La nonviolenza e' in cammino. 1344



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1344 del 2 luglio 2006

Sommario di questo numero:
1. "L'Italia ripudia la guerra"
2. Peppe Sini: Quindici uomini sulla cassa del morto
3. Hannah Arendt: L'inganno
4. Simone Weil: Il cattivo uso del linguaggio
5. Riccardo Orioles ricorda Giuseppe D'Urso
6. Adriana Cavarero: Un colloquio sulla filosofia della differenza sessuale
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. "L'ITALIA RIPUDIA LA GUERRA"

Questo afferma il dettato costituzionale: "L'Italia ripudia la guerra".
In Afghanistan e' in corso una guerra.
La presenza cola' dei militari italiani e' partecipazione alla guerra.
Quella partecipazione alla guerra e' proibita dalla legge fondamentale del
nostro paese.
*
La guerra sempre consiste della commissione di omicidi.
La partecipazione militare italiana alla guerra afgana e' la partecipazione
alla commisisone di omicidi.
Per ogni codice giuridico degno di questo nome l'omicidio e' un crimine.
La guerra e' il crimine dei crimini.
*
Un parlamento che vota a favore della partecipazione italiana alla guerra, a
favore della violazione della Costituzione in uno dei suoi principi
fondamentali, a favore della commissione di omicidi, non e' piu' un
parlamento, ma un bivacco di manipoli.
*
Un governo che pretende obbedienza e sostegno quando delibera la
prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra, la prosecuzione
della violazione della Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali,
la prosecuzione della commissione di omicidi, prosegue l'eversione dall'alto
e la barbarie del governo golpista che lo ha preceduto e che il voto
popolare aveva scacciato dal potere esecutivo.

2. EDITORIALE. PEPPE SINI: QUINDICI UOMINI SULLA CASSA DEL MORTO

In questi giorni sulla stampa sono apparsi vari interventi a sostegno della
annunciata sciagurata decisione (che speriamo possa essere revocata dopo una
piu' approfondita riflessione) di molti parlamentari democratici di votare i
crediti di guerra (ed uso questa formula che rinvia alla frattura nella
socialdemocrazia tedesca in occasione dello scatenamento della prima guerra
mondiale perche' so che tra i nostri venticinque lettori non manchera' chi
cogliera' l'implicito richiamo alla riflessione, alla vicenda e alla figura
di Rosa Luxemburg).
Alcuni di questi interventi sono cosi' cialtroni che non vale la pena di
perderci tempo (ad esempio quelli dei dirigenti politici che quando sono
all'opposizione sono contro la guerra e quando sono al governo diventano a
favore: di cosa dobbiamo dicutere con certa gente?). Altri interventi
meritano invece una discussione, un approfondimento, sia per la qualita'
delle persone, sia per la qualita' degli argomenti, sia perche' aperti a
ulteriori svolgimenti. Solo a questi faremo riferimento.
*
Il ragionamento piu' diffuso mi sembra che assuma come questione principale
il pericolo di uno spostamento a destra del governo italiano e della sua
base parlamentare, la necessita' di tener insieme la coalizione che ha
sconfitto il blocco eversivo berlusconiano nelle elezioni di aprile,
l'esigenza di difendere la democrazia nel nostro paese. Sono preoccupazioni
ragionevoli e condivisibili.
Quando nei giorni scorsi un ministro irresponsabile e ricattatore ha
esplicitamente dichiarato che o la coalizione parlamentare del cosiddetto
centrosinistra avallava la prosecuzione della partecipazione militare
italiana alla guerra in Afghanistan o si sarebbe andati subito a nuove
elezioni (con la quasi certa conseguenza del ritorno al potere della
coalizione neofascista, razzista, filomafiosa e golpista), ho provato non
solo una grande indignazione per tanta tracotanza, ma anche una profonda
sollecitudine per le non poche persone buone (e alcune mi sono molto care)
che in parlamento siedono a rappresentare e difendere la democrazia e il
diritto, la verita' e la giustizia, la pace e la dignita' umana, e che ogni
giorno devono far fronte non solo all'aggressione della destra eversiva, ma
anche alla protervia e alla stoltezza di governanti e prominenti il cui
squallore e' invero indicibile.
*
Tuttavia a mio modo di vedere la questione centrale di questa drammatica
vicenda e' un'altra, anzi sono altre due (ma credo siano in realta' una
stessa cosa, vista da due diverse angolature).
La prima: partecipare alla guerra afgana significa provocare cola' la morte
di esseri umani. E nulla, nulla, nulla puo' giustificare che per problemi
politici e istituzionali interni del nostro paese si accetti di contribuire
a far morire la' degli esseri umani.
Occorre quindi votare no alla prosecuzione della partecipazione militare
italiana alla guerra perche' la scelta reale e' tra uccidere o salvare delle
vite umane.
La seconda: uno dei principi fondamentali della Costituzione della
Repubblica Italiana e' il ripudio della guerra. E poiche' non vi e' dubbio
che in Afghanistan sia in corso una guerra, la salvaguardia del nostro
ordinamento giuridico, il rispetto della legalita' costituzionale, impone la
cessazione della partecipazione italiana ad essa.
Occorre quindi votare no alla prosecuzione della partecipazione militare
italiana alla guerra afgana perche' questo ordina la Costituzione. E se si
violasse la Costituzione l'eversione dall'alto avrebbe gia' vinto. Il
crimine avrebbe gia' vinto.
L'ho detto in termini forse un po' rozzi, ma e' precisamente di questo che
in realta' si tratta: votare si' ai crediti di guerra significa votare si'
all'uccisione di esseri umani; votare si' ai crediti di guerra significa
votare si' alla violazione della Costituzione della Repubblica Italiana, al
fondamento stesso del nostro ordinamento giuridico.
Certo, l'intero consiglio dei ministri in carica deliberando unanime il
decreto di prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana ha
gia' violato la Costituzione cui pure ha giurato fedelta'. Ma il fatto che
ministri sciagurati e fedifraghi abbiano commesso un simile delitto deve
essere per il parlamento una ragione in piu' per difendere la Costituzione
che il governo attuale, come quello precedente, tiene in non cale.
*
Due cose ancora vorrei osservare.
La prima: molti in questi giorni hanno agitato del tutto a sproposito
l'argomento della cosiddetta "riduzione del danno": ovvero la tesi alquanto
bizzarra secondo cui il loro voto sara' a favore della guerra perche' un
voto contrario avrebbe esiti peggiori. Peggiori per chi? Riduzione del danno
per chi? Per il ceto politico e la coalizione parlamentare italiana? Ma
stiamo scherzando?
Qui stiamo parlando di far morire delle persone in Afghanistan, o di salvar
loro la vita: l'unica vera "riduzione del danno" e' nella cessazione della
partecipazione alla guerra e nell'impegno affinche' la guerra cessi,
nell'impegno a recare soccorsi umanitari e solidarieta' materiale in forme
rigorosamente nonviolente.
La seconda: molti in questi giorni hanno abusivamente parlato del "metodo
del consenso", ovvero della bonta' del prendere decisioni condivise nel modo
piu' ampio e adeguato utilizzando questa modalita' deliberativa tipicamente
nonviolenta; sostenendo all'incirca che quando la coalizione vincitrice
delle elezioni agisce di concerto le decisioni che prende sono ipso facto,
se non ottime, almeno buone. Ohibo', magari fosse sempre cosi'.
Tale argomento cade anch'esso quando si pretende di usarlo per legittimare
la guerra e le uccisioni. Quand'anche un'assemblea, e sia pure la piu'
autorevole delle assemblee, deliberasse unanime di far morire qualcuno,
quell'omicidio resta un crimine. E quella decisione, quale che sia stata la
metodologia attraverso cui e' stata assunta, e' una decisione iniqua, un
delitto. Certo che conta il metodo, ma conta anche il contenuto delle
decisioni, e quando il contenuto e' uccidere vite umane, nessun metodo puo'
rendere accettabile l'orrore assoluto dell'assassinare.
*
A mio modesto parere e' tutto qui. E il resto sono o chiacchiere capziose e
narcotiche, o analisi anche corrette e condivisibili, ma marginali e quindi
fuorvianti rispetto al vero decisivo oggetto della decisione: la
prosecuzione della partecipazione alla guerra, ovvero all'uccisione di
esseri umani.
Naturalmente rispetto il travaglio delle e dei parlamentari che in questi
giorni dovranno decidere come votare, e spero che la loro riflessione infine
le e li convinca della necessita' di opporsi alla guerra e alle uccisioni,
di opporsi alla violazione della Costituzione.
Solo una postilla aggiungo ancora: l'Italia per fortuna e' ancora una
democrazia parlamentare: e' il parlamento che delibera le leggi, e il
governo alla volonta' del parlamento ubbidisce; se il consiglio dei ministri
pensa di avere potere dittatoriali sul parlamento, ebbene, quei ministri
hanno sbagliato coalizione. Non solo: l'Italia, per fortuna, e' ancora uno
stato di diritto, e tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, e
nessuno e' al di sopra della legge, e nessuno puo' impunemente violare le
leggi: e la legge fondamentale del nostro paese ripudia la guerra.

3. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'INGANNO
[Da Hannah Arendt, Politica e menzogna, Sugarco, Milano 1985, p. 90. Hannah
Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di
Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio,
dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime
pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli,
Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie
divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang
Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg
Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

... l'inganno non e' perenne.

4. MAESTRE. SIMONE WEIL: IL CATTIVO USO DEL LINGUAGGIO
[Da Simone Weil, Lezioni di filosofia, Adelphi, Milano 1999, p. 74. Simone
Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante
sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di
fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice
agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la
Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze,
muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella
che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in
particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

Il linguaggio e' pericoloso nella misura in cui e' meccanico.

5. MEMORIA. RICCARDO ORIOLES RICORDA GIUSEPPE D'URSO
[Dalla bella rivista elettronica diretta da Riccardo Orioles (per contatti:
riccardoorioles at sanlibero.it) "La Catena di San Libero", n. 336 del 24
giugno 2006.
Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di
rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile);
militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo
Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del
settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La
Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto
gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al
giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli
utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una
raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico
Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile
leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori
di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due
ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa,
Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene
(Einaudi, Torino 1999).
Su Giuseppe D'Urso cfr. l'ampia sezione alla sua figura e alla sua azione
dedicata nel n. 584 del 2003 di questo foglio]

Persone. Giuseppe D'Urso. Ingegnere, militante storico dei "Siciliani", e'
stato il primo in Italia a studiare approfonditamente i rapporti fra mafie e
massonerie (mafia e P2, ecc.). Morto il 16 giugno '96, dieci anni fa. Per
onorarlo, liberiamoci da piduisti e mafiosi.

6. RIFLESSIONE. ADRIANA CAVARERO: UN COLLOQUIO SULLA FILOSOFIA DELLA
DIFFERENZA SESSUALE
[Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche
(www.emsf.rai.it) riprendiamo la trascrizione della puntata del programma
televisivo "Il Grillo" realizzata con gli studenti del Liceo scientifico
"Copernico" di Napoli il primo febbraio 2000 e trasmessa il 5 aprile 2000.
Adriana Cavarero e' docente di filosofia politica all'Università di Verona;
dal sito "Feminist Theory Website: Zagreb Woman's Studies Center" ospitato
dal Center for Digital Discourse and Culture at Virginia Tech University
(www.cddc.vt.edu/feminism), copyright 1999 Kristin Switala, riportiamo
questa scheda bibliografica delle sue opere pubblicate in volume: a) libri:
Dialettica e politica in Platone, Cedam, Padova 1974; Platone: il filosofo e
il problema politico. La Lettera VII e l'epistolario, Sei, Torino 1976; La
teoria politica di John Locke, Edizioni universitarie, Padova 1984;
L'interpretazione hegeliana di Parmenide, Quaderni di Verifiche, Trento
1984; Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma1990. (traduzione tedesca:
Platon zum Trotz, Rotbuch, Berlin 1992; traduzione inglese: In Spite of
Plato, Polity, Cambridge 1995, e Routledge, New York 1995); Corpo in figure,
Feltrinelli, Milano 1995; Platone. Lettera VII, Repubblica: libro VI, Sei,
Torino 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997;
Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Le filosofie femministe,
Paravia, Torino 1999; A piu' voci. Filosofia dell'espressione vocale,
Feltrinelli, Milano 2003. b) saggi in volumi collettanei: "Politica e
ideologia dei partiti in Inghilterra secondo Hume", in Per una storia del
moderno concetto di politica, Cleup, Padova 1977, pp. 93-119; "Giacomo I e
il Parlamento: una lotta per la sovranita'", in Sovranita' e teoria dello
Stato all'epoca dell'Assolutismo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma
1980, pp. 47-89; "Hume: la politica come scienza", in Il politico. Da Hobbes
a Smith, a cura di Mario Tronti,Feltrinelli, Milano 1982, vol. II, pp.
705-715; "Il principio antropologico in Eraclito", in Itinerari e
prospettive del personalismo, Ipl, Milano 1987, pp. 311-323; "La teoria
contrattualistica nei Trattati sul Governo di John Locke", in Il contratto
sociale nella filosofia politica moderna, a cura di Giuseppe Duso, Il
Mulino, Bologna 1987, pp. 149-190; "Per una teoria della differenza
sessuale", in Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga,
Milano 1987, pp. 43-79. (traduzioen tedesca: "Ansatze zu einer Theorie der
Geschlechterdifferenz", in Diotima. Der Mensch ist Zwei, Wiener
Frauenverlag, Wien 1989); "L'elaborazione filosofica della differenza
sessuale", in La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp.
173-187. (traduzione inglese: "The Need for a Sexed Thought", in Italian
Feminist Thought, ed. by S. Kemp and P. Bono, Blackwell, Oxford 1991);
"Platone e Hegel interpreti di Parmenide", in La scuola Eleatica,
Macchiaroli, Napoli 1988, pp. 81-99; "Dire la nascita", in Diotima. Mettere
al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, pp. 96-131. (traduzione
spagnola: "Decir el nacimiento", in Diotima. Traer al mundo el mundo, Icaria
y Antrazyt, Barcelona 1996); "Die Perspective der Geschleterdifferenz", in
Differenz und Gleicheit, Ulrike Helmer Verlag, Frankfurt 1990, pp. 95-111;
"Equality and Sexual Difference: the Amnesias of Political Thought", in
Equality and Difference: Gender Dimensions of Political Thought, Justice and
Morality, edited by G. Bock and S. James, Routledge, London 1991, pp.
187-201; "Il moderno e le sue finzioni", in Logiche e crisi della modernita,
a cura di Carlo Galli, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 313-319; "La tirannia
dell'essere", in Metamorfosi del tragico fra classico e moderno, a cura di
Umberto Curi, Laterza, Rma-Bari 1991, pp. 107-122; "Introduzione" a: B.
Head, Una questione di potere, El, Roma 1994, pp. VII-XVIII; "Forme della
corporeita'", in Filosofia, Donne, Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp.
15-28; "Figures de la corporeitat", Saviesa i perversitat: les dones a la
Grecia Antiga, coordinacio de M. Jufresa, Edicions Destino, Barcelona 1994,
pp. 85-111; "Un soggetto femminile oltre la metafisica della morte", in
Femminile e maschile tra pensiero e discorso, Labirinti 12, Trento, pp.
15-28; "La passione della differenza", in Storia delle passioni, a cura di
Silvia Vegetti Finzi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 279-313; "Il corpo e il
segno. Un racconto di Karen Blixen", in Scrivere, vivere, pensare, a cura di
Francesca Pasini, La Tartaruga, Milano 1997, pp. 39-50; "Schauplatze der
Einzigartigkeit", in Phaenomenologie and Geschlechterdifferenz, edd. Silvia
Stoller und Helmuth Vetter, WUV-Universitatsverlag, Wien 1997, pp. 207-226;
"Il pensiero femminista. Un approccio teoretico", in Le filosofie
femministe, a cura di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Paravia, Torino
1999, pp. 111-164; "Note arendtiane sulla caverna di Platone", in Hannah
Arendt, a cura di Simona Forti, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 205-225]

- Adriana Cavarero: Buongiorno, mi chiamo Adriana Cavarero e insegno
filosofia politica all'Universita' di Verona. Tengo alcuni corsi di
filosofia e letteratura all'Universita' di New York negli Stati Uniti. Tema
dell'incontro odierno e' "La filosofia della differenza sessuale".
Visioniamo ora una scheda filmata introduttiva.
*
- Scheda filmata introduttiva: "Lo Zarathustra di Nietzsche chiama i
filosofi 'dispregiatori del corpo'. Egli avverte che il corpo e' una grande
ragione. Ricorda ai filosofi che quella piccola ragione che viene chiamata
spirito e' solo un piccolo strumento e un giocattolo nelle mani della grande
ragione del corpo. Perche' ricordarlo proprio ai filosofi? Perche' una certa
figura del filosofo richiama bene l'immagine dello spirito ascetico e
asessuato che, liberandosi dai bisogni corporei, cerca di innalzarsi al di
sopra delle cose mortali e di ritrovare la radice divina che e' nell'anima.
In questa prospettiva piu' si e' vicini alla corporeita' e piu' si e'
lontani dalla verita' della filosofia, che e' invece metafisica nel senso
letterale del termine, ovvero al di la' delle cose sensibili, fisiche. In
questo senso la filosofia esprime anche una precisa connotazione sessuale.
Solo all'uomo infatti e' concesso di staccarsi completamente dalla
corporeita' e ascendere alla dimensione metafisica. La donna e'
biologicamente legata piu' al corpo. Il parto, l'allattamento, la legano
alla corporeita' in un modo del tutto speciale e naturale. La filosofia e'
stata tradizionalmente cosa da uomini, finche' e' stata intesa come
metafisica. Platone, nel dialogo intitolato Teeteto, paragona la filosofia
alla maieutica, ovvero all'ostetricia. Mentre la madre di Socrate, che era
ostetrica, pensava al parto dei corpi, il figlio filosofo pensava al parto
delle anime, cioe' a far partorire il sapere e la ragione. Sulla scala dei
valori metafisici il figlio era piu' importante della madre. Ma, nel momento
in cui entra in crisi la vocazione metafisica della filosofia, allora entra
in crisi l'intero sistema filosofico dei valori. Il farsi avanti di quella
grande ragione del corpo, di cui parla Nietzsche, il filosofo dell'uomo, non
sara' pertanto anche il farsi avanti di una filosofia declinata al
femminile?".
*
- Studentessa: Martha Nussbaum afferma che la ragione e l'obiettivita'
dovrebbero essere le nuove armi delle donne e non qualcosa contro cui esse
si trovano a combattere. Nell'ultima parte del filmato ci si chiede se il
farsi avanti di questa grande ragione del corpo, di cui parla Nietzsche,
condurra' ad una filosofia declinata al femminile. Io Le chiedo: che cosa
vuol dire servirsi della ragione per una donna? E cosa si intende per
obiettivita'?
- Adriana Cavarero: La razionalita' qui intesa e' di tipo kantiano. Sono
sulla stessa linea di pensiero di Martha Nussbaum quando lei combatte la
divisione stereotipica uomo razionale-donna irrazionale, che finisce per
confinare le donne fuori della storia della filosofia. Sono un po' meno
d'accordo nell'assumere la ragione come cio' a cui anche la donna puo' o
deve accedere. Se si compie solo questa operazione, non si spezza la
dicotomia. Una filosofia al femminile, o, come preferisco dire io, una
filosofia della differenza sessuale, non dovrebbe solo spostare le donne
dalla irrazionalita' alla razionalita', ma rompere la citata dicotomia,
l'opposizione cioe' fra la ragione e la passione, fra la ragione e
l'irrazionale. Si tratta di pensare diversamente la soggettivita' umana.
L'obiettivita' e' molto legata alla razionalita'. Obiettivita' e'
generalmente cio' che e' indiscutibile, cio' che e' universale, cio' che
nella filosofia moderna corrisponde allo scientificamente dimostrabile.
Anche il concetto di obiettivita' fa parte della costruzione dicotomica e
per questo va discusso.
*
- Studentessa: Ricollegandoci alla dicotomia cui lei accennava, noi abbiamo
portato come oggetto un labirinto a simboleggiare il mito di Teseo ed
Arianna. Teseo riesce ad uccidere il Minotauro grazie al coraggio, alla
virilita', e alla forza, tipicamente maschili. Eppure Teseo, dopo avere
ucciso il Minotauro, riesce ad uscire dal labirinto solo grazie
all'intelligenza e all'astuzia di Arianna, che gli dona un gomitolo di filo
affinche' egli possa trovare la via del ritorno. Perche', da Platone in poi,
si e' venuta a creare una gerarchia che ha privilegiato la razionalita'
sulla corporeita', attribuendo la razionalita' al genere maschile e la
corporeita' a quello femminile, e quindi favorendo la supremazia del genere
maschile su quello femminile?
- Adriana Cavarero: L'esempio del labirinto e' chiarificante perche' con il
mito non si definisce ancora una netta opposizione maschile-femminile.
All'epoca dei miti la razionalita' maschile e quella femminile si
rassomigliano, e ad esse va attribuito il termine greco metis, traducibile
con astuzia, scaltrezza, capacita' di espediente. Nel mito l'elemento
femminile e quello maschile non sono ancora in contrapposizione. E' comunque
un periodo di inquietitudine rispetto alla differenza sessuale. Lo stesso
mito di Arianna presenta gia' uno degli stereotipi piu' frequenti: la storia
dell'uomo che abbandona la donna e che va verso altri lidi. La filosofia
interviene proprio nell'inquietudine del mito, ovvero nella sua indecisione
sulla superiorita' da imputare ad un sesso rispetto all'altro. La filosofia
impatta su questa inquietudine con l'intenzione di superarla. Il mito non e'
mai sistemico, mentre la filosofia, che tende al sistema, ne crea uno,
posizionando i due sessi in ruoli molto precisi, in una gerarchia. E'
difficile dire perche' questo succeda. Si possono semplicemente vedere gli
effetti. La creazione di una sfera razionale o del sapere, ossia di un
ambito dei poteri attinente al protagonismo maschile, e' sicuramente un
effetto; l'altro e' l'emergere di una sfera di servizio, di quella che
Aristotele chiama la sfera domestica, riservata alla cura dei corpi e
contrapposta alla sfera politica, che compete alle donne come uniche
responsabili della gestazione, della nutrizione e dell'assistenza agli
anziani. Il distacco della filosofia dal mito, per sempre fissato nelle sue
grandi linee, e' piuttosto il portato dello sviluppo storico. I principali
cicli eroici appartengono ad epoche ancora lontane da una visione esatta
dello sviluppo storico. La filosofia appartiene ad epoche documentate e
quindi storiche.
*
- Studentessa: Secondo lei, la differenza sessuale, che vorrebbe razionale
l'uomo e corporea e sensuale la donna, non e' piu' un prodotto culturale che
una dicotomia vera e propria? Perche' e' pur vero che la donna, nonostante
che per la stessa maternita', per il parto, e per l'allattamento sia piu'
legata al corpo, sa farsi valere in qualita' di donna manager, a volte,
anche meglio dell'uomo.
- Adriana Cavarero: La differenza sessuale e' anzitutto biologica, quindi e'
un dato di natura. Gli ordini simbolico, della rappresentazione, della
significazione e del pensiero, attribuiscono il medesimo senso a tutti i
dati di natura. Va detto che nella differenza sessuale in se', come dato
naturale, non e' iscritta alcuna gerarchia. La differenza sessuale non
esprime, di suo, la superiorita' di un sesso rispetto all'altro. La potenza
creatrice del corpo femminile, ossia di quel corpo che genera la vita, e'
l'unico elemento gerarchizzante di questa differenza. La tradizione
denominata patriarcale, affermando la superiorita' del maschile sul
femminile, ha inteso cosi' reagire alla potenza materna, traducendo la
differenza sessuale in una gerarchia di preminenza maschile in cui il
femminile si limita a un ruolo secondario, ovvero di servizio. A questo
stato di cose subentra, nella modernita', il principio di uguaglianza. Prima
dell'avvento della societa' moderna e del principio egualitario era
impensabile che una donna ricoprisse il ruolo di un uomo. Attualmente, dal
punto di vista dell'ordine simbolico, ossia dell'ordine della
rappresentazione, il femminile continua ad essere pensato come naturalmente
domestico, materno, di servizio, e il maschile come naturalmente dominante,
intelligente, razionale, politico. Gli stereotipi permangono, ma in
compagnia di meccanismi che consentono alle donne di essere immesse in ruoli
prima riservati agli uomini. La donna manager e' qualcuno che esce dal ruolo
stereotipico femminile per entrare in quello tradizionale maschile. La donna
manager puo' essere piu' brava degli uomini, ma a costo che interpreti un
ruolo maschile. In sostanza si potrebbe dire che la donna manager imita il
piu' delle volte il paradigma maschile. Questo e' il paradosso
dell'eguaglianza. Le donne fanno il loro ingresso nei luoghi tradizionali
dei saperi e dei poteri solo se diventano surrogati del modello maschile,
arrivando persino a scimmiottarne i gesti. Questo e' un segno del fatto che
non e' affatto cambiato l'ordine simbolico, l'ordine della rappresentazione.
*
- Studente: Se il principio di eguaglianza costituisce un paradosso, e la
donna viene omologata all'uomo nella sfera sociale, secondo lei che strada
dovrebbe intraprendere il femminismo per arrivare a una situazione che
arrechi vantaggi ad ambedue i sessi?
- Adriana Cavarero: La Sua domanda e' gia' una risposta. I termini del
problema non sono quelli di mantenere la dicotomia esistente. Questa
dicotomia deve essere spezzata perche' e', in ogni caso, una dicotomia
gerarchica, nella quale la differenza equivale a inferiorita'. Per rompere
la dicotomia occorre portarsi a tematizzare la differenza, o le differenze.
Occorre ripensare la cosiddetta differenza sessuale. Pensare la differenza
sessuale significa non registrarla piu' con una gerarchia, giacche' la
differenza presuppone e mette in luce un differire. Immediatamente siamo o
di un sesso o di un altro. Un sesso non deriva dall'altro. Il femminile non
e' una specificazione del maschile, e viceversa. Pensare la differenza
sessuale oggi aiuta a pensare le differenze individuali, ed altre molto
importanti politicamente, come le cosiddette differenze culturali e quelle
etniche. Tuttavia la filosofia tradizionale si prefigge lo scopo di
eliminare in particolare il contingente di cui fanno parte queste unicita'.
Una nuova filosofia del Duemila ha il coraggio di pensare senza gerarchie e
senza dominazioni.
*
- Studentessa: Vorrei chiederle se concorda con la premessa che donne non si
nasce ma si diventa, e, se si', che cosa significa per lei essere o
diventare donna.
- Adriana Cavarero: Io concordo con Simone de Beauvoir quando afferma che
ogni donna aderisce a uno stereotipo. Si diventa donne, considerato che lo
stereotipo viene offerto obbligatoriamente dalla cultura e dalla societa'.
L'individuo femminile allevato allo stereotipo vi entra diventando donna.
Non mi trovo piu' d'accordo quando questo discorso voglia essere esaustivo.
Donna non si diventa ma si nasce se si considera la differenza femminile.
Pensare diversamente questa differenza significa allora pensarla in modo che
non coincida obbligatoriamente con gli stereotipi. Occorre a tal fine
distrarre il nostro sguardo dalla tradizione filosofica metafisica, come
suggeriva il filmato, e sforzarsi di accogliere l'unicita' dell'altra e la
differenza come il primo valore, come cio' che puo' fondare un'etica, una
politica e una filosofia.
*
- Studente: Non le pare strano che all'emancipazione della donna sono
occorsi piu' di venti secoli? Questa emancipazione e' il risultato di un
rafforzamento da parte della donna, della propria posizione, oppure di un
indebolimento da parte dell'uomo?
- Adriana Cavarero: Certamente il raggiungimento da parte della donna della
parita' di diritti con l'uomo e' stato ottenuto con troppi secoli di
ritardo. Purtroppo la struttura stessa della storia, dell'ordine simbolico,
dei codici sociali, e' sempre stata di difficile rottura. Si era in presenza
di societa' in cui gli uomini egemonizzavano tutti i luoghi dei saperi e dei
poteri. Difatti il principio di eguaglianza, da cui poi deriva
l'emancipazione, non e' un'invenzione femminile. A coniarlo furono piu' o
meno i giusnaturalisti, da Thomas Hobbes, passando per John Locke, a
Jean-Jacques Rousseau. Quel modello nasce in un periodo di grande crisi
politica europea e di devastanti guerre civili. Quel modello politico nasce
per abbattere le differenze di ceti, poteri e diritti dell'antica societa',
ancora in parte medievale, o piuttosto monarchico-rinascimentale, e inventa
lo stato di natura come nuovo fondamento di eguaglianza da cui, pero', le
donne paiono escluse. In realta' in questo concetto di eguaglianza le donne
non sono contemplate, persino neanche immaginate. Tuttavia il principio di
eguaglianza si prestava per tutti i tipi di emancipazione e di
antidiscriminazione. A quel punto sorsero giocoforza i circoli femminili di
Olympia de Gourges e Mary Wollstonecraft che cominciarono a rivendicare
l'abbattimento dell'inferiorita' sociale e giuridica della donna. Certo e'
che non si sarebbe mai arrivati a un superamento del modello politico se lo
stesso soggetto maschile non avesse pensato a ristrutturarlo.
*
- Studentessa: Per quale motivo la donna, per emergere, ha avuto la
necessita' di scimmiottare l'uomo, e non e' stata in grado di scendere in
campo con quelle che sono le sue proprie capacita'?
- Adriana Cavarero: A questa triste domanda deve seguire una risposta
altrettanto drammatica. Il principio di eguaglianza e' un principio formale,
ma non funziona sul piano sostanziale. La situazione di apparente non
discriminazione, anche sostanziale, propria della scuola, che si dimostra in
questo un'isola felice, contrasta poi con quello che incontrerete nel
funzionamento effettivo della societa'. L'organigramma dei saperi e dei
poteri e' ancora in mano agli uomini. Cio' significa che, se una donna vuole
fare carriera, deve adattarsi alla legge pratica vigente, che impone al
femminile di assomigliare il piu' possibile al maschile. E' nondimeno vero
che in taluni ambiti, come quello dell'elaborazione dei saperi o quelli di
alcune pratiche etiche e politiche, la specificita' femminile e' emersa, o
sta emergendo, proponendo un modello diverso da quello tradizionale a cui si
riferisce l'emancipazione. Laddove sono in gioco le capacita' di
relazionarsi dei singoli e di accogliere la differenza dell'altro, le donne
sembrano possedere un modello di comportamento e una pratica politica ed
etica molto piu' efficiente. Possiamo vedere il secondo filmato, che
specifica anche la complessita' dell'ordine simbolico-gerarchico di cui
abbiamo parlato. Discorrendo della dicotomia mente-corpo, uomo-donna,
abbiamo  concluso che la donna sta dalla parte del corpo, ma attraverso
ruoli diversi e complessi. Il filmato ne esemplifica due, cruciali allo
stato dei fatti. Da una parte il corpo materno, ovvero il corpo che genera.
Questo corpo non puo' essere immaginato eroticamente. Dall'altra, la donna
corrisponde al corpo osceno, al corpo erotico, all'oggetto del desiderio
sessuale maschile. Questa e' una contraddizione, piu' che un paradosso. Per
le donne della mia eta' c'e' sempre stata l'incertezza se aderire allo
stereotipo domestico materno, e quindi essere dolci, buone, servizievoli, e
fiere di essere madri, oppure se essere un corpo seducente. E' indubbio che
la madre non puo' essere erotica, come e' indubbio che il corpo erotico non
puo' essere madre. Occorre tuttavia rilevare che questa distinzione
contraddittoria e' parimenti dominata dal soggetto maschile. Possiamo notare
i due oggetti che sono in studio. Il primo e' quello della Madonna, che
nella cultura occidentale, e in quella italiana successivamente, ha una
importanza iconografica fondamentale, rappresentando proprio la madre e la
santa che nutre e si dedica al figlio maschio. Si dice spesso che cio' di
cui abbiamo bisogno e' la rappresentazione, anche iconica, dei rapporti fra
madre e figlia. I rapporti fra madre e figlia non sono rappresentati nella
cultura occidentale. La madre e' sempre la moglie di un marito, e gli dona
un figlio maschio fino a nutrirlo e a sacrificarsi per lui. L'altro oggetto
che abbiamo in studio e' l'immagine di una sirena. La sirena e' la tipica
icona del corpo femminile, erotico e osceno. La sirena bacia il pescatore,
lo trascina nelle acque e poi lo uccide. Eros e' dunque morte, e' thanatos.
Nell'universo dei miti le sirene, menzionate anche nell'Odissea omerica,
sono demoni marini, meta' donne e meta' uccelli. La parte animale del corpo
ibrido delle sirene rappresenta appunto la trasgressione. Cio' e' per dire
che la rappresentazione della donna come corpo appare complessa, ma in
ambedue i casi sottosta' al dominio dell'icona maschile. Anche la sirena
canta, ma canta per gli uomini.
*
- Studentessa: Secondo lei, il privilegio di cui gode l'uomo non potrebbe
essere causato dal timore che la donna possa in qualche modo superarlo?
- Adriana Cavarero: La sua interpretazione mi piacerebbe molto. In parte
forse attiene al vero. Sigmund Freud imposta gran parte della sua concezione
psicoanalitica sull'invidia del pene, che porrebbe la bambina, e quindi la
donna, in una situazione subordinata. Io sono convinta che, nella storia
dell'immaginario occidentale, non scientificamente capace di analizzare
l'intero processo di concepimento, un ruolo sottile eppure fondamentale
abbia giocato l'invidia dell'utero, in quanto potere di dare la vita.
L'invidia del potere di dare la vita viene cosi' sostituita e soppiantata
dal potere di dare la morte. Nell'epoca contemporanea si constatano sintomi
e segni di una crisi dell'identita' maschile, che non corrisponderebbe
affatto a una crisi dell'identita' femminile. Pare che l'identita' maschile
stereotipica sia maggiormente soggetta a una crisi di ripensamento, a uno
sconvolgimento del proprio assetto.
*
- Studentessa: Secondo lei, il fatto che la societa' sia fallologocentrica
puo' essere dovuto a un limite della donna, che non e' mai riuscita ad
affermare la propria individualita' al di fuori dell'ambito domestico?
- Adriana Cavarero: Io non so se sia proprio una colpa. Il confinamento
delle donne in ambito domestico e' il portato di una gabbia ideologica. La
gabbia ideologica appartiene a un tipo di violenza sottile e implicita, e,
per questo, piu' efficace. Sempre nell'ambito domestico, ovvero di
espulsione dalla sfera dei poteri e dei saperi, tradizionalmente maschili,
le donne hanno saputo creare proprie forme di potere e di sapere. Il vincolo
maschile, quindi, non e' stato cogente complessivamente. Nell'ambito della
narrazione, e in particolare nello scambio narrativo, che e' di nuovo quello
della relazione, le donne hanno manifestato grandi saperi e una vasta
esperienza. Le sirene di Omero non cantano soltanto, ma raccontano tutto il
poema. Esse sono un doppione della musa. Si pensi alla figura di
Sheherazade. La figura femminile come origine del canto narrativo e'
riconosciuta persino dalla tradizione. Il materno, che prima veniva
esemplificato dall'immagine della Madonna, e' anche invasivo: la madre e'
oppressiva, e' inoltre colei che genera il figlio ma che vorrebbe
possibilmente rimangiarselo. La filosofia della differenza sessuale e' ben
lungi dall'essere una teoria di santificazione di tutto il femminile e di
demonizzazione di tutto il maschile.
*
- Studente: Secondo lei, cosa dovrebbe cambiare nell'attuale societa'
affinche' la differenza sessuale possa attenuarsi o addirittura scomparire?
- Adriana Cavarero: Personalmente non voglio che scompaia. Io voglio che sia
pensata e capita diversamente. Io non sono affatto per il superamento della
differenza sessuale. La differenza sessuale, oltre che un dato, e' un dono
di natura. C'e' sempre qualcosa di buono e di giusto nell'essere cosi' come
si e'. Occorre semmai superare il modello che abbiamo definito
gerarchico-dicotomico, che, oltre ad essere di dominazione, ha prodotto e
produce pessimi risultati in tutti i campi concernenti la differenza. I
giovani devono cominciare a pensare la propria singola differenza come una
posizione di parzialita' e non di universalita', nel senso che nessuno dei
due sessi puo' parlare per l'altro, e nessun soggetto puo' ergersi a modello
universale per gli altri. E' necessario apprezzare la parzialita', e dunque
la contingenza, per avere un atteggiamento di apertura all'altro, che e'
appunto un atteggiamento di relazione.
*
- Studente: Quindi per lei cosa vuol dire oggi essere donna?
- Adriana Cavarero: Essere donna oggi significa tante cose assieme. Vuol
dire anzitutto appartenere agli stereotipi. Donna si diventa. Molte cose che
io sono oggi lo sono diventata. Io ritengo di essere socialmente costruita.
Anche i ragazzi sono socialmente costruiti. Il discorso vale per ambedue i
sessi. Essere donna oggi vuol dire stare nell'ambito del principio
egualitario e antidiscriminatorio e assumerne i vantaggi e i guadagni. Senza
dimenticare che occorre altresi' combattere cio' che nel principio di
eguaglianza equivale a omologazione. La complessita' dell'odierna differenza
sessuale e' ancora segnata da elementi negativi. A questo proposito occorre
uno sforzo da parte sia delle ragazze che dei ragazzi. Io non penso ad
un'uscita univoca. Io non penso che le ragazze penseranno alla differenza e
alla parzialita' e per questo combatteranno i ragazzi, che invece continuano
a pensare alla loro universalita'. Sono ottimista al riguardo. Lei, per
esempio, sarebbe disposto a rinunciare alla universalita' del "cogito ergo
sum" cartesiano?
*
- Studente: Abbiamo scelto il sito Internet sul cantautore Fabrizio De
Andre', e in particolare il testo di una sua canzone, Bocca di rosa, che
parla appunto di come l'arrivo di una prostituta in un paesino ha sconvolto
la vita degli abitanti. Partendo dalla carnalita' e dalla passionalita' di
questa donna, vorrei sapere cosa pensa lei dello sconvolgimento dei rapporti
interpersonali causato dall'avvento di internet, e, in quanto filosofa,
dell'applicazione di pratiche come il sesso virtuale?
- Adriana Cavarero: Distinguerei il mondo di internet dal sesso virtuale. Io
sono molto favorevole a internet, perche', pur avendo il difetto,
chiamiamolo cosi', di eliminare i corpi, e' comunque un luogo relazionale
notevole. Il sesso virtuale appartiene all'immaginario maschile di fruizione
del corpo. Lei sa che l'immagine pornografica ha una lunga storia nella
vicenda dell'eccitazione maschile. Non sarei pertanto favorevole al
cosiddetto sesso virtuale. La prostituta di Bocca di rosa e' tuttavia
emblematica nel rappresentare tanto il corpo erotico quanto la generosita'.
Bocca di rosa, oltre a essere oggetto, si presta al servizio dei desideri
maschili perche' e' generosa, perche' e' buona, perche' e' garante della
felicita' di un attimo. I modi di dominazione del corpo femminile sono
sottili, complessi. La filosofia occidentale non e' mai rozza. Io, come lei,
sono stata colpita da una frase della canzone, che maggiormente indica la
generosita' di Bocca di rosa, e che dice: "C'e' chi l'amore lo fa per noia,
e chi lo sceglie per professione. Bocca di rosa ne' l'uno ne' l'altro, lei
lo faceva per passione".

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1344 del 2 luglio 2006

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