La nonviolenza e' in cammino. 1333



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1333 del 21 giugno 2006

Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace: No
2. Silvia Vegetti Finzi: Il dominio del cuore. Un colloquio
3. La "Carta" del Movimento Nonviolento
4. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: NO
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni
politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte
degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani
e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Le costituzioni non nascono a comando, ma esprimono momenti particolari
nella storia dei popoli, quando - di fronte a contingenze molto
significative - sembra che una coscienza politica comune si raggrumi e
produca linee di guida comuni di grande portata.
Cosi' fu per la nostra Costituzione, retta dal lungo anelito di liberta' di
tutti e tutte gli antifascisti del ventennio e dalle speranze indefinite ma
fervide dei giovani che presero parte alla Resistenza. Il tutto agito con
grande vivacita' di discussione e anche di distinzione e addirittura di
contrapposizione, un gioco di idee che veniva foggiandosi nel fuoco dello
scontro, e si componeva in una armoniosa tessitura di principi e procedure,
tenuta insieme non da egoismi e particolarismi, bensi' di un limpido e non
occasionale antifascismo.
Per questo la Costituzione non e' "vecchia": essa ha un tempo dietro di se',
che stava per farla diventare "antica", cioe' capace di superare la prova
del tempo e durare.
*
Per questo nel momento in cui la sua "vecchaia" la espone a fragilita', i
suoi nemici hanno costruito una meschina trappola e la mettono a rischio:
invece di mostrare, verso un corpo politico, che il tempo ha finora
consolidato in modo un po' passivo, la pietas necessaria a farlo appunto
diventare solenne e antico, si accaniscono per farlo debole, sbeffeggiato,
insultato.
Una operazione vigliacca, nella quale il piu' ottuso localismo e
particolarismo si addobba falsamente del nobile nome di federalismo, e una
ambizione di primeggiare personalmente e autoritariamente si ammanta di
"modernita' degli ordinamenti".
*
Dobbiamo saper smascherare questo attacco con un sonoro corale ampio "no",
che diremo nei prossimi giorni, e restituire alla Costituzione il suo spazio
e tempo a nostro conforto di popolo.

2. RIFLESSIONE. SILVIA VEGETTI FINZI: IL DOMINIO DEL CUORE. UN COLLOQUIO
[Dal sito www.emsf.rai.it riprendiamo il seguente colloquio tenuto da Silvia
Vegetti Finzi con le studentesse e gli studenti del Liceo scientifico
"Isacco Newton" di Roma e trasmesso dalla Rai il 24 novembre 1998 nel
programma "Il Grillo". Su Silvia Vegetti Finzi dal sito dell'Enciclopedia
multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la
seguente notizia biografica: "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5
ottobre 1938. Laureatasi in pedagogia, si e' specializzata in psicologia
clinica presso l'Istituto di psicologia dell'Universita' cattolica di
Milano. All'inizio degli anni '70 ha partecipato a una vasta ricerca
internazionale, progettata dalle Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause
del disadattamento scolastico. Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta
dell'infanzia e della famiglia nelle istituzioni pubbliche. Dal 1975 e'
entrata a far parte del Dipartimento di Filosofia dell'Universita' di Pavia
ove attualmente insegna psicologia dinamica. Dagli anni '80 partecipa al
movimento femminista, collaborando con l'Universita' delle donne 'Virginia
Woolf' di Roma e con il Centro documentazione donne di Firenze. Nel 1990 e'
tra i fondatori della Consulta (laica) di bioetica. Dal 1986 e' pubblicista
del 'Corriere della Sera' e successivamente anche di 'Io donna' e di
'Insieme"' Fa parte del comitato scientifico delle riviste: 'Bio-logica',
'Adultita'', 'Imago ricercae', nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della
'Casa della cultura' di Milano, della 'Libera universita'
dell'autobiografia' di Anghiari. Collabora inoltre con le riviste
filosofiche 'Aut Aut' e 'Iride'. Molti suoi scritti sono stati tradotti in
francese, inglese, tedesco e spagnolo. E' membro dell'Osservatorio nazionale
per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa' italiana di psicologia; della
Societe' internationale d'histoire de la psychoanalyse. Nel 1998 ha
ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il premio nazionale 'Cesare
Musatti', e per quelli di bioetica il premio nazionale 'Giuseppina Teodori'.
Sposata con lo storico della filosofia antica Mario Vegetti, ha due figli
adulti, Valentina e Matteo. Gli interessi di Silvia Vegetti Finzi seguono
quattro filoni: il primo e' volto a ricostruire una genealogia della
psicoanalisi da Freud ai giorni nostri, intesa non solo come storia del
movimento psicoanalitico ma anche come storia della cultura; il secondo, una
archelogia dell'immaginario femminile, intende recuperare nell'inconscio
individuale e nella storia delle espressioni culturali, elementi di
identita' femminile e materna cancellati dal prevalere delle forme
simboliche maschili: a questo scopo ha analizzato i sogni e i sintomi delle
bambine, i miti delle origini, i riti di iniziazione femminile nella Grecia
classica, le metafore della scienza, l'iconografia delle Grandi Madri; il
terzo delinea uno sviluppo psicologico, dall'infanzia all'adolescenza, che
tenga conto anche degli apporti psicoanalitici. Si propone inoltre di
mettere a disposizione, tramite una corretta divulgazione, la sensibilita' e
il sapere delle discipline psicologiche ai genitori e agli insegnanti; il
quarto, infine, si interroga sulla maternita' e sugli effetti delle
biotecnologie, cercando di dar voce all'esperienza e alla sapienza delle
donne in ordine al generare". Tra le opere di Silvia Vegetti Finzi: (a cura
di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con L.
Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri), Verso
il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della
psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987);
Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre,
Mondadori, Milano 1990; (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza,
Roma-Bari 1992; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere
insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica,
Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La
psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994;
Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi),
Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri),
Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna
Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai
cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella
Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della
maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne,
Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura
e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni,
Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, Alma Edizioni, 1997;
(con altri), Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; (con Anna Maria
Battistin), L'eta' incerta. I nuovi adolescenti, Mondadori, Milano, 2000;
Parlar d'amore, Rizzoli, Milano 2003; Silvia Vegetti Finzi dialoga con le
mamme, Fabbri, Milano 2004; Quando i genitori si dividono, Mondadori, Milano
2005]

- Silvia Vegetti Finzi: Non sara' semplicissimo presentarmi. Se vivessimo
ancora nell'Ancien Regime, ossia in una societa' aristocratica, risponderei
a questa domanda dicendo: "Io sono figlia di X e di Y", perche', in quel
caso, sarebbe l'appartenenza sociale a determinare la mia identita'. Poiche'
viviamo in eta' moderna, nell'epoca borghese, vi diro' quello che faccio
perche', ormai, la nostra identita' sociale e' determinata dalla nostra
efficienza. Vivo a Milano, insegno Psicologia dinamica all'Universita' di
Pavia. Psicologia dinamica, cosi' come io l'intendo, significa psicoanalisi.
Ho lavorato per molti anni come psicologa nei consultori della famiglia,
occupandomi soprattutto dell'infanzia e dell'adolescenza. Ho scritto molti
libri. Alcuni possono interessarvi, altri meno. Tra quelli che, oggi,
potrebbero riscuotere maggiormente il vostro interesse vi e' la Storia delle
passioni, un libro che raccoglie dei contributi molto interessanti, che
vanno dall'analisi delle passioni in eta' antica fino alle passioni in epoca
contemporanea. Un'altra pubblicazione che potrebbe interessarvi e' la Storia
della psicoanalisi; e un'altra ancora, che ho scritto insieme a una
collaboratrice, Marina Catinazzi, e' Psicoanalisi ed educazione sessuale.
Parlando di sessualita', naturalmente, utilizzando i grandi testi di
riferimento della tradizione psicologica e psicoanalitica, mi sono imbattuta
nel problema dell'amore. Si tratta di un problema che ho dovuto affrontare
da piu' versanti. Dal versante della storia delle passioni, dove l'amore,
insieme all'odio, e' una delle passioni fondamentali; mi sono imbattuta in
questo problema nell'educazione sessuale; e nella storia della famiglia,
dove l'amore nella societa' borghese viene ad entrare in conflitto con
l'esterno e, nello stesso tempo, a perpetuarsi con il matrimonio. A questo
punto io lascerei a voi la parola sperando di riuscire a toccare ancora
degli altri argomenti, o di tornare a quelli da me appena accennati.
Prima di iniziare la nostra conversazione, possiamo vedere una scheda che
riassume in maniera sintetica i problemi relativi al dominio dell'amore
nella nostra tradizione culturale.
*
Scheda: L'amore e' una passione e, come tale, attraversa la storia
dell'umanita' come un suo tratto costante. Gli esseri umani hanno sempre
amato. Si sono innamorati, hanno provato i piaceri dell'amore e i drammi e
le sofferenze che esso porta con se'. Ma l'amore e' anche una delle passioni
che sono state maggiormente moralizzate. Le societa' hanno sempre costruito
una fitta rete di doveri e di ruoli attorno all'amore e ne hanno dato
immagini che hanno, di volta in volta, indicato alcune possibilita' di amare
e ne hanno oscurato altre. Le societa' antiche, quella greca e quella
romana, mostravano di apprezzare una varieta' di forme d'amore, ma avevano
anch'esse i loro divieti. La passione amorosa non era fatta oggetto di
obblighi morali o giuridici, ma era investita da principi di convenienza,
che attenevano al ruolo ricoperto nella societa'. Gli uomini delle classi
elevate, ad esempio, potevano amare solo come conquista e possesso e mai
come debolezza o passivita' nei confronti della persona amata. E' con il
tardo Impero, tra il I e il II secolo, che si impone l'idea che nel modo di
amare si mostri la virtu' che e' propria di tutti gli individui. Cosi'
l'amore viene a sovrapporsi con le relazioni socialmente importanti, come
quella procreativa, sancita dal matrimonio e dalla trasmissione dei beni ai
figli. Su questa morale tardo-pagana fiorisce il cristianesimo. Quella che
nelle epoche precedenti era stata la moralita' di alcuni diventa, ora, un
obbligo per tutti. E cosi' rimane, in maniera piuttosto sorprendente, per
diciotto secoli, fino ad oggi, ma subendo importanti modificazioni. Viene
inventata nel frattempo una categoria dell'amore in cui il piacere, da solo,
deforma o persino snatura l'amore. Come possiamo vedere nell'amore cortese,
nel medioevo, e poi nell'amore romantico. Ma con la nascita della societa'
borghese, un certo tipo di amore, quello coniugale, diventa sempre piu'
importante anche per lo sviluppo stesso della strutturazione giuridica e
burocratica della societa'. Poi, nel secolo scorso, l'importanza della legge
declina all'improvviso e le immagini dell'amore piu' influenti sono quelle
fornite dalla medicina. Non sono piu' la morale o il diritto a configurare
le possibilita' amorose, ma la norma naturale, cio' che e' normale e cio'
che e' patologico.
*
- Studentessa: L'amore, nel corso dei secoli, e' rimasto sempre lo stesso ed
e' stato, quindi, espresso solamente in maniere diverse oppure e' cambiato
il modo di amare?
- Silvia Vegetti Finzi: Credo che il potenziale amoroso sia sostanzialmente
stato sempre lo stesso nel tempo, nello stesso bisogno d'amore e nelle
stesse aspettative. Sono, queste, forse le figure simboliche fondamentali
della nostra mente. Naturalmente sono cambiati i codici, nonche' i nostri
modi di esprimerci, essendo cambiati anche i modelli che le societa' ci
mettono a disposizione, assieme ai lessici che e' possibile trovare nelle
descrizioni dell'amore. L'approccio al problema e' sicuramente cambiato
nella superficie, rimanendo, pero', lo stesso nel profondo.
*
- Studentessa: Spesso e' un luogo comune pensare che l'epoca in cui viviamo
sia un'epoca spassionata. Pero' a me vengono in mente, non so, esempi come
il grande successo che ha avuto il film Titanic oppure la vicenda, che ha
commosso tutto il mondo, della morte di Lady Diana. Di fronte a fatti come
questi mi viene da pensare che gli uomini e le donne di oggi vogliano ancora
provare forti passioni e che siano pronte a farlo ad ogni costo.
- Silvia Vegetti Finzi: Si', anch'io credo che ci sia un grande bisogno di
passioni e che, nello stesso tempo, esista una reale difficolta' ad
esprimere le passioni a livello individuale. Siamo quasi impediti da un
certo pudore. Troviamo che la passione sia qualcosa di indecente nell'ambito
in cui viviamo, ambito contraddistinto dall'intimita', dall'autocontrollo
estremo. Sono controllati i gesti, sono controllate le parole, fin dalla
prima infanzia. Si dice al bambino: "Non muoverti, non dire queste cose.
Stai fermo". Manca un contesto realmente accettato della passione. Ma il
bisogno e' rimasto sempre lo stesso. E questi grandi miti odierni, di cui
lei giustamente diceva prima, Diana d'Inghilterra, nonche' Titanic, (questa
passione cinematografica e travolgente che ha unito gli adolescenti di tutto
il mondo), ci rivelano come appunto esista ancora un grande bisogno di
grande passioni simboliche, di grandi forme di narrazione sentimentalmente
condivisibile.
*
- Studentessa: Secondo lei attribuire un valore e un'importanza piu'
profonde alla relazione con la propria madre, puo' significare una
ricomposizione tra corpo e mente, ossia tra sentimenti e ragione all'interno
di un'unica persona aiutando a non considerare piu' i sentimenti e la
ragione in opposizione tra loro?
- Silvia Vegetti Finzi: Sicuramente. Noi tutti abbiamo provato una "prima
passione", sia i maschi che noi femmine. Il primo oggetto d'amore, per noi
tutti, e' stato quello delle nostre madri e abbiamo provato, sia negli
ultimi mesi di gravidanza, sia nei primi mesi di vita, un amore totale, un
amore illimitato, un amore compulsivo, dove non esiste una reale differenza
dinamica tra ragione e sentimento, tra corpo e anima, un amore oceanico al
quale, in fondo, tendiamo tutta la vita. Tutti tendiamo a questo tipo di
amore e ne abbiamo paura, perche' abbiamo paura di perdere la nostra
individualita', di smarrirci in questo tipo di amore. Questo spiega anche la
connessione che esiste tra amore e morte, proprio perche' cio' cui aneliamo
nello stesso tempo ci spaventa.
*
- Studente: Ripensando alle storie di Paolo e Francesca, di Romeo e
Giulietta, abbiamo visto come lo sbocciare delle forti passioni sia, spesso,
anche legato a un divieto, a una prescrizione proibitiva. Lei pensa che il
divieto possa essere una condizione per cui le passioni possano sbocciare
piu' impetuosamente o la loro irruenza puo' aver luogo anche nella
quotidianita'?
- Silvia Vegetti Finzi: Il filosofo idealista Friedrich Schelling scrisse:
"la passione amorosa nasce dalla contrapposizione tra la liberta'
individuale e gli impedimenti sociali". Io non credo che l'amore nasca da
questo, ma, sicuramente, e' una passione che puo' essere rinfocolata dai
divieti. La mancanza di impedimenti fa si' che la passione amorosa sia
gestita attualmente solo dall'individuo, il quale deve confrontarsi con dei
limiti, che, molte volte, sono dei limiti interni, dei limiti psicologici,
per cui troviamo delle inibizioni ad amare, alle quali non corrisponde
un'autentica realta' sociale. Molte volte ci inibiamo, da soli, come se
fossimo spaventati dell'eccesso amoroso, perche' la passione e' sempre
eccessiva, e, come ci rivela Dante Alighieri nel contrappasso subito da
Paolo e Francesca nel girone dei lussuriosi, esso puo' essere travolgente
come una bufera. Non lascia nulla di immodificato. Con esso cambiano i
rapporti esterni, cambia l'equilibrio interno e quindi vi e' al tempo stesso
desiderio e timore della passione.
*
- Studente: Abbiamo portato l'esempio di Titanic e del cordoglio per Lady
Diana. Pero' a me sembra che queste due passioni, questi due grandi affetti
che si sono sviluppati per queste figure, per la figura di questi due
personaggi del film di James Cameron e per questa donna, siano delle
passioni un po' fittizie. Mi sembra che non rappresentino un amore vero,
quasi che in queste immagini esista soprattutto una ricerca di
spettacolarita' nell'amore. Un qualcosa di molto finto. Non come nell'amore
vero che, secondo me, puo' davvero instaurarsi tra due persone dotate di
reali e reciproci contatti, cosi' diverse dai personaggi di un film, o
dall'immagine di una donna come la principessa Diana!
- Silvia Vegetti Finzi: Certo. Direi che siamo di fronte a dei simboli.
Questi, di cui lei stava parlando, sono simboli dell'amore che appartengono
a tutti e a nessuno. Nessuno vi si puo' realmente immedesimare, grazie
proprio alle loro figure quasi di stampo universale, ma, nello stesso tempo,
sono simboli che devono, comunque, aver parlato al cuore di molti individui,
perche' l'adesione da essi goduta non e' facile da ottenere. Un messaggio
devono averlo mandato. Penso, ad esempio, come siano importanti in Titanic
le immagini in cui la realta' vissuta dalla giovane coppia di protagonisti
si svolge su di un piano inclinato, che diviene sempre piu' inclinato, e in
cui loro vengono sempre piu' trascinati nel fondo della nave, la', dove
ribolle proprio l'acqua che ha rotto le paratie stagne dello scafo, che
ricorda, non a caso, il ribollire della passione non elaborata in cui
veniamo tutti trascinati dalla rimozione della passione stessa. E' come se
esistesse una impossibilita' di vivere nella realta' la passione autentica,
in quanto questa e' trascinata inesorabilmente verso il fondo che e'
un'immagine inconfondibile dell'inconscio. Non a caso nell'inconscio sono
precipitate gran parte delle formazioni, appunto, passionali. Si tratta di
amori resi impossibili da una realta' psicologica. In un certo senso il film
di Cameron parla, contemporaneamente, di un fatto esterno, un fatto storico,
il naufragio del Titanic, e di un fatto interno, ossia di come noi esseri
umani ci siamo impossibilitati a vivere fino in fondo la passione
dell'amore.
*
- Studente: Le vorrei chiedere: si puo', contemporaneamente, odiare una
persona amata o che e' stata amata, con un odio non momentaneo o istintivo,
bensi' realmente profondo?
- Silvia Vegetti Finzi: Le rispondero' con Freud: "L'odio e' l'ombra di ogni
amore". Quando noi amiamo, ci sentiamo assolutamente dipendenti dalla
persona amata e questa dipendenza, che e' inevitabile nell'amore, al tempo
stesso ci rende unico, desiderabile, e in fondo anche detestabile, l'oggetto
amato, perche' la dipendenza e' sempre in un certo senso dolorosa. Il fatto
di ritrovarsi a dire: "Non posso vivere senza di lui" e' gia' una
dichiarazione molto ambivalente. Quindi direi che, come in tutte le
passioni, anche nell'amore coesistono i due poli contrari dell'attrazione e
della repulsione. Il problema e' di riuscire ad amalgamarli e di non farli,
invece, esplodere o entrano in conflitto tra loro.
*
- Studentessa: Si dice sempre che ragione e sentimenti non vadano d'accordo,
che la ragione tenda, spesso, a svalutare tutte le azioni che siano state
frutto di uno slancio passionale. Secondo lei esiste realmente questo
dualismo oppure, come io credo, la ragione tenda a rielaborare le esperienze
e che poi le traduca in passioni e sentimenti?
- Silvia Vegetti Finzi: Direi che nella passione vi e', comunque, una
sconfitta della ragione, o per lo meno una sconfitta momentanea. Come dice
Dante: "La passione e' fuori dall'orto della ragione". I sentimenti, invece,
rispetto alle passioni, sono piu' "ragionevoli". Essi, infatti, sono piu'
adatti alla nostra vita, cosi' regolata, cosi' finalizzata all'efficienza,
alla produttivita', perche' possono essere meglio modulati, non ci
travolgono mai del tutto, ma, al tempo stesso non sono del tutto razionali.
Possiamo esprimere i nostri sentimenti in modo debito, nelle situazioni
opportune, mentre la passione, come dicono le metafore, e' un vento. Si
pensi all'espressione: "Sono stato travolto dal vento della passione". Non
possiamo dire: "Sono stato travolto dal vento dei sentimenti", perche' i
sentimenti sono qualche cosa di piu' interiorizzato, e quindi gia' in un
certo senso di piu' addomesticato.
*
- Studente: Ma non puo' darsi, invece, che la ragione, a volte, riesca a
dominare i sentimenti, e quindi a volte si tenti, tramite essa, di essere
meno egoisti, perche' si puo' fare anche questo parallelismo di ragione ed
egoismo?
- Silvia Vegetti Finzi: E' sempre stato un problema di equilibrio perche' la
passione non corrisponde certamente alla follia tout court, ma nel contempo
non rientra nelle occupazioni dirette della ragione. Il che vuol dire che e'
sempre indispensabile una forma di controllo equilibrato. Inoltre, un tempo,
nel gioco delle passioni, era molto importante il controllo collettivo.
Pensate nel teatro tragico greco, che e' la forma principale tramandataci
dalla tradizione di espressione passionale; in essa vi e' sempre il coro.
Chi parla e' sempre ascoltato e commentato dal coro. Quindi la ragione non
e' riposta soltanto nell'individuo, ma e' una forma di ragione condivisa. E'
una ragione che proviene dall'esterno, e' un contenimento che viene imposto
o consigliato dall'esterno a degli individui, spesso rappresentati nella
loro completa solitudine. Se siamo travolti dalla passione abbiamo ben poca
possibilita' di gestirla. Possono esserci, in alternativa, come sostegno, le
famose telefonate all'amico del cuore, che, magari, durano anche due ore.
Ma, anche in quel caso, non c'e' quell'interesse, quell'ascolto, che invece
conviene alla passione. Per cui la ragione ci spinge, nello stesso tempo, a
trasformare l'impeto passionale nella corrente piu' moderata dei sentimenti.
*
- Studentessa: Erich Fromm sostenne, ne L'arte di amare, che l'uomo moderno
giunga sempre a porre davanti all'amore il prestigio, il denaro, il
successo, in una parola: il potere.
- Silvia Vegetti Finzi: Certo.
*
- Studentessa: Quindi si puo' pensare che per l'uomo l'amore sia una cosa
inutile? Ma, se cosi' fosse, perche', appena le persone possono, corrono a
vedere film d'amore come Titanic oppure restano ad ascoltare canzoni
d'amore? Si puo' dire che l'uomo cerchi di vivere l'amore in modo indiretto
per una forma di paura o per pigrizia?
- Silvia Vegetti Finzi: Sicuramente. Il parlar d'amore e' sempre la cosa
piu' difficile da farsi e quindi si va a fruire passivamente l'amore
altrove. Parlare d'amore in prima persona e' molto difficile, proprio
perche' non ci sono piu' le parole per dirlo. Vi e' stato un tale discredito
dell'amore dopo il Romanticismo, e abbiamo visto come questa passione sia
stata investita da tanta ironia, dal sarcasmo piu' generale. La persona si
sente a disagio nel parlare d'amore. Pensate che una volta, per esempio, la
lettera d'amore era una modalita' comunicativa per tutti gli strati sociali.
C'era persino chi vendeva lettere d'amore, o chi scriveva lettere d'amore su
richiesta. Vi erano i libri di lettere d'amore, gli epistolari sentimentali.
Ora la lettera d'amore e' una forma letteraria definitivamente decaduta e
con essa e' finita tutta un'esperienza culturale ed umana, venuta meno a
causa della frammentazione in cui noi viviamo, attualmente, i discorsi
amorosi, e anche per via del conflitto continuo dei discorsi fatti per
sopravanzare gli altri. Quindi il discorso amoroso che e' cosi' erratico,
cosi' debole, cosi' infantile, in un certo senso e' rimasto un discorso
perdente nell'agone delle produzioni discorsive umane.
*
- Studentessa: Ultimamente ho visto il film Elizabeth, e ho potuto notare
che questa donna, questa regina, ha dovuto rinunciare, per affermare la
propria autonomia politica e l'autonomia del suo regno, alla famiglia, al
matrimonio, ai figli, e quindi anche all'amore. Se fosse stata un uomo,
nella sua vita si sarebbe posta di fronte a questa scelta? Possiamo dire che
la contrapposizione ragione/sentimento stia a significare un prevalere del
mondo emotivo maschile su quello femminile?
- Silvia Vegetti Finzi: Direi che la passione piu' ricorrente negli uomini
sia il potere, quindi, forse, Elizabeth Tudor avrebbe avuto meno dubbi da
porsi di fronte a questa scelta, se fosse stata un uomo. Esistono pero'
delle importanti, e pur sempre regali, eccezioni. Abbiamo visto Edoardo
d'Inghilterra rinunciare al trono per amore di Wally Simpson. Non sono
sempre state delle contrapposizioni cosi' forti. Sicuramente esiste un polo
maschile che privilegia il potere e l'autorita' e, tradizionalmente, un polo
femminile che e' portatore dei sentimenti come l'amore. E' anche vero,
pero', che sempre meno le donne riescono a sfuggire ad una loro
trasformazione passionale, perche' le passioni si possono trasformare.
Possiamo sostituire una passione con un'altra. Io credo, ad esempio, che una
delle passioni dominanti di questa nostra epoca sia la passione del sapere,
la passione della conoscenza, a cui molte persone riescono a sacrificare
altre soddisfazioni passionali e pulsionali.
*
- Studentessa: Molto spesso la letteratura ci ha fornito dei modelli di
amore, che quasi sempre erano o impossibili da realizzare o nei quali l'uomo
e la donna si fondevano completamente nella passione. Modelli che poco
spesso si riscontrano nella quotidianita'. Lei pensa che l'amore possa
essere concepito come una forma piu' alta di amicizia?
- Silvia Vegetti Finzi: Direi che l'amicizia possa sostenere, o sostituire,
il rapporto amoroso quando il rapporto amoroso sia finito, proprio perche'
l'amicizia e' un rapporto erotico privo di sessualita', in cui e' stata
scotomizzata la sessualita'. Quindi rimane solo un amore, direi
disincarnato, tra amici. Mentre io non sarei d'accordo che la passione
amorosa, in senso forte, debba essere direttamente disincarnata. Anzi in
fondo la sua peculiarita' e' proprio questa: di mettere in gioco il corpo.
L'esigenza passionale e' un'esigenza del corpo ed e' anche un sapere del
corpo, perche' tramite la passione vi e' una conoscenza corporea e una
corporeita' dei pensieri, che si rivela, appunto, proprio nel vivere le
passioni. Tutte le contraddizioni corporee entrano in conflitto nella
passione. Noi non potremmo provare una passione che fosse del tutto priva di
corporeita', perche', come ci rivela il teatro tragico greco la persona "in
passione" e' una persona che "patisce", e che quindi nello stesso tempo
gode, perche' ha l'impressione di vivere il momento piu' alto delle sue
potenzialita' vitali e nello stesso tempo soffre sentendo l'impossibilita'
di esprimerle. Quindi e' un momento di forte contraddizione, cosa che non
trovo invece nell'amicizia che mi sembra un amore sublimato.
*
- Studente: Si dice che tra due amici non possa nascere un amore passionale.
Ma se noi diciamo che l'amicizia sia una forma di amore, non e' possibile
che questo amore possa crescere fino a diventare un amore vero?
- Silvia Vegetti Finzi: Direi che non si tratti, quasi mai, di una crescita,
bensi' di una trasformazione. E' un processo passionale che cambia di
registro. Pero' abbiamo visto come le passioni siano improvvise, come ci
prendano, come le passioni non siano qualche cosa che noi, sempre, vogliamo.
Non posso dire: "Io adesso voglio essere appassionata", ma posso, anzi, a
volte, devo dire: "sono preda della passione". Quindi puo' anche darsi che
un rapporto d'amicizia possa trasformarsi in un rapporto d'amore. Ma non per
processo cumulativo. Non e' che tanta amicizia, sommandosi, possa
trasformarsi in amore. Ma cio' puo' avvenire per una variazione improvvisa e
nello stesso tempo, potremmo dire, incontrollabile.
*
- Studentessa: Spesso accade che le persone non riescono a manifestare i
loro sentimenti. Questo puo' succedere perche' non conoscono un linguaggio
dei sentimenti? E quindi le vorrei anche chiedere: il linguaggio dei
sentimenti e' un qualcosa che puo' essere appreso?
- Silvia Vegetti Finzi: Bella domanda! Che "manchi un linguaggio dei
sentimenti", lo ha detto molto bene Roland Barthes, il quale ha sempre
invitato i suoi lettori a recuperare un linguaggio dei sentimenti. E' un
linguaggio un po' degradato, attualmente, quello dei sentimenti, perche'
molte volte e' stato preso dalla pubblicita'. Molte volte si sente dire:
"Questa mi sembra una frase da cioccolatini". No? Esistono delle modalita'
di esprimere i sentimenti. Pensate, ad esempio, alla scatola dei
cioccolatini che sono, cosi', abbastanza commercializzati. L'amore sembra
sempre piu' diventare una merce. Recuperare, invece, la capacita' di
esprimere i propri sentimenti sarebbe un compito degno della nostra epoca.
Tendendo conto del fatto che i sentimenti usano realmente dei codici.
Pensate, ad esempio, al codice della poetica del dolce stil novo, che per
secoli e' servito alla rappresentazione piu' accettata dei sentimenti. Va
detto, pero', che ognuno dovrebbe essere in grado di ricrearsi per se' (per
non essere ridicolo) un tale codice rendendolo corrispondente alle fiammate
dei propri sentimenti. Perche' i sentimenti pulsano, i sentimenti, in un
certo senso, non sono del tutto inscrivibili, per fortuna, nei codici della
letteratura, della poesia o della musica. No? Vi e' sempre una creativita'
personale che mi permette di dire che quel discorso e' mio, appartiene a me,
che mi permette di riconoscermi anche all'interno di un discorso anonimo.
*
- Studentessa: Spesso ci viene detto: "Non seguire l'istinto, ma segui la
ragione". Ma in questo modo non confondiamo la convenienza sociale con il
pensiero reale degli individui?
- Silvia Vegetti Finzi: Sicuramente. Questa e' una societa', per dirla con
Max Weber, estremamente razionalizzata, una societa' dissacrata, una
societa' che pone al primo punto l'efficienza, la produttivita'. E questo
crea sicuramente un depauperamento dei sentimenti, i quali non ricevono piu'
linfa vitale, perche', fin dai primi anni di vita, le energie vengono
spostate su altri obiettivi. Anche la creativita' personale viene posta ai
margini dell'autonomia individuale. Il primo problema passionale che
abbiamo, come tutti, di fronte alla nostra epoca, e' quello di poter
recuperare una parte di energie per poter vivere questi sentimenti, per
riuscire a sottrarci a tutte quelle che sono state le maggiori ingiunzioni
sociali del mondo moderno. Noi abbiamo visto come, in fondo, l'amore nasca
dagli ostacoli o si infiammi degli ostacoli, alimentandosi, spesso, degli
ostacoli piu' duri. Un ostacolo alla passione che non e' sempre stato reso
cosi' evidente come quello di altri grandi, classici, racconti amorosi, e'
la razionalizzazione della nostra vita. Giulietta e Romeo avevano un
ostacolo esterno alla loro passione. Noi, nei nostri casi individuali, non
vediamo l'ostacolo della razionalizzazione, perche' lo abbiamo fatto nostro,
l'abbiamo interiorizzato.
*
- Studentessa: Vorrei sapere: in quale dei due sentimenti, odio ed amore,
che sono i sentimenti piu' opposti e piu' estremi, la passione viene
espressa maggiormente e fino in fondo? E perche'?
- Silvia Vegetti Finzi: L'odio e l'amore direi che sono le due facce di una
stessa medaglia, perche' in fondo non si odia mai una persona neutra, che
non si riconosce come importante, perche' l'odio richiede sempre una forma
di coinvolgimento. Si odiano le persone vicine cosi' come si amano le
persone, che in un certo senso temiamo, perche' temiamo che possano
lasciarci, o che ci possiedano troppo o che ci abbandonino. Non c'e' amore
che non si confronti con l'angoscia dell'abbandono, che e' la prima angoscia
provata dal bambino, l'angoscia di essere abbandonato dalla propria madre,
una esperienza emotiva che riappare ad ogni relazione amorosa. Quindi direi
che le due passioni vanno insieme e, come dicevo prima, il problema e'
quello di equilibrarle, trovando una figura intermedia, perche' l'amore
unisce e porta a cancellarci, a sparire, mentre l'odio divide e rischia di
farci trovare soli al mondo, senza possibilita' di condivisione. Nella
intersezione tra questi due moti, amore e odio, si situano le relazioni
vere.
*
- Studente: Abbiamo parlato, prima, della ragione come freno morale, che
puo' contribuire a delimitare le passioni dentro i limiti imposti dalla
societa', agendo come autodifesa della comunita' sociale, in un certo senso.
Ma la ragione puo', in un individuo, agire anche come difesa delle proprie
passioni o come difesa dall'oggetto stesso della passione?
- Silvia Vegetti Finzi: Certo. Non esiste mai una passione allo stato puro.
Nella storia delle passioni abbiamo sempre visto la passione unita a dei
comportamenti antipassionali. Contro la passione si e' mobilitata la
giurisprudenza, si e' mobilitata la religione e, ultimamente, persino la
medicina. Quindi noi esseri umani tendiamo a far nostre delle modalita' di
contenimento, perche', altrimenti, ci sentiremmo invasi dalla passione, dal
suo potenziale distruttivo. La passione porta sempre con se' la ricerca dei
limiti passionali, in difesa, innanzi tutto, della nostra incolumita', e
poi, come lei ha ben detto, dell'incolumita' dell'oggetto. Pensate a Re
Lear. Re Lear rischia di rompere i propri rapporti con le sue figlie, di
frammentare il suo regno per una passione mal vissuta, mal controllata.
Pero', di solito, che cosa ci insegna la tragedia? Che quando una passione
ha attraversato la scena del mondo, tutti gli equilibri vengono distrutti
per poi ricomporsi in un nuovo equilibrio. Dopo la crisi risorge una nuova
configurazione. Questo e' evidente, ad esempio, nelle passioni politiche. Le
passioni politiche sono questo insieme misto di ragione e di passione. Il
filosofo Remo Bodei parla di "passioni rosse" per il socialismo e il
comunismo, di "passioni nere" per il nazifascismo, e sappiamo bene come
queste passioni abbiano cambiato la configurazione del mondo. E lo stesso
Bodei parla anche di "passioni grigie" per quanto riguarda invece il
liberalismo borghese, che sembra piu' razionale, sembra piu' controllato, ma
che, in realta', possiede tutte le sue passioni. E qui arriviamo ad un
problema molto interessante: dove sono finite le passioni? Visto che il
potenziale passionale, le energie che ci portano ad esprimere le passioni ed
il bisogno di passioni, rappresentato, tra le altre cose, dal cinema, dalle
notizie pubbliche, rivelano ancora questa apertura passionale, dove si sono
andate a nascondere le passioni? Probabilmente continuano ad esistere
mascherate e probabilmente possono essere anche implose dentro di noi, ma
non possono non esistere piu'. Potremmo chiederci che cosa rende cosi'
difficile il ritrovamento delle passioni. Forse delle modificazioni molto
forti. Una di queste, per esempio, la si trova nella musica, nel passaggio,
appunto, dalla musica "classica" tonale alla musica dodecafonica e atonale.
Nella Cavalcata delle Valchirie, vediamo che la passione e' una passione
collettiva. Richard Wagner, in essa, esprime una passione corale, una
passione in cui tutti si possono riconoscere, una passione che e' retta
dalla forza del destino, che possiede una sua direzione non visibile, ma che
si puo' cogliere all'interno del caos. Mentre con Arnold Schoenberg, con la
dodecafonia moderna, questa organizzazione corale "forte" si spezza,
lasciando dei frammenti, che sono frammenti tra di loro implosi e nello
stesso tempo tesi al conflitto reciproco, e questo corrisponde molto meglio
alla situazione psicologica interiore dell'uomo moderno.
*
- Studentessa: A mio parere la passione, quella vera, e' qualcosa di
travolgente e, spesso, anche qualcosa che non ha mai fine. Vorrei chiederle:
una passione vera, come la passione amorosa, puo' estinguersi oppure e'
qualcosa che puo' durare in eterno?
- Silvia Vegetti Finzi: No. Direi che eternita' e passione siano, forse, due
termini contrastanti, proprio perche' l'impeto passionale richiede una tale
mobilitazione delle energie vitali che a un certo punto puo' portare allo
spegnersi delle passioni; o perche' si sono realizzate, quindi il mondo
interiore o esterno e' cambiato, o perche' esse sono state introiettate,
come abbiamo visto, appunto, nella musica, dove si e' passati da una musica
corale a una situazione piu' individuale e frammentata. Ed e' evidente, ad
esempio, anche nel teatro di prosa, dove nel passaggio dalla tragedia
(pensiamo alla tragedia shakespeariana, ma, ancora prima, a quella sofoclea)
al teatro di Henrik Ibsen, dove la passionalita' implosa si rivela, ad
esempio, nei silenzi. Quindi puo' esservi una passione che, non trovando
parole per esprimersi, diviene passione silenziosa, malattia, diventa morte,
ma restando, pur sempre, passione. Comunque non penso che la vera passione
possa mai durare per tutta la vita, proprio perche' la passione si definisce
per eccesso. Si parla, di solito, di eccesso passionale. Nella nostra vita
quotidiana, nella quotidianita', noi viviamo abbastanza fuori dal registro
delle passioni.
*
- Studentessa: Oggi non si scrivono piu' grandi romanzi d'amore, ma hanno
piu' successo le telenovelas. Lei come spiega questo fenomeno?
- Silvia Vegetti Finzi: Proprio perche' questi grandi racconti televisivi,
le soap opera, svolgono quella che un tempo era la funzione del mito. Essi
rappresentano quella dimensione che, un tempo, era propria del mito. Non e'
che la mitologia sia finita col mondo classico. Ogni epoca produce i propri
miti e le soap opera sono i miti della nostra epoca. Quando invece si tratta
di rappresentare un vissuto individuale (penso, ad esempio, alla letteratura
cosiddetta giovanile), l'amore vi trova ben poco posto, proprio come se ci
fosse, come dicevo prima, un pudore, una vergogna ad esprimere i propri
sentimenti amorosi. Mentre viene espressa, molto bene, la violenza. E la
letteratura giovanile, non a caso, esprime egregiamente la violenza. E' come
se non riuscisse a trovare le parole per esprimere cosa sia l'amore, perche'
le grandi narrazioni sono finite. Questo senso di amore e destino non esiste
piu'. E' finito con il Romanticismo, oppure con i grandi romanzi del
Novecento. Pensate a Marcel Proust, a Robert Musil, i quali, pero', hanno
scritto romanzi tesi a interiorizzare i conflitti amorosi dei loro
protagonisti. Nei romanzi di questi autori le passioni sono tutte
rappresentate dentro i personaggi in essi raffigurati, come se fossero
sigillate, e il lettore resta, spesso, incapace di trovare delle autentiche
forme espressive proprie dell'io del soggetto narrante. Quella che rimane
invece come universale e' l'espressione mitica, che, come dicevo, e' di
tutti e di nessuno.
*
- Studentessa: Come distinguiamo la passione sentimentale o la passione
amorosa da una passione sessuale? Come possiamo noi distinguere l'amore da
una semplice attrazione fisica?
- Silvia Vegetti Finzi: Dalle parole. Parole che non necessariamente vengono
pronunciate, ma che vengono dette dentro di noi. La semplice attrazione
sessuale di solito non ha parole. E' un impulso, una pulsione, quindi tende
alla scarica immediata, mentre diventa amore quando subentra una forma di
narrazione, quando vi e' dentro di noi un io narrante che racconta, in un
certo senso giustificandola, la pulsione. La pulsione semplicemente erotica,
di per se', non e' umana. E' qualche cosa che assomiglia ai comportamenti
animali. E direi che, quindi, questa spinta alla soddisfazione sessuale, si
umanizza quando trova parole per esprimersi. Magari parole soltanto
interiori.
*
- Studente: Ma possiamo dire che la passione sessuale sia subordinata a
quella amorosa? O che il sesso sia, diciamo, subordinato all'amore? Oppure
che l'amore non esista senza sesso?
- Silvia Vegetti Finzi: Si', ma e' anche vero l'opposto. Io credo, come
psicoanalista, che dipenda dall'inibizione. Noi siamo cosi' inibiti
dall'educazione, dalla cultura in cui viviamo, che non riusciamo davvero a
vivere semplicemente una pulsione sessuale. E' molto difficile. Devo dire
che, di solito, si tende a dare una forma, una figura, alla passione
sessuale, se non altro per giustificarla. In fondo le parole servono a
giustificare quello che stiamo facendo, affinche' l'azione non sia solo un
gesto privo di senso. Se noi compiamo un gesto privo di senso, portiamo
l'insensatezza nella nostra identita'. Per cui chi compie un gesto di cui
non sa perche' lo fa, sentendolo come pura spinta vitale, ma senza figure
interiori di mediazione, in un certo senso sente di perdere qualche cosa,
non soltanto fuori di se', nel rapporto con l'altro, ma anche in se' stesso.
Perche' l'altro, nel rapporto amoroso, in realta', e' una figura dell'io, e'
una proiezione del nostro io e del nostro narcisismo. Tra l'uno e l'altro,
amiamo sempre noi stessi e se l'altro viene ridotto a una cosa, reifichiamo
il nostro stesso io.
*
- Studentessa: Lei ha detto, poco fa, che le passioni, prima o poi,
finiscono, e che passioni e sentimenti sono due cose fondamentalmente
diverse. I sentimenti possono finire?
- Silvia Vegetti Finzi: Direi che i sentimenti possono durare tutta la vita,
proprio perche' i sentimenti perdurano traendo alimento da se stessi. Si
alimentano di progetti, si alimentano delle capacita' di mutare. Il
sentimento non giunge dal di fuori, come la passione, ma e' qualche cosa che
noi stessi amministriamo. Possiamo ben amministrare i nostri sentimenti,
trasformarli, modificarli. Pensiamo, ad esempio, all'amore coniugale. Certo
la passione non dura tutta la vita. Sarebbe assurda una coppia che viva
tutta la vita in uno stato passionale. Ma esiste pure la capacita' (e'
un'economia interiore) di trasformare questo importo amoroso, e di cambiarne
il senso lungo le stagioni della vita.
*
- Studentessa: Ma se un amore finisce allora non e' stato vero amore?
- Silvia Vegetti Finzi: Anzi, puo' essere stato una grande passione. Direi
che, in fondo, le grandi passioni sono piu' soggette alla fine degli altri
stati sentimentali. O no? Quindi, in quel caso, potrebbe essersi trattato
veramente di amore, ma di un amore che non ha saputo trasformarsi, che ha
scelto di rinunciare alla durata in nome dell'intensita'. Condannandosi, con
cio', in un certo senso, alla brevita', alla caducita'.
*
- Studente: Questo amore che puo' scegliere di sacrificare la durata per una
grande passione, a parer mio, puo' rimanere comunque, con tutti gli effetti,
e con quelle ferite che spesso ne restano, dentro la persona. E, in questo
senso, puo' rimanere nella memoria e nella sensibilita' di una persona anche
per tutta la vita.
- Silvia Vegetti Finzi: Certo. Direi che quando noi pensiamo alla nostra
vita, alla nostra biografia, tendiamo ad organizzarla intorno alle grandi
passioni che l'hanno motivata. Le passioni sono dei forti organizzatori,
danno un forte senso alla nostra vita. E se pensiamo a tutta la tradizione
culturale in un certo senso possiamo vedere come essa sia stata
un'espressione delle passioni, una semantica delle passioni. Ora quello che
mi preoccupa e' che questa semantica sia venuta meno essendo stata
sostituita, sovente, dalla poverta' dei linguaggi specialistici. Molte
volte, invece di dire: "Roberto e' innamorato" si dice: "Roberto e' in
paranoia", e invece di dire: "Sono infelice" si dice: "Sono depresso".
Quindi si assume questa semantica, volgarizzata, della medicina, della
psichiatria o della psicoanalisi, che e' molto piu' povera di quanto non
fossero le grandi tradizioni culturali della passione, in cui si sedimentava
tutta una esperienza culturalmente condivisa, ossia una esperienza storica.
Abbiamo ridotto in soldoni il nostro modo di sentire. Ma dobbiamo essere
anche capaci di recuperarlo, perche', come dicevo prima, noi siamo le nostre
passioni.
*
- Studente: Secondo me, il fenomeno di cui lei sta parlando puo' anche
essere correlato al fatto che le passioni ormai non si sperimentano piu'
individualmente. Si vedono rappresentate con i film, con le grandi storie,
le grandi donne della realta' mondana. Questo tende a impoverire l'anima
umana dalle passioni autentiche, che vengono sostituite da quelle piu' alla
moda del momento.
- Silvia Vegetti Finzi: Viviamo in un'epoca spassionata anche dal punto di
vista politico. E' un'epoca dove la politica e' stata ridotta piu' che altro
ad amministrazione dell'esistente. La fine delle grandi passioni politiche
che ha cosi' infiammato l'Europa degli anni Trenta ha portato con se' anche
delle vere e proprie catastrofi, come la fine dei valori. Il che equivale a
dire che la fine delle ideologie ha portato anche con se' la fine degli
ideali. Quindi ci troviamo un po' in un'epoca di calma piatta, di bonaccia
passionale, in un'epoca in cui possiamo guardare alla storia passata come ad
un campo di battaglia. Molte bandiere sono state lasciate in quel campo di
battaglia e si fa fatica a trovare la forza, l'energia e la giustificazione
per riprenderle.
*
- Studente: Ho cercato nel world wide web dei siti pertinenti al tema della
passione.  La mia domanda e' questa: quando accade che l'amore puo' vedersi
degenerare in qualcosa che praticamente non contenga piu' questo sentimento?
E a cosa puo' essere dovuto?
- Silvia Vegetti Finzi: Puo' essere dovuto, come dicevo prima, alla
solitudine, alla stanchezza, al fatto che ci si rivolge molte volte, come
lei stesso sta facendo in questo momento, a degli oggetti che sono inerti
(lo schermo, il telefono), a delle forme di comunicazione che comunque sono
da ritenere decorporeizzanti. In cui cioe' viene meno il corpo. In questi
casi alle nostre passioni e' stato sottratto il corpo e quindi e' stato
sottratto il gesto corporeo. Molte volte l'eccesso di gestualita' e'
considerato inopportuno o addirittura folle. Quindi, uno dei compiti, al
quale la nostra epoca ci trova e si trova di fronte (un'epoca di
comunicazioni fredde) e' quello di ritrovare il calore della comunicazione e
di quel modo di vivere corpo a corpo, che consiste nel vivere in gruppo, nel
partecipare, un po' come stiamo facendo oggi, ad una comunita' di intenti,
dove insieme a grandi prospettive culturali, si puo' godere anche di questa
vicinanza, di questa consonanza fisica, che e' l'unica che riesce,
veramente, a scaldare la comunicazione e a passare sopra la tentazione
all'anonimato, che tende ad essere sempre piu' dominante nella nostra epoca.

3. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

4. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1333 del 21 giugno 2006

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