La nonviolenza e' in cammino. 1326



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1326 del 14 giugno 2006

Sommario di questo numero:
1. No al colpo di stato
2. Laurent Duvillier intervista Ndioro Ndiaye
3. Norberto Bobbio ricorda Guido Calogero
4. Sonia Vazzano presenta "Il legame segreto. La liberta' in Hannah Arendt"
a cura di Sante Maletta
5. Ristampe: Francesco Petrarca, Canzoniere
6. Ristampe: Arthur Rimbaud, Opere
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. NO AL COLPO DI STATO

Proviamo a dirlo nel modo piu' semplice e breve.
Al referendum del 25-26 giugno voteremo no alla cosiddetta riforma
costituzionale berlusconiana, poiche' essa configura un colpo di stato che
distrugge nei suoi fondamenti l'ordinamento giuridico democratico italiano,
con cio' distruggendo fondamentali diritti, fondamentali garanzie,
fondamentali doveri, fondamentali liberta'.
Noi voteremo no al colpo di stato, noi voteremo no alla barbarie.

2. MONDO. LAURENT DUVILLIER INTERVISTA NDIORO NDIAYE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista.
Laurent Duvillier e' addetto alle comunicazioni dell'Instraw, l'Istituto
delle Nazioni Unite per la formazione e la promozione delle donne.
Ndioro Ndiaye e' vicedirettrice generale dell'Organizzazione internazionale
per l'immigrazione (Oii)]

- Laurent Duvillier: A livello internazionale, i flussi migratori si stanno
sempre piu' femminilizzando. Questo significa solo che piu' donne stanno
lasciando i propri paesi d'origine, o anche che stanno contribuendo
maggiormente allo sviluppo economico di tali paesi?
- Ndioro Ndiaye: Secondo i nostri ultimi rapporti ci sono fra i 175 e i 180
milioni di migranti in tutto il mondo, ed e' generalmente riconosciuto il
fatto che meta' di questa cifra e' composta da donne. C'e' pero' in effetti
qualcosa di nuovo nel fenomeno migratorio. Per lungo tempo si e' creduto che
spettasse agli uomini partire e cercare lavoro e, una volta che essi avevano
stabilito le loro basi, le donne li raggiungevano, ed assumevano
responsabilita' rispetto alla riproduzione e all'educazione dei bambini.
Oggi, il flusso migratorio tende a seguire un altro schema: le donne escono
dai paesi d'origine per conto proprio, sono piu' visibili e si muovono in
modo piu' libero ed indipendente. Inoltre, lo status che le donne
acquisiscono dopo la migrazione ha creato un valore aggiunto nel campo della
gestione dell'immigrazione: se vi riescono, se sono istruite, le donne
contribuiscono al benessere del paese in cui si trovano cosi' come al
benessere del paese da cui provengono. Se non hanno istruzione, rischiano di
cadere nelle reti dei trafficanti. Questo e' il fenomeno che chiamiamo
"traffico di esseri umani" e contro il quale tutti dobbiamo lottare. Non
smettero' mai di ripetere che i paesi che ricevono i migranti devono fare
affidamento sulle donne, se vogliono introdurre cambiamenti nelle loro
politiche volte all'integrazione. Nel campo dell'istruzione, ad esempio, le
donne giocano un ruolo fondamentale e possono essere un appropriato veicolo
per il cambiamento nei paesi che le ospitano.
*
- Laurent Duvillier: I migranti vengono spesso descritti senza alcun
riferimento al sesso, e la migrazione come fenomeno "neutro" rispetto al
genere. Al contrario, l'Organizzazione internazionale per l'immigrazione ed
Instraw hanno la convinzione che sia importante dar conto delle differenze
fra uomini e donne che migrano. Quali azioni specifiche avete intrapreso a
favore delle donne?
- Ndioro Ndiaye: L'Oii attiva da lungo tempo nel cercare di rendere visibile
il contributo delle donne migranti. Il nostro gruppo di lavoro sul genere e'
composto da piu' di ottanta "punti" sparsi in tutto il mondo. Nella
maggioranza dei nostri uffici c'e' una persona che ha lo speciale incarico
di introdurre le politiche di genere nella programmazione e nelle attivita'
"sul campo". In quest'ultimo contesto vi sono ovviamente casi differenti, e
percio' molteplici livelli di intervento che usualmente dipendono dalle
donne presenti nel luogo specifico. Generalmente, ci viene chiesto di
intervenire in situazioni di conflitto o post conflitto. Per quanto riguarda
i rifugiati e i profughi, lavoriamo in collaborazione con le agenzie
dell'Onu, come l'Alto Commissariato per i Rifugiati, l'Unicef, o
l'Organizzazione mondiale della sanita', di modo che le donne possano
ricevere l'attenzione che chiedono. Sviluppiamo campagne di informazione,
per fornire alle donne maggiori conoscenze: diamo loro anche attrezzatura ed
equipaggiamento, cosi' che possano migliorare la loro salute ed il loro
ambiente. Rispetto invece alle professioniste che lasciano volontariamente i
loro paesi d'origine, esse domandano accesso ad impieghi decenti e salari
adeguati, e di poter vivere con il loro salario nel paese che le ospita.
Un'altra delle loro richieste e' di poter contribuire allo sviluppo di
entrambi i paesi, mandando denaro alle loro famiglie, e associandosi con
persone locali per creare lavoro o attivita' produttrici di reddito non solo
per se stesse. Questi sono fattori nuovi, ed hanno richiesto nuovi approcci
all'Oii.
*
- Laurent Duvillier: Negli ultimi anni, le rimesse di denaro inviate dai
migranti in tutto il mondo sono costantemente cresciute. In paesi come le
Filippine, spesso le famiglie incoraggiano le donne a migrare, piuttosto
degli uomini, perche' le donne tendono a mandare soldi a casa piu'
frequentemente. Si tratta di un fenomeno locale, o e' una tendenza diffusa?
- Ndioro Ndiaye: Si tratta di una tendenza generale. L'importo spedito da
una donna in una singola occasione puo' essere minore di quello inviato da
un uomo, ma poiche' le donne inviano rimesse piu' spesso, il volume del loro
contributo tende ad essere molto piu' sostanzioso. Rispetto all'aumento
delle rimesse, noi dell'Oii siamo molto preoccupati di cosa ne pensano i
vari stati. Nello scorso febbraio abbiamo organizzato una conferenza sulle
rimesse provenienti da migranti originari dei paesi "meno sviluppati", in
collaborazione con i governi di tali paesi e l'Onu. In Benin, per la prima
volta, esperti di ministeri economici e finanziari e funzionari governativi
di questi paesi si sono incontrati per scambiare punti di vista e discutere
con la Banca Mondiale, l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo
sviluppo, la Banca africana per lo sviluppo, eccetera. Rispetto alla
controversia che c'e' sulla natura privata di questi fondi, l'Oii e'
completamente d'accordo sul fatto che le rimesse non possono essere
un'alternativa all'assistenza allo sviluppo. D'altra parte, vogliamo andare
oltre questa contrapposizione. Dovremmo trovare le sinergie che possono
essere stabilite tra l'assistenza allo sviluppo ed il flusso finanziario
generato dai migranti nei paesi meno sviluppati. Dovremmo anche riflettere
su come canalizzare il denaro sugli sforzi positivi compiuti dai paesi
d'origine dei migranti, e su come i migranti stessi possano essere
considerati investitori o finanziatori.
*
- Laurent Duvillier: Non c'e' dubbio che qualche miliardo di dollari l'anno
inviato dai migranti ai paesi d'origine abbia migliorato il benessere di
molte famiglie. Tuttavia, in che modo queste rimesse possono diventare uno
strumento per uno sviluppo sostenibile a favore dell'intera popolazione?
- Ndioro Ndiaye: Abbiamo gia' esempi concreti di questa possibilita'. L'Oii
ha osservato cio' che e' accaduto in Messico. Durante l'incontro di
febbraio, questo paese ci ha informati dell'iniziativa "uno per tre". Si
tratta di un programma per cui, per ogni dollaro che viene inviato ad esso
da un migrante, il governo federale ne aggiunge un secondo, ed il governo
locale un terzo. Assieme, questi tre dollari vengono investiti in un
progetto di sviluppo di cui beneficiano tutti. Vi sono programmi simili
anche altrove, ma quello del Messico e' risultato il piu' convincente. In
Guatemala, i rappresentanti dell'Oii hanno aiutato a dare inizio ad un
programma di ristrutturazione per le abitazioni, in cui i migranti hanno
potuto contribuire alla creazione di case decenti e sane per le loro
famiglie, depositando i loro fondi in un sistema creato appositamente. Sta
funzionando molto bene. Queste azioni possono essere intraprese ovunque, se
i migranti sanno che possono migliorare le condizioni di vita di tutte le
persone che hanno lasciato nel loro paese, anche quando il denaro non va
esclusivamente ai membri delle loro famiglie.

3. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO RICORDA GUIDO CALOGERO
[Dal quotidiano "La stampa" del 21 dicembre 2001. Il testo era ivi preceduto
dalla seguente breve nota redazionale: "Il testo inedito di Norberto Bobbio
che pubblichiamo in versione quasi integrale e' stato scritto per la
riedizione del saggio di Guido Calogero Le regole della democrazia e le
ragioni del socialismo, apparso la prima volta nel 1968 e ora riproposto da
Diabasis (pagine 148, lire 30.000). La riedizione e' curata dal giovane
studioso Thomas Casadei, autore di un'ampia introduzione (Le radici della
democrazia possibile). Il contributo di Bobbio (dal titolo "Il piu' giovane
dei miei maestri") e' stato raccolto dallo stesso Casadei (lo scorso
febbraio) e rivisto, dopo la trascrizione, dal professore. Nato nel 1904,
morto nel 1986, Calogero ha sviluppato l'attualismo di Gentile in
prospettiva etica. E' stato un grande amico di Bobbio, come documenta il
loro epistolario. Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo e'
il suo libro piu' noto, in cui analizza i rapporti che si stabiliscono fra
democrazia, politica e i diritti dell'uomo".
Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909 ed e' deceduto nel 2004,
antifascista, filosofo della politica e del diritto, autore di opere
fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace, e'
stato uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani del XX secolo. Opere
di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende
e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il
volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e
l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze
su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico,
morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e
compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli,
Firenze. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della
democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso
Einaudi, Torino. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi,
Torino 1990. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della
pace, Il Mulino, Bologna, varie riedizioni; Il terzo assente, Sonda, Torino
1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza,
Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la
lettura di Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1977; Profilo
ideologico del Novecento, Garzanti, Milano 1990; Teoria generale del
diritto, Giappichelli, Torino 1993. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo
almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino
1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto
Bobbio, Donzelli, Roma 2000; AA. VV., Norberto Bobbio tra diritto e
politica, Laterza, Roma-Bari 2005; AA. VV., Norberto Bobbio maestro di
democrazia e di liberta', Cittadella, Assisi 2005; AA. VV., Lezioni Bobbio,
Einaudi, Torino 2006. Per la bibliografia di e su Norberto Bobbio uno
strumento di lavoro utilissimo e' il sito del Centro studi Piero Gobetti
(www.erasmo.it/gobetti).
Guido Calogero, figura illustre della cultura e della vita civile italiana
del Novecento, nato a Roma nel 1904, filosofo, antifascista, organizzatore
del movimento liberalsocialista e del Partito d'Azione, e' scomparso nel
1986. Tra le opere di Guido Calogero segnaliamo particolarmente La scuola
dell'uomo, Sansoni, Firenze 1939; Lezioni di filosofia, Einaudi, Torino
1946-1948; Filosofia del dialogo, Comunita', Milano 1962, 1977; Le regole
della democrazia e le ragioni del socialismo, Edizioni dell'Ateneo, Roma
1968, poi Diabasis, Reggio Emilia 2001.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a
cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della
nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione
nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org)
sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di
Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di
un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90
e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui
apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione
ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo
Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il
messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno:
Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di),
Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988;
Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini.
Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi
Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini,
Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un
profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze
2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze
2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi,
Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una
bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito
citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito
dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it,
altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un
altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a
Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni:
l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803,
e-mail: azionenonviolenta at sis.it]

Il ricordo che ho di Calogero e' quello di una bella amicizia, ma prima di
tutto di una profonda, straordinaria, ammirazione: di quell'ammirazione che
si prova di fronte ad un maestro.
Mi viene subito alla mente quel disegno di Renato Guttuso che documenta
anche il mio ingresso nell'antifascismo attivo, era il 1939. Prima a
Camerino, dove dal 1935 ero docente di filosofia del diritto, poi a Siena,
dove insegnavo, dopo aver vinto il concorso, dalla fine del 1938, avevo
iniziato a frequentare le riunioni del movimento liberalsocialista, animato
da Calogero e da Aldo Capitini. Il disegno di Guttuso, allora giovane e
promettente pittore, rappresenta la testimonianza di una di queste riunioni:
siamo raffigurati io, Umberto Morra (proprietario della villa presso Cortona
dove spesso si tenevano le nostre riunioni e che ci presento' lo stesso
Guttuso), Cesare Luporini (che poi divenne comunista), Capitini e, appunto,
Calogero con il dito alzato. Entrambi tengono un libro in mano: su quello di
Calogero si legge Liberalismo sociale, su quello di Capitini Nonviolenza.
Dell'artefice del disegno si vede la nuca.
La prima volta che vidi Calogero fu nel 1933, a Roma, ad un congresso
hegeliano. Presiedeva Giovanni Gentile, che tenne il discorso d'apertura,
Calogero era fra i relatori ed io ero fra il pubblico. Mi impressionarono la
sua bravura, la sua intelligenza, il suo sguardo. Eravamo entrambi molto
giovani (io avevo ventiquattro anni, lui era di soli cinque anni piu' grande
di me), ma rimasi stupito dalla sua maturita': era giovane d'eta', ma
sembrava un uomo gia' arrivato. Questo aspetto destava grande e profonda
ammirazione in noi aspiranti studiosi.
Calogero aveva un viso aperto e i suoi occhi esprimevano, per cosi' dire,
quella volonta' di discussione che ne faceva un maestro del dialogo. Non e'
un caso che i ragazzi della Federazione giovanile del Partito d'Azione si
rivolgessero a lui per farsi chiarire la struttura e il senso delle principa
li regole della discussione democratica, per essere educati alla procedura,
nella fase in cui la dittatura fascista sembrava realmente potersi
sostituire con un nuovo ordine. I diversi interventi apparvero, in un primo
momento, su quello che era il giornale del Partito d'Azione, "L'Italia
libera".
Calogero era dunque per noi piu' giovani un simbolo, un esempio da ammirare
e possibilmente da seguire. Era diventato professore universitario molto
presto. Oltre che essere di una intelligenza precoce aveva una grande
capacita' di apprendere: si era dedicato alla filosofia, ma avrebbe potuto
insegnare lettere classiche; oltre al latino, sapeva benissimo il greco, lo
leggeva perfettamente: del resto fu traduttore di opere come il Simposio e
il Critone. Dimostrava una straordinaria facilita' di apprendimento: oltre
al greco, conosceva in modo approfondito il tedesco e sapeva anche
l'inglese. Non so quando l'avesse studiato, ma lo parlava correntemente,
tanto che nel 1950 fu chiamato a dirigere l'Istituto italiano di cultura a
Londra.
Era un uomo di un'intelligenza estremamente rapida. Comincio' prestissimo a
scrivere: poesie, recensioni, apparse queste ultime sul "Giornale critico
della filosofia italiana" diretto da Gentile. Compose la sua prima opera
molto giovane, nel 1927, a ventitre' anni: i Fondamenti della logica
aristotelica, che ampliava e rielaborava la sua tesi di laurea (discussa nel
1925); ma il suo primo scritto risale a qualche anno prima, al 1923, ed era
dedicato a Pindaro, l'autore al quale Calogero, giovane studente di
filologia classica presso l'Universita' di Roma, pensava di dedicare la
tesi; questo prima di conoscere Gentile e dedicarsi agli studi filosofici.
Dimostrava una precocita' fuori dal comune nell'imparare le cose difficili,
la logica, le lingue straniere, antiche e moderne. Tutto questo ci
affascinava e ce lo faceva vedere, appunto, come un maestro. La sua sfortuna
fu che cosi' come aveva iniziato molto giovane fini' il suo cammino di
studioso non vecchio: ricordo benissimo quando la sua intelligenza comincio'
a deperire, a degenerare. Mi vengono alla mente i colloqui che ebbi con sua
moglie, Maria Comandini, e il racconto delle sue difficolta'. I suoi ultimi
libri risalgono alla fine degli anni Sessanta, per quanto poi continuasse a
scrivere su periodici, riviste e quotidiani. Gli anni precedenti alla sua
scomparsa furono terribili, si era appannata la sua intelligenza.
*
L'incontro con Capitini
A quel periodo risale anche la mia conoscenza dell'altro ispiratore del
liberalsocialismo: Aldo Capitini.
Prima di insegnare a Siena, come accennato, ero professore a Camerino. E
ricordo di essere andato a trovarlo a Perugia, nel momento in cui stava per
pubblicare il libro che lo rese noto, Elementi di un'esperienza religiosa,
che e' del 1937, mentre il libro di Calogero, altrettanto fondamentale per
la mia generazione, La scuola dell'uomo, e' del 1939. Questi sono i due
libri che rappresentano come dire un precorrimento, una specie di
anticipazione, di quella che era la lotta politica antifascista clandestina,
che pero' si manifestava, nelle opere scritte, con molta cautela come
dimostra il titolo del libro di Capitini, che in realta' celava una
trattazione strettamente politica.
Capitini e Calogero furono due figure assolutamente centrali per la mia
formazione e per il mio ingresso nell'antifascismo attivo. E tuttavia erano
personaggi molto diversi fra loro.
Si possono individuare due fasi del loro rapporto. Dapprima c'e' un dialogo
legato al liberalsocialismo, che sta a cavallo fra la fine degli anni Trenta
e l'inizio degli anni Quaranta. In estrema sintesi, mentre il
liberalsocialismo di Capitini era di evidente orientamento social-religioso
e non soltanto politico, quello di Calogero si caratterizzava per
l'approccio giuridico. C'e' poi una seconda fase di scambio fra i due, a
meta' degli anni Sessanta, poco prima della morte di Capitini (che avviene
nel 1968), che riguarda la filosofia del dialogo. Sulle riviste "Azione
nonviolenta" (diretta da Capitini) e "La Cultura" (diretta da Calogero)
uscirono articoli dell'uno e dell'altro sulla nonviolenza, il dialogo e
l'"apertura", in cui i due affrontavano queste tematiche: l'uno, Capitini,
partendo da un profondo senso religioso, l'altro, Calogero, da un forte
afflato morale di matrice laica, che gia' in La scuola dell'uomo trova una
testimonianza esemplare. Il problema centrale, comunque, nel quadro dei
rapporti fra i due, e' quello della nonviolenza. Calogero aveva una
mentalita' giuridica che Capitini certamente non aveva e questo portava il
primo a sostenere (cosa che anch'io ho sempre pensato) che la nonviolenza
finirebbe per essere una teoria disarmata, inefficace, senza il diritto.
Come ho sottolineato in molti scritti, il diritto senza forza non si da',
come sanno tutti quelli che hanno studiato giurisprudenza, il diritto senza
la possibilita' della sanzione, che operi qualora si verifichi la violazione
delle norme, non esiste.
Calogero e Capitini avevano senz'altro qualcosa in comune sul piano
intellettuale, legato alla formazione idealistica, all'insegnamento di Croce
e Gentile, da cui poi entrambi si distaccarono.
Calogero era un idealista immanentista, la sua filosofia derivava da quella
che era allora la filosofia dominante in Italia. Ma sulla questione del
diritto e della nonviolenza le loro posizioni erano senz'altro diverse, e
alcuni passaggi del saggio I diritti dell'uomo e la natura della politica,
contenuto in questa raccolta, ne sono una chiara dimostrazione.
*
Il modello Inghilterra
Un altro punto su cui mi preme soffermarmi e' il suo modo di intendere il
socialismo. La sua simpatia per questa prospettiva culturale e politica va
senz'altro attribuita alla sua ammirazione per l'Inghilterra e per il
laburismo.
Naturalmente bisognerebbe anche rivedere il suo libro sul marxismo, Il
metodo dell'economia e il marxismo, che a suo tempo ebbe una certa fortuna
tra coloro che si stavano avviando sulla strada dell'antifascismo. Sarebbe
una buona occasione, fra l'altro, per richiamare l'attenzione su un testo
ormai dimenticato e che pure presenta, ancora oggi, qualche interesse
rispetto al dibattito continuato e sempre attuale sulla storia del marxismo.
Le istanze socialiste di Calogero si raccolgono attorno all'idea di una
societa' giusta fondata sul dialogo e la reciprocita', su un'idea di
democrazia come colloquio integrale perche' tutti devono avere il
diritto-dovere di prendervi parte. Scrive per esempio Calogero in L'abbicci'
della democrazia: "L'unita' della democrazia e' l'unita' degli uomini che,
per qualunque motivo, sentono questo dovere di capirsi a vicenda e di tenere
reciprocamente conto delle proprie opinioni e delle proprie preferenze". E'
un modo singolare e originale di definire la democrazia. Quando si parla di
democrazia s'intende, primariamente, la partecipazione al potere,
richiamando una nozione di potere dal basso.
*
L'uguaglianza e' liberta'
Calogero fa riferimento al rapporto fra gli individui, alla relazione
dialogica, alla democrazia come cio' che rende possibile il dialogo, che non
e' la definizione piu' comune di democrazia, per cui usualmente si intende,
appunto, il rapporto fra l'insieme dei singoli e il potere. Questo in
Calogero e' implicito. Egli si richiama costantemente al rapporto fra gli
individui, al dialogo inteso come reciprocita', ad un continuo domandare e
rispondere: la democrazia e' vista attraverso il dialogo, che e' regola
fondamentale ma anche valore.
L'ideale della democrazia come colloquio spiega in qualche modo anche la sua
visione sociale degli assetti democratici: tutti devono avere la
possibilita' di prendere parte allo scambio dialogico, devono avere
l'effettiva capacita' e l'effettivo potere di discutere con gli altri. E'
forse qui che si puo' rinvenire un'istanza propriamente socialista, in
quanto l'effettivita' presuppone forme di eguaglianza fra gli individui:
l'idea di eguaglianza - principio guida dell'azione del movimento operaio
fin dai suoi esordi - arricchisce il liberalismo, come ho sostenuto in piu'
occasioni. Ma per Calogero eguaglianza e liberta' sono intimamente unite,
inseparabili e, attraverso la loro unita', definiscono i cardini di una
societa' giusta.
Qui puo' situarsi un fecondo spazio di congiunzione fra il liberalsocialismo
e le odierne forme di contrattualismo rilanciate da John Rawls e ispirate al
principio dell'equita'. La ricerca di Calogero di coniugare le due
universali aspirazioni di liberta' ed eguaglianza fu continua e sostanziata
da uno spirito che, in fondo in fondo, sembra richiamare - anche se in un
contesto laico - la lezione evangelica. Una tendenza questa che si puo'
rinvenire del resto anche in alcuni autori del laburismo inglese, esperienza
politica alla quale, come accennato, Calogero guardava come fondamentale
riferimento per le sorti della nostra democrazia e, in particolare, della
sinistra.
Il tentativo di enucleare alcuni caratteri irrinunciabili del sistema
democratico, alla ricerca delle modalita' e delle ragioni di una convivenza
sostanziata di valori autentici, e la possibilita' di sviluppare l'idea
liberalsocialista al fine di realizzare una societa' giusta attestano, a
tutt'oggi, la vitalita' della riflessione politica di Calogero.

4. LIBRI. SONIA VAZZANO PRESENTA "IL LEGAME SEGRETO. LA LIBERTA' IN HANNAH
ARENDT" A CURA DI SANTE MALETTA
[Dalla rivista "Scriptamanent", anno IV, n. 32, giugno 2006 (sito:
www.scriptamanent.net), riprendiamo la seguente recensione li' apparsa col
titolo "Tra il pensiero e l'azione: dire liberta' con la Arendt. Una
riflessione su cio' che si debba intendere oggi per politica sulla scorta
del giudizio di chi l'ha intesa come giusta possibilita' dell'essere nel
mondo".
Sonia Vazzano, dottoranda all'Universita' della Calabria, e' redattrice di
"Scriptamanent".
Sante Maletta e' ricercatore di filosofia teoretica all'Universita' della
Calabria.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli,
Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie
divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang
Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg
Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

Il significato dell'azione - intenzionale e teleologico - nonche' la sua
centralita', intesa come agire politico, prerogativa dell'essere neonatale e
non mortale; il rifiuto dell'identificazione del pensare con il conoscere,
dove nel primo caso siamo di fronte ad una proposizione di interrogativi su
possibili significati, mentre nell'altro alla ricerca di una verita'
assoluta; l'esemplarita' oggettiva, il modo cioe' di intendere il mondo in
quanto umano, per dare senso al soggettivismo. Sono alcuni dei temi che e'
facile incontrare nella riflessione di e su Hannah Arendt. Un pensiero che
torna oggi piu' che mai di attualita', invitando sempre a nuove
riproposizioni pur in seno a situazioni ed epoche differenti.
E' proprio con l'intento di aggiungere qualche nuovo tassello ad un tale
mosaico che si colloca Il legame segreto. La liberta' in Hannah Arendt
(Rubbettino, pp. 128, euro 10), curato da Sante Maletta - ricercatore di
filosofia teoretica all'Universita' della Calabria -, un libro nato da un
seminario di studi dedicato alla ricezione e al significato dell'opera della
Arendt nella filosofia contemporanea, tenutosi presso l'ateneo calabrese.
*
Chi e' l'uomo in quanto essere politico?
Si tratta, come lo stesso Maletta specifica nell'introduzione, della "sfida
intellettuale della teorica della politica". La Arendt si presenta cosi' ai
suoi occhi come una pensatrice "eccentrica", che riesce a superare la
tradizione solo in virtu' di una radicale appartenenza, perche' la domanda
che essa propone incessantemente a se stessa e poi al mondo e' quella che
ruota attorno al tema della "liberta', quel 'legame segreto' che unisce la
'vita activa' alla 'vita della mente', che e' anche costitutivo del vincolo
civile".
I contributi nel testo sono vari, ma mantengono tutti l'ancoraggio forte
alla riflessione sulla realta' a partire proprio da quello arendtiano.
Serenella Armellini - professoressa ordinaria di Filosofia del diritto
presso la Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Teramo, nonche'
presidente del corso di laurea in Scienze politiche e della Commissione
didattica di ateneo - nel suo "Hannah Arendt: note a margine" si chiede che
cosa si intenda dire quando si definisce l'uomo in quanto essere politico.
E' l'occasione per sottolineare, all'ombra della critica della pensatrice,
quella verso il potere e le istituzioni, ma soprattutto verso i valori. La
Arendt disapprova la modernita', la sua reificazione dell'essere umano,
l'illusione del consumismo, e tenta di riscoprire il concetto di
responsabilita', teso tra liberta' e democrazia, cioe' l'impegno di
un'intera vita, un'esistenza che si sviluppi alla luce della dialettica
io-altro, intesa come unione del politico con il giuridico. Perche' secondo
la Armellini: "Tutto l'impegno della studiosa e' stato finalizzato ad
impostare e sviluppare il discorso sull'uomo con le peculiarita' ben note
sul suo modo di concepire la novita', il ritrovare da parte dell'uomo il suo
agire e, di conseguenza, la sua parola. Solo cosi' potranno essere
recuperati dall'uomo, l'uomo semplice e concreto, senza filtri, senza
precomprensioni e senza preconcetti, il senso stesso della vita e della
liberta', affinche' ogni esistenza sia un'umana esperienza e, al tempo
stesso, un'umana avventura".
*
Fallacia della metafisica tradizionale e tragicita' della politica
Il pensiero come comprensione. "La teoria ermeneutica di Hannah Arendt" e'
il titolo del contributo di Marco Cangiotti - professore straordinario di
Filosofia politica nella Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di
Urbino -, in cui appare da subito chiaro come riflettere sulla Arendt voglia
dire farlo in relazione alla dialettica pensiero-verita'. La filosofa della
politica si rende conto, secondo Cangiotti, degli errori intrapresi da tutta
una tradizione di pensiero: "l'errore basilare di ogni metafisica starebbe
nell'ostinarsi a identificare e descrivere l'esperienza straordinaria del
pensiero nei termini, ordinari e inadeguati, del mondo fenomenico, anche se
modificati con l'apparente - e stavolta davvero fittizia - aggiunta di un
'meta', il quale, pur avendone la pretesa, non ha la forza di spalancare a
una dimensione realmente nuova, ma si limita a una metaopera di
reduplicazione".
E' una fallacia che consiste soprattutto nell'identificare il pensare con il
conoscere e il significato con la verita'. Solo il pensiero, infatti, non
basta a conoscere la verita'; perche' bisogna avere a che fare con il mondo,
mentre pensare vuol dire semplicemente porre degli interrogativi. Si tratta
allora di un pensiero chiamato ad operare, in cui la comprensione e' frutto
tanto del pensiero stesso tanto dell'esperienza dell'umano, intesa come
interpretazione costante. Per tali motivi comprendere significa compiere
un'attivita' senza fine, anche se e' possibile riconoscere una comprensione
preliminare, che riguarda il mondo dell'azione e dell'esperienza, e una
vera, frutto di giudizi e pregiudizi.
Laura Bazzicalupo - professoressa straordinaria di Filosofia politica presso
la Facolta' di Scienze politiche di Salerno e incaricata della stessa
materia presso l'Universita' "L'Orientale" di Napoli - riflette invece su
"Il giudizio politico in Arendt: tra estetica ed etica". Il suo intervento
si muove grazie alla convinzione secondo la quale dare un giudizio in
politica significa eticizzarla. Il giudizio si muove cosi' tra teoria e
prassi e quello politico nello specifico diventa una vera e propria
relazione etico-politica: "un'etica che lascia essere la pluralita'".
Tra tutti risalta, quindi, la logica etico-politica, che non impone verita',
ma spera. E' la forma dell'estetico che si diluisce nel sociale, diventando
ethos. In tutto cio' l'obiettivo della Arendt rimane sempre la pluralita',
perche' il buon politico e' "chi vede le cose da molti punti di vista e con
una mentalita' non ristretta". La conclusione della Bazzicalupo e' allora la
seguente: "Lo statuto del pensiero, e dunque dell'etica, per Arendt e'
aporetico: francamente non nomina, e non potrebbe, la sponda della salvezza,
l'obiettivo certo da raggiungere", ed e' proprio per questo che dire
politica, forse, significa oggi sempre piu' dire tragicita'.
*
Passato, presente e futuro: diritto, legge e politica
Teresa Serra - professoressa ordinaria di Filosofia del diritto presso la
Facolta' di Scienze politiche dell'Universita' di Roma "La Sapienza" e
docente anche di Filosofia politica - ci presenta la riflessione che,
insieme a quella del curatore del libro, Maletta, rappresenta forse il punto
centrale del problema arendtiano: "Il diritto come memoria, come confine,
come modello, come regola del gioco. Considerazioni su Hannah Arendt".
La studiosa sottolinea quanto la Arendt abbia modificato le categorie della
politica: quella di un essere che pensa al di la' del sesso; quella del
diritto che si costituisce come e in quanto diverso dalla legalita'; quella
della riscoperta del politico nell'ambito della relazionalita' e quindi
dell'intenzionalita' della politica; quella, insomma, di una vera e propria
pedagogia della Arendt, in cui il legame che include il fine e' legittimo,
ma il legame e' il principio stesso. Cio' significa che "la crisi del
diritto attuale, a cui stiamo assistendo... e' crisi della relazionalita' e
della comunicazione tra soggetti, quindi crisi del politico oltre che del
giuridico". Percio', l'uomo deve comprendere che "La distanza che separa il
legislatore dal potere e' la distanza che deve separare il diritto dalla
politica".
Legge e potere non hanno la medesima fonte: la prima rappresenta un rapporto
tra gli uomini e non un comando, e la sua legittimazione coincide con la sua
stessa funzione. Si tratta di una sorta di volonta' senza passione, chiamata
a difendere, contemporaneamente, uguaglianza e differenza. Per questo dire
legittimita' non equivale a dire legalita', data l'impossibilita' di trovare
una legge universale. Si tratta di una sorta di dialettica per la quale il
diritto rappresenterebbe il passato della legge, un presente che va verso il
futuro che e' appunto la politica: "E' la politica a realizzare la liberta',
una politica intesa come sfera della liberta' e non del dominio, e a
realizzare il cambiamento, mentre il diritto oltre che esistere come momento
di una stabilita' che puo' sempre essere messa in discussione, e' anche il
mezzo che consente alla liberta' di realizzarsi".
In definitiva "Il mondo e' qualcosa che unisce gli uomini che lo condividono
e contemporaneamente li trascende. L'uomo e' libero non quando rifiuta la
sua condizione umana, ma quando sa accettarla e comprenderla, quindi anche
quando sa obbedire a una legge che considera la legge della sua citta'.
L'uomo con la sua liberta' e la sua azione si trova di fronte ad una
civilta' in cui rientrano tutte le azioni, per cosi' dire pietrificate,
degli altri uomini che hanno agito prima di lui".
*
L'esperienza arendtiana come unione di pensiero e azione
"L'inizio come principio di legittimazione dell'agire politico in Hannah
Arendt" e', invece, il titolo del contributo di Paola B. Helzel -
ricercatrice di Filosofia del diritto presso la Facolta' di Economia
dell'Universita' della Calabria, dove insegna Teoria dei diritti umani e
Biogiuridica - in cui viene da subito sottolineato quanto l'esperienza
personale risulti importantissima in tutta la riflessione della Arendt,
un'apolide priva di ogni diritto, che si rende ancora di piu' conto di
quanto la liberta' rappresenti quella possibilita' che ci rende vivi,
l'opportunita' di realizzazione dell'umano. Cosi' "Un'azione politica
effettiva ed efficace sara' possibile, quindi, solo all'interno della
comunita', intesa pero' quale rottura con la 'naturalita''
dell'individualismo classico".
Conclude queste pagine cosi' come le aveva iniziate il curatore Maletta in
"Contro l'impero del kitsch. Arendt e il principio antropologico". In tale
intervento si sottolinea il movimento pratico e spirituale della liberta',
intesa come pensiero di tipo ermeneutico: "La liberta' di movimento e'
quindi l'aspetto essenziale che caratterizza la liberta' umana e costituisce
quel 'legame segreto' che connette azione e pensiero".
La liberta' diventa, allora, cio' che salva l'uomo; e unendo in essa il
pensiero con l'azione, la teoreticita' con la praticita', diviene il
proprium dell'umano.

5. RISTAMPE. FRANCESCO PETRARCA: CANZONIERE
Francesco Petrarca, Canzoniere, Mondadori, Milano 1996, 2003, 2006, pp.
CCXVI + 1607, euro 12,90 (in suppl. a vari periodici Mondadori). A cura di
Marco Santagata, questa edizione del Canzoniere e' semplicemente eccellente
ed incanta parimenti il melomane e il filologo. E detto questo, se breve
aggiungere una cicalata lice, ecco costi' qualche divagazione. Diciamolo, un
doppio pregiudizio ci ha sempre reso sospetto Petrarca: il confronto con
Dante, che a nostro modesto avviso lo schiaccia (per le ragioni per cui
Dante e' sommo, ed in particolare per quelle che seppe dire forse meglio di
chiunque altro Erich Auerbach); e l'infinito suo sucesso nella lirica
europea talche' progenie infinite di sempre piu' stucchevoli petrarchisti
hanno reso i suoi rerum vulgarium fragmenta il piu' saccheggiato e
banalizzato dei repertori, con l'esito che la lirica europea - con
limitatissime eccezioni, e quasi sempre nella forma di un ritorno ai greci -
e' fino alla rottura di Montale (piu' che di Eliot) un gioco di millimetrici
spostamenti e di minime lenticolari variazioni in un sempre piu' esile
rabescare di acrobatici aracnidi. Cosi' come e' vero che ogni grande autore
crea i suoi precursori, la maledizione di ogni autore grande sono i suoi
caudatari: e settecento anni di petrarchisti sono pesanti da digerire. Anche
Leopardi, all'epoca in cui curo' e probamente commento' un'edizione del
Canzoniere giunse al punto di non poterne piu'. Ma se noi oggi potessimo
rileggere queste distillatissime invenzioni nella lingua dei giorni e di
tutti dal massiccio Francesco tessute - potessimo leggerle per cosi' dire
con un balzo all'indietro, come Colli proponeva di rileggere i cosiddetti
presocratici, e potessimo rileggere Petrarca senza il petrarchismo, allora
forse nuovamente esse ci incanterebbero: ed effettualmente ci incantano. Ma
sarebbe operazione ingenua, o troppo astuta. Ormai Petrarca e' dentro di noi
come catalogo e come storia, come binomio di poesia e cultura, col corteggio
di madamigella filologia e delle ancelle al seguito (e con le voci - o numi,
o sensi... - di Maria Callas e Cathy Berberian). E forse il fatto che negli
ultimi anni sempre piu' ci assedia e ottunde e colonizza e dimidia e
mostrifica la barbarie afasica della posta elettronica e dei videocllip, del
giornalismo brachilogico e degli studi per formulari anziche' per
svolgimenti, e la scomparsa della retorica nel trionfo dei manuali aziendali
di strategia o delle fumisterie della psicoterapia di massa sempre piu'
selvaggia e cialtrona, allora, allora si': si torni a Petrarca e all'opera
sua - all'ascolto disponendosi sia ove essa incede monumentale e trionfante,
sia, e ben piu', ove essa e' tutta una sottilissima trama di silenzi e
sussurri, di movimenti del cuore, e di ragionamenti e di ragioni che la
ragione non conosce.

6. RISTAMPE. ARTHUR RIMBAUD: OPERE
Arthur Rimbaud, Opere, Mondadori, Milano 1975, 2006, pp. CXVIII + 912, euro
12,90 (in suppl. a vari periodici Mondadori). L'edizione rimbaldiana nella
collana dei Meridiani a cura di Diana Grange Fiori, con introduzione di Yves
Bonnefoy e una ricca messe di testi, documenti, apparati: un'edizione
d'indicibile venusta'. Gia' apparso anche nella collana degli Oscar nel
1992, ma anche allora come ora ristampa tout court dell'edizione del '75, e'
un volume che vivissimamente raccomandiamo, insieme - ça va sans dire - alla
classica edizione a cura di Ivos Margoni per Feltrinelli, e da accompagnare
diremmo almeno con quel saggio einaudiano di Sergio Solmi che resta nella
nostra memoria una vie regia per un appressamento al divino e tragico
fanciullo dalle suole di vento e dagli occhi di cielo.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1326 del 14 giugno 2006

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