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La nonviolenza e' in cammino. 1344
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1344
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 2 Jul 2006 01:01:12 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1344 del 2 luglio 2006 Sommario di questo numero: 1. "L'Italia ripudia la guerra" 2. Peppe Sini: Quindici uomini sulla cassa del morto 3. Hannah Arendt: L'inganno 4. Simone Weil: Il cattivo uso del linguaggio 5. Riccardo Orioles ricorda Giuseppe D'Urso 6. Adriana Cavarero: Un colloquio sulla filosofia della differenza sessuale 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. "L'ITALIA RIPUDIA LA GUERRA" Questo afferma il dettato costituzionale: "L'Italia ripudia la guerra". In Afghanistan e' in corso una guerra. La presenza cola' dei militari italiani e' partecipazione alla guerra. Quella partecipazione alla guerra e' proibita dalla legge fondamentale del nostro paese. * La guerra sempre consiste della commissione di omicidi. La partecipazione militare italiana alla guerra afgana e' la partecipazione alla commisisone di omicidi. Per ogni codice giuridico degno di questo nome l'omicidio e' un crimine. La guerra e' il crimine dei crimini. * Un parlamento che vota a favore della partecipazione italiana alla guerra, a favore della violazione della Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali, a favore della commissione di omicidi, non e' piu' un parlamento, ma un bivacco di manipoli. * Un governo che pretende obbedienza e sostegno quando delibera la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra, la prosecuzione della violazione della Costituzione in uno dei suoi principi fondamentali, la prosecuzione della commissione di omicidi, prosegue l'eversione dall'alto e la barbarie del governo golpista che lo ha preceduto e che il voto popolare aveva scacciato dal potere esecutivo. 2. EDITORIALE. PEPPE SINI: QUINDICI UOMINI SULLA CASSA DEL MORTO In questi giorni sulla stampa sono apparsi vari interventi a sostegno della annunciata sciagurata decisione (che speriamo possa essere revocata dopo una piu' approfondita riflessione) di molti parlamentari democratici di votare i crediti di guerra (ed uso questa formula che rinvia alla frattura nella socialdemocrazia tedesca in occasione dello scatenamento della prima guerra mondiale perche' so che tra i nostri venticinque lettori non manchera' chi cogliera' l'implicito richiamo alla riflessione, alla vicenda e alla figura di Rosa Luxemburg). Alcuni di questi interventi sono cosi' cialtroni che non vale la pena di perderci tempo (ad esempio quelli dei dirigenti politici che quando sono all'opposizione sono contro la guerra e quando sono al governo diventano a favore: di cosa dobbiamo dicutere con certa gente?). Altri interventi meritano invece una discussione, un approfondimento, sia per la qualita' delle persone, sia per la qualita' degli argomenti, sia perche' aperti a ulteriori svolgimenti. Solo a questi faremo riferimento. * Il ragionamento piu' diffuso mi sembra che assuma come questione principale il pericolo di uno spostamento a destra del governo italiano e della sua base parlamentare, la necessita' di tener insieme la coalizione che ha sconfitto il blocco eversivo berlusconiano nelle elezioni di aprile, l'esigenza di difendere la democrazia nel nostro paese. Sono preoccupazioni ragionevoli e condivisibili. Quando nei giorni scorsi un ministro irresponsabile e ricattatore ha esplicitamente dichiarato che o la coalizione parlamentare del cosiddetto centrosinistra avallava la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra in Afghanistan o si sarebbe andati subito a nuove elezioni (con la quasi certa conseguenza del ritorno al potere della coalizione neofascista, razzista, filomafiosa e golpista), ho provato non solo una grande indignazione per tanta tracotanza, ma anche una profonda sollecitudine per le non poche persone buone (e alcune mi sono molto care) che in parlamento siedono a rappresentare e difendere la democrazia e il diritto, la verita' e la giustizia, la pace e la dignita' umana, e che ogni giorno devono far fronte non solo all'aggressione della destra eversiva, ma anche alla protervia e alla stoltezza di governanti e prominenti il cui squallore e' invero indicibile. * Tuttavia a mio modo di vedere la questione centrale di questa drammatica vicenda e' un'altra, anzi sono altre due (ma credo siano in realta' una stessa cosa, vista da due diverse angolature). La prima: partecipare alla guerra afgana significa provocare cola' la morte di esseri umani. E nulla, nulla, nulla puo' giustificare che per problemi politici e istituzionali interni del nostro paese si accetti di contribuire a far morire la' degli esseri umani. Occorre quindi votare no alla prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra perche' la scelta reale e' tra uccidere o salvare delle vite umane. La seconda: uno dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana e' il ripudio della guerra. E poiche' non vi e' dubbio che in Afghanistan sia in corso una guerra, la salvaguardia del nostro ordinamento giuridico, il rispetto della legalita' costituzionale, impone la cessazione della partecipazione italiana ad essa. Occorre quindi votare no alla prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana perche' questo ordina la Costituzione. E se si violasse la Costituzione l'eversione dall'alto avrebbe gia' vinto. Il crimine avrebbe gia' vinto. L'ho detto in termini forse un po' rozzi, ma e' precisamente di questo che in realta' si tratta: votare si' ai crediti di guerra significa votare si' all'uccisione di esseri umani; votare si' ai crediti di guerra significa votare si' alla violazione della Costituzione della Repubblica Italiana, al fondamento stesso del nostro ordinamento giuridico. Certo, l'intero consiglio dei ministri in carica deliberando unanime il decreto di prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra afgana ha gia' violato la Costituzione cui pure ha giurato fedelta'. Ma il fatto che ministri sciagurati e fedifraghi abbiano commesso un simile delitto deve essere per il parlamento una ragione in piu' per difendere la Costituzione che il governo attuale, come quello precedente, tiene in non cale. * Due cose ancora vorrei osservare. La prima: molti in questi giorni hanno agitato del tutto a sproposito l'argomento della cosiddetta "riduzione del danno": ovvero la tesi alquanto bizzarra secondo cui il loro voto sara' a favore della guerra perche' un voto contrario avrebbe esiti peggiori. Peggiori per chi? Riduzione del danno per chi? Per il ceto politico e la coalizione parlamentare italiana? Ma stiamo scherzando? Qui stiamo parlando di far morire delle persone in Afghanistan, o di salvar loro la vita: l'unica vera "riduzione del danno" e' nella cessazione della partecipazione alla guerra e nell'impegno affinche' la guerra cessi, nell'impegno a recare soccorsi umanitari e solidarieta' materiale in forme rigorosamente nonviolente. La seconda: molti in questi giorni hanno abusivamente parlato del "metodo del consenso", ovvero della bonta' del prendere decisioni condivise nel modo piu' ampio e adeguato utilizzando questa modalita' deliberativa tipicamente nonviolenta; sostenendo all'incirca che quando la coalizione vincitrice delle elezioni agisce di concerto le decisioni che prende sono ipso facto, se non ottime, almeno buone. Ohibo', magari fosse sempre cosi'. Tale argomento cade anch'esso quando si pretende di usarlo per legittimare la guerra e le uccisioni. Quand'anche un'assemblea, e sia pure la piu' autorevole delle assemblee, deliberasse unanime di far morire qualcuno, quell'omicidio resta un crimine. E quella decisione, quale che sia stata la metodologia attraverso cui e' stata assunta, e' una decisione iniqua, un delitto. Certo che conta il metodo, ma conta anche il contenuto delle decisioni, e quando il contenuto e' uccidere vite umane, nessun metodo puo' rendere accettabile l'orrore assoluto dell'assassinare. * A mio modesto parere e' tutto qui. E il resto sono o chiacchiere capziose e narcotiche, o analisi anche corrette e condivisibili, ma marginali e quindi fuorvianti rispetto al vero decisivo oggetto della decisione: la prosecuzione della partecipazione alla guerra, ovvero all'uccisione di esseri umani. Naturalmente rispetto il travaglio delle e dei parlamentari che in questi giorni dovranno decidere come votare, e spero che la loro riflessione infine le e li convinca della necessita' di opporsi alla guerra e alle uccisioni, di opporsi alla violazione della Costituzione. Solo una postilla aggiungo ancora: l'Italia per fortuna e' ancora una democrazia parlamentare: e' il parlamento che delibera le leggi, e il governo alla volonta' del parlamento ubbidisce; se il consiglio dei ministri pensa di avere potere dittatoriali sul parlamento, ebbene, quei ministri hanno sbagliato coalizione. Non solo: l'Italia, per fortuna, e' ancora uno stato di diritto, e tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, e nessuno e' al di sopra della legge, e nessuno puo' impunemente violare le leggi: e la legge fondamentale del nostro paese ripudia la guerra. 3. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'INGANNO [Da Hannah Arendt, Politica e menzogna, Sugarco, Milano 1985, p. 90. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] ... l'inganno non e' perenne. 4. MAESTRE. SIMONE WEIL: IL CATTIVO USO DEL LINGUAGGIO [Da Simone Weil, Lezioni di filosofia, Adelphi, Milano 1999, p. 74. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Il linguaggio e' pericoloso nella misura in cui e' meccanico. 5. MEMORIA. RICCARDO ORIOLES RICORDA GIUSEPPE D'URSO [Dalla bella rivista elettronica diretta da Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at sanlibero.it) "La Catena di San Libero", n. 336 del 24 giugno 2006. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999). Su Giuseppe D'Urso cfr. l'ampia sezione alla sua figura e alla sua azione dedicata nel n. 584 del 2003 di questo foglio] Persone. Giuseppe D'Urso. Ingegnere, militante storico dei "Siciliani", e' stato il primo in Italia a studiare approfonditamente i rapporti fra mafie e massonerie (mafia e P2, ecc.). Morto il 16 giugno '96, dieci anni fa. Per onorarlo, liberiamoci da piduisti e mafiosi. 6. RIFLESSIONE. ADRIANA CAVARERO: UN COLLOQUIO SULLA FILOSOFIA DELLA DIFFERENZA SESSUALE [Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la trascrizione della puntata del programma televisivo "Il Grillo" realizzata con gli studenti del Liceo scientifico "Copernico" di Napoli il primo febbraio 2000 e trasmessa il 5 aprile 2000. Adriana Cavarero e' docente di filosofia politica all'Università di Verona; dal sito "Feminist Theory Website: Zagreb Woman's Studies Center" ospitato dal Center for Digital Discourse and Culture at Virginia Tech University (www.cddc.vt.edu/feminism), copyright 1999 Kristin Switala, riportiamo questa scheda bibliografica delle sue opere pubblicate in volume: a) libri: Dialettica e politica in Platone, Cedam, Padova 1974; Platone: il filosofo e il problema politico. La Lettera VII e l'epistolario, Sei, Torino 1976; La teoria politica di John Locke, Edizioni universitarie, Padova 1984; L'interpretazione hegeliana di Parmenide, Quaderni di Verifiche, Trento 1984; Nonostante Platone, Editori Riuniti, Roma1990. (traduzione tedesca: Platon zum Trotz, Rotbuch, Berlin 1992; traduzione inglese: In Spite of Plato, Polity, Cambridge 1995, e Routledge, New York 1995); Corpo in figure, Feltrinelli, Milano 1995; Platone. Lettera VII, Repubblica: libro VI, Sei, Torino 1995; Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano 1997; Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Le filosofie femministe, Paravia, Torino 1999; A piu' voci. Filosofia dell'espressione vocale, Feltrinelli, Milano 2003. b) saggi in volumi collettanei: "Politica e ideologia dei partiti in Inghilterra secondo Hume", in Per una storia del moderno concetto di politica, Cleup, Padova 1977, pp. 93-119; "Giacomo I e il Parlamento: una lotta per la sovranita'", in Sovranita' e teoria dello Stato all'epoca dell'Assolutismo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1980, pp. 47-89; "Hume: la politica come scienza", in Il politico. Da Hobbes a Smith, a cura di Mario Tronti,Feltrinelli, Milano 1982, vol. II, pp. 705-715; "Il principio antropologico in Eraclito", in Itinerari e prospettive del personalismo, Ipl, Milano 1987, pp. 311-323; "La teoria contrattualistica nei Trattati sul Governo di John Locke", in Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, a cura di Giuseppe Duso, Il Mulino, Bologna 1987, pp. 149-190; "Per una teoria della differenza sessuale", in Diotima. Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, pp. 43-79. (traduzioen tedesca: "Ansatze zu einer Theorie der Geschlechterdifferenz", in Diotima. Der Mensch ist Zwei, Wiener Frauenverlag, Wien 1989); "L'elaborazione filosofica della differenza sessuale", in La ricerca delle donne, Rosenberg & Sellier, Torino 1987, pp. 173-187. (traduzione inglese: "The Need for a Sexed Thought", in Italian Feminist Thought, ed. by S. Kemp and P. Bono, Blackwell, Oxford 1991); "Platone e Hegel interpreti di Parmenide", in La scuola Eleatica, Macchiaroli, Napoli 1988, pp. 81-99; "Dire la nascita", in Diotima. Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, pp. 96-131. (traduzione spagnola: "Decir el nacimiento", in Diotima. Traer al mundo el mundo, Icaria y Antrazyt, Barcelona 1996); "Die Perspective der Geschleterdifferenz", in Differenz und Gleicheit, Ulrike Helmer Verlag, Frankfurt 1990, pp. 95-111; "Equality and Sexual Difference: the Amnesias of Political Thought", in Equality and Difference: Gender Dimensions of Political Thought, Justice and Morality, edited by G. Bock and S. James, Routledge, London 1991, pp. 187-201; "Il moderno e le sue finzioni", in Logiche e crisi della modernita, a cura di Carlo Galli, Il Mulino, Bologna 1991, pp. 313-319; "La tirannia dell'essere", in Metamorfosi del tragico fra classico e moderno, a cura di Umberto Curi, Laterza, Rma-Bari 1991, pp. 107-122; "Introduzione" a: B. Head, Una questione di potere, El, Roma 1994, pp. VII-XVIII; "Forme della corporeita'", in Filosofia, Donne, Filosofie, Milella, Lecce 1994, pp. 15-28; "Figures de la corporeitat", Saviesa i perversitat: les dones a la Grecia Antiga, coordinacio de M. Jufresa, Edicions Destino, Barcelona 1994, pp. 85-111; "Un soggetto femminile oltre la metafisica della morte", in Femminile e maschile tra pensiero e discorso, Labirinti 12, Trento, pp. 15-28; "La passione della differenza", in Storia delle passioni, a cura di Silvia Vegetti Finzi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 279-313; "Il corpo e il segno. Un racconto di Karen Blixen", in Scrivere, vivere, pensare, a cura di Francesca Pasini, La Tartaruga, Milano 1997, pp. 39-50; "Schauplatze der Einzigartigkeit", in Phaenomenologie and Geschlechterdifferenz, edd. Silvia Stoller und Helmuth Vetter, WUV-Universitatsverlag, Wien 1997, pp. 207-226; "Il pensiero femminista. Un approccio teoretico", in Le filosofie femministe, a cura di Franco Restaino e Adriana Cavarero, Paravia, Torino 1999, pp. 111-164; "Note arendtiane sulla caverna di Platone", in Hannah Arendt, a cura di Simona Forti, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. 205-225] - Adriana Cavarero: Buongiorno, mi chiamo Adriana Cavarero e insegno filosofia politica all'Universita' di Verona. Tengo alcuni corsi di filosofia e letteratura all'Universita' di New York negli Stati Uniti. Tema dell'incontro odierno e' "La filosofia della differenza sessuale". Visioniamo ora una scheda filmata introduttiva. * - Scheda filmata introduttiva: "Lo Zarathustra di Nietzsche chiama i filosofi 'dispregiatori del corpo'. Egli avverte che il corpo e' una grande ragione. Ricorda ai filosofi che quella piccola ragione che viene chiamata spirito e' solo un piccolo strumento e un giocattolo nelle mani della grande ragione del corpo. Perche' ricordarlo proprio ai filosofi? Perche' una certa figura del filosofo richiama bene l'immagine dello spirito ascetico e asessuato che, liberandosi dai bisogni corporei, cerca di innalzarsi al di sopra delle cose mortali e di ritrovare la radice divina che e' nell'anima. In questa prospettiva piu' si e' vicini alla corporeita' e piu' si e' lontani dalla verita' della filosofia, che e' invece metafisica nel senso letterale del termine, ovvero al di la' delle cose sensibili, fisiche. In questo senso la filosofia esprime anche una precisa connotazione sessuale. Solo all'uomo infatti e' concesso di staccarsi completamente dalla corporeita' e ascendere alla dimensione metafisica. La donna e' biologicamente legata piu' al corpo. Il parto, l'allattamento, la legano alla corporeita' in un modo del tutto speciale e naturale. La filosofia e' stata tradizionalmente cosa da uomini, finche' e' stata intesa come metafisica. Platone, nel dialogo intitolato Teeteto, paragona la filosofia alla maieutica, ovvero all'ostetricia. Mentre la madre di Socrate, che era ostetrica, pensava al parto dei corpi, il figlio filosofo pensava al parto delle anime, cioe' a far partorire il sapere e la ragione. Sulla scala dei valori metafisici il figlio era piu' importante della madre. Ma, nel momento in cui entra in crisi la vocazione metafisica della filosofia, allora entra in crisi l'intero sistema filosofico dei valori. Il farsi avanti di quella grande ragione del corpo, di cui parla Nietzsche, il filosofo dell'uomo, non sara' pertanto anche il farsi avanti di una filosofia declinata al femminile?". * - Studentessa: Martha Nussbaum afferma che la ragione e l'obiettivita' dovrebbero essere le nuove armi delle donne e non qualcosa contro cui esse si trovano a combattere. Nell'ultima parte del filmato ci si chiede se il farsi avanti di questa grande ragione del corpo, di cui parla Nietzsche, condurra' ad una filosofia declinata al femminile. Io Le chiedo: che cosa vuol dire servirsi della ragione per una donna? E cosa si intende per obiettivita'? - Adriana Cavarero: La razionalita' qui intesa e' di tipo kantiano. Sono sulla stessa linea di pensiero di Martha Nussbaum quando lei combatte la divisione stereotipica uomo razionale-donna irrazionale, che finisce per confinare le donne fuori della storia della filosofia. Sono un po' meno d'accordo nell'assumere la ragione come cio' a cui anche la donna puo' o deve accedere. Se si compie solo questa operazione, non si spezza la dicotomia. Una filosofia al femminile, o, come preferisco dire io, una filosofia della differenza sessuale, non dovrebbe solo spostare le donne dalla irrazionalita' alla razionalita', ma rompere la citata dicotomia, l'opposizione cioe' fra la ragione e la passione, fra la ragione e l'irrazionale. Si tratta di pensare diversamente la soggettivita' umana. L'obiettivita' e' molto legata alla razionalita'. Obiettivita' e' generalmente cio' che e' indiscutibile, cio' che e' universale, cio' che nella filosofia moderna corrisponde allo scientificamente dimostrabile. Anche il concetto di obiettivita' fa parte della costruzione dicotomica e per questo va discusso. * - Studentessa: Ricollegandoci alla dicotomia cui lei accennava, noi abbiamo portato come oggetto un labirinto a simboleggiare il mito di Teseo ed Arianna. Teseo riesce ad uccidere il Minotauro grazie al coraggio, alla virilita', e alla forza, tipicamente maschili. Eppure Teseo, dopo avere ucciso il Minotauro, riesce ad uscire dal labirinto solo grazie all'intelligenza e all'astuzia di Arianna, che gli dona un gomitolo di filo affinche' egli possa trovare la via del ritorno. Perche', da Platone in poi, si e' venuta a creare una gerarchia che ha privilegiato la razionalita' sulla corporeita', attribuendo la razionalita' al genere maschile e la corporeita' a quello femminile, e quindi favorendo la supremazia del genere maschile su quello femminile? - Adriana Cavarero: L'esempio del labirinto e' chiarificante perche' con il mito non si definisce ancora una netta opposizione maschile-femminile. All'epoca dei miti la razionalita' maschile e quella femminile si rassomigliano, e ad esse va attribuito il termine greco metis, traducibile con astuzia, scaltrezza, capacita' di espediente. Nel mito l'elemento femminile e quello maschile non sono ancora in contrapposizione. E' comunque un periodo di inquietitudine rispetto alla differenza sessuale. Lo stesso mito di Arianna presenta gia' uno degli stereotipi piu' frequenti: la storia dell'uomo che abbandona la donna e che va verso altri lidi. La filosofia interviene proprio nell'inquietudine del mito, ovvero nella sua indecisione sulla superiorita' da imputare ad un sesso rispetto all'altro. La filosofia impatta su questa inquietudine con l'intenzione di superarla. Il mito non e' mai sistemico, mentre la filosofia, che tende al sistema, ne crea uno, posizionando i due sessi in ruoli molto precisi, in una gerarchia. E' difficile dire perche' questo succeda. Si possono semplicemente vedere gli effetti. La creazione di una sfera razionale o del sapere, ossia di un ambito dei poteri attinente al protagonismo maschile, e' sicuramente un effetto; l'altro e' l'emergere di una sfera di servizio, di quella che Aristotele chiama la sfera domestica, riservata alla cura dei corpi e contrapposta alla sfera politica, che compete alle donne come uniche responsabili della gestazione, della nutrizione e dell'assistenza agli anziani. Il distacco della filosofia dal mito, per sempre fissato nelle sue grandi linee, e' piuttosto il portato dello sviluppo storico. I principali cicli eroici appartengono ad epoche ancora lontane da una visione esatta dello sviluppo storico. La filosofia appartiene ad epoche documentate e quindi storiche. * - Studentessa: Secondo lei, la differenza sessuale, che vorrebbe razionale l'uomo e corporea e sensuale la donna, non e' piu' un prodotto culturale che una dicotomia vera e propria? Perche' e' pur vero che la donna, nonostante che per la stessa maternita', per il parto, e per l'allattamento sia piu' legata al corpo, sa farsi valere in qualita' di donna manager, a volte, anche meglio dell'uomo. - Adriana Cavarero: La differenza sessuale e' anzitutto biologica, quindi e' un dato di natura. Gli ordini simbolico, della rappresentazione, della significazione e del pensiero, attribuiscono il medesimo senso a tutti i dati di natura. Va detto che nella differenza sessuale in se', come dato naturale, non e' iscritta alcuna gerarchia. La differenza sessuale non esprime, di suo, la superiorita' di un sesso rispetto all'altro. La potenza creatrice del corpo femminile, ossia di quel corpo che genera la vita, e' l'unico elemento gerarchizzante di questa differenza. La tradizione denominata patriarcale, affermando la superiorita' del maschile sul femminile, ha inteso cosi' reagire alla potenza materna, traducendo la differenza sessuale in una gerarchia di preminenza maschile in cui il femminile si limita a un ruolo secondario, ovvero di servizio. A questo stato di cose subentra, nella modernita', il principio di uguaglianza. Prima dell'avvento della societa' moderna e del principio egualitario era impensabile che una donna ricoprisse il ruolo di un uomo. Attualmente, dal punto di vista dell'ordine simbolico, ossia dell'ordine della rappresentazione, il femminile continua ad essere pensato come naturalmente domestico, materno, di servizio, e il maschile come naturalmente dominante, intelligente, razionale, politico. Gli stereotipi permangono, ma in compagnia di meccanismi che consentono alle donne di essere immesse in ruoli prima riservati agli uomini. La donna manager e' qualcuno che esce dal ruolo stereotipico femminile per entrare in quello tradizionale maschile. La donna manager puo' essere piu' brava degli uomini, ma a costo che interpreti un ruolo maschile. In sostanza si potrebbe dire che la donna manager imita il piu' delle volte il paradigma maschile. Questo e' il paradosso dell'eguaglianza. Le donne fanno il loro ingresso nei luoghi tradizionali dei saperi e dei poteri solo se diventano surrogati del modello maschile, arrivando persino a scimmiottarne i gesti. Questo e' un segno del fatto che non e' affatto cambiato l'ordine simbolico, l'ordine della rappresentazione. * - Studente: Se il principio di eguaglianza costituisce un paradosso, e la donna viene omologata all'uomo nella sfera sociale, secondo lei che strada dovrebbe intraprendere il femminismo per arrivare a una situazione che arrechi vantaggi ad ambedue i sessi? - Adriana Cavarero: La Sua domanda e' gia' una risposta. I termini del problema non sono quelli di mantenere la dicotomia esistente. Questa dicotomia deve essere spezzata perche' e', in ogni caso, una dicotomia gerarchica, nella quale la differenza equivale a inferiorita'. Per rompere la dicotomia occorre portarsi a tematizzare la differenza, o le differenze. Occorre ripensare la cosiddetta differenza sessuale. Pensare la differenza sessuale significa non registrarla piu' con una gerarchia, giacche' la differenza presuppone e mette in luce un differire. Immediatamente siamo o di un sesso o di un altro. Un sesso non deriva dall'altro. Il femminile non e' una specificazione del maschile, e viceversa. Pensare la differenza sessuale oggi aiuta a pensare le differenze individuali, ed altre molto importanti politicamente, come le cosiddette differenze culturali e quelle etniche. Tuttavia la filosofia tradizionale si prefigge lo scopo di eliminare in particolare il contingente di cui fanno parte queste unicita'. Una nuova filosofia del Duemila ha il coraggio di pensare senza gerarchie e senza dominazioni. * - Studentessa: Vorrei chiederle se concorda con la premessa che donne non si nasce ma si diventa, e, se si', che cosa significa per lei essere o diventare donna. - Adriana Cavarero: Io concordo con Simone de Beauvoir quando afferma che ogni donna aderisce a uno stereotipo. Si diventa donne, considerato che lo stereotipo viene offerto obbligatoriamente dalla cultura e dalla societa'. L'individuo femminile allevato allo stereotipo vi entra diventando donna. Non mi trovo piu' d'accordo quando questo discorso voglia essere esaustivo. Donna non si diventa ma si nasce se si considera la differenza femminile. Pensare diversamente questa differenza significa allora pensarla in modo che non coincida obbligatoriamente con gli stereotipi. Occorre a tal fine distrarre il nostro sguardo dalla tradizione filosofica metafisica, come suggeriva il filmato, e sforzarsi di accogliere l'unicita' dell'altra e la differenza come il primo valore, come cio' che puo' fondare un'etica, una politica e una filosofia. * - Studente: Non le pare strano che all'emancipazione della donna sono occorsi piu' di venti secoli? Questa emancipazione e' il risultato di un rafforzamento da parte della donna, della propria posizione, oppure di un indebolimento da parte dell'uomo? - Adriana Cavarero: Certamente il raggiungimento da parte della donna della parita' di diritti con l'uomo e' stato ottenuto con troppi secoli di ritardo. Purtroppo la struttura stessa della storia, dell'ordine simbolico, dei codici sociali, e' sempre stata di difficile rottura. Si era in presenza di societa' in cui gli uomini egemonizzavano tutti i luoghi dei saperi e dei poteri. Difatti il principio di eguaglianza, da cui poi deriva l'emancipazione, non e' un'invenzione femminile. A coniarlo furono piu' o meno i giusnaturalisti, da Thomas Hobbes, passando per John Locke, a Jean-Jacques Rousseau. Quel modello nasce in un periodo di grande crisi politica europea e di devastanti guerre civili. Quel modello politico nasce per abbattere le differenze di ceti, poteri e diritti dell'antica societa', ancora in parte medievale, o piuttosto monarchico-rinascimentale, e inventa lo stato di natura come nuovo fondamento di eguaglianza da cui, pero', le donne paiono escluse. In realta' in questo concetto di eguaglianza le donne non sono contemplate, persino neanche immaginate. Tuttavia il principio di eguaglianza si prestava per tutti i tipi di emancipazione e di antidiscriminazione. A quel punto sorsero giocoforza i circoli femminili di Olympia de Gourges e Mary Wollstonecraft che cominciarono a rivendicare l'abbattimento dell'inferiorita' sociale e giuridica della donna. Certo e' che non si sarebbe mai arrivati a un superamento del modello politico se lo stesso soggetto maschile non avesse pensato a ristrutturarlo. * - Studentessa: Per quale motivo la donna, per emergere, ha avuto la necessita' di scimmiottare l'uomo, e non e' stata in grado di scendere in campo con quelle che sono le sue proprie capacita'? - Adriana Cavarero: A questa triste domanda deve seguire una risposta altrettanto drammatica. Il principio di eguaglianza e' un principio formale, ma non funziona sul piano sostanziale. La situazione di apparente non discriminazione, anche sostanziale, propria della scuola, che si dimostra in questo un'isola felice, contrasta poi con quello che incontrerete nel funzionamento effettivo della societa'. L'organigramma dei saperi e dei poteri e' ancora in mano agli uomini. Cio' significa che, se una donna vuole fare carriera, deve adattarsi alla legge pratica vigente, che impone al femminile di assomigliare il piu' possibile al maschile. E' nondimeno vero che in taluni ambiti, come quello dell'elaborazione dei saperi o quelli di alcune pratiche etiche e politiche, la specificita' femminile e' emersa, o sta emergendo, proponendo un modello diverso da quello tradizionale a cui si riferisce l'emancipazione. Laddove sono in gioco le capacita' di relazionarsi dei singoli e di accogliere la differenza dell'altro, le donne sembrano possedere un modello di comportamento e una pratica politica ed etica molto piu' efficiente. Possiamo vedere il secondo filmato, che specifica anche la complessita' dell'ordine simbolico-gerarchico di cui abbiamo parlato. Discorrendo della dicotomia mente-corpo, uomo-donna, abbiamo concluso che la donna sta dalla parte del corpo, ma attraverso ruoli diversi e complessi. Il filmato ne esemplifica due, cruciali allo stato dei fatti. Da una parte il corpo materno, ovvero il corpo che genera. Questo corpo non puo' essere immaginato eroticamente. Dall'altra, la donna corrisponde al corpo osceno, al corpo erotico, all'oggetto del desiderio sessuale maschile. Questa e' una contraddizione, piu' che un paradosso. Per le donne della mia eta' c'e' sempre stata l'incertezza se aderire allo stereotipo domestico materno, e quindi essere dolci, buone, servizievoli, e fiere di essere madri, oppure se essere un corpo seducente. E' indubbio che la madre non puo' essere erotica, come e' indubbio che il corpo erotico non puo' essere madre. Occorre tuttavia rilevare che questa distinzione contraddittoria e' parimenti dominata dal soggetto maschile. Possiamo notare i due oggetti che sono in studio. Il primo e' quello della Madonna, che nella cultura occidentale, e in quella italiana successivamente, ha una importanza iconografica fondamentale, rappresentando proprio la madre e la santa che nutre e si dedica al figlio maschio. Si dice spesso che cio' di cui abbiamo bisogno e' la rappresentazione, anche iconica, dei rapporti fra madre e figlia. I rapporti fra madre e figlia non sono rappresentati nella cultura occidentale. La madre e' sempre la moglie di un marito, e gli dona un figlio maschio fino a nutrirlo e a sacrificarsi per lui. L'altro oggetto che abbiamo in studio e' l'immagine di una sirena. La sirena e' la tipica icona del corpo femminile, erotico e osceno. La sirena bacia il pescatore, lo trascina nelle acque e poi lo uccide. Eros e' dunque morte, e' thanatos. Nell'universo dei miti le sirene, menzionate anche nell'Odissea omerica, sono demoni marini, meta' donne e meta' uccelli. La parte animale del corpo ibrido delle sirene rappresenta appunto la trasgressione. Cio' e' per dire che la rappresentazione della donna come corpo appare complessa, ma in ambedue i casi sottosta' al dominio dell'icona maschile. Anche la sirena canta, ma canta per gli uomini. * - Studentessa: Secondo lei, il privilegio di cui gode l'uomo non potrebbe essere causato dal timore che la donna possa in qualche modo superarlo? - Adriana Cavarero: La sua interpretazione mi piacerebbe molto. In parte forse attiene al vero. Sigmund Freud imposta gran parte della sua concezione psicoanalitica sull'invidia del pene, che porrebbe la bambina, e quindi la donna, in una situazione subordinata. Io sono convinta che, nella storia dell'immaginario occidentale, non scientificamente capace di analizzare l'intero processo di concepimento, un ruolo sottile eppure fondamentale abbia giocato l'invidia dell'utero, in quanto potere di dare la vita. L'invidia del potere di dare la vita viene cosi' sostituita e soppiantata dal potere di dare la morte. Nell'epoca contemporanea si constatano sintomi e segni di una crisi dell'identita' maschile, che non corrisponderebbe affatto a una crisi dell'identita' femminile. Pare che l'identita' maschile stereotipica sia maggiormente soggetta a una crisi di ripensamento, a uno sconvolgimento del proprio assetto. * - Studentessa: Secondo lei, il fatto che la societa' sia fallologocentrica puo' essere dovuto a un limite della donna, che non e' mai riuscita ad affermare la propria individualita' al di fuori dell'ambito domestico? - Adriana Cavarero: Io non so se sia proprio una colpa. Il confinamento delle donne in ambito domestico e' il portato di una gabbia ideologica. La gabbia ideologica appartiene a un tipo di violenza sottile e implicita, e, per questo, piu' efficace. Sempre nell'ambito domestico, ovvero di espulsione dalla sfera dei poteri e dei saperi, tradizionalmente maschili, le donne hanno saputo creare proprie forme di potere e di sapere. Il vincolo maschile, quindi, non e' stato cogente complessivamente. Nell'ambito della narrazione, e in particolare nello scambio narrativo, che e' di nuovo quello della relazione, le donne hanno manifestato grandi saperi e una vasta esperienza. Le sirene di Omero non cantano soltanto, ma raccontano tutto il poema. Esse sono un doppione della musa. Si pensi alla figura di Sheherazade. La figura femminile come origine del canto narrativo e' riconosciuta persino dalla tradizione. Il materno, che prima veniva esemplificato dall'immagine della Madonna, e' anche invasivo: la madre e' oppressiva, e' inoltre colei che genera il figlio ma che vorrebbe possibilmente rimangiarselo. La filosofia della differenza sessuale e' ben lungi dall'essere una teoria di santificazione di tutto il femminile e di demonizzazione di tutto il maschile. * - Studente: Secondo lei, cosa dovrebbe cambiare nell'attuale societa' affinche' la differenza sessuale possa attenuarsi o addirittura scomparire? - Adriana Cavarero: Personalmente non voglio che scompaia. Io voglio che sia pensata e capita diversamente. Io non sono affatto per il superamento della differenza sessuale. La differenza sessuale, oltre che un dato, e' un dono di natura. C'e' sempre qualcosa di buono e di giusto nell'essere cosi' come si e'. Occorre semmai superare il modello che abbiamo definito gerarchico-dicotomico, che, oltre ad essere di dominazione, ha prodotto e produce pessimi risultati in tutti i campi concernenti la differenza. I giovani devono cominciare a pensare la propria singola differenza come una posizione di parzialita' e non di universalita', nel senso che nessuno dei due sessi puo' parlare per l'altro, e nessun soggetto puo' ergersi a modello universale per gli altri. E' necessario apprezzare la parzialita', e dunque la contingenza, per avere un atteggiamento di apertura all'altro, che e' appunto un atteggiamento di relazione. * - Studente: Quindi per lei cosa vuol dire oggi essere donna? - Adriana Cavarero: Essere donna oggi significa tante cose assieme. Vuol dire anzitutto appartenere agli stereotipi. Donna si diventa. Molte cose che io sono oggi lo sono diventata. Io ritengo di essere socialmente costruita. Anche i ragazzi sono socialmente costruiti. Il discorso vale per ambedue i sessi. Essere donna oggi vuol dire stare nell'ambito del principio egualitario e antidiscriminatorio e assumerne i vantaggi e i guadagni. Senza dimenticare che occorre altresi' combattere cio' che nel principio di eguaglianza equivale a omologazione. La complessita' dell'odierna differenza sessuale e' ancora segnata da elementi negativi. A questo proposito occorre uno sforzo da parte sia delle ragazze che dei ragazzi. Io non penso ad un'uscita univoca. Io non penso che le ragazze penseranno alla differenza e alla parzialita' e per questo combatteranno i ragazzi, che invece continuano a pensare alla loro universalita'. Sono ottimista al riguardo. Lei, per esempio, sarebbe disposto a rinunciare alla universalita' del "cogito ergo sum" cartesiano? * - Studente: Abbiamo scelto il sito Internet sul cantautore Fabrizio De Andre', e in particolare il testo di una sua canzone, Bocca di rosa, che parla appunto di come l'arrivo di una prostituta in un paesino ha sconvolto la vita degli abitanti. Partendo dalla carnalita' e dalla passionalita' di questa donna, vorrei sapere cosa pensa lei dello sconvolgimento dei rapporti interpersonali causato dall'avvento di internet, e, in quanto filosofa, dell'applicazione di pratiche come il sesso virtuale? - Adriana Cavarero: Distinguerei il mondo di internet dal sesso virtuale. Io sono molto favorevole a internet, perche', pur avendo il difetto, chiamiamolo cosi', di eliminare i corpi, e' comunque un luogo relazionale notevole. Il sesso virtuale appartiene all'immaginario maschile di fruizione del corpo. Lei sa che l'immagine pornografica ha una lunga storia nella vicenda dell'eccitazione maschile. Non sarei pertanto favorevole al cosiddetto sesso virtuale. La prostituta di Bocca di rosa e' tuttavia emblematica nel rappresentare tanto il corpo erotico quanto la generosita'. Bocca di rosa, oltre a essere oggetto, si presta al servizio dei desideri maschili perche' e' generosa, perche' e' buona, perche' e' garante della felicita' di un attimo. I modi di dominazione del corpo femminile sono sottili, complessi. La filosofia occidentale non e' mai rozza. Io, come lei, sono stata colpita da una frase della canzone, che maggiormente indica la generosita' di Bocca di rosa, e che dice: "C'e' chi l'amore lo fa per noia, e chi lo sceglie per professione. Bocca di rosa ne' l'uno ne' l'altro, lei lo faceva per passione". 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1344 del 2 luglio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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