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La domenica della nonviolenza. 78
- Subject: La domenica della nonviolenza. 78
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 18 Jun 2006 11:19:09 +0200
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 78 del 18 giugno 2006 In questo numero: 1. Teologhe, in quale Europa? 2. Marinella Perroni: La memoria e la parola delle donne 3. Adriana Valerio: L'esperienza della "Societa' europea delle donne per la ricerca teologica" 4. Cettina Militello: Alterita', riconoscimento, accoglienza 1. INCONTRI. TEOLOGHE, IN QUALE EUROPA? Nei giorni 30 marzo e primo aprile 2006, il Coordinamento teologhe italiane (in sigla: Cti), con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comune di Roma e della Provincia di Roma, ha organizzato a Roma il primo convegno internazionale sul tema "Teologhe: in quale Europa?". Hanno partecipato centocinquanta teologhe di venti Paesi europei e di diverse tradizioni cristiane, con rappresentanze ebraiche e musulmane. Sara' pubblicato il fascicolo degli atti, ed e' disponibile anche la registrazione del convegno in formato CD-Rom. Nel sito www.teologhe.org (da cui riprendiamo i testi di seguito presentati) sono gia' stati pubblicati alcuni degli interventi sia nelle lingue originali che in traduzione italiana. 2. TEOLOGIA E FEMMINISMO. MARINELLA PERRONI: LA MEMORIA E LA PAROLA DELLE DONNE [Dal sito www.teologhe.org riprendiamo la relazione introduttiva tenuta da Marinella Perroni al primo Convegno internazionale delle teologhe europee organizzato dal Coordinamento teologhe italiane il 30 marzo e primo aprile 2006 a Roma. Marinella Perroni e' presidente del Coordinamento teologhe italiane; su di lei dal sito www.teologhe.org riprendiamo la seguente scheda: "Marinella Perroni e' nata a Roma il 9 dicembre 1947; e' dottore in filosofia e dottore in teologia; insegna Nuovo Testamento presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma... Dal 1989 e' coordinatrice dei corsi dello Studio teologico per le Benedettine italiane; dal 1992 al 1995 e' stata coordinatrice del settore teologico all'Institutio Familiaris di Roma; e' socia' dell'Abi (Associazione biblica italiana), fa aprte del comitato scientifico di Biblia, associazione laica di cultura biblica; dell'Aetc (Associazione europea per la teologia cattolica) e dell'Afert (Association Europeenne des Femmes pour la Recherche Theologique). Tra le pubblicazioni di Marinella Perroni: Il discepolato delle donne nel vangelo di Luca. Un contributo all'ecclesiologia neotestamentaria, in Pontificio Athenaeo S. Anselmi, Romae 1995; Beati i poveri in spirito, perche' di essi e' il regno dei cieli, Rimanete nel mio amore 1, Roma 1995; ha curato con Elmar Salmann, Patrimonium fidei. Traditionsgeschichtliches Verstehen am Ende? Festschrift Magnus Loehrer und Pius-Ramon Tragan, Studia Anselmiana 124, Roma 1997; con A. Grillo e P.-R. Tragan, Corso di teologia sacramentaria. 1. Metodi e prospettive; 2. I sacramenti della salvezza, Brescia 2000. Ha pubblicato molti saggi in volumi collettanei e in rivista. Tra i saggi in volumi di AA. VV. segnaliamo: "Le separazioni nell'annuncio della fede biblica", in S. Spinsanti, Le separazioni nella vita. Aspetti psicologici e spirituali, Assisi (Cittadella) 1985, pp. 58-71; "La dimensione creazionale del conflitto: riflessione biblico-teologica su Genesi 1-3", in M. T. Garutti Bellenzier, Donna-Uomo, la dimensione creativa del conflitto, Teramo (Demian) 1993, p. 112; "Rahab una prostituta sulle soglie della terra promessa", in Biblia, Giosue', l'eterno secondo, Firenze 1993, pp. 69-100; "La Parola di Dio e la storia delle donne", in Maria Grazia Fasoli, Gli specchi delle donne. Per una teologia femminile, Milano 1994, pp. 65-83; "Le donne di Sansone", in Biblia, Fortezza, tragedia e inganno: la donna all'epoca dei Giudici, Settimello 1994, pp. 63-87; "Cristo dice 'donna': la testimonianza del IV vangelo", in AA. VV., Le donne dicono Dio. Quale Dio dicono le donne? E Dio dice le donne?, Paoline, Milano 1995, pp. 100-122; "Il Cristo Maestro (Lc 10, 38-42). L'apoftegma di Marta e Maria: problemi di critica testuale", in Studia Anselmiana 115, Roma 1995, pp. 57-78; "L'annuncio pasquale alle/delle donne (Mc 16, 1-8): alle origini della tradizione kerygmatica", in Studia Anselmiana 124, Roma 1997, pp. 397-436; "Lettura femminista e lettura spirituale della Bibbia", in Istituto superiore di scienze religiose delle Venezie, Le prolusioni ai corsi degli anni accademici 1994-1996, Padova 1997, pp. 49-77; "Tra eros e sophia: l'universo femminile di Salomone", in Biblia, Atti del Seminario invernale, Settimello 1998, pp. 123-139; "Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono (Mt 11, 12s): Maria e il compiersi del regno", in E. Peretto, Maria nel mistero di Cristo pienezza del tempo e compimento del regno, Roma (Marianum) 1999, pp. 111-142; "Forme e modelli di profezia. Per una fondazione biblica", in C. Militello, Profezia. Modelli e forme nell'esperienza cristiana laicale, Padova 2000, pp. 2-14; "La tensione culto-comprensione: la teologia liturgico-sacramentale di Paolo", in A. Grillo, M. Perroni, P. R. Tragan, Corso di teologia sacramentaria, 1. Metodi e prospettive, Brescia 2000, pp. 227-257; "Beati i perseguitati per causa della giustizia, perche' di essi e' il regno dei cieli (Mt 5, 10)" in AA. VV, Conflitti, violenza, pace: sfida alle religioni, Milano 2001, pp. 215-223; "I persiani nella documentazione biblica: il libro di Ester" in Atti del convegno di Biblia, Settimello 2001, pp. 179-194; "Le donne e Maria madre di Gesu' in Luca", in G. Leonardi, F. G. B. Trolese, San Luca evangelista testimone della fede che unisce, Padova 2002, pp. 115-129; "Il battesimo di Gesu' (Mc 1, 9-11 e par)", in M. Laconi, Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli, Logos 5, Leumann (To), pp. 303-313. Segnaliamo, tra gli articoli: "Donne e teologia", in Testimonianze 213-214, 1979, pp. 213-223; "L'uomo 'via della Chiesa': riflessione sulla Redemptor hominis", in Testimonianze 215, 1979, pp. 369-373; "Donne: in quale Chiesa?", in Testimonianze, 219-220, 1979, pp. 740-748; "La parola di Dio si diffondeva", in Lievito nel mondo 2, 1984, pp. 4-11; "Mettere l'uomo al centro di se stesso. La conversione per le nuove generazioni", in Servitium 42, 1985, pp. 61-69; "Eucaristia e pace", in Responsabili 1, 1986, p. 6-10; "Missione e presenza", in Responsabili 1, 1987, pp. 6-8; "Il racconto di Emmaus", in Lievito nel mondo 1-2, 1987, pp. 6-10; "Maria di Nazaret. Storia non mito", in Servitium, 52, 1987, pp. 84-87; "Tradizione biblica e razzismo", in Esodo 1, 1988, pp. 17-21; "Il matrimonio nella Sacra Scrittura. Come non si deve leggere la Bibbia", in Matrimonio 2, 1988, pp. 3-10; "Le donne leggono il Vangelo", in Famiglia oggi 34, 1990, pp. 62-64; "Il peccato: limite o eccesso?", in Esodo 3, 1990, pp. 7-10; "Dalla loquacita' alla parola", in Servitium 70-71, 1990, pp. 138-142; "Tempi di vita. Studi e proposte per cambiare" in Famiglia oggi 51, 1991, p. 90; "Lettura femminile ed ermeneutica femminista del Nuovo Testamento: status quaestionis", in Rivista Biblica XLI, 1993, pp. 315-339; "Essere donna nella Chiesa oggi", in Credere Oggi 81, 1994, pp. 79-87; "Le molte altre", in Parole di vita 5, 1994, pp. 14-17; "Protagoniste della Chiesa delle origini. Le donne nel quarto vangelo", in Spirito e vita 89, 1995, pp. 436-440; "La questione femminile oggi" in Documento a cura di Cinquanta Docenti delle Universita' di Roma in vista di The Fourth Conference on Women 4-15 September 1995, Beuing, China; "Le donne nella e dalla rilettura della Bibbia: Itinerari di Ricerca 4" in Donna, Cultura, Religione e Psicanalisi, Milano 1994-95, pp. 34-38; "Una valutazione dell'esegesi femminista: verso un senso critico integrale", in Studia Patavina XLIII, 1996, pp. 67-92; "I primi discepoli (Mc 1, 16-20)", in Parole di Vita, Nuova Serie 1, 1996, pp. 15-20; "Lo spirito e il mondo", in DWF (DonnaWomanFemme) 30-31, 1996, pp. 4-14; "L'interpretazione biblica femminista tra ricerca sinottica ed ermeneutica politica: una rassegna di recenti opere di esegesi femminista", Rivista Biblica XLV, 1997, pp. 439-468; "L'autorita' della/nella Bibbia: l'apporto dell'esegesi femminista", in Credere oggi 18, 1998, pp. 97-109; "L'essere-corpo di Gesu'", in Servitium 120, 1999, pp. 43-530. "'E non chiamate nessuno padre sulla terra...' (Mt 23, 9): un monito per una Chiesa in crisi", in Parola Spirito e Vita 39, 1999, pp. 119-133; "Il limite: condanna o benedizione? La risposta della tradizione sapienziale biblica", in L'Arco di Giano 24, 2000, pp. 75-85; "Il lettore-esegeta: a servizio di una fede che cerca", in Annali di Studi Religiosi I/2000, pp. 341-353; "Il granello di senape e' il piu' piccolo (Mc 4, 30-32 e par)", in Presbyteri XXXVI, 2002, pp. 421- 432; "Donne e teologia: un nuovo umanesimo?", in Ricerche teologiche 13, 2002, pp. 15-30"] Care colleghe e cari colleghi, nella preghiera ebraica per la cerimonia dell'apposizione del nome a una bambina appena nata, dopo la recitazione di una formula presa dal Cantico dei Cantici (2, 14), vengono riprese le parole di Genesi 24, 60: "E benedissero Rebecca e le dissero: o sorella nostra possa tu divenir progenitrice di miriadi, e possa la tua discendenza possedere le citta' dei suoi avversari". Quindi si recita la benedizione dell'apposizione del nome insieme con l'invocazione del ricordo delle antiche matriarche e con l'augurio di pace e di felicita' per la neonata e i genitori. E' questo il motivo per cui ho voluto cominciare questo mio intervento introduttivo al primo Convegno internazionale delle teologhe europee organizzato dal Coordinamento teologhe italiane con le parole di saluto e di incoraggiamento di una decana della teologia europea, Eira Paunu, cioe' di una delle donne che hanno contribuito a scrivere la preistoria e la storia di questo convegno. In un tempo in cui tutti stiamo rischiando che ci venga negata la memoria, noi sappiamo molto bene, come donne e come teologhe, che la condizione per ogni discriminazione parte sempre dal trafugamento della memoria. E' il sottile gioco del totalitarismo dal volto mediatico, quello che si impone proprio attraverso l'occupazione della memoria e l'alienazione della memoria. In quanto teologhe cristiane, noi sappiamo molto bene che non puo' esistere teologia senza memoria perche' non puo' esistere fede senza memoria. In quanto donne, noi abbiamo intessuto per secoli la memoria con il soffio di parole pronunciate spesso solo nel segreto. Oggi, la nostra assunzione di parola autorevole nei diversi ambiti del sapere e del potere ci impone di intessere la memoria collettiva senza che nulla vada perduto della nostra storia. Il ricordo delle nostre "matriarche", insieme alla consapevolezza che se siamo oggi qui e' perche' altre prima di noi hanno creato le condizioni per cio' che noi viviamo oggi, scenda dunque su di noi come benedizione e ci dia quel nome che ci consente di assumere il nostro compito e di ricevere dagli altri il riconoscimento indispensabile per essere e per sentirsi vivi. * Dopo due anni dal suo primo convegno nazionale, il Coordinamento teologhe italiane si vede protagonista di un evento che nessuno di noi avrebbe osato pensare e sperare. Durante questo lungo periodo di preparazione ho spesso pensato alla similitudine del granello di senape che Gesu' ha utilizzato per evocare la dinamica del regno. Una dinamica storica, concreta, un'efficacia reale, non ideale. Senza voler cedere a sciocche quanto ingenue semplificazioni, e' vero che, come avviene per il piu' piccolo dei semi che fa nascere una grande pianta ombrosa e accogliente, cosi' e' avvenuto per noi in questa occasione. Un piccolo gruppo di persone si trova a dare vita a un evento che certamente lo supera. Siamo 150 partecipanti di 20 diversi paesi europei. Saremmo stati di piu', se non avessimo dovuto chiudere con largo anticipo le iscrizioni. Con dispiacere, abbiamo dovuto ammettere di non avere la forza organizzativa, ma soprattutto la forza economica, per sostenere un peso maggiore di questo. Con dispiacere, lo ripeto, perche' capivamo molto bene che lanciando questo convegno, avevamo intercettato un desiderio, un'esigenza, un bisogno molto diffuso. Nelle nostre chiese, ma anche nelle nostre societa'. Roma non e' una citta' qualsiasi. Per nessuno, tanto meno per persone colte e ancora meno per persone credenti. * Non a caso, abbiamo scelto come immagine-simbolo di questa nostra assemblea, un particolare del mosaico dell'arco trionfale di un'antica basilica romana, Santa Prassede, in cui l'apostolo Paolo presenta al Christus Thriumphans la martire Prassede. A seconda se vengono proposte da asettici storici dell'arte oppure da battagliere femministe americane le interpretazioni iconografiche, soprattutto del drappo che copre le mani di Prassede e delle altre martiri che gli apostoli presentano a Cristo, sono possibili o meno possibili, forse: si tratta semplicemente di un pezzo di stoffa con cui, secondo il cerimoniale imperiale della presentatio che fa da modello figurativo all'insieme, le donne dovevano velarsi le mani oppure e' addirittura un pallio che rimanderebbe a una funzione episcopale svolta da Prassede? Non intendo certo inoltrarmi in una simile questione che non mi compete. Vorrei soltanto sottolineare qualcosa che, dal mio punto di vista, ha una connotazione maggiormente decisiva. Prassede e' presentata a Cristo dall'apostolo Paolo come lo sono le altre martiri che con lei vengono integrate nel culto della chiesa di Roma. E' della chiesa fondata sugli apostoli che esse hanno fatto parte come e' della chiesa fondata sugli apostoli che noi facciamo parte e vogliamo fare parte, non di una chiesa parallela, non di una chiesa che, per via di esigenze congiunturali che alcuni sperano siano dovute solo a emergenze provvisorie, e' obbligata ad ammodernarsi. E' stata la plurisecolare marginalizzazione delle donne dalle chiese che ha segnato la discontinuita' dalla chiesa apostolica, non il contrario. Per il mondo, forse, l'ingresso delle donne negli ambiti ecclesiali piu' tradizionalmente maschili, come lo studio accademico della teologia, i compiti pastorali e alcune funzioni liturgiche, possono suonare fatti eccentrici, frutto di novita' di un tempo che sembra aver perso ogni remora. Certo non per noi, perche' una chiesa inclusiva altro non e' che una chiesa apostolica, fondata cioe' sulla predicazione e l'opera di Gesu' di Nazaret, sostenuta dalla sua morte e in cammino verso il compimento del tempo della sua risurrezione. Che, a quarant'anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, pero', la citta' di Roma e la chiesa che e' in questa citta', una citta' e una chiesa che hanno ospitato quell'evento cosi' salutare per la chiesa cattolica, ma anche per i rapporti tra le chiese e le altre fedi religiose, potessero cogliere uno dei frutti piu' significativi di quell'assise conciliare, nessuno lo avrebbe potuto supporre. * Certo, non si arriva qui d'emblee. Molte volte, in questi decenni, abbiamo potuto crescere insieme, nella consapevolezza di rappresentare, per la vita delle nostre chiese, una novita' di portata storica. Qui in Italia, grazie al lavoro coraggioso e lungimirante di Cettina Militello, per esempio, e di diverse altre, si sono intrecciate competenze disciplinari, si sono incontrati punti di vista scientifici, si sono intessute significative relazioni che ci hanno fatto maturare intellettualmente, esistenzialmente e religiosamente. Il convegno "Teologhe a Roma. Una lunga tradizione", che si e' svolto all'interno dei simposi universitari con cui il mondo accademico mondiale ha voluto partecipare al giubileo del 2000 e che ha visto gia' l'interesse e il concreto appoggio del Comune di Roma nella persona dell'assessora Daniela Monteforte, ha poi segnato una svolta e preparato la costituzione, nel 2003, del Coordinamento teologhe italiane. * Vicende analoghe hanno connotato in modo simile e al contempo diverso lo sviluppo della teologia femminista negli altri paesi europei. Ne e' espressione forte l'Association des Femmes Europeennes pour la Recherche theologique (Afert), in cui svolge il suo secondo mandato di presidente Adriana Valerio e che festeggera' tra poco piu' di un mese a Graz il suo ventesimo anno di vita. Ma ne sono espressione anche i notevoli passi in avanti che nei diversi paesi europei sta facendo l'impegno delle donne per recuperare spazi di pensiero e di insegnamento, di annuncio e di trasmissione della fede, di consolidamento e di sviluppo delle comunita' credenti. Un esempio per tutti: la nascita della Escuela feminista de teologia de Andalusia (in sigla: Efeta) che lancia in questi giorni la sua offerta accademica e si va cosi' a collocare accanto ad altre analoghe realta' presenti gia' da tempo in diversi paesi europei. Penso pero' anche alle mille iniziative che hanno fatto confluire l'interesse teologico delle donne non solo in occasioni di scambio ma, soprattutto, in possibilita' di intervento dentro e fuori le chiese. Penso poi all'interesse che, per esempio qui in Italia, le istituzioni civili stanno dimostrando per un dialogo con teologhe impegnate nei vari ambiti della vita culturale e religiosa. Oltre che come soggetto emergente dal punto di vista sociale, le donne credenti costituiscono, almeno nei nostri paesi europei, una risorsa di laicita' quanto mai significativa nel momento in cui la sfida multiculturale, multietnica e multireligiosa sta trasformando il volto delle nostre societa' civili. In un momento cosi' delicato e, al contempo, impegnativo per la crescita dell'Unione Europea, noi vogliamo interrogarci sul ruolo che la riflessione teologica puo' giocare per promuovere un fecondo intreccio tra liberta' religiosa e laicita'. Per secoli le donne hanno trasmesso la fede nell'istituzione familiare: sono preparate ormai per farlo anche all'interno delle altre istituzioni civili e religiose. * Ci troviamo qui dunque per mettere in circolo istanze, progetti, idee, perplessita', prospettive intorno al ruolo e all'incidenza che la riflessione teologica delle donne puo' avere sulla vita individuale e collettiva dell'Europa contemporanea. Per questo chiedo vivamente a tutte di intervenire nel dibattito e di apportare al discorso comune la ricchezza del proprio punto di vista. In modi diversi, tutte qui abbiamo fatto della teologia un elemento importante della nostra vita. Alcune in termini accademici, altre per esercitare un servizio pastorale, altre per un compito ministeriale, altre ancora per contribuire alla vita culturale. Sappiamo molto bene per esperienza, sia come studenti che come docenti, che se la teologia viene ridotta a un impegno curricolare indispensabile unicamente per l'accesso al ministero e non anima la vita pastorale e quella ministeriale delle chiese, o quando gli impegni pastorali e ministeriali impediscono di tenere desto l'interesse per la ricerca teologica, il pericolo della perdita tanto dell'istanza kerygmatica quanto della capacita' dialogica con il mondo diviene, per le chiese, molto forte. E sappiamo altrettanto bene che alla teologia va restituito uno dei suoi ruoli possibili all'interno dell'agora', quello di interlocutrice attenta delle istanze di trasformazione e di rinnovamento della vita collettiva. In un momento in cui dalla Gender medicine alla Gender Pedagogy stanno cambiando i connotati del pensiero umano, la teologia di genere non puo' essere piu' ritenuta una passione individuale ma deve essere assunta e coltivata come istanza ecclesiale e culturale. * Consentitemi, prima di terminare, un brevissimo accenno biografico. Nel 1972, cioe' trentaquattro ani fa, il decano della Facolta' teologica nella quale studiavo mi chiese di incontrare due giornaliste per un'intervista. Le domande che mi sono state poste erano volte, naturalmente, a chiarire i motivi della mia scelta. Non una parola e' stata detta, in quell'occasione, su un'eventuale mia pretesa di accedere all'ordinazione sacerdotale. Ne' io lo pensavo, ne' mi e' stata rivolta alcuna domanda in proposito. Pochi giorni dopo, la mia intervista e' uscita su un patinato giornale femminile sotto il titolo ad effetto: "Studiano per diventare le donne-prete di domani". Forse avverra' qualcosa di simile anche in questi giorni, e ancora una volta verra' messo in risalto che, almeno in Italia, tutto cio' che ha a che fare con chiesa e teologia viene ridotto unicamente al sacerdozio. Fa parte, purtroppo, di una certa incultura ecclesiale. Il tema del sacerdozio delle donne, invece, non e' nell'agenda del convegno. Certo, l'interesse che le parole di Benedetto XVI hanno suscitato nella stampa, soprattutto nazionale, non potra' consentire di non affrontarlo, e la presenza di teologhe ordinate nelle diverse chiese cristiane europee non potra' consentire di eluderlo. Non intendiamo pero' cadere nella trappola di considerarlo e di farlo considerare l'unica questione rilevante per la ricerca teologica femminista. Le parole del papa al riguardo mi sembrano significative. Conferma, da una parte, dell'impossibilita' di far accedere donne al sacerdozio, superamento, dall'altra, dell'esclusione delle donne dall'esercizio dell'autorita' nella Chiesa. Si tratta di una prospettiva teologicamente molto interessante che non puo' essere ridotta a poche battute ad effetto e che impegna, soprattutto noi teologhe, in quella che abbiamo sentito fin dall'inizio come una sfida importante: ripensare la ministerialita' della/nella chiesa in linea con i documenti e lo spirito del Vaticano II piuttosto che pretendere semplicemente di accedervi. * Con grande gioia e con un pizzico di emozione, ma soprattutto con un sincero e affettuoso ringraziamento a tutti coloro che hanno reso in infiniti modi possibile questo evento, vi do dunque il benvenuto e dichiaro aperti i lavori di questo nostro convegno di teologhe europee. 3. TEOLOGIA E FEMMINISMO. ADRIANA VALERIO: L'ESPERIENZA DELLA "SOCIETA' EUROPEA DELLE DONNE PER LA RICERCA TEOLOGICA" [Dal sito www.teologhe.org riprendiamo la relazione tenuta da Adriana Valerio al primo Convegno internazionale delle teologhe europee organizzato dal Coordinamento teologhe italiane il 30 marzo e primo aprile 2006 a Roma. Adriana Valerio (per contatti: avalerio at unina.it), teologa e storica, e' presidente dell'European Society of Women for Theological Research e presidente della Fondazione P. Valerio per la Storia delle Donne; e' da piu' di vent'anni impegnata nel reperire fonti e testimonianze per la ricostruzione della memoria delle donne nella storia del cristianesimo. Laureata in Storia e Filosofia e in Teologia (dopo aver conseguito la Licenza a Fribourg in Svizzera), lavora attualmente alla Federico II di Napoli (cattedra di Storia del Cristianesimo). Ha diretto per tre anni il "Centro Adelaide Pignatelli per la ricerca storico-religiosa delle donne" ed e' delegata Onu e affari internazionali per l'"Associazione Internazionale Giovanna d'Arco" per la difesa dei diritti della donna nella societa' e nella chiesa. Dirige dal 1990 la collana La Dracma su Donne e Cristianesimo preso la casa editrice D'Auria di Napoli. Tra le tante pubblicazioni: Cristianesimo al femminile (Napoli 1990), Domenica da Paradiso. Profezia e politica in una mistica del Rinascimento (Spoleto 1993), Donna potere e profezia (Napoli 1995), Savonarola. Fede e speranza di un profeta (Paoline, Milano 1998), Donne in viaggio (Bari-Roma 1999), I sermoni di Domenica da Paradiso (Firenze 1999), Donne e Religione a Napoli (con G. Galasso, Milano 2001), La Bibbia nell'interpretazione delle donne (con Claudio Leonardi, a cura di, Firenze 2002)] La "Societa' europea delle donne per la ricerca teologica", (European Society of Women in Theological Research, di qui in poi in sigla: Eswtr) della quale sono attualmente presidente, e' un'esperienza europea e plurale: comprende, infatti, circa 700 donne impegnate nella ricerca teologica e provenienti da molti paesi europei. Esattamente da Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lituania, Norvegia, Olanda, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Ucraina, Ungheria. Le donne dell'Associazione appartengono a diverse confessioni religiose: cattolica (con una significativa presenza di vecchio cattoliche), ortodossa, riformata (con le sue articolazioni: luterana, anglicana...). L'Eswtr e' una libera associazione fondata nel 1986 in Svizzera e nel prossimo mese di maggio (dal 10 al 13) in Austria, presso l'Universita' teologica di Graz, festeggeremo 20 anni. Siete tutti invitati: anche a nome della professoressa Irmtraud Fischer che ha organizzato il congresso internazionale (dal titolo "Teologia di donne per donne?"): sara' un'ulteriore occasione di incontro, ma anche un momento di festa per gli anni trascorsi insieme in un difficile cammino di convivenza tra donne, teologhe, appartenenti a diverse chiese e culture. L'intento dell'Associazione e' di favorire il dibattito teologico tra le donne dei diversi paesi europei, approfondendo tematiche ed elaborando prospettive di ricerca e di orientamento. Un Annuario dell'Associazione ("Journal of the Eswtr") raccoglie le riflessioni e gli studi delle iscritte, nelle tre lingue ufficiali (inglese, tedesco, francese). Gli ultimi due volumi (del 2004 e del 2005) sono stati dedicati rispettivamente alla teologia dei paesi dell'Est Europa e alla teologia di quelli del Sud Europa, normalmente meno conosciute alle studiose di matrice inglese e tedesca. Due bollettini l'anno (Newsletters) informano le iscritte circa le novita' dai singoli paesi. L'Eswtr e' dunque un crocevia di esperienze, di culture, di tradizioni: espressione di spiritualita' diverse, che rimandano non solo alle diverse chiese di appartenenza, ma anche ai contesti culturali (Occidente e Oriente; Nord e Sud) che caratterizzano l'Europa cristiana. Alcune riflessioni sull'esperienza di questi anni. * 1. L'Eswtr come esperienza viva La realta' dell'Eswtr e' estremamente ricca e preziosa per la molteplicita' di esperienze e di tradizioni che vi confluiscono: indice di una grande vivacita' intellettuale e della volonta', da parte delle donne, di rendersi presenti nell'ambito teologico. Ogni due anni si tiene un Congresso Internazionale in un paese membro e nel 2007, per la prima volta in 20 anni, si terra' in Italia, a Vico Equenze, il Meeting sul tema "Diventare comunita' viventi: nella famiglia, nella societa' e nella chiesa". Inoltre, per favorire lo scambio, l'Eswtr promuove incontri tematici tra i paesi dell'Est Europeo (ce ne sono stati in Lettonia, in Bulgaria; quest'anno si terra' a Praga). Emerge da questi incontri un gran bisogno per le studiose dell'Est di comunicare la loro tradizione spirituale e di acquisire metodologie di ricerca. Da parte delle "occidentali" c'e' una necessita' di comunicare conquiste, ma soprattutto di respirare e assimilare testimonianze di vita spirituale, di dimensione poetica, della quale e' ricca la storia orientale. Approcci differenziati e articolati che mettono in evidenza il valore delle riflessioni sulla fede (della teologia dunque) da parte delle donne: valore che non riusciamo ancora a potenziare a pieno, sia per le difficolta' dovute all'uso di lingue diverse, sia per la carenza di organicita' che il pensiero femminile e' costretto a percorrere, non sostenuto adeguatamente dalle istituzioni accademiche. E veniamo al secondo punto. * 2. L'Eswtr: un cammino difficile Nel Sud Europa, cattolico, in particolare in Italia e Spagna, vi e' una tradizionale separazione tra le Facolta' teologiche pontificie e le Facolta' statali che hanno accentuato il divario tra mondo laico e mondo religioso e, con esso, le diffidenze e le incomprensioni. Le donne, soprattutto, ne hanno subito i contraccolpi. Detto con altre parole: uno dei maggiori problemi che le teologhe di questi paesi incontrano sul loro percorso, e' costituito dal ritrovarsi inserite in una sorta di scissione fra gli studi portati avanti dalle Facolta' teologiche cattoliche piu' legate alla tradizione - all'interno delle quali le voci "laiche" stentano a trovare spazio -, e quelli delle Universita' statali, nelle quali, pur essendoci maggiore liberta' di espressione, l'insegnamento e la ricerca teologica non riescono, purtroppo, a farsi strada adeguatamente attraverso appositi corsi di studi. Anche le donne ortodosse dei paesi dell'Est incontrano non pochi problemi: ora si stanno affacciando agli studi teologici, tra non poche resistenze e diffidenze. Ne' le situazioni che vivono le donne protestanti (laiche, teologhe, pastore), cosi' come potrebbero apparire ad un occhio esterno e superficiale, rispondono sempre ai loro desideri di reale distribuzione di oneri e responsabilita' (la cosiddetta partnership). Dunque, pur nella varieta' delle situazioni e nella gradualita' dei problemi, posso evidenziare alcune difficolta' comuni alle donne teologhe europee, che riguardano il riconoscimento del loro studio e del loro impegno, l'integrazione delle loro attivita' negli studi accademici, la visibilita' del loro lavoro ecclesiale e pastorale. Tra le questioni di maggior rilevanza, ci sono non solo gli ostacoli frapposti dalle differenze linguistiche ma anche le difficili singole situazioni economiche e strutturali, che impediscono che la potenzialita' della ricerca teologica femminile possa essere messa in luce in tutte le sue sfaccettature. * 3. L'Eswtr come fenomeno iceberg Nonostante queste difficolta', la ricchezza e la molteplicita' delle esperienze e delle tradizioni europee che si rispecchiano nella nostra Associazione sono una realta' e, cosa ancor piu' importante, non si esauriscono in essa. L'Eswtr e', infatti, la punta di un iceberg: in Europa sono presenti gruppi, associazioni, centri di ricerca che testimoniano una vivace presenza di donne impegnate nel campo della teologia nei suoi molteplici aspetti: dalla dogmatica alla Scrittura, all'impegno pastorale, alla riflessione nel campo etico, liturgico... Manifestano vitalita' e creativita' sorprendenti a livello interdisciplinare, ma anche una straordinaria voglia delle donne di esserci, al di la' delle diversita'. Anzi, sono proprio le diversita' a indicare la ricchezza dei punti di osservazione. Non ci troviamo in presenza di un relativismo (inteso come indifferenza e qualunquismo), ma piuttosto in presenza di un pluralismo dialogante: in presenza di una possibile e feconda convivenza di valori che comporta apertura al confronto, in nome dell'esperienza sapiente, della ragione etica (e non assiomatica), della fede accogliente. E' in qualche modo il modello del filosofo Gadamer, di quella che lui chiama la "fusione di orizzonti" (un movimento nel quale cambiamo noi stessi nell'incontro con l'altro), come superamento di orizzonte universale e orizzonte chiuso che non riconoscono l'alterita' e la diversita'. La sfida davanti alla quale siamo in Europa non e' aderire tutti a un unico modello immutabile culturale, religioso, di genere (una reductio ad unum dove esiste un solo linguaggio, un solo pensiero...), ma piuttosto vivere in un realta' fuida che sappia accogliere e comprendere le diversita', cosicche' gli individui sono singolarita' che si definiscono non contrapponendosi ed escludendosi vicendevolmente, ma camminando insieme nella via della comune, ma anche personale "sequela Christi". * 4. Paradossi Ma le donne vivono un paradosso: a. sono ai margini (non nei luoghi della decisionalita'), e allo stesso tempo b. sono al centro (nel cuore dei problemi e della vita). Paradosso, questo, che si puo' superare se non lo si vive con atteggiamenti di vittimismo, ma come luogo privilegiato di incontro, di dialogo. L'essere al margine o, per usare una bella metafora di Mercedes Navarro Puerto, essere sulla frontiera, puo' significare recuperare spazi di liberta', di contatto, di solidarieta' e di condivisione): avere punti di osservazione che danno la visione nella pluralita' e sulla pluralita'. Secondo questa ottica anche l'uomo-maschio vive un paradosso. Il suo essere al centro, in quanto in possesso di autorita' e decisionalita', lungi da renderlo capace di farsi interprete delle pluralita' dal suo punto di vista privilegiato, lo fa essere fautore di uniformita', conformita', omologazione. Il riconoscimento dell'alterita' viene meno. Mettere sul tavolo tutte le differenze di vita e di tradizione e' allora porsi sulla linea di frontiera che attraversa societa' e religioni: quella linea che sta tra il prestabilito e il vissuto, tra l'istituzionale e la liberta' di espressione. "La frontiera, dice la Navarro, e' luogo profetico che evoca, convoca, provoca". La marginalita', aggiungo io, e' occasione di sfida delle diversita', che significa sfida del cambiamento. * 5. Il ruolo delle teologhe dell'Eswtr in un'Europa plurale Le teologhe possono forse favorire una dinamica tra centro e margine. come ponte che crea e costituisce interscambio. Finisco con una metafora che forse puo' far meglio comprendere le dinamiche tra centro e periferia, tra visibilita' del potere e invisibilita' degli esclusi. Le madri argentine per anni hanno fatto cortei girando intorno ai palazzi del potere di plaza de Mayo, reclamando almeno i corpi dei figli desaparecidos. Quel movimento circolare intorno ai luoghi del potere, come a mura di Gerico che si vuole che crollino, non e' stato un pellegrinaggio rituale di conferma dell'ordine esistente (il centro), ma contestazione del potere che uccide i figli, resistenza a un dolore non scelto, rifiuto della morte violenta, affermazione, infine, della vita. L'augurio e' che le teologhe possano essere testimoni, come quelle madri, di un amore non solo mite e disarmato, ma anche capace di trasformare il cammino umano: per restituire alle donne visibilita' e responsabilita' all'interno di Chiese capaci di creare, di favorire e di sostenere relazioni umane libere e rispettose di tutte le alterita', con le loro specificita' e carismi. 4. TEOLOGIA E FEMMINISMO. CETTINA MILITELLO: ALTERITA', RICONOSCIMENTO, ACCOGLIENZA [Dal sito www.teologhe.org riprendiamo la relazione tenuta da Cettina Militello al primo Convegno internazionale delle teologhe europee organizzato dal Coordinamento teologhe italiane il 30 marzo e primo aprile 2006 a Roma. Su Cettina Militello dal sito www.teologhe.org riprendiamo la seguente scheda: "Cettina Militello e' nata a Castellamare del Golfo (Tp) il 23 luglio 1945. Ha conseguito la laurea in filosofia presso l'Universita' di Palermo nel 1968 e, presso la medesima, il Diploma di perfezionamento in filosofia morale nel 1974. Nel 1975 ha conseguito l'abilitazione all'insegnamento in scienze umane e storia. Ha conseguito la laurea in teologia presso la Pontificia Universita' Gregoriana di Roma nel 1979. La sua ricerca abbraccia l'ecclesiologia (e in essa la teologia del laicato e la teologia della vita religiosa), la mariologia, l'ecumenismo, la questione femminile, il rapporto tra architettura ecclesiologia e liturgia. Ha insegnato ecclesiologia mariologia e teologia del laicato presso l'Istituto San Giovanni Evangelista per la Sicilia Occidentale, poi Facolta' Teologica di Sicilia, dal 1975 al 1989, in qualita' di docente stabile. Dal 1990 insegna a Roma, come docente "invitato": ecclesiologia e mariologia presso la Pontificia Facolta' Teologica Marianum, antropologia ed escatologia presso la Pontificia Facolta' Teologica Teresianum, ecclesiologia e liturgia presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo, teologia della vita religiosa presso l'Istituto Claretianum della Pontificia Universita' Lateranense. Dal 2002-2003 insegna quale docente invitato escatologia presso la Facolta' Teologica dell'Italia Centrale ed e' direttrice, presso la Pontificia Facolta' Teologica Marianum, della Cattedra "Donna e Cristianesimo". In questi stessi anni ha iniziato la collaborazione con le Facolta' di architettura di Palermo (2001) e di Roma (2002) nel contesto di corsi di laurea e master afferenti l'architettura cultuale. Attualmente e' presidente della Societa' Italiana per la Ricerca Teologica (Sirt), direttore dell'Istituto "Costanza Scelfo" per i problemi dei laici e delle donne nella Chiesa, Divisione della Sirt; socia ordinaria di diverse associazioni teologiche (Ami, Apl, Ati, Afert); membro del direttivo della Pontificia Accademia Mariologica Internazionale (Pami) e del gruppo teologico misto del Sae. Ha pubblicato e curato diversi volumi. La sua collaborazione a volumi e riviste assomma a piu' di cento titoli ed abbraccia gli ambiti di ricerca gia' indicati. Tra i volumi propri: La concezione teologica del femminile secondo Giovanni Crisostomo, Excerpta ex dissertatione ad Doctoratum in Facultate Theologiae Pontificiae Universitatis Gregorianae, Palermo 1980; Donna e Chiesa. La testimonianza di Giovanni Crisostomo, EdiOftes, Palermo 1986; E Dio li creo'... Coppie straordinarie nei primi tredici secoli del cristianesimo (con C. Mazzucco e A. Valerio), Paoline, Milano 1990; Ecclesiologia, Casale Monferrato 1991; Mariologia, Piemme, Casale Monferrato 1991; Donna in questione, Assisi 1992; Il volto femminile della storia, Piemme, Casale Monferrato 1995 (tr. ted. 1997, Styria Verlag); Maria con occhi di donna, Piemme, Casale Monferrato 1999; Nostra Donna coronata di dodici stelle, Monfortane, Roma 1999; Il Giubileo e l'iniziazione cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000; La Chiesa. Il corpo crismato, Edb, Bologna 2004] In un muro adiacente la Cappella Palatina, nel Palazzo dei Normanni, a Palermo, sta affissa una iscrizione trilingue, celebrativa dell'orologio fatto costruire da re Ruggero nel 1142. Non si tratta della semplice traduzione del medesimo testo in greco, latino ed arabo. Si tratta invece di lasciare emergere, sia pure attraverso una epigrafe, la peculiarita' propria a ciascuno dei popoli che abitano il regno normanno. La data, infatti, e' per il greco, il latino e l'arabo quella propria al computo di ciascuno. Puo' sembrarci paradossale questo scandire il tempo secondo le peculiarita' della cultura bizantina, della cultura latina o della cultura araba - tanto piu' che per ciascuna il computo ha una precisa valenza religiosa - ma questa mi pare lezione ancora utile; di piu': necessaria per l'Europa. Penso di poterlo dire proprio a partire dalla mia specifica contestualita' culturale. Vengo da un'isola per antonomasia liminare, centro da sempre di incontro tra il nord e il sud, tra l'est e l'ovest. L'isola del mito per antonomasia. L'isola sulla quale si sono alternati popoli e culture - indigeni, semiti, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, angioini, aragonesi, borboni, piemontesi - tutti lasciando un loro prezioso dono. E se il presente puo' apparirci non adeguato, resta tuttavia la fierezza d'aver visto nascere la filosofia, e d'aver visto fiorire l'astronomia, la matematica, la fisica... per non parlare dell'arte in tutte le sue forme, e prima tra tutte la poesia. In quest'isola trenta anni fa ho cominciato la mia avventura di docente di teologia. E, malgrado me ne sia allontanata, posso testimoniare che a tutt'oggi vi fiorisce un interessante gineceo teologico che, soprattutto a livello biblico, veterotestamentario, sta producendo qualcosa di molto intrigante. Non voglio parlare di me, ovviamente; ne' voglio ingrandire il mio percorso. Ma certo questo crogiolo, questo insieme di sedimentazioni sta dietro la mia storia e le diverse iniziative che ho avuto la ventura di vivere, a cominciare da quel primo colloquio, quello dell'85 a Palermo su "Donne: studio, ricerca, insegnamento della teologia in Italia", qualche anno dopo seguito da quello su "Donne a ministero: un problema ecumenico". Una traiettoria in qualche modo conclusa con il Colloquio dell'98, a Roma, su "Donne e teologia: bilancio di un secolo". Ebbene, teologhe: in quale Europa? Articolero' questo breve intervento provando innanzitutto a declinare il termine "teologhe"; a seguire provero' a dire "in quale Europa". * 1. Teologhe La storia dell'approdo alla teologia delle donne in Italia e' nota. Non e' dissimile a quella dell'approdo nelle altre nazioni. I tempi possono essere leggermente diversi. Ma fatte alcune eccezioni legate al mondo evangelico, nella maggior parte dei casi tutto si gioca tra gli anni '50 e '60. Il nodo e' piuttosto quello del collocarsi, del nominarsi. Ma anche qui la vicenda e' nota e non e' dissimile. Il termine femminismo, largamente presente nei circoli cattolici tra la fine del secolo XIX e l'inizio del secolo XX, venne percepito con sospetto e fu ed e' avversato. Bisogno' inventarsi nominazioni alternative. In Italia fu per la sua parte strumentale la locuzione "teologia al femminile", utilizzata anche per accedere a un ascolto che l'etichetta femminista non ci avrebbe aperto. Parlo di quelle prime che cominciarono a insegnare tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80. In ogni caso, una certa mediterraneita' di adattamento, sapienza o buon senso - la si chiami pure come si vuole - ci suggeri' (e ci suggerisce) di smussare le posizioni, di acquisire un piu' pacifico diritto alla parola. Dico sempre, anche con il chador, purche' non mi venga negato d'insegnare... Se tutto cio' abbia avuto senso, lo dira' la storia. Certo, in Italia c'e' stata pure una militanza femminista, germinata nel contesto delle chiese evangeliche o delle comunita' di base. E, man mano che ci si e' spostati verso gli anni '90 il professarsi femministe ha posto sempre meno problemi. Ed e' curioso che cio' sia avvenuto proprio quando altrove si parlava di postfemminismo. Certo questa difficolta' a dirsi, questa legittimita' o legittimazione del dirsi, rivelano la complessita' di un problema, che e' culturale ed e' ecclesiale a un tempo. Personalmente penso alla ministerialita' teologica come a un servizio ecclesiale che, se esercitato dalle donne, deve traghettare la comunita' ecclesiale verso paradigmi, modelli nuovi. Penso a una ministerialita' profetica, non solo nel suo nativo legame alla parola, ma nella tensione dichiarata a costruire la speranza, a progettare, a prodursi nella elaborazione di modelli che sciolgano i nodi del presente. In questa linea trovo straordinario il tema del congresso dell'Afert di Vico Equense: "Diventare comunita' viventi". Personalmente, poi, penso che per la sua parte il contributo piu' serio il femminismo teologico italiano lo abbia prodotto nel suo mettere a tema l'alterita' e la differenza. Ma su questo ritornero' piu' avanti. Avverto solo dei contagi, neppure tanto sotterranei, tra femminismo filosofico, teologico e politico. * 2. In quale Europa? L'Europa del "regno nel sole", quella del mito normanno, metteva insieme nord e sud, est ed ovest. Lasciava a ciascuno la sua lingua, le sue leggi, il suo credo religioso. E' possibile riproporre questo modello? E' possibile pensare l'Europa come luogo d'incontro di popoli diversi, di religioni diverse, di culture diverse? E' possibile pensare a una convivenza che metta insieme autonomie legittime e d'altra parte trovi una cittadinanza accomunata (pacificata) nel diritti-doveri politici e civili? Negli anni '90, sulla base di quanto preventivato dall'Onu, avevo avvertito circa il parallelismo tra il IV-V secolo e il secolo XX- XXI. Allora fini' indubbiamente una cultura, quella della Roma imperiale. L'Europa fu attraversata da popoli nuovi. Nacque una cultura nuova, quella legata ai popoli "barbari". A nulla valsero i valli, le barriere, gli eserciti frapposti. Il bisogno di terra era inarrestabile. Non piu' di quanto lo sia oggi. E dicendo terra dico ovviamente una condizione migliore di vita, la speranza di una qualita' migliore di vita (sconfitta della mortalita', migliore distribuzione delle risorse, forme di giustizia e di governo piu' umane). Allora, il mondo era frammentato. Le comunicazioni erano difficili. Oggi il mondo e' globalizzato e proprio cio' rende ridicolo il tentativo di far indietreggiare i milioni di uomini e donne che verranno ad abitare l'Europa, disegnando di nuovo il suo volto; realizzando una nuova culturazione. Penso dunque a un'Europa abitata da popolazioni e culture diverse; abitata da uomini e donne che portano con se' l'eredita' di culture diverse; penso a un'Europa nella quale la fede cristiana si trovera' fianco a fianco con altre fedi. Penso a un'Europa nella quale i termini laico, secolare ecc. non meno di postsecolare dovranno avere altra lettura, congrua alla mutata situazione. Come mettere insieme l'irrinunciabilita' dell'acquisito, la fatica nostra di donne, il cammino faticoso di visibilita' e autorevolezza sul fronte dell'autonomia generativa, dell'autonomia politica, o della soggettualita' religiosa, a fronte degli scenari persino allarmanti di una Europa che cambia? Come mettere insieme la rivendicazione delle identita' - diritto nativo e irrinunciabile - con la necessaria elaborazione di un modello sociale e politico comune? Personalmente credo possibile e produttiva la fatica dell'accoglienza dell'altro e dell'altra. E credo alla fine che tutto si giochi nella assunzione vera, nella metabolizzazione profonda di termini quali alterita', differenza, accoglienza. Di piu', con termini a me cari, di reciprocita' e sussidiarieta'. Se un senso ha la tradizione giudaico-cristiana e' proprio quello dell'aver elaborato - sia pure faticosamente, sia pure tra molti tentennamenti, anche tragici - una cultura dell'alterita'. Riconoscere l'altro e' riconoscersi. Accogliere l'altro e' accogliersi. Accogliere l'altro e' riconoscere come dono la sua irriducibile identita', la sua irriducibile differenza. E' possibile declinare la realta' a venire multietnica, multiculturale, multireligiosa nel segno del dono e dell'accoglienza? Credo proprio di si'. Credo che sia questa la sfida che viene posta a noi credenti. Credo sia questa la sfida posta a noi teologhe. * Il futuro, insomma, come un territorio di frontiera, dove perennemente ci si incontra - e anche scontra - nel convincimento tuttavia che nessuno ha diritti per prevalere sull'altro, ma al contrario che siamo "condannati" a mutuamente accoglierci. Di piu': nel convincimento che essere cristiani e cristiane comporta proprio tradurre, far propria questa sfida. L'enciclica di Benedetto XVI, "Deus caritas est", ha offerto ai cattolici e alle cattoliche spunti felici circa la necessaria corrispondenza tra l'amore che costituisce la Chiesa nella sua identita' misterica e l'esercizio dell'amore, la diaconia. Ne' sono mancate considerazioni coraggiose circa le difficolta' della comunita' credente nel leggere e corrispondere alle mutazioni socio-culturali. Il papa scrive: "E' doveroso ammettere che i rappresentanti della Chiesa hanno percepito solo lentamente il problema che la giusta struttura della societa' si poneva in modo nuovo" (n. 27). Ebbene oggi deve porsi in modo nuovo la questione della struttura delle nostre societa'. Il modo nuovo non riguarda piu' soltanto la mutazione a livello di strutture di produzione o di capitale. Il modo nuovo investe quella che, forse, e' la piu' grande tra le mutazioni sin qui vissute. E a viverla non saranno le singole nazioni che costituiscono il nostro continente, ma tutta intera l'Europa, anzi l'Europa come soggetto politico e culturale nuovo. Continuando la citazione: "La costruzione di un giusto ordinamento sociale e statale, mediante il quale a ciascuno venga dato cio' che gli spetta, e' un compito fondamentale che ogni generazione deve nuovamente affrontare" (ivi, n. 28). Credo sia inutile arroccarsi sulla difesa delle nostre identita' - sia chiaro e' nostro diritto. La questione e' che non possiamo costringere gli altri ad assumerle o a vivere come cittadini di seconda o terza classe nella misura in cui non le condividono o non possono culturalmente condividerle. Se e' vero che la secolarizzazione ha proprio nel cristianesimo stesso il suo punto di partenza, occorre essere coerenti sino in fondo e prodursi creativamente nell'elaborazione di una nuova cultura nella quale le differenze appaiano come risorsa e non come minaccia. Certo, non sara' facile. Ne' tutto ci e' chiaro. Ma come teologhe possiamo inserirci in questo progetto culturalmente nuovo dell'Europa mettendo in circolo sino in fondo quella risorsa di autonomia che ci viene dalla stessa condizione cristiana. Non c'e' bisogno di ricorrere all'"etsi deus non daretur". Una sana teologia non pensa altro soggetto della storia che gli uomini e le donne nella loro autonomia. Come donne, poi, abbiamo da prestare attenzione alla sapienza delle donne che giungono da esperienze e culture diverse. Anche noi abbiamo qualcosa da ricevere da loro. In ogni caso e' insensato prodursi nel mantenere qualcosa che necessariamente non puo' che mutare. La parola di Dio corre nella storia e la storia e', per i credenti, nient'altro che risposta sempre nuova, sfida sempre nuova. Sfida testimoniale, talora addirittura martiriale. Comunque interamente posta nelle nostre mani. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 78 del 18 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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