La domenica della nonviolenza. 78



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 78 del 18 giugno 2006

In questo numero:
1. Teologhe, in quale Europa?
2. Marinella Perroni: La memoria e la parola delle donne
3. Adriana Valerio: L'esperienza della "Societa' europea delle donne per la
ricerca teologica"
4. Cettina Militello: Alterita', riconoscimento, accoglienza

1. INCONTRI. TEOLOGHE, IN QUALE EUROPA?
Nei giorni 30 marzo e primo aprile 2006, il Coordinamento teologhe italiane
(in sigla: Cti), con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, del Comune di Roma e della Provincia di Roma, ha organizzato a
Roma il primo convegno internazionale sul tema "Teologhe: in quale Europa?".
Hanno partecipato centocinquanta teologhe di venti Paesi europei e di
diverse tradizioni cristiane, con rappresentanze ebraiche e musulmane.
Sara' pubblicato il fascicolo degli atti, ed e' disponibile anche la
registrazione del convegno in formato CD-Rom. Nel sito www.teologhe.org (da
cui riprendiamo i testi di seguito presentati) sono gia' stati pubblicati
alcuni degli interventi sia nelle lingue originali che in traduzione
italiana.

2. TEOLOGIA E FEMMINISMO. MARINELLA PERRONI: LA MEMORIA E LA PAROLA DELLE
DONNE
[Dal sito www.teologhe.org riprendiamo la relazione introduttiva tenuta da
Marinella Perroni al primo Convegno internazionale delle teologhe europee
organizzato dal Coordinamento teologhe italiane il 30 marzo e primo aprile
2006 a Roma. Marinella Perroni e' presidente del Coordinamento teologhe
italiane; su di lei dal sito www.teologhe.org riprendiamo la seguente
scheda: "Marinella Perroni e' nata a Roma il 9 dicembre 1947; e' dottore in
filosofia e dottore in teologia; insegna Nuovo Testamento presso il
Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma... Dal 1989 e' coordinatrice dei corsi
dello Studio teologico per le Benedettine italiane; dal 1992 al 1995 e'
stata coordinatrice del settore teologico all'Institutio Familiaris di Roma;
e' socia' dell'Abi (Associazione biblica italiana), fa aprte del comitato
scientifico di Biblia, associazione laica di cultura biblica; dell'Aetc
(Associazione europea per la teologia cattolica) e dell'Afert (Association
Europeenne des Femmes pour la Recherche Theologique). Tra le pubblicazioni
di Marinella Perroni: Il discepolato delle donne nel vangelo di Luca. Un
contributo all'ecclesiologia neotestamentaria, in Pontificio Athenaeo S.
Anselmi, Romae 1995; Beati i poveri in spirito, perche' di essi e' il regno
dei cieli, Rimanete nel mio amore 1, Roma 1995; ha curato con Elmar Salmann,
Patrimonium fidei. Traditionsgeschichtliches Verstehen am Ende? Festschrift
Magnus Loehrer und Pius-Ramon Tragan, Studia Anselmiana 124, Roma 1997; con
A. Grillo e P.-R. Tragan, Corso di teologia sacramentaria. 1. Metodi e
prospettive; 2. I sacramenti della salvezza, Brescia 2000. Ha pubblicato
molti saggi in volumi collettanei e in rivista. Tra i saggi in volumi di AA.
VV. segnaliamo: "Le separazioni nell'annuncio della fede biblica", in S.
Spinsanti, Le separazioni nella vita. Aspetti psicologici e spirituali,
Assisi (Cittadella) 1985, pp. 58-71; "La dimensione creazionale del
conflitto: riflessione biblico-teologica su Genesi 1-3", in M. T. Garutti
Bellenzier, Donna-Uomo, la dimensione creativa del conflitto, Teramo
(Demian) 1993, p. 112; "Rahab una prostituta sulle soglie della terra
promessa", in Biblia, Giosue', l'eterno secondo, Firenze 1993, pp. 69-100;
"La Parola di Dio e la storia delle donne", in Maria Grazia Fasoli, Gli
specchi delle donne. Per una teologia femminile, Milano 1994, pp. 65-83; "Le
donne di Sansone", in Biblia, Fortezza, tragedia e inganno: la donna
all'epoca dei Giudici, Settimello 1994, pp. 63-87; "Cristo dice 'donna': la
testimonianza del IV vangelo", in AA. VV., Le donne dicono Dio. Quale Dio
dicono le donne? E Dio dice le donne?, Paoline, Milano 1995, pp. 100-122;
"Il Cristo Maestro (Lc 10, 38-42). L'apoftegma di Marta e Maria: problemi di
critica testuale", in Studia Anselmiana 115, Roma 1995, pp. 57-78;
"L'annuncio pasquale alle/delle donne (Mc 16, 1-8): alle origini della
tradizione kerygmatica", in Studia Anselmiana 124, Roma 1997, pp. 397-436;
"Lettura femminista e lettura spirituale della Bibbia", in Istituto
superiore di scienze religiose delle Venezie, Le prolusioni ai corsi degli
anni accademici 1994-1996, Padova 1997, pp. 49-77; "Tra eros e sophia:
l'universo femminile di Salomone", in Biblia, Atti del Seminario invernale,
Settimello 1998, pp. 123-139; "Il regno dei cieli soffre violenza e i
violenti se ne impadroniscono (Mt 11, 12s): Maria e il compiersi del regno",
in E. Peretto, Maria nel mistero di Cristo pienezza del tempo e compimento
del regno, Roma (Marianum) 1999, pp. 111-142; "Forme e modelli di profezia.
Per una fondazione biblica", in C. Militello, Profezia. Modelli e forme
nell'esperienza cristiana laicale, Padova 2000, pp. 2-14; "La tensione
culto-comprensione: la teologia liturgico-sacramentale di Paolo", in A.
Grillo, M. Perroni, P. R. Tragan, Corso di teologia sacramentaria, 1. Metodi
e prospettive, Brescia 2000, pp. 227-257; "Beati i perseguitati per causa
della giustizia, perche' di essi e' il regno dei cieli (Mt 5, 10)" in AA.
VV, Conflitti, violenza, pace: sfida alle religioni, Milano 2001, pp.
215-223; "I persiani nella documentazione biblica: il libro di Ester" in
Atti del convegno di Biblia, Settimello 2001, pp. 179-194; "Le donne e Maria
madre di Gesu' in Luca", in G. Leonardi, F. G. B. Trolese, San Luca
evangelista testimone della fede che unisce, Padova 2002, pp. 115-129; "Il
battesimo di Gesu' (Mc 1, 9-11 e par)", in M. Laconi, Vangeli sinottici e
Atti degli Apostoli, Logos 5, Leumann (To), pp. 303-313. Segnaliamo, tra gli
articoli: "Donne e teologia", in Testimonianze 213-214, 1979, pp. 213-223;
"L'uomo 'via della Chiesa': riflessione sulla Redemptor hominis", in
Testimonianze 215, 1979, pp. 369-373; "Donne: in quale Chiesa?", in
Testimonianze, 219-220, 1979, pp. 740-748; "La parola di Dio si diffondeva",
in Lievito nel mondo 2, 1984, pp. 4-11; "Mettere l'uomo al centro di se
stesso. La conversione per le nuove generazioni", in Servitium 42, 1985, pp.
61-69; "Eucaristia e pace", in Responsabili 1, 1986, p. 6-10; "Missione e
presenza", in Responsabili 1, 1987, pp. 6-8; "Il racconto di Emmaus", in
Lievito nel mondo 1-2, 1987, pp. 6-10; "Maria di Nazaret. Storia non mito",
in Servitium, 52, 1987, pp. 84-87; "Tradizione biblica e razzismo", in Esodo
1, 1988, pp. 17-21; "Il matrimonio nella Sacra Scrittura. Come non si deve
leggere la Bibbia", in Matrimonio 2, 1988, pp. 3-10; "Le donne leggono il
Vangelo", in Famiglia oggi 34, 1990, pp. 62-64; "Il peccato: limite o
eccesso?", in Esodo 3, 1990, pp. 7-10; "Dalla loquacita' alla parola", in
Servitium 70-71, 1990, pp. 138-142; "Tempi di vita. Studi e proposte per
cambiare" in Famiglia oggi 51, 1991, p. 90; "Lettura femminile ed
ermeneutica femminista del Nuovo Testamento: status quaestionis", in Rivista
Biblica XLI, 1993, pp. 315-339; "Essere donna nella Chiesa oggi", in Credere
Oggi 81, 1994, pp. 79-87; "Le molte altre", in Parole di vita 5, 1994, pp.
14-17; "Protagoniste della Chiesa delle origini. Le donne nel quarto
vangelo", in Spirito e vita 89, 1995, pp. 436-440; "La questione femminile
oggi" in Documento a cura di Cinquanta Docenti delle Universita' di Roma in
vista di The Fourth Conference on Women 4-15 September 1995, Beuing, China;
"Le donne nella e dalla rilettura della Bibbia: Itinerari di Ricerca 4" in
Donna, Cultura, Religione e Psicanalisi, Milano 1994-95, pp. 34-38; "Una
valutazione dell'esegesi femminista: verso un senso critico integrale", in
Studia Patavina XLIII, 1996, pp. 67-92; "I primi discepoli (Mc 1, 16-20)",
in Parole di Vita, Nuova Serie 1, 1996, pp. 15-20; "Lo spirito e il mondo",
in DWF (DonnaWomanFemme) 30-31, 1996, pp. 4-14; "L'interpretazione biblica
femminista tra ricerca sinottica ed ermeneutica politica: una rassegna di
recenti opere di esegesi femminista", Rivista Biblica XLV, 1997, pp.
439-468; "L'autorita' della/nella Bibbia: l'apporto dell'esegesi
femminista", in Credere oggi 18, 1998, pp. 97-109; "L'essere-corpo di
Gesu'", in Servitium 120, 1999, pp. 43-530. "'E non chiamate nessuno padre
sulla terra...' (Mt 23, 9): un monito per una Chiesa in crisi", in Parola
Spirito e Vita 39, 1999, pp. 119-133; "Il limite: condanna o benedizione? La
risposta della tradizione sapienziale biblica", in L'Arco di Giano 24, 2000,
pp. 75-85; "Il lettore-esegeta: a servizio di una fede che cerca", in Annali
di Studi Religiosi I/2000, pp. 341-353; "Il granello di senape e' il piu'
piccolo (Mc 4, 30-32 e par)", in Presbyteri XXXVI, 2002, pp. 421- 432;
"Donne e teologia: un nuovo umanesimo?", in Ricerche teologiche 13, 2002,
pp. 15-30"]

Care colleghe e cari colleghi,
nella preghiera ebraica per la cerimonia dell'apposizione del nome a una
bambina appena nata, dopo la recitazione di una formula presa dal Cantico
dei Cantici (2, 14), vengono riprese le parole di Genesi 24, 60: "E
benedissero Rebecca e le dissero: o sorella nostra possa tu divenir
progenitrice di miriadi, e possa la tua discendenza possedere le citta' dei
suoi avversari". Quindi si recita la benedizione dell'apposizione del nome
insieme con l'invocazione del ricordo delle antiche matriarche e con
l'augurio di pace e di felicita' per la neonata e i genitori.
E' questo il motivo per cui ho voluto cominciare questo mio intervento
introduttivo al primo Convegno internazionale delle teologhe europee
organizzato dal Coordinamento teologhe italiane con le parole di saluto e di
incoraggiamento di una decana della teologia europea, Eira Paunu, cioe' di
una delle donne che hanno contribuito a scrivere la preistoria e la storia
di questo convegno. In un tempo in cui tutti stiamo rischiando che ci venga
negata la memoria, noi sappiamo molto bene, come donne e come teologhe, che
la condizione per ogni discriminazione parte sempre dal trafugamento della
memoria. E' il sottile gioco del totalitarismo dal volto mediatico, quello
che si impone proprio attraverso l'occupazione della memoria e l'alienazione
della memoria.
In quanto teologhe cristiane, noi sappiamo molto bene che non puo' esistere
teologia senza memoria perche' non puo' esistere fede senza memoria. In
quanto donne, noi abbiamo intessuto per secoli la memoria con il soffio di
parole pronunciate spesso solo nel segreto. Oggi, la nostra assunzione di
parola autorevole nei diversi ambiti del sapere e del potere ci impone di
intessere la memoria collettiva senza che nulla vada perduto della nostra
storia. Il ricordo delle nostre "matriarche", insieme alla consapevolezza
che se siamo oggi qui e' perche' altre prima di noi hanno creato le
condizioni per cio' che noi viviamo oggi, scenda dunque su di noi come
benedizione e ci dia quel nome che ci consente di assumere il nostro compito
e di ricevere dagli altri il riconoscimento indispensabile per essere e per
sentirsi vivi.
*
Dopo due anni dal suo primo convegno nazionale, il Coordinamento teologhe
italiane si vede protagonista di un evento che nessuno di noi avrebbe osato
pensare e sperare. Durante questo lungo periodo di preparazione ho spesso
pensato alla similitudine del granello di senape che Gesu' ha utilizzato per
evocare la dinamica del regno. Una dinamica storica, concreta, un'efficacia
reale, non ideale. Senza voler cedere a sciocche quanto ingenue
semplificazioni, e' vero che, come avviene per il piu' piccolo dei semi che
fa nascere una grande pianta ombrosa e accogliente, cosi' e' avvenuto per
noi in questa occasione. Un piccolo gruppo di persone si trova a dare vita a
un evento che certamente lo supera. Siamo 150 partecipanti di 20 diversi
paesi europei. Saremmo stati di piu', se non avessimo dovuto chiudere con
largo anticipo le iscrizioni. Con dispiacere, abbiamo dovuto ammettere di
non avere la forza organizzativa, ma soprattutto la forza economica, per
sostenere un peso maggiore di questo. Con dispiacere, lo ripeto, perche'
capivamo molto bene che lanciando questo convegno, avevamo intercettato un
desiderio, un'esigenza, un bisogno molto diffuso. Nelle nostre chiese, ma
anche nelle nostre societa'. Roma non e' una citta' qualsiasi. Per nessuno,
tanto meno per persone colte e ancora meno per persone credenti.
*
Non a caso, abbiamo scelto come immagine-simbolo di questa nostra assemblea,
un particolare del mosaico dell'arco trionfale di un'antica basilica romana,
Santa Prassede, in cui l'apostolo Paolo presenta al Christus Thriumphans la
martire Prassede. A seconda se vengono proposte da asettici storici
dell'arte oppure da battagliere femministe americane le  interpretazioni
iconografiche, soprattutto del drappo che copre le mani di Prassede e delle
altre martiri che gli apostoli presentano a Cristo, sono possibili o meno
possibili, forse: si tratta semplicemente di un pezzo di stoffa con cui,
secondo il cerimoniale imperiale della presentatio che fa da modello
figurativo all'insieme, le donne dovevano velarsi le mani oppure e'
addirittura un pallio che rimanderebbe a una funzione episcopale svolta da
Prassede?
Non intendo certo inoltrarmi in una simile questione che non mi compete.
Vorrei soltanto sottolineare qualcosa che, dal mio punto di vista, ha una
connotazione maggiormente decisiva. Prassede e' presentata a Cristo
dall'apostolo Paolo come lo sono le altre martiri che con lei vengono
integrate nel culto della chiesa di Roma.
E' della chiesa fondata sugli apostoli che esse hanno fatto parte come e'
della chiesa fondata sugli apostoli che noi facciamo parte e vogliamo fare
parte, non di una chiesa parallela, non di una chiesa che, per via di
esigenze congiunturali che alcuni sperano siano dovute solo a emergenze
provvisorie, e' obbligata ad ammodernarsi.
E' stata la plurisecolare marginalizzazione delle donne dalle chiese che ha
segnato la discontinuita' dalla chiesa apostolica, non il contrario. Per il
mondo, forse, l'ingresso delle donne negli ambiti ecclesiali piu'
tradizionalmente maschili, come lo studio accademico della teologia, i
compiti pastorali e alcune funzioni liturgiche, possono suonare fatti
eccentrici, frutto di novita' di un tempo che sembra aver perso ogni remora.
Certo non per noi, perche' una chiesa inclusiva altro non e' che una chiesa
apostolica, fondata cioe' sulla predicazione e l'opera di Gesu' di Nazaret,
sostenuta dalla sua morte e in cammino verso il compimento del tempo della
sua risurrezione.
Che, a quarant'anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, pero', la
citta' di Roma e la chiesa che e' in questa citta', una citta' e una chiesa
che hanno ospitato quell'evento cosi' salutare per la chiesa cattolica, ma
anche per i rapporti tra le chiese e le altre fedi religiose, potessero
cogliere uno dei frutti piu' significativi di quell'assise conciliare,
nessuno lo avrebbe potuto supporre.
*
Certo, non si arriva qui d'emblee. Molte volte, in questi decenni, abbiamo
potuto crescere insieme, nella consapevolezza di rappresentare, per la vita
delle nostre chiese, una novita' di portata storica.
Qui in Italia, grazie al lavoro coraggioso e lungimirante di Cettina
Militello, per esempio, e di diverse altre, si sono intrecciate competenze
disciplinari, si sono incontrati punti di vista scientifici, si sono
intessute significative relazioni che ci hanno fatto maturare
intellettualmente,  esistenzialmente e religiosamente. Il convegno "Teologhe
a Roma. Una lunga tradizione", che si e' svolto all'interno dei simposi
universitari con cui il mondo accademico mondiale ha voluto partecipare al
giubileo del 2000 e che ha visto gia' l'interesse e il concreto appoggio del
Comune di Roma nella persona dell'assessora Daniela Monteforte, ha poi
segnato una svolta e preparato la costituzione, nel 2003, del Coordinamento
teologhe italiane.
*
Vicende analoghe hanno connotato in modo simile e al contempo diverso lo
sviluppo della teologia femminista negli altri paesi europei. Ne e'
espressione forte l'Association des Femmes Europeennes pour la Recherche
theologique (Afert), in cui svolge il suo secondo mandato di presidente
Adriana Valerio e che festeggera' tra poco piu' di un mese a Graz il suo
ventesimo anno di vita. Ma ne sono espressione anche i notevoli passi in
avanti che nei diversi paesi europei sta facendo l'impegno delle donne per
recuperare spazi di pensiero e di insegnamento, di annuncio e di
trasmissione della fede, di consolidamento e di sviluppo delle comunita'
credenti. Un esempio per tutti: la nascita della Escuela feminista de
teologia de Andalusia (in sigla: Efeta) che lancia in questi giorni la sua
offerta accademica e si va cosi' a collocare accanto ad altre analoghe
realta' presenti gia' da tempo in diversi paesi europei.
Penso pero' anche alle mille iniziative che hanno fatto confluire
l'interesse teologico delle donne non solo in occasioni di scambio ma,
soprattutto, in possibilita' di intervento dentro e fuori le chiese. Penso
poi all'interesse che, per esempio qui in Italia, le istituzioni civili
stanno dimostrando per un dialogo con teologhe impegnate nei vari ambiti
della vita culturale e religiosa. Oltre che come soggetto emergente dal
punto di vista sociale, le donne credenti costituiscono, almeno nei nostri
paesi europei, una risorsa di laicita' quanto mai significativa nel momento
in cui la sfida multiculturale, multietnica e multireligiosa sta
trasformando il volto delle nostre societa' civili. In un momento cosi'
delicato e, al contempo, impegnativo per la crescita dell'Unione Europea,
noi vogliamo interrogarci sul ruolo che la riflessione teologica puo'
giocare per promuovere un fecondo intreccio tra liberta' religiosa e
laicita'. Per secoli le donne hanno trasmesso la fede nell'istituzione
familiare: sono preparate ormai per farlo anche all'interno delle altre
istituzioni civili e religiose.
*
Ci troviamo qui dunque per mettere in circolo istanze, progetti, idee,
perplessita', prospettive intorno al ruolo e all'incidenza che la
riflessione teologica delle donne puo' avere sulla vita individuale e
collettiva dell'Europa contemporanea. Per questo chiedo vivamente a tutte di
intervenire nel dibattito e di apportare al discorso comune la ricchezza del
proprio punto di vista. In modi diversi, tutte qui abbiamo fatto della
teologia un elemento importante della nostra vita. Alcune in termini
accademici, altre per esercitare un servizio pastorale, altre per un compito
ministeriale, altre ancora per contribuire alla vita culturale.
Sappiamo molto bene per esperienza, sia come studenti che come docenti, che
se la teologia viene ridotta a un impegno curricolare indispensabile
unicamente per l'accesso al ministero e non anima la vita pastorale e quella
ministeriale delle chiese, o quando gli impegni pastorali e ministeriali
impediscono di tenere desto l'interesse per la ricerca teologica, il
pericolo della perdita tanto dell'istanza kerygmatica quanto della capacita'
dialogica con il mondo diviene, per le chiese, molto forte.
E sappiamo altrettanto bene che alla teologia va restituito uno dei suoi
ruoli possibili all'interno dell'agora', quello di interlocutrice attenta
delle istanze di trasformazione e di rinnovamento della vita collettiva. In
un momento in cui dalla Gender medicine alla Gender Pedagogy stanno
cambiando i connotati del pensiero umano, la teologia di genere non puo'
essere piu' ritenuta una passione individuale ma deve essere assunta e
coltivata come istanza ecclesiale e culturale.
*
Consentitemi, prima di terminare, un brevissimo accenno biografico. Nel
1972, cioe' trentaquattro ani fa, il decano della Facolta' teologica nella
quale studiavo mi chiese di incontrare due giornaliste per un'intervista. Le
domande che mi sono state poste erano volte, naturalmente, a chiarire i
motivi della mia scelta. Non una parola e' stata detta, in quell'occasione,
su un'eventuale mia pretesa di accedere all'ordinazione sacerdotale. Ne' io
lo pensavo, ne' mi e' stata rivolta alcuna domanda in proposito. Pochi
giorni dopo, la mia intervista e' uscita su un patinato giornale femminile
sotto il titolo ad effetto: "Studiano per diventare le donne-prete di
domani". Forse avverra' qualcosa di simile anche in questi giorni, e ancora
una volta verra' messo in risalto che, almeno in Italia, tutto cio' che ha a
che fare con chiesa e teologia viene ridotto unicamente al sacerdozio. Fa
parte, purtroppo, di una certa incultura ecclesiale. Il tema del sacerdozio
delle donne, invece, non e' nell'agenda del convegno. Certo, l'interesse che
le parole di Benedetto XVI hanno suscitato nella stampa, soprattutto
nazionale, non potra' consentire di non affrontarlo, e la presenza di
teologhe ordinate nelle diverse chiese cristiane europee non potra'
consentire di eluderlo. Non intendiamo pero' cadere nella trappola di
considerarlo e di farlo considerare l'unica questione rilevante per la
ricerca teologica femminista. Le parole del papa al riguardo mi sembrano
significative. Conferma, da una parte, dell'impossibilita' di far accedere
donne al sacerdozio, superamento, dall'altra, dell'esclusione delle donne
dall'esercizio dell'autorita' nella Chiesa. Si tratta di una prospettiva
teologicamente molto interessante che non puo' essere ridotta a poche
battute ad effetto e che impegna, soprattutto noi teologhe, in quella che
abbiamo sentito fin dall'inizio come una sfida importante: ripensare la
ministerialita' della/nella chiesa in linea con i documenti e lo spirito del
Vaticano II piuttosto che pretendere semplicemente di accedervi.
*
Con grande gioia e con un pizzico di emozione, ma soprattutto con un sincero
e affettuoso ringraziamento a tutti coloro che hanno reso in infiniti modi
possibile questo evento, vi do dunque il benvenuto e dichiaro aperti i
lavori di questo nostro convegno di teologhe europee.

3. TEOLOGIA E FEMMINISMO. ADRIANA VALERIO: L'ESPERIENZA DELLA "SOCIETA'
EUROPEA DELLE DONNE PER LA RICERCA TEOLOGICA"
[Dal sito www.teologhe.org riprendiamo la relazione tenuta da Adriana
Valerio al primo Convegno internazionale delle teologhe europee organizzato
dal Coordinamento teologhe italiane il 30 marzo e primo aprile 2006 a Roma.
Adriana Valerio (per contatti: avalerio at unina.it), teologa e storica, e'
presidente dell'European Society of Women for Theological Research e
presidente della Fondazione P. Valerio per la Storia delle Donne; e' da piu'
di vent'anni impegnata nel reperire fonti e testimonianze per la
ricostruzione della memoria delle donne nella storia del cristianesimo.
Laureata in Storia e Filosofia e in Teologia (dopo aver conseguito la
Licenza a Fribourg in Svizzera), lavora attualmente alla Federico II di
Napoli (cattedra di Storia del Cristianesimo). Ha diretto per tre anni il
"Centro Adelaide Pignatelli per la ricerca storico-religiosa delle donne" ed
e' delegata Onu e affari internazionali per l'"Associazione Internazionale
Giovanna d'Arco" per la difesa dei diritti della donna nella societa' e
nella chiesa. Dirige dal 1990 la collana La Dracma su Donne e Cristianesimo
preso la casa editrice D'Auria di Napoli. Tra le tante pubblicazioni:
Cristianesimo al femminile (Napoli 1990), Domenica da Paradiso. Profezia e
politica in una mistica del Rinascimento (Spoleto 1993), Donna potere e
profezia (Napoli 1995), Savonarola. Fede e speranza di un profeta (Paoline,
Milano 1998), Donne in viaggio (Bari-Roma 1999), I sermoni di Domenica da
Paradiso (Firenze 1999), Donne e Religione a Napoli (con G. Galasso, Milano
2001), La Bibbia nell'interpretazione delle donne (con Claudio Leonardi, a
cura di, Firenze 2002)]

La "Societa' europea delle donne per la ricerca teologica", (European
Society of Women in Theological Research, di qui in poi in sigla: Eswtr)
della quale sono attualmente presidente, e' un'esperienza europea e plurale:
comprende, infatti, circa 700 donne impegnate nella ricerca teologica e
provenienti da molti paesi europei. Esattamente da Austria, Belgio,
Bulgaria, Croazia, Danimarca, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia,
Irlanda, Islanda, Italia, Lituania, Norvegia, Olanda, Polonia, Regno Unito,
Repubblica Ceca, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Ucraina, Ungheria.
Le donne dell'Associazione appartengono a diverse confessioni religiose:
cattolica (con una significativa presenza di vecchio cattoliche), ortodossa,
riformata (con le sue articolazioni: luterana, anglicana...).
L'Eswtr e' una libera associazione fondata nel 1986 in Svizzera e nel
prossimo mese di maggio (dal 10 al 13) in Austria, presso l'Universita'
teologica di Graz, festeggeremo 20 anni. Siete tutti invitati: anche a nome
della professoressa Irmtraud Fischer che ha organizzato il congresso
internazionale (dal titolo "Teologia di donne per donne?"): sara'
un'ulteriore occasione di incontro, ma anche un momento di festa per gli
anni trascorsi insieme in un difficile cammino di convivenza tra donne,
teologhe, appartenenti a diverse chiese e culture.
L'intento dell'Associazione e' di favorire il dibattito teologico tra le
donne dei diversi paesi europei, approfondendo tematiche ed elaborando
prospettive di ricerca e di orientamento. Un Annuario dell'Associazione
("Journal of the Eswtr") raccoglie le riflessioni e gli studi delle
iscritte, nelle tre lingue ufficiali (inglese, tedesco, francese). Gli
ultimi due volumi (del 2004 e del 2005) sono stati dedicati rispettivamente
alla teologia dei paesi dell'Est Europa e alla teologia di quelli del Sud
Europa, normalmente meno conosciute alle studiose di matrice inglese e
tedesca. Due bollettini l'anno (Newsletters) informano le iscritte circa le
novita' dai singoli paesi.
L'Eswtr e' dunque un crocevia di esperienze, di culture, di tradizioni:
espressione di spiritualita' diverse, che rimandano non solo alle diverse
chiese di appartenenza, ma anche ai contesti culturali (Occidente e Oriente;
Nord e Sud) che caratterizzano l'Europa cristiana.
Alcune riflessioni sull'esperienza di questi anni.
*
1. L'Eswtr come esperienza viva
La realta' dell'Eswtr e' estremamente ricca e preziosa per la molteplicita'
di esperienze e di tradizioni che vi confluiscono: indice di una grande
vivacita' intellettuale e della volonta', da parte delle donne, di rendersi
presenti nell'ambito teologico. Ogni due anni si tiene un Congresso
Internazionale in un paese membro e nel 2007, per la prima volta in 20 anni,
si terra' in Italia, a Vico Equenze, il Meeting sul tema "Diventare
comunita' viventi: nella famiglia, nella societa' e nella chiesa". Inoltre,
per favorire lo scambio, l'Eswtr promuove incontri tematici tra i paesi
dell'Est Europeo (ce ne sono stati in Lettonia, in Bulgaria; quest'anno si
terra' a Praga). Emerge da questi incontri un gran bisogno per le studiose
dell'Est di comunicare la loro tradizione spirituale e di acquisire
metodologie di ricerca. Da parte delle "occidentali" c'e' una necessita' di
comunicare conquiste, ma soprattutto di respirare e assimilare testimonianze
di vita spirituale, di dimensione poetica, della quale e' ricca la storia
orientale.
Approcci differenziati e articolati che mettono in evidenza il valore delle
riflessioni sulla fede (della teologia dunque) da parte delle donne: valore
che non riusciamo ancora a potenziare a pieno, sia per le difficolta' dovute
all'uso di lingue diverse, sia per la carenza di organicita' che il pensiero
femminile e' costretto a percorrere, non sostenuto adeguatamente dalle
istituzioni accademiche.
E veniamo al secondo punto.
*
2. L'Eswtr: un cammino difficile
Nel Sud Europa, cattolico, in particolare in Italia e Spagna, vi e' una
tradizionale separazione tra le Facolta' teologiche pontificie e le Facolta'
statali che hanno accentuato il divario tra mondo laico e mondo religioso e,
con esso, le diffidenze e le incomprensioni. Le donne, soprattutto, ne hanno
subito i contraccolpi. Detto con altre parole: uno dei maggiori problemi che
le teologhe di questi paesi incontrano sul loro percorso, e' costituito dal
ritrovarsi inserite in una sorta di scissione fra gli studi portati avanti
dalle Facolta' teologiche cattoliche piu' legate alla tradizione -
all'interno delle quali le voci "laiche" stentano a trovare spazio -, e
quelli delle Universita' statali, nelle quali, pur essendoci maggiore
liberta' di espressione, l'insegnamento e la ricerca teologica non riescono,
purtroppo, a farsi strada adeguatamente attraverso appositi corsi di studi.
Anche le donne ortodosse dei paesi dell'Est incontrano non pochi problemi:
ora si stanno affacciando agli studi teologici, tra non poche resistenze e
diffidenze.
Ne' le situazioni che vivono le donne protestanti (laiche, teologhe,
pastore), cosi' come potrebbero apparire ad un occhio esterno e
superficiale, rispondono sempre ai loro desideri di reale distribuzione di
oneri e responsabilita' (la cosiddetta partnership).
Dunque, pur nella varieta' delle situazioni e nella gradualita' dei
problemi, posso evidenziare alcune difficolta' comuni alle donne teologhe
europee, che riguardano il riconoscimento del loro studio e del loro
impegno, l'integrazione delle loro attivita' negli studi accademici, la
visibilita' del loro lavoro ecclesiale e pastorale.
Tra le questioni di maggior rilevanza, ci sono non solo gli ostacoli
frapposti dalle differenze linguistiche ma anche le difficili singole
situazioni economiche e strutturali, che impediscono che la potenzialita'
della ricerca teologica femminile possa essere messa in luce in tutte le sue
sfaccettature.
*
3. L'Eswtr come fenomeno iceberg
Nonostante queste difficolta', la ricchezza e la molteplicita' delle
esperienze e delle tradizioni europee che si rispecchiano nella nostra
Associazione sono una realta' e, cosa ancor piu' importante, non si
esauriscono in essa. L'Eswtr e', infatti, la punta di un iceberg: in Europa
sono presenti gruppi, associazioni, centri di ricerca che testimoniano una
vivace presenza di donne impegnate nel campo della teologia nei suoi
molteplici aspetti: dalla dogmatica alla Scrittura, all'impegno pastorale,
alla riflessione nel campo etico, liturgico... Manifestano vitalita' e
creativita' sorprendenti a livello interdisciplinare, ma anche una
straordinaria voglia delle donne di esserci, al di la' delle diversita'.
Anzi, sono proprio le diversita' a indicare la ricchezza dei punti di
osservazione. Non ci troviamo in presenza di un relativismo (inteso come
indifferenza e qualunquismo), ma piuttosto in presenza di un pluralismo
dialogante: in presenza di una possibile e feconda convivenza di valori che
comporta apertura al confronto, in nome dell'esperienza sapiente, della
ragione etica (e non assiomatica), della fede accogliente.
E' in qualche modo il modello del filosofo Gadamer, di quella che lui chiama
la "fusione di orizzonti" (un movimento nel quale cambiamo noi stessi
nell'incontro con l'altro), come superamento di orizzonte universale e
orizzonte chiuso che non riconoscono l'alterita' e la diversita'.
La sfida davanti alla quale siamo in Europa non e' aderire tutti a un unico
modello immutabile culturale, religioso, di genere (una reductio ad unum
dove esiste un solo linguaggio, un solo pensiero...), ma piuttosto vivere in
un realta' fuida che sappia accogliere e comprendere le diversita',
cosicche' gli individui sono singolarita' che si definiscono non
contrapponendosi ed escludendosi vicendevolmente, ma camminando insieme
nella via della comune, ma anche personale "sequela Christi".
*
4. Paradossi
Ma le donne vivono un paradosso:
a. sono ai margini (non nei luoghi della decisionalita'), e allo stesso
tempo
b. sono al centro (nel cuore dei problemi e della vita).
Paradosso, questo, che si puo' superare se non lo si vive con atteggiamenti
di vittimismo, ma come luogo privilegiato di incontro, di dialogo. L'essere
al margine o, per usare una bella metafora di Mercedes Navarro Puerto,
essere sulla frontiera, puo' significare recuperare spazi di liberta', di
contatto, di solidarieta' e di condivisione): avere punti di osservazione
che danno la visione nella pluralita' e sulla pluralita'.
Secondo questa ottica anche l'uomo-maschio vive un paradosso. Il suo essere
al centro, in quanto in possesso di autorita' e decisionalita', lungi da
renderlo capace di farsi interprete delle pluralita' dal suo punto di vista
privilegiato, lo fa essere fautore di uniformita', conformita',
omologazione. Il riconoscimento dell'alterita' viene meno.
Mettere sul tavolo tutte le differenze di vita e di tradizione e' allora
porsi sulla linea di frontiera che attraversa societa' e religioni: quella
linea che sta tra il prestabilito e il vissuto, tra l'istituzionale e la
liberta' di espressione. "La frontiera, dice la Navarro, e' luogo profetico
che evoca, convoca, provoca". La marginalita', aggiungo io, e' occasione di
sfida delle diversita', che significa sfida del cambiamento.
*
5. Il ruolo delle teologhe dell'Eswtr in un'Europa plurale
Le teologhe possono forse favorire una dinamica tra centro e margine. come
ponte che crea e costituisce interscambio.
Finisco con una metafora che forse puo' far meglio comprendere le dinamiche
tra centro e periferia, tra visibilita' del potere e invisibilita' degli
esclusi. Le madri argentine per anni hanno fatto cortei girando intorno ai
palazzi del potere di plaza de Mayo, reclamando almeno i corpi dei figli
desaparecidos. Quel movimento circolare intorno ai luoghi del potere, come a
mura di Gerico che si vuole che crollino, non e' stato un pellegrinaggio
rituale di conferma dell'ordine esistente (il centro), ma contestazione del
potere che uccide i figli, resistenza a un dolore non scelto, rifiuto della
morte violenta, affermazione, infine, della vita.
L'augurio e' che le teologhe possano essere testimoni, come quelle madri, di
un amore non solo mite e disarmato, ma anche capace di trasformare il
cammino umano: per restituire alle donne visibilita' e responsabilita'
all'interno di Chiese capaci di creare, di favorire e di sostenere relazioni
umane libere e rispettose di tutte le alterita', con le loro specificita' e
carismi.

4. TEOLOGIA E FEMMINISMO. CETTINA MILITELLO: ALTERITA', RICONOSCIMENTO,
ACCOGLIENZA
[Dal sito www.teologhe.org riprendiamo la relazione tenuta da Cettina
Militello al primo Convegno internazionale delle teologhe europee
organizzato dal Coordinamento teologhe italiane il 30 marzo e primo aprile
2006 a Roma. Su Cettina Militello dal sito www.teologhe.org riprendiamo la
seguente scheda: "Cettina Militello e' nata a Castellamare del Golfo (Tp) il
23 luglio 1945. Ha conseguito la laurea in filosofia presso l'Universita' di
Palermo nel 1968 e, presso la medesima, il Diploma di perfezionamento in
filosofia morale nel 1974. Nel 1975 ha conseguito l'abilitazione
all'insegnamento in scienze umane e storia. Ha conseguito la laurea in
teologia presso la Pontificia Universita' Gregoriana di Roma nel 1979. La
sua ricerca abbraccia l'ecclesiologia (e in essa la teologia del laicato e
la teologia della vita religiosa), la mariologia, l'ecumenismo, la questione
femminile, il rapporto tra architettura ecclesiologia e liturgia. Ha
insegnato ecclesiologia mariologia e teologia del laicato presso l'Istituto
San Giovanni Evangelista per la Sicilia Occidentale, poi Facolta' Teologica
di Sicilia, dal 1975 al 1989, in qualita' di docente stabile. Dal 1990
insegna a Roma, come docente "invitato": ecclesiologia e mariologia presso
la Pontificia Facolta' Teologica Marianum, antropologia ed escatologia
presso la Pontificia Facolta' Teologica Teresianum, ecclesiologia e liturgia
presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo, teologia della vita religiosa presso
l'Istituto Claretianum della Pontificia Universita' Lateranense. Dal
2002-2003 insegna quale docente invitato escatologia presso la Facolta'
Teologica dell'Italia Centrale ed e' direttrice, presso la Pontificia
Facolta' Teologica Marianum, della Cattedra "Donna e Cristianesimo". In
questi stessi anni ha iniziato la collaborazione con le Facolta' di
architettura di Palermo (2001) e di Roma (2002) nel contesto di corsi di
laurea e master afferenti l'architettura cultuale. Attualmente e' presidente
della Societa' Italiana per la Ricerca Teologica (Sirt), direttore
dell'Istituto "Costanza Scelfo" per i problemi dei laici e delle donne nella
Chiesa, Divisione della Sirt; socia ordinaria di diverse associazioni
teologiche (Ami, Apl, Ati, Afert); membro del direttivo della Pontificia
Accademia Mariologica Internazionale (Pami) e del gruppo teologico misto del
Sae. Ha pubblicato e curato diversi volumi. La sua collaborazione a volumi e
riviste assomma a piu' di cento titoli ed abbraccia gli ambiti di ricerca
gia' indicati. Tra i volumi propri: La concezione teologica del femminile
secondo Giovanni Crisostomo, Excerpta ex dissertatione ad Doctoratum in
Facultate Theologiae Pontificiae Universitatis Gregorianae, Palermo 1980;
Donna e Chiesa. La testimonianza di Giovanni Crisostomo, EdiOftes, Palermo
1986; E Dio li creo'... Coppie straordinarie nei primi tredici secoli del
cristianesimo (con C. Mazzucco e A. Valerio), Paoline, Milano 1990;
Ecclesiologia, Casale Monferrato 1991; Mariologia, Piemme, Casale Monferrato
1991; Donna in questione, Assisi 1992; Il volto femminile della storia,
Piemme, Casale Monferrato 1995 (tr. ted. 1997, Styria Verlag); Maria con
occhi di donna, Piemme, Casale Monferrato 1999; Nostra Donna coronata di
dodici stelle, Monfortane, Roma 1999; Il Giubileo e l'iniziazione cristiana,
San Paolo, Cinisello Balsamo 2000; La Chiesa. Il corpo crismato, Edb,
Bologna 2004]

In un muro adiacente la Cappella Palatina, nel Palazzo dei Normanni, a
Palermo, sta affissa una iscrizione trilingue, celebrativa dell'orologio
fatto costruire da re Ruggero nel 1142. Non si tratta della semplice
traduzione del medesimo testo in greco, latino ed arabo. Si tratta invece di
lasciare emergere, sia pure attraverso una epigrafe, la peculiarita' propria
a ciascuno dei popoli che abitano il regno normanno. La data, infatti, e'
per il greco, il latino e l'arabo quella propria al computo di ciascuno.
Puo' sembrarci paradossale questo scandire il tempo secondo le peculiarita'
della cultura bizantina, della cultura latina o della cultura araba - tanto
piu' che per ciascuna il computo ha una precisa valenza religiosa - ma
questa mi pare lezione ancora utile; di piu': necessaria per l'Europa.
Penso di poterlo dire proprio a partire dalla mia specifica contestualita'
culturale. Vengo da un'isola per antonomasia liminare, centro da sempre di
incontro tra il nord e il sud, tra l'est e l'ovest. L'isola del mito per
antonomasia. L'isola sulla quale si sono alternati popoli e culture -
indigeni, semiti, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, angioini,
aragonesi, borboni, piemontesi - tutti lasciando un loro prezioso dono. E se
il presente puo' apparirci non adeguato, resta tuttavia la fierezza d'aver
visto nascere la filosofia, e d'aver visto fiorire l'astronomia, la
matematica, la fisica... per non parlare dell'arte in tutte le sue forme, e
prima tra tutte la poesia.
In quest'isola trenta anni fa ho cominciato la mia avventura di docente di
teologia. E, malgrado me ne sia allontanata, posso testimoniare che a
tutt'oggi vi fiorisce un interessante gineceo teologico che, soprattutto a
livello biblico, veterotestamentario, sta producendo qualcosa di molto
intrigante.
Non voglio parlare di me, ovviamente; ne' voglio ingrandire il mio percorso.
Ma certo questo crogiolo, questo insieme di sedimentazioni sta dietro la mia
storia e le diverse iniziative che ho avuto la ventura di vivere, a
cominciare da quel primo colloquio, quello dell'85 a Palermo su "Donne:
studio, ricerca, insegnamento della teologia in Italia", qualche anno dopo
seguito da quello su "Donne a ministero: un problema ecumenico". Una
traiettoria in qualche modo conclusa con il Colloquio dell'98, a Roma, su
"Donne e teologia: bilancio di un secolo".
Ebbene, teologhe: in quale Europa?
Articolero' questo breve intervento provando innanzitutto a declinare il
termine "teologhe"; a seguire provero' a dire "in quale Europa".
*
1. Teologhe
La storia dell'approdo alla teologia delle donne in Italia e' nota. Non e'
dissimile a quella dell'approdo nelle altre nazioni. I tempi possono essere
leggermente diversi. Ma fatte alcune eccezioni legate al mondo evangelico,
nella maggior parte dei casi tutto si gioca tra gli anni '50 e '60.
Il nodo e' piuttosto quello del collocarsi, del nominarsi. Ma anche qui la
vicenda e' nota e non e' dissimile. Il termine femminismo, largamente
presente nei circoli cattolici tra la fine del secolo XIX e l'inizio del
secolo XX, venne percepito con sospetto e fu ed e' avversato. Bisogno'
inventarsi nominazioni alternative. In Italia fu per la sua parte
strumentale la locuzione "teologia al femminile", utilizzata anche per
accedere a un ascolto che l'etichetta femminista non ci avrebbe aperto.
Parlo di quelle prime che cominciarono a insegnare tra la fine degli anni
'70 e i primi anni '80. In ogni caso, una certa mediterraneita' di
adattamento, sapienza o buon senso - la si chiami pure come si vuole - ci
suggeri' (e ci suggerisce) di smussare le posizioni, di acquisire un piu'
pacifico diritto alla parola. Dico sempre, anche con il chador, purche' non
mi venga negato d'insegnare... Se tutto cio' abbia avuto senso, lo dira' la
storia. Certo, in Italia c'e' stata pure una militanza femminista, germinata
nel contesto delle chiese evangeliche o delle comunita' di base. E, man mano
che ci si e' spostati verso gli anni '90 il professarsi femministe ha posto
sempre meno problemi. Ed e' curioso che cio' sia avvenuto proprio quando
altrove si parlava di postfemminismo. Certo questa difficolta' a dirsi,
questa legittimita' o legittimazione del dirsi, rivelano la complessita' di
un problema, che e' culturale ed e' ecclesiale a un tempo.
Personalmente penso alla ministerialita' teologica come a un servizio
ecclesiale che, se esercitato dalle donne, deve traghettare la comunita'
ecclesiale verso paradigmi, modelli nuovi. Penso a una ministerialita'
profetica, non solo nel suo nativo legame alla parola, ma nella tensione
dichiarata a costruire la speranza, a progettare, a prodursi nella
elaborazione di modelli che sciolgano i nodi del presente. In questa linea
trovo straordinario il tema del congresso dell'Afert di Vico Equense:
"Diventare comunita' viventi".
Personalmente, poi, penso che per la sua parte il contributo piu' serio il
femminismo teologico italiano lo abbia prodotto nel suo mettere a tema
l'alterita' e la differenza. Ma su questo ritornero' piu' avanti. Avverto
solo dei contagi, neppure tanto sotterranei, tra femminismo filosofico,
teologico e politico.
*
2. In quale Europa?
L'Europa del "regno nel sole", quella del mito normanno, metteva insieme
nord e sud, est ed ovest. Lasciava a ciascuno la sua lingua, le sue leggi,
il suo credo religioso.
E' possibile riproporre questo modello? E' possibile pensare l'Europa come
luogo d'incontro di popoli diversi, di religioni diverse, di culture
diverse? E' possibile pensare a una convivenza che metta insieme autonomie
legittime e d'altra parte trovi una cittadinanza accomunata (pacificata) nel
diritti-doveri politici e civili?
Negli anni '90, sulla base di quanto preventivato dall'Onu, avevo avvertito
circa il parallelismo tra il IV-V secolo e il secolo XX- XXI.
Allora fini' indubbiamente una cultura, quella della Roma imperiale.
L'Europa fu attraversata da popoli nuovi. Nacque una cultura nuova, quella
legata ai popoli "barbari". A nulla valsero i valli, le barriere, gli
eserciti frapposti. Il bisogno di terra era inarrestabile. Non piu' di
quanto lo sia oggi. E dicendo terra dico ovviamente una condizione migliore
di vita, la speranza di una qualita' migliore di vita (sconfitta della
mortalita', migliore distribuzione delle risorse, forme di giustizia e di
governo piu' umane).
Allora, il mondo era frammentato. Le comunicazioni erano difficili. Oggi il
mondo e' globalizzato e proprio cio' rende ridicolo il tentativo di far
indietreggiare i milioni di uomini e donne che verranno ad abitare l'Europa,
disegnando di nuovo il suo volto; realizzando una nuova culturazione.
Penso dunque a un'Europa abitata da popolazioni e culture diverse; abitata
da uomini e donne che portano con se' l'eredita' di culture diverse; penso a
un'Europa nella quale la fede cristiana si trovera' fianco a fianco con
altre fedi. Penso a un'Europa nella quale i termini laico, secolare ecc. non
meno di postsecolare dovranno avere altra lettura, congrua alla mutata
situazione.
Come mettere insieme l'irrinunciabilita' dell'acquisito, la fatica nostra di
donne, il cammino faticoso di visibilita' e autorevolezza sul fronte
dell'autonomia generativa, dell'autonomia politica, o della soggettualita'
religiosa, a fronte degli scenari persino allarmanti di una Europa che
cambia? Come mettere insieme la rivendicazione delle identita' - diritto
nativo e irrinunciabile - con la necessaria elaborazione di un modello
sociale e  politico comune?
Personalmente credo possibile e produttiva la fatica dell'accoglienza
dell'altro e dell'altra. E credo alla fine che tutto si giochi nella
assunzione vera, nella metabolizzazione profonda di termini quali alterita',
differenza, accoglienza. Di piu', con termini a me cari, di reciprocita' e
sussidiarieta'.
Se un senso ha la tradizione giudaico-cristiana e' proprio quello dell'aver
elaborato - sia pure faticosamente, sia pure tra molti tentennamenti, anche
tragici - una cultura dell'alterita'.
Riconoscere l'altro e' riconoscersi. Accogliere l'altro e' accogliersi.
Accogliere l'altro e' riconoscere come dono la sua irriducibile identita',
la sua irriducibile differenza.
E' possibile declinare la realta' a venire multietnica, multiculturale,
multireligiosa nel segno del dono e dell'accoglienza? Credo proprio di si'.
Credo che sia questa la sfida che viene posta a noi credenti. Credo sia
questa la sfida posta a noi teologhe.
*
Il futuro, insomma, come un territorio di frontiera, dove perennemente ci si
incontra - e anche scontra - nel convincimento tuttavia che nessuno ha
diritti per prevalere sull'altro, ma al contrario che siamo "condannati" a
mutuamente accoglierci. Di piu': nel convincimento che essere cristiani e
cristiane comporta proprio tradurre, far propria questa sfida.
L'enciclica di Benedetto XVI, "Deus caritas est", ha offerto ai cattolici e
alle cattoliche spunti felici circa la necessaria corrispondenza tra l'amore
che costituisce la Chiesa nella sua identita' misterica e l'esercizio
dell'amore, la diaconia. Ne' sono mancate considerazioni  coraggiose circa
le difficolta' della comunita' credente nel leggere e corrispondere alle
mutazioni socio-culturali. Il papa scrive: "E' doveroso ammettere che i
rappresentanti della Chiesa hanno percepito solo lentamente il problema che
la giusta struttura della societa' si poneva in modo nuovo" (n. 27).
Ebbene oggi deve porsi in modo nuovo la questione della struttura delle
nostre societa'. Il modo nuovo non riguarda piu' soltanto la mutazione a
livello di strutture di produzione o di capitale. Il modo nuovo investe
quella che, forse, e' la piu' grande tra le mutazioni sin qui vissute. E a
viverla non saranno le singole nazioni che costituiscono il nostro
continente, ma tutta intera l'Europa, anzi l'Europa come soggetto politico e
culturale nuovo. Continuando la citazione: "La costruzione di un giusto
ordinamento sociale e statale, mediante il quale a ciascuno venga dato cio'
che gli spetta, e' un compito fondamentale che ogni generazione deve
nuovamente affrontare" (ivi, n. 28).
Credo sia inutile arroccarsi sulla difesa delle nostre identita' - sia
chiaro e' nostro diritto. La questione e' che non possiamo costringere gli
altri ad assumerle o a vivere come cittadini di seconda o terza classe nella
misura in cui non le condividono o non possono culturalmente condividerle.
Se e' vero che la secolarizzazione ha proprio nel cristianesimo stesso il
suo punto di partenza, occorre essere coerenti sino in fondo e prodursi
creativamente nell'elaborazione di una nuova cultura nella quale le
differenze appaiano come risorsa e non come minaccia.
Certo, non sara' facile. Ne' tutto ci e' chiaro. Ma come teologhe possiamo
inserirci in questo progetto culturalmente nuovo dell'Europa mettendo in
circolo sino in fondo quella risorsa di autonomia che ci viene dalla stessa
condizione cristiana. Non c'e' bisogno di ricorrere all'"etsi deus non
daretur". Una sana teologia non pensa altro soggetto della storia che gli
uomini e le donne nella loro autonomia.
Come donne, poi, abbiamo da prestare attenzione alla sapienza delle donne
che giungono da esperienze e culture diverse. Anche noi abbiamo qualcosa da
ricevere da loro.
In ogni caso e' insensato prodursi nel mantenere qualcosa che
necessariamente non puo' che mutare. La parola di Dio corre nella storia e
la storia e', per i credenti, nient'altro che risposta sempre nuova, sfida
sempre nuova. Sfida testimoniale, talora addirittura martiriale. Comunque
interamente posta nelle nostre mani.

==============================
LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
==============================
Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 78 del 18 giugno 2006

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