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La nonviolenza e' in cammino. 1333
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1333
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 21 Jun 2006 00:19:15 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1333 del 21 giugno 2006 Sommario di questo numero: 1. Lidia Menapace: No 2. Silvia Vegetti Finzi: Il dominio del cuore. Un colloquio 3. La "Carta" del Movimento Nonviolento 4. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: NO [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Le costituzioni non nascono a comando, ma esprimono momenti particolari nella storia dei popoli, quando - di fronte a contingenze molto significative - sembra che una coscienza politica comune si raggrumi e produca linee di guida comuni di grande portata. Cosi' fu per la nostra Costituzione, retta dal lungo anelito di liberta' di tutti e tutte gli antifascisti del ventennio e dalle speranze indefinite ma fervide dei giovani che presero parte alla Resistenza. Il tutto agito con grande vivacita' di discussione e anche di distinzione e addirittura di contrapposizione, un gioco di idee che veniva foggiandosi nel fuoco dello scontro, e si componeva in una armoniosa tessitura di principi e procedure, tenuta insieme non da egoismi e particolarismi, bensi' di un limpido e non occasionale antifascismo. Per questo la Costituzione non e' "vecchia": essa ha un tempo dietro di se', che stava per farla diventare "antica", cioe' capace di superare la prova del tempo e durare. * Per questo nel momento in cui la sua "vecchaia" la espone a fragilita', i suoi nemici hanno costruito una meschina trappola e la mettono a rischio: invece di mostrare, verso un corpo politico, che il tempo ha finora consolidato in modo un po' passivo, la pietas necessaria a farlo appunto diventare solenne e antico, si accaniscono per farlo debole, sbeffeggiato, insultato. Una operazione vigliacca, nella quale il piu' ottuso localismo e particolarismo si addobba falsamente del nobile nome di federalismo, e una ambizione di primeggiare personalmente e autoritariamente si ammanta di "modernita' degli ordinamenti". * Dobbiamo saper smascherare questo attacco con un sonoro corale ampio "no", che diremo nei prossimi giorni, e restituire alla Costituzione il suo spazio e tempo a nostro conforto di popolo. 2. RIFLESSIONE. SILVIA VEGETTI FINZI: IL DOMINIO DEL CUORE. UN COLLOQUIO [Dal sito www.emsf.rai.it riprendiamo il seguente colloquio tenuto da Silvia Vegetti Finzi con le studentesse e gli studenti del Liceo scientifico "Isacco Newton" di Roma e trasmesso dalla Rai il 24 novembre 1998 nel programma "Il Grillo". Su Silvia Vegetti Finzi dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente notizia biografica: "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi in pedagogia, si e' specializzata in psicologia clinica presso l'Istituto di psicologia dell'Universita' cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70 ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico. Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna psicologia dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con l'Universita' delle donne 'Virginia Woolf' di Roma e con il Centro documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta (laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del 'Corriere della Sera' e successivamente anche di 'Io donna' e di 'Insieme"' Fa parte del comitato scientifico delle riviste: 'Bio-logica', 'Adultita'', 'Imago ricercae', nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della 'Casa della cultura' di Milano, della 'Libera universita' dell'autobiografia' di Anghiari. Collabora inoltre con le riviste filosofiche 'Aut Aut' e 'Iride'. Molti suoi scritti sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco e spagnolo. E' membro dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa' italiana di psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il premio nazionale 'Cesare Musatti', e per quelli di bioetica il premio nazionale 'Giuseppina Teodori'. Sposata con lo storico della filosofia antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo. Gli interessi di Silvia Vegetti Finzi seguono quattro filoni: il primo e' volto a ricostruire una genealogia della psicoanalisi da Freud ai giorni nostri, intesa non solo come storia del movimento psicoanalitico ma anche come storia della cultura; il secondo, una archelogia dell'immaginario femminile, intende recuperare nell'inconscio individuale e nella storia delle espressioni culturali, elementi di identita' femminile e materna cancellati dal prevalere delle forme simboliche maschili: a questo scopo ha analizzato i sogni e i sintomi delle bambine, i miti delle origini, i riti di iniziazione femminile nella Grecia classica, le metafore della scienza, l'iconografia delle Grandi Madri; il terzo delinea uno sviluppo psicologico, dall'infanzia all'adolescenza, che tenga conto anche degli apporti psicoanalitici. Si propone inoltre di mettere a disposizione, tramite una corretta divulgazione, la sensibilita' e il sapere delle discipline psicologiche ai genitori e agli insegnanti; il quarto, infine, si interroga sulla maternita' e sugli effetti delle biotecnologie, cercando di dar voce all'esperienza e alla sapienza delle donne in ordine al generare". Tra le opere di Silvia Vegetti Finzi: (a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri), Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987); Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre, Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza, Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994; Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi), Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri), Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne, Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, Alma Edizioni, 1997; (con altri), Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria Battistin), L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000; Parlar d'amore, Rizzoli, Milano 2003; Silvia Vegetti Finzi dialoga con le mamme, Fabbri, Milano 2004; Quando i genitori si dividono, Mondadori, Milano 2005] - Silvia Vegetti Finzi: Non sara' semplicissimo presentarmi. Se vivessimo ancora nell'Ancien Regime, ossia in una societa' aristocratica, risponderei a questa domanda dicendo: "Io sono figlia di X e di Y", perche', in quel caso, sarebbe l'appartenenza sociale a determinare la mia identita'. Poiche' viviamo in eta' moderna, nell'epoca borghese, vi diro' quello che faccio perche', ormai, la nostra identita' sociale e' determinata dalla nostra efficienza. Vivo a Milano, insegno Psicologia dinamica all'Universita' di Pavia. Psicologia dinamica, cosi' come io l'intendo, significa psicoanalisi. Ho lavorato per molti anni come psicologa nei consultori della famiglia, occupandomi soprattutto dell'infanzia e dell'adolescenza. Ho scritto molti libri. Alcuni possono interessarvi, altri meno. Tra quelli che, oggi, potrebbero riscuotere maggiormente il vostro interesse vi e' la Storia delle passioni, un libro che raccoglie dei contributi molto interessanti, che vanno dall'analisi delle passioni in eta' antica fino alle passioni in epoca contemporanea. Un'altra pubblicazione che potrebbe interessarvi e' la Storia della psicoanalisi; e un'altra ancora, che ho scritto insieme a una collaboratrice, Marina Catinazzi, e' Psicoanalisi ed educazione sessuale. Parlando di sessualita', naturalmente, utilizzando i grandi testi di riferimento della tradizione psicologica e psicoanalitica, mi sono imbattuta nel problema dell'amore. Si tratta di un problema che ho dovuto affrontare da piu' versanti. Dal versante della storia delle passioni, dove l'amore, insieme all'odio, e' una delle passioni fondamentali; mi sono imbattuta in questo problema nell'educazione sessuale; e nella storia della famiglia, dove l'amore nella societa' borghese viene ad entrare in conflitto con l'esterno e, nello stesso tempo, a perpetuarsi con il matrimonio. A questo punto io lascerei a voi la parola sperando di riuscire a toccare ancora degli altri argomenti, o di tornare a quelli da me appena accennati. Prima di iniziare la nostra conversazione, possiamo vedere una scheda che riassume in maniera sintetica i problemi relativi al dominio dell'amore nella nostra tradizione culturale. * Scheda: L'amore e' una passione e, come tale, attraversa la storia dell'umanita' come un suo tratto costante. Gli esseri umani hanno sempre amato. Si sono innamorati, hanno provato i piaceri dell'amore e i drammi e le sofferenze che esso porta con se'. Ma l'amore e' anche una delle passioni che sono state maggiormente moralizzate. Le societa' hanno sempre costruito una fitta rete di doveri e di ruoli attorno all'amore e ne hanno dato immagini che hanno, di volta in volta, indicato alcune possibilita' di amare e ne hanno oscurato altre. Le societa' antiche, quella greca e quella romana, mostravano di apprezzare una varieta' di forme d'amore, ma avevano anch'esse i loro divieti. La passione amorosa non era fatta oggetto di obblighi morali o giuridici, ma era investita da principi di convenienza, che attenevano al ruolo ricoperto nella societa'. Gli uomini delle classi elevate, ad esempio, potevano amare solo come conquista e possesso e mai come debolezza o passivita' nei confronti della persona amata. E' con il tardo Impero, tra il I e il II secolo, che si impone l'idea che nel modo di amare si mostri la virtu' che e' propria di tutti gli individui. Cosi' l'amore viene a sovrapporsi con le relazioni socialmente importanti, come quella procreativa, sancita dal matrimonio e dalla trasmissione dei beni ai figli. Su questa morale tardo-pagana fiorisce il cristianesimo. Quella che nelle epoche precedenti era stata la moralita' di alcuni diventa, ora, un obbligo per tutti. E cosi' rimane, in maniera piuttosto sorprendente, per diciotto secoli, fino ad oggi, ma subendo importanti modificazioni. Viene inventata nel frattempo una categoria dell'amore in cui il piacere, da solo, deforma o persino snatura l'amore. Come possiamo vedere nell'amore cortese, nel medioevo, e poi nell'amore romantico. Ma con la nascita della societa' borghese, un certo tipo di amore, quello coniugale, diventa sempre piu' importante anche per lo sviluppo stesso della strutturazione giuridica e burocratica della societa'. Poi, nel secolo scorso, l'importanza della legge declina all'improvviso e le immagini dell'amore piu' influenti sono quelle fornite dalla medicina. Non sono piu' la morale o il diritto a configurare le possibilita' amorose, ma la norma naturale, cio' che e' normale e cio' che e' patologico. * - Studentessa: L'amore, nel corso dei secoli, e' rimasto sempre lo stesso ed e' stato, quindi, espresso solamente in maniere diverse oppure e' cambiato il modo di amare? - Silvia Vegetti Finzi: Credo che il potenziale amoroso sia sostanzialmente stato sempre lo stesso nel tempo, nello stesso bisogno d'amore e nelle stesse aspettative. Sono, queste, forse le figure simboliche fondamentali della nostra mente. Naturalmente sono cambiati i codici, nonche' i nostri modi di esprimerci, essendo cambiati anche i modelli che le societa' ci mettono a disposizione, assieme ai lessici che e' possibile trovare nelle descrizioni dell'amore. L'approccio al problema e' sicuramente cambiato nella superficie, rimanendo, pero', lo stesso nel profondo. * - Studentessa: Spesso e' un luogo comune pensare che l'epoca in cui viviamo sia un'epoca spassionata. Pero' a me vengono in mente, non so, esempi come il grande successo che ha avuto il film Titanic oppure la vicenda, che ha commosso tutto il mondo, della morte di Lady Diana. Di fronte a fatti come questi mi viene da pensare che gli uomini e le donne di oggi vogliano ancora provare forti passioni e che siano pronte a farlo ad ogni costo. - Silvia Vegetti Finzi: Si', anch'io credo che ci sia un grande bisogno di passioni e che, nello stesso tempo, esista una reale difficolta' ad esprimere le passioni a livello individuale. Siamo quasi impediti da un certo pudore. Troviamo che la passione sia qualcosa di indecente nell'ambito in cui viviamo, ambito contraddistinto dall'intimita', dall'autocontrollo estremo. Sono controllati i gesti, sono controllate le parole, fin dalla prima infanzia. Si dice al bambino: "Non muoverti, non dire queste cose. Stai fermo". Manca un contesto realmente accettato della passione. Ma il bisogno e' rimasto sempre lo stesso. E questi grandi miti odierni, di cui lei giustamente diceva prima, Diana d'Inghilterra, nonche' Titanic, (questa passione cinematografica e travolgente che ha unito gli adolescenti di tutto il mondo), ci rivelano come appunto esista ancora un grande bisogno di grande passioni simboliche, di grandi forme di narrazione sentimentalmente condivisibile. * - Studentessa: Secondo lei attribuire un valore e un'importanza piu' profonde alla relazione con la propria madre, puo' significare una ricomposizione tra corpo e mente, ossia tra sentimenti e ragione all'interno di un'unica persona aiutando a non considerare piu' i sentimenti e la ragione in opposizione tra loro? - Silvia Vegetti Finzi: Sicuramente. Noi tutti abbiamo provato una "prima passione", sia i maschi che noi femmine. Il primo oggetto d'amore, per noi tutti, e' stato quello delle nostre madri e abbiamo provato, sia negli ultimi mesi di gravidanza, sia nei primi mesi di vita, un amore totale, un amore illimitato, un amore compulsivo, dove non esiste una reale differenza dinamica tra ragione e sentimento, tra corpo e anima, un amore oceanico al quale, in fondo, tendiamo tutta la vita. Tutti tendiamo a questo tipo di amore e ne abbiamo paura, perche' abbiamo paura di perdere la nostra individualita', di smarrirci in questo tipo di amore. Questo spiega anche la connessione che esiste tra amore e morte, proprio perche' cio' cui aneliamo nello stesso tempo ci spaventa. * - Studente: Ripensando alle storie di Paolo e Francesca, di Romeo e Giulietta, abbiamo visto come lo sbocciare delle forti passioni sia, spesso, anche legato a un divieto, a una prescrizione proibitiva. Lei pensa che il divieto possa essere una condizione per cui le passioni possano sbocciare piu' impetuosamente o la loro irruenza puo' aver luogo anche nella quotidianita'? - Silvia Vegetti Finzi: Il filosofo idealista Friedrich Schelling scrisse: "la passione amorosa nasce dalla contrapposizione tra la liberta' individuale e gli impedimenti sociali". Io non credo che l'amore nasca da questo, ma, sicuramente, e' una passione che puo' essere rinfocolata dai divieti. La mancanza di impedimenti fa si' che la passione amorosa sia gestita attualmente solo dall'individuo, il quale deve confrontarsi con dei limiti, che, molte volte, sono dei limiti interni, dei limiti psicologici, per cui troviamo delle inibizioni ad amare, alle quali non corrisponde un'autentica realta' sociale. Molte volte ci inibiamo, da soli, come se fossimo spaventati dell'eccesso amoroso, perche' la passione e' sempre eccessiva, e, come ci rivela Dante Alighieri nel contrappasso subito da Paolo e Francesca nel girone dei lussuriosi, esso puo' essere travolgente come una bufera. Non lascia nulla di immodificato. Con esso cambiano i rapporti esterni, cambia l'equilibrio interno e quindi vi e' al tempo stesso desiderio e timore della passione. * - Studente: Abbiamo portato l'esempio di Titanic e del cordoglio per Lady Diana. Pero' a me sembra che queste due passioni, questi due grandi affetti che si sono sviluppati per queste figure, per la figura di questi due personaggi del film di James Cameron e per questa donna, siano delle passioni un po' fittizie. Mi sembra che non rappresentino un amore vero, quasi che in queste immagini esista soprattutto una ricerca di spettacolarita' nell'amore. Un qualcosa di molto finto. Non come nell'amore vero che, secondo me, puo' davvero instaurarsi tra due persone dotate di reali e reciproci contatti, cosi' diverse dai personaggi di un film, o dall'immagine di una donna come la principessa Diana! - Silvia Vegetti Finzi: Certo. Direi che siamo di fronte a dei simboli. Questi, di cui lei stava parlando, sono simboli dell'amore che appartengono a tutti e a nessuno. Nessuno vi si puo' realmente immedesimare, grazie proprio alle loro figure quasi di stampo universale, ma, nello stesso tempo, sono simboli che devono, comunque, aver parlato al cuore di molti individui, perche' l'adesione da essi goduta non e' facile da ottenere. Un messaggio devono averlo mandato. Penso, ad esempio, come siano importanti in Titanic le immagini in cui la realta' vissuta dalla giovane coppia di protagonisti si svolge su di un piano inclinato, che diviene sempre piu' inclinato, e in cui loro vengono sempre piu' trascinati nel fondo della nave, la', dove ribolle proprio l'acqua che ha rotto le paratie stagne dello scafo, che ricorda, non a caso, il ribollire della passione non elaborata in cui veniamo tutti trascinati dalla rimozione della passione stessa. E' come se esistesse una impossibilita' di vivere nella realta' la passione autentica, in quanto questa e' trascinata inesorabilmente verso il fondo che e' un'immagine inconfondibile dell'inconscio. Non a caso nell'inconscio sono precipitate gran parte delle formazioni, appunto, passionali. Si tratta di amori resi impossibili da una realta' psicologica. In un certo senso il film di Cameron parla, contemporaneamente, di un fatto esterno, un fatto storico, il naufragio del Titanic, e di un fatto interno, ossia di come noi esseri umani ci siamo impossibilitati a vivere fino in fondo la passione dell'amore. * - Studente: Le vorrei chiedere: si puo', contemporaneamente, odiare una persona amata o che e' stata amata, con un odio non momentaneo o istintivo, bensi' realmente profondo? - Silvia Vegetti Finzi: Le rispondero' con Freud: "L'odio e' l'ombra di ogni amore". Quando noi amiamo, ci sentiamo assolutamente dipendenti dalla persona amata e questa dipendenza, che e' inevitabile nell'amore, al tempo stesso ci rende unico, desiderabile, e in fondo anche detestabile, l'oggetto amato, perche' la dipendenza e' sempre in un certo senso dolorosa. Il fatto di ritrovarsi a dire: "Non posso vivere senza di lui" e' gia' una dichiarazione molto ambivalente. Quindi direi che, come in tutte le passioni, anche nell'amore coesistono i due poli contrari dell'attrazione e della repulsione. Il problema e' di riuscire ad amalgamarli e di non farli, invece, esplodere o entrano in conflitto tra loro. * - Studentessa: Si dice sempre che ragione e sentimenti non vadano d'accordo, che la ragione tenda, spesso, a svalutare tutte le azioni che siano state frutto di uno slancio passionale. Secondo lei esiste realmente questo dualismo oppure, come io credo, la ragione tenda a rielaborare le esperienze e che poi le traduca in passioni e sentimenti? - Silvia Vegetti Finzi: Direi che nella passione vi e', comunque, una sconfitta della ragione, o per lo meno una sconfitta momentanea. Come dice Dante: "La passione e' fuori dall'orto della ragione". I sentimenti, invece, rispetto alle passioni, sono piu' "ragionevoli". Essi, infatti, sono piu' adatti alla nostra vita, cosi' regolata, cosi' finalizzata all'efficienza, alla produttivita', perche' possono essere meglio modulati, non ci travolgono mai del tutto, ma, al tempo stesso non sono del tutto razionali. Possiamo esprimere i nostri sentimenti in modo debito, nelle situazioni opportune, mentre la passione, come dicono le metafore, e' un vento. Si pensi all'espressione: "Sono stato travolto dal vento della passione". Non possiamo dire: "Sono stato travolto dal vento dei sentimenti", perche' i sentimenti sono qualche cosa di piu' interiorizzato, e quindi gia' in un certo senso di piu' addomesticato. * - Studente: Ma non puo' darsi, invece, che la ragione, a volte, riesca a dominare i sentimenti, e quindi a volte si tenti, tramite essa, di essere meno egoisti, perche' si puo' fare anche questo parallelismo di ragione ed egoismo? - Silvia Vegetti Finzi: E' sempre stato un problema di equilibrio perche' la passione non corrisponde certamente alla follia tout court, ma nel contempo non rientra nelle occupazioni dirette della ragione. Il che vuol dire che e' sempre indispensabile una forma di controllo equilibrato. Inoltre, un tempo, nel gioco delle passioni, era molto importante il controllo collettivo. Pensate nel teatro tragico greco, che e' la forma principale tramandataci dalla tradizione di espressione passionale; in essa vi e' sempre il coro. Chi parla e' sempre ascoltato e commentato dal coro. Quindi la ragione non e' riposta soltanto nell'individuo, ma e' una forma di ragione condivisa. E' una ragione che proviene dall'esterno, e' un contenimento che viene imposto o consigliato dall'esterno a degli individui, spesso rappresentati nella loro completa solitudine. Se siamo travolti dalla passione abbiamo ben poca possibilita' di gestirla. Possono esserci, in alternativa, come sostegno, le famose telefonate all'amico del cuore, che, magari, durano anche due ore. Ma, anche in quel caso, non c'e' quell'interesse, quell'ascolto, che invece conviene alla passione. Per cui la ragione ci spinge, nello stesso tempo, a trasformare l'impeto passionale nella corrente piu' moderata dei sentimenti. * - Studentessa: Erich Fromm sostenne, ne L'arte di amare, che l'uomo moderno giunga sempre a porre davanti all'amore il prestigio, il denaro, il successo, in una parola: il potere. - Silvia Vegetti Finzi: Certo. * - Studentessa: Quindi si puo' pensare che per l'uomo l'amore sia una cosa inutile? Ma, se cosi' fosse, perche', appena le persone possono, corrono a vedere film d'amore come Titanic oppure restano ad ascoltare canzoni d'amore? Si puo' dire che l'uomo cerchi di vivere l'amore in modo indiretto per una forma di paura o per pigrizia? - Silvia Vegetti Finzi: Sicuramente. Il parlar d'amore e' sempre la cosa piu' difficile da farsi e quindi si va a fruire passivamente l'amore altrove. Parlare d'amore in prima persona e' molto difficile, proprio perche' non ci sono piu' le parole per dirlo. Vi e' stato un tale discredito dell'amore dopo il Romanticismo, e abbiamo visto come questa passione sia stata investita da tanta ironia, dal sarcasmo piu' generale. La persona si sente a disagio nel parlare d'amore. Pensate che una volta, per esempio, la lettera d'amore era una modalita' comunicativa per tutti gli strati sociali. C'era persino chi vendeva lettere d'amore, o chi scriveva lettere d'amore su richiesta. Vi erano i libri di lettere d'amore, gli epistolari sentimentali. Ora la lettera d'amore e' una forma letteraria definitivamente decaduta e con essa e' finita tutta un'esperienza culturale ed umana, venuta meno a causa della frammentazione in cui noi viviamo, attualmente, i discorsi amorosi, e anche per via del conflitto continuo dei discorsi fatti per sopravanzare gli altri. Quindi il discorso amoroso che e' cosi' erratico, cosi' debole, cosi' infantile, in un certo senso e' rimasto un discorso perdente nell'agone delle produzioni discorsive umane. * - Studentessa: Ultimamente ho visto il film Elizabeth, e ho potuto notare che questa donna, questa regina, ha dovuto rinunciare, per affermare la propria autonomia politica e l'autonomia del suo regno, alla famiglia, al matrimonio, ai figli, e quindi anche all'amore. Se fosse stata un uomo, nella sua vita si sarebbe posta di fronte a questa scelta? Possiamo dire che la contrapposizione ragione/sentimento stia a significare un prevalere del mondo emotivo maschile su quello femminile? - Silvia Vegetti Finzi: Direi che la passione piu' ricorrente negli uomini sia il potere, quindi, forse, Elizabeth Tudor avrebbe avuto meno dubbi da porsi di fronte a questa scelta, se fosse stata un uomo. Esistono pero' delle importanti, e pur sempre regali, eccezioni. Abbiamo visto Edoardo d'Inghilterra rinunciare al trono per amore di Wally Simpson. Non sono sempre state delle contrapposizioni cosi' forti. Sicuramente esiste un polo maschile che privilegia il potere e l'autorita' e, tradizionalmente, un polo femminile che e' portatore dei sentimenti come l'amore. E' anche vero, pero', che sempre meno le donne riescono a sfuggire ad una loro trasformazione passionale, perche' le passioni si possono trasformare. Possiamo sostituire una passione con un'altra. Io credo, ad esempio, che una delle passioni dominanti di questa nostra epoca sia la passione del sapere, la passione della conoscenza, a cui molte persone riescono a sacrificare altre soddisfazioni passionali e pulsionali. * - Studentessa: Molto spesso la letteratura ci ha fornito dei modelli di amore, che quasi sempre erano o impossibili da realizzare o nei quali l'uomo e la donna si fondevano completamente nella passione. Modelli che poco spesso si riscontrano nella quotidianita'. Lei pensa che l'amore possa essere concepito come una forma piu' alta di amicizia? - Silvia Vegetti Finzi: Direi che l'amicizia possa sostenere, o sostituire, il rapporto amoroso quando il rapporto amoroso sia finito, proprio perche' l'amicizia e' un rapporto erotico privo di sessualita', in cui e' stata scotomizzata la sessualita'. Quindi rimane solo un amore, direi disincarnato, tra amici. Mentre io non sarei d'accordo che la passione amorosa, in senso forte, debba essere direttamente disincarnata. Anzi in fondo la sua peculiarita' e' proprio questa: di mettere in gioco il corpo. L'esigenza passionale e' un'esigenza del corpo ed e' anche un sapere del corpo, perche' tramite la passione vi e' una conoscenza corporea e una corporeita' dei pensieri, che si rivela, appunto, proprio nel vivere le passioni. Tutte le contraddizioni corporee entrano in conflitto nella passione. Noi non potremmo provare una passione che fosse del tutto priva di corporeita', perche', come ci rivela il teatro tragico greco la persona "in passione" e' una persona che "patisce", e che quindi nello stesso tempo gode, perche' ha l'impressione di vivere il momento piu' alto delle sue potenzialita' vitali e nello stesso tempo soffre sentendo l'impossibilita' di esprimerle. Quindi e' un momento di forte contraddizione, cosa che non trovo invece nell'amicizia che mi sembra un amore sublimato. * - Studente: Si dice che tra due amici non possa nascere un amore passionale. Ma se noi diciamo che l'amicizia sia una forma di amore, non e' possibile che questo amore possa crescere fino a diventare un amore vero? - Silvia Vegetti Finzi: Direi che non si tratti, quasi mai, di una crescita, bensi' di una trasformazione. E' un processo passionale che cambia di registro. Pero' abbiamo visto come le passioni siano improvvise, come ci prendano, come le passioni non siano qualche cosa che noi, sempre, vogliamo. Non posso dire: "Io adesso voglio essere appassionata", ma posso, anzi, a volte, devo dire: "sono preda della passione". Quindi puo' anche darsi che un rapporto d'amicizia possa trasformarsi in un rapporto d'amore. Ma non per processo cumulativo. Non e' che tanta amicizia, sommandosi, possa trasformarsi in amore. Ma cio' puo' avvenire per una variazione improvvisa e nello stesso tempo, potremmo dire, incontrollabile. * - Studentessa: Spesso accade che le persone non riescono a manifestare i loro sentimenti. Questo puo' succedere perche' non conoscono un linguaggio dei sentimenti? E quindi le vorrei anche chiedere: il linguaggio dei sentimenti e' un qualcosa che puo' essere appreso? - Silvia Vegetti Finzi: Bella domanda! Che "manchi un linguaggio dei sentimenti", lo ha detto molto bene Roland Barthes, il quale ha sempre invitato i suoi lettori a recuperare un linguaggio dei sentimenti. E' un linguaggio un po' degradato, attualmente, quello dei sentimenti, perche' molte volte e' stato preso dalla pubblicita'. Molte volte si sente dire: "Questa mi sembra una frase da cioccolatini". No? Esistono delle modalita' di esprimere i sentimenti. Pensate, ad esempio, alla scatola dei cioccolatini che sono, cosi', abbastanza commercializzati. L'amore sembra sempre piu' diventare una merce. Recuperare, invece, la capacita' di esprimere i propri sentimenti sarebbe un compito degno della nostra epoca. Tendendo conto del fatto che i sentimenti usano realmente dei codici. Pensate, ad esempio, al codice della poetica del dolce stil novo, che per secoli e' servito alla rappresentazione piu' accettata dei sentimenti. Va detto, pero', che ognuno dovrebbe essere in grado di ricrearsi per se' (per non essere ridicolo) un tale codice rendendolo corrispondente alle fiammate dei propri sentimenti. Perche' i sentimenti pulsano, i sentimenti, in un certo senso, non sono del tutto inscrivibili, per fortuna, nei codici della letteratura, della poesia o della musica. No? Vi e' sempre una creativita' personale che mi permette di dire che quel discorso e' mio, appartiene a me, che mi permette di riconoscermi anche all'interno di un discorso anonimo. * - Studentessa: Spesso ci viene detto: "Non seguire l'istinto, ma segui la ragione". Ma in questo modo non confondiamo la convenienza sociale con il pensiero reale degli individui? - Silvia Vegetti Finzi: Sicuramente. Questa e' una societa', per dirla con Max Weber, estremamente razionalizzata, una societa' dissacrata, una societa' che pone al primo punto l'efficienza, la produttivita'. E questo crea sicuramente un depauperamento dei sentimenti, i quali non ricevono piu' linfa vitale, perche', fin dai primi anni di vita, le energie vengono spostate su altri obiettivi. Anche la creativita' personale viene posta ai margini dell'autonomia individuale. Il primo problema passionale che abbiamo, come tutti, di fronte alla nostra epoca, e' quello di poter recuperare una parte di energie per poter vivere questi sentimenti, per riuscire a sottrarci a tutte quelle che sono state le maggiori ingiunzioni sociali del mondo moderno. Noi abbiamo visto come, in fondo, l'amore nasca dagli ostacoli o si infiammi degli ostacoli, alimentandosi, spesso, degli ostacoli piu' duri. Un ostacolo alla passione che non e' sempre stato reso cosi' evidente come quello di altri grandi, classici, racconti amorosi, e' la razionalizzazione della nostra vita. Giulietta e Romeo avevano un ostacolo esterno alla loro passione. Noi, nei nostri casi individuali, non vediamo l'ostacolo della razionalizzazione, perche' lo abbiamo fatto nostro, l'abbiamo interiorizzato. * - Studentessa: Vorrei sapere: in quale dei due sentimenti, odio ed amore, che sono i sentimenti piu' opposti e piu' estremi, la passione viene espressa maggiormente e fino in fondo? E perche'? - Silvia Vegetti Finzi: L'odio e l'amore direi che sono le due facce di una stessa medaglia, perche' in fondo non si odia mai una persona neutra, che non si riconosce come importante, perche' l'odio richiede sempre una forma di coinvolgimento. Si odiano le persone vicine cosi' come si amano le persone, che in un certo senso temiamo, perche' temiamo che possano lasciarci, o che ci possiedano troppo o che ci abbandonino. Non c'e' amore che non si confronti con l'angoscia dell'abbandono, che e' la prima angoscia provata dal bambino, l'angoscia di essere abbandonato dalla propria madre, una esperienza emotiva che riappare ad ogni relazione amorosa. Quindi direi che le due passioni vanno insieme e, come dicevo prima, il problema e' quello di equilibrarle, trovando una figura intermedia, perche' l'amore unisce e porta a cancellarci, a sparire, mentre l'odio divide e rischia di farci trovare soli al mondo, senza possibilita' di condivisione. Nella intersezione tra questi due moti, amore e odio, si situano le relazioni vere. * - Studente: Abbiamo parlato, prima, della ragione come freno morale, che puo' contribuire a delimitare le passioni dentro i limiti imposti dalla societa', agendo come autodifesa della comunita' sociale, in un certo senso. Ma la ragione puo', in un individuo, agire anche come difesa delle proprie passioni o come difesa dall'oggetto stesso della passione? - Silvia Vegetti Finzi: Certo. Non esiste mai una passione allo stato puro. Nella storia delle passioni abbiamo sempre visto la passione unita a dei comportamenti antipassionali. Contro la passione si e' mobilitata la giurisprudenza, si e' mobilitata la religione e, ultimamente, persino la medicina. Quindi noi esseri umani tendiamo a far nostre delle modalita' di contenimento, perche', altrimenti, ci sentiremmo invasi dalla passione, dal suo potenziale distruttivo. La passione porta sempre con se' la ricerca dei limiti passionali, in difesa, innanzi tutto, della nostra incolumita', e poi, come lei ha ben detto, dell'incolumita' dell'oggetto. Pensate a Re Lear. Re Lear rischia di rompere i propri rapporti con le sue figlie, di frammentare il suo regno per una passione mal vissuta, mal controllata. Pero', di solito, che cosa ci insegna la tragedia? Che quando una passione ha attraversato la scena del mondo, tutti gli equilibri vengono distrutti per poi ricomporsi in un nuovo equilibrio. Dopo la crisi risorge una nuova configurazione. Questo e' evidente, ad esempio, nelle passioni politiche. Le passioni politiche sono questo insieme misto di ragione e di passione. Il filosofo Remo Bodei parla di "passioni rosse" per il socialismo e il comunismo, di "passioni nere" per il nazifascismo, e sappiamo bene come queste passioni abbiano cambiato la configurazione del mondo. E lo stesso Bodei parla anche di "passioni grigie" per quanto riguarda invece il liberalismo borghese, che sembra piu' razionale, sembra piu' controllato, ma che, in realta', possiede tutte le sue passioni. E qui arriviamo ad un problema molto interessante: dove sono finite le passioni? Visto che il potenziale passionale, le energie che ci portano ad esprimere le passioni ed il bisogno di passioni, rappresentato, tra le altre cose, dal cinema, dalle notizie pubbliche, rivelano ancora questa apertura passionale, dove si sono andate a nascondere le passioni? Probabilmente continuano ad esistere mascherate e probabilmente possono essere anche implose dentro di noi, ma non possono non esistere piu'. Potremmo chiederci che cosa rende cosi' difficile il ritrovamento delle passioni. Forse delle modificazioni molto forti. Una di queste, per esempio, la si trova nella musica, nel passaggio, appunto, dalla musica "classica" tonale alla musica dodecafonica e atonale. Nella Cavalcata delle Valchirie, vediamo che la passione e' una passione collettiva. Richard Wagner, in essa, esprime una passione corale, una passione in cui tutti si possono riconoscere, una passione che e' retta dalla forza del destino, che possiede una sua direzione non visibile, ma che si puo' cogliere all'interno del caos. Mentre con Arnold Schoenberg, con la dodecafonia moderna, questa organizzazione corale "forte" si spezza, lasciando dei frammenti, che sono frammenti tra di loro implosi e nello stesso tempo tesi al conflitto reciproco, e questo corrisponde molto meglio alla situazione psicologica interiore dell'uomo moderno. * - Studentessa: A mio parere la passione, quella vera, e' qualcosa di travolgente e, spesso, anche qualcosa che non ha mai fine. Vorrei chiederle: una passione vera, come la passione amorosa, puo' estinguersi oppure e' qualcosa che puo' durare in eterno? - Silvia Vegetti Finzi: No. Direi che eternita' e passione siano, forse, due termini contrastanti, proprio perche' l'impeto passionale richiede una tale mobilitazione delle energie vitali che a un certo punto puo' portare allo spegnersi delle passioni; o perche' si sono realizzate, quindi il mondo interiore o esterno e' cambiato, o perche' esse sono state introiettate, come abbiamo visto, appunto, nella musica, dove si e' passati da una musica corale a una situazione piu' individuale e frammentata. Ed e' evidente, ad esempio, anche nel teatro di prosa, dove nel passaggio dalla tragedia (pensiamo alla tragedia shakespeariana, ma, ancora prima, a quella sofoclea) al teatro di Henrik Ibsen, dove la passionalita' implosa si rivela, ad esempio, nei silenzi. Quindi puo' esservi una passione che, non trovando parole per esprimersi, diviene passione silenziosa, malattia, diventa morte, ma restando, pur sempre, passione. Comunque non penso che la vera passione possa mai durare per tutta la vita, proprio perche' la passione si definisce per eccesso. Si parla, di solito, di eccesso passionale. Nella nostra vita quotidiana, nella quotidianita', noi viviamo abbastanza fuori dal registro delle passioni. * - Studentessa: Oggi non si scrivono piu' grandi romanzi d'amore, ma hanno piu' successo le telenovelas. Lei come spiega questo fenomeno? - Silvia Vegetti Finzi: Proprio perche' questi grandi racconti televisivi, le soap opera, svolgono quella che un tempo era la funzione del mito. Essi rappresentano quella dimensione che, un tempo, era propria del mito. Non e' che la mitologia sia finita col mondo classico. Ogni epoca produce i propri miti e le soap opera sono i miti della nostra epoca. Quando invece si tratta di rappresentare un vissuto individuale (penso, ad esempio, alla letteratura cosiddetta giovanile), l'amore vi trova ben poco posto, proprio come se ci fosse, come dicevo prima, un pudore, una vergogna ad esprimere i propri sentimenti amorosi. Mentre viene espressa, molto bene, la violenza. E la letteratura giovanile, non a caso, esprime egregiamente la violenza. E' come se non riuscisse a trovare le parole per esprimere cosa sia l'amore, perche' le grandi narrazioni sono finite. Questo senso di amore e destino non esiste piu'. E' finito con il Romanticismo, oppure con i grandi romanzi del Novecento. Pensate a Marcel Proust, a Robert Musil, i quali, pero', hanno scritto romanzi tesi a interiorizzare i conflitti amorosi dei loro protagonisti. Nei romanzi di questi autori le passioni sono tutte rappresentate dentro i personaggi in essi raffigurati, come se fossero sigillate, e il lettore resta, spesso, incapace di trovare delle autentiche forme espressive proprie dell'io del soggetto narrante. Quella che rimane invece come universale e' l'espressione mitica, che, come dicevo, e' di tutti e di nessuno. * - Studentessa: Come distinguiamo la passione sentimentale o la passione amorosa da una passione sessuale? Come possiamo noi distinguere l'amore da una semplice attrazione fisica? - Silvia Vegetti Finzi: Dalle parole. Parole che non necessariamente vengono pronunciate, ma che vengono dette dentro di noi. La semplice attrazione sessuale di solito non ha parole. E' un impulso, una pulsione, quindi tende alla scarica immediata, mentre diventa amore quando subentra una forma di narrazione, quando vi e' dentro di noi un io narrante che racconta, in un certo senso giustificandola, la pulsione. La pulsione semplicemente erotica, di per se', non e' umana. E' qualche cosa che assomiglia ai comportamenti animali. E direi che, quindi, questa spinta alla soddisfazione sessuale, si umanizza quando trova parole per esprimersi. Magari parole soltanto interiori. * - Studente: Ma possiamo dire che la passione sessuale sia subordinata a quella amorosa? O che il sesso sia, diciamo, subordinato all'amore? Oppure che l'amore non esista senza sesso? - Silvia Vegetti Finzi: Si', ma e' anche vero l'opposto. Io credo, come psicoanalista, che dipenda dall'inibizione. Noi siamo cosi' inibiti dall'educazione, dalla cultura in cui viviamo, che non riusciamo davvero a vivere semplicemente una pulsione sessuale. E' molto difficile. Devo dire che, di solito, si tende a dare una forma, una figura, alla passione sessuale, se non altro per giustificarla. In fondo le parole servono a giustificare quello che stiamo facendo, affinche' l'azione non sia solo un gesto privo di senso. Se noi compiamo un gesto privo di senso, portiamo l'insensatezza nella nostra identita'. Per cui chi compie un gesto di cui non sa perche' lo fa, sentendolo come pura spinta vitale, ma senza figure interiori di mediazione, in un certo senso sente di perdere qualche cosa, non soltanto fuori di se', nel rapporto con l'altro, ma anche in se' stesso. Perche' l'altro, nel rapporto amoroso, in realta', e' una figura dell'io, e' una proiezione del nostro io e del nostro narcisismo. Tra l'uno e l'altro, amiamo sempre noi stessi e se l'altro viene ridotto a una cosa, reifichiamo il nostro stesso io. * - Studentessa: Lei ha detto, poco fa, che le passioni, prima o poi, finiscono, e che passioni e sentimenti sono due cose fondamentalmente diverse. I sentimenti possono finire? - Silvia Vegetti Finzi: Direi che i sentimenti possono durare tutta la vita, proprio perche' i sentimenti perdurano traendo alimento da se stessi. Si alimentano di progetti, si alimentano delle capacita' di mutare. Il sentimento non giunge dal di fuori, come la passione, ma e' qualche cosa che noi stessi amministriamo. Possiamo ben amministrare i nostri sentimenti, trasformarli, modificarli. Pensiamo, ad esempio, all'amore coniugale. Certo la passione non dura tutta la vita. Sarebbe assurda una coppia che viva tutta la vita in uno stato passionale. Ma esiste pure la capacita' (e' un'economia interiore) di trasformare questo importo amoroso, e di cambiarne il senso lungo le stagioni della vita. * - Studentessa: Ma se un amore finisce allora non e' stato vero amore? - Silvia Vegetti Finzi: Anzi, puo' essere stato una grande passione. Direi che, in fondo, le grandi passioni sono piu' soggette alla fine degli altri stati sentimentali. O no? Quindi, in quel caso, potrebbe essersi trattato veramente di amore, ma di un amore che non ha saputo trasformarsi, che ha scelto di rinunciare alla durata in nome dell'intensita'. Condannandosi, con cio', in un certo senso, alla brevita', alla caducita'. * - Studente: Questo amore che puo' scegliere di sacrificare la durata per una grande passione, a parer mio, puo' rimanere comunque, con tutti gli effetti, e con quelle ferite che spesso ne restano, dentro la persona. E, in questo senso, puo' rimanere nella memoria e nella sensibilita' di una persona anche per tutta la vita. - Silvia Vegetti Finzi: Certo. Direi che quando noi pensiamo alla nostra vita, alla nostra biografia, tendiamo ad organizzarla intorno alle grandi passioni che l'hanno motivata. Le passioni sono dei forti organizzatori, danno un forte senso alla nostra vita. E se pensiamo a tutta la tradizione culturale in un certo senso possiamo vedere come essa sia stata un'espressione delle passioni, una semantica delle passioni. Ora quello che mi preoccupa e' che questa semantica sia venuta meno essendo stata sostituita, sovente, dalla poverta' dei linguaggi specialistici. Molte volte, invece di dire: "Roberto e' innamorato" si dice: "Roberto e' in paranoia", e invece di dire: "Sono infelice" si dice: "Sono depresso". Quindi si assume questa semantica, volgarizzata, della medicina, della psichiatria o della psicoanalisi, che e' molto piu' povera di quanto non fossero le grandi tradizioni culturali della passione, in cui si sedimentava tutta una esperienza culturalmente condivisa, ossia una esperienza storica. Abbiamo ridotto in soldoni il nostro modo di sentire. Ma dobbiamo essere anche capaci di recuperarlo, perche', come dicevo prima, noi siamo le nostre passioni. * - Studente: Secondo me, il fenomeno di cui lei sta parlando puo' anche essere correlato al fatto che le passioni ormai non si sperimentano piu' individualmente. Si vedono rappresentate con i film, con le grandi storie, le grandi donne della realta' mondana. Questo tende a impoverire l'anima umana dalle passioni autentiche, che vengono sostituite da quelle piu' alla moda del momento. - Silvia Vegetti Finzi: Viviamo in un'epoca spassionata anche dal punto di vista politico. E' un'epoca dove la politica e' stata ridotta piu' che altro ad amministrazione dell'esistente. La fine delle grandi passioni politiche che ha cosi' infiammato l'Europa degli anni Trenta ha portato con se' anche delle vere e proprie catastrofi, come la fine dei valori. Il che equivale a dire che la fine delle ideologie ha portato anche con se' la fine degli ideali. Quindi ci troviamo un po' in un'epoca di calma piatta, di bonaccia passionale, in un'epoca in cui possiamo guardare alla storia passata come ad un campo di battaglia. Molte bandiere sono state lasciate in quel campo di battaglia e si fa fatica a trovare la forza, l'energia e la giustificazione per riprenderle. * - Studente: Ho cercato nel world wide web dei siti pertinenti al tema della passione. La mia domanda e' questa: quando accade che l'amore puo' vedersi degenerare in qualcosa che praticamente non contenga piu' questo sentimento? E a cosa puo' essere dovuto? - Silvia Vegetti Finzi: Puo' essere dovuto, come dicevo prima, alla solitudine, alla stanchezza, al fatto che ci si rivolge molte volte, come lei stesso sta facendo in questo momento, a degli oggetti che sono inerti (lo schermo, il telefono), a delle forme di comunicazione che comunque sono da ritenere decorporeizzanti. In cui cioe' viene meno il corpo. In questi casi alle nostre passioni e' stato sottratto il corpo e quindi e' stato sottratto il gesto corporeo. Molte volte l'eccesso di gestualita' e' considerato inopportuno o addirittura folle. Quindi, uno dei compiti, al quale la nostra epoca ci trova e si trova di fronte (un'epoca di comunicazioni fredde) e' quello di ritrovare il calore della comunicazione e di quel modo di vivere corpo a corpo, che consiste nel vivere in gruppo, nel partecipare, un po' come stiamo facendo oggi, ad una comunita' di intenti, dove insieme a grandi prospettive culturali, si puo' godere anche di questa vicinanza, di questa consonanza fisica, che e' l'unica che riesce, veramente, a scaldare la comunicazione e a passare sopra la tentazione all'anonimato, che tende ad essere sempre piu' dominante nella nostra epoca. 3. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 4. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1333 del 21 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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