La nonviolenza e' in cammino. 1349



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1349 del 7 luglio 2006

Sommario di questo numero:
1. Terroristi
2. Mao Valpiana: Una proposta irricevibile
3. Gino Strada: La menzogna del ministro
4. Giobbe Santabarbara: Una bizzarra amnesia
5. Giancarla Codrignani: Approfondire la riflessione
6. Enrico Peyretti: Fino a quando?
7. Rossana Rossanda presenta "Cristiani in armi" di Maria Teresa Fumagalli
Beonio Brocchieri
8. Una postilla al testo che precede
9. Peppe Sini: La risposta soffia nel vento
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. TERRORISTI

E dunque: i servizi segreti italiano hanno scoperto un gruppo terrorista
straniero che in Italia rapiva persone e le portava in altri paesi per
sottoporle a torture, ne' si sa quante siano ancora vive.
Scoperta la centrale terroristica, i servizi segreti italiani - o perlomeno
alcuni loro solerti funzionari - subito si sono messi al suo servizio.
Plausi del centrodestra, imbarazzo del centrosinistra, ma quel che conta e'
che l'Italia e' in finale.

2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UNA PROPOSTA IRRICEVIBILE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la
redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax  0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una
delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato
nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista;
fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e'
diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di
intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale
del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di
Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel
1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese
militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega
obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante
la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e'
stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di
solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in
Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

A firma di alcuni autorevoli esponenti del movimento pacifista, sta
circolando un "Appello per l'Afghanistan" in cui si propone al
centrosinistra una sorta di elezione primaria sulla missione militare
italiana in Afghanistan.
Grande e' la confusione sotto il cielo!
Si vorrebbe che gli elettori dell'Unione si pronunciassero sulla domanda
"sei favorevole al ritiro delle truppe italiane della guerra in
Afghanistan?", e si da' per scontato che l'esito sia positivo.
A parte il fatto che nutro seri dubbi su quale sarebbe la risposta degli
italiani al quesito, penso comunque che la proposta sia di per se'
irricevibile.
*
Come e' possibile pensare di sottoporre al giudizio "democratico" una
questione vitale come quella del ripudio della guerra?
Come e' pensabile di affidare al giudizio popolare un principio fondante
come quello della pace? A qualcuno potrebbe venire in mente di sottoporre a
referendum la forma democratica del nostro ordinamento statale?
Non c'e' bisogno di grandi ragionamenti per bocciare una simile proposta:
1) La Costituzione italiana parla gia' chiaro: l'articolo 11 vieta la
partecipazione a guerre fuori dai confini nazionali.
2) Fosse anche uno solo il cittadino che si oppone alla partecipazione del
nostro paese alla guerra, quella e' la voce che deve prevalere.
3) E' aberrante il solo pensiero di mettere ai voti la vita delle vittime di
guerra.
*
Mi rivolgo agli amici che hanno sottoscritto quel testo. Rileggetelo,
rendetevi conto della sua assurdita', e ritiratelo. Ve ne saremo grati.

3. AFGHANISTAN. GINO STRADA: LA MENZOGNA DEL MINISTRO
[Dal sito www.peacereporter.net riprendiamo il seguente intervento del primo
luglio 2006. Gino Strada, medico chirurgo impegnato in aree di guerra,
fondatore dell'associazione umanitaria "Emergency", e' una delle voci piu'
nitide e influenti del movimento pacifista italiano; tra le sue
pubblicazioni: Pappagalli verdi, Feltrinelli, Milano; Buskashi',
Feltrinelli, Milano]

Questa mattina ho visto due blindati italiani passare davanti all'ospedale
di  Emergency, nel pieno centro di Kabul. I militari spuntavano dalla
torretta, ruotando la mitragliera da destra e sinistra, lentamente, a
"coprire" entrambi i lati della strada. Mi sono chiesto che penseranno i
cittadini di Kabul della loro citta' attraversata da carri armati stranieri.
E che sensazione avranno i passanti nel vedersi puntate addosso quelle
mitraglie?
Ho avuto il piacere di conoscere il Ministro Parisi qui a Kabul, e ne ho
apprezzato l'interesse per il nostro lavoro. Tornato a casa, leggo sul
"Corriere" di oggi una sua dichiarazione che suona cosi': "Se Emergency puoí
agire a Kabul, e' grazie alla protezione dei militari".
*
Domanda secca: perche' un Ministro dice bugie?
Una bugia sciocca, tra l'altro, banale, facilmente confutabile: Emergency
era a Kabul gia' nel 2000, quando non c'erano truppe italiane e perfino la
nostra l'Ambasciata era chiusa da anni. Gia', eravamo a Kabul, nella Kabul
talebana. E dal 1999 in Panchir, con un ospedale che curava chi viveva da
quella parte del fronte. Banalmente, per non fare torto a nessuno e
occuparci il piu' possibile di chi aveva bisogno, senza chiedere
appartenenze. A Kabul come in Panchir, abbiamo lavorato per anni senza
protezione militare.
Dal 7 ottobre 2001 per oltre un mese Kabul e dintorni sono stati bombardati.
Lotta al terrorismo, sicurezza internazionale? La nuova guerra in
Afghanistan, signor Ministro, e' iniziata cosi', con i B52  a sganciare
bombe anche da sette tonnellate, da quarantamila piedi. Molte migliaia di
civili sono morti sotto quelle bombe, signor Ministro. Possiamo fornirle
nomi e indirizzi, se le interessa. Piu' morti, molti di piu', che alle Torri
Gemelle: hanno fatto "giustizia" quei bombardamenti? O la "guerra al
terrorismo" non e' stata invece un altro atto di terrorismo? Moltiplicare le
vittime, nella macabra rincorsa ad uccidere di piu', ciascuno per le sue
ragioni, non mi sembra una strada ragionevole. La trovo perfino disumana.
Ma torniamo a Kabul. Neanche in quella occasione abbiamo avuto bisogno dei
militari a proteggerci (anzi i militari di ogni sorta erano in verita' il
pericolo). E abbiamo continuato cosi', a Kabul e nel resto dell'Afghanistan.
Nei cinque anni di "guerra al terrorismo" abbiamo fatto il nostro lavoro -
curare persone ferite o ammalate - senza bisogno dei militari.
*
E allora, Ministro Parisi, perche' quella bugia?
Pero' in qualche modo la capisco: lei "deve" dire bugie sull'Afghanistan. Vi
e' obbligato dall'avere scelto di partecipare a una operazione di guerra
cammuffandola e spacciandola per operazione di pace.
Non si puo' fare senza raccontare bugie. E senza apparire ridicoli. Gli
Stati Uniti chiamano Gwat quello che stanno facendo in Afghanistan (con
Enduring Freedom prima, con l'Isaf poi, infine con la Nato): guerra globale
contro il terrorismo. Il nostro Ministro della Difesa tende invece a far
credere che le truppe italiane (che hanno partecipato a tutte le operazioni
lanciate in Afghanistan) siano qui a fare la guardia ai medici.
Mi spiace contraddirla signor Ministro, ma non siamo qui grazie ai suoi
soldati, ne' ad altri militari. Anzi la loro presenza e' per noi motivo di
seria preoccupazione, per la sicurezza nostra, del nostro staff e dei nostri
pazienti. Provi a trovare altre scuse, per giustificarla. Per quanto mi
riguarda, e per quanto riguarda Emergency, puo' riportare a casa le sue
truppe domani mattina. Anzi ci spingiamo a pensare che lei dovrebbe farlo.
Per molte ragioni, la piu' evidente essendo che lei ha giurato di rispettare
la Costituzione Italiana, articolo 11 compreso.

4. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: UNA BIZZARRA AMNESIA

Di colpo sembra che tutti i ministri, tutti i segretari di partito, tutti i
direttori di giornali e di televisioni, e tutti i parlamentari (con
eccezioni che si contano sulle dita delle mani) si siano dimenticati
dell'esistenza della Costituzione della Repubblica Italiana.
Fino a due sole settimane fa si sbracciavano tutti: "Costituzione,
Costituzione"; persini i fascisti e i razzisti ululavano che nessuno avrebbe
toccato la prima parte della Costituzione e quindi a fortiori i primi dodici
articoli, i principi fondamentali che costituiscono i valori supremi in
forza di cui esiste la repubblica italiana e violando i quali torniamo ad
essere quell'espressione geografica di metternichiana memoria (e certo anche
ancora una letteratura che settecento anni fa ha fatto furore) e - per dirla
col Manzoni - un volgo disperso che nome non ha.
Oggi di rispettare la Costituzione parlano solo i medici scalzi di
Emergency, poche persone amiche della nonviolenza, e non molti altri ancora.
Roba che Don Siegel buonanima avrebbe potuto girarci un sequel de
L'invasione degli ultracorpi.
*
Mister Hyde premier e il dottor Jekyll in panchina
Il governo espressione della maggioranza parlamentare che ha vinto le
elezioni sconfiggendo la coalizione golpista (ricordiamolo che quelle di
aprile erano elezioni del parlamento, non del governo, ne' del primo
ministro: siamo l'Italia della Repubblica nata dalla Resistenza e dalla
Liberazione, non quella del duce), il governo che ha giurato fedelta' alla
Costituzione - e l'ha giurata ciascuno dei suoi membri all'atto
dell'insediamento, chi non avesse giurato non sarebbe oggi ministro -, il
governo che ha espresso compiacimento per la vittoria della Costituzione al
referendum delllo scorso mese, neppure quindici giorni dopo ha violato la
Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali, quello sancito
dall'articolo 11 che afferma che "L'Italia ripudia la guerra".
Certo, il povero Pietro fu piu' veloce, ma al secondo canto del gallo eruppe
in lacrime. I signori ministri invece - come si dice tra noi rozzi villici -
"ancora intignano", e tante brave persone corrono in loro soccorso a cercar
di spiegare che, poverini, se ammazzano un po' di afgani - ed en passant un
po' di soldati italiani mandati la' ad uccidere e morire - cosa sara' mai
rispetto all'appassionante dibattito su messer Partito democratico e madama
Sinistra radicale. E simili amenita'.
Tragiche amenita'. Gli storici futuri che leggeranno le carte di questi
giorni non avranno pieta' per chi in questi giorni si e' messo al servizio
degli assassini. Non avranno pieta' gli storici futuri.
*
Un'ambigua utopia
Forse occorrerebbe chieder consiglio alla maestre della science fiction
femminista americana (Philip K. Dick e' morto, avrebbe potuto anche lui dire
la sua) per tematizzare cosa stia accadendo hic et nunc in Italia.
Sembra che la quasi totalita' del parlamento pensi che in fondo guerra o
pace "per me pari sono" come "questa o quella" per il duca di Mantova.
Sembra che la quasi totalita' della stampa (e delle tv: ma si sa che dalla
televisione parlano gli assassini) giubili come un sol uomo all'idea di
rinverdire i fasti di Graziani.
Che dire? L'impressione e' che questi signori siano ormai del tutto fuori
dalla realta'.
*
Un indimenticabile maestro
Aveva ragione, come sempre del resto, il povero Bobbio - indimenticabile
maestro - quando diceva che la democrazia si regge sulle leggi ma anche sui
costumi: noi una buona legge ce l'abbiamo, e' appunto la Costituzione che
ripudia la guerra, ma quando essa e' violata in primis da coloro che hanno
giurato di esserle fedeli, come dire: mala tempora currunt.
E quel signore che dovrebbe essere garante eccetera? Ahime', e' lo stesso
che nel '98 firmo' la riapertura dei campi di concentramento in Italia. Mi
duole per gli amici che della sua elezione si sono allietati, ma oggi pare
essere piu' impegnato a seguire le partite di pallone: ventidue persone in
mutande che danno calci a un pezzo di cuoio sono piu' importanti della vita
o della morte di tanti poveracci in Afghanistan; sono piu' importanti della
legge fondamentale del nostro stato, sono piu' importanti del destino
dell'umanita'.
A questo siamo giunti: e' proprio vero che quel coacervo che chiamiamo con
una sommaria etichetta "berlusconismo" non e' stato ancora sconfitto.
*
Invece
Invece di lanciar proclami "senza se e senza ma" che non servono davvero a
granche', invece di cercar sottobanco accordi e favori, invece di
trascinarsi all'Aventino sconsolati, forse sara' il caso di promuovere una
proposta semplice semplice, di soave candore, come ad esempio la seguente:
- che il parlamento italiano rispetti la Costituzione;
- che il parlamento italiano deliberi di non piu' proseguire nell'illegale e
criminale partecipazione militare italiana alla guerra afgana;
- che il parlamento italiano deliberi un piano di interventi in Afghanistan
a sostegno delle vittime, che promuova la democrazia con mezzi democratici,
la pace con mezzi di pace, i diritti umani di tutti gli esseri umani col
rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani: ergo, Corpi  civili di
pace, interposizione nonviolenta, aiuto umanitario e assistenza materiale e
logistica alle esperienze nonviolente, in primo luogo quelle delle donne;
servizi sanitari e assistenziali, sostegno ai contadini per la conversione
delle colture dall'oppio ai prodotti alimentari, tessili, eccetera;
fornitura gratuita prolungata di strutture logistiche, materiali didattici e
finanziamenti per pagare stipendi alle e agli insegnanti afgani per
promuovere il diritto all'istruzione per tutte e tutti; iniziative per il
disarmo mobilitando anche la societa' civile; processi di riconciliazione
sull'esempio dell'esperienza della Commissione per la verita' e la
riconciliazione sudafricana: e mille altre iniziative dal basso, la
nonviolenza ha mille risorse;
- che il parlamento italiano impegni il governo a un'azione politica
internazionale in sedo Onu e Unione Europea per il disarmo, per una
cooperazione di pace, per la scelta della nonviolenza come principio
ispiratore delle relazioni internazionali (la proposta per un'Europa
disarmata e nonviolenta formulata anni fa da Lidia Menapace potrebbe essere
una buona base di lavoro in questo ambito).
*
Envoi
Questo ci piacerebbe facesse il parlamento, e che poi il governo eseguisse
la volonta' del parlamento, rientrasse nell'alveo della legalita'
costituzionale, la facesse finita di berlusconeggiare.
E alle non poche brave persone che in queste settimane di confusione si sono
messe al servizio della guerra, se lo hanno fatto sbagliando in purezza di
cuore (e non perche' il governo o altre amministrazioni del cosiddetto
centrosinistra finanziano loro qualche agevolazione) e solo per un attimo di
frastornamento o di dimenticanza, come Randolph Scott in quel crepuscolare
western di Peckinpah del '61, noi veramente non gliene vogliamo, purche' si
ravvedano e tornino in se stesse. Le amnesie, quando si prolungano, giocano
brutti scherzi. E al 17 luglio manca poco.

5. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: APPROFONDIRE LA RIFLESSIONE
[Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per
questo intervento. Due sole glosse per evitare possibili fraintendimenti:
una locuzione come il "punto d'onore dei pacifisti ad oltranza" non e' certo
riferita a chi ragionevolmente si oppone alla guerra e difende la
Costituzione della Repubblica Italiana per solidi motivi giuridici e morali:
lo spagnolesco pundonor e l'oltranzismo di reazionaria memoria sono in
questo caso epiteti inapplicabili; quanto alla frase del poscritto ove si
dice "prima di ritirarsi come singolo paese", e' chiaro che nella
discussione tra persone amiche della nonviolenza sulla prossima decisione
del parlamento italiano in relazione all'Afghanistan il punto non e'
ritirarsi o meno, il punto e' uscire dalla guerra e costruire la pace,
cessare di partecipare coi soldati alla guerra e intervenire con azioni di
pace a fini di pace con mezzi di pace: invece dell'azione militare, l'azione
nonviolenta, questa e' l'alternativa (p. s.). Giancarla Codrignani,
presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio
militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di
liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu'
rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza.
Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema,
Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore
ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005]

Mi sembra molto importante - e urgente - la proposta di incontro sul
pacifismo che viene da un grande amico come Mao Valpiana.
Personalmente non vorrei mai che qualcuno uscisse dal mondo in cui viviamo
tutti e in cui si spende la nostra responsabilita' umana. Non amo dirlo,
perche' e' una piccola mania del tutto incomprensibile quando viene detta,
ma io non guido perche' per me il massimo della violenza immotivata - che e'
la piu' grave - sta sulla strada, dove si danno massacri giornalieri di
vittime. Moralmente l'assenza di ragioni di conflitto e' peggiore della
"scelta" della belligeranza armata. Sono del tutto consapevole del valore
simbolico di una posizione che vale solo per me, che non sono neppure
coerente e vado sulle macchine altrui o con i taxi.
Per questo capisco bene il "punto d'onore" dei pacifisti ad oltranza.
*
Tuttavia. Tuttavia sono anche una donna e ho avuto modo di misurarmi con chi
votava contro una legge di riconoscimento dell'esistenza dell'aborto per
eliminare una piaga sociale che da sempre pesava con la clandestinita' e la
morte sul corpo delle donne. Carlo Casini, per esempio, continua a non
capire questa necessita' e allo stesso modo quelli che oggi difendono i
diritti dell'embrione.
Vogliamo vedere quale e', in questi casi, la via della nonviolenza? Quella
di negare l'esistenza della violenza nei rapporti fra gli uomini e le donne?
di accettare che l'uomo imponga alla donna il proprio bisogno senza curarsi
se le lascia una conseguenza non voluta? sono davvero umani i rapporti in
cui non ci si parla per sapere se si vogliono o no figli o quelli in cui -
come si vede ogni giorno dai giornali - la violenza sulle donne e' mortale?
Non e' violenza anche una specie di ignoranza diffusa che detta legge sulla
natura dell'embrione, mentre fa conto di ignorare che gran parte degli atti
sessuali risultano fecondi, ma solo pochi maturano in una gravidanza e
milioni di embrioni si eliminano da soli dopo un mese o poco piu' senza che
neppure la donna se ne accorga?
*
La guerra, si dira', e' ben altra cosa: si producono le armi, dietro i
governi stanno interessi che producono conflitti, la diplomazia e gli
organismi internazionali sono impotenti. Sono questi, infatti, i problemi
dei nostri limiti da affrontare: i pacifisti ricorderanno l'impegno enorme
per regolamentare il commercio delle armi nel nostro paese.
Eppure, pur sapendo che anche le leggi dei paesi piu' civili consentono il
mercato, non si e' andati avanti, cercando alleanze pacifiste europee per
creare norme valide per l'Unione Europea e, successivamente, per avviare il
registro delle transazioni belliche mondiali in sede Onu.
Quanti continuano a lavorare in questo settore, sempre piu' complesso per la
particolare sofisticazione delle tecnologie (non si sa piu' se un
microprocessore finisce in un pc o in una testata missilistica) e in cui i
lavoratori degli impianti bellici non si possono ritenere controparte ma
bisogna proporre concreti progetti (e relativi budget) di riconversione.
*
Alle guerre si arriva per gradi e se non si opera mentre se ne creano i
presupposti, non ci sono alternative. Alcuni partigiani per fede non hanno
mai sparato; ma lottavano a fianco di quelli che usavano le armi e non si
rifiutavano di trasportarle: poca coerenza o necessita' di accettare che per
mettere fine al nazifascismo la sola via era opporsi frontalmente?
Alle spalle di tutti i conflitti piu' gravi che colpiscono il mondo
occidentale (perche' degli altri ci si cura poco: il Darfur non e' vicino a
noi e che ci sia una presenza internazionale armata non ci fa effetto) sta
la questione israelo-palestinese. Poteva saperlo chi, assistendo al caso
Dreyfus, scrisse per primo a favore di "uno stato ebraico"? colpa di
Balfour? delle conseguenze di Auschwitz? ma nel 1947 l'Onu creo' una
struttura spaciale per i diritti e il risarcimento dei palestinesi
allontanati dal nuovo Stato di Israele: che cosa abbiamo fatto da allora?
che cosa facciamo oggi, se ci dividiamo fra chi sostiene una parte sola
(come e' moralmente giusto) in un conflitto da cui i due popoli interessati
non possono uscire da soli?
*
La nostra non e' la generazione che, consapevole del senso della
nonviolenza, opera il miracolo di realizzarla. Non abbiamo neppure idea
della storia dei movimenti contro le guerre nell'Ottocento, perche' non
essendo collocata nei libri di storia, ignoriamo le vicende di quanti ci
hanno provato prima di noi, consapevoli dell'avanzare della dimensione
"mondiale" delle guerre.
Quelli che non hanno mai dato uno schiaffo alla moglie, non sono
competitivi, non acquistano prodotti Nestle' e non sono responsabili di
decisioni nazionali, decideranno se "essere coerenti".
Ma sarebbe giusto un confonto, come propone Mao. Anche perche' chi, per
caso, sta in Parlamento e fa onorevolmente politica in Commissione Difesa,
potra' passare all'Agricoltura. E se il suo voto e' necessario per evitare
guai maggiori proprio per la pace, vedra' se favorire i guerrafondai.
*
Post scriptum: Guardate che io credo che la situazione in Afghanistan sia
peggiore di quella in Iraq; ma so che, per non accrescere il potere
indiscriminato dei talebani e delle lobbies della droga, si debbono creare
le premesse di una politica europea alternativa prima di ritirarsi come
singolo paese. Non e' cosi' per l'Iraq, dove non a caso se ne sono andati
quasi tutti e la responsabilita' e' degli eserciti americano e inglese, alle
cui dipendenze sta anche il contingente italiano. Chiedere di partire da
Genova - dove sono accadute cose di totale illegittimita' da parte di organi
dello stato - significa chiedere rispetto della legalita'.

6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: FINO A QUANDO?
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha
fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del
"non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto
il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Fino a quando la guerra sara' uno strumento possibile e predisposto della
politica, la guerra ci sara'.
Fino a quando il movimento per la pace dira' soltanto "no alla guerra", la
guerra ci sara'.
Fino a quando, pero', ci saranno forme anche minime di democrazia, i poteri
dovranno (almeno per interesse al consenso necessario) tenere conto della
protesta pacifista e pacifica, e questa avra' qualche possibilita' di
parziale efficacia: per esempio, in Italia, senza il movimento e la vasta
opposizione popolare anti-guerra, il governo Berlusconi avrebbe volentieri
fatto la guerra a pieno titolo, come Blair, invece che in posizione
leggermente piu' defilata.
Fino a quando il movimento per la pace non sara' per la pace nonviolenta
positiva, e non fara' chiare e unitarie proposte politiche positive,
giochera' un ruolo dipendente e frustrante, e non sara' considerato.
Fino a quando la cultura pacifica nonviolenta non sapra' articolare il
proprio contributo tra i due piani distinti e non separati:
a) l'obiettivo intero (che e' l'abolizione della guerra e dei suoi
strumenti, la difesa popolare nonviolenta, la gestione civile nonviolenta
dei conflitti);
b) i passi prossimi parziali e progressivi nelle condizioni limitate della
politica pratica;
fino ad allora la cultura della pace riuscira' solo a proclamare principi
giustissimi senza cominciare a introdurli nella politica e nella storia
effettiva, che resteranno immutate.
*
Percio' oggi sono importanti due cose:
a) ricordare che il principale lavoro profondo e continuo e'
culturale-educativo, fino a modificare la corrente cultura politica
generale, con la presa di coscienza che o l'umanita' abolisce ormai
l'organizzazione istituzionale della violenza, o questa abolisce l'umanita';
b) rinnovare le proposte precise e minime, sintetiche (piu' sintetiche di
altre ottime proposte) e iniziali, presentate all'Unione il 20 dicembre
2005, e messe in rete dai movimenti di piu' lunga tradizione, Movimento
Internazionale della Riconciliazione, e Movimento Nonviolento:
1. ridurre le spese militari almeno del 5% annuo progressivo, per finanziare
forme di difesa nonviolenta quali i Corpi civili di pace, come istituzione
nazionale e internazionale, unico mezzo degno per dare vero aiuto e
solidarieta' umana ai popoli vittime della guerra;
2. spostare su un apposito capitolo di spesa il denaro sottratto al bilancio
del Ministero della Difesa, per istituire il Ministero per la Pace, dotato
di portafoglio, per adottare una rigorosa politica costituzionale di pace
che obblighi a ripudiare la guerra come metodo di risoluzione delle
controversie;
3. cominciare subito il ritiro continuo e completo della presenza militare
italiana di appoggio alla guerra e occupazione dell'Iraq;
4. decidere l'espulsione dall'Italia delle molte decine di bombe nucleari
presenti nelle basi Usa, in violazione clamorosa e inammissibile della
Costituzione e dei patti internazionali;
5. ripristinare e rafforzare la legge 185, limitativa del commercio delle
armi, commercio che e' causa primaria dei conflitti omicidi nel mondo, e
disumano criminale esercizio del profitto economico.
Solo il punto 3 e' entrato nel programma dell'Unione, ma il movimento per la
pace, senza rifugiarsi nella facile protesta sommaria, e senza mettere a
rischio un equilibrio politico conquistato in sostituzione del governo
Berlsuconi dannoso sotto tutti gli aspetti, puo' oggi insistere e premere
democraticamente in questa direzione, con pazienza uguale alla tenacia, con
concretezza pari alla visione ideale, perche' la  progressione istituzionale
verso la pace positiva e' la prima indispensabile qualita' di una politica
di democrazia, diritti umani, giustizia, liberta', umanita'.

7. LIBRI. ROSSANA ROSSANDA PRESENTA "CRISTIANI IN ARMI" DI MARIA TERESA
FUMAGALLI BEONIO BROCCHIERI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 giugno 2006.
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu'
drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti.
Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari
1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica
come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La
ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del
lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della
riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora
dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste.
Dal sito di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri (www.mtfbb.com)
riprendiamo la seguente scheda: "Professoressa ordinaria di Storia della
filosofia medievale all'Universita' degli Studi di Milano, libera docente in
Storia della Filosofia, membro della redazione e gia' direttrice
responsabile della 'Rivista di Storia della Filosofia' fondata da Mario Dal
Pra, condirettrice della Collana di Storia della Filosofia (Franco Angeli,
Milano), condirettrice di 'Doctor Virtualis', rivista online e su carta di
storia della filosofia medievale, membro del comitato scientifico della
rivista 'Nuova Civilta' delle Macchine'. Direttrice, con Luca Bianchi e
Massimo Parodi, della collana Quodlibet (Lubrina, Bergamo). Visiting
Professor alla Universita' di Pennsylvania (Philadelphia), alla U. B. A.
(Buenos Aires), alla Universita' Ebraica di Gerusalemme. Coordinatrice di
alcuni progetti di ricerca. Collaboratrice, dal 1988 al 2003, all'inserto
culturale de 'Il Sole 24 Ore'". Nella vasta bibliografia di Mariateresa
Fumagalli Beonio Brocchieri, Cristiani in armi. Da sant'Agostino a papa
Wojtyla, Laterza, Roma-Bari 2006, e la piu' recente pubblicazione]

Impugnando il vessillo della croce nella mano sinistra e nella destra una
spada sguainata, un angelo biondo si libra con ali immense sopra i crociati
sulla strada di Gerusalemme, simile all'uccellaccio che in un turbinio di
vesti, ali e spade minaccia Roma dagli spalti di Castel Sant'Angelo. E'
Michele, l'arcangelo guerriero, simbolo di un dio vendicatore e
sterminatore. Lo ha scelto Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri per la
copertina del suo Cristiani in armi (Laterza, 226 pagine, euro 16), dedicato
con speranza ai nipotini perche' riflettano, suppongo, come cristianesimo e
pace non siano sinonimi. La tradizione belligerante viene dai fratelli
maggiori. In un passo del Deuteronomio Jahve', assicurandogli la vittoria,
invita il suo popolo a prendere d'assedio una citta', e poi: "Passa a fil di
spada ogni maschio, prendi per te le donne i bambini le bestie e tutto quel
che vi trovi... non lasciare in vita nessuno, votali tutti allo sterminio,
demolisci i loro altari, spezza le loro stele, brucia le loro sculture...".
Ma si potrebbe andare molto avanti: le conquiste di Giosue', a cominciare da
quella che a scuola mi raccontavano come pacifica (le mura che crollano al
suono di tromba) e' seguita dallo stesso sterminio, e cosi' le altre
vittorie di quel generale di Dio. Grondano di sangue le visioni dei piu' fra
i profeti. La Jihad non ha inventato niente di nuovo, ne' parole ne' fatti.
E anch'essa e' persuasa di avere Dio dalla sua parte.
*
La parola di Cristo non ha segnato dunque una discontinuita'? Non lo ammette
il biblista Giuseppe Barbaglio, che pure ne ha scritto ne Il dio violento
(1990): egli vede correre anche nel Vecchio Testamento, come un filo rosso,
accanto all'immagine del Dio terribile quella d'un Dio amoroso.
Sta di fatto che nei Vangeli non c'e' che questo. Piu' che un paio di
frustate Gesu' non somministra ai mercanti nel tempio, invita l'offeso a
porgere l'altra guancia e a guardarsi dal ferire di spada, conversa con gli
infedeli come con chi ancora non sa, non invoca dal Padre suo alcuna
vendetta - messaggio che in quei tempi calamitosi e nel ribollire della
Palestina dovette suonare scandaloso, ma fu certo all'origine della sua
straordinaria diffusione. Ma ecco che mille anni dopo il cristianissimo
vescovo Guglielmo di Tiro descrive cosi' le gesta dei crociati una volta
presa Gerusalemme: "Coperti di elmi e corazze percorsero strade e piazze
della citta' uccidendo indistintamente tutti gli infedeli che capitavano,
senza riguardo ne' all'eta' ne' al rango. Da ogni parte si vedevano nuove
vittime, teste staccate dai corpi, non era possibile camminare senza
traversare mucchi di cadaveri... Poi, avendo saputo che gran parte della
popolazione s'era rifugiata al di la' dei bastioni del Tempio, corsero sul
posto in grande moltitudine colpendo con le spade chiunque incontrassero e
inondando di sangue le strade. Essi compivano cosi' i giusti decreti del
signore... poi si cambiarono le vesti, si lavarono le mani e camminando a
piedi nudi con cuore umile gemevano e piangevano con devozione". Questo
succedeva nel 1099, poco prima che Gregorio nascesse, per cui il pio vescovo
si dette molto da fare per la terza crociata. Scene simili si producevano
anche fuori della Terra Santa per il fiorire di pellegrinaggi, diciamo
cosi', non autorizzati, nei quali qualche nobile raccoglieva tutto quel che
trovava per strada e in cammino verso il Santo Sepolcro faceva strage degli
ebrei che capitavano a tiro. Di questa temperie selvaggia partecipano anche,
nelle predicazioni, uomini di spirito elevato come Bernardo di Clairvaux e
Pietro l'Eremita. Come e' accaduto?
*
E' accaduto che nel 312 - mentre i cristiani erano ancora in
clandestinita' - l'imperatore Costantino sogna, la notte prima della
battaglia di ponte Milvio, il solito angelo che gli addita la croce: In hoc
signo vinces. Vince, e dichiara il cristianesimo religione di stato. I
cristiani, che allora vivevano senza esporsi in un loro costume di
solidarieta' e preghiera, escono allo scoperto e la loro chiesa si scambia
favori con l'imperatore. Essa ordina ai fedeli di esser soldati
(garantendogli che se muoiono ammazzando il nemico volano dritti in
paradiso) mentre domanda al potere di interdire le altre religioni. Da
allora al secolo scorso i rapporti fra chiesa e impero o stato restano
stretti, anche se fra non pochi conflitti non di fedi ma di potere, e c'e'
voluto papa Wojtyla per condannare senza mezzi termini la guerra (che resta
pero' come extrema ratio, tale e quale la pena di morte, nel catechismo).
Insomma, quando una religione monoteista si investe del potere terreno o vi
si accorda, la strage in nome di Dio e' sicura. Non che per il cristianesimo
sia stato semplicissimo.
L'antico interdetto del quinto comandamento, non ucciderai, assume un'altra
valenza nella predicazione cristiana, per la quale e' fondativo l'amore per
l'altro, e la guerra non era neppure contemplata. La cultura di allora vede
ogni conflitto in termini militari, scrive Maria Teresa Fumagalli, neanche
Paolo vi sfugge e ogni conflitto anche interiore, fra fede e non fede, bene
e male, culto di Dio e culto di se', lotta a Satana e perfino nel famoso
"Morte, dov'e' la tua vittoria?", prende con naturalezza il linguaggio
bellico.
Ma con Paolo siamo soltanto alla forma. Piu' tardi i Padri si interrogano.
Si interroga Ambrogio: perche', mio Signore, mi dici di vendere la tunica e
comprare la spada, ma mi interdici di usarla? Sara' - prima scivolata - per
legittima difesa? Agostino, suo discepolo e animo tragico, va molto oltre:
se c'e' il male nel mondo deve essere stato previsto dall'infinita sapienza
di Dio, dunque e' in qualche modo concesso - quasi obbligato. Il pessimismo
di Agostino e' radicale. Nella notte tenebrosa del creato dopo la Caduta
c'e' dunque anche la guerra, scrivera' al dubbioso Fausto, essa e'
inevitabile come la tempesta, la sofferenza, la morte. Affermazione fatale,
perche' se connessa alla umana natura per volere di Dio, potrebbe anche, in
certi casi, essere giusta.
In quali casi, che non siano la difesa - anch'essa non contemplata dai primi
cristiani? Su questo si piegheranno i giuristi, specie dopo secoli di
conflitti efferati e in seguito alla conquista spagnola delle Indie, per la
quale, dopo un breve tentativo di dimostrare che gli indiani non sono specie
umana, non esiste legittimazione alcuna. Il grande legittimatore sara' il
domenicano Francisco de Vitoria, argomentatore inquieto la cui dottrina
attraversa i secoli, e influenzera' anche i gesuiti inducendoli a rovesciare
una loro prima posizione in difesa degli indigeni: il molinismo non lascera'
scampo.
Cosi', se e' rimasto sempre fra i cristiani chi non accetta la liceita'
della guerra, si trovera' di regola fra i malpensanti o gli eretici. Contro
la "peste" degli albigesi Innocenzo III reclama l'intervento
dell'imperatore. E cosi' dopo lunghe guerre periranno i catari.
L'arcivescovo di Milano, scoperta nella diocesi di Torino una comunita'
pacifica, che perdipiu' metteva i beni in comune, li manda al rogo tutti. Un
punto particolarmente dolente accompagna la condanna della guerra: il suo
piu' lucido contestatore, John Wyclif di Oxford e i suoi seguaci, i
lollardi, la collegano alla volonta' di dominio, che si radica nella
proprieta'. La persecuzione di Wyclif e dei suoi seguaci non avra' fine.
Insomma il filone pacifista sara' assai minoritario nella chiesa. E per
lungo tempo anche in quella riformata.
*
Ma non e' diffuso neanche fra i pensatori laici. Esita il lucido Erasmo da
Rotterdam, la guerra sta anche nell'Utopia di Tommaso Campanella; soltanto
Marsilio Ficino, credente, non demorde e sara' condannato. Nel Seicento e
nel Settecento la piu' brillante intellettualita' francese non e' pacifista.
Ma il lavoro della Fumagalli Beonio Brocchieri riguarda soprattutto la
chiesa e arriva fino ai nostri giorni. Nessuno dei grandi pacifisti, da
Milani a Balducci, per non parlare di Capitini e Buonaiuti, e' stato amato.
Della posizione dei papi davanti alle guerre e' meglio tacere. Quanto e'
appassionante, e fin tragica, la discussione fra i Padri dopo l'editto di
Costantino, tanto e' fredda sotto il profilo religioso quella che segue con
la modernita'. Gli atei devoti vi possono trovare materia di consolazione.
Per non parlare degli stolidi araldi delle guerre di civilta'. E' roba
nostra, europea, quella che ci torna in quelle che sentiamo come
farneticazioni di Bin Laden o Al Zarkawi. La chiesa le aveva benedette
quando con l'impero si scambiavano reciproci doni. Soltanto Agostino, credo,
ha inserito la guerra nella sua tragica teologia della Caduta - peraltro
sempre all'orlo dell'eresia -, appena si lascino i suoi pensieri, nella
banalita' della storia anche ecclesiale, la guerra si rivela sempre passione
di dominio. Che fra dominio e dominio ci possa essere una guerra giusta, e'
una terrestre e non altissima controversia. Che possa essere Santa, come
talvolta ha detto il Sacro soglio, e' una bestemmia. Quanto alla guerra
umanitaria e' un ossimoro del presente - neanche ai papi piu' virulenti era
venuto in mente.

8. RIFLESSIONE. UNA POSTILLA AL TESTO CHE PRECEDE

Riassumere una vicenda plurimillenaria in poche righe certo puo' dare
l'impressione di certe vecchie comiche ove tutto e' accelerato e per cio'
stesso caricaturale.
Bastera' qui dire che nell'ebraismo, nel cristianesimo, nell'islam - le tre
religioni del libro - certo che vi sono gli orrori sopra descritti.
Ma vi e' anche l'esatto contrario. Vi e' anche l'esatto contrario.
E chi scrive queste righe pensa che cio' che vale in quei messaggi al cui
ascolto infinite moltitudini di persone si sono disposte trovandovi un senso
per la propria esistenza, in quelle grandi tradizioni di pensiero che tanta
parte sono della storica vicenda umana, sia proprio quel messaggio di pace,
e di nonviolenza, che a ogni guerra e ad ogni alienazione si oppone. Di
nonviolenza, si': che e' il contenuto profondo e finanche sommerso, ma vivo,
germinante e splendente, di tutte - tutte - le grandi tradizioni di
pensiero, religiose e laiche, teiste e ateiste, pensate con anima e corpo,
che hanno reso l'umanita' piu' umana.
Sara' concesso a un povero materialista feuerbachiano di scriverlo qui.

9. LE ULTIME COSE. PEPPE SINI: LA RISPOSTA SOFFIA NEL VENTO

Mi chiedo come sia possibile.
In una pagina di Hannah Arendt trovo la risposta: "Dei due principali
strumenti del dominio imperialista, l'uno, il razzismo, venne scoperto in
Sudafrica, mentre l'altro, la burocrazia, mosse i suoi primi passi in
Algeria, in Egitto e in India. Il razzismo era in sostanza la fuga in
un'irresponsabilita' dove non poteva piu' esistere nulla di umano; la
burocrazia derivava la sua coscienza della responsabilita' dalla convinzione
di governare popoli inferiori, che aveva in certo qual modo il dovere di
proteggere, ma per i quali non valevano le leggi del popolo dominante da
essa rappresentato" (Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita',
Milano 1967, 1996, p. 289).
Per certi prominenti di Roma (come per quelli di Washington, loro maestri e
donni), e per coloro che li favoreggiano, la vita degli afgani evidentemente
non ha alcun valore. Fare la guerra li' e' un nonnulla.
E la Costituzione della Repuibblica Italiana e' solo un fastidioso inciampo
di cui non tener conto.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1349 del 7 luglio 2006

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