La nonviolenza e' in cammino. 1325



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1325 del 13 giugno 2006

Sommario di questo numero:
1. Vandana Shiva: La guerra mondiale delle risorse naturali
2. Lidia Menapace: Le rose e l'abisso
3. Nicoletta Crocella: Una donna, tutte le donne
4. Giulio Vittorangeli: Come in uno specchio: la Sicilia tra elezioni e
immigrazione
5. Patricia Lombroso intervista John Sifton
6. Enrico Peyretti: Due citazioni weiliane in guisa di postilla alla
recensione di Marco Deriu all'ultimo libro di Gabriel Kolko
7. Marinella Correggia: Un milione di firme contro l'euronucleare
8. Maria Pace Ottieri: Donne, quando la violenza e' globale
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. VANDANA SHIVA: LA GUERRA MONDIALE DELLE RISORSE NATURALI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 giugno 2006. Vandana Shiva, scienziata
e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente
nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come
studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture
native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti
ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli
di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e
programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere
di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990;
Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria,
Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma
2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo
sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre
dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione,
Utet, Torino 2005]

Guerre per il petrolio, guerre per l'acqua, guerre per la terra, guerre per
l'atmosfera: e' questo il vero volto della globalizzazione economica, la cui
sete di risorse sta oltrepassando i limiti della sostenibilita' e della
giustizia. Dove c'e' petrolio, c'e' conflitto.
Per quanto si voglia stendere sull'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq (e
sulla minaccia di un'invasione dell'Iran) la patina di una guerra culturale,
la vera questione era ed e' il controllo del petrolio. Il servizio in
copertina del 22 maggio 2006 di "Time Magazine", The Deadly Delta, era
dedicato ai conflitti che il petrolio ha scatenato nel delta del Niger.
"Newsweek" del 15 maggio 2006 conteneva articoli sulla politica del petrolio
come "Arte nera".
Il petrolio e' diventato la base della strategia di Hugo Chavez in Venezuela
e di Evo Morales in Bolivia per tracciare una mappa post-globalizzazione e
post-imperialista del mondo.
Come il petrolio, l'acqua sta diventando fonte di guerre perche' viene
mercificata e privatizzata, incanalata e trasferita per lunghe distanze. Le
grandi dighe deviano l'acqua dai sistemi naturali di drenaggio dei fiumi.
Alterando il corso di un fiume si modifica anche la distribuzione
dell'acqua, specialmente se questa viene trasferita da un bacino all'altro.
La modifica dei corsi d'acqua molto spesso genera dispute tra stati, dispute
che si trasformano rapidamente in conflitti tra governi centrali e stati.
In India, tutti i fiumi sono diventati oggetto di conflitti irrisolvibili
sulla proprieta' e la distribuzione dell'acqua. Anche il rapimento del
popolare attore del cinema indiano Rajkumar da parte del bandito della
foresta Veerappan, nel 2000, era collegato a un conflitto tra gli stati
Karnataka e Tamil Nadu per l'acqua del fiume Kaveri. Nelle Americhe, il
conflitto tra Stati Uniti e Messico per il fiume Colorado si e'
intensificato negli ultimi anni.
Le acque del Tigri e dell'Eufrate, che hanno alimentato l'agricoltura per
migliaia di anni in Turchia, Siria e Iraq, sono state la causa di grossi
scontri fra i tre paesi. Entrambi i fiumi nascono in Turchia, la cui
posizione ufficiale e': "L'acqua e' nostra tanto quanto il petrolio iracheno
e' iracheno".
In una certa misura, la guerra tra israeliani e palestinesi e' una guerra
per l'acqua. Il fiume conteso e' il Giordano, usato da Israele, Giordania,
Siria, Libano e Cisgiordania. Le grandi coltivazioni agricole di Israele
necessitano dell'acqua del fiume, oltre che di quella freatica della
Cisgiordania. Sebbene solo il 3% del letto del fiume Giordano si trovi in
Israele, esso garantisce il 60% del suo fabbisogno d'acqua.
La guerra del 1967 e' stata in effetti una guerra per l'occupazione delle
risorse idriche provenienti dalle alture del Golan, dal mare di Galilea, dal
fiume Giordano e dalla Cisgiordania. Come osserva lo studioso mediorientale
Ewan Anderson, "la Cisgiordania e' diventata una fonte cruciale di acqua per
Israele, e possiamo affermare che questa considerazione sopravanza altri
fattori politici e strategici".
I finanziamenti della Banca mondiale e della Banca per lo sviluppo asiatico
(Adb) stanno scatenando anch'essi guerre per l'acqua tra stati e cittadini.
Ad esempio, quando e' stata costruita una diga sul fiume Banas in Rajasthan
per deviarne il corso verso le citta' di Jaipur e Ajmer, cinque abitanti di
un villaggio che chiedevano di poter accedere all'acqua per l'uso locale
sono stati uccisi dalla polizia, il 26 agosto 2005. Il gigantesco
River-Linking Project, un progetto da 200 miliardi di dollari Usa, prevede
che vengano costruite dighe e che siano deviati tutti i fiumi dell'India, e
certamente causera' milioni di guerre per l'acqua.
*
Invece di riconoscere che l'impronta ecologica della globalizzazione sta
distruggendo la terra e le persone, la nuova elite culturalmente e
intellettualmente sradicata parla di "troppe persone" sul territorio. Essa
parla persino di risorse naturali come di un relativo svantaggio.
Un recente articolo del ministro delle finanze del Kerala era intitolato:
"Quando le risorse naturali sono una minaccia per le nazioni: relativo
svantaggio" (Alok Sheel, When Natural Resources Are A Menace For Nations:
Comparative Disadvantage, "Financial Express", 12 aprile 2006). L'articolo
afferma: "L'idea che le risorse naturali possano contribuire al relativo
svantaggio delle nazioni e' relativamente recente. Se lo stato non e' in
grado di mantenere l'ordine pubblico, le attivita' economiche crollano o
migrano. Le risorse naturali pero' non possono migrare, e sono facile preda
dei gruppi militanti". L'autore continua affermando: "Le risorse naturali
non hanno valore economico alla fonte. Quindi cio' che conferisce loro
valore economico sono le vie d'accesso - in continuo aumento - attraverso
cui entrare nel commercio globale grazie all'abbassamento delle barriere
commerciali".
Questa liberalizzazione del commercio sta permettendo alle corporations di
violare lo spazio ecologico delle comunita' locali, scatenando cosi' i
conflitti. Per le popolazioni locali, le risorse naturali come la terra o
l'acqua hanno decisamente un valore. Negare valore alla fonte significa
negare i diritti primari e gli usi primari della terra e dell'acqua. E'
cosi' che le economie neoliberiste creano un vicolo cieco ecologico e
sociale e possono ridefinire le risorse naturali, la base stessa della vita,
come "minaccia" e "relativo svantaggio".
Il problema non sta nelle risorse naturali, ma nel libero commercio e nella
globalizzazione. Il problema non sta nelle persone ma nell'avidita' delle
corporations e nelle alleanze tra le corporations e gli stati per usurpare
le risorse delle persone e violare i loro diritti fondamentali.
Se la globalizzazione procedera' senza sosta, queste guerre per le risorse
aumenteranno ed essa stessa sara' fermata dalle catastrofi ecologiche e dai
conflitti per le risorse - oppure, i movimenti per la sostenibilita'
ecologica e per la giustizia sociale riusciranno a resistere all'inganno
economico della globalizzazione gettando le fondamenta per una Democrazia
della Terra, in cui sia possibile abitare la terra con leggerezza e
distribuire le sue risorse vitali in modo equo.

2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: LE ROSE E L'ABISSO
[Dal quotidiano "Liberazione" dell'11 giugno 2006. Lidia Menapace (per
contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa
alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni
politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte
degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani
e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Un cesto di rose e margherite (una vera dichiarazione d'amore) e' stata
consegnata al nostro gruppo al Senato per me. E da chi? Da tre associazioni
di militari democratici che in un comunicato stampa hanno poi anche
riconfermato la loro piena solidarieta', la contentezza che io sia comunque
nella commissione e offrendo una futura collaborazione. Segnali di questo
genere ne avevo avuti anche prima del fattaccio.
*
Ringrazio naturalmente moltissimo questi militari democratici, come tutte le
donne, i compagni, i giovani, le ragazze, insomma le moltissime persone
solidali e indignate.
Se De Gregorio dice di avere interpretato i timori degli Alti Comandi per la
mia presidenza, vuol dire che siamo messi male con la Difesa; se poi la
Difesa si sentisse rassicurata da De Gregorio, secondo me, siamo messi
ancora peggio.
Ma che cosa significa, nel profondo, questa vicenda? Molte cose, ma secondo
me politicamente soprattutto una: che abbiamo di fronte una situazione
pericolosamente instabile: un esercito professionale, che non conosciamo
bene. Rispetto ad uno di leva, l'esercito professionale e' piu' "politico",
piu' motivato, piu' esperto. Forse negli alti comandi meno, nei quadri
intermedi di piu', e resta da esaminare la truppa. Questa - secondo me - e'
fatta di ragazzi e ragazze desiderosi di esercitare la professione militare
(non li capisco ma rispetto la loro scelta) e in piu' da ragazzi e ragazze
disoccupati e senza prospettive. Questi ultimi, vittime dell'unica politica
attiva per l'occupazione giovanile del precedente governo, o diventano del
tutto passivi o si esaltano: sono un vero problema politico e di formazione.
*
La situazione preoccupante in cui ci troviamo consiglierebbe anche di
discutere ampiamente dei modelli di difesa compatibili con la nostra
Costituzione. Mi ripromettevo, se fossi diventata Presidente, di proporre
alla commissione un'ampia indagine su tutti i modelli dei paesi europei
neutrali, che non sono affatto disarmati, ma non fanno nessuna "difesa
offensiva": sono paesi importanti, molto civili, molto interessanti. Se non
potro' fare questo in Commissione, lo si potra' sempre fare nella societa'.
Ma e' importante che tutto cio' non sia coperto da "segreto militare",
bensi' discusso pubblicamente tra i cittadini e le cittadine.
*
Manca il tempo, si direbbe, perche' appena chiuso, si spera, l'Iraq, si apre
l'Afghanistan. Se ne e' discusso nella seduta congiunta delle commissioni
Esteri e Difesa del Senato, quando il ministro Parisi e' venuto a riferire
sull'Iraq. Siamo intervenuti in parecchi e sia la compagna Palermi, che
Pisa, che Cossutta, che Del Roio che io stessa, ci siamo molto riferiti a
dichiarazioni di un senatore a vita che ha presentato delle richieste mai
soddisfatte dal precedente governo, e sono in sintesi: quando prendiamo una
decisione in ordine a missioni o inteventi militari, perche' lo facciamo?
Come lo facciamo, con quali costi (economici ed umani), con quali effetti
(di prestigio internazionale e di accesso alle risorse)? Ci sembrano domande
ragionevoli che impedirebbero di continuare a ripetere l'errore che con la
guerra si possono risolvere le situazioni, che appoggiandosi a
fondamentalismi e violenze si possa avere qualche risultato, dato che Hamas,
la resistenza fondamentalista irachena e i Talebani in Afghanistan parlano
chiarissimo.
Insisterei su una posizione di questo tipo prima di qualsiasi decisione e mi
permetto di ricordare al capo dello Stato che la sua posizione di
"illuminato consigliere" non e' una funzione di indirizzo e quindi deve
essere esercitata dopo e non prima delle informazioni, discussioni,
decisioni del Parlamento e del governo.
Ho come l'impressione che si e' aperta una voragine in un terreno tutto
coperto e segreto: facciamo di tutto perche' non si richiuda e questo
vergognoso episodio che abbiamo dietro alle spalle sara' servito a qualcosa.

3. RIFLESSIONE. NICOLETTA CROCELLA: UNA DONNA, TUTTE LE DONNE
[Ringraziamo Nicoletta Crocella (per contatti: stellecadenti at tiscali.it) per
questo intervento. Nicoletta Crocella, poetessa, artista, operatrice
culturale, e' impegnata nell'associazione "Stelle cadenti" e nella casa
editrice omonima. Tra i suoi libri segnaliamo particolarmente Attraverso il
silenzio, Stelle Cadenti, Bassano in Teverina (Vt) 2000; Icone, Stelle
Cadenti, Bassano in Teverina (Vt) 2002]

Una donna non deve disturbare il manovratore, neanche se ha piu' di 80 anni
ed e' una senatrice della repubblica: pensare di metterla alla presidenza di
una commissione importante come quella sulla Difesa e' una offesa alle forze
armate, alle gerarchie, al governo stesso del paese. Quindi qualsiasi uomo
che passi di li', forte di certe amicizie, puo' organizzare la sua
rivincita... eserciti e difesa sono cose da uomini e non potra' cambiare le
cose una imbelle pacifista nonviolenta, che per di piu' non ama le frecce
tricolori e lo scempio di risorse e territorio che questo gioco maschile
comporta.
Non conta se si sono traditi dei patti, si e' tramato nel silenzio: la
politica non e' per le anime belle, e' cosa da uomini forti e senza
scrupoli. Uomini che in questo caso sono trasmigrati da un polo all'altro,
da un gruppo a un altro, non in nome della difesa aperta e leale di scelte e
principi, ma per ricerca di uno spazio di potere.
Non si dimettera' quel signore, non chiedera' scusa, si vanta di aver
salvato la patria, le gerarchie dell'esercito, la volonta' della
maggioranza.
*
Come non apprezzare in tutto questo la serena fermezza di Lidia, che non
demorde, e determinata tiene chiaramente la rotta: non sanno questi uomini
protervi quante abilita' sviluppa una donna nella sua vita tra privato e
pubblico, e Lidia e' di quella generazione che ha saputo tenere insieme
tutto, gli affetti, la gestione del quotidiano, le abilita' tipicamente
femminili - che beffardamente sciorina ad uno sciocco parlamentare
trionfante dello sgambetto fattole -, e lo studio, l'impegno, la
partecipazione, la politica.
E queste abilita' si vedranno, e daranno certo del filo da torcere,
creeranno strappi e rattoppi, e lo sappiano quegli altri, che per
difficolta' e fragilita' non portano a fondo una richiesta di dimissioni,
paghi dell'assicurazione che quel signore non abbandona la coalizione, anzi,
assicura fedelta' al governo e alla coalizione...
E tutti quanti dovranno ancora una volta sapere che Lidia non e' sola, ma e'
una di noi, una donna che ha competenze, energie, capacita' per affrontare
un cammino difficile ed irto di trappole. L'offesa fatta a lei e' fatta ad
ogni donna che vuole impegnarsi e portare limpidezza e chiarezza nell'agire
politico: gli uomini non danno alcun peso alla persona, possono passare
sopra, insultare, aggredire, mentire in nome del risultato, e magari subito
dopo fare sorrisi e strette di mano, questa e' la politica!
Gia' portare a trasparenza lo scontro subdolo penso sia un passo nella
direzione migliore: niente giochi sottobanco, niente accordi segreti.
E noi stiamo a guardare, con occhi attenti e cuore fermo, pronte a parlare,
pretendere, gridare, perche' ci sia un cambiamento che porti infine il
nostro segno.

4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: COME IN UNO SPECCHIO: LA SICILIA TRA
ELEZIONI E IMMIGRAZIONE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori
di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da
sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Sicilia, Cassibile, nei pressi di Siracusa, sulla strada per il mare. I
libri di storia la ricordano per la firma dell'armistizio nella seconda
guerra mondiale, dopo lo sbarco delle truppe degli alleati nell'isola.
Per me e' diventata, come si dice, "una stagione del cuore", da quando venti
anni fa degli amici carissimi decisero di trasferirsi da Tuscania in
Sicilia.
Vent'anni non sono pochi, ricordo tutti i viaggi fatti, prevalentemente
d'estate, in macchina o con il treno, altre volte in aereo. Non era, e non
e', una questione di ferie, quanto un pretesto per rinsaldare l'amicizia,
piu' forte di qualsiasi distanza geografica.
Cosi' come i pomeriggi e le serate intere trascorse a parlare di tutto, gli
amori e le separazioni, i legami e le sparizioni, la politica e la mafia;
fino a spaccare il capello in quattro.
Ed allora come non entusiasmarci per la candidatura di Rita Borsellino; come
non tornare a sperare. Certo, il responso elettorale ha confermato alla
presidenza della Regione Toto' Cuffaro e la maggioranza di centrodestra che
da cinque anni lo sostiene, ma, piccola consolazione, non con lo stesso
apporto di voti della volta precedente. Non e' stato, come egli sperava, un
plebiscito.
Di contro lo schieramento del centrosinistra puo' contare adesso sulla
presenza nell'Assemblea regionale di Rita Borsellino che pur perdendo nella
sfida con Cuffaro ha mostrato durante la campagna elettorale carisma e
grinta raccogliendo tra l'altro piu' voti di quelli riportati dallo
schieramento che la sosteneva.
*
Una realta' non facile quella siciliana, un intrecciarsi storicamente di
speranze ed aspettative spesso andate deluse. Fino ai giorni nostri
caratterizzati dal fenomeno dell'immigrazione.
Quasi giornalmente si puo' parlare di "strage di immigrati"; di barconi
naufragati nei pressi dell'isola. Di viaggi della disperazione finiti in
tragedia. Lo scenario e' sempre lo stesso, quello delle agitate acque del
Canale di Sicilia, definito "ormai un cimitero a cielo aperto", uno dei
principali varchi marini di cui molti immigrati clandestini si servono per
arrivare in Italia. Disposti a viaggiare per giorni in condizioni disumane,
con la sola forza della speranza.
Chi fortunosamente riesce a raggiungere le nostre coste, e' inevitabilmente
destinato ad essere rinchiuso nei centri di permanenza temporanea (Cpt); o
in alternativa ad accettare forme di lavoro molto vicine alla schiavitu',
come e' successo ai lavoratori immigrati stagionali di Cassibile.
"Nelle campagne raccolgono patate dall'alba al tramonto. Arano la terra con
le mani. Piu' ne scavano e piu' guadagnano punteggi, piu' cassette riempiono
piu' possibilita' hanno di lavorare il giorno dopo. E' la legge dei
negrieri, dei cinque o sei grandi imprenditori del siracusano che ogni anno
di questi tempi fanno fortuna con le braccia degli immigrati, meglio se
clandestini. A Cassibile e dintorni li conoscono tutti ma non compaiono mai.
Il lavoro sporco lo fanno fare ai caporali, tre-quattro persone, anche loro
straniere, che tutte le mattine tra le 4 e le 5 si appostano nella piazza
principale del paese e selezionano i braccianti da spremere nei campi.
Scrutano prima le loro condizioni fisiche, le loro origini e poi strizzano
l'occhio ai 'fortunati' del giorno, quindi li caricano sui furgoni. Hanno un
budget di 50 euro per ogni persona che reclutano, ma un terzo se lo
trattengono per l'intermediazione. E questo fa arrabbiare non poco gli
operai" (Massimo Giannetti da "il manifesto" del 6 giugno 2006).
A tutto questo si aggiunge la situazione drammatica in cui sono costretti a
vivere. Tende arrangiate nascoste tra gli arbusti, nessuna fonte di acqua
corrente, assenza totale di servizi; se non per una tenda di Medici senza
frontiere, che da fine aprile ha installato un presidio medico. La
situazione e' a dir poco vergognosa, e facilmente strumentalizzabile. Cosi'
mentre da una parte c'e' chi si fa in quattro per dare una mano ai
lavoratori immigrati stagionali, dall'altro c'e' chi chiede le maniere forti
per mandarli via. Il 31 maggio circa duecento persone sono scese in piazza
per protestare contro la presenza degli immigrati e qualche giorno dopo un
incendio ha distrutto parte dell'accampamento dei lavoratori stagionali.
*
Questa situazione e' specchio di una realta' che coinvolge l'intera Italia,
e conferma che e' necessario da subito cambiare radicalmente le strategie
sull'immigrazione; perche' anche su questo si misura il senso di civilta' e
di dignita' umana di un intero popolo.

5. RIFLESSIONE. PATRICIA LOMBROSO INTERVISTA JOHN SIFTON
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 giugno 2006.
Patricia Lombroso e' corrispondente da New York del quotidiano; ha
pubblicato in volume una raccolta di sue interviste a Noam Chomsky dal 1975
al 2003: Noam Chomsky, Dal Vietnam all'Iraq. Colloqui con Patricia Lombroso,
Manifestolibri, Roma 2003.
John Sifton e' impegnato nella ong "Human Rights Watch"]

"Il soldato Corsetti era conosciuto come 'il principe della tortura' a
Bagram, in Afghanistan, e con i suoi metodi criminali di interrogatorio ha
causato la morte di due persone innocenti, il 4 e 5 dicembre del 2002. E'
stato assolto da un tribunale militare. Il massacro perpetrato dai marines
il 15 marzo scorso ad Ishaqui, in Iraq, per il Pentagono non c'e' mai stato,
malgrado le prove video della Bbc. La strage di 24 civili innocenti ad
Haditha e' stata coperta da un silenzio criminale per cinque mesi. E' questo
che il governo americano chiama 'fare giustizia'? Vogliamo sia resa pubblica
tutta la documentazione sulle regole d'ingaggio relative alla licenza di
uccidere e torturare civili, che il Pentagono e la Casa bianca hanno
secretato. Human Rights Watch chiede altresi' una inchiesta indipendente dal
Congresso e dai militari". E' con questo aspro j'accuse che inizia
l'intervista con John Sifton che per l'organizzazione Human Rights Watch si
occupa di prigioni segrete e torture inflitte da militari, da agenti della
Cia e del Pentagono in Afghanistan.
*
- Patricia Lombroso: Da anni la vostra organizzazione denuncia i criminali
metodi di tortura degli americani in Afghanistan. Qual e' l'aspetto piu'
inquietante di queste inchieste-farsa condotte dai comandi militari Usa?
- John Sifton: E' semplicemente scandaloso che uno dei piu' biechi
torturatori dell'esercito americano, responsabile della morte per tortura di
due detenuti innocenti nel carcere di Bagram nel dicembre 2002 sia assolto.
E' ancora piu' scandaloso che il capitano Carolyn Wood, comandante a Bagram,
e Christopher Beiring, entrambi responsabili delle tecniche di tortura da
applicare durante gli interrogatori, abbiano ottenuto immunita' e promozione
ad Abu Ghraib, pur essendo perfettamente a conoscenza degli abusi e delle
torture omicide inflitte dai soldati durante gli interrogatori. Abusi
sessuali e sevizie erano all'ordine del giorno nelle carceri afghane
inaccessibili a ogni controllo. Le testimonianze dei sopravvissuti di
Bagram, Kandahar, delle prigioni segrete della Cia ai confini col Pakistan,
sono state rese note da Amnesty International, dalla Commissione dei diritti
dell'Uomo delle Nazioni Unite e dal Rapporto Bassiouni, del marzo 2004.
*
- Patricia Lombroso: Chi erano gli innocenti morti a Bagram?
- John Sifton: Dilawar era un conducente di taxi afghano, non aveva nulla a
che fare con i talebani. Caduto nelle mani degli americani il 28 novembre
del 2002 a Bagram, quando e' giunto nella camera degli interrogatori e'
stato preso a calci e colpito selvaggiamente alle gambe, subendo la
spaccatura del perone. Le tecniche di tortura autorizzate comprendevano
deprivazione del sonno per 36-72 ore consecutive, nudo e incappucciato. In
cella e' stato appeso con mani e piedi incatenati al soffitto per tre giorni
consecutivi. Il 4 dicembre e' stato trovato in cella morto. Habidullah, il
detenuto afghano n. 412, e' stato spedito a Bagram dagli agenti Cia il 30
novembre 2002, e ha subito analoghe torture. Quando e' morto, il 5 dicembre,
il capitano Beiring che comandava i militari che conducevano gli
interrogatori ha dichiarato che il decesso era avvenuto "per cause
naturali". Nessuno dei soldati e dei comandanti (27 responsabili in
Afghanistan sino al 2003) e' stato incriminato o processato. Tutti loro si
appellano alle regole d'ingaggio che definiscono i loro metodi di
interrogatorio "standard e procedura normale".
*
- Patricia Lombroso: In che consistono le regole d'ingaggio in Afghanistan,
ad Abu Ghraib in Iraq e a Guantanamo?
- John Sifton: Conosciamo solo le direttive generali approvate nel febbraio
2002 dal memorandum della Casa Bianca. Redatte dall'attuale ministro della
giustizia Alberto Gonzalez, approvate da Rumsfeld e sottoscritte da Bush,
escludono dai diritti garantiti dalla Convenzione di Ginevra i detenuti
catturati sul campo di battaglia come "nemici combattenti". Ma noi vogliamo
che il governo Usa renda pubbliche le "regole d'ingaggio" e i documenti
relativi alle istruzioni impartite da Rumsfeld sull'esclusione o
l'applicazione di determinate tecniche di tortura in Afghanistan, documenti
che il Pentagono ha secretato. La "National Lawyers Guild", sezione
"Military Task Force", ha gia' fatto ricorso al tribunale federale perche' i
documenti siano resi pubblici, facendo riferimento a tre eventi specifici:
Falluja, la sparatoria contro l'auto che portava Giuliana Sgrena, nel corso
della quale mori' Nicola Calipari, la strage di Haditha.

6. RIFLESSIONE. ENRICO PETRETTI: DUE CITAZIONI WEILIANE IN GUISA DI POSTILLA
ALLA RECENSIONE DI MARCO DERIU ALL'ULTIMO LIBRO DI GABRIEL KOLKO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa
postilla che estraiamo da una piu' ampia lettera in cui en passant faceva
riferimento al recente libro di Gabriel Kolko, Il libro nero della guerra
(Fazi, Roma 2005), e alla recensione di Marco Deriu apparsa su "Lo
straniero" e riportata ne "La domenica della nonviolenza" n. 77 dell'11
giugno 2006.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio,
ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con
altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio",
che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi
"Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research
Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi
per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della
rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Gabriel Kolko (1932), storico e docente universitario statunitense, e'
autore di una quindicina di libri tradotti in diciannove lingue; ha
insegnato nelle universita' di Pennsylvania, Buffalo e York (Canada);
attualmente risiede ad Amsterdam. Tra le opere di Gabriel Kolko pubblicate
in Italia: Ricchezza e potere in America, Einaudi, Torino 1964; Le radici
economiche della politica americana, Einaudi, Torino 1970; (con Joyce
Kolko), I limiti della potenza americana. Gli Stati Uniti nel mondo dal 1945
al 1954, Einaudi, Torino 1975; Il libro nero della guerra, Fazi, Roma 2005.
Marco Deriu, sociologo e saggista, docente universitario, e' stato direttore
della rivista "Alfazeta" dal 1996 al 1999; consulente culturale per diversi
enti pubblici e privati, segue in particolare la progettazione e le
attivita' del "Laboratorio per la cultura della pace" dell'assessorato ai
servizi sociali della Provincia di Parma. Tra le opere di Marco Deriu: (a
cura di), Gregory Bateson, Bruno Mondadori, Milano 2000; (a cura di),
L'illusione umanitaria. La trappola degli aiuti e le prospettive della
solidarieta' internazionale, Emi, Bologna 2001; (a cura di, con Pietro
Montanari e Claudio Bazzocchi), Guerre private, Il ponte, Bologna 2004; La
fragilita' dei padri. Il disordine simbolico paterno e il confronto con i
figli adolescenti, Unicopli, Milano 2004; Dizionario critico delle nuove
guerre, Emi, Bologna 2005.
Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa,
militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria,
operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti,
lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a
lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione,
sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna
come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della
Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

... sulle vere cause allo stesso tempo profonde e sciocche della guerra,
gia' viste da Simone Weil quando scrive: "Il prestigio, ossia l'illusione,
e' nel cuore stesso del potere" (Non ricominciamo la guerra di Troia, 1937),
e "L'esercizio della forza e' un'illusione. Nessuno la possiede; essa e' un
meccanismo" (Quaderni III, p. 198).

7. INIZIATIVE. MARINELLA CORREGGIA: UN MILIONE DI FIRME CONTRO
L'EURONUCLEARE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 maggio 2006. Marinella Correggia e'
una giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, della pace,
dei diritti umani, della solidarieta', della nonviolenza. Tra le sue
pubblicazioni: Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, Milano
2000, 2002]

Sette governi - Cina, Unione Europea, India, Giappone, Corea del Sud, Russia
e Stati Uniti d'America - portano avanti il progetto di cooperazione
scientifica e tecnologica Iter verso la fusione nucleare, ovvero
l'imitazione del Sole e delle altre stelle. A differenza della fissione,
universalmente utilizzata finora per produrre energia, la fusione non
implicherebbe il trasporto di materiale radioattivo, tantomeno la produzione
di scorie destinate a essere un incubo per secoli; inoltre in caso di
malfunzionamento la reazione di interromperebbe.
Ma l'associazione internazionale Friends of the Earth ritiene la ricerca
Iter "irresponsabile, non solo perche' permarrebbero i rischi di
proliferazione nucleare e contaminazione radioattiva, ma anche per i 3,6
miliardi di euro che la Commissione europea ci spendera'. Da cinquant'anni
si dice che questa nuova tecnica sara' pronta entro pochi decenni". Il
gruppo francese Sortir du nucleaire, che riunisce 700 organizzazioni e
14.000 individui, ha detto all'"International Herald Tribune" che il
messaggio nascosto nell'Iter e': "Non cambiate i modelli di consumo, avremo
presto energia illimitata"; una chimera che stornera' gli sforzi dalle
soluzioni verdi alla crisi climatica.
Gli Stati Uniti per l'anno fiscale 2006 hanno destinato all'Iter 25 milioni
di dollari, e Bush ne ha richiesti 60 per il 2007. Ma parallelamente
l'amministrazione del paese, che e' il maggior detentore di bombe atomiche e
l'unico ad averle mai usate, sottolinea il bisogno strategico di nuove
centrali energetiche a fissione (ne ha gia' 104 che danno il 20%
dell'energia elettrica la' utilizzata), "per proteggere l'ambiente". Bush ha
spesso citato la Francia, che ha costruito 79 centrali dal 1970; e la Cina
che ne ha nove e prevede di costruirne altre 40. Dal canto suo la Russia
sostiene di avere "piena coincidenza di intenti con gli Usa in materia; le
differenze sono solo tattiche".
Dunque siamo ancora li': sognando la fusione, i programmi nucleari attuali
si basano sulle centrali a fissione con il loro contorno di pericoli,
scorie, confini incerti fra uso energetico e uso militare. Paradossalmente,
nel ventesimo anniversario di Chernobyl, in tutta Europa l'industria
nucleare incrementa le pubbliche relazioni e la lobby politica per
convincere popolazioni e governi. A livello politico sembra esserci un
maggior favore generale rispetto al miglioramento delle centrali esistenti e
all'estensione delle loro licenze di operativita'. Dopo anni di moratoria,
si stanno costruendo anche in Europa nuovi impianti, o almeno ci si sta
pensando: soprattutto in Finlandia, Gran Bretagna, Francia.
Una situazione che ha spinto oltre cento associazioni di diversi paesi
europei ad aderire alla petizione promossa da Atomstop, Friends of the Earth
Europe, Global 2000, Sortir du Nucleaire, Wise e Women for Peace.
L'obiettivo, rispetto al quale tutti possiamo diventare attivisti, e'
raccogliere entro ottobre un milione di firme per chiedere a Commissione,
Parlamento e stati membri di fermare o prevenire la costruzione di nuove
centrali; di lanciare un piano per l'abbandono del nucleare in Europa; di
investire nel risparmio energetico e nello sviluppo di energie rinnovabili;
di porre fine al trattato Euratom che sovvenziona massicciamente l'energia
nucleare con denaro pubblico (i moduli della petizione nel sito:
www.million-against-nuclear.net).
La campagna spiega il "no" in sei punti precisi: i rifiuti tossici dureranno
per generazioni; i costi sono enormi (il nucleare non sopravvivrebbe senza i
soldi dei contribuenti); le riserve della materia prima, l'uranio, si
esaurirebbero in pochi decenni anche solo all'attuale ritmo di utilizzo (e
lo ha sottolineato lo stesso esercito statunitense che si pone il problema
di ridurre gli sprechi e investire nell'efficienza); il rischio di gravi
incidenti con rilascio di materiale radioattivo e' una realta': sul pianeta
ce ne sono stati 22 dopo Chernobyl; se si considera tutto il ciclo, dalla
culla alla tomba, il nucleare emette anidride carbonica quanto una moderna
centrale termoelettrica a gas. Si potrebbe aggiungere molto altro: crea
pochi posti di lavoro, concentra energia e potere nelle mani di un pugno di
stati mentre il risparmio energetico e le rinnovabili possono decentrarli.
Per non dire delle ipocrisie: il programma iraniano, che quel paese dichiara
essere a scopi civili, e' principalmente ostacolato proprio da paesi che
sono potenze nucleari sul piano militare e ricorrono al nucleare energetico.

8. RIFLESSIONE. MARIA PACE OTTIERI: DONNE, QUANDO LA VIOLENZA E' GLOBALE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "L'Unita'" del 14
maggio 2006. Maria Pace Ottieri, giornalista e scrittrice, figlia di Ottiero
Ottieri, vive a Milano e collabora a varie testate tra cui "L'Unita'" e
"Diario". Opere di Maria Pace Ottieri: Amore nero, Mondadori, Milano 1984;
Stranieri. Un atlante di voci, Rizzoli, Milano 1997; Quando sei nato non
puoi piu' nasconderti, Nottetempo, Roma 2003; Abbandonami, Nottetempo, Roma,
2004]

Secondo dati del Consiglio d'Europa, la violenza domestica sarebbe la
principale causa di morte o di attentato alla salute delle donne tra i 16 e
i 44 anni, piu' degli incidenti stradali e del cancro.
Le statistiche variano considerevolmente da Paese a Paese, ma non c'e' Paese
che ne sia indenne. In India, circa 15.000 donne sono assassinate ogni anno
a causa della dote, la maggior parte bruciate nella loro cucina per
camuffare il crimine da incidente. In Bangladesh centinaia di donne vengono
sfigurate, accecate e uccise dall'acido. In Pakistan, ogni anno, sono piu'
di mille a morire assassinate in nome dell'onore. In Sudafrica si stuprano
147 donne al giorno e negli Stati Uniti una ogni 90 secondi.
La violenza contro le donne raggiunge proporzioni epidemiche durante i
conflitti: in Ruanda, in Bosnia, nella Repubblica Democratica del Congo, gli
stupri di massa sono stati utilizzati in modo sistematico come arma di
guerra tanto dai belligeranti che dai rappresentanti delle Nazioni Unite
inviati a proteggere le popolazioni. Senza contare gli altri effetti delle
guerre, il fatto che la maggior parte dei rifugiati siano donne e bambini e
che molte di loro molte siano costrette a vendere il proprio corpo per
sopravvivere.
La tratta delle donne e' diventata piu' redditizia del commercio di droga.
L'Oim (Organizzazione mondiale delle migrazioni), stima che ogni anno circa
quattro milioni di ragazze vengano vendute come prostitute, mogli o schiave.
Solo la Bielorussia "esporterebbe" dieci milioni di ragazze, mentre la
Germania ne importerebe cinquantamila all'anno.
Eppure i crimini contro le donne sfuggono spesso a controlli e sanzioni: di
tutti i delitti del pianeta, l'aggressione sessuale e' quello per cui gli
autori rischiano meno di essere perseguiti. Certi Paesi non hanno leggi,
altri ne hanno di imperfette che puniscono solo alcune categorie di crimini,
e quelli che hanno leggi adeguate non sempre le applicano fino in fondo.
Molti episodi di violenza sessuale finiscono per passare sotto silenzio
anche perche' ci sono ragioni precise che impediscono alle vittime di
segnalarle: la paura di rappresaglie, la dipendenza economica ed emotiva e
l'impossibilita' di essere risarcite.
*
La violenza sessuale riguarda in primo luogo gli uomini, ma viene percepita
come una "faccenda di donne" e camuffata da emergenza, quando la maggior
parte delle aggressioni sessuali sono perpetrate nella vita quotidiana di
societa' in pace. E' facile anche focalizzarsi su casi estremi, quando si
tratta di un fenomeno endemico che riguarda le societa' arcaiche e quelle
avanzate, piu' di ogni altro crimine ignora le barriere sociali ed
economiche e attraversa tutti gli strati sociali, tutti i gradi di
istruzione, le grandi citta' e la provincia.
Chi si occupa di donne maltrattate sa bene che gli stupratori, gli uomini
che le picchiano e le umiliano non sono maniaci o devianti, ma in primo
luogo mariti, conviventi, fidanzati o parenti stretti nel caso di violenza
su minori.
Le psicologhe del Centro Antiviolenza Cerchi d'Acqua di Milano confermano
che oltre la meta' dei violenti denunciati dalle donne che a loro si
rivolgono sono professionisti, dirigenti, impiegati, "professori" che
pensano di poter agire in tutta impunita', per via della loro posizione
sociale.
Stupratori e aggressori si annidano nelle famiglie normali, la cultura che
li rende tali e' anche la nostra e tuttavia la percezione maschile
"ufficiale" continua a essere quella del rifiuto di ogni implicazione nelle
aggressioni sessuali, gran parte degli uomini non riconosce nemmeno il
problema e ancora meno accetta di ammettere una propria responsabilita'
nelle violenze subite dalle donne e questo rende estremamente difficile
combattere questi comportamenti.
La lotta contro la violenza sessuale non ha niente di un'impresa esotica che
mira a risolvere i problemi di Paesi stranieri e lontani, bisogna trovare il
coraggio di guardare dentro le nostre case e i nostri rapporti, uomini e
donne insieme, perche' negare all'altro il diritto di vivere con dignita'
significa contribuire anche al proprio annientamento. Chi altri se non le
donne, con la loro esperienza degli ultimi trent'anni, possono aiutare gli
uomini nella lotta di liberazione dalla prigionia di un'identita' costruita
per generare violenza?

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1325 del 13 giugno 2006

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