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Voci e volti della nonviolenza. 30
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 30
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 11 Jul 2006 13:28:45 +0200
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 30 dell'11 luglio 2006 In questo numero: 1. Pat Patfoort 2. Una relazione di Pat Patfoort 3. Maria Carrozza intervista Pat Patfoort 4. Un'intervista a Pat Patfoort 5. Et coetera 1. PAT PATFOORT Pat Patfoort e' oggi una delle piu' note e apprezzate formatrici alla nonviolenza. Il suo approccio, particolarmente semplificato, ha il vantaggio di essere immediatamente comprensibile ed agevolmente applicabile in varie situazioni di conflitto in cui gli attori, lo scenario e i moventi siano riducibili a posizioni chiaramente configurabili e a un numero relativamente ristretto di elementi, ed in cui un intervento di mediazione nonviolenta puo' essere di grande efficacia. In situazioni complesse, e di solito i conflitti politici, sociali e culturali sono complessi ed un ruolo decisivo in essi lo ha "l'ordine del discorso" (ovvero la catena ermeneutica attraverso cui i vari soggetti coinvolti interpretano gli eventi e le relazioni), non sempre e' facile o accettabile - e talvolta e' anzi decisamente impossibile - l'operazione riduzionista alla base dello schema e quindi conseguentemente del metodo proposto dalla studiosa e attivista belga. Qualora esso venisse adottato ed applicato in modo astratto e dogmatico vi e' anzi il rischio che certe improprie semplificazioni ed abusive banalizzazioni invece di chiarire confondano, e si rivelino astratte e subalterne, e interne a un'ideologia che per il fatto di presumersi non-ideologica non e' meno ma piu' ideologica, alienata e inadeguata. E si danno altresi' situazioni in cui il risalire a quelli che Pat Patfoort definisce "fondamenti" (intendendo le ragioni fondanti, in contrapposizione a cio' che chiama "argomenti", intendendo con tale parola le ragioni o pseudoragioni superficiali) non da' luogo al rinvenimento di motivi condivisibili, bensi' di motivi realmente ed assolutamente inaccettabili: sono situazioni come quella su cui si diede un appassionato dibattito tra Gandhi, Buber ed altri illustri amici della nonviolenza impegnati contro il nazismo. E' infatti ovviamente illusorio ritenere che sempre - o spesso - si possano raggiungere conciliazioni senza passare attraverso la lotta che sconfigge la violenza dispiegata e contrasta quanto le fa da retroterra. E' un equivoco frequente quello secondo cui la nonviolenza sia prevalentemente riconciliazione raggiungibile attraverso un'opportuna mediazione: essa e' invece fondamentalmente e decisivamente lotta: solo attraverso la lotta - la lotta nonviolenta - si raggiunge la conciliazione interumana nel caso di conflitti che abbiano alla base opposizioni reali in rapporti di effettuale dominio e oppressione (e non rapporti dialettici che possano dar luogo ad un superamento sulla base dello schema triadico di hegeliana memoria). Ma detto tutto questo, il lavoro di Pat Patfoort resta - nei limiti e con le avvertenze che abbiamo sommariamente indicato - indubbiamente di grande interesse ed utilita', ed in molti casi una sua meditata, esplicita e condivisa proposizione e applicazione in forma di persuasa e persuasiva mediazione apporta un contributo cospicuo alla interpretazione, gestione, trasformazione e fin risoluzione nonviolenta dei conflitti in una prospettiva costruttiva di coscientizzazione, di reciproco riconoscimento, di responsabilizzazione condivisa e di autentica riconciliazione. 2. UNA RELAZIONE DI PAT PATFOORT [Dal sito www.worldsocialagenda.org riprendiamo la relazione di Pat Patfoort all'incontro su "Risoluzione dei conflitti e partecipazione democratica: il ruolo della diplomazia popolare e delle azioni nonviolente" svoltosi il 4 maggio 2002 nell'ambito di "Civitas" a Padova. Per esigenze grafiche abbiamo abolito le tavole, per cui rinviamo al sito da cui abbiamo ripreso il testo] Numerosi conflitti di natura violenta e guerre nel mondo hanno luogo in situazioni in cui si scontrano due o piu' gruppi composti da etnie e culture diverse. Ma anche sul piano individuale le persone discutono costantemente e litigano quando si trovano ad esprimere diversi punti di vista, interessi, abitudini, valori o emozioni. Cio' accade nella famiglia, sul posto di lavoro, nelle riunioni, nei rapporti di vicinato, per la strada. Sembra di solito difficile trovare il modo di gestire le differenze con altri, senza che cio' crei stress, rabbia, violenza, inquietudine e dolore. Ci sono diversi modi per affrontare le differenze tra persone. Possiamo generalmente distinguere tra una via violenta e distruttiva ed una costruttiva e nonviolenta. La maggior parte delle persone non conosce l'esistenza di questa distinzione ne' tantomeno sa concretizzare la via costruttiva e nonviolenta. Troppo spesso la gente si interessa di nonviolenza proprio quando e' gia' nel bel mezzo di una crisi, che sia sul piano personale o su quello sociale. Quando si e' in crisi e' ancora possibile imparare a rendere concreta la "trasformazione del conflitto", ma e' ovviamente una strada ben piu' difficile da attuare. * Affrontare le differenze: la via distruttiva La situazione di partenza, sia in una situazione distruttiva sia in una costruttiva, e' caratterizzata da (almeno) due diverse posizioni, che rappresentano diverse caratteristiche, comportamenti o punti di vista di due individui o di due gruppi di persone. Di per se', questa situazione non rappresenta un problema. Queste due diverse posizioni procedono secondo uno schema basato su un modello Maggiore-Minore o modello M-m: ciascuna delle parti cerca di difendere le sue proprie caratteristiche o comportamenti come migliore dell'altra o delle altre. Ciascuno si sforza di essere nel giusto, di dominare e di porsi nella posizione M, ponendo nel contempo l'altra persona o gruppo nella posizione m. Le conseguenze di questo atteggiamento sfociano in tre meccanismi di violenza: - violenza contro la persona che per prima si e' posta nella posizione Maggiore, o escalation di violenza; - violenza contro una terza posizione, o catena di violenza; violenza contro se' stessi, o, introiezione della violenza/aggressione. Il modello M-m e' alla base della violenza. E' la radice della violenza (vedi figura 1 [qui omessa - ndr]). * L'aggressivita' e' insita nella natura umana? Comportarsi secondo il modello M-m e' cosi' frequente, sembra cosi' normale, che spesso si ha l'impressione che sia l'unica via possibile. La maggioranza delle persone ritiene addirittura che cio' sia insito negli impulsi naturali della natura umana, nell'istinto dell'uomo. Ora, cio' che e' insito nella natura dell'uomo e' senza dubbio alla base del passaggio da una situazione iniziale di diversita' di posizione, al modello M-m. E' l'istinto di conservazione, o di sopravvivenza, che ci spinge ad uscire dalla posizione m. Il bisogno di protezione e di autodifesa sono senza dubbio connaturati all'essere umano, ma non necessariamente seguendo il modello M-m. Questa e' solo una delle possibili strade per difendersi. E' la via che a prima vista sembra la piu' facile e probabilmente quella che e' stata insegnata nella maggior parte delle societa', fin dall'infanzia, che poi continua a crescere e a svilupparsi in tutti i modi possibili. Un altro metodo per gestire la situazione di partenza di due diverse posizioni, e' il modello dell'Equivalenza o modello E (vedi figura 2 [qui omessa - ndr]). Questo modello e' alla base della nonviolenza: anch'esso risponde all'istinto di autoconservazione proprio dell'essere umano. Il modello dell'Equivalenza, che e' la nonviolenza, ci permette inoltre di uscire dalla posizione m, per difendere e proteggere noi stessi, ma non a spese degli altri, ne' contro qualcuno, ne' attaccando, come accade nel modello M-m. Pertanto cio' che e' connaturato all'essere umano e' l'istinto di conservazione, non l'aggressivita'. * Il metodo costruttivo per gestire le differenze e i conflitti Discuteremo ora di situazioni in cui al punto di partenza ci sono due diversi punti di vista, in cui due parti sono in disaccordo. Quando usiamo il modello Maggiore-minore, chiamiamo questa situazione "conflitto". Per imparare ad usare il modello dell'Equivalenza, dobbiamo studiare gli strumenti che esso offre e confrontarli con quelli messi a disposizione dal modello violento. Nel metodo M-m si usano argomentazioni che noi avanziamo per cercare di avere ragione, di vincere. Tre importanti argomentazioni sono: 1. le argomentazioni positive: si presentano aspetti positivi del proprio punto di vista, per raggiungere la posizione M; 2. le argomentazioni negative: si evidenziano gli aspetti negativi del punto di vista dell'altro, per sospingerlo nella posizione m; 3. le argomentazioni distruttive: si citano aspetti negativi dell'altro, per spingerlo ancora piu' in basso nella posizione di inferiorita'. Tra questi stratagemmi ci sono il razzismo, l'eta', il sessismo. L'aspetto diverso dell'altro (il colore della pelle, la gioventu' o l'anzianita') viene citato come negativo e usato per svalutare l'altro punto di vista che di solito non c'entra nulla con le argomentazioni usate. Usare tali argomentazioni e' superficiale. Esse stimolano una crescita del conflitto, "soffiano sul fuoco", per intenderci. Entrambe le parti usano qualsiasi mezzo a loro disposizione per rendere il proprio punto di vista piu' forte, sminuire l'altro e prevaricarlo. Usando questo metodo, non facciamo altro che ingigantire il conflitto ed esacerbarlo. Il modello in Equivalenza invece lavora con i fondamenti, non con argomentazioni. Come la parola suggerisce, sono i fattori che sottostanno alle ragioni di entrambi i punti di vista: le motivazioni, i bisogni, gli interessi, gli obiettivi, i valori che ciascuno possiede. Queste ragioni si comprendono per mezzo di domande che chiedono "Perche'". "Perche' ho questo punto di vista?", "Perche' l'altra/o ha il suo?". Esplorando le ragioni per mezzo del metodo in equivalenza, si ha l'opportunita' di comprendere il conflitto in profondita', piuttosto che rimanere imbrigliati nel metodo M-m che lo analizza solo in superficie. Spesso le ragioni sono inespresse, potremmo non esserne consapevoli, in ogni caso, esse sono presenti e individuarle e' essenziale. * Risolvere un conflitto Il modello Maggiore-minore o quello dell'Equivalenza ci portano a gestire il disaccordo, e il conflitto che ne scaturisce, in maniera completamente diversa. Nel modello M-m esistono solo due possibilita': o sono io ad avere ragione oppure l'altro. Ci troviamo in un sistema bidimensionale e ogni soluzione proposta o raggiunta conduce alla stessa reazione: "hai visto? Avevo ragione io!", oppure "chi ha vinto alla fine?". Spesso pero' tale modello non porta a nessuna conclusione. Ogni volta ci difendiamo attaccando, mentre l'altra persona e' spinta a difendersi, di nuovo attaccando e provocando, e cosi' via. Il modello dell'Equivalenza, invece, ci offre innumerevoli soluzioni che nascono da un modo di pensare che trascende la restrizione bidimensionale. Tali soluzioni sorgono dal comprendere le ragioni di fondo di entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Mentre nel modello M-m cio' che e' fondamentale e' trovare una soluzione, nel modello di equivalenza e' piu' importante capire il processo attraverso il quale e' possibile trovare una soluzione. Chi e' coinvolto nel conflitto entra in un processo che rivela le ragioni di entrambi, riconoscendole e rispettandole tanto quanto le proprie, e procedendo poi per gradi verso la soluzione (vedi figura 3 [qui omessa - ndr]) (1). * Verso una gestione del conflitto nonviolenta: un caso personale, una base per un altro tipo di societa' Due vicini di casa hanno dei problemi a causa degli animali: Sidi tiene degli animali in giardino, ma Tom non li vuole. Sidi pensa e riferisce al suo vicino, o ad altri: 1. "Non c'e' nulla di piu' bello che avere degli animali", "Si riceve piu' amore dagli animali che da un uomo", "E' importante che i bambini imparino a vivere con gli animali", "Se confronti i suoi bambini con i nostri, puoi vedere il buon effetto che gli animali hanno avuto sui nostri", "Per divenire un essere umano completo bisogna avere degli animali attorno", "E' cosi' gratificante produrre il tuo latte e le tue uova" (argomentazioni positive). 2. "Una vita senza animali attorno non e' vita", "Se non esistessero gli animali, lui non avrebbe nulla da mangiare", "Ci sarebbe un silenzio orribile senza animali, sarebbe un cimitero qui" (argomentazioni negative). 3. "Lui e' disumano", "E' sempre cosi' strano", "E' senza emozioni", "E' cosi' egoista, pensa solo a se stesso", "Non sopporta il minimo disturbo intorno a lui: guarda come si comporta con i suoi figli, poveretti" (argomentazioni distruttive). D'altro canto, Tom pensa e riferisce al suo vicino, o ad altri: 1. "E' cosi' bello avere un po' di pace in casa", "Almeno puoi ascoltare la tua musica", "Senza animali, e' molto piu' facile tenere tutto pulito" (argomentazioni positive). 2. "Quegli animali sono cosi' sporchi. Puzzano orribilmente", "Portano malattie, sono pericolosi", "Fanno tanto rumore: disturbano tutto il vicinato", "Gli animali non sono fatti per stare vicino alle case, devono vivere lontano, e di certo non in questo quartiere" (argomentazioni negative). 3. "Non gliene importa niente se noi non riusciamo a dormire. Pensa solo a se stesso", "Dice di amare gli animali, ma guarda come li tratta: li picchia, li prende a calci", "Non sa trattare gli animali", "Li usa per liberarsi delle sue frustrazioni", "Lui stesso e' cosi' sporco, mi chiedo se si faccia mai un bagno o una doccia" (argomentazioni distruttive). Sidi e Tom non solo si mettono reciprocamente in una situazione di inferiorita' con le parole, ma anche con mezzi non verbali (occhiatacce, gesti, comportamenti, sorrisi). Progressivamente si fanno sempre piu' dispetti per mettere l'altro in una posizione minore. L'escalation si fa sempre piu' violenta: e' una guerra fra vicini. Se volessero trasformare il conflitto da un modello M-m ad uno di Equivalenza, Sidi e Tom non dovrebbero piu' pensare e parlare per argomentazioni, ma per i fondamenti delle loro ragioni. Come potrebbero essere tali ragioni (2)? Sidi: voglio avere degli animali. Ragioni: 1. Ho sempre vissuto con animali; 2. Senza animali attorno, mi sentirei perso; 3. Amo dare ai miei figli il nostro latte; 4. Ho bisogno di qualche entrata in piu'; 5. Sto bene quando ci sono animali attorno a me; 6. Mi piace dare letame ai contadini; 7. Amo vedere i miei figli giocare con gli animali; 8. E' cosi' gratificante poter regalare un animale nelle cerimonie di famiglia; 9. Mi sento cosi' apprezzato in quelle circostanze; 10. Ho paura che la comunita' mi rifiuti se non ho animali; 11. Sarebbe terribile per me se i miei figli non fossero piu' abituati a vivere con gli animali; 12. Sono stato educato nell'idea che chi non ha animali e' inferiore. Tom: non voglio che tu abbia animali. Ragioni: 1. Ho paura che distruggano le mie piante; 2. Non sono abituato a vivere con animali; 3. Mi sento bene con tanto verde attorno a me; 4. I versi degli animali mi disturbano; 5. Gli odori degli animali mi disturbano; 6. Mi da' fastidio quando un animale distrugge una pianta; 7. Ho paura che facciano del male ai miei figli; 8. Ho paura che i miei figli si abituino a vivere con animali; 9. Sono cresciuto con un senso di paura per chi possiede animali. Potete ben vedere come questi due modi di pensare e parlare siano totalmente diversi: si ha un passaggio da un criticismo negativo e un giudizio dell'altra persona e dei suoi punti di vista, verso l'apertura, la comprensione e l'accettazione dell'altro. La relazione diviene completamente diversa. Cosa possono fare Sidi e Tom per giungere a una tale trasformazione? Innanzi tutto devono essere consapevoli delle conseguenze di un pensiero e di un comportamento basato sul modello M-m e imparare come si puo' mettere in pratica il modello dell'Equivalenza. Come saranno le soluzioni a questo conflitto? Nel modello dell'Equivalenza ci sono di solito molte possibili soluzioni. Una soluzione inoltre non e' a se stante, ma parte di un tutto che aiuta a soddisfare tutte le ragioni di ogni parte coinvolta. In questo caso la soluzione, ossia i vari passi che portano ad una soluzione, potrebbe essere: 1. Gli animali verranno posti all'interno di un recinto, sul lato opposto alla casa di Sidi; 2. Tom aiutera' Sidi a costruire il recinto; 3. Se il recinto si rompe o una pianta di Tom viene distrutta, l'altro lo fara' presente e magari i due ripareranno assieme il recinto; 4. Ciascuno esprime apprezzamento per quello che l'altro sta facendo, e per come lo sta facendo; 5. Comunicando in un modo diverso, impareranno progressivamente a conoscersi meglio, ad osservarsi diversamente, e si sentiranno meglio con i loro vicini. In tutto il mondo ci sono numerosi conflitti, spesso armati, tra popolazioni di allevatori e pastori da un lato, e di contadini dall'altro. Si trovano in posizioni M-m l'uno verso l'altro, ragione per cui si ha l'escalation di violenza. In queste situazioni ritroviamo ragioni simili a quelle di Tom e Sidi. Se persone come Tom e Sidi lavorassero per trasformare il conflitto da una gestione di tipo M-m ad una di Equivalenza, cio' sarebbe alla base della trasformazione della societa' in cui vivono. Piu' noi tutti lavoriamo per trasformare i nostri conflitti da un sistema Maggiore-minore ad uno dell'Equivalenza, piu' trasformeremo le nostre societa' e il mondo da un sistema negativo di pregiudizio ad uno di tolleranza e rispetto, dalla violenza e dalla guerra verso l'armonia e la pace. * Note 1. Per approfondire cfr. Pat Patfoort, Uprooting Violence. Building Nonviolence, Freeport, Maine, Cobblesmith Pub., 1995; Pat Patfoort, I want, you don't want. Nonviolence education, Freeport, Maine, Cobblesmith Pub., 2001 (trad. it., Io voglio, tu non vuoi, Edizioni Gruppo Abele). 2. E' necessario osservare alcune precise istruzioni per formulare delle ragioni. 3. MARIA CARROZZA INTERVISTA PAT PATFOORT [Riproponiamo la seguente intervista gia apparsa su "La nonviolenza e' in cammino" nel gennaio 2005, estratta dalla mailing list del gruppo di lavoro tematico sulla nonviolenza e i conflitti della Rete di Lilliput (glt-nonviolenza at liste.retelilliput.org)] Quella che segue e' un'intervista con l'antropologa Pat Patfoort, che ha messo a punto, nel corso dei suoi studi, il "metodo dell'Equivalenza", un sistema efficace e nonviolento per la risoluzione dei conflitti. E lo ha sperimentato come metodo educativo e come strumento di mediazione, tanto all'interno delle carceri o nei conflitti interetnici, quanto all'interno della famiglia. "Difendersi senza attaccare" e' il titolo del prossimo libro dell'antropologa belga Pat Patfoort, ma soprattutto e' una formula suggestiva per descrivere in sintesi il metodo dell'Equivalenza, il sistema nonviolento per la soluzione dei conflitti da lei teorizzato, elaborato lungo un percorso di studio e di lavoro ultradecennale, che ha portato la studiosa fiamminga, trainer e mediatrice internazionale in diverse parti del mondo, e negli ultimi anni anche in Sardegna. In poche (e non certo esaustive) parole, mentre solitamente, in uno scambio di opinioni, lo scopo e' di "vincere" sull'altro e di prevaricarlo, di sottometterlo alle proprie ragioni, con il metodo dell'Equivalenza prevale lo sforzo di mettere sul piatto della bilancia le proprie convinzioni, valori, stati d'animo, per giungere ad una soluzione propositiva e "creativa" del conflitto d'idee. L'Equivalenza, che si pone come alternativa al sistema comune e prevalente di comunicazione (codificato dalla studiosa come modello del Maggiore/minore), puo' essere decritta in negativo: non e' violenza e non provoca sofferenza e rapporti di oppressione tra le persone (per un approfondimento della tematica si consiglia la lettura dei testi della Patfoort pubblicati in Italia, Costruire la nonviolenza: per una pedagogia dei conflitti, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1992; e Io voglio, tu non vuoi. Manuale di educazione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2001). Chi ha portato Pat Patfoort nell'isola e' l'associazione "La Triangola", la onlus che ha aperto a Cagliari uno dei primi sportelli di Counseling e di Mediazione dei conflitti (per informazioni: tel. 070725139 e 070823154, e-mail: frances.baro at virgilio.it) e che, nell'ultima settimana di ottobre, ha organizzato un ciclo di seminari con Pat Patfoort: uno a Cagliari e una quattro giorni a Sassari. Attraverso "La Triangola", arriviamo a incontrare Pat Patfoort, che ci aspetta sorridente e disponibile a rispondere alle nostre domande. * Maria Carrozza: Come e' diventata mediatrice e qual e' la filosofia-guida del suo studio sulla gestione nonviolenta dei conflitti? Pat Patfoort: Il mio figlio maggiore ha 30 anni e 32, 33 anni fa ho iniziato a riflettere sull'educazione nonviolenta. Il lavoro con il centro di Bruges e' iniziato 13 anni fa. La struttura si chiama "Il fiore di fuoco", un fiore virtuale, secondo un'antica leggenda musulmana, che trasmette molto amore solo a chi coltiva la propria forza interiore. Il fiore significa dolcezza, bonta', il fuoco e' forza. Questi due poli, nella mia visione di nonviolenza, interagiscono: per essere nonviolenti bisogna avere consapevolezza delle proprie qualita', bisogna avere autostima. * Maria Carrozza: ... che e' anche un concetto fondamentale della teoria dell'Equivalenza. Quale importanza da' all'autostima? Pat Patfoort: Per me e' molto semplice: l'autostima negli esseri umani, specie nei bambini, deve essere coltivata, non repressa. Ad esempio, nel rapporto tra padre e figlio, piuttosto che fare molte critiche, sottolineare cio' che non va nel bambino, che avrebbe potuto fare meglio, il padre potrebbe prestare piu' attenzione alle qualita', alle attitudini personali, ai progressi che fa suo figlio. * Maria Carrozza: E invece cosa accade? Pat Patfoort: Generalmente in famiglia non va cosi': un bambino che mostra empatia con il mondo che lo circonda, che osserva le cose, viene lodato meno di uno bravissimo a scuola, che sa far di conto velocemente, che sa leggere ad un'eta' precoce e cosi' via... Considero questa negativita' come la malattia della societa' contemporanea. Noi stessi l'abbiamo dentro il nostro vissuto: ce l'hanno insegnata da piccoli, e da grandi la ripetiamo inconsciamente e l'applichiamo ai nostri figli. Infatti, il momento migliore per avvicinarsi alla nonviolenza e' quando ci nasce un figlio. La nonviolenza serve a questo punto, per aiutare i piccoli a diventare individui forti, senza frustrazioni, che non abbiano bisogno di esercitare la violenza sugli altri per affermarsi nella societa'. * Maria Carrozza: L'Equivalenza e' nato come un metodo educativo, ma lo si puo' sperimentare anche al di fuori del nucleo famigliare. Come e in che realta'? Pat Patfoort: Questo metodo e' funzionale a risolvere conflitti in tutti i contesti sociali, anche in quelli piu' ampi, come, ad esempio, nelle carceri, o in situazioni di guerra, tra gruppi contrapposti. Negli ultimi anni ho lavorato principalmente, in Belgio con i detenuti e in Senegal con i "Ribelli", un movimento di liberazione armato, rappresentativo delle popolazioni del sud, che da piu' di vent'anni si oppone al governo di Dakar. * Maria Carrozza: Come e' arrivata in Senegal? Pat Patfoort: Ho vissuto in Africa per oltre cinque anni, li' sono nati i miei figli. Tre anni fa l'Unicef mi ha incaricata di sviluppare un progetto di mediazione tra l'ala armata e la parte politica dei "Ribelli" (il movimento ha rotto le comunicazioni con il governo nel giugno del 2003). L'agenzia dell'Onu si rendeva conto di non poter svolgere il suo mandato, perche' e' chiaramente impossibile nutrire, curare, salvare gli orfani di guerra, mutilati, rifugiati e abbandonati dalle famiglie, se i bambini si rifiutano di mangiare. In Senegal il quotidiano delle persone e' la violenza e l'oppressione della guerra civile. * Maria Carrozza: E come lavora in questo terribile contesto di disperazione? Pat Patfoort: Il mio compito e' aiutare i Ribelli a liberarsi dalla violenza, che utilizzano esclusivamente a scopo di difesa. Con loro il metodo dell'Equivalenza ha iniziato a funzionare. Infatti, a un certo punto, le due parti del movimento di liberazione hanno ripreso a parlare. Il processo di composizione del conflitto sta prendendo il via, ma il vero problema e' costituito dalla societa' attorno, quella rappresentata del governo centrale di Dakar, che non sa ancora cosa vuol dire gestire un conflitto. * Maria Carrozza: In che senso? Pat Patfoort: Provo a spiegarmi con un'immagine: il governo si comporta come un genitore che, per ottenere ad ogni costo la pace tra i suoi figli, e' convinto che basti costringerli a tenersi per mano. In Senegal e' accaduto questo, quando Dakar ha dichiarato unilateralmente la fine della guerra civile, organizzando una grande festa, alla quale avrebbero dovuto partecipare tutti i Ribelli. Ma cosi' non e' stato: l'ala armata del movimento non ha accettato quella festa, era troppo presto per accettarla, ha fatto un passo indietro e i negoziati per la pace si sono di nuovo arrestati. * Maria Carrozza: Passiamo al lavoro con i detenuti: come e perche' e' iniziato? Pat Patfoort: Anche in Belgio la mediazione e' un fatto nuovo, e' un esperimento del Ministero della Giustizia per combattere il problema del sovraffollamento e delle rivolte nelle carceri, dove il 70% dei detenuti ha meno di 30 anni. Come usciranno dal carcere tutti questi uomini, come dei criminali, o come persone piu' responsabili? Queste sono le due alternative. E' ovvio preferire la seconda. Ma come arrivare al risultato? * Maria Carrozza: Gia', come? Pat Patfoort: Con il metodo nonviolento. Anche i detenuti, gli assassini ad esempio, quelli che hanno ucciso al culmine di un'escalation di violenza, rispondono bene al sistema dell'Equivalenza, un metodo che non ha dei contenuti da imporre, ma la funzione di trovare una soluzione ad un qualsivoglia conflitto. * Maria Carrozza: Parliamo della sua esperienza in Sardegna? Per alcuni, che fanno riferimento al codice barbaricino, e' una terra governata da un forte senso dell'identita', dalla vendetta e dall'invidia, che renderebbero la societa' sarda e le sue dinamiche non paragonabili ad altre esperienze. Cosa ne pensa? Pat Patfoort: Che la vostra sia una comunita' particolare, lo so. Ma anche in Sardegna ho individuato le stesse identiche dinamiche che alimentano i conflitti in ogni parte del mondo. Ad esempio, in tre paesi confinanti dove ho lavorato si parlava di rivalita', di attrito tra le diverse cittadinanze. Alcuni dicevano, invece, che i conflitti non esistevano, che non sono mai esistiti: insomma, facevano finta di niente. Ma queste dinamiche accadono in tutto il mondo. Penso, ad esempio, al Kossovo, dove sono stata. Quest'anno, dopo la morte in un fiume di tre ragazzini albanesi, si e' arrivati quasi di nuovo alla guerra civile. Ancora oggi i kossovari serbi per fare la spesa al mercato ci vanno sotto scorta. * Maria Carrozza: Quindi lei e' convinta che il metodo dell'Equivalenza sia, per cosi' dire, esportabile in tutto il mondo? Pat Patfoort: Si', certamente. E proviamo anche a ribaltare la domanda: il sistema Maggiore/minore funziona per risolvere i conflitti? La risposta e' scontata: il sistema Maggiore/minore ha sempre dato molti problemi. Pensiamo all'Iraq, dove il modello e' all'apice, o in Palestina... E' chiaro che non funziona e l'Equivalenza e' un'alternativa. C'e' ancora molto da scoprire in materia, ma occorre provare. L'Equivalenza sembra una follia, ma solo perche' non ci siamo abituati. 4. UN'INTERVISTA A PAT PATFOORT [Da "Buddismo e Societa'", n. 114, gennaio-febbraio 2006 (disponibile anche nel sito: www.sgi-italia.org)] Pat Patfoort, antropologa e dottoressa in biologia umana, vive a Brugge in Belgio. I suoi libri, tradotti in diverse lingue, sono stati ben accolti non solo in patria ma anche all'estero. I numerosi contatti con le associazioni gandhiane fondate da Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, la relazione con i quaccheri, la sua esperienza di madre e la lunga permanenza in Africa occidentale hanno costituito i presupposti per lo sviluppo della sua ricerca sulla nonviolenza. Secondo la sua teoria, la nonviolenza e la violenza hanno origine da situazioni in cui sono presenti punti di partenza (caratteristiche, comportamenti, opinioni, punti di vista di due persone o gruppi di persone) diversi che, se si lasciassero coesistere l'uno accanto all'altro senza associare loro giudizi di valore, non rappresenterebbero un problema. Purtroppo, come mostra Pat e come e' facile osservare e sperimentare nella quotidianita', il modo solito e diffuso di affrontare questi fattori o punti di partenza diversi e' il modello Maggiore-minore o modello M-m: ciascuno cerca di presentare il suo punto di vista, o comportamento, o caratteristica, come migliore di quello dell'altro. Ognuno cerca di porsi nella posizione M e di porre l'altro nella posizione m. Nel modello M-m si usano argomentazioni che hanno la funzione di mettere se stessi dalla parte della ragione, e che e' possibile raggruppare in tre tipi: 1. argomentazioni positive: si cercano aspetti positivi del proprio punto di vista per dargli valore; 2. argomentazioni negative: si citano aspetti negativi del punto di vista dell'altro per sminuirlo; 3. argomentazioni distruttive: si cercano aspetti negativi dell'altro per sminuire la persona. Attraverso tali argomentazioni ciascuno cerca di rafforzare il proprio punto di vista in opposizione all'altro, con l'obiettivo di prevalere. Il modello M-m e' cosi' alla base della violenza, alla sua radice. E' certamente naturale volersi difendere, voler sopravvivere, ma cio' puo' avvenire non necessariamente ponendo l'altro in posizione di inferiorita'. Il modello M-m e' solo uno dei modi possibili e forse il piu' facile. E' pero' cosi' comune e diffuso che si ha l'impressione che sia l'unico o quello piu' naturale. Un altro modo di affrontare una situazione di partenza con due punti di vista diversi e' il modello dell'Equivalenza o E. Questo e' il modello che sta alla base della nonviolenza. Esso fa si' che ci si possa difendere ma non a spese di altri, contro qualcuno o in modo offensivo, come nel modello M-m. Con il modello E ci si concentra sui fondamenti, che sono i fattori che soggiacciono ai vari punti di vista: motivazioni, bisogni, interessi, obiettivi, valori. Elementi sia emotivi, sia razionali. Ci si preoccupa di far emergere ed esplicitare i fondamenti, che spesso non sono espressi e di cui le persone non sono neppure consapevoli, e li si considerano tutti sullo stesso piano, senza dare giudizi di valore. Per adottare un atteggiamento equivalente (E) verso gli altri, infatti, e' indispensabile valutare i fondamenti di entrambe le parti: da una parte esprimere i propri in modo chiaro, dall'altra aprirsi a quelli dell'altra persona, ascoltarla, accettarla. A partire dalla raccolta di tutti i fondamenti e' possibile trovare soluzioni che soddisfino entrambe le parti. A seconda che si segua il modello M-m o il modello E, la soluzione di una divergenza di opinioni e' completamente diversa: nel primo caso si tratta di un sistema bidimensionale in cui ci sono solo due possibilita', ha ragione uno o l'altro, nel secondo ci sono tante soluzioni che si creano sulla base della raccolta di tutti i fondamenti presenti nel conflitto, sia di una parte sia dell'altra. Pat Patfoort si e' avvicinata alla nonviolenza e ha elaborato il metodo dell'equivalenza partendo dalla sua storia personale e dal suo ruolo di madre. L'abbiamo incontrata a Torino i primi di dicembre dello scorso anno in occasione del convegno "La mediazione: dal livello interpersonale al livello internazionale" organizzato dal Centro studi "Sereno Regis", e l'abbiamo intervistata. * - Quali sono i momenti salienti che l'hanno condotta all'attuale esperienza di mediazione dei conflitti? - Tutto e' partito dalla mia educazione: non ho mai tollerato il fatto che ci fosse incoerenza tra cio' che gli adulti chiedevano di fare ai bambini e cio' che essi stessi facevano, e ho desiderato fin da bambina di non riprodurre lo stesso comportamento, quando fossi stata a mia volta madre. Volevo trovare delle risposte per fare altrimenti. Ho inoltre vissuto un dramma familiare quando avevo diciannove anni: mio padre se ne e' andato con una donna della mia eta' e non e' mai piu' tornato a casa. La mia relazione con lui non si e' interrotta ma, visto che mia madre soffriva moltissimo, per anni ho considerato lei una vittima e mio padre un mostro. Solo successivamente ho capito che le cose erano molto piu' complesse rispetto a come le avevo interpretate inizialmente e che piuttosto che una vittima e un carnefice entrambi erano vittime, vittime di una certa educazione, vittime di un certo modo di comunicare. Mi sono preparata alla nascita dei miei figli da tutti i punti di vista: biologici, psicologici ed educativi, ho approfondito le mie intuizioni con studi teorici, ma ho anche riflettuto sulla mia esperienza, aprendomi all'influenza di altre culture e cercando di mettere in relazione tutto cio' che avevo imparato in Occidente e in Africa. La mia famiglia d'origine mi ha sempre scoraggiato rispetto al modo in cui intendevo educare i miei figli, mi dicevano che non era possibile cio' che invece ho poi sperimentato come normalita' in Africa occidentale, Mauritania, Burkina Faso, Senegal, dove ho vissuto per alcuni anni con mio marito e dove sono nati i miei figli. * - Puo' spiegarci concretamente come funziona il metodo dell'equivalenza? - Ecco un esempio. Scuola materna, in classe. Stefano e Giulio stanno litigando per una macchinina rossa. "E' mia!" urla Stefano. Afferra la macchinina con la mano e sta sulle punte dei piedi per tenerla piu' in alto possibile in modo che Giulio non possa toccarla. "No, bugiardo! E' mia!" ribatte Giulio, urlando mentre tira i capelli a Stefano. La maestra puo' intervenire in diversi modi. Consideriamo quelli che ci sono piu' familiari: 1. la maestra interrompe il litigio fra i bambini sottraendo a entrambi la macchinina finche' non sara' chiarito a chi appartiene; 2. la maestra intima ai due di non litigare e allontana fisicamente l'uno dall'altro, dando loro compiti in luoghi diversi della classe; 3. la maestra sanziona Giulio per il fatto che sta tirando i capelli a Stefano. In tutti e tre i casi la maestra affronta il conflitto con l'approccio M-m e in questo modo non lo affronta veramente, non lavora verso la soluzione. Si pone come obiettivo l'interruzione della lite, allontana i due compagni l'uno dall'altro o da' la colpa a una delle due parti. Nel primo e nel secondo caso entrambi si sentono in posizione m, nel terzo una delle due parti. Questo condurra' a ulteriori escalation o catene della violenza. Nell'approccio E, invece, la maestra non cerca di tacitare il problema il piu' rapidamente possibile fin dall'inizio, allontanando i bambini l'uno dall'altro o togliendo l'oggetto del contendere dalla situazione. Non cerca neanche di dare la colpa a qualcuno, ne' di mettere qualcuno in posizione di minore nei confronti dell'altro. Al contrario si sforza di introdurre e sostenere l'equivalenza fra i due bambini. Quindi parla a entrambi insieme, non solo a uno dei due, chiede a entrambi cos'e' successo e non focalizza l'attenzione solo sull'ultima parte del litigio. Ascolta i due bambini allo stesso modo, e considera le spiegazioni di entrambi, i loro fondamenti, anche se inizialmente non combaciano. Poi cerca di metterli insieme e magari si puo' scoprire che entrambi hanno detto la verita' e non che uno dei due ha mentito (come sarebbe pensabile di primo acchito), in quanto entrambi hanno ricevuto in regalo la stessa macchinina ed entrambi l'hanno portata a scuola. Si aprira' lo spazio per cercare la macchinina mancante e ricomporre la relazione tra i due. Se la maestra non avesse seguito il processo dell'equivalenza, ma avesse convalidato la versione dei fatti che le sembrava piu' convincente, avrebbe accusato ingiustamente qualcuno dei due di mentire o, altrettanto ingiustamente, lo avrebbe punito. Quanto spesso accade questo? E quanto spesso i conflitti, a tutti i livelli, vengono negati, fuggiti o "risolti" velocemente? Stare nel conflitto e' certamente difficile e richiede l'impiego di tempo ed energia, ma i frutti dal punto di vista della sanita' delle relazioni sono assicurati. * - Questo metodo sperimentato con i suoi figli lo utilizza anche nella mediazione internazionale. Come e' riuscita a passare dall'educazione in ambito familiare alla formazione e poi alla mediazione internazionale? - Alla mediazione internazionale sono approdata molto piu' tardi. La mia prima esperienza e' stata una mediazione interetnica in Russia tramite i quaccheri. Prima ho usato il metodo dell'equivalenza in Belgio in campo educativo: nella formazione degli insegnanti, dei genitori, dei bambini, nella mediazione dei conflitti interpersonali nel Centro di trasformazione nonviolenta dei conflitti di Brugge, la mia citta'. Nel corso degli ultimi quindici anni ho organizzato molte formazioni in ambito interculturale e ho lavorato in Olanda, Francia, Svizzera, Italia, con gruppi internazionali come ad esempio israeliani e palestinesi. In fondo il modello che io ho ideato e' emerso dalla pratica, dalle esperienze di formazione che ho fatto via via. E' importante sviluppare bene le teorie, scriverle e provare ad applicarle, anche se e' difficile e richiede una dura disciplina, soprattutto se hai dei figli e hai deciso di occuparti direttamente di loro. Presto uscira' un nuovo libro edito dal Gruppo Abele: Difendersi senza aggredire. La potenza della nonviolenza, che contiene una parte teorica e molti esercizi. In questo libro ho utilizzato soprattutto le esperienze in carcere con i detenuti e con i ribelli in Africa Occidentale. Ho compreso che in generale le persone non sono cattive ma spesso non sanno come difendersi e proteggersi senza attaccare gli altri, senza avere comportamenti che vanno a detrimento degli altri. Da piccoli non lo hanno imparato. Ma difendersi e' importante, e per questo e' cosi' rilevante sperimentare e far sperimentare un'alternativa che permetta di tutelarsi provando a soddisfare i propri bisogni e contemporaneamente rispettare gli altri e i loro legittimi interessi. Per me e' indispensabile tenere insieme la teoria e la pratica: facendo esperienza dell'equivalenza, via via diviene sempre piu' naturale porsi in questo modo. * - La cosa piu' difficile del suo metodo credo sia l'individuazione delle posizioni contraddittorie. - Non e' poi cosi' difficile, bisogna provare e riprovare. Sperimentando diventa sempre piu' facile. Inoltre si diventa sempre piu' capaci di esprimere i propri bisogni senza offendere gli altri e accogliere i loro bisogni e le loro richieste. * - Il punto forte del suo modello sembra essere quello di offrire un'alternativa, e i suoi workshop, le sue mediazioni, sono delle occasioni per praticarla. Vuole dire qualcos'altro? - E' importante per me dare un messaggio di speranza. Quando lavoro, soprattutto con i giovani, spesso mi dicono che e' impossibile per loro comportarsi in un modo diverso da quello che hanno sperimentato fino a quel momento. E' terribile che i giovani non abbiano la speranza di poter vivere diversamente, di poter comunicare in un altro modo, la speranza di uscire dai ruoli conosciuti. Vorrei che le persone potessero dire: "Il sole esiste ancora", sperimentare che c'e' qualcuno che da' loro rispetto, che si comporta in un'altra maniera; vorrei che pensassero che anche loro possono fare la stessa cosa. E' chiaro che comportarsi sempre in modo equivalente non e' ancora possibile, ma cio' non vuol dire che sia impossibile. Si tratta di fare esercizi per sperimentarsi nell'equivalenza. La cosa importante e' riconoscere i meccanismi della violenza, ricaderci e' normale perche' siamo stati educati in questo modo. Ma rendersene conto e capire che stiamo facendo un errore e' il primo passo, si tratta poi di fare tanti esercizi per non sbagliare piu'. 5. ET COETERA Pat Patfoort, antropologa e biologa, e' impegnata nei movimenti nonviolenti e particolarmente nella formazione alla nonviolenza. Dal sito del Centro documentazione scuola dell'infanzia (www.centrodocumentazione.net) riprendiamo la seguente scheda: "Antropologa fiamminga belga e' docente, trainer e mediatrice a livello internazionale nel campo della trasformazione e della gestione nonviolenta dei conflitto sulla base di un approccio teorico da lei stessa elaborato; e' autrice di diversi libri e articoli, tradotti in varie lingue; e' cofondatrice e direttrice del Centro per La gestione nonviolenta del conflitto "De Vuurbloem" ("Il fiore di fuoco") a Brugge-Bruges, in Belgio. Tiene lezioni e conferenze in molte Universita' del mondo (Belgio, Italia, Olanda, Svezia, Spagna, Stati Uniti, Russia, ecc.); lavora con una grande varieta' di gruppi sia a livello educativo (con bambini, adolescenti, genitori, insegnanti, educatori), sia con adulti in situazioni di conflitto (relazioni familiari, colleghi di lavoro, prigionieri); ha svolto attivita' di facilitazione anche in progetti di dialogo e riconciliazione tra gruppi etnici in conflitto, come in Caucaso, Kossovo, Rwanda, Congo e Senegal; ha lavorato in collaborazione con i quaccheri, con organizzazioni cattoliche come Pax Christi o la Caritas, con istituzioni come l'Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), il Consiglio d'Europa, il Ministero degli affari esteri belga e le Nazioni Unite". Tra le opere di Pat Patfoort: Una introduzione alla nonviolenza. Presentazione di uno schema di ragionamento, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 1988; Costruire la nonviolenza. Per una pedagogia dei conflitti, La Meridiana, Molfetta (Bari) 1992; Io voglio, tu non vuoi. Manuale di educazione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2001; Difendersi senza aggredire. Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2006. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 30 dell'11 luglio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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