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Voci e volti della nonviolenza. 26
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 26
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 13 Jun 2006 13:22:15 +0200
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 26 del 13 giugno 2006 In questo numero: 1. Thomas Casadei: Guido Calogero, la filosofia della mitezza 2. Et coetera 1. THOMAS CASADEI: GUIDO CALOGERO, LA FILOSOFIA DELLA MITEZZA [Dalla rivista "Una citta'", n. 103, aprile 2002 (sito: www.unacitta.it) riprendiamo la seguente intervista] - "Una citta'": Guido Calogero e' oggi conosciuto quasi soltanto dai cultori di filosofia classica, mentre la sua biografia intellettuale, ricca e variegata, e' legata anche alla politica, in particolare al liberalsocialismo... - Thomas Casadei: Il fatto che Guido Calogero - nato a Roma nel 1904, dove anche mori' nel 1986 - sia oggi principalmente conosciuto da chi si occupa di cultura classica e' sicuramente dovuto alla sua straordinaria figura di cultore delle discipline umanistiche ed in particolare ai suoi studi, fondamentali, sulla filosofia greca. Calogero non solo conosceva benissimo la storia e la cultura dell'antichita' greca e romana, ma conosceva anche il greco e il latino perfettamente - era in grado di leggerli, tradurli e parlarli speditamente - e gia' prima di laurearsi si era messo in luce per queste sue doti, che poi trovarono concreta manifestazione negli scritti profondi ed illuminanti su Aristotele, Socrate, Platone, sulla logica aristotelica e sulla filosofia delle origini, in particolare sull'eleatismo. Queste sue doti di classicista, ed il successivo interesse per la filosofia tedesca, furono il motivo per cui il suo maestro Giovanni Gentile decise di chiamarlo ad insegnare storia della filosofia a Pisa, alla neonata Scuola normale superiore. Fu proprio la' che Calogero comincio' ad interessarsi al pensiero politico e giuridico e a maturare le sue concezioni politiche - segnate dai concetti fondamentali della filosofia greca, ma anche da questioni molto "moderne" -, passando, a partire dal 1935, all'organizzazione antifascista militante. Due dei suoi principali allievi (ne ebbe tantissimi), come Gennaro Sasso, che di Calogero e' anche genero, o Claudio Cesa, quasi rimpiangono che la militanza politica e culturale, lo possa aver distolto dalla sua missione principale, impedendogli di completare in modo sistematico questi stessi studi, ed e' certo vero che Calogero inizio' (durante i periodi di confino tra il '43 e il '44) delle opere importanti, come ad esempio una storia della logica antica, che restano incompiute. Nell'ambito degli studi specificamente filosofici, Calogero - che fu sicuramente influenzato non solo da Giovanni Gentile, ma anche da Benedetto Croce, anche se poi critico' le concezioni filosofiche di ambedue - non si occupo' solo di filosofia greca, ma si interesso' a fondo anche di Hegel e di filosofia tedesca, tant'e' che subito dopo la laurea, tra il 1927 e il 1928, si reco' in Germania, ad Heidelberg, dove studio' con Karl Jaspers, Ernst Hoffmann e Heinrich Rickert. Calogero, fra l'altro, aveva un talento particolare nell'apprendimento delle lingue (Bobbio nella sua testimonianza ricorda questo aspetto con straordinaria ammirazione) e dopo il soggiorno tedesco fu in grado di tradurre anche opere complesse, come appunto le lezioni sulla filosofia della storia di Hegel. In ogni caso, comunque, fu nell'ambiente pisano che Calogero giunse a maturare le sue concezioni teorico-politiche, incentrate sul liberalsocialismo, le quali, com'e' ovvio, lo portarono ad un netto distacco da Gentile. Quest'ultimo, che come noto dominava le istituzioni universitarie pisane, aveva grandissima stima di Calogero, ma tendeva a volerlo limitare agli studi classici, certo anche a causa dei sentimenti antifascisti sempre piu' decisi di questi. Calogero sempre piu' sentiva, invece, la necessita' di uscire da quell'ambito per spaziare nell'intera storia del pensiero e soprattutto per svolgere un'opera di vigorosa resistenza culturale oltre che politica. Qualche suo allievo ricorda che, nonostante Marx fosse all'epoca proibito, egli portava in aula i testi di Marx in tedesco e li traduceva, commentandoli e discutendoli con gli studenti. In sostanza Calogero, partendo dai filosofi antichi, dalla centralita' di Socrate - interpretato come un maestro di democrazia -, faceva emergere tutti quegli aspetti etici, morali e politici, che avevano una immediata attinenza con la situazione di quegli anni. Nei suoi corsi, infatti, sottolineava continuamente l'importanza della liberta' di pensiero, il valore del dialogo, quindi i valori della democrazia, in un magistero che non era solo filosofico, ma anche civile, etico e assolutamente antifascista. A partire dalla meta' degli anni Trenta, in particolare nel 1937-'38, Calogero partecipo' alla creazione di una sorta di cenacolo, cui partecipavano personaggi come Norberto Bobbio, Aldo Capitini, Cesare Luporini, Renato Guttuso (che dedico' ad un incontro anche un disegno ormai celebre), e che costituiva un nucleo antifascista d'ispirazione liberalsocialista. Ovviamente tutto questo comincio' a creargli grossi problemi col regime. Fu in seguito al timore di perdere la cattedra che Calogero decise di laurearsi anche in giurisprudenza, pensando di diventare avvocato, cosa che poi per un po' fece nei primi anni '40, tornato a Roma. E' comunque dalla seconda meta' degli anni '30 ai primi anni '40 che la concezione liberalsocialista di Calogero si preciso' completamente. Nel 1939 pubblico' La scuola dell'uomo, un testo che attesta il passaggio del baricentro del suo interesse dalla filosofia greca ad una filosofia dell'educazione vista come elemento centrale della vita di un popolo, per giungere, appunto nel 1940-'41, al Manifesto del liberalsocialismo, redatto insieme ad Aldo Capitini. La scuola dell'uomo fu un testo che, assieme ad alcuni scritti di Capitini, ebbe una funzione straordinaria nell'aprire nuove vie di pensiero alle giovani generazioni cresciute nell'epoca fascista, che non avevano riferimenti teorici alternativi all'attualismo gentiliano, e solo in parte si ritrovavano nelle posizione cui conduceva l'idealismo di Croce (il quale polemizzo' aspramente contro l'"ircocervo" liberalsocialista), cosicche' contribuirono non poco alla formazione di una nuova coscienza radicalmente avversa alla cultura e al regime fascista. * - "Una citta'": Il liberalsocialismo di Calogero, fra l'altro, fu una delle componenti essenziali del Partito d'Azione... - Thomas Casadei: Quando Calogero, dopo aver lasciato Pisa, torno' a Roma, il processo di formazione del Partito d'Azione era gia' iniziato e in esso si saldarono (come ha messo in evidenza molto bene Giovanni De Luna nei suoi studi sul tema) diversi filoni culturali, grosso modo riconducibili a tre impostazioni fondamentali, anche se va notato che questo partito fu un laboratorio straordinario di quasi tutte le culture democratiche e progressiste non legate al marxismo. In ogni caso fra le principali ispirazioni del Partito d'Azione c'era il liberalsocialismo di Calogero e Capitini (anche se quest'ultimo non partecipo' alla fondazione del partito, perche' riteneva che non fosse un'operazione lungimirante restringere questa tensione politico-culturale all'interno di un partito ed occorresse invece continuare un'opera di disseminazione a piu' largo raggio, piu' "movimentista"), molto presente in area toscana e umbra (Firenze, Pisa, Perugia). Poi c'era il filone di La Malfa, di Ferruccio Parri, Adolfo Omodeo, Federico Chabod, dei crociani critici rispetto al liberalismo conservatore, che si riallacciava direttamente alla tradizione democratico-repubblicana risorgimentale, e che era forte soprattutto nella zona di Roma e al centro-sud. Il terzo polo, infine, era quello dei socialisti liberali e libertari, che provenivano da "Giustizia e Liberta'" e dal gobettismo, assai presente soprattutto in area torinese e in Lombardia, dove operavano personaggi come Vittorio Foa, Lelio Basso, Riccardo Lombardi, e in Sardegna, dove agiva Emilio Lussu. Nonostante il Partito d'Azione sia stato un laboratorio formidabile, queste tre anime non riuscirono tuttavia ad amalgamarsi, ed il partito oscillo' continuamente fra l'impostazione della "sinistra", l'ala rosselliana e gobettiana, e la "destra" risorgimentale, mazziniana, che alla fine prevalse, anche se, paradossalmente, i primi ad abbandonare il Partito d'Azione saranno proprio i repubblicani-mazziniani che, ispirati da Ugo La Malfa, ricostituirono il Partito Repubblicano. Calogero cerco' sempre di mediare fra queste anime; soprattutto cerco' continuamente, fedele alla sua impostazione socratica, il dialogo con tutti, e per qualche tempo, insieme a Leo Valiani, a Schiavetti, a Foa, a Tristano Codignola, resse le sorti del partito. L'insuccesso elettorale del '48, che vide il trionfo dei partiti di massa come la Dc e il Pci, fu comunque fatale al Partito d'Azione, il "partito degli intellettuali", che entro' definitivamente in crisi e si sciolse. Ma il fiume dell'azionismo si interrava solo momentaneamente, pronto a riaffiorare in mille rivoli, confluendo in una corrente sotterranea destinata ad alimentare l'intera vicenda della sinistra italiana nel secondo dopoguerra. Calogero continuo' ad avere una certa influenza in diverse correnti minoritarie del Partito socialista (al quale si iscrisse) e socialdemocratico. La fine del Partito d'Azione coincise pero' anche con la fine dell'impegno politico diretto di Calogero, che dapprima riprese a tenere corsi sia alla Normale che all'Universita' di Pisa - dove si occupo', oltre che di filosofia antica, anche di Heidegger -, per poi, nel '50, andare a Londra a dirigere l'Istituto Italiano di Cultura. Proprio l'Inghilterra rappresento' un nuovo stimolo, perche' la' ebbe modo di conoscere meglio non solo un sistema liberale consolidato, ma soprattutto l'esperienza del laburismo. E non e' forse un caso che dopo l'esperienza inglese Calogero si attestasse come studioso della filosofia antica ma anche, come dimostrano diversi suoi scritti, come teorico della politica, oltre che pubblicista, impegnato in tutte le discussioni pubbliche degli anni '60 e '70, dal divorzio al Vietnam, dalla laicita' della scuola ai problemi dell'informazione, alla pena di morte. Questo interesse per l'esperienza inglese e per il laburismo sono probabilmente alla base anche del ritorno di fiamma per l'impegno politico diretto, che Calogero ebbe nel '66, quando aderi', insieme con Bobbio ed altri, alla costituente per l'unificazione del Partito socialista con quello socialdemocratico. A questa esperienza Calogero cerco' di contribuire proprio col libro Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo, che e' del '68 ed e' un tentativo, interessantissimo sul piano teorico, di caratterizzare il neonato Partito socialista unificato nel senso di un liberalsocialismo filtrato dal laburismo. Dopo la sconfitta elettorale subita proprio nei giorni dell'uscita del libro, tuttavia, il partito si scisse nuovamente, senza essere riuscito a definire una sua forte identita' politico-progettuale. Calogero abbandono' cosi' la politica attiva, ma non la sua attivita' di opinionista, svolta principalmente su "Il Mondo" di Pannunzio e poi sul neonato "Panorama". * - "Una citta'": Il Manifesto del liberalsocialismo, come dicevi, fu redatto congiuntamente da Calogero e Capitini, che furono sempre molto amici ma che tuttavia avevano anche impostazioni abbastanza diverse... - Thomas Casadei: Calogero era sicuramente laico, anche se forse non decisamente ateo, mentre Capitini si mosse sempre all'interno di un orizzonte religioso, in particolare cristiano, seppure di un cristianesimo distinto da quello della Chiesa ufficiale. Inoltre Calogero sempre piu' evidenzio' gli aspetti giuridico-istituzionali della sua riflessione teorico-politica, mentre questo aspetto in Capitini non e' quasi presente, ed e' certo anche in virtu' di tali differenze che fra di loro nacquero delle differenze sul piano politico, a partire dal fatto che, come ho accennato, Calogero fu fra i fondatori del Partito d'Azione mentre Capitini, decisamente piu' movimentista, se ne tenne fuori. Calogero maturo' un interesse preciso per gli aspetti costituzionali e istituzionali (quindi per il rapporto tra Stato e Chiesa, per le questioni inerenti la scuola pubblica, per le relazioni fra istituzioni, partiti e sindacati) che certo interessavano anche a Capitini, ma che non erano al centro della sua riflessione. Questo elemento di distinzione tra i due era emerso gia' fra la fine degli anni '30 e i primi anni '40, quindi gia' prima del Manifesto del liberalsocialismo, ma divento' veramente discriminante nella seconda fase del loro rapporto, negli anni '60, poco prima della morte di Capitini. A partire dagli anni '40 e dalla fase liberalsocialista ognuno dei due aveva infatti elaborato un percorso particolare, anche se per ambedue il punto di partenza era una filosofia centrata sulla socialita' e sulla relazione con gli altri. Calogero addirittura scrisse un'opera sistematica, appunto Filosofia del dialogo, in cui il metodo dialogico, socratico, viene visto come consustanziale non solo alla ricerca filosofica della verita', ma anche all'esistenza di una vita politica e civile libera e aperta. Allo stesso modo, ma partendo da premesse e preoccupazioni di tipo religioso, anche Capitini elaboro' una filosofia simile, centrata sul concetto di "apertura", che collegava con la straordinaria idea gandhiana della nonviolenza. Come ha sottolineato recentemente Pietro Polito in uno studio dedicato a Capitini, le differenze fra i due emersero molto bene nel dibattito, molto pacato ed amichevole, che ebbero sulle riviste "La Cultura", fondata e diretta da Calogero, e "Azione nonviolenta", fondata e diretta da Capitini. Capitini, centrando tutta la sua elaborazione sulla nonviolenza, finiva per ritenere che l'elemento istituzionale e giuridico fosse del tutto secondario rispetto alla continua fluidita' dei rapporti, che sempre piu' sarebbero dovuti essere improntati alla nonviolenza; mentre Calogero, pur concordando sull'importanza della natura "aperta" dei rapporti umani, riteneva che questa apertura non sempre potesse mantenersi da se' e quindi l'elemento giuridico-istituzionale fosse essenziale, cosi' come, all'interno di esso, era essenziale la possibilita' dell'uso della forza perche', diceva, le leggi e le istituzioni democratiche devono poter essere difese, se necessario, anche con l'uso della forza, cosa che invece Capitini rifiutava. * - "Una citta'": Ma cosa intendeva precisamente Calogero per "filosofia del dialogo", e come si collega con la democrazia e il liberalsocialismo? - Thomas Casadei: In Calogero, come in Capitini, c'e' una visione ottimistica delle relazioni umane, che rimanda ad una visione dell'essere umano come costitutivamente aperto al mondo e agli altri; non a caso, nell'Abc della democrazia, il primo saggio del volume che ho curato, Calogero sottolinea che non solo nel dialogo intersoggettivo, ma anche nel contesto delle istituzioni democratiche, prima di parlare e' necessario ascoltare. L'ascolto, il dialogo, il rapporto fondamentale con l'altro, attraverso il quale anche l'"io" matura e si costituisce come tale (che risalgono alla concezione socratica del dialogo come strumento insuperabile della ricerca della verita' e della costruzione di se') per Calogero era quanto costituisce la nostra stessa coscienza di individui pensanti, quindi anche la nostra identita' di soggetti e di cittadini. La filosofia del dialogo come la intendeva Calogero era quindi, fondamentalmente, un'etica del comportamento, delle relazioni, che ha sicuramente uno sfondo filosofico, ma ha anche una immediata ricaduta sul terreno pubblico, politico. Per Calogero, infatti, il dialogo non e' solo costitutivo per l'individuo, ma per la societa' in quanto tale, e questo dialogo, a livello politico-sociale, e' quanto dovrebbe caratterizzare il rapporto fra le organizzazioni sociali, e fra queste e le istituzioni. In fondo, per Calogero l'etica del dialogo viene prima della metafisica, un po' quello che poi dira' anche Levinas, quando affermera' che non e' la metafisica ad essere la "filosofia prima", ma l'etica. Ma mentre in Levinas, pensatore legato alla tradizione ebraica, alla fin fine l'etica, il rapporto con l'altro, e' essenzialmente un rapporto col trascendente - quindi anche un rapporto con Dio -, in Calogero manca l'elemento della trascendenza. L'"altro", quindi, e' l'altro corporeo, la persona che incontriamo per strada, con la quale non possiamo non rapportarci. In questo senso e' vero quel che hanno notato alcuni critici, e cioe' che la filosofia di Calogero e' una filosofia profondamente volontarista, perche', in realta', non e' detto che io abbia sempre la volonta' di dialogare con l'altro. Indubbiamente la sua era una concezione molto ottimistica, da cui emerge una visione in cui la radicalita' del conflitto, presente nelle societa', dovrebbe essere stemperata attraverso l'educazione. Non a caso, in La scuola dell'uomo, l'educazione e' concepita come lo strumento non solo per trasmettere il sapere, ma soprattutto per educare civicamente gli individui, che in tal modo possono divenire "strutturalmente dialogici". Anche per tutto cio' Calogero sosteneva vigorosamente le ragioni della scuola pubblica: per lui la scuola era uno degli ambiti fondamentali in cui le diversita' - culturali, politiche, religiose - potevano incontrarsi, confrontarsi e dialogare. In ogni caso, comunque, va notato che neppure Calogero pensava che si potesse, o si dovesse, abolire il conflitto, anche se per lui pure il conflitto doveva essere "mitigato" dal dialogo. Egli sottolineava che il pluralismo e il dialogo prevedono l'antagonismo, ma un antagonismo, un conflitto mite, ed in effetti credo si possa interpretare la filosofia di Calogero come una "filosofia della mitezza" che rischia di essere debole, di cedere, proprio di fronte alla violenza, se non si radica in assetti costituzionali ben definiti. Forse anche per questo, nella sua concezione istituzionale, a fianco dei tre poteri tipici della tradizione liberale - legislativo, esecutivo e giudiziario - egli inseriva un quarto potere, quello della Corte Costituzionale, la quale, in qualche modo, avrebbe dovuto garantire che il quadro generale di convivenza non venisse messo in forte pericolo da nessuno. Credo che nella sua riflessione si possa individuare una feconda teorizzazione della democrazia costituzionale di cui oggi, nel dibattito filosofico-giuridico e filosofico-politico si discute molto. * - "Una citta'": In questa visione della Corte Costituzionale come istanza suprema non c'e' un po' la concezione di una sorta di "strumento finale", cioe' capace di depotenziare la questione della sovranita', eliminando sul nascere un problema come quello del possibile ripresentarsi del fascismo o di forme di regime? - Thomas Casadei: Sugli aspetti istituzionali, Calogero era molto in sintonia con personaggi come Piero Calamandrei, che dopo la fine del fascismo, consapevoli della debolezza della democrazia italiana, erano alquanto preoccupati di inserire nell'assetto repubblicano degli elementi di protezione della democrazia stessa, in modo tale che la democrazia fosse "armata" nei confronti di coloro che, magari usandone i metodi, la volessero tuttavia abolire. La Corte Costituzionale come "quarto potere" era vista proprio in questa funzione, che secondo Calogero o Calamandrei completava la configurazione del liberalismo perche' in grado di rintuzzare gli eventuali sconfinamenti, rispetto ai quali il liberalismo classico rischiava di essere debole. Per Calogero, infatti, l'essenza del liberalismo non era data solo dalla questione della liberta' individuale, o dalla difesa della proprieta' privata (che lui, da socialista, criticava quando diviene grande capitale o addirittura monopolio), ma soprattutto dalla buona regolamentazione dei poteri, quindi da un ordine politico all'interno del quale possono inserirsi la dialettica e il conflitto. Calogero apprezzava l'idea del liberalismo classico di governare in qualche modo il conflitto, di rendere il conflitto mite, ed in questo la Corte Costituzionale sicuramente giocava un ruolo cruciale, anche se, certamente, proprio questa concezione finiva per porre in secondo piano la questione della sovranita' in quanto fonte primaria della democrazia stessa. D'altra parte allora, a fascismo appena finito dopo una guerra disastrosa (ma la questione non e' poi cosi' remota, basti pensare a quello che e' successo in Algeria o che succede in altre parti del mondo), l'esigenza di proteggersi dal possibile ritorno di un tale mostro era primaria. Gli scritti calogeriani del primo dopoguerra risentono profondamente di questa preoccupazione e dello slancio di costruzione di un nuovo ordine politico, radicalmente diverso da quello precedente. In questo nuovo ordine il pericolo di un ritorno del fascismo o di un nuovo regime, per Calogero doveva essere appunto controllato sia dall'ordine istituzionale che, soprattutto, da un'etica democratica (come hanno sottolineato per esempio Paolo Bagnoli, Franco Sbarberi, Nadia Urbinati) che nel suo progetto e' assolutamente fondamentale anche per rendere concreta, "attuale", la filosofia del dialogo. Una robusta etica democratica connessa ad un progetto di emancipazione sociale ed economica connotano in maniera inconfondibile il pensiero politico calogeriano, in questo fortemente sintonico con quello di altre figure dell'azionismo, si pensi a Calamandrei, Tristano Codignola, Riccardo Bauer, solo per citarne alcuni. * - "Una citta'": Ma proprio questo fortissimo radicamento etico del progetto calogeriano non finisce per ridurre sostanzialmente la politica all'etica, di fatto togliendo ogni confine fra morale e diritto? - Thomas Casadei: Questo collegamento, che Calogero indubbiamente attua, fra ambito politico-giuridico ed etica, e' sicuramente il punto in cui la sua lontananza dal liberalismo classico e' piu' marcata. Va detto che Calogero criticava lo schiacciamento che il liberalismo classico aveva progressivamente avuto sul piano della pura meccanica istituzionale. E' per questo che, a mio avviso, egli attua nel liberalismo un'iniezione di repubblicanesimo, soprattutto attraverso il peso che attribuisce all'educazione civica e alla formazione di virtu' civiche e sociali. In Calogero era sicuramente presente un'istanza mazziniana che lo portava a vedere l'assetto democratico non solo come una costruzione istituzionale, ma soprattutto come un complesso di relazioni attraverso cui la sostanza della democrazia diventa guardiana, insieme alle istituzioni, contro il generarsi di nuovi mostri. Nonostante il peso che attribuiva alle istituzioni, infatti, Calogero sapeva bene che la forma, l'architettura giuridico-istituzionale, da sola non basta a scongiurare i pericoli che vengono alla democrazia. Per questo, accanto alla separazione dei poteri e alla funzione di controllo generale affidata alla Corte Costituzionale, riteneva necessaria una costante attivita' di educazione civica, etica e sociale. Solo questa educazione puo' realmente garantire che gli individui facciano prevalere il dialogo, l'organizzazione democratica del consenso, rispetto al pugno. Non bisogna del resto dimenticare che, nella fase resistenziale, Calogero nutriva una grande fiducia nella capacita' del rinnovamento antifascista, del resto condivisa coi democratici dell'epoca che, paradossalmente, avevano piu' slancio rivoluzionario dei marxisti, perche' si illudevano che veramente la rivolta antifascista potesse avviare non solo un cambiamento politico, ma soprattutto quel rinnovamento sociale e culturale che l'Italia moderna non aveva conosciuto: una vera rivoluzione democratica. E' in questo contesto che il problema morale si innesta nel discorso politico. I Calamandrei, i Capitini, i Bauer, i Calogero, i Codignola, democratici radicali, liberalsocialisti, socialisti liberali e libertari fuori dai grandi partiti di massa, contrari ad ogni finalismo salvifico, ritenevano che il nuovo ordine politico non soltanto non dovesse nascere dai patteggiamenti e dagli opportunismi delle forze sociali e politiche che avevano permesso l'affermarsi del fascismo, ma dovesse principalmente centrarsi su un rinnovamento dell'etica democratica che sostanziasse il nuovo ordine. Per loro le istituzioni dovevano essere sorrette da alcuni valori condivisi, comuni, cosicche' comportarsi in modo democratico non fosse semplicemente una regola imposta dall'esterno, ma un'abitudine, una costruzione di se'. Calogero, in uno scritto dell'epoca, si chiedeva infatti quale fosse stato l'errore del liberalismo che aveva permesso il sorgere il fascismo, e si rispondeva sostenendo che la logica liberale era certo "tutti abbiamo la liberta' di esprimere la nostra opinione", ma questa logica, lasciata a se stessa, riconoscendo la pariteticita' di tutti i discorsi, aveva finito per riconoscere implicitamente valore anche a chi contestava l'assetto liberale, che cosi' aveva posto le basi per essere abolito. Per questo, secondo lui, compito irrinunciabile delle istituzioni democratiche doveva essere quello di dire "qui si dialoga e questi sono i principi per i quali si dialoga", per cui l'istituzione impone il dialogo e lo regola, anche se non lo dirige secondo un fine prestabilito. Addirittura Calogero diceva che anche il tempo in cui uno parla deve essere regolato, perche' se uno puo' dire tutto quello che vuole per tutto il tempo che gli pare il dialogo rischia di essere gia' precluso sul nascere. E' allora contro coloro che non si attengono al principio e alle condizioni del dialogo che le istituzioni devono, anche con la forza se necessario, impedire di nuocere al dialogo stesso. In questo senso anche il suo concetto di potere politico vede questo potere essenzialmente come una sorta di istituzionalizzazione della relazione, una concezione che lo avvicina, a mio avviso, alle teorie di Francesco Saverio Merlino, ma anche alla concezione di Hannah Arendt. Per questi pensatori, come per Calogero, la liberta' non e' infatti qualcosa che puo' essere recintata, di cui si e' assoluti proprietari e che non ha rapporti con cio' che sta fuori di essa; al contrario la liberta' e' una forma di esperienza che si da' solo in rapporto con gli altri, per cui, in definitiva, se gli altri non sono liberi neanch'io posso veramente esserlo. Accennavo prima al fatto che Calogero in un certo senso corregge il liberalismo con il repubblicanesimo ed e' proprio su questo terreno che la correzione e' piu' visibile: certo ci sono i diritti, certo c'e' la liberta', ma ci sono anche i doveri, la liberta' e' limitata dai doveri. In tal modo si innestano anche le questioni, di fondamentale importanza per Calogero, dell'eguaglianza e della giustizia, perche' in una societa' ingiusta, non orizzontale ma gerarchica, il dialogo non si attua realmente. * - "Una citta'": E' su questo punto che Calogero salda socialismo e liberalismo? - Thomas Casadei: Si', ed e' proprio in questa sintesi che, secondo me, emerge l'aspetto piu' originale del suo pensiero politico: un fecondo intreccio di liberalismo, socialismo e repubblicanesimo democratico. Nel Manifesto del liberalsocialismo (non a caso scritto senza trattino), Calogero e Capitini sottolineavano che la liberta' e l'eguaglianza non sono due idee contrapposte, come invece sosteneva il liberalismo, ma due "declinazioni", due accezioni diverse ma non contrapposte, di una stessa spinta etica e politica, due facce della stessa medaglia. Per Calogero il socialismo era la forma economica necessaria affinche' ci fosse un vero dialogo sociale e politico. Anche se ovviamente per lui il socialismo non consisteva nella nazionalizzazione forzata, ma in quella forma economica per cui i lavoratori potevano "godere del frutto del loro lavoro", per usare una formula ottocentesca, in un sistema in cui il mercato, che non voleva certo abolire, fosse luogo di scambio fra uguali e non luogo per arricchimenti parassitari. 2. ET COETERA Thomas Casadei e' direttore dell'Istituto Gramsci di Forli', dottore di ricerca in Filosofia politica e assegnista di ricerca presso l'Universita' degli Studi di Modena e Reggio Emilia; collabora con diverse riviste specialistiche ed e' autore di numerosi saggi e articoli su Montesquieu, John Dewey, Hannah Harendt, Guido Calogero e Michael Walzer. Tra le opere di Thomas Casadei: (a cura di), Repubblicanesimo, democrazia, socialismo delle liberta'. "Incroci" per una rinnovata cultura politica, Franco Angeli, Milano 2004. * Guido Calogero, figura illustre della cultura e della vita civile italiana del Novecento, nato a Roma nel 1904, filosofo, antifascista, organizzatore del movimento liberalsocialista e del Partito d'Azione, e' scomparso nel 1986. Tra le opere di Guido Calogero segnaliamo particolarmente La scuola dell'uomo, Sansoni, Firenze 1939; Lezioni di filosofia, Einaudi, Torino 1946-1948; Filosofia del dialogo, Comunita', Milano 1962, 1977; Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1968, poi Diabasis, Reggio Emilia 2001. * Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it * Emmanuel Levinas e' nato a Kaunas in Lituania il 30 dicembre 1905 ovvero il 12 gennaio 1906 (per la nota discrasia tra i calendari giuliano e gregoriano). "La Bibbia ebraica fin dalla piu' giovane eta' in Lituania, Puskin e Tolstoj, la rivoluzione russa del '17 vissuta a undici anni in Ucraina. Dal 1923, l'Universita' di Strasburgo, in cui insegnavano allora Charles Blondel, Halbwachs, Pradines, Carteron e, più tardi, Gueroult. L'amicizia di Maurice Blanchot e, attraverso i maestri che erano stati adolescenti al tempo dell'affaire Dreyfus, la visione, abbagliante per un nuovo venuto, di un popolo che eguaglia l'umanita' e d'una nazione cui ci si può legare nello spirito e nel cuore tanto fortemente che per le radici. Soggiorno nel 1928-1929 a Friburgo e iniziazione alla fenomenologia gia' cominciata un anno prima con Jean Hering. Alla Sorbona, Leon Brunschvicg. L'avanguardia filosofica alle serate del sabato da Gabriel Marcel. L'affinamento intellettuale - e anti-intellettualistico - di Jean Wahl e la sua generosa amicizia ritrovata dopo una lunga prigionia in Germania; dal 1947 conferenze regolari al Collegio filosofico che Wahl aveva fondato e di cui era animatore. Direzione della centenaria Scuola Normale Israelita Orientale, luogo di formazione dei maestri di francese per le scuole dell' Alleanza Israelita Universale del Bacino Mediterraneo. Comunita' di vita quotidiana con il dottor Henri Nerson, frequentazione di M. Chouchani, maestro prestigioso - e impietoso - di esegesi e di Talmud. Conferenze annuali, dal 1957, sui testi talmudici, ai Colloqui degli intellettuali ebrei di Francia. Tesi di dottorato in lettere nel 1961. Docenza all'Universita' di Poitiers, poi dal 1967 all'Universita' di Parigi-Nanterre, e dal 1973 alla Sorbona. Questa disparato inventario e' una biografia. Essa e' dominata dal presentimento e dal ricordo dell'orrore nazista (...)" (Levinas, Signature, in Difficile liberte'). E' scomparso a Parigi il 25 dicembre 1995. Tra i massimi filosofi contemporanei, la sua riflessione etica particolarmente sul tema dell'altro e' di decisiva importanza. Opere di Emmanuel Levinas: segnaliamo in particolare En decouvrant l'existence avec Husserl et Heidegger (tr. it. Cortina); Totalite' et infini (tr. it. Jaca Book); Difficile liberte' (tr. it. parziale, La Scuola); Quatre lectures talmudiques (tr. it. Il Melangolo); Humanisme de l'autre homme; Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence (tr. it. Jaca Book); Noms propres (tr. it. Marietti); De Dieu qui vient a' l'idee (tr. it. Jaca Book); Ethique et infini (tr. it. Citta' Nuova); Transcendance et intelligibilite' (tr. it. Marietti); Entre-nous (tr. it. Jaca Book). Per una rapida introduzione e' adatta la conversazione con Philippe Nemo stampata col titolo Ethique et infini. Opere su Emmanuel Levinas: Per la bibliografia: Roger Burggraeve, Emmanuel Levinas. Une bibliographie premiere et secondaire (1929-1985), Peeters, Leuven 1986. Monografie: S. Petrosino, La verita' nomade, Jaca Book, Milano 1980; G. Mura, Emmanuel Levinas, ermeneutica e separazione, Città Nuova, Roma 1982; E. Baccarini, Levinas. Soggettivita' e infinito, Studium, Roma 1985; S. Malka, Leggere Levinas, Queriniana, Brescia 1986; Battista Borsato, L'alterita' come etica, EDB, Bologna 1995; Giovanni Ferretti, La filosofia di Levinas, Rosenberg & Sellier, Torino 1996; Gianluca De Gennaro, Emmanuel Levinas profeta della modernita', Edizioni Lavoro, Roma 2001. Tra i saggi, ovviamente non si puo' non fare riferimento ai vari di Maurice Blanchot e di Jacques Derrida (di quest'ultimo cfr. il grande saggio su Levinas, Violence et metaphysique, in L'ecriture et la difference, Editions du Seuil, Parigi 1967). In francese cfr. anche Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas, Flammarion; François Poirie', Emmanuel Levinas, Babel. Per la biografia: Salomon Malka: Emmanuel Levinas. La vita e la traccia, Jaca Book, Milano 2003. * Piero Calamandrei, nato a Firenze nel 1889 ed ivi deceduto nel 1956, avvocato, giurista, docente universitario, antifascista limpido ed intransigente, dopo la Liberazione fu costituente e parlamentare, fondatore ed animatore della rivista "Il Ponte", impegnato nelle grandi lotte civili. Dal sito dell'Anpi di Roma (www.romacivica.net/anpiroma) riprendiamo la seguente notizia biografica su Piero Calamandrei: "Nato a Firenze nel 1889. Si laureo' in legge a Pisa nel 1912; nel 1915 fu nominato per concorso professore di procedura civile all'Universita' di Messina; nel 1918 fu chiamato all'Universita' di Modena, nel 1920 a quella di Siena e nel 1924 alla nuova Facolta' giuridica di Firenze, dove ha tenuto fino alla morte la cattedra di diritto processuale civile. Partecipo' alla Grande Guerra come ufficiale volontario combattente nel 218mo reggimento di fanteria; ne usci' col grado di capitano e fu successivamente promosso tenente colonnello. Subito dopo l'avvento del fascismo fece parte del consiglio direttivo dell'"Unione Nazionale" fondata da Giovanni Amendola. Durante il ventennio fascista fu uno dei pochi professori che non ebbe ne' chiese la tessera continuando sempre a far parte di movimenti clandestini. Collaboro' al "Non mollare", nel 1941 aderi' a "Giustizia e Liberta'" e nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'Azione. Assieme a Francesco Carnelutti e a Enrico Redenti fu uno dei principali ispiratori dei Codice di procedura civile del 1940, dove trovarono formulazione legislativa gli insegnamenti fondamentali della scuola di Chiovenda. Si dimise da professore universitario per non sottoscrivere una lettera di sottomissione al duce che gli veniva richiesta dal Rettore del tempo. Nominato Rettore dell'Universita' di Firenze il 26 luglio 1943, dopo l'8 settembre fu colpito da mandato di cattura, cosicche' esercito' effettivamente il suo mandato dal settembre 1944, cioe' dalla liberazione di Firenze, all'ottobre 1947. Presidente del Consiglio nazionale forense dal 1946 alla morte, fece parte della Consulta Nazionale e della Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione. Partecipo' attivamente ai lavori parlamentari come componente della Giunta delle elezioni della commissione d'inchiesta e della Commissione per la Costituzione. I suoi interventi nei dibattiti dell'assemblea ebbero larga risonanza: specialmente i suoi discorsi sul piano generale della Costituzione, sugli accordi lateranensi, sulla indissolubilita' del matrimonio, sul potere giudiziario. Nel 1948 fu deputato per "Unita' socialista". Nel 1953 prese parte alla fondazione del movimento di "Unita' popolare" assieme a Ferruccio Parri, Tristano Codignola e altri. Accademico nazionale dei Lincei, direttore dell'Istituto di diritto processuale comparato dell'Universita' di Firenze, direttore con Carnelutti della "Rivista di diritto processuale", con Finzi, Lessona e Paoli della rivista "Il Foro toscano" e con Alessandro Levi del "Commentario sistematico della Costituzione italiana", nell'aprile del 1945 fondo' la rivista politico-letteraria "Il Ponte". Mori' a Firenze nel 1956". Tra le opere di Piero Calamandrei segnaliamo particolarmente Uomini e citta' della Resistenza, edito nel 1955 e successivamente ristampato da Laterza, Roma-Bari 1977, poi riproposto da Linea d'ombra, Milano 1994, e nuovamente ripubblicato da Laterza recentemente. ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 26 del 13 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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