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La nonviolenza e' in cammino. 1349
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1349
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 7 Jul 2006 00:11:09 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1349 del 7 luglio 2006 Sommario di questo numero: 1. Terroristi 2. Mao Valpiana: Una proposta irricevibile 3. Gino Strada: La menzogna del ministro 4. Giobbe Santabarbara: Una bizzarra amnesia 5. Giancarla Codrignani: Approfondire la riflessione 6. Enrico Peyretti: Fino a quando? 7. Rossana Rossanda presenta "Cristiani in armi" di Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri 8. Una postilla al testo che precede 9. Peppe Sini: La risposta soffia nel vento 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. TERRORISTI E dunque: i servizi segreti italiano hanno scoperto un gruppo terrorista straniero che in Italia rapiva persone e le portava in altri paesi per sottoporle a torture, ne' si sa quante siano ancora vive. Scoperta la centrale terroristica, i servizi segreti italiani - o perlomeno alcuni loro solerti funzionari - subito si sono messi al suo servizio. Plausi del centrodestra, imbarazzo del centrosinistra, ma quel che conta e' che l'Italia e' in finale. 2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UNA PROPOSTA IRRICEVIBILE [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] A firma di alcuni autorevoli esponenti del movimento pacifista, sta circolando un "Appello per l'Afghanistan" in cui si propone al centrosinistra una sorta di elezione primaria sulla missione militare italiana in Afghanistan. Grande e' la confusione sotto il cielo! Si vorrebbe che gli elettori dell'Unione si pronunciassero sulla domanda "sei favorevole al ritiro delle truppe italiane della guerra in Afghanistan?", e si da' per scontato che l'esito sia positivo. A parte il fatto che nutro seri dubbi su quale sarebbe la risposta degli italiani al quesito, penso comunque che la proposta sia di per se' irricevibile. * Come e' possibile pensare di sottoporre al giudizio "democratico" una questione vitale come quella del ripudio della guerra? Come e' pensabile di affidare al giudizio popolare un principio fondante come quello della pace? A qualcuno potrebbe venire in mente di sottoporre a referendum la forma democratica del nostro ordinamento statale? Non c'e' bisogno di grandi ragionamenti per bocciare una simile proposta: 1) La Costituzione italiana parla gia' chiaro: l'articolo 11 vieta la partecipazione a guerre fuori dai confini nazionali. 2) Fosse anche uno solo il cittadino che si oppone alla partecipazione del nostro paese alla guerra, quella e' la voce che deve prevalere. 3) E' aberrante il solo pensiero di mettere ai voti la vita delle vittime di guerra. * Mi rivolgo agli amici che hanno sottoscritto quel testo. Rileggetelo, rendetevi conto della sua assurdita', e ritiratelo. Ve ne saremo grati. 3. AFGHANISTAN. GINO STRADA: LA MENZOGNA DEL MINISTRO [Dal sito www.peacereporter.net riprendiamo il seguente intervento del primo luglio 2006. Gino Strada, medico chirurgo impegnato in aree di guerra, fondatore dell'associazione umanitaria "Emergency", e' una delle voci piu' nitide e influenti del movimento pacifista italiano; tra le sue pubblicazioni: Pappagalli verdi, Feltrinelli, Milano; Buskashi', Feltrinelli, Milano] Questa mattina ho visto due blindati italiani passare davanti all'ospedale di Emergency, nel pieno centro di Kabul. I militari spuntavano dalla torretta, ruotando la mitragliera da destra e sinistra, lentamente, a "coprire" entrambi i lati della strada. Mi sono chiesto che penseranno i cittadini di Kabul della loro citta' attraversata da carri armati stranieri. E che sensazione avranno i passanti nel vedersi puntate addosso quelle mitraglie? Ho avuto il piacere di conoscere il Ministro Parisi qui a Kabul, e ne ho apprezzato l'interesse per il nostro lavoro. Tornato a casa, leggo sul "Corriere" di oggi una sua dichiarazione che suona cosi': "Se Emergency puoí agire a Kabul, e' grazie alla protezione dei militari". * Domanda secca: perche' un Ministro dice bugie? Una bugia sciocca, tra l'altro, banale, facilmente confutabile: Emergency era a Kabul gia' nel 2000, quando non c'erano truppe italiane e perfino la nostra l'Ambasciata era chiusa da anni. Gia', eravamo a Kabul, nella Kabul talebana. E dal 1999 in Panchir, con un ospedale che curava chi viveva da quella parte del fronte. Banalmente, per non fare torto a nessuno e occuparci il piu' possibile di chi aveva bisogno, senza chiedere appartenenze. A Kabul come in Panchir, abbiamo lavorato per anni senza protezione militare. Dal 7 ottobre 2001 per oltre un mese Kabul e dintorni sono stati bombardati. Lotta al terrorismo, sicurezza internazionale? La nuova guerra in Afghanistan, signor Ministro, e' iniziata cosi', con i B52 a sganciare bombe anche da sette tonnellate, da quarantamila piedi. Molte migliaia di civili sono morti sotto quelle bombe, signor Ministro. Possiamo fornirle nomi e indirizzi, se le interessa. Piu' morti, molti di piu', che alle Torri Gemelle: hanno fatto "giustizia" quei bombardamenti? O la "guerra al terrorismo" non e' stata invece un altro atto di terrorismo? Moltiplicare le vittime, nella macabra rincorsa ad uccidere di piu', ciascuno per le sue ragioni, non mi sembra una strada ragionevole. La trovo perfino disumana. Ma torniamo a Kabul. Neanche in quella occasione abbiamo avuto bisogno dei militari a proteggerci (anzi i militari di ogni sorta erano in verita' il pericolo). E abbiamo continuato cosi', a Kabul e nel resto dell'Afghanistan. Nei cinque anni di "guerra al terrorismo" abbiamo fatto il nostro lavoro - curare persone ferite o ammalate - senza bisogno dei militari. * E allora, Ministro Parisi, perche' quella bugia? Pero' in qualche modo la capisco: lei "deve" dire bugie sull'Afghanistan. Vi e' obbligato dall'avere scelto di partecipare a una operazione di guerra cammuffandola e spacciandola per operazione di pace. Non si puo' fare senza raccontare bugie. E senza apparire ridicoli. Gli Stati Uniti chiamano Gwat quello che stanno facendo in Afghanistan (con Enduring Freedom prima, con l'Isaf poi, infine con la Nato): guerra globale contro il terrorismo. Il nostro Ministro della Difesa tende invece a far credere che le truppe italiane (che hanno partecipato a tutte le operazioni lanciate in Afghanistan) siano qui a fare la guardia ai medici. Mi spiace contraddirla signor Ministro, ma non siamo qui grazie ai suoi soldati, ne' ad altri militari. Anzi la loro presenza e' per noi motivo di seria preoccupazione, per la sicurezza nostra, del nostro staff e dei nostri pazienti. Provi a trovare altre scuse, per giustificarla. Per quanto mi riguarda, e per quanto riguarda Emergency, puo' riportare a casa le sue truppe domani mattina. Anzi ci spingiamo a pensare che lei dovrebbe farlo. Per molte ragioni, la piu' evidente essendo che lei ha giurato di rispettare la Costituzione Italiana, articolo 11 compreso. 4. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: UNA BIZZARRA AMNESIA Di colpo sembra che tutti i ministri, tutti i segretari di partito, tutti i direttori di giornali e di televisioni, e tutti i parlamentari (con eccezioni che si contano sulle dita delle mani) si siano dimenticati dell'esistenza della Costituzione della Repubblica Italiana. Fino a due sole settimane fa si sbracciavano tutti: "Costituzione, Costituzione"; persini i fascisti e i razzisti ululavano che nessuno avrebbe toccato la prima parte della Costituzione e quindi a fortiori i primi dodici articoli, i principi fondamentali che costituiscono i valori supremi in forza di cui esiste la repubblica italiana e violando i quali torniamo ad essere quell'espressione geografica di metternichiana memoria (e certo anche ancora una letteratura che settecento anni fa ha fatto furore) e - per dirla col Manzoni - un volgo disperso che nome non ha. Oggi di rispettare la Costituzione parlano solo i medici scalzi di Emergency, poche persone amiche della nonviolenza, e non molti altri ancora. Roba che Don Siegel buonanima avrebbe potuto girarci un sequel de L'invasione degli ultracorpi. * Mister Hyde premier e il dottor Jekyll in panchina Il governo espressione della maggioranza parlamentare che ha vinto le elezioni sconfiggendo la coalizione golpista (ricordiamolo che quelle di aprile erano elezioni del parlamento, non del governo, ne' del primo ministro: siamo l'Italia della Repubblica nata dalla Resistenza e dalla Liberazione, non quella del duce), il governo che ha giurato fedelta' alla Costituzione - e l'ha giurata ciascuno dei suoi membri all'atto dell'insediamento, chi non avesse giurato non sarebbe oggi ministro -, il governo che ha espresso compiacimento per la vittoria della Costituzione al referendum delllo scorso mese, neppure quindici giorni dopo ha violato la Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali, quello sancito dall'articolo 11 che afferma che "L'Italia ripudia la guerra". Certo, il povero Pietro fu piu' veloce, ma al secondo canto del gallo eruppe in lacrime. I signori ministri invece - come si dice tra noi rozzi villici - "ancora intignano", e tante brave persone corrono in loro soccorso a cercar di spiegare che, poverini, se ammazzano un po' di afgani - ed en passant un po' di soldati italiani mandati la' ad uccidere e morire - cosa sara' mai rispetto all'appassionante dibattito su messer Partito democratico e madama Sinistra radicale. E simili amenita'. Tragiche amenita'. Gli storici futuri che leggeranno le carte di questi giorni non avranno pieta' per chi in questi giorni si e' messo al servizio degli assassini. Non avranno pieta' gli storici futuri. * Un'ambigua utopia Forse occorrerebbe chieder consiglio alla maestre della science fiction femminista americana (Philip K. Dick e' morto, avrebbe potuto anche lui dire la sua) per tematizzare cosa stia accadendo hic et nunc in Italia. Sembra che la quasi totalita' del parlamento pensi che in fondo guerra o pace "per me pari sono" come "questa o quella" per il duca di Mantova. Sembra che la quasi totalita' della stampa (e delle tv: ma si sa che dalla televisione parlano gli assassini) giubili come un sol uomo all'idea di rinverdire i fasti di Graziani. Che dire? L'impressione e' che questi signori siano ormai del tutto fuori dalla realta'. * Un indimenticabile maestro Aveva ragione, come sempre del resto, il povero Bobbio - indimenticabile maestro - quando diceva che la democrazia si regge sulle leggi ma anche sui costumi: noi una buona legge ce l'abbiamo, e' appunto la Costituzione che ripudia la guerra, ma quando essa e' violata in primis da coloro che hanno giurato di esserle fedeli, come dire: mala tempora currunt. E quel signore che dovrebbe essere garante eccetera? Ahime', e' lo stesso che nel '98 firmo' la riapertura dei campi di concentramento in Italia. Mi duole per gli amici che della sua elezione si sono allietati, ma oggi pare essere piu' impegnato a seguire le partite di pallone: ventidue persone in mutande che danno calci a un pezzo di cuoio sono piu' importanti della vita o della morte di tanti poveracci in Afghanistan; sono piu' importanti della legge fondamentale del nostro stato, sono piu' importanti del destino dell'umanita'. A questo siamo giunti: e' proprio vero che quel coacervo che chiamiamo con una sommaria etichetta "berlusconismo" non e' stato ancora sconfitto. * Invece Invece di lanciar proclami "senza se e senza ma" che non servono davvero a granche', invece di cercar sottobanco accordi e favori, invece di trascinarsi all'Aventino sconsolati, forse sara' il caso di promuovere una proposta semplice semplice, di soave candore, come ad esempio la seguente: - che il parlamento italiano rispetti la Costituzione; - che il parlamento italiano deliberi di non piu' proseguire nell'illegale e criminale partecipazione militare italiana alla guerra afgana; - che il parlamento italiano deliberi un piano di interventi in Afghanistan a sostegno delle vittime, che promuova la democrazia con mezzi democratici, la pace con mezzi di pace, i diritti umani di tutti gli esseri umani col rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani: ergo, Corpi civili di pace, interposizione nonviolenta, aiuto umanitario e assistenza materiale e logistica alle esperienze nonviolente, in primo luogo quelle delle donne; servizi sanitari e assistenziali, sostegno ai contadini per la conversione delle colture dall'oppio ai prodotti alimentari, tessili, eccetera; fornitura gratuita prolungata di strutture logistiche, materiali didattici e finanziamenti per pagare stipendi alle e agli insegnanti afgani per promuovere il diritto all'istruzione per tutte e tutti; iniziative per il disarmo mobilitando anche la societa' civile; processi di riconciliazione sull'esempio dell'esperienza della Commissione per la verita' e la riconciliazione sudafricana: e mille altre iniziative dal basso, la nonviolenza ha mille risorse; - che il parlamento italiano impegni il governo a un'azione politica internazionale in sedo Onu e Unione Europea per il disarmo, per una cooperazione di pace, per la scelta della nonviolenza come principio ispiratore delle relazioni internazionali (la proposta per un'Europa disarmata e nonviolenta formulata anni fa da Lidia Menapace potrebbe essere una buona base di lavoro in questo ambito). * Envoi Questo ci piacerebbe facesse il parlamento, e che poi il governo eseguisse la volonta' del parlamento, rientrasse nell'alveo della legalita' costituzionale, la facesse finita di berlusconeggiare. E alle non poche brave persone che in queste settimane di confusione si sono messe al servizio della guerra, se lo hanno fatto sbagliando in purezza di cuore (e non perche' il governo o altre amministrazioni del cosiddetto centrosinistra finanziano loro qualche agevolazione) e solo per un attimo di frastornamento o di dimenticanza, come Randolph Scott in quel crepuscolare western di Peckinpah del '61, noi veramente non gliene vogliamo, purche' si ravvedano e tornino in se stesse. Le amnesie, quando si prolungano, giocano brutti scherzi. E al 17 luglio manca poco. 5. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: APPROFONDIRE LA RIFLESSIONE [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per questo intervento. Due sole glosse per evitare possibili fraintendimenti: una locuzione come il "punto d'onore dei pacifisti ad oltranza" non e' certo riferita a chi ragionevolmente si oppone alla guerra e difende la Costituzione della Repubblica Italiana per solidi motivi giuridici e morali: lo spagnolesco pundonor e l'oltranzismo di reazionaria memoria sono in questo caso epiteti inapplicabili; quanto alla frase del poscritto ove si dice "prima di ritirarsi come singolo paese", e' chiaro che nella discussione tra persone amiche della nonviolenza sulla prossima decisione del parlamento italiano in relazione all'Afghanistan il punto non e' ritirarsi o meno, il punto e' uscire dalla guerra e costruire la pace, cessare di partecipare coi soldati alla guerra e intervenire con azioni di pace a fini di pace con mezzi di pace: invece dell'azione militare, l'azione nonviolenta, questa e' l'alternativa (p. s.). Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005] Mi sembra molto importante - e urgente - la proposta di incontro sul pacifismo che viene da un grande amico come Mao Valpiana. Personalmente non vorrei mai che qualcuno uscisse dal mondo in cui viviamo tutti e in cui si spende la nostra responsabilita' umana. Non amo dirlo, perche' e' una piccola mania del tutto incomprensibile quando viene detta, ma io non guido perche' per me il massimo della violenza immotivata - che e' la piu' grave - sta sulla strada, dove si danno massacri giornalieri di vittime. Moralmente l'assenza di ragioni di conflitto e' peggiore della "scelta" della belligeranza armata. Sono del tutto consapevole del valore simbolico di una posizione che vale solo per me, che non sono neppure coerente e vado sulle macchine altrui o con i taxi. Per questo capisco bene il "punto d'onore" dei pacifisti ad oltranza. * Tuttavia. Tuttavia sono anche una donna e ho avuto modo di misurarmi con chi votava contro una legge di riconoscimento dell'esistenza dell'aborto per eliminare una piaga sociale che da sempre pesava con la clandestinita' e la morte sul corpo delle donne. Carlo Casini, per esempio, continua a non capire questa necessita' e allo stesso modo quelli che oggi difendono i diritti dell'embrione. Vogliamo vedere quale e', in questi casi, la via della nonviolenza? Quella di negare l'esistenza della violenza nei rapporti fra gli uomini e le donne? di accettare che l'uomo imponga alla donna il proprio bisogno senza curarsi se le lascia una conseguenza non voluta? sono davvero umani i rapporti in cui non ci si parla per sapere se si vogliono o no figli o quelli in cui - come si vede ogni giorno dai giornali - la violenza sulle donne e' mortale? Non e' violenza anche una specie di ignoranza diffusa che detta legge sulla natura dell'embrione, mentre fa conto di ignorare che gran parte degli atti sessuali risultano fecondi, ma solo pochi maturano in una gravidanza e milioni di embrioni si eliminano da soli dopo un mese o poco piu' senza che neppure la donna se ne accorga? * La guerra, si dira', e' ben altra cosa: si producono le armi, dietro i governi stanno interessi che producono conflitti, la diplomazia e gli organismi internazionali sono impotenti. Sono questi, infatti, i problemi dei nostri limiti da affrontare: i pacifisti ricorderanno l'impegno enorme per regolamentare il commercio delle armi nel nostro paese. Eppure, pur sapendo che anche le leggi dei paesi piu' civili consentono il mercato, non si e' andati avanti, cercando alleanze pacifiste europee per creare norme valide per l'Unione Europea e, successivamente, per avviare il registro delle transazioni belliche mondiali in sede Onu. Quanti continuano a lavorare in questo settore, sempre piu' complesso per la particolare sofisticazione delle tecnologie (non si sa piu' se un microprocessore finisce in un pc o in una testata missilistica) e in cui i lavoratori degli impianti bellici non si possono ritenere controparte ma bisogna proporre concreti progetti (e relativi budget) di riconversione. * Alle guerre si arriva per gradi e se non si opera mentre se ne creano i presupposti, non ci sono alternative. Alcuni partigiani per fede non hanno mai sparato; ma lottavano a fianco di quelli che usavano le armi e non si rifiutavano di trasportarle: poca coerenza o necessita' di accettare che per mettere fine al nazifascismo la sola via era opporsi frontalmente? Alle spalle di tutti i conflitti piu' gravi che colpiscono il mondo occidentale (perche' degli altri ci si cura poco: il Darfur non e' vicino a noi e che ci sia una presenza internazionale armata non ci fa effetto) sta la questione israelo-palestinese. Poteva saperlo chi, assistendo al caso Dreyfus, scrisse per primo a favore di "uno stato ebraico"? colpa di Balfour? delle conseguenze di Auschwitz? ma nel 1947 l'Onu creo' una struttura spaciale per i diritti e il risarcimento dei palestinesi allontanati dal nuovo Stato di Israele: che cosa abbiamo fatto da allora? che cosa facciamo oggi, se ci dividiamo fra chi sostiene una parte sola (come e' moralmente giusto) in un conflitto da cui i due popoli interessati non possono uscire da soli? * La nostra non e' la generazione che, consapevole del senso della nonviolenza, opera il miracolo di realizzarla. Non abbiamo neppure idea della storia dei movimenti contro le guerre nell'Ottocento, perche' non essendo collocata nei libri di storia, ignoriamo le vicende di quanti ci hanno provato prima di noi, consapevoli dell'avanzare della dimensione "mondiale" delle guerre. Quelli che non hanno mai dato uno schiaffo alla moglie, non sono competitivi, non acquistano prodotti Nestle' e non sono responsabili di decisioni nazionali, decideranno se "essere coerenti". Ma sarebbe giusto un confonto, come propone Mao. Anche perche' chi, per caso, sta in Parlamento e fa onorevolmente politica in Commissione Difesa, potra' passare all'Agricoltura. E se il suo voto e' necessario per evitare guai maggiori proprio per la pace, vedra' se favorire i guerrafondai. * Post scriptum: Guardate che io credo che la situazione in Afghanistan sia peggiore di quella in Iraq; ma so che, per non accrescere il potere indiscriminato dei talebani e delle lobbies della droga, si debbono creare le premesse di una politica europea alternativa prima di ritirarsi come singolo paese. Non e' cosi' per l'Iraq, dove non a caso se ne sono andati quasi tutti e la responsabilita' e' degli eserciti americano e inglese, alle cui dipendenze sta anche il contingente italiano. Chiedere di partire da Genova - dove sono accadute cose di totale illegittimita' da parte di organi dello stato - significa chiedere rispetto della legalita'. 6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: FINO A QUANDO? [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Fino a quando la guerra sara' uno strumento possibile e predisposto della politica, la guerra ci sara'. Fino a quando il movimento per la pace dira' soltanto "no alla guerra", la guerra ci sara'. Fino a quando, pero', ci saranno forme anche minime di democrazia, i poteri dovranno (almeno per interesse al consenso necessario) tenere conto della protesta pacifista e pacifica, e questa avra' qualche possibilita' di parziale efficacia: per esempio, in Italia, senza il movimento e la vasta opposizione popolare anti-guerra, il governo Berlusconi avrebbe volentieri fatto la guerra a pieno titolo, come Blair, invece che in posizione leggermente piu' defilata. Fino a quando il movimento per la pace non sara' per la pace nonviolenta positiva, e non fara' chiare e unitarie proposte politiche positive, giochera' un ruolo dipendente e frustrante, e non sara' considerato. Fino a quando la cultura pacifica nonviolenta non sapra' articolare il proprio contributo tra i due piani distinti e non separati: a) l'obiettivo intero (che e' l'abolizione della guerra e dei suoi strumenti, la difesa popolare nonviolenta, la gestione civile nonviolenta dei conflitti); b) i passi prossimi parziali e progressivi nelle condizioni limitate della politica pratica; fino ad allora la cultura della pace riuscira' solo a proclamare principi giustissimi senza cominciare a introdurli nella politica e nella storia effettiva, che resteranno immutate. * Percio' oggi sono importanti due cose: a) ricordare che il principale lavoro profondo e continuo e' culturale-educativo, fino a modificare la corrente cultura politica generale, con la presa di coscienza che o l'umanita' abolisce ormai l'organizzazione istituzionale della violenza, o questa abolisce l'umanita'; b) rinnovare le proposte precise e minime, sintetiche (piu' sintetiche di altre ottime proposte) e iniziali, presentate all'Unione il 20 dicembre 2005, e messe in rete dai movimenti di piu' lunga tradizione, Movimento Internazionale della Riconciliazione, e Movimento Nonviolento: 1. ridurre le spese militari almeno del 5% annuo progressivo, per finanziare forme di difesa nonviolenta quali i Corpi civili di pace, come istituzione nazionale e internazionale, unico mezzo degno per dare vero aiuto e solidarieta' umana ai popoli vittime della guerra; 2. spostare su un apposito capitolo di spesa il denaro sottratto al bilancio del Ministero della Difesa, per istituire il Ministero per la Pace, dotato di portafoglio, per adottare una rigorosa politica costituzionale di pace che obblighi a ripudiare la guerra come metodo di risoluzione delle controversie; 3. cominciare subito il ritiro continuo e completo della presenza militare italiana di appoggio alla guerra e occupazione dell'Iraq; 4. decidere l'espulsione dall'Italia delle molte decine di bombe nucleari presenti nelle basi Usa, in violazione clamorosa e inammissibile della Costituzione e dei patti internazionali; 5. ripristinare e rafforzare la legge 185, limitativa del commercio delle armi, commercio che e' causa primaria dei conflitti omicidi nel mondo, e disumano criminale esercizio del profitto economico. Solo il punto 3 e' entrato nel programma dell'Unione, ma il movimento per la pace, senza rifugiarsi nella facile protesta sommaria, e senza mettere a rischio un equilibrio politico conquistato in sostituzione del governo Berlsuconi dannoso sotto tutti gli aspetti, puo' oggi insistere e premere democraticamente in questa direzione, con pazienza uguale alla tenacia, con concretezza pari alla visione ideale, perche' la progressione istituzionale verso la pace positiva e' la prima indispensabile qualita' di una politica di democrazia, diritti umani, giustizia, liberta', umanita'. 7. LIBRI. ROSSANA ROSSANDA PRESENTA "CRISTIANI IN ARMI" DI MARIA TERESA FUMAGALLI BEONIO BROCCHIERI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 giugno 2006. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste. Dal sito di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri (www.mtfbb.com) riprendiamo la seguente scheda: "Professoressa ordinaria di Storia della filosofia medievale all'Universita' degli Studi di Milano, libera docente in Storia della Filosofia, membro della redazione e gia' direttrice responsabile della 'Rivista di Storia della Filosofia' fondata da Mario Dal Pra, condirettrice della Collana di Storia della Filosofia (Franco Angeli, Milano), condirettrice di 'Doctor Virtualis', rivista online e su carta di storia della filosofia medievale, membro del comitato scientifico della rivista 'Nuova Civilta' delle Macchine'. Direttrice, con Luca Bianchi e Massimo Parodi, della collana Quodlibet (Lubrina, Bergamo). Visiting Professor alla Universita' di Pennsylvania (Philadelphia), alla U. B. A. (Buenos Aires), alla Universita' Ebraica di Gerusalemme. Coordinatrice di alcuni progetti di ricerca. Collaboratrice, dal 1988 al 2003, all'inserto culturale de 'Il Sole 24 Ore'". Nella vasta bibliografia di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Cristiani in armi. Da sant'Agostino a papa Wojtyla, Laterza, Roma-Bari 2006, e la piu' recente pubblicazione] Impugnando il vessillo della croce nella mano sinistra e nella destra una spada sguainata, un angelo biondo si libra con ali immense sopra i crociati sulla strada di Gerusalemme, simile all'uccellaccio che in un turbinio di vesti, ali e spade minaccia Roma dagli spalti di Castel Sant'Angelo. E' Michele, l'arcangelo guerriero, simbolo di un dio vendicatore e sterminatore. Lo ha scelto Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri per la copertina del suo Cristiani in armi (Laterza, 226 pagine, euro 16), dedicato con speranza ai nipotini perche' riflettano, suppongo, come cristianesimo e pace non siano sinonimi. La tradizione belligerante viene dai fratelli maggiori. In un passo del Deuteronomio Jahve', assicurandogli la vittoria, invita il suo popolo a prendere d'assedio una citta', e poi: "Passa a fil di spada ogni maschio, prendi per te le donne i bambini le bestie e tutto quel che vi trovi... non lasciare in vita nessuno, votali tutti allo sterminio, demolisci i loro altari, spezza le loro stele, brucia le loro sculture...". Ma si potrebbe andare molto avanti: le conquiste di Giosue', a cominciare da quella che a scuola mi raccontavano come pacifica (le mura che crollano al suono di tromba) e' seguita dallo stesso sterminio, e cosi' le altre vittorie di quel generale di Dio. Grondano di sangue le visioni dei piu' fra i profeti. La Jihad non ha inventato niente di nuovo, ne' parole ne' fatti. E anch'essa e' persuasa di avere Dio dalla sua parte. * La parola di Cristo non ha segnato dunque una discontinuita'? Non lo ammette il biblista Giuseppe Barbaglio, che pure ne ha scritto ne Il dio violento (1990): egli vede correre anche nel Vecchio Testamento, come un filo rosso, accanto all'immagine del Dio terribile quella d'un Dio amoroso. Sta di fatto che nei Vangeli non c'e' che questo. Piu' che un paio di frustate Gesu' non somministra ai mercanti nel tempio, invita l'offeso a porgere l'altra guancia e a guardarsi dal ferire di spada, conversa con gli infedeli come con chi ancora non sa, non invoca dal Padre suo alcuna vendetta - messaggio che in quei tempi calamitosi e nel ribollire della Palestina dovette suonare scandaloso, ma fu certo all'origine della sua straordinaria diffusione. Ma ecco che mille anni dopo il cristianissimo vescovo Guglielmo di Tiro descrive cosi' le gesta dei crociati una volta presa Gerusalemme: "Coperti di elmi e corazze percorsero strade e piazze della citta' uccidendo indistintamente tutti gli infedeli che capitavano, senza riguardo ne' all'eta' ne' al rango. Da ogni parte si vedevano nuove vittime, teste staccate dai corpi, non era possibile camminare senza traversare mucchi di cadaveri... Poi, avendo saputo che gran parte della popolazione s'era rifugiata al di la' dei bastioni del Tempio, corsero sul posto in grande moltitudine colpendo con le spade chiunque incontrassero e inondando di sangue le strade. Essi compivano cosi' i giusti decreti del signore... poi si cambiarono le vesti, si lavarono le mani e camminando a piedi nudi con cuore umile gemevano e piangevano con devozione". Questo succedeva nel 1099, poco prima che Gregorio nascesse, per cui il pio vescovo si dette molto da fare per la terza crociata. Scene simili si producevano anche fuori della Terra Santa per il fiorire di pellegrinaggi, diciamo cosi', non autorizzati, nei quali qualche nobile raccoglieva tutto quel che trovava per strada e in cammino verso il Santo Sepolcro faceva strage degli ebrei che capitavano a tiro. Di questa temperie selvaggia partecipano anche, nelle predicazioni, uomini di spirito elevato come Bernardo di Clairvaux e Pietro l'Eremita. Come e' accaduto? * E' accaduto che nel 312 - mentre i cristiani erano ancora in clandestinita' - l'imperatore Costantino sogna, la notte prima della battaglia di ponte Milvio, il solito angelo che gli addita la croce: In hoc signo vinces. Vince, e dichiara il cristianesimo religione di stato. I cristiani, che allora vivevano senza esporsi in un loro costume di solidarieta' e preghiera, escono allo scoperto e la loro chiesa si scambia favori con l'imperatore. Essa ordina ai fedeli di esser soldati (garantendogli che se muoiono ammazzando il nemico volano dritti in paradiso) mentre domanda al potere di interdire le altre religioni. Da allora al secolo scorso i rapporti fra chiesa e impero o stato restano stretti, anche se fra non pochi conflitti non di fedi ma di potere, e c'e' voluto papa Wojtyla per condannare senza mezzi termini la guerra (che resta pero' come extrema ratio, tale e quale la pena di morte, nel catechismo). Insomma, quando una religione monoteista si investe del potere terreno o vi si accorda, la strage in nome di Dio e' sicura. Non che per il cristianesimo sia stato semplicissimo. L'antico interdetto del quinto comandamento, non ucciderai, assume un'altra valenza nella predicazione cristiana, per la quale e' fondativo l'amore per l'altro, e la guerra non era neppure contemplata. La cultura di allora vede ogni conflitto in termini militari, scrive Maria Teresa Fumagalli, neanche Paolo vi sfugge e ogni conflitto anche interiore, fra fede e non fede, bene e male, culto di Dio e culto di se', lotta a Satana e perfino nel famoso "Morte, dov'e' la tua vittoria?", prende con naturalezza il linguaggio bellico. Ma con Paolo siamo soltanto alla forma. Piu' tardi i Padri si interrogano. Si interroga Ambrogio: perche', mio Signore, mi dici di vendere la tunica e comprare la spada, ma mi interdici di usarla? Sara' - prima scivolata - per legittima difesa? Agostino, suo discepolo e animo tragico, va molto oltre: se c'e' il male nel mondo deve essere stato previsto dall'infinita sapienza di Dio, dunque e' in qualche modo concesso - quasi obbligato. Il pessimismo di Agostino e' radicale. Nella notte tenebrosa del creato dopo la Caduta c'e' dunque anche la guerra, scrivera' al dubbioso Fausto, essa e' inevitabile come la tempesta, la sofferenza, la morte. Affermazione fatale, perche' se connessa alla umana natura per volere di Dio, potrebbe anche, in certi casi, essere giusta. In quali casi, che non siano la difesa - anch'essa non contemplata dai primi cristiani? Su questo si piegheranno i giuristi, specie dopo secoli di conflitti efferati e in seguito alla conquista spagnola delle Indie, per la quale, dopo un breve tentativo di dimostrare che gli indiani non sono specie umana, non esiste legittimazione alcuna. Il grande legittimatore sara' il domenicano Francisco de Vitoria, argomentatore inquieto la cui dottrina attraversa i secoli, e influenzera' anche i gesuiti inducendoli a rovesciare una loro prima posizione in difesa degli indigeni: il molinismo non lascera' scampo. Cosi', se e' rimasto sempre fra i cristiani chi non accetta la liceita' della guerra, si trovera' di regola fra i malpensanti o gli eretici. Contro la "peste" degli albigesi Innocenzo III reclama l'intervento dell'imperatore. E cosi' dopo lunghe guerre periranno i catari. L'arcivescovo di Milano, scoperta nella diocesi di Torino una comunita' pacifica, che perdipiu' metteva i beni in comune, li manda al rogo tutti. Un punto particolarmente dolente accompagna la condanna della guerra: il suo piu' lucido contestatore, John Wyclif di Oxford e i suoi seguaci, i lollardi, la collegano alla volonta' di dominio, che si radica nella proprieta'. La persecuzione di Wyclif e dei suoi seguaci non avra' fine. Insomma il filone pacifista sara' assai minoritario nella chiesa. E per lungo tempo anche in quella riformata. * Ma non e' diffuso neanche fra i pensatori laici. Esita il lucido Erasmo da Rotterdam, la guerra sta anche nell'Utopia di Tommaso Campanella; soltanto Marsilio Ficino, credente, non demorde e sara' condannato. Nel Seicento e nel Settecento la piu' brillante intellettualita' francese non e' pacifista. Ma il lavoro della Fumagalli Beonio Brocchieri riguarda soprattutto la chiesa e arriva fino ai nostri giorni. Nessuno dei grandi pacifisti, da Milani a Balducci, per non parlare di Capitini e Buonaiuti, e' stato amato. Della posizione dei papi davanti alle guerre e' meglio tacere. Quanto e' appassionante, e fin tragica, la discussione fra i Padri dopo l'editto di Costantino, tanto e' fredda sotto il profilo religioso quella che segue con la modernita'. Gli atei devoti vi possono trovare materia di consolazione. Per non parlare degli stolidi araldi delle guerre di civilta'. E' roba nostra, europea, quella che ci torna in quelle che sentiamo come farneticazioni di Bin Laden o Al Zarkawi. La chiesa le aveva benedette quando con l'impero si scambiavano reciproci doni. Soltanto Agostino, credo, ha inserito la guerra nella sua tragica teologia della Caduta - peraltro sempre all'orlo dell'eresia -, appena si lascino i suoi pensieri, nella banalita' della storia anche ecclesiale, la guerra si rivela sempre passione di dominio. Che fra dominio e dominio ci possa essere una guerra giusta, e' una terrestre e non altissima controversia. Che possa essere Santa, come talvolta ha detto il Sacro soglio, e' una bestemmia. Quanto alla guerra umanitaria e' un ossimoro del presente - neanche ai papi piu' virulenti era venuto in mente. 8. RIFLESSIONE. UNA POSTILLA AL TESTO CHE PRECEDE Riassumere una vicenda plurimillenaria in poche righe certo puo' dare l'impressione di certe vecchie comiche ove tutto e' accelerato e per cio' stesso caricaturale. Bastera' qui dire che nell'ebraismo, nel cristianesimo, nell'islam - le tre religioni del libro - certo che vi sono gli orrori sopra descritti. Ma vi e' anche l'esatto contrario. Vi e' anche l'esatto contrario. E chi scrive queste righe pensa che cio' che vale in quei messaggi al cui ascolto infinite moltitudini di persone si sono disposte trovandovi un senso per la propria esistenza, in quelle grandi tradizioni di pensiero che tanta parte sono della storica vicenda umana, sia proprio quel messaggio di pace, e di nonviolenza, che a ogni guerra e ad ogni alienazione si oppone. Di nonviolenza, si': che e' il contenuto profondo e finanche sommerso, ma vivo, germinante e splendente, di tutte - tutte - le grandi tradizioni di pensiero, religiose e laiche, teiste e ateiste, pensate con anima e corpo, che hanno reso l'umanita' piu' umana. Sara' concesso a un povero materialista feuerbachiano di scriverlo qui. 9. LE ULTIME COSE. PEPPE SINI: LA RISPOSTA SOFFIA NEL VENTO Mi chiedo come sia possibile. In una pagina di Hannah Arendt trovo la risposta: "Dei due principali strumenti del dominio imperialista, l'uno, il razzismo, venne scoperto in Sudafrica, mentre l'altro, la burocrazia, mosse i suoi primi passi in Algeria, in Egitto e in India. Il razzismo era in sostanza la fuga in un'irresponsabilita' dove non poteva piu' esistere nulla di umano; la burocrazia derivava la sua coscienza della responsabilita' dalla convinzione di governare popoli inferiori, che aveva in certo qual modo il dovere di proteggere, ma per i quali non valevano le leggi del popolo dominante da essa rappresentato" (Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano 1967, 1996, p. 289). Per certi prominenti di Roma (come per quelli di Washington, loro maestri e donni), e per coloro che li favoreggiano, la vita degli afgani evidentemente non ha alcun valore. Fare la guerra li' e' un nonnulla. E la Costituzione della Repuibblica Italiana e' solo un fastidioso inciampo di cui non tener conto. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1349 del 7 luglio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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