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La nonviolenza e' in cammino. 1326
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1326
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 14 Jun 2006 00:10:27 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1326 del 14 giugno 2006 Sommario di questo numero: 1. No al colpo di stato 2. Laurent Duvillier intervista Ndioro Ndiaye 3. Norberto Bobbio ricorda Guido Calogero 4. Sonia Vazzano presenta "Il legame segreto. La liberta' in Hannah Arendt" a cura di Sante Maletta 5. Ristampe: Francesco Petrarca, Canzoniere 6. Ristampe: Arthur Rimbaud, Opere 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. NO AL COLPO DI STATO Proviamo a dirlo nel modo piu' semplice e breve. Al referendum del 25-26 giugno voteremo no alla cosiddetta riforma costituzionale berlusconiana, poiche' essa configura un colpo di stato che distrugge nei suoi fondamenti l'ordinamento giuridico democratico italiano, con cio' distruggendo fondamentali diritti, fondamentali garanzie, fondamentali doveri, fondamentali liberta'. Noi voteremo no al colpo di stato, noi voteremo no alla barbarie. 2. MONDO. LAURENT DUVILLIER INTERVISTA NDIORO NDIAYE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista. Laurent Duvillier e' addetto alle comunicazioni dell'Instraw, l'Istituto delle Nazioni Unite per la formazione e la promozione delle donne. Ndioro Ndiaye e' vicedirettrice generale dell'Organizzazione internazionale per l'immigrazione (Oii)] - Laurent Duvillier: A livello internazionale, i flussi migratori si stanno sempre piu' femminilizzando. Questo significa solo che piu' donne stanno lasciando i propri paesi d'origine, o anche che stanno contribuendo maggiormente allo sviluppo economico di tali paesi? - Ndioro Ndiaye: Secondo i nostri ultimi rapporti ci sono fra i 175 e i 180 milioni di migranti in tutto il mondo, ed e' generalmente riconosciuto il fatto che meta' di questa cifra e' composta da donne. C'e' pero' in effetti qualcosa di nuovo nel fenomeno migratorio. Per lungo tempo si e' creduto che spettasse agli uomini partire e cercare lavoro e, una volta che essi avevano stabilito le loro basi, le donne li raggiungevano, ed assumevano responsabilita' rispetto alla riproduzione e all'educazione dei bambini. Oggi, il flusso migratorio tende a seguire un altro schema: le donne escono dai paesi d'origine per conto proprio, sono piu' visibili e si muovono in modo piu' libero ed indipendente. Inoltre, lo status che le donne acquisiscono dopo la migrazione ha creato un valore aggiunto nel campo della gestione dell'immigrazione: se vi riescono, se sono istruite, le donne contribuiscono al benessere del paese in cui si trovano cosi' come al benessere del paese da cui provengono. Se non hanno istruzione, rischiano di cadere nelle reti dei trafficanti. Questo e' il fenomeno che chiamiamo "traffico di esseri umani" e contro il quale tutti dobbiamo lottare. Non smettero' mai di ripetere che i paesi che ricevono i migranti devono fare affidamento sulle donne, se vogliono introdurre cambiamenti nelle loro politiche volte all'integrazione. Nel campo dell'istruzione, ad esempio, le donne giocano un ruolo fondamentale e possono essere un appropriato veicolo per il cambiamento nei paesi che le ospitano. * - Laurent Duvillier: I migranti vengono spesso descritti senza alcun riferimento al sesso, e la migrazione come fenomeno "neutro" rispetto al genere. Al contrario, l'Organizzazione internazionale per l'immigrazione ed Instraw hanno la convinzione che sia importante dar conto delle differenze fra uomini e donne che migrano. Quali azioni specifiche avete intrapreso a favore delle donne? - Ndioro Ndiaye: L'Oii attiva da lungo tempo nel cercare di rendere visibile il contributo delle donne migranti. Il nostro gruppo di lavoro sul genere e' composto da piu' di ottanta "punti" sparsi in tutto il mondo. Nella maggioranza dei nostri uffici c'e' una persona che ha lo speciale incarico di introdurre le politiche di genere nella programmazione e nelle attivita' "sul campo". In quest'ultimo contesto vi sono ovviamente casi differenti, e percio' molteplici livelli di intervento che usualmente dipendono dalle donne presenti nel luogo specifico. Generalmente, ci viene chiesto di intervenire in situazioni di conflitto o post conflitto. Per quanto riguarda i rifugiati e i profughi, lavoriamo in collaborazione con le agenzie dell'Onu, come l'Alto Commissariato per i Rifugiati, l'Unicef, o l'Organizzazione mondiale della sanita', di modo che le donne possano ricevere l'attenzione che chiedono. Sviluppiamo campagne di informazione, per fornire alle donne maggiori conoscenze: diamo loro anche attrezzatura ed equipaggiamento, cosi' che possano migliorare la loro salute ed il loro ambiente. Rispetto invece alle professioniste che lasciano volontariamente i loro paesi d'origine, esse domandano accesso ad impieghi decenti e salari adeguati, e di poter vivere con il loro salario nel paese che le ospita. Un'altra delle loro richieste e' di poter contribuire allo sviluppo di entrambi i paesi, mandando denaro alle loro famiglie, e associandosi con persone locali per creare lavoro o attivita' produttrici di reddito non solo per se stesse. Questi sono fattori nuovi, ed hanno richiesto nuovi approcci all'Oii. * - Laurent Duvillier: Negli ultimi anni, le rimesse di denaro inviate dai migranti in tutto il mondo sono costantemente cresciute. In paesi come le Filippine, spesso le famiglie incoraggiano le donne a migrare, piuttosto degli uomini, perche' le donne tendono a mandare soldi a casa piu' frequentemente. Si tratta di un fenomeno locale, o e' una tendenza diffusa? - Ndioro Ndiaye: Si tratta di una tendenza generale. L'importo spedito da una donna in una singola occasione puo' essere minore di quello inviato da un uomo, ma poiche' le donne inviano rimesse piu' spesso, il volume del loro contributo tende ad essere molto piu' sostanzioso. Rispetto all'aumento delle rimesse, noi dell'Oii siamo molto preoccupati di cosa ne pensano i vari stati. Nello scorso febbraio abbiamo organizzato una conferenza sulle rimesse provenienti da migranti originari dei paesi "meno sviluppati", in collaborazione con i governi di tali paesi e l'Onu. In Benin, per la prima volta, esperti di ministeri economici e finanziari e funzionari governativi di questi paesi si sono incontrati per scambiare punti di vista e discutere con la Banca Mondiale, l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo, la Banca africana per lo sviluppo, eccetera. Rispetto alla controversia che c'e' sulla natura privata di questi fondi, l'Oii e' completamente d'accordo sul fatto che le rimesse non possono essere un'alternativa all'assistenza allo sviluppo. D'altra parte, vogliamo andare oltre questa contrapposizione. Dovremmo trovare le sinergie che possono essere stabilite tra l'assistenza allo sviluppo ed il flusso finanziario generato dai migranti nei paesi meno sviluppati. Dovremmo anche riflettere su come canalizzare il denaro sugli sforzi positivi compiuti dai paesi d'origine dei migranti, e su come i migranti stessi possano essere considerati investitori o finanziatori. * - Laurent Duvillier: Non c'e' dubbio che qualche miliardo di dollari l'anno inviato dai migranti ai paesi d'origine abbia migliorato il benessere di molte famiglie. Tuttavia, in che modo queste rimesse possono diventare uno strumento per uno sviluppo sostenibile a favore dell'intera popolazione? - Ndioro Ndiaye: Abbiamo gia' esempi concreti di questa possibilita'. L'Oii ha osservato cio' che e' accaduto in Messico. Durante l'incontro di febbraio, questo paese ci ha informati dell'iniziativa "uno per tre". Si tratta di un programma per cui, per ogni dollaro che viene inviato ad esso da un migrante, il governo federale ne aggiunge un secondo, ed il governo locale un terzo. Assieme, questi tre dollari vengono investiti in un progetto di sviluppo di cui beneficiano tutti. Vi sono programmi simili anche altrove, ma quello del Messico e' risultato il piu' convincente. In Guatemala, i rappresentanti dell'Oii hanno aiutato a dare inizio ad un programma di ristrutturazione per le abitazioni, in cui i migranti hanno potuto contribuire alla creazione di case decenti e sane per le loro famiglie, depositando i loro fondi in un sistema creato appositamente. Sta funzionando molto bene. Queste azioni possono essere intraprese ovunque, se i migranti sanno che possono migliorare le condizioni di vita di tutte le persone che hanno lasciato nel loro paese, anche quando il denaro non va esclusivamente ai membri delle loro famiglie. 3. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO RICORDA GUIDO CALOGERO [Dal quotidiano "La stampa" del 21 dicembre 2001. Il testo era ivi preceduto dalla seguente breve nota redazionale: "Il testo inedito di Norberto Bobbio che pubblichiamo in versione quasi integrale e' stato scritto per la riedizione del saggio di Guido Calogero Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo, apparso la prima volta nel 1968 e ora riproposto da Diabasis (pagine 148, lire 30.000). La riedizione e' curata dal giovane studioso Thomas Casadei, autore di un'ampia introduzione (Le radici della democrazia possibile). Il contributo di Bobbio (dal titolo "Il piu' giovane dei miei maestri") e' stato raccolto dallo stesso Casadei (lo scorso febbraio) e rivisto, dopo la trascrizione, dal professore. Nato nel 1904, morto nel 1986, Calogero ha sviluppato l'attualismo di Gentile in prospettiva etica. E' stato un grande amico di Bobbio, come documenta il loro epistolario. Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo e' il suo libro piu' noto, in cui analizza i rapporti che si stabiliscono fra democrazia, politica e i diritti dell'uomo". Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909 ed e' deceduto nel 2004, antifascista, filosofo della politica e del diritto, autore di opere fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace, e' stato uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani del XX secolo. Opere di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico, morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli, Firenze. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso Einaudi, Torino. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi, Torino 1990. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Bologna, varie riedizioni; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la lettura di Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1977; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti, Milano 1990; Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma 2000; AA. VV., Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza, Roma-Bari 2005; AA. VV., Norberto Bobbio maestro di democrazia e di liberta', Cittadella, Assisi 2005; AA. VV., Lezioni Bobbio, Einaudi, Torino 2006. Per la bibliografia di e su Norberto Bobbio uno strumento di lavoro utilissimo e' il sito del Centro studi Piero Gobetti (www.erasmo.it/gobetti). Guido Calogero, figura illustre della cultura e della vita civile italiana del Novecento, nato a Roma nel 1904, filosofo, antifascista, organizzatore del movimento liberalsocialista e del Partito d'Azione, e' scomparso nel 1986. Tra le opere di Guido Calogero segnaliamo particolarmente La scuola dell'uomo, Sansoni, Firenze 1939; Lezioni di filosofia, Einaudi, Torino 1946-1948; Filosofia del dialogo, Comunita', Milano 1962, 1977; Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1968, poi Diabasis, Reggio Emilia 2001. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it] Il ricordo che ho di Calogero e' quello di una bella amicizia, ma prima di tutto di una profonda, straordinaria, ammirazione: di quell'ammirazione che si prova di fronte ad un maestro. Mi viene subito alla mente quel disegno di Renato Guttuso che documenta anche il mio ingresso nell'antifascismo attivo, era il 1939. Prima a Camerino, dove dal 1935 ero docente di filosofia del diritto, poi a Siena, dove insegnavo, dopo aver vinto il concorso, dalla fine del 1938, avevo iniziato a frequentare le riunioni del movimento liberalsocialista, animato da Calogero e da Aldo Capitini. Il disegno di Guttuso, allora giovane e promettente pittore, rappresenta la testimonianza di una di queste riunioni: siamo raffigurati io, Umberto Morra (proprietario della villa presso Cortona dove spesso si tenevano le nostre riunioni e che ci presento' lo stesso Guttuso), Cesare Luporini (che poi divenne comunista), Capitini e, appunto, Calogero con il dito alzato. Entrambi tengono un libro in mano: su quello di Calogero si legge Liberalismo sociale, su quello di Capitini Nonviolenza. Dell'artefice del disegno si vede la nuca. La prima volta che vidi Calogero fu nel 1933, a Roma, ad un congresso hegeliano. Presiedeva Giovanni Gentile, che tenne il discorso d'apertura, Calogero era fra i relatori ed io ero fra il pubblico. Mi impressionarono la sua bravura, la sua intelligenza, il suo sguardo. Eravamo entrambi molto giovani (io avevo ventiquattro anni, lui era di soli cinque anni piu' grande di me), ma rimasi stupito dalla sua maturita': era giovane d'eta', ma sembrava un uomo gia' arrivato. Questo aspetto destava grande e profonda ammirazione in noi aspiranti studiosi. Calogero aveva un viso aperto e i suoi occhi esprimevano, per cosi' dire, quella volonta' di discussione che ne faceva un maestro del dialogo. Non e' un caso che i ragazzi della Federazione giovanile del Partito d'Azione si rivolgessero a lui per farsi chiarire la struttura e il senso delle principa li regole della discussione democratica, per essere educati alla procedura, nella fase in cui la dittatura fascista sembrava realmente potersi sostituire con un nuovo ordine. I diversi interventi apparvero, in un primo momento, su quello che era il giornale del Partito d'Azione, "L'Italia libera". Calogero era dunque per noi piu' giovani un simbolo, un esempio da ammirare e possibilmente da seguire. Era diventato professore universitario molto presto. Oltre che essere di una intelligenza precoce aveva una grande capacita' di apprendere: si era dedicato alla filosofia, ma avrebbe potuto insegnare lettere classiche; oltre al latino, sapeva benissimo il greco, lo leggeva perfettamente: del resto fu traduttore di opere come il Simposio e il Critone. Dimostrava una straordinaria facilita' di apprendimento: oltre al greco, conosceva in modo approfondito il tedesco e sapeva anche l'inglese. Non so quando l'avesse studiato, ma lo parlava correntemente, tanto che nel 1950 fu chiamato a dirigere l'Istituto italiano di cultura a Londra. Era un uomo di un'intelligenza estremamente rapida. Comincio' prestissimo a scrivere: poesie, recensioni, apparse queste ultime sul "Giornale critico della filosofia italiana" diretto da Gentile. Compose la sua prima opera molto giovane, nel 1927, a ventitre' anni: i Fondamenti della logica aristotelica, che ampliava e rielaborava la sua tesi di laurea (discussa nel 1925); ma il suo primo scritto risale a qualche anno prima, al 1923, ed era dedicato a Pindaro, l'autore al quale Calogero, giovane studente di filologia classica presso l'Universita' di Roma, pensava di dedicare la tesi; questo prima di conoscere Gentile e dedicarsi agli studi filosofici. Dimostrava una precocita' fuori dal comune nell'imparare le cose difficili, la logica, le lingue straniere, antiche e moderne. Tutto questo ci affascinava e ce lo faceva vedere, appunto, come un maestro. La sua sfortuna fu che cosi' come aveva iniziato molto giovane fini' il suo cammino di studioso non vecchio: ricordo benissimo quando la sua intelligenza comincio' a deperire, a degenerare. Mi vengono alla mente i colloqui che ebbi con sua moglie, Maria Comandini, e il racconto delle sue difficolta'. I suoi ultimi libri risalgono alla fine degli anni Sessanta, per quanto poi continuasse a scrivere su periodici, riviste e quotidiani. Gli anni precedenti alla sua scomparsa furono terribili, si era appannata la sua intelligenza. * L'incontro con Capitini A quel periodo risale anche la mia conoscenza dell'altro ispiratore del liberalsocialismo: Aldo Capitini. Prima di insegnare a Siena, come accennato, ero professore a Camerino. E ricordo di essere andato a trovarlo a Perugia, nel momento in cui stava per pubblicare il libro che lo rese noto, Elementi di un'esperienza religiosa, che e' del 1937, mentre il libro di Calogero, altrettanto fondamentale per la mia generazione, La scuola dell'uomo, e' del 1939. Questi sono i due libri che rappresentano come dire un precorrimento, una specie di anticipazione, di quella che era la lotta politica antifascista clandestina, che pero' si manifestava, nelle opere scritte, con molta cautela come dimostra il titolo del libro di Capitini, che in realta' celava una trattazione strettamente politica. Capitini e Calogero furono due figure assolutamente centrali per la mia formazione e per il mio ingresso nell'antifascismo attivo. E tuttavia erano personaggi molto diversi fra loro. Si possono individuare due fasi del loro rapporto. Dapprima c'e' un dialogo legato al liberalsocialismo, che sta a cavallo fra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Quaranta. In estrema sintesi, mentre il liberalsocialismo di Capitini era di evidente orientamento social-religioso e non soltanto politico, quello di Calogero si caratterizzava per l'approccio giuridico. C'e' poi una seconda fase di scambio fra i due, a meta' degli anni Sessanta, poco prima della morte di Capitini (che avviene nel 1968), che riguarda la filosofia del dialogo. Sulle riviste "Azione nonviolenta" (diretta da Capitini) e "La Cultura" (diretta da Calogero) uscirono articoli dell'uno e dell'altro sulla nonviolenza, il dialogo e l'"apertura", in cui i due affrontavano queste tematiche: l'uno, Capitini, partendo da un profondo senso religioso, l'altro, Calogero, da un forte afflato morale di matrice laica, che gia' in La scuola dell'uomo trova una testimonianza esemplare. Il problema centrale, comunque, nel quadro dei rapporti fra i due, e' quello della nonviolenza. Calogero aveva una mentalita' giuridica che Capitini certamente non aveva e questo portava il primo a sostenere (cosa che anch'io ho sempre pensato) che la nonviolenza finirebbe per essere una teoria disarmata, inefficace, senza il diritto. Come ho sottolineato in molti scritti, il diritto senza forza non si da', come sanno tutti quelli che hanno studiato giurisprudenza, il diritto senza la possibilita' della sanzione, che operi qualora si verifichi la violazione delle norme, non esiste. Calogero e Capitini avevano senz'altro qualcosa in comune sul piano intellettuale, legato alla formazione idealistica, all'insegnamento di Croce e Gentile, da cui poi entrambi si distaccarono. Calogero era un idealista immanentista, la sua filosofia derivava da quella che era allora la filosofia dominante in Italia. Ma sulla questione del diritto e della nonviolenza le loro posizioni erano senz'altro diverse, e alcuni passaggi del saggio I diritti dell'uomo e la natura della politica, contenuto in questa raccolta, ne sono una chiara dimostrazione. * Il modello Inghilterra Un altro punto su cui mi preme soffermarmi e' il suo modo di intendere il socialismo. La sua simpatia per questa prospettiva culturale e politica va senz'altro attribuita alla sua ammirazione per l'Inghilterra e per il laburismo. Naturalmente bisognerebbe anche rivedere il suo libro sul marxismo, Il metodo dell'economia e il marxismo, che a suo tempo ebbe una certa fortuna tra coloro che si stavano avviando sulla strada dell'antifascismo. Sarebbe una buona occasione, fra l'altro, per richiamare l'attenzione su un testo ormai dimenticato e che pure presenta, ancora oggi, qualche interesse rispetto al dibattito continuato e sempre attuale sulla storia del marxismo. Le istanze socialiste di Calogero si raccolgono attorno all'idea di una societa' giusta fondata sul dialogo e la reciprocita', su un'idea di democrazia come colloquio integrale perche' tutti devono avere il diritto-dovere di prendervi parte. Scrive per esempio Calogero in L'abbicci' della democrazia: "L'unita' della democrazia e' l'unita' degli uomini che, per qualunque motivo, sentono questo dovere di capirsi a vicenda e di tenere reciprocamente conto delle proprie opinioni e delle proprie preferenze". E' un modo singolare e originale di definire la democrazia. Quando si parla di democrazia s'intende, primariamente, la partecipazione al potere, richiamando una nozione di potere dal basso. * L'uguaglianza e' liberta' Calogero fa riferimento al rapporto fra gli individui, alla relazione dialogica, alla democrazia come cio' che rende possibile il dialogo, che non e' la definizione piu' comune di democrazia, per cui usualmente si intende, appunto, il rapporto fra l'insieme dei singoli e il potere. Questo in Calogero e' implicito. Egli si richiama costantemente al rapporto fra gli individui, al dialogo inteso come reciprocita', ad un continuo domandare e rispondere: la democrazia e' vista attraverso il dialogo, che e' regola fondamentale ma anche valore. L'ideale della democrazia come colloquio spiega in qualche modo anche la sua visione sociale degli assetti democratici: tutti devono avere la possibilita' di prendere parte allo scambio dialogico, devono avere l'effettiva capacita' e l'effettivo potere di discutere con gli altri. E' forse qui che si puo' rinvenire un'istanza propriamente socialista, in quanto l'effettivita' presuppone forme di eguaglianza fra gli individui: l'idea di eguaglianza - principio guida dell'azione del movimento operaio fin dai suoi esordi - arricchisce il liberalismo, come ho sostenuto in piu' occasioni. Ma per Calogero eguaglianza e liberta' sono intimamente unite, inseparabili e, attraverso la loro unita', definiscono i cardini di una societa' giusta. Qui puo' situarsi un fecondo spazio di congiunzione fra il liberalsocialismo e le odierne forme di contrattualismo rilanciate da John Rawls e ispirate al principio dell'equita'. La ricerca di Calogero di coniugare le due universali aspirazioni di liberta' ed eguaglianza fu continua e sostanziata da uno spirito che, in fondo in fondo, sembra richiamare - anche se in un contesto laico - la lezione evangelica. Una tendenza questa che si puo' rinvenire del resto anche in alcuni autori del laburismo inglese, esperienza politica alla quale, come accennato, Calogero guardava come fondamentale riferimento per le sorti della nostra democrazia e, in particolare, della sinistra. Il tentativo di enucleare alcuni caratteri irrinunciabili del sistema democratico, alla ricerca delle modalita' e delle ragioni di una convivenza sostanziata di valori autentici, e la possibilita' di sviluppare l'idea liberalsocialista al fine di realizzare una societa' giusta attestano, a tutt'oggi, la vitalita' della riflessione politica di Calogero. 4. LIBRI. SONIA VAZZANO PRESENTA "IL LEGAME SEGRETO. LA LIBERTA' IN HANNAH ARENDT" A CURA DI SANTE MALETTA [Dalla rivista "Scriptamanent", anno IV, n. 32, giugno 2006 (sito: www.scriptamanent.net), riprendiamo la seguente recensione li' apparsa col titolo "Tra il pensiero e l'azione: dire liberta' con la Arendt. Una riflessione su cio' che si debba intendere oggi per politica sulla scorta del giudizio di chi l'ha intesa come giusta possibilita' dell'essere nel mondo". Sonia Vazzano, dottoranda all'Universita' della Calabria, e' redattrice di "Scriptamanent". Sante Maletta e' ricercatore di filosofia teoretica all'Universita' della Calabria. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Il significato dell'azione - intenzionale e teleologico - nonche' la sua centralita', intesa come agire politico, prerogativa dell'essere neonatale e non mortale; il rifiuto dell'identificazione del pensare con il conoscere, dove nel primo caso siamo di fronte ad una proposizione di interrogativi su possibili significati, mentre nell'altro alla ricerca di una verita' assoluta; l'esemplarita' oggettiva, il modo cioe' di intendere il mondo in quanto umano, per dare senso al soggettivismo. Sono alcuni dei temi che e' facile incontrare nella riflessione di e su Hannah Arendt. Un pensiero che torna oggi piu' che mai di attualita', invitando sempre a nuove riproposizioni pur in seno a situazioni ed epoche differenti. E' proprio con l'intento di aggiungere qualche nuovo tassello ad un tale mosaico che si colloca Il legame segreto. La liberta' in Hannah Arendt (Rubbettino, pp. 128, euro 10), curato da Sante Maletta - ricercatore di filosofia teoretica all'Universita' della Calabria -, un libro nato da un seminario di studi dedicato alla ricezione e al significato dell'opera della Arendt nella filosofia contemporanea, tenutosi presso l'ateneo calabrese. * Chi e' l'uomo in quanto essere politico? Si tratta, come lo stesso Maletta specifica nell'introduzione, della "sfida intellettuale della teorica della politica". La Arendt si presenta cosi' ai suoi occhi come una pensatrice "eccentrica", che riesce a superare la tradizione solo in virtu' di una radicale appartenenza, perche' la domanda che essa propone incessantemente a se stessa e poi al mondo e' quella che ruota attorno al tema della "liberta', quel 'legame segreto' che unisce la 'vita activa' alla 'vita della mente', che e' anche costitutivo del vincolo civile". I contributi nel testo sono vari, ma mantengono tutti l'ancoraggio forte alla riflessione sulla realta' a partire proprio da quello arendtiano. Serenella Armellini - professoressa ordinaria di Filosofia del diritto presso la Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Teramo, nonche' presidente del corso di laurea in Scienze politiche e della Commissione didattica di ateneo - nel suo "Hannah Arendt: note a margine" si chiede che cosa si intenda dire quando si definisce l'uomo in quanto essere politico. E' l'occasione per sottolineare, all'ombra della critica della pensatrice, quella verso il potere e le istituzioni, ma soprattutto verso i valori. La Arendt disapprova la modernita', la sua reificazione dell'essere umano, l'illusione del consumismo, e tenta di riscoprire il concetto di responsabilita', teso tra liberta' e democrazia, cioe' l'impegno di un'intera vita, un'esistenza che si sviluppi alla luce della dialettica io-altro, intesa come unione del politico con il giuridico. Perche' secondo la Armellini: "Tutto l'impegno della studiosa e' stato finalizzato ad impostare e sviluppare il discorso sull'uomo con le peculiarita' ben note sul suo modo di concepire la novita', il ritrovare da parte dell'uomo il suo agire e, di conseguenza, la sua parola. Solo cosi' potranno essere recuperati dall'uomo, l'uomo semplice e concreto, senza filtri, senza precomprensioni e senza preconcetti, il senso stesso della vita e della liberta', affinche' ogni esistenza sia un'umana esperienza e, al tempo stesso, un'umana avventura". * Fallacia della metafisica tradizionale e tragicita' della politica Il pensiero come comprensione. "La teoria ermeneutica di Hannah Arendt" e' il titolo del contributo di Marco Cangiotti - professore straordinario di Filosofia politica nella Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Urbino -, in cui appare da subito chiaro come riflettere sulla Arendt voglia dire farlo in relazione alla dialettica pensiero-verita'. La filosofa della politica si rende conto, secondo Cangiotti, degli errori intrapresi da tutta una tradizione di pensiero: "l'errore basilare di ogni metafisica starebbe nell'ostinarsi a identificare e descrivere l'esperienza straordinaria del pensiero nei termini, ordinari e inadeguati, del mondo fenomenico, anche se modificati con l'apparente - e stavolta davvero fittizia - aggiunta di un 'meta', il quale, pur avendone la pretesa, non ha la forza di spalancare a una dimensione realmente nuova, ma si limita a una metaopera di reduplicazione". E' una fallacia che consiste soprattutto nell'identificare il pensare con il conoscere e il significato con la verita'. Solo il pensiero, infatti, non basta a conoscere la verita'; perche' bisogna avere a che fare con il mondo, mentre pensare vuol dire semplicemente porre degli interrogativi. Si tratta allora di un pensiero chiamato ad operare, in cui la comprensione e' frutto tanto del pensiero stesso tanto dell'esperienza dell'umano, intesa come interpretazione costante. Per tali motivi comprendere significa compiere un'attivita' senza fine, anche se e' possibile riconoscere una comprensione preliminare, che riguarda il mondo dell'azione e dell'esperienza, e una vera, frutto di giudizi e pregiudizi. Laura Bazzicalupo - professoressa straordinaria di Filosofia politica presso la Facolta' di Scienze politiche di Salerno e incaricata della stessa materia presso l'Universita' "L'Orientale" di Napoli - riflette invece su "Il giudizio politico in Arendt: tra estetica ed etica". Il suo intervento si muove grazie alla convinzione secondo la quale dare un giudizio in politica significa eticizzarla. Il giudizio si muove cosi' tra teoria e prassi e quello politico nello specifico diventa una vera e propria relazione etico-politica: "un'etica che lascia essere la pluralita'". Tra tutti risalta, quindi, la logica etico-politica, che non impone verita', ma spera. E' la forma dell'estetico che si diluisce nel sociale, diventando ethos. In tutto cio' l'obiettivo della Arendt rimane sempre la pluralita', perche' il buon politico e' "chi vede le cose da molti punti di vista e con una mentalita' non ristretta". La conclusione della Bazzicalupo e' allora la seguente: "Lo statuto del pensiero, e dunque dell'etica, per Arendt e' aporetico: francamente non nomina, e non potrebbe, la sponda della salvezza, l'obiettivo certo da raggiungere", ed e' proprio per questo che dire politica, forse, significa oggi sempre piu' dire tragicita'. * Passato, presente e futuro: diritto, legge e politica Teresa Serra - professoressa ordinaria di Filosofia del diritto presso la Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Roma "La Sapienza" e docente anche di Filosofia politica - ci presenta la riflessione che, insieme a quella del curatore del libro, Maletta, rappresenta forse il punto centrale del problema arendtiano: "Il diritto come memoria, come confine, come modello, come regola del gioco. Considerazioni su Hannah Arendt". La studiosa sottolinea quanto la Arendt abbia modificato le categorie della politica: quella di un essere che pensa al di la' del sesso; quella del diritto che si costituisce come e in quanto diverso dalla legalita'; quella della riscoperta del politico nell'ambito della relazionalita' e quindi dell'intenzionalita' della politica; quella, insomma, di una vera e propria pedagogia della Arendt, in cui il legame che include il fine e' legittimo, ma il legame e' il principio stesso. Cio' significa che "la crisi del diritto attuale, a cui stiamo assistendo... e' crisi della relazionalita' e della comunicazione tra soggetti, quindi crisi del politico oltre che del giuridico". Percio', l'uomo deve comprendere che "La distanza che separa il legislatore dal potere e' la distanza che deve separare il diritto dalla politica". Legge e potere non hanno la medesima fonte: la prima rappresenta un rapporto tra gli uomini e non un comando, e la sua legittimazione coincide con la sua stessa funzione. Si tratta di una sorta di volonta' senza passione, chiamata a difendere, contemporaneamente, uguaglianza e differenza. Per questo dire legittimita' non equivale a dire legalita', data l'impossibilita' di trovare una legge universale. Si tratta di una sorta di dialettica per la quale il diritto rappresenterebbe il passato della legge, un presente che va verso il futuro che e' appunto la politica: "E' la politica a realizzare la liberta', una politica intesa come sfera della liberta' e non del dominio, e a realizzare il cambiamento, mentre il diritto oltre che esistere come momento di una stabilita' che puo' sempre essere messa in discussione, e' anche il mezzo che consente alla liberta' di realizzarsi". In definitiva "Il mondo e' qualcosa che unisce gli uomini che lo condividono e contemporaneamente li trascende. L'uomo e' libero non quando rifiuta la sua condizione umana, ma quando sa accettarla e comprenderla, quindi anche quando sa obbedire a una legge che considera la legge della sua citta'. L'uomo con la sua liberta' e la sua azione si trova di fronte ad una civilta' in cui rientrano tutte le azioni, per cosi' dire pietrificate, degli altri uomini che hanno agito prima di lui". * L'esperienza arendtiana come unione di pensiero e azione "L'inizio come principio di legittimazione dell'agire politico in Hannah Arendt" e', invece, il titolo del contributo di Paola B. Helzel - ricercatrice di Filosofia del diritto presso la Facolta' di Economia dell'Universita' della Calabria, dove insegna Teoria dei diritti umani e Biogiuridica - in cui viene da subito sottolineato quanto l'esperienza personale risulti importantissima in tutta la riflessione della Arendt, un'apolide priva di ogni diritto, che si rende ancora di piu' conto di quanto la liberta' rappresenti quella possibilita' che ci rende vivi, l'opportunita' di realizzazione dell'umano. Cosi' "Un'azione politica effettiva ed efficace sara' possibile, quindi, solo all'interno della comunita', intesa pero' quale rottura con la 'naturalita'' dell'individualismo classico". Conclude queste pagine cosi' come le aveva iniziate il curatore Maletta in "Contro l'impero del kitsch. Arendt e il principio antropologico". In tale intervento si sottolinea il movimento pratico e spirituale della liberta', intesa come pensiero di tipo ermeneutico: "La liberta' di movimento e' quindi l'aspetto essenziale che caratterizza la liberta' umana e costituisce quel 'legame segreto' che connette azione e pensiero". La liberta' diventa, allora, cio' che salva l'uomo; e unendo in essa il pensiero con l'azione, la teoreticita' con la praticita', diviene il proprium dell'umano. 5. RISTAMPE. FRANCESCO PETRARCA: CANZONIERE Francesco Petrarca, Canzoniere, Mondadori, Milano 1996, 2003, 2006, pp. CCXVI + 1607, euro 12,90 (in suppl. a vari periodici Mondadori). A cura di Marco Santagata, questa edizione del Canzoniere e' semplicemente eccellente ed incanta parimenti il melomane e il filologo. E detto questo, se breve aggiungere una cicalata lice, ecco costi' qualche divagazione. Diciamolo, un doppio pregiudizio ci ha sempre reso sospetto Petrarca: il confronto con Dante, che a nostro modesto avviso lo schiaccia (per le ragioni per cui Dante e' sommo, ed in particolare per quelle che seppe dire forse meglio di chiunque altro Erich Auerbach); e l'infinito suo sucesso nella lirica europea talche' progenie infinite di sempre piu' stucchevoli petrarchisti hanno reso i suoi rerum vulgarium fragmenta il piu' saccheggiato e banalizzato dei repertori, con l'esito che la lirica europea - con limitatissime eccezioni, e quasi sempre nella forma di un ritorno ai greci - e' fino alla rottura di Montale (piu' che di Eliot) un gioco di millimetrici spostamenti e di minime lenticolari variazioni in un sempre piu' esile rabescare di acrobatici aracnidi. Cosi' come e' vero che ogni grande autore crea i suoi precursori, la maledizione di ogni autore grande sono i suoi caudatari: e settecento anni di petrarchisti sono pesanti da digerire. Anche Leopardi, all'epoca in cui curo' e probamente commento' un'edizione del Canzoniere giunse al punto di non poterne piu'. Ma se noi oggi potessimo rileggere queste distillatissime invenzioni nella lingua dei giorni e di tutti dal massiccio Francesco tessute - potessimo leggerle per cosi' dire con un balzo all'indietro, come Colli proponeva di rileggere i cosiddetti presocratici, e potessimo rileggere Petrarca senza il petrarchismo, allora forse nuovamente esse ci incanterebbero: ed effettualmente ci incantano. Ma sarebbe operazione ingenua, o troppo astuta. Ormai Petrarca e' dentro di noi come catalogo e come storia, come binomio di poesia e cultura, col corteggio di madamigella filologia e delle ancelle al seguito (e con le voci - o numi, o sensi... - di Maria Callas e Cathy Berberian). E forse il fatto che negli ultimi anni sempre piu' ci assedia e ottunde e colonizza e dimidia e mostrifica la barbarie afasica della posta elettronica e dei videocllip, del giornalismo brachilogico e degli studi per formulari anziche' per svolgimenti, e la scomparsa della retorica nel trionfo dei manuali aziendali di strategia o delle fumisterie della psicoterapia di massa sempre piu' selvaggia e cialtrona, allora, allora si': si torni a Petrarca e all'opera sua - all'ascolto disponendosi sia ove essa incede monumentale e trionfante, sia, e ben piu', ove essa e' tutta una sottilissima trama di silenzi e sussurri, di movimenti del cuore, e di ragionamenti e di ragioni che la ragione non conosce. 6. RISTAMPE. ARTHUR RIMBAUD: OPERE Arthur Rimbaud, Opere, Mondadori, Milano 1975, 2006, pp. CXVIII + 912, euro 12,90 (in suppl. a vari periodici Mondadori). L'edizione rimbaldiana nella collana dei Meridiani a cura di Diana Grange Fiori, con introduzione di Yves Bonnefoy e una ricca messe di testi, documenti, apparati: un'edizione d'indicibile venusta'. Gia' apparso anche nella collana degli Oscar nel 1992, ma anche allora come ora ristampa tout court dell'edizione del '75, e' un volume che vivissimamente raccomandiamo, insieme - ça va sans dire - alla classica edizione a cura di Ivos Margoni per Feltrinelli, e da accompagnare diremmo almeno con quel saggio einaudiano di Sergio Solmi che resta nella nostra memoria una vie regia per un appressamento al divino e tragico fanciullo dalle suole di vento e dagli occhi di cielo. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1326 del 14 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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