (Taranto) 1992.

4. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: LAICITA'
[Dal quotidiano "Liberazione" del 9 luglio 2006. Lidia Menapace (per
contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa
alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni
politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte
degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani
e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

A riceverlo come capo di stato Zapatero c'e' andato: dico, il papa. Invece
ha fatto sapere che non andra' alla messa. Mi pare un gesto molto giusto,
rispettoso ma non sottomesso, limpido, che serve anche a rendere piu' netta
la differenza tra i due poteri. In Europa di solito il papa va in visita nei
paesi cattolici e la' viene ricevuto con la consueta confusione tra civile e
religioso: si poteva anche pensare che cio' fosse accettabile fino a che il
cristianesimo nella sua forma cattolica era una religione molto diffusa,
molto praticata. In quei paesi era rimasto il costume di presenziare, che ha
sempre coinvolto anche persone notoriamente non credenti.
Zapatero comincia una pratica nuova, piu' rigorosa: il papa e' un capo di
stato e per questo va ricevuto anche dalle autorita' civili, ma come capo
della religione cattolica non puo' coinvolgere l'autorita' civile, tanto
piu' se si tratta di persona magari non credente o che comunque deve
rappresentare anche i non credenti o i credenti di altre religioni presenti
nel paese. In questo caso e' certo meglio esprimere una precisa ferma
immagine di laicita'.
Dice Navarro Valls che non lo fa nessuno. Vuol dire che altri non ha la
precisione laica di Zapatero e magari va avanti anche pensando di lucrare il
favore che viene dalla vicinanza del papa. Appunto: "Parigi val bene una
messa!". Del resto nei paesi non cattolici, anche negli Usa, il papa, se ci
va, dice messa in un qualche grande stadio affittato per l'occasione e
pavesato delle immagini del prodotto che con l'affitto viene promosso. Vi
sembra piu' rispettosa la commercializzazione dell'immagine del papa o la
sua precisa e semplice distinzione dal potere politico ed economico? A me
questa ultima cosa.
Ci si domandera' che cosa ne deve essere allora dei funerali di stato: a me
sembrerebbe giusto che ai famigliari venga chiesto se desiderano o no
funerali religiosi e non che vengano comunque obbligati alla sola presenza
dei sacerdoti. E quanto al fatto che in Italia alle esequie cattoliche di
stato o ad altre cerimonie religiose anche in occasione di ricorrenze civili
prendano parte anche autorita' delle quali non si conosce l'appartenenza
religiosa e magari si puo' supporre che non siano religiose a me e' sempre
parsa una gran confusione e una certa ipocrisia. I semplci cittadini possono
sempre prendere parte a funerali, matrimoni o altre cerimonie religiose per
rispetto dei loro amici e ugualmente possono andare a matrimoni o funerali
civili. Ma le autorita' pubbliche sarebbe bene che mantenessero una piu'
rigorosa distinzione tra le due sfere, specialmente quando si tratta di una
messa, cioe' di un evento solennissimo e intrinsecamente di fede, non
certo - per i credenti - di uno spettacolo o di un rito tradizionale.

5. LIBRI. ROSSANA ROSSANDA PRESENTA "LEI DUNQUE CAPIRA'" DI CLAUDIO MAGRIS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 luglio 2006.
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu'
drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti.
Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari
1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica
come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La
ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del
lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della
riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora
dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste.
Claudio Magris, nato a Trieste nel 1939, docente universitario di lingua e
letteratura tedesche, saggista e scrittore, intellettuale democratico. Opere
di Claudio Magris: segnaliamo particolarmente - tra molte altre opere tutte
appassionanti e finissime - Lontano da dove, Einaudi; Dietro le parole,
Garzanti; Itaca e oltre, Garzanti; Utopia e disincanto, Garzanti. Opere su
Claudio Magris: segnaliamo particolarmente il profilo di Magris in Pier
Vincenzo Mengaldo, Profili di critici del Novecento, Bollati Boringhieri,
Torino 1998; e il bell'articolo sempre di Pier Vincenzo Mengaldo, Saggi
contro i demoni, in "Alias", supplemento al quotidiano "Il manifesto" del 27
febbraio 1999]

Che faro' senza Euridice? Dove andro' senza il mio bene? Il lamento
dell'Orfeo di Gluck e' di quelli che tutto il mondo conosce. E' dolore, ma
addolcito dalla malinconia. Povero Orfeo. Perche' diamine s'e' voltato verso
la sua amata mentre la portava fuori dall'Averno, perdendola per sempre? Di
lui sappiamo molto: che era un grande poeta e musico, che non solo gli umani
ma le fiere si immobilizzavano al sentirlo, incantate. Che amava tanto
Euridice da convincere i crudelissimi dei a permettergli di andare laggiu',
dove nessuno va e da dove nessuno ritorna, a riprendersela. E loro, che
amano giocare sulle debolezze dei mortali, avevano finito con il dire: Si',
va, ma non voltarti a guardarla finche' non sarete fuori dagli inferi,
perche' la perderesti. Lui si precipita nel profondo Averno, si avviano
all'uscita, ma Orfeo non regge, si volta, le getta un solo sguardo. E la
perde, stavolta per sempre.
E di Euridice che cosa sappiamo? Finora niente. Ce ne da' notizia una
signora di mezza eta' e mezza condizione nell'ultimo romanzo di Claudio
Magris: Lei dunque capira' (Garzanti, pp. 55, euro 9,50).
*
Dice Lei, perche' scrive al presidente della Casa di riposo in cui si trova.
Gli si rivolge rispettosamente, perche' lui non si fa mai vedere come si
addice a una grande autorita', e lei nulla pretende. Nella Casa di Riposo si
sta quieti, un po' noiosamente, un po' grigi, con poche parole e molte
regole, ma la signora non si lamenta. Vuole solo spiegare la condotta
dissennata del suo uomo, che e' venuto a riprenderla, cosa raramente
concessa e della quale al Presidente lei si assicura assai grata. E' pieno
di fascino, e' un geniale, piace moltissimo, ma e' un po' debole, diciamo un
po' immaturo, viziato, come sovente succede a chi ha successo. E' il suo
uomo, proprio suo, lei gli ha insegnato tutto, anche come si fa l'amore sul
serio, non soltanto sesso come si dice ora, e gli perdona tutto, anche certi
suoi cedimenti alle squinzie che gli girano attorno, purche' non le vengano
sotto mano che cava loro gli occhi. E', la loro, una storia d'amore
qualsiasi, forse un po' meno che borghese, dei nostri giorni senza smalto,
ma e' amore davvero. Lei lo sa. Lui scrive e compone, come gli gira, e lei
sa anche dove sbaglia registro, dove cade - e non gliene fa passare una, e
lui borbotta ma le e' grato, sa che nessuno come lei conosce quanto, o a
volte quanto poco, vale. E se ne va in giro per il mondo coperto di
complimenti e allori, uno po' sciocco, fragile, insomma senza una gran spina
dorsale, e torna sempre da lei, che di spina dorsale ne ha per due. E'
tornato anche quando si e' ammalata, molto ammalata, si sono abbracciati
sino alla fine, quando lei ha dovuto ritirarsi nella Casa di Riposo, enorme
e grigia. Lui ha fatto il diavolo a quattro per entrare, il regolamento e'
severo. Lei ha avuto il cuore traboccante di gioia: era proprio da lui
ostinarsi in questa impresa, riuscirci, e' venuto.
*
Ma poi s'e' voltato. Per troppo amore, dunque per troppo poco, piu' amore
per se', per il suo trasporto, che per lei? No, signor Presidente, non e'
andata cosi'. Era venuto a cercarla perche' da lei voleva assolutamente
sapere quel che lei solo poteva dirgli: quel che si sa soltanto quando si e'
nella Casa di Riposo, dall'altra parte. Chi ne e' fuori, i vivi, pensano che
chi ne e' dentro, i morti, sappiano tutto - tutto quel che ai viventi
sfugge. Lui lo vuol sapere, arde di saperlo, poi lo cantera'. Sara' il
primo, il solo. Orfeo. Per questo e' venuto a cercarla, oltre che beninteso
per amore. E lei, nel seguirlo verso l'uscita, se ne e' resa conto, ha
capito che appena fuori lui le domandera': E allora, dimmi? E lei dovra'
rispondergli: Niente, qui non si sa niente piu' di quel che si sappia fuori.
Di la' come di qua non si sa nulla. Ed egli ne sara' cosi' tramortito da
restare senza parole, senza speranza, senza voce... di la' come di qui non
si sa niente, mai! Non c'e' niente da sapere? Non se ne dara' ragione, quel
suo debole uomo cosi' amato, non trovera' piu' parole ne' musica, non sara'
piu' lui. Lei, questa verita' non gliela puo' dire. E dunque, signor
Presidente, sa perche' s'e' voltato? Perche' io l'ho chiamato. Non se lo
aspettava, s'e' voltato e mi ha visto dolcemente sparire.
Cosi' parla Euridice, rivendicando a se' anche quel suo voltarsi e perderla.
Non poteva non voltarsi se lei lo avesse chiamato. E lei cosi' ha fatto
perche' continuasse a essere Orfeo, a tradurre in musica quella domanda
senza risposta, e riceverne onori e gioie. Finche' rimaneva da questa parte.
*
Raramente e' stata scritta una cosi' assoluta elegia per una donna come ha
fatto Magris in Lei dunque capira'. A una donna si puo' dovere tutto. Non e'
facile trovare questa confessione neanche negli autori che piu' amano una
figura femminile. Perche' devono riconoscerle una grandezza che il mito non
da' a Euridice. E neanche Gluck. Gluck la sfiora nella sua meno nota
bellissima Alcesti, quella che amava tanto il marito Admeto che quando lui
si disperava senza vergogna all'annuncio di dover morire, non si dava pace,
strepitava, supplicava che qualcuno prenda il suo posto, Alcesti ha detto:
Al tuo posto vado io. Non perche' non ami la vita. Non perche' il cavernoso
Averno non le faccia paura. Ma scende tremando verso quelle livide acque e
chiede a spaventevoli voci di poter prendere il posto di Admeto, perche' a
morire quel povero diavolo non ce la fa.
Con Alcesti alla fine gli dei saranno pietosi come con Orfeo non sono stati.
Il canto di Alcesti fra vita che non vorrebbe perdere e morte che domanda di
avere, e' la voce della signora che scrive al Presidente. Claudio Magris la
rivela. E risponde alla melodiosa domanda retorica di Orfeo: Che fara' senza
Euridice? Continuera' a cantare. Dove andra' senza il suo bene? Girera' il
mondo per incantarlo. E cosi' sia.

6. RISTAMPE. DANIEL DEFOE: OPERE
Daniel Defoe, Opere, Mondadori, Milano 1980, 2006, pp. XLVI + 1074, euro
12,90 (in suppl. a vari periodici Mondadori). Un bel "meridiano" curato da
Giuseppe Gaetano Castorina che contiene Una accademia per le donne, Le
avventure del capitano Singleton, Diario dell'anno della peste, L'amante
fortunata ovvero Lady Roxana. Con una introduzione di Anna Banti. Certo,
dell'infinita mole dell'opera di Defoe mancano alcune delle cose piu' note,
e ben a ragione ("vogliamo Moll Flanders e Robinson Crusoe", insorgeranno il
colto e l'inclita), ma nessuno osi dire che quel che c'e' non sia grande e
prezioso: basterebbero alcune pagine dell'Anno della peste o di Lady Roxana
a colmare di meraviglia e di umanita' qualunque sguardo, qualsiasi cuore.

7. LE ULTIME COSE. PEPPE SINI: DELL'ETICA DELLA CURA

Scrive Luisella Battaglia (nel saggio "La 'voce femminile' in bioetica.
Pensiero della differenza ed etica della cura", in Stefano Rodota' (a cura
di), Questioni di bioetica, Laterza, Roma-Bari 1993, 1997) che "nell'etica
della cura si accentua l'idea fondamentale che il contenuto di cio' che e'
bene o male sotto l'aspetto morale non puo' trovare la sua reale definizione
in norme generali astratte, valide senza distinzione per tutti gli uomini e
per tutte le situazioni. Viceversa, la definizione del contenuto morale puo'
rinvenirsi solo nella situazione concreta con la quale la persona si
confronta in un rapporto esistenziale" (ivi, p. 272).
Si potrebbe discutere se tale principio sia cosi' cogente, poiche' vi e'
come noto una ricca casistica in relazione a cui il principio delle "norme
generali astratte" sembra avere solide ragioni, ma non e' in questo
ginepraio che qui vogliamo inoltrarci.
Quel che qui e adesso ci preme e' proporre di prender sul serio il concetto
di etica della cura (che a nostro modesto avviso e' strettamente imparentato
con quello che Hans Jonas chiama "principio responsabilita'" - e che e' cosa
decisamente distinta dalla comune accezione dell'"etica della
responsabilita'" di weberiana memoria), e di valorizzarne la potenza
ermeneutica al fine di confutare una falsa alternativa che costituisce la
botola in cui troppe persone - non solo ipocrite o sprovvedute - in questi
giorni sembrano propense a tuffarsi in relazione alla discussione sulla
partecipazione italiana alla guerra afgana; intendiamo la falsa alternativa
tra una astratta e quindi stravolta "etica delle intenzioni (o dei
principii)" ed un'altrettanto astratta e quindi altrettanto stravolta "etica
della responsabilita'" (nel senso, qui si', weberiano).
Dal nostro modesto punto di vista di rustici insipienti il problema nella
sua realta' e concretezza e' semplice, e si pone in termini rispetto a cui
tanto l'etica delle intenzioni (o dei principii), se rettamente intesa ed
applicata, quanto l'etica della responsabilita', se intesa ed applicata
altrettanto rettamente, non possono non convergere: concretamente, l'oggetto
della decisione da prendere, come l'etica della cura chiarisce
perfettamente, e' il seguente: la morte o la vita delle persone che in
Afghanistan subiscono una guerra che perdura da decenni. Partecipando alla
guerra si decide per la loro morte. Cessando di partecipare alla guerra ed
intervenendo in forme nonviolente in aiuto alle vittime si decide per la
loro vita.
Muovendo dall'etica della cura non dovrebbe esservi dubbio su quale sia la
decisione che il Parlamento italiano dovrebbe prendere.
*
E non dovrebbe essere necessario aggiungere che la scelta contro la guerra e
per la nonviolenza e' la sola consentita dalla Costituzione della Repubblica
Italiana, dalla cui vigenza governo e parlamento ricevono effettualmente la
loro autorita' (senza Costituzione, le stesse elezioni politiche perdono di
significato e di fondamento, e non bastano da sole a dar luogo a un
ordinamento giuridico in forma di stato di diritto, in forma di democrazia
parlamentare). A maggior ragione non dovrebbe esserci bisogno di aggiungere
che una volta che la Costituzione "ripudia la guerra" e' insensato e
criminale il solo dibattere l'ipotesi di proseguire la partecipazione a una
guerra, partecipazione in re ipsa illegale oltre che immorale.
*
Il solo fatto che siamo ancora costretti a ripetere queste cosi' banali
cose, mentre il governo ha gia' decretato di perseverare nell'illegale e
criminale partecipazione militare italiana alla guerra, e una golpista
maggioranza parlamentare (praticamente tutte le forze politiche che siedono
in parlamento, con pochissime individuali obiezioni di coscienza) si
appresta ad avallare tale infamia, rivela ad abundantiam come la guerra
porti il fascismo. Mentre in Afghanistan continua la carneficina, in Italia
coloro che a quella carneficina hanno deliberato in passato di cooperare e
deliberano oggi di continuare a cooperare distruggono la Costituzione, e con
essa il diritto, la democrazia, le nostre comuni liberta'.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1354 del 12 luglio 2006

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