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La nonviolenza e' in cammino. 1332
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1332
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 20 Jun 2006 00:10:46 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1332 del 20 giugno 2006 Sommario di questo numero: 1. No 2. Hans Kung: Ebraismo, cristianesimo, islam: tradizioni plurali, una sola umanita' 3. Pietro Polito: Un profilo di Aldo Capitini 4. Elena Loewenthal: Del corpo 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. NO Al referendum del 25-26 giugno voteremo "no". No al razzismo che discrimina e nega l'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani. No all'autoritarismo plebiscitario che nega l'articolazione dei poteri e il sistema di controlli propri della democrazia rappresentativa. No al gangsterismo e allo squadrismo che negano la legalita' come fondamento della civile convivenza e pretendono di asservire il potere giudiziario alla loro violenza. No al ritorno del fascismo. Al referendum del 25-26 giugno voteremo "no". 2. RIFLESSIONE. HANS KUNG: EBRAISMO, CRISTIANESIMO, ISLAM: TRADIZIONI PLURALI, UNA SOLA UMANITA' [Da "Teologi@Internet", forum teologico a cura di Rosino Gibellini, n. 59 del 21 novembre 2005 (sito: www.queriniana.it/teologia.asp) riprendiamo il seguente articolo di Hans Kueng. L'articolo, li' apparso col titolo "L'Islam, mutamenti storici, sfide attuali", e' preceduto dalla seguente nota redazionale: "E' in uscita nella prima settimana di dicembre il n. 5, 2005, della rivista internazionale di teologia 'Concilium' sul tema: Islam e Illuminismo: le nuove questioni. Tra i contributi del fascicolo, l'articolo di Hans Kung, di cui e' appena apparsa la traduzione italiana del suo denso volume Islam. Passato, presente e futuro (Rizzoli 2005). Anticipiamo, in forma leggermente abbreviata, l'intervento del teologo di Tubinga sulla rivista 'Concilium'". Segnaliamo che la traduzione italiana e' in alcuni punti non del tutto adeguata. Segnaliamo anche che nel riprodurre il testo sul nostro notiziario - conformandolo alle peculiarita' grafiche richieste dalla trasmissione per posta elettronica a computer con sistemi operativi diversi - abbiamo usato la grafia Kueng anziche' Kung per segnalare/sciogliere l'umlaut sulla vocale u (ma nel titolo abbiamo preferito la grafia semplificata): i lettori e le lettrici che hanno contezza dei problemi posti da internet in materia di segni diacritici e peculiarita' grafiche delle diverse lingue comprenderanno e, come si diceva quando si parlava un italiano gentile come nelle commedie goldoniane, compatiranno. Hans Kueng, teologo nato nel 1928 in Svizzera, sacerdote cattolico, nel '62 fu nominato da Giovanni XXIII consulente teologico del Concilio, docente a Tubinga. Tra le opere di Hans Kueng: Essere cristiani (1974); 20 tesi sull'essere cristiani - 16 tesi sulla donna nella Chiesa (1975-'76); Dio esiste? (1978); Teologia in cammino (1978); (con J. Ching), Cristianesimo e religiosita' cinese (1988); Conservare la speranza (1990); Progetto per un'etica mondiale (1990); Ebraismo (1991); (a cura di, con K. J. Kueschel), Per un'etica mondiale (1993); Islam (2005). Opere su Hans Kueng: cfr. il sintetico profilo in AA. VV., Etiche della mondialita', Cittadella, Assisi 1996. Si veda anche H. Haering, K. J. Kueschel (a cura di), Hans Küng: itinerario e opera, Queriniana, Brescia 1978. Dalla Wikipedia riprendiamo la seguente scheda biografica "Il teologo svizzero Hans Kueng (Sursee, Cantone di Lucerna, 19 marzo 1928) dopo gli studi liceali compiuti a Lucerna, viene ammesso al Pontificium Collegium Germanicum et Hungaricum di Roma e studia filosofia e teologia presso la pontificia Universita' Gregoriana. Viene ordinato sacerdote a Roma nel 1954 e celebra la sua prima messa nella basilica di San Pietro, davanti a un gruppo di Guardie Svizzere. Prosegue gli studi a Parigi, dove consegue il Dottorato in teologia presso l'Institut Catholique difendendo una tesi sulla dottrina della Giustificazione del teologo riformato Karl Barth. A soli 32 anni, nel 1960, viene nominato professore presso la Facolta' di Teologia cattolica all'Universita' di Tubinga, in Germania, dove fondera' anche l'Istituto per la ricerca ecumenica. Tra il 1962 e il 1965 partecipa al Concilio Vaticano II in qualita' di esperto, nominato da papa Giovanni XXIII: in questa occasione conosce Joseph Ratzinger, che prende parte al Concilio come teologo consigliere del vescovo di Colonia. Tornato a Tubinga, invita l'universita' ad assumere Ratzinger come professore di teologia dogmatica: la cooperazione tra i due termina nel 1968 quando, a seguito delle manifestazioni studentesche, Ratzinger si sposta su posizioni piu' conservatrici. Nel 1970 pubblica il libro Infallibile? Una domanda: e' il primo teologo cattolico di spicco a mettere in dubbio la dottrina dell'infallibilita' papale dallo scisma dei Vecchi Cattolici del 1871. In conseguenza di cio', la Congregazione per la dottrina della fede (di cui intanto Joseph Ratzinger e' diventato Prefetto) il 18 dicembre 1979 gli ha revocato la missio canonica (l'autorizzazione all'insegnamento della teologia cattolica). Kueng conserva comunque la cattedra presso il suo Istituto (che viene pero' separato dalla facolta' cattolica). Ha lasciato l'insegnamento nel 1996 per raggiunti limiti di eta'. Rimane il principale contestatore dell'autorita' papale (che insiste nell'affermare essere un'invenzione umana) e del culto mariano; continua la sua lotta perche' la chiesa cattolica (sulla scia del Concilio Vaticano II) si apra al presente, ammetta le donne a ogni ministero, favorisca la partecipazione dei laici alla vita religiosa, incentivi il dialogo ecumenico e interreligioso e si apra al mondo, abbandonando l'eurocentrismo. Nel 1993 ha creato la fondazione Weltethos (Etica globale), impegnata a sviluppare e rafforzare la cooperazione tra le religioni mediante il riconoscimento dei valori comuni e a disegnare un codice di regole di comportamento universalmente accettabili. Weltethos ha preparato il documento 'Towards a Global Ethic: An Initial Declaration' (Verso un'etica globale: Una dichiarazione iniziale) che e' stato sottoscritto nel 1993 a Chicago dal Council for a Parliament of the World's Religions. Il 26 settembre 2005, Kueng e' stato ricevuto a Castel Gandolfo dal vecchio amico e collega Ratzinger ora papa Benedetto XVI, col quale ha avuto un cordiale colloquio di cui entrambi si sono detti soddisfatti". Tra le molte opere di Hans Kueng disponibili in italiano: Le strutture della Chiesa, Borla, 1965; Riforma della Chiesa e unita' dei cristiani, Borla, 1965; Veracita'. Per il futuro della Chiesa, Queriniana, 1969; Chiesa, Queriniana, 1972; Incarnazione di Dio. Introduzione al pensiero teologico di Hegel, prolegomeni ad una futura cristologia, Queriniana, 1972; Che cosa deve rimanere nella Chiesa, Queriniana, 1974; (con Yves Congar e Piet Schoonenberg), L'esperienza dello Spirito. In onore di Edward Schillebeeckx, Queriniana, 1974; Che cosa e' la confermazione?, Queriniana, 1976; L'infallibilita', Mondadori, 1977; Andare a messa. Perche'?, Queriniana, 1979; La giustificazione, Queriniana, 1979; (con Edward Schillebeeckx e J. Baptist Metz), Verso la Chiesa del terzo millennio, Queriniana, 1979; (con Pinchas Lapide), Gesu' segno di contraddizione. Un dialogo ebraico-cristiano, Queriniana, 1980; Dio esiste?, Mondadori, 1980; Ventiquattro tesi sul problema di Dio, Mondadori, 1980; Vita eterna?, Mondadori, 1983; Cristianesimo e religioni universali. Introduzione al dialogo con islamismo, induismo e buddhismo, Mondadori, 1986;. Teologia in cammino. Un'autobiografia spirituale, Mondadori, 1987; (con Norbert Greinacher), Contro il tradimento del Concilio. Dove va la Chiesa cattolica, Claudiana, 1987; Perche' sono ancora cristiano, Marietti, 1988; Arte e problema del senso, Queriniana, 1988; (con Walter Jens), Poesia e religione, Marietti, 1989; Maestri di umanita', Rizzoli, 1989; (con Julia Ching), Cristianesimo e religiosita' cinese, Mondadori, 1989; Venti tesi sull'essere cristiani. Sedici tesi sulla donna nella Chiesa, Mondadori, 1990; Conservare la speranza, Rizzoli, 1990; Perche' sono ancora cristiano, Tea, 1991; Progetto per un'etica mondiale, Rizzoli, 1991; La Chiesa, Queriniana, 1992; Verso l'Europa. Considerazioni sul futuro della Svizzera, Casagrande-Fidia-Sapiens, 1992; Mozart. Tracce della trascendenza, Queriniana, 1992; Ebraismo. Passato, presente e futuro, Rizzoli, 1993; Credo. La fede, la Chiesa e l'uomo, Rizzoli, 1994; Credo. La fede, la Chiesa e l'uomo contemporaneo, Rizzoli, 1996; Della dignita' del morire. Una difesa della libera scelta, Rizzoli, 1996; Ebraismo. Passato, presente, futuro, Rizzoli, 1995; (con Karl-Josef Kuschel), Per un'etica mondiale. La dichiarazione del parlamento delle religioni mondiali, Rizzoli, 1995; (con Leonardo Boff e Norbert Greinacher), Il grido degli ultimi. La Chiesa dei poveri tra il nord e il sud del mondo, Datanews, 1997; Vita eterna?, Rizzoli, 1998; Grandi pensatori cristiani, Rizzoli, 1999; Cristianesimo, Rizzoli, 1999; Ebraismo, Rizzoli, 1999; La Chiesa cattolica. Una breve storia, Rizzoli, 2001; Etica mondiale per la politica e l'economia, Queriniana, 2002; Credo. La fede, la chiesa e l'uomo contemporaneo, Rizzoli, 2003; Ricerca delle tracce. Le religioni universali in cammino, Queriniana, 2003; Religioni mondiali, pace mondiale, etica mondiale, Queriniana, 2004; (con Juergen Hoeren), Perche' un'etica mondiale? Religione ed etica in tempi di globalizzazione. Intervista, Queriniana, 2004; Scontro di civilta' ed etica globale. Globalizzazione, religioni, valori universali, pace, Datanews, 2005; Islam. Passato, presente e futuro, Rizzoli, 2005; L'intellettuale nell'Islam, Diabasis, 2005; La donna nel cristianesimo, Queriniana, 2005] Introduzione Incombe [nella manipolata cultura di massa dell'Europa cristiana] un sospetto generale - questa volta non nei confronti di ebrei, bensi' nei riguardi dei musulmani: come se essi, istigati dalla loro religione, fossero tutti potenzialmente dei violenti. Al contrario, i cristiani, ammaestrati dalla loro religione, sarebbero tutti alieni dalla violenza, pacifici, pieni d'amore... sarebbe bello. Siamo onesti: ovviamente noi, cittadini di un democratico stato di diritto, nel nome della dignita' umana rifiutiamo i matrimoni forzati, l'oppressione delle donne, i delitti d'onore e altre forme arcaiche di disumanita'. Ma questo lo fa con noi anche la maggior parte dei musulmani, che soffrono per il fatto che "i musulmani" o "l'Islam" vengano condannati. Nella nostra immagine dell'Islam essi non si riconoscono, poiche' vogliono essere cittadini leali di religione islamica. Siamo onesti: chi vuol fare dell'Islam il responsabile delle rapine, degli attentati suicidi, delle autobombe e delle decapitazioni ad opera di alcuni estremisti accecati, dovrebbe contemporaneamente condannare "il cristianesimo" o "l'ebraismo" per i barbari abusi sui prigionieri, i bombardamenti e gli attacchi con carri armati (100.000 morti tra i civili solo in Iraq) dell'esercito Usa e il terrorismo dell'esercito israeliano di occupazione in Palestina. Chi spaccia la guerra per il petrolio e l'egemonia nel vicino Oriente e altrove come "lotta per la democrazia" e "guerra contro il terrorismo", inganna il mondo - certamente senza successo. Il Segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, nel suo discorso sull'ethos mondiale, tenuto a Tubinga nel 2003, ha sottolineato: "Nessuna religione e nessun sistema etico dovrebbero essere condannati a motivo di deviazioni morali di alcuni loro membri. Se io, ad esempio, in quanto cristiano non voglio che la mia fede sia giudicata sulla base delle azioni dei crociati o dell'inquisizione, devo io stesso essere molto attento a non giudicare la fede di un altro in base alle azioni che pochi terroristi compiono nel nome di quella fede". Dobbiamo dunque continuare a rinfacciarci le colpe a vicenda, cosa che porta soltanto ad una piu' profonda desolazione? No, e' necessario un altro atteggiamento fondamentale nei confronti di violenza e guerra, un atteggiamento che in fondo i popoli auspicano ovunque, se essi - sia nei paesi arabi sia negli Usa - non vengono fuorviati da politici ossessionati e accecati dal potere, e se non vengono rincretiniti attraverso i media da ideologi e demagoghi. La violenza e' stata praticata nel segno della mezzaluna, ma anche nel segno della croce, dai "crociati" medioevali e contemporanei, che hanno stravolto la croce, trasformandola da segno di riconciliazione in un segno di guerra. Nella storia entrambe le religioni hanno esteso il loro ambito di influenza aggressivamente ed hanno difeso il loro potere con la violenza. Esse hanno propagandato nel loro ambiente non una ideologia di pace, bensi' di guerra. Il problema e' dunque complesso. Corriamo tutti il rischio di lasciarci sommergere dai giganteschi flussi dell'informazione e di perdere cosi' l'orientamento. E perfino da studiosi della religione e' dato talora udire l'opinione che nella propria disciplina si tende a vedere gli alberi, ma a stento si vede ancora il bosco. E cosi' alcuni si concentrano - ad esempio in sociologia - su microstudi e non sono piu' disponibili o non piu' in grado di pensare in contesti piu' grandi. A questo riguardo sono necessarie anche delle nuove categorie, per cogliere i cambiamenti. Io, dunque, cerco di offrire un certo orientamento fondamentale sull'Islam in connessione con le altre due religioni abramiche, ebraismo e cristianesimo. Per questo entro ora direttamente nel tema. Vorrei affrontare tre blocchi di questioni: I. Il centro e fondamento permanente: che cosa va assolutamente conservato; II. Mutamenti epocali: che cosa puo' cambiare; III. Sfide odierne: che cosa si impone come compito. * I. Il centro e fondamento permanente Che cosa, in ognuna delle nostre religioni, deve essere conservato, e assolutamente conservato? In tutte e tre le religioni profetiche esistono infatti posizioni estreme. Alcuni dicono: "Nulla va conservato", mentre altri sostengono: "Tutto va conservato": - "Nulla" deve essere conservato lo dicono i cristiani totalmente secolarizzati: essi spesso non credono ne' in Dio ne' in un Figlio di Dio, ignorano la chiesa e rinunciano a predicazione e sacramenti... Nel migliore dei casi apprezzano l'eredita' culturale del cristianesimo: le cattedrali o Johan Sebastian Bach, l'estetica della liturgia ortodossa oppure, paradossalmente, il papa, la cui morale sessuale e il cui autoritarismo essi ovviamente rifiutano, come una colonna dell'ordine stabilito. - "Nulla" deve essere conservato lo dicono, pero', anche gli ebrei totalmente secolarizzati: essi non ritengono nulla del Dio di Abramo e dei padri, non credono alle sue promesse, ignorano le preghiere e i riti della sinagoga e si prendono gioco degli ultraortodossi. Spesso, per il loro ebraismo religiosamente svuotato essi hanno trovato un moderno surrogato di religione: lo Stato di Israele e il richiamo alla Shoah, cosa che anche agli ebrei secolarizzati procura pur sempre una identita' ebraica e solidarieta', ma non di rado sembra giustificare anche il disumano terrorismo di stato contro i non ebrei. - "Nulla" deve essere conservato lo dicono, pero', anche i musulmani totalmente secolarizzati: essi non credono in Dio, non leggono il Corano, Muhammad non e' per loro un profeta e rifiutano nettamente la Sharja; le cinque colonne dell'Islam non giocano per loro alcun ruolo. Nel migliore dei casi l'Islam, certamente svuotato dal punto di vista religioso, e' da sfruttare come strumento per un islamismo, un arabismo, un nazionalismo politici. E' comprensibile che in reazione a questo "non conservare nulla" si elevi chiaro il grido contrario: "conservare tutto". Tutto deve restare cosi' come e' e come si presume sia sempre stato: - "Nessuna pietra del grandioso edificio dogmatico cattolico puo' essere tolta, il tutto vacillerebbe", strombazzano gli integralisti romani. - "Nessuna parola della Halacha puo' essere trascurata; dietro ogni parola sta la volonta' del Signore (Adonaj)", protestano gli ebrei ultraortodossi. - "Nessun versetto del Corano puo' essere ignorato, tutti sono allo stesso modo direttamente parola di Dio", insistono molti musulmani di fede islamica. Qui sono ovunque pre-programmati conflitti, non solo tra le tre religioni, ma soprattutto dentro le tre religioni, ovunque queste posizioni vengano sostenute con forme di lotta o in modo aggressivo: spesso le posizioni estreme oscillano in modo elevato da una parte all'altra. Gli estremi si toccano!. Tuttavia la realta' non si presenta poi tutta cosi' cupa. Le posizioni estreme, infatti, nella maggior parte dei paesi non rappresentano la maggioranza, se non vengono caricate proprio da fattori politici, economici e sociali. C'e' pur sempre un numero considerevole - la cui grandezza varia a seconda del paese e del momento - di ebrei, cristiani e musulmani che - sebbene nella loro religione spesso indifferenti, pigri o ignoranti - in nessun caso pero' vorrebbero abbandonare tutto nella loro fede e vita ebraica, cristiana o musulmana. I quali, d'altra parte, non sono pero' neppure disponibili a conservare tutto: non vorrebbero, se cattolici, ingoiare tutti i dogmi e le dottrine morali di Roma o, se protestanti, prendere alla lettera ogni frase della parola biblica, oppure in quanto ebrei attenersi in tutto all'Halacha, o in quanto musulmani conservare rigorosamente tutti i precetti della Sharja. Come pure, se non si guarda ad una qualche tardiva elaborazione e formazione storica, ma se si riflette sui documenti originari, le testimonianze originarie, le Sacre Scritture delle singole religioni - la Bibbia ebraica, il Nuovo Testamento e il Corano - non ci puo' essere dubbio alcuno che il "permanente" (cio' che deve rimanere) nelle rispettive religioni non coincide semplicemente con l'"esistente" (cio' che esiste attualmente) e che cio' che costituisce il nucleo, la sostanza, l'essenza di tale religione puo' essere determinato a partire dalle Sacre Scritture della rispettiva religione. Qui dunque si tratta di una questione totalmente pratica: Che cosa nelle nostre religioni, che cosa in ognuna delle nostre religioni deve essere il permanentemente valido e costantemente vincolante? Non tutto deve essere conservato, bensi' la sostanza della fede, il centro e fondamento della singola religione, della sua Scrittura sacra, della sua fede! Ora pero', a domanda concreta, pur se in modo breve, in linea di principio ecco la risposta: 1. Che cosa, dunque, deve essere conservato nel cristianesimo, se non vuole perdere la sua "anima"? Risposta: per quanto una critica biblica di natura storica, letteraria o sociologica voglia criticare, interpretare e ridurre, a partire dalle fonti della fede cristiana divenute normative e storicamente efficaci, ossia a partire dal Nuovo Testamento (visto nel contesto della Bibbia ebraica), il contenuto centrale della fede e' Gesu' Cristo: egli, in quanto il Messia e Figlio dell'unico Dio di Abramo, egli, attivo anche oggi attraverso lo stesso Spirito di Dio. Nessuna fede cristiana, nessuna religione cristiana senza la professione di fede: "Gesu' e' il Messia, il Signore, il Figlio di Dio". Il nome Gesu' Cristo caratterizza il "centro del Nuovo Testamento" (da non comprendere affatto in modo statico). 2. Che cosa deve essere conservato nell'ebraismo, se non vuol perdere la sua "natura"? Risposta: per quanto una critica storica, letteraria o sociologica voglia criticare, interpretare e ridurre, a partire dalle fonti della fede diventate normative e storicamente efficaci, ossia a partire dalla Bibbia ebraica, il contenuto centrale della fede sono l'unico Dio e l'unico popolo Israele. Nessuna fede israelitica, nessuna Bibbia ebraica, nessuna religione giudaica senza la professione di fede: "Jahwe (Adonaj) e' il Dio di Israele e Israele e' il suo popolo". 3. Ed infine, che cosa deve essere conservato nell'Islam, se vuole rimanere "Islam" nel senso letterale di "dedizione", di "sottomissione a Dio"? Risposta: per quanto lungo sia stato il processo di raccolta, ordinamento ed edizione delle diverse sure del Corano, e' tuttavia chiaro per tutti i musulmani credenti che il Corano e' Parola e Libro di Dio. E anche se i musulmani vedono senz'altro una differenza tra le sure della Mecca e le sure di Medina, e nell'interpretarle tengono conto dello sfondo di rivelazione, il messaggio centrale del Corano e' pero' completamente chiaro: "Non esiste altro Dio all'infuori di Dio, e Muhammad e' il suo Profeta". Non il rapporto speciale del popolo di Israele con il suo Dio (come nell'ebraismo), e neppure il rapporto speciale di Gesu' Cristo con il suo Dio (come nel cristianesimo), bensi' il rapporto speciale del Corano con Dio e' originariamente punto di partenza e costitutivo centro di cristallizzazione dell'Islam. E nonostante tutti gli errori e le deviazioni della storia dei popoli islamici, questa rimarra' l'idea fondamentale, mai abbandonata, della religione islamica. Ricapitolando: cio' che e' specifico e va conservato delle tre religioni monoteistiche e' allo stesso tempo qualcosa di comune e qualcosa di differenziante. - Cio' che e' comune a ebraismo, cristianesimo e Islam e' la fede nell'uno e unico Dio di Abramo, il ricco di grazia e misericordioso creatore, conservatore e giudice di tutti gli uomini. - Cio' che differenzia e': per l'ebraismo: Israele quale popolo e terra di Dio; per il cristianesimo: Gesu' Cristo quale Messia e Figlio di Dio; per l'Islam: il Corano quale parola e libro di Dio. * II. Mutamenti epocali Di continuo nuove costellazioni epocali legate al tempo - alla societa' soprattutto, alla comunita' di fede, alla predicazione della fede e alla riflessione sulla fede - interpreteranno e concretizzeranno in modi nuovi questo unico e medesimo centro. Oltremodo drammatica e' questa storia nell'ebraismo, nel cristianesimo e nell'Islam: la comunita' di fede, all'inizio piccola, ma poi - proprio nel caso del cristianesimo e dell'Islam - velocemente cresciuta, nel rispondere a grandi sfide storiche continuamente nuove, ha attraversato tutta una serie di cambiamenti religiosi fondamentali, anzi, alla lunga, di rivoluzionari cambiamenti di paradigma. La teoria dei paradigmi e' solamente una cornice ermeneutica e solo l'attuazione storico-concreta e analitica del presente mostra tutta la sua forza illuminante - come ho mostrato negli ampi studi su cristianesimo, ebraismo e Islam e, a mo' di approccio, nel libro Ricerca delle tracce, anche su induismo, buddismo e religione cinese. L'analisi rigorosamente storica dei paradigmi di una religione, di quei macroparadigmi o costellazioni epocali complessive, serve al sapere che deve orientare. E' una possibilita' per effettuare la scelta di uno sguardo complessivo della storia di una religione in modo possibilmente ampio e pero' allo stesso tempo preciso. L'analisi dei paradigmi, infatti, rende possibile una elaborazione delle grandi strutture e trasformazioni storiche, concentrandosi contemporaneamente sulle costanti fondamentali come pure sulle variabili decisive. Cosi', in ogni caso, e' possibile definire le fratture storiche, nonche' i modelli fondamentali epocali che ne sono emersi, della rispettiva religione, che determinano fino ad oggi la sua situazione come modello di percezione. * III. Sfide odierne In questo modo, dunque, ogni religione appare non come una grandezza statica, dove presumibilmente tutto e' stato da sempre come e' oggi, ma piuttosto come realta' che si sviluppa in modo vivo, che ha attraversato diverse costellazioni epocali complessive. A questo riguardo si impone una prima considerazione decisiva: i paradigmi possono conservarsi (salvo il primissimo) fino al presente. Le cose vanno diversamente nelle scienze esatte: qui il vecchio paradigma (ad esempio quello tolemaico) puo' essere empiricamente verificato o falsificato grazie alla matematica e agli esperimenti; le decisioni a favore del nuovo paradigma (copernicano) possono, alla lunga, essere imposti dall'evidenza. Nell'ambito della religione (e anche dell'arte), invece, le cose vanno diversamente: in questioni di fede, di costumi e di riti (ad esempio tra Occidente e Oriente, oppure tra Roma e Lutero) nulla puo' essere deciso su base matematica o per via di esperimenti, e cosi' nelle religioni i paradigmi vecchi non scompaiono necessariamente. Piuttosto, possono continuare a sussistere per secoli accanto a paradigmi nuovi: il nuovo (quello della riforma o quello moderno) accanto all'antico (quello della chiesa antica o quello medioevale). Per giudicare la situazione delle religioni questa persistenza e concorrenza di differenti paradigmi e' della massima importanza. Una seconda importante considerazione: Perche'? Fino ad oggi persone della stessa religione vivono in paradigmi diversi. Essi sono segnati da condizioni di fondo che continuano a sussistere e sono soggetti a determinati meccanismi sociali. Cosi', ad esempio nel cristianesimo, ci sono ancor oggi dei cattolici che spiritualmente vivono nel secolo XIII (contemporanei di Tommaso d'Aquino, dei papi medioevali e dell'ordinamento assolutistico della chiesa). Ci sono alcuni esponenti dell'ortodossia orientale che spiritualmente sono rimasti al IV-V secolo (contemporanei dei Padri della chiesa greci). E per alcuni protestanti continua ad essere decisiva la costellazione precopernicana del XVI secolo (con i riformatori prima di Copernico, prima di Darwin). In modo analogo alcuni arabi sognano ancora il grande impero arabo e si augurano l'unificazione dei popoli arabi in un'unica nazione araba (panarabismo). Altri, pero', non vedono nell'arabismo, bensi' nell'Islam l'elemento di unificazione tra i popoli e danno priorita' ad un panislamismo. Alcuni ebrei ortodossi vedono il loro ideale nell'ebraismo medioevale e rifiutano un moderno Stato di Israele. Al contrario, molti sionisti aspirano ad uno Stato nei confini del regno di Davide e Salomone. Proprio questo perdurare, questa persistenza e concorrenza di precedenti paradigmi religiosi nell'oggi potrebbe essere una delle cause principali dei conflitti all'interno delle religioni e tra le religioni, causa principale dei diversi orientamenti e partiti, delle tensioni, delle controversie e delle guerre. Quale terza importante considerazione si rivela la seguente: sia per l'ebraismo come per il cristianesimo e anche per l'Islam risulta centrale la questione di come si rapporta questa religione con il proprio Medioevo (perlomeno nel cristianesimo e nell'Islam considerato come la "grande epoca") e come con la modernita', dove in tutte e tre le religioni ci si vede costretti alla difensiva. Il cristianesimo ha dovuto affrontare, dopo la Riforma, un ulteriore cambiamento di paradigma, quello dell'Illuminismo. L'ebraismo, invece, ha superato dapprima l'Illuminismo e in seguito ad esso ha vissuto, perlomeno nell'ebraismo riformato, una riforma religiosa. L'Islam, pero', non ha affrontato alcuna riforma religiosa e percio' con la modernita' ha, fino al giorno d'oggi, senz'altro particolari problemi. Molti ebrei, cristiani e musulmani, che accettano il paradigma moderno, si comprendono tra di loro meglio che con i propri correligionari che vivono secondo altri paradigmi. Viceversa, i cattolico-romani fermi al Medioevo possono, ad esempio nelle questioni di morale sessuale, legarsi con i ëmedioevalií presenti nellíIslam e nellíebraismo (cfr. la conferenza dellíONU sulla popolazione, al Cairo nel 1994). Chi vuole riconciliazione e pace non si sottrarra' ad una analisi critica e autocritica dei paradigmi. Solo in questo modo e' possibile rispondere a questioni come queste: dove sono, nella storia del cristianesimo (e naturalmente anche delle altre religioni) le costanti e dove le variabili, dove continuita' e dove discontinuita', dove accordo e dove resistenza? Questa e' una quarta considerazione: da conservare e' soprattutto l'essenza, il fondamento, il nucleo centrale di una religione e, a partire da qui, le costanti presenti fin dalle origini. Da non conservare senza riserve e' tutto cio' che, a partire dalle origini, non e' essenziale, cio' che e' guscio e non nocciolo, cio' che e' costruzione successiva e non fondamento. Possono essere abbandonate (o anche sviluppate in modo alternativo), qualora si dimostri necessario, tutte le svariate variabili. Cosi', infatti, una analisi dei paradigmi, di fronte a tutta la babele religiosa, aiuta, proprio nell'epoca della globalizzazione, ad ottenere un orientamento globale. Noi ci troviamo senza dubbio in una delicata fase, decisiva per la nuova configurazione delle relazioni internazionali, del rapporto tra Occidente e Islam, e anche delle relazioni tra le tre religioni abramiche: ebraismo, cristianesimo e Islam. Le opzioni sono diventate chiare: o rivalita' delle religioni, scontro delle civilta', guerra delle nazioni - oppure dialogo delle culture e pace tra le religioni come premessa per la pace tra le nazioni. Di fronte alla minaccia mortale per tutta l'umanita', invece di erigere nuove barriere dell'odio, della vendetta e dell'inimicizia, non dovremmo piuttosto demolire pietra su pietra i muri del pregiudizio e costruire cosi' ponti del dialogo, ponti proprio anche verso l'Islam? * IV. Islam e ethos mondiale Per una tale costruzione di ponti e' di importanza decisiva questo: per quanto diverse siano ora le tre religioni, e per quanto differenti siano, a loro volta, i diversi paradigmi che nel corso dei secoli e dei millenni cambiano, ci sono, proprio sul piano etico, delle costanti che rendono possibile questa costruzione di ponti. Da quando l'uomo si e' sviluppato dal regno animale ed e' diventato uomo, ha anche imparato a comportarsi da uomo e non in modo disumano. Ma la bestia, insieme con l'istinto naturale dell'uomo, e' rimasta, malgrado l'uso della ragione ora sviluppato, una realta' nell'uomo. E di continuo l'uomo ha dovuto sforzarsi sempre di nuovo per essere umano e non disumano. Cosi', in tutte le tradizioni religiose, filosofiche e ideologiche si trovano alcuni semplici imperativi etici dell'umanita', che sono rimasti fino ad oggi di grandissima importanza: - "Non uccidere - ma anche non torturare, tormentare, ferire" - o positivamente: "Rispetta la vita". L'impegno per una cultura della nonviolenza e del rispetto di ogni vita. - "Non rubare - ma anche non sfruttare, traviare, corrompere", o positivamente: "Agisci in maniera corretta e leale". L'impegno per una cultura della solidarieta' e di un giusto ordine economico. - "Non mentire - ma anche non ingannare, falsificare, manipolare", o positivamente: "Parla e agisci con sincerita'". L'impegno per una cultura della tolleranza e di una vita nella veracita'. - E infine: "Non fare cattivo uso della sessualita' - ma anche non abusare, degradare, umiliare il/la partner" - o positivamente: "Rispettatevi e amatevi a vicenda". L'impegno per una cultura della parita' e del trattarsi da partner tra uomo e donna. Alla base di questi quattro imperativi etici, che troviamo anche in Patanjali, il fondatore dello Yoga, come pure nel canone buddista, nella Bibbia ebraica e anche nel Nuovo Testamento e nel Corano, stanno due principi etici fondamentali: - In primo luogo la Regola d'oro, gia' coniata da Confucio molti secoli prima di Cristo e nota in tutte le grandi tradizioni religiose e filosofiche, ma assolutamente non ovvia: "Quello che non desideri per te, anche tu non farlo agli altri". Questa regola e' tanto elementare quanto utile nel decidere in varie situazioni difficili. - La Regola d'oro viene sostenuta dalla Regola di umanita', per nulla tautologica: "Ogni persona - giovane o anziana, uomo o donna, disabile o non disabile, cristiano, ebreo o musulmano - deve essere trattata umanamente e non in maniera disumana". L'umanita', l'umano, e' indivisibile. Da tutto cio' diventa chiaro che per ethos comune a tutta l'umanita', un ethos mondiale, non si intende un sistema etico al modo di Aristotele, Tommaso d'Aquino o Kant ("ethics"), bensi' alcuni elementari valori, criteri e comportamenti etici che devono formare la convinzione morale individuale della persona umana e della societa' ("ethic"). Questa etica e' naturalmente sempre controfattuale: I suoi imperativi di umanita' non vengono soddisfatti a priori, devono essere di continuo richiamati alla memoria e realizzati in forme nuove. Ma come ha detto Kofi Annan nel suo discorso sull'ethos mondiale a Tubinga nel 2003: "Se pero' e' sbagliato condannare una determinata fede o un determinato sistema di valori a motivo dei comportamenti o delle affermazioni di alcuni dei suoi seguaci, allora deve essere altrettanto sbagliato rinunciare all'idea che certi valori sono universali soltanto perche' alcune persone sembrano non accettare questi valori". Mi sia percio' concesso di concludere con le stesse parole con cui anche il Segretario generale dell'Onu ha concluso il suo discorso: "Esistono ancora valori universali? Si', ci sono, ma non li dovremmo ritenere ovvi. Essi devono essere oggetto di accurata riflessione, devono essere difesi, e devono essere rafforzati. E noi dobbiamo trovare in noi stessi la volonta' di vivere secondo i valori che annunciamo - nella nostra vita privata, nella nostra comunita' locale e nazionale e nel mondo". 3. MEMORIA. PIETRO POLITO: UN PROFILO DI ALDO CAPITINI [Dal quotidiano "La stampa" del 13 ottobre 2001. Pietro Polito (Forio d'Ischia, 1956), ricercatore al Centro studi Piero Gobetti e all'Universita' di Torino, fa parte della redazione di "Teoria Politica" e collabora con varie riviste, tra cui "Mezzosecolo" e "Nuova Antologia"; ha pubblicato numerosi saggi sul pensiero politico novecentesco, con particolare riguardo agli autori democratici, radicali e pacifisti del Novecento italiano, ed ha curato diverse opere di Norberto Bobbio. Tra le opere di Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Aldo Capitini, protagonista dell'antifascismo, fondatore del movimento liberalsocialista insieme a Guido Calogero, filosofo della nonviolenza e fondatore del Movimento Nonviolento, appartiene a quella che Norberto Bobbio, con una felice espressione, ha chiamato "Italia civile": un'Italia che non e' l'Italia di tutti, anzi e' un'Italia sovente, quasi sempre, in minoranza. Questo profilo essenziale e' volto da un lato a presentare i lineamenti della sua figura intellettuale e morale, dall'altro a porre in rilievo quella che non puo' non essere considerata la vera e grande novita' da lui introdotta nella nostra cultura, la nonviolenza. Cresciuto in un ambiente familiare non agiato, venne avviato agli studi tecnici; segnato dalla malattia, consegui' da autodidatta la maturita' classica a 24 anni; nel '24 vinse una borsa di studio alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove si laureo' in Lettere e filosofia nel '28 con una tesi su Realismo e serenita' in alcuni poeti italiani (Iacopone, Dante, Poliziano, Leopardi). Il primo aprile 1930, chiamato da Giovanni Gentile, ebbe l'incarico di segretario della Normale, che ricopri' fino agli inizi del 1933. Nella biografia intellettuale capitiniana il 1933 e' una data chiave, perche' segna idealmente e praticamente il passaggio dal periodo della formazione a quello dell'impegno politico diretto. Nel gennaio di quell'anno decisivo per lui, giunto senza poterlo sapere - aveva appena compiuto 33 anni - verso la fine della prima meta' della sua vita, Capitini rifiuto' di prendere la tessera del partito fascista. Era questa la condizione posta da Gentile per conservare il posto di lavoro: al filosofo che gli diceva: "Credo che non riuscirei a persuaderla", rispose: "Credo che anch'io non riuscirei a persuadere lei". Il discorso di Capitini non si esaurisce nell'ambito religioso, ma si allarga a un piu' generale confronto tra laicita' e religiosita': a suo giudizio si rivelano inadeguate sia le religioni tradizionali (per esempio il cattolicesimo, il protestantesimo, l'ebraismo, il buddhismo) sia le varie prospettive laiche (per esempio l'illuminismo, la crociana religione della liberta', il comunismo). Entrambe queste posizioni, sia le religiose sia le laiche, risultano incapaci di superare i limiti dell'esistente: la religione tradizionale rimanda la liberazione ad un altro tempo e ad un altro mondo; il pensiero laico, rinunciando alla trascendenza, si rinchiude nei limiti di questo mondo e lo accetta quale e'. La nuova religione, prefigurata da Capitini, e' la religione aperta, che si propone di andare oltre, di far si' che "il paradosso si attui", qui, ora, subito. Che fare perche' il paradosso si attui? Fin dai mesi successivi alla Liberazione, alla sconfitta delle sinistre e alla restaurazione, sfumate le speranze di un rinnovamento politico e di un risveglio religioso, quando il futuro dell'Italia e del mondo viene deciso per anni, decenni, molti decenni (sino a pochi anni fa), si fa piu' urgente l'altro grande impegno di Capitini, l'impegno a portare nella politica una dimensione ulteriore, la dimensione della nonviolenza. Suscitano meraviglia la varieta' e l'intensita' dell'attivismo capitiniano sui temi della pace, della nonviolenza e dell'obiezione di coscienza. Nel 1952 diede vita a Perugia alla Societa' Vegetariana Italiana e al Centro di coordinamento internazionale per la nonviolenza. Durante gli anni Cinquanta segui' e incoraggio' l'impegno sociale e nonviolento di Danilo Dolci nel Mezzogiorno, in particolare in Sicilia, a Trappeto e a Partinico. Ideo' e realizzo' le prime marce per la pace in Italia. Forse la prima e' la marcia del 30 gennaio 1952, di cui non si ebbe alcuna notizia, per ricordare l'anniversario della morte di Gandhi. Rimane un modello insuperato per le esperienze successive la marcia da Perugia ad Assisi del 24 settembre '61. In seguito a questa iniziativa si costitui' la Consulta italiana per la pace, da lui presieduta. Negli ultimi mesi del '63 comincio' ad operare il Gruppo di Azione Diretta Nonviolenta (Gan). La costituzione del Movimento nonviolento per la pace, insieme a una decina di amici, risale all'agosto 1964. E' da ricordare infine la direzione di due riviste: "Il potere e' di tutti" (1964-1968), che affronto' e discusse i temi della contestazione giovanile, e "Azione nonviolenta", che e' tuttora il giornale dei nonviolenti in Italia. Forse l'impegno che segui' piu' intimamente fu quello per l'obiezione di coscienza. Nel ricordo dell'amico Baglietto, partecipo' con trepidazione alla vicenda di Pietro Pinna, dichiaratosi obiettore di coscienza nel '48, processato e condannato nel '49. Si interesso' alla sorte dei primi obiettori cattolici. Vide con favore l'impegno educativo e religioso di Lorenzo Milani, che nel '65 con il famoso libretto L'obbedienza non e' piu' una virtu' aveva difeso gli obiettori di coscienza. Il suo pensiero si trova esposto nel libro L'obiezione di coscienza in Italia (1959), in cui, nelle prime pagine, possiamo leggere la definizione dell'obiezione di coscienza, che ha ispirato tanti obiettori prima e dopo il riconoscimento legale dell'obiezione avvenuto il 15 dicembre 1972: l'obiezione di coscienza e' "l'atto di gettare qualche cosa contro". La vita e l'opera di Aldo Capitini possono essere effettivamente considerate un continuo "atto di gettare qualche cosa contro", oppure, come e' stato detto, "una esemplare pedagogia della nonviolenza". A chi gli domandava se si considerasse un nonviolento, piu' modestamente, piu' sobriamente, rispondeva che si riteneva un amico della nonviolenza, per la semplice ragione che la nonviolenza "e' inesauribile ed anche che e' inattuabile tutta perfettamente". Vuol dire che la nonviolenza non e' un approdo tranquillo, ma e' attiva tensione, aspirazione continua a evitare l'odio, il sopruso, la violenza in tutte le sue forme. 4. RIFLESSIONE. ELENA LOEWENTHAL: DEL CORPO [Dal quotidiano "La stampa" del 15 luglio 2005 riprendiamo il seguente articolo di Elena Loewenthal, li' apparso col titolo "Nel tessuto della Bibbia il corpo e' un vestito divino". Elena Loewenthal, limpida saggista e fine narratrice, acuta studiosa; nata a Torino nel 1960, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d'Israele, attivita' che le sono valse nel 1999 un premio speciale da parte del Ministero dei beni culturali; collabora a "La stampa" e a "Tuttolibri"; sovente i suoi scritti ti commuovono per il nitore e il rigore, ma anche la tenerezza e l'amista' di cui sono impastati, e fragranti e nutrienti ti vengono incontro. Nel 1997 e' stata insignita altresi' del premio Andersen per un suo libro per ragazzi. Tra le opere di Elena Loewenthal: segnaliamo particolarmente Gli ebrei questi sconosciuti, Baldini & Castoldi, Milano 1996, 2002; L'Ebraismo spiegato ai miei figli, Bompiani, Milano 2002; Lettera agli amici non ebrei, Bompiani, Milano 2003; Eva e le altre. Letture bibliche al femminile, Bompiani, Milano 2005; con Giulio Busi ha curato Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII secolo, Einaudi, Torino 1995, 1999; per Adelphi sta curando l'edizione italiana dei sette volumi de Le leggende degli ebrei, di Louis Ginzberg] Letture per l'anima e il corpo. Anzi, questa volta piu' per l'uno (e intorno all'uno) che per l'altra, anche perche' non tutte le civilta' presentano una drastica opposizione fra i due. Nella tradizione ebraica, per l'appunto, l'uomo e' un imprescindibile connubio di nefesh (anima, o meglio, piu' prosaicamente al maschile "animo") e basar, cioe' "carne". O meglio, basar we-dam, intruglio di carne e sangue. Quest'ultimo, poi, non e' soltanto un liquido fisico quanto lo scrigno stesso della vita, un patrimonio che appartiene solamente a Dio. Pertanto, il corpo non e' affatto "basso" per definizione, preda di impulsi inferiori e per questo deprecabili: e' invece, nel tessuto biblico, il vestito che il Creatore ha foggiato con le sue stesse mani. Al corpo dell'uomo come scrigno di una lunga e affascinante storia e' dedicato, in fondo, l'ultimo libro di Rita Levi-Montalcini, Eva era africana (Gallucci editore, www.galluccieditore.com, pp. 90, euro10, con le illustrazioni di Giuliano Ferri). Si tratta di un itinerario nelle origini dell'umanita', verso la sua "culla", cioe' l'Africa, concepito per i bambini ma consigliato fino ai 99 anni (e oltre). Rita Levi-Montalcini si augura, nella chiosa, che il futuro sia donna: speriamo soprattutto che sia di quelle donne che, in Africa cosi' come altrove, un futuro non l'hanno ancora mai avuto. Ma sul futuro (e il passato) dell'umanita' si interroga anche Orlando Franceschelli nel suo saggio Dio e Darwin. Natura e uomo tra evoluzione e creazione (Donzelli, pp. 150, euro 12,50). Questo libro capita a proposito, in controffensiva all'attacco di agguerriti neo-creazionisti. Dopo Darwin e' cambiato il nostro modo di vedere il mondo, la natura, l'uomo. Nemmeno Dio, del resto, e' uscito indenne dalla rivoluzione della selezione naturale. In questo senso, il corpo, dell'uomo e degli animali, e' un prezioso tracciato del nostro passato: non una scoria, bensi' una specie di monumento vivente alla vita. Non a caso, l'espressione piu' pregnante che l'ebraico ha mai trovato per dire "memoria" e' yad wa-shem, cioe' alla lettera "mano e nome". Sembra quasi una felice corrispondenza semantica, ma questa espressione e' certo il mondo migliore per "sentire" il corpo, la fisicita' nel mondo ebraico. Partendo, naturalmente, sempre dalla Bibbia. Un piccolo libro capita a proposito: si tratta de Il corpo di Luciano Manicardi, monaco di Bose e biblista. L'ha pubblicato Qiqajon (Luciano Manicardi, Il corpo. Via di Dio verso l'uomo, via dell'uomo verso Dio, Qiqajon, pp. 78, euro 6). Queste breve ma intenso saggio e' una libera riflessione sul rapporto fra corpo e fede. C'e' molto della teologia cristiana sulla "migrazione" del corpo di Gesu' verso il rito, e ci sono interessanti note a margine al testo biblico. Per nota a margine non s'intende nulla di riduttivo, anzi: e' da sempre questo il modo piu' profondo e penetrante per fare proprio il messaggio del Libro. Manicardi ci parla del basar, il sostantivo maschile per dire carne, ma la designa solo se vivente: "E' sinonimo di fragilita' e caducita' ma, quando il corpo muore, diviene altro, diviene 'cadavere'". Ci propone un primo orientamento di antropologia biblica del corpo, esplorando cuore, lingua, mani, occhi, labbra. E i gesti: il cibarsi e l'amare, il lavoro e la parola. Offre in sostanza una acuta lessicografia della corporeita' biblica, come quando commenta passi quali "tutte le mie ossa fremono" (Salmi 6, 3): un'espressione quanto mai calzante per descrivere quel particolare dondolio del corpo durante la preghiera del popolo d'Israele. 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1332 del 20 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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