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La nonviolenza e' in cammino. 1322
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1322
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 10 Jun 2006 00:17:31 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1322 del 10 giugno 2006 Sommario di questo numero: 1. Luciano Bonfrate: Ballata delle bare, dei salici e di altre cose ancora che e' doloroso e necessario dire 2. Pierluigi Consorti: Una lettera al Presidente del Consiglio 3. Ettore Masina: Nostra madre la Costituzione 4. Lidia Menapace: Da dove cominciare? 5. Agnese Ginocchio: Con Lidia 6. Floriana Lipparini: Con Lidia 7. Associazioni e "Nuovo giornale dei militari" solidali con Lidia Menapace 8. Donne in nero: Per Lidia 9. "Facciamo breccia": Una donna troppo diversa 10. Sara Menafra intervista Lidia Menapace 11. Enrico Peyretti: La festa della morte 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. LUTTI. LUCIANO BONFRATE: BALLATA DELLE BARE, DEI SALICI E DI ALTRE COSE ANCORA CHE E' DOLOROSO E NECESSARIO DIRE [Ringraziamo il nostro buon amico Luciano Bonfrate per questo intervento] Noi siam le bare degli asassinati e quelli che li trassero al patibolo compunti agitan oggi il turibolo e dicon che si son sacrificati. No, non si son da se' sacrificati: loro, i signori, li han sacrificati e or ne brindano nei lieti calici. E noi qui siamo i salici piangenti i soli ormai che piangere sappiamo e fruscia lieve e triste in ogni ramo la voce delle uccise e degli uccisi. Dagli uccisori usati e poi uccisi e poi derisi e nuovamente uccisi offendendone ancora la memoria. E tu che canti questa storia abietta non lacrime, ne' gemiti o lamenti solo queste parole e questi intenti enuncia: basta morti e basta guerre. E basta eserciti e basta guerre e basta armi e ancora basta guerre. Possa venire il tempo della pace. Possa venir quel tempo, e tu lo affretta. Sanala tu la piaga edace, netta tu i volti e i cuori, spezza tu l'artiglio. Dell'umanita' intera figlia, figlio. 2. INIZIATIVE. PIERLUIGI CONSORTI: UNA LETTERA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO [Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondamo. Pierluigi Consorti (per contatti: consorti at ddp.unipi.it) e' presidente del Comitato consultivo nazionale per la difesa civile non armata e nonviolenta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio nazionale per il servizio civile; gia' obiettore di coscienza, e' docente presso il Dipartimento di diritto pubblico dell'Universita' di Pisa, fa parte del Centro interdisciplinare scienze per la pace, e' direttore del Master universitario in "Gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi" (www.pace.unipi.it/didattica/master), e' docente "garante" del corso di laurea in Scienze per la pace dell'Universita' di Pisa, dove inoltre dirige lo sportello per i diritti umani. Tra le opere recenti di Pierluigi Consorti: L'avventura senza ritorno. Intervento e ingerenza umanitaria nell'ordinamento giuridico e nel magistero pontificio, Edizioni Plus, Pisa 2002; Senza armi per la pace, Edizioni Plus, Pisa 2003] Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri, desidero comunicarLe la mia personale preoccupazione circa la scelta relativa al trasferimento delle competenze relative al Servizio civile nazionale a vantaggio del nuovo Ministero per la solidarieta' sociale. Immagino che non sia stato sufficientemente valutato che il Servizio civile nazionale costituisce principalmente una forma di difesa della Patria alternativa a quella militare, come previsto dalle leggi in materia e confermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Inoltre, temo che questa scelta possa provocare la soppressione del Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta (Dcnan) - istituito con Dpcm del 18 febbraio 2004 in applicazione dell'art. 8 della legge 230 del 1998 -, che al contrario avevo modo di credere che il Governo da Lei presieduto avrebbe incoraggiato e rafforzato. Il Comitato ha faticosamente lavorato per rendere sempre maggiore la consapevolezza del ruolo del servizio civile nazionale come strumento di ripudio della guerra e costruzione della pace, prima ancora che quale strumento di solidarieta' sociale. In sostanza, credo che un atto sostanzialmente amministrativo possa assumere un indiretto valore politico, col risultato di mettere la sordina allo sforzo di istituzionalizzazione delle forme di difesa non armata e nonviolenta. La prego pertanto di tornare sulla decisione assunta, osando il coraggio di sostenere la pratica del servizio civile, finora considerata una sorta di "Cenerentola del Terzo settore". La ringrazio per l'attenzione, confermandoLe la disponibilita' a lavorare sui temi della costruzione della pace attraverso strumenti nonviolenti. Spero di avere occasione di incontrarLa per eventualmente metterla al corrente del lavoro fin qui svolto, Con i migliori saluti. Il presidente del Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta, prof. Pierluigi Consorti 3. EDITORIALE. ETTORE MASINA: NOSTRA MADRE LA COSTITUZIONE [Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it, sito: www.ettoremasina.it) per averci inviato la sua "Lettera" mensile n. 115 del maggio-giugno 2006 che di seguito integralmente riproduciamo. Ettore Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un cattocomunista (Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu' ampio profilo di Ettore Masina, scritto generosamente da lui stesso per il nostro foglio, e' nel n. 418 de "La nonviolenza e' in cammino"] Non c'erano soltanto i vecchi maestri del diritto, quelli che dal fascismo erano stati brutalmente privati delle loro cattedre o se n'erano andati in silenzioso dissenso, e adesso tornavano a dare il loro contributo alle scelte etiche della nazione; non c'erano soltanto intellettuali di fama mondiale come Benedetto Croce, Ignazio Silone, Luigi Einaudi. La composizione dell'Assemblea costituente, eletta dagli italiani sessant'anni fa per redigere la Carta fondamentale della Repubblica, quella che doveva contenere gli ideali nei quali il nuovo Stato sarebbe vissuto, era assai piu' varia. C'erano, per esempio, delle donne, per la prima volta nella storia parlamentare italiana. La piu' giovane di loro, Teresa Mattei, 25 anni, piangeva un fratello che, torturato nelle carceri di via Tasso a Roma, quando le sevizie gli erano diventate insostenibili si era impiccato per non tradire i compagni; lei, dal canto suo, aveva partecipato alla Resistenza come staffetta e "gappista", una di quei combattenti clandestini che atterrivano i nemici, colpendoli all'improvviso nel cuore delle citta'. Un'altra donna, Teresa Noce, poverissima operaia, poi sindacalista, era andata a combattere in difesa della repubblica spagnola; piu' tardi, deportata dai nazisti era sopravvissuta all'orrore del lager di Ravensbruck. E c'era una socialista testarda e coraggiosa, Lina Merlin, che per anni aveva lavorato alla difesa della dignita' della donna, spingendosi fino a reclamare, fra l'orrore dei maschilisti, la chiusura dei bordelli, cui lo Stato concedeva il riconoscimento di aziende regolarmente tassate. Stavano, queste donne - una ventina - insieme a 500 uomini, che avevano vissuto esperienze non meno importanti. Alcuni di loro avevano percio' (come Sandro Pertini, Ernesto Rossi, Ferruccio Parri...) trascorso lunghi anni nelle carceri del fascismo o erano stati costretti a vivere una vita dura al confino di polizia o in esilio, all'estero, come Giuseppe Di Vittorio, Emilio Lussu, Francesco Saverio Nitti... Molti erano rimasti in patria ma vigilati quasi ossessivamente dal regime e ridotti, come Alcide De Gasperi, a lavori impiegatizi minuti, grigi, sproporzionati alla loro cultura e intelligenza. Alcuni avevano sofferto, ancora ragazzi, le violenze del fascismo: Giorgio Amendola aveva poco piu' di 19 anni quando aveva visto morire il padre Giovanni, deputato e ministro negli anni '20, a causa delle bastonature che gli squadristi gli avevano inflitto in due successive aggressioni. Alcuni, come Boldrini, Zaccagnini e Dossetti, avevano appena deposto le armi della Resistenza. Da un lager veniva Giuseppe Lazzati, docente universitario, presidente diocesano della Gioventu' milanese di Azione cattolica. Dopo l'8 settembre aveva, come 600.000 soldati italiani, ostinatamente ripetuto il suo "no" ad ogni invito a riconoscere la repubblica di Salo' ed era rimasto nella miseria e nei pericoli dei campi nazisti per "internati militari". C'erano nell'assemblea, naturalmente, i leaders dei grandi partiti: Togliatti, Nenni, De Gasperi, Ruini, La Malfa, Saragat, Lelio Basso. Dal loro gruppo sarebbero usciti nei decenni successivi sette presidenti della Repubblica (Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini e Scalfaro). Per altri tre costituenti (La Pira, Lazzati e Zaccagnini) sarebbe stata proposta dai cattolici, negli anni '80, una causa di beatificazione (ho avuto la gioia e il privilegio di conoscerli da vicino, e penso anch'io che debbano essere definiti santi; ma mi sembra importante sottolineare che da tutti i costituenti essi furono considerati preziosi soprattutto per il loro contributo di pensiero). * Queste donne e questi uomini avevano non soltanto diversissime "estrazioni sociali", come si usava dire, e diversissime esperienze, ma anche diversi ideali politici. Erano marxisti o cattolici o liberali, e talvolta diversi fra loro anche all'interno del marxismo, del cattolicesimo e del liberalismo. Nel Paese la lotta politica divampava, talvolta con asprezze pericolose, ma i costituenti che sedevano nella stessa aula di Montecitorio in cui Mussolini aveva dichiarato la morte della democrazia italiana e annunziato la sua dittatura, esaminavano attentamente le proprie parole poiche' sapevano che a loro era affidato il compito di fondare un nuovo Stato, unitario, giusto e pacifico; scrivevano quelle parole con l'inchiostro delle lacrime e del sangue, degli errori e delle consapevolezze in cui il Paese aveva vissuto negli ultimi vent'anni. Un sentimento li univa: la speranza, la volonta' di fare si' che non tornasse mai piu' tanto dolore, che la povera gente non rimanesse confinata nell'ineguaglianza e nell'inermita', schiacciata dall'ingiustizia, da una dittatura, dalla follia delle guerre. Dovendo conquistare un novo futuro, radicalmente diverso dal passato, questo popolo doveva darsi come madre una costituzione. * Penso che noi vecchi abbiamo il dovere della memoria. Non e' poi un passato remoto quello che andiamo raccontando, se noi che lo testimoniamo siamo ancora vivi; e dobbiamo mostrare che anche nella storia delle nazioni esiste talvolta la coazione a ripetere: per questo le nostre memorie non sono inutili. Ricordo quegli anni con una lucidita' che mi sorprende. Quando il vento soffiava, da qualunque direzione venisse, sollevava un acre polverone perche' tutte, o quasi, le citta' italiane erano segnate da immensi cumuli di macerie: i viali, le piazze, i "corsi" lungo i quali si erano allineati per secoli gli orgogliosi palazzi dei potenti, erano diventati viottoli fiancheggiati da baracche, o voragini. Nelle stazioni ferroviarie, sconvolte dai bombardamenti, i binari dispersi o piegati verso l'alto come per rispondere alla violenza caduta dal cielo, insieme ai resti dei vagoni bruciati sembravano scheletri di mostruosi mastodonti antidiluviani che una tragedia planetaria aveva colpito in un deserto di pietre. Sui marciapiedi ai quali approdava qualche treno che impiegava dieci, dodici ore per viaggiare da Roma a Milano e due giorni per andare da Catania a Torino si ammassavano famiglie devastate dalla guerra, che ora cercavano di ricomporsi. Di quando in quando su quei marciapiedi si affollavano improvvisamente decine, centinaia di donne: un pietoso tam tam le aveva avvisate che sarebbe passato un treno carico di prigionieri di guerra che finalmente tornavano da lontananze infinite. Le donne si abbarbicavano ai vagoni, quasi impedendo ai reduci di scendere; qualcuna, con un urlo, ritrovava il suo uomo, la maggior parte, come con furia, protendeva verso i volti dei reduci, stralunati dalla fatica del viaggio e dalle emozioni, le fotografie dei cari di cui non aveva piu' notizie. Le donne chiedevano imperiose "Guarda, guarda bene... Qui ha in testa la bustina e non si vede ma e' pelato, cosi' giovane... Ma non sei della Tridentina, tu, possibile che non lo abbia mai visto?". La furia si spegneva in un lamento, le donne se ne andavano a testa china. Ma sarebbero tornate, poi, per mesi e mesi, a rovistare ricordi e grumi di dolore. In guerra erano morti 330.000 soldati italiani. Non c'era famiglia che non piangesse un caduto nei deserti o sulle ambe dell'Africa, sui monti della Grecia o dell'Albania, nel gelo sconfinato della Russia. Nelle notti delle mogli e delle madri gemevano le ombre dei dispersi. Nel ghetto di Roma non suonavano piu' le voci dei bambini. Anche 110.000 civili erano stati uccisi, Questa era stata la guerra di Mussolini. Maledetta la guerra, maledetto il Duce. * La guerra in un certo senso c'era ancora, quando l'assemblea costituente inizio' i suoi lavori. I trattati di pace non avevano cancellato le tragedie. C'era ancora il razionamento che non garantiva il pane quotidiano a sazieta', ci sarebbe stato un altro inverno da affrontare senza riscaldamento, senza indumenti adatti; c'erano lunghe fila davanti ai negozi e agli uffici in cui si distribuivano gli aiuti degli americani, del Vaticano. Un quinto del patrimonio economico dello Stato era andato distrutto. La presenza delle truppe alleate e le norme afflittive dell'armistizio stringevano un cappio al collo della nostra indipendenza. La sovranita' nazionale non era ancora ristabilita nell'Alto Adige che i tedeschi avevano incorporato nell'impero nazista. Trieste e la Venezia Giulia erano, formalmente e di fatto, separate dall'Italia. In Sicilia la mafia collegata con le "famiglie" degli Stati Uniti, la militarizzazione di un banditismo prossimo a un ambiguo movimento indipendentista corrodevano, rendevano esitante, frammentaria la presenza dello Stato. Il referendum istituzionale aveva spaccato il Paese fra monarchici e repubblicani e provocato veri e propri tentativi insurrezionali. Tale era la situazione del nostro Paese. Questo noi vecchi dobbiamo testardamente ricordare, a costo di essere malamente spintonati, ogni volta che qualcuno osa dire "Scordiamoci il passato" o irridere a certe norme della Costituzione repubblicana: sulla guerra, per esempio, sul fascismo, sul lavoro, sull'unita' nazionale. * La Costituzione fu dunque scritta in un momento fatale della storia italiana, anzi il piu' importante, quello in cui dolore e speranza fecondarono il futuro, tracciando scelte che non erano generazionali perche' partorite dai grembi piu' profondi delle nostre culture. Per la prima volta tutti i cittadini sopra i 21 anni (e non solo i benestanti, e non solo i maschi) avevano potuto scegliere le persone chiamate a esprimere le loro convinzioni e aspirazioni. Sino a quel momento lo Stato italiano, i poteri pubblici, i diritti e i doveri dei cittadini, dunque i valori alla base della convivenza nazionale, erano stati definiti dallo Statuto albertino. Era una costituzione scritta per un piccolo regno, quello di Sardegna, per un popolo di analfabeti e una frazione di dotti e di sapienti; ma era, soprattutto, un documento calato dall'alto, dalla benevolenza di un grazioso sovrano; e per questo, per la loro gelosa proprieta', i discendenti di Carlo Alberto avevano tranquillamente potuto violarlo sino al grande tradimento del 1922. Nata dai rappresentanti di tutti i cittadini, la Costituzione repubblicana fu posta nelle mani del popolo: nelle nostre mani. * Negli anni seguiti alla sua proclamazione, la Carta fondamentale dello Stato e la Corte chiamata a interpretarla hanno svolto una funzione preziosa, anche se l'informazione al riguardo e' purtroppo stata assai scadente, e il tentativo di dare vita a una educazione civica che fosse cultura costituzionale e' stato vanificato dalla stolidita' di certa burocrazia e dalla pochezza intellettuale ed etica di certi cosiddetti statisti. Decine di norme che pretendevano di regolare disinvoltamente, per cosi' dire, la vita dello Stato, i diritti dei cittadini, la sicurezza sociale eccetera sono state bloccate dalla Corte e i legislatori costretti a riscriverle. Di piu': quando vi sono stati piu' o meno palesi attacchi alla democrazia, "tintinnio di sciabole" (per usare una formula famosa) od altre tentazioni di "eccezionalita'", la maggior parte delle forze democratiche ha potuto serenamente opporsi a qualunque tentazione autoritaria, richiamandosi con forza al dettato della Costituzione e convocando attorno ad esso la solidarieta' dei cittadini. Proprio per questa ragione la Costituzione non piace a Berlusconi. Fino a qualche tempo fa pensavo che il Cavaliere guardasse alla Costituzione con fastidio, come per un vecchio mobile che contrasta con la modernita' di altri arredi. Avrei giurato che la Costituzione, lui, non l'aveva mai letta. Adesso, dopo i discorsi sul possibile ritiro dei suoi parlamentari dalla Camere, sul marciare su Roma, sulla lotta nelle piazze, ho mutato parere. Il vecchio adepto della P2 non ha mai dimenticato il "Piano Gelli": il cui primo presupposto e' la rielaborazione della Carta per ridurre il controllo dello Stato e del Parlamento sui poteri economici. Vuole una repubblica presidenziale, quale la riforma prevede perche', certo di tornare al governo, non vuole impedimenti all'esercizio del proprio potere. Mentre tutti i commentatori politici, mi pare, scrivono che Berlusconi e' costretto a battersi nella battaglia referendaria dalla necessita' di non perdere il sostegno dei leghisti, io penso che il sostegno dei leghisti gli interessi proprio perche' anche loro vogliono il cambio della Costituzione. Negli ultimi giorni, anzi, li ha spinti a non tentare trattative con gli avversari. * Nella loro battaglia per la devolution, i leghisti non sono un fenomeno eversivo soltanto italiano, tantomeno nuovo. Dovunque vi sia un'entita' statale nei cui confini sussistano aree di differente ricchezza, l'ottusita' di un egoismo di massa preme verso una secessione. I discorsi fatti a Verona o a Varese sulle aree produttive costrette a trainare quelle dei ladroni o degli infingardi, sono soltanto linguisticamente diversi da quelli che risuonano ai bordi dei campi da golf di Sao Paulo, locomotiva del miracolo brasiliano. Il frazionamento della Federazione Jugoslava reca lo stesso marchio di violenza e di superbia, di disprezzo per la solidarieta'. Nonostante le tensioni del nostro tempo lo dimostrino giorno dopo giorno, la tentazione di alzare muri di separazione e' vastissima. La Lega crede di poterne iniziare la costruzione, immiserendo l'unita' nazionale. I suoi sostenitori, i ricchi che vogliono godersi in toto il proprio benessere, non conoscono la storia e non vogliono conoscerla. Del resto, se passa la devolution, la storia potranno riscriverla a proprio uso e consumo nelle "loro" scuole. Chissa' se citeranno i soldi del Banco di Napoli trasferiti al Nord, appena realizzata l'unita' d'Italia, per finanziare l'industrializzazione del Piemonte e della Lombardia, e la forza-lavoro del Sud costretta a emigrare in paesi lontani o risalire la Penisola in condizioni di inermita'. Viene da piangere quando si considera la differenza fra gli antichi e i modernissimi costituenti, dominati questi ultimi dalla ferocia di un capitalismo dialettale e senza etica. * Il "no" al prossimo referendum (quest'occasione cosi' rischiosa perche' ogni astensione dal voto contera', di fatto, come un "si'" alla costituzione "riformata" secondo Berlusconi, Bossi e Casini) e' dunque un voto rinnovato alle scelte di liberta', di giustizia, di solidarieta' che l'Italia fece dopo l'esperienza del fascismo, di una guerra terribile e di una coraggiosa resistenza al razzismo. Mai come questa volta il Paese e' chiamato ad essere fedele ai momenti piu' alti della propria storia. E non basta. Man mano che si va verso la data del referendum, i due poli, incerti sui risultati, propongono trattative. Da varare prima del voto, dice Bossi, da non escludere, ma dopo, dicono gli arciprudentissimi olivetani, Ogni possibilita' d'accordo non e' di per se' scandalosa. Ma la fedelta' al nostro passato sara' tanto piu' garantita quanto piu' il voto contrario allo stravolgimento non sara' una bandiera sventolata da una esigua parte di cittadini. 4. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: DA DOVE COMINCIARE? [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Da dove cominciare? Mi piacerebbe cominciare dal fondo, cioe' dalle tante lettere di solidarieta', non solo da chi mi aspettavo, da voi compagne e compagni pacifisti femministe nonviolenti, ma da studenti, madri di ragazzi e ragazze tenuti in carcere addirittura senza accuse precise, genitori di figli portatori di handicap che temono i tagli morattiani degli insegnanti di sostegno, soldati democratici, che sperano in una democratizzazione e sindacalizzazione delle forze armate, insomma un vasto mondo non conosciuto che pero' e' capace di indignazione, punto di partenza di qualsiasi presa di posizione etica. * Pero' vi devo dare un resoconto e quindi ecco una sommaria cronaca. Sapete quasi tutto, cioe' che la mia candidatura, in una commissione di 24 membri, esattamente divisa a meta' tra maggioranza e opposizione, poteva essere effettiva alla quarta votazione in quanto tra i due finiti al ballottaggio passa chi ha piu' anni e quindi io. Fino alla seconda votazione tutto e' filato dritto, anche se le pressioni dei giornali e le curiosita' sulle parole dette da me alla manifestazione pacifista del 2 giugno gia' facevano baccano. Alla mattina della terza votazione grande scandalo per l'intervista del "Corriere" che, non potendo trovare niente di disdicevole nemmeno nei classici terrenni minati della resistenza in Iraq, del terrorismo e simili, ha sparato il titolo sulle Frecce tricolori che naturalmente avevo detto proprio alla manifestazione, ma che del resto ho detto spesso anche in campagna elettorale in Friuli-Venezia Giulia, e se sono stata eletta la', collegio del tutto insicuro e regione dove stanno le Frecce, vuol dire che anche la' c'e' chi non si scandalizza a sentirle criticare. Si sparge la voce che la destra non si presentera' alla seduta e facendo venire meno il numero legale a oltranza rendera' impossibile la mia elezione e obblighera' il presidente del Senato a indire una nuova sessione di voto con altre candidature. Ma cio' non si verifica non so se per divisioni tra An e Cdl o se per non disponibilita' di Marini. Arrivano infatti tutti i senatori della destra e si vota, allo scrutinio inopinatamente compare il nome di De Gregorio dell'Italia dei valori, che raccoglie oltre il suo, i 12 voti della destra, che fa 13 e passa presidente. Segue il lavoro per eleggere i due vicepresidenti e i due segretari e anche li' Zanone ottiene 11 voti e il candidato di destra 13, e poi dopo che generosamente Silvana Pisa senatrice Ds e pacifista ritira la sua candidatura come segretaria per lasciare spazio a me, sempre con 13 voti al candidato di destra, e 10 a me, la commissione viene completata. Devo prima di tutto ringraziare per l'estrema correttezza il vicepresidente Zanone che dichiara subito di accettare la vicepresidenza con riserva, appunto per quanto accaduto e - come ho gia' detto - Silvana Pisa per avere assolutamente voluto cedermi il suo posto. Sicche' alla fine di tutto questo orrendo pasticcio mi ritrovo comunque segretaria della Commissione e quindi nell'ufficio di presidenza. * Seguono agitazioni varie da parte dei giornali e interviste a non finire (quanto durera' questa fama drogata? penso pochi giorni, non ci prendero' gusto, in fin dei conti sono stata eletta in due collegi senatoriali come capolista senza nemmeno una intervista o un passaggio in tv, un vero record). L'operazione e' stata condotta con spregiudicata rozzezza. Infatti se il senatore dell'Italia dei valori poteva sostenere che io sono una testa calda, che ho parlato male di Garibaldi e altre nefandezze, doveva almeno mantenere la fiducia a Zanone, parlamentare di lunga e limpida tradizione liberale, persona di grande equilibrio e che del resto e' stato anche ministro della Difesa: e' stato considerato reo di non essersi dissociato da me? e' colpevole di reato associativo? mah! Seguono le piu' straordinarie dichiarazioni: il neopresidente dichiara di aver avuto sentore dello sconcerto degli Alti comandi militari, dichiarazione molto grave, perche' gli Alti comandi militari se hanno delle cose da dire le dicono al Ministro della Difesa e non si capisce perche' al senatore De Gregorio, o lui fa parte dei servizi segreti? comunque nel caso e' uno che parla troppo. Almeno per copertura avrebbe dovuto pubblicamente sottrarsi a simili improbabili pressioni, dato che avrebbero rappresentato un tentativo dei militari di influire sul parlamento, una cosa da servizi segreti, ma quelli deviati. A sua volta Schifani si vantava di aver impedito la mia elezione e con cio' quasi salvato la patria: esagerato! nemmeno io che pure ho una buona opinione di me, avevo mai tanto presunto di me stessa. Miserevole come quasi sempre La Russa che mi incita a dedicarmi ai nipotini, che sono ormai grandicelli e a me affettuosissimamente legati, come io a loro. Se poi i nipotini tengono il posto della calza, cui erano tradizionalmente rinviate le donne, sappia che sono brava ai ferri e all'uncinetto, so persino fare il filet e il makrame', sono anche una buona cuoca, naturalmente per chi amo invitare alla mia tavola, faccio i lavori di casa ecc. e la passione politica si e' accompagnata per tutta la mia vita con queste incombenze: penso che La Russa non ce la farebbe, ma noi donne ci siamo abituate e ce la facciamo. * Adesso dico qualcosa sulla sfilata. A me le sfilate non piacciono e questa e' solo una questione di gusto, non se ne discute, ma nemmeno ci si cava una qualsiasi ragione di ostracismo. Una sfilata militare a Roma, una per tutto il paese, mi pare simbolo poco repubblicano, poco capace di fare della Repubblica davvero la cosa di tutti e tutte. Inoltre far passare mezzi pesanti e inquinanti da terra e dal cielo in una delle zone archeologiche piu' preziose del mondo e' davvero una follia. Un 2 giugno che si festeggi con feste popolari in tutte le citta' e i paesi d'Italia e' molto piu' fedele allo spirito della festa e della data, non disturba, non inquina, valorizza le bellezze naturali e artistiche della nazione, ne celebra e cementa l'unita' molto di piu'. Credere che l'unita' possa essere rappresentata da una sorta di celebrazione monarchica, mi pare poco intelligente. C'e' gran bisogno di fare cose meno uniformi, meno processionali, piu' sobrie, piu' semplici, meno pompose, meno "petto in fuori e fanfare a gogo'", appunto piu' repubblicane. Credo fosse Salvemini che - preso dalla sua nota vis polemica - si era tanto irritato una volta da definire l'Italia una "repubblica monarchica dei preti". E' meglio cambiare un po', un po' tanto. 5. RIFLESSIONE. AGNESE GINOCCHIO: CON LIDIA [Ringraziamo Agnese Ginocchio (per contatti: e-mail: arcobalenodipace at katamail.com, sito: www.agneseginocchio.it) per questo intervento. Agnese Ginocchio, "cantautrice per la pace, la nonviolenza, contro tutte le guerre e le mafie", e' generosamente impegnata in molte iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti umani e la nonviolenza] Qualche mese fa la rete dei movimenti per la pace lancio' l'ipotesi della candidatura a Presidente della Repubblica di Lidia Menapace: senatrice, donna della Resistenza, gia' partigiana, persona di alta statura morale. Donna impegnata per la pace, Lidia Menapace si e' sempre distinta ed attivata per difesa della Costituzione, in particolare dell'articolo 11. Meritava in pieno di essere eletta presidente della Commissione Difesa del Senato. Invece il "blitz" a sorpresa (che poi tanto a sorpresa non e'...), contro tutte le previsioni che vedevano gia' Lidia Menapace eletta alla guida della Commissione, ancora una volta ha evidenziato da parte di taluni un atteggiamento ambiguo, sleale e opportunista, ben lungi dallo spirito di collaborazione, di amicizia, di apertura e di pace che i politici dovrebbero assumere, se davvero pensassero al bene dell'Italia. Se con questo gesto i signori dell'opposizione volevano mettere a tacere i movimenti pacifisti, ebbene vi diciamo che noi siamo qui vivi e vegeti, piu' convinti che mai. Consapevoli di questo arduo e difficilissimo impegno, continuiamo a ribadire il nostro no ad ogni forma di violenza e ad ogni guerra, continuiamo a chiedere di rispettare i diritti e i doveri sanciti dalla Costituzione italiana ed in particolare dall'articolo 11. Siamo vicini e solidali con Lidia. Ci sentiamo fortemente indignati e offesi di questo gesto compiuto proprio da coloro che hanno il gravoso compito di rappresentare l'Italia... Dove vengono calpestati i valori, e contro la dignita' della persona prevale l'arroganza del potere, non c'e' da aspettarsi nulla di buono... Nel nome della pace, che significa difesa della giustizia, della democrazia e dei diritti, non indietreggiamo, ne' possiamo tacere di fronte al male nel mondo. Continuiamo nel nsotro impegno. 6. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: CON LIDIA [Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at tin.it) per questo intervento. Floriana Lipparini, giornalista (tra l'altro ha lavorato per il mensile "Guerre e Pace", che per qualche tempo ha anche diretto, occupandosi soprattutto della guerra nella ex Jugoslavia), impegnata nel movimento delle donne (Collettivo della Libreria Utopia, Donne per la pace, Genere e Politica, Associazione Rosa Luxemburg), ha coordinato negli anni del conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista delle donne di Rijeka, un'esperienza di condivisione e relazione nel segno del femminile, del pacifismo, dell'interculturalita', dell'opposizione nonviolenta attiva alla guerra, da cui e' lentamente nato un libro, Per altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi, che sta ora per uscire in Croazia in edizone bilingue] Ecco, c'era da aspettarselo, ma ugualmente credo che il colpo di mano che ha tolto la presidenza della Commissione Difesa del Senato a Lidia Menapace vada denunciato con forza da parte dei pacifisti e soprattutto delle donne impegnate nel femminismo e nel pacifismo. Non si tratta soltanto di un'azione inqualificabile da parte di un deputato che in teoria dovrebbe collocarsi non a destra (condividendo le scelte della parte con la quale e' stato eletto e di cui ha accettato il programma), ma di un ennesimo sfregio alla cittadinanza femminile di questo Paese e all'articolo 11 della Costituzione. Forse e' il caso di trovare parole e gesti adeguati per smascherare una volta di piu' l'irriducibile maschilismo e bellicismo del nostro ceto politico, e di inventare una campagna, un'iniziativa che non faccia passare sotto silenzio questo ulteriore atto di violenza: le idee potrebbero essere tante, prendiamo esempio dalle coraggiose pacifiste americane, o seguiamo qualsiasi altro suggerimento nonviolento che ci convinca. 7. DOCUMENTAZIONE. ASSOCIAZIONI E "NUOVO GIORNALE DEI MILITARI" SOLIDALI CON LIDIA MENAPACE [Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo] Le associazioni Associazione per i Militari Democratici (Amid), Associazione Solidarieta' Diritto e Progresso (Assodipro), Associazione Finanzieri Cittadini e Societa' (Ficiesse) ed il "Nuovo giornale dei militari", che annoverano iscritti e lettori operanti nel comparto Difesa e Sicurezza, con il presente comunicato intendono stigmatizzare quanto avvenuto in Senato per l'elezione del Presidente della Commissione Difesa che contribuisce ad incrementare la confusione politica ed istituzionale in atto. Inoltre rinnovano la propria stima alla senatrice Lidia Menapace e le esprimono tutta la loro solidarieta' per la deprecabile evoluzione parlamentare della sua candidatura. Non si condividono, infatti, i "timori" espressi da talune forze politiche, rispetto all'assolvimento del ruolo istituzionale cui la senatrice Menapace era stata candidata; si condividono, invece, le sue aperture verso un riconoscimento del diritto di autotutela dei cittadini militari e ritengono che il ruolo e la dignita' dei cittadini militari, non debbano essere strumentalizzati per fini e strategie politiche, che nulla hanno a che vedere con le concrete aspettative della categoria. Apprezzano, altresi', la volonta' della senatrice di voler perseverare nel suo impegno politico-istituzionale nella Commissione Difesa e dichiarano sin da ora di essere disponibili a fornirle tutta la collaborazione che riterra' utile e necessaria per l'espletamento del suo mandato parlamentare. Associazione per i Militari Democratici, il presidente Vincenzo Frallicciardi Associazione Solidarieta' Diritto e Progresso, il segretario generale Emilio Ammiraglia Associazione Finanzieri Cittadini e Societa', il segretario generale Carlo Germi "Nuovo Giornale dei Militari", la direttrice Antonella Manotti 8. DOCUMENTAZIONE. DONNE IN NERO: PER LIDIA [Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente comunicato della rete italiana delle Donne in nero] Siamo molto preoccupate per quanto accaduto in sede di elezione della nuova presidenza alla commissione Difesa del senato. L'esclusione di Lidia Menapace a seguito del mercato notturno dei voti, cosi' come dichiarato da alcuni esponenti dell'opposizione di centrodestra, a tutto vantaggio di altri mercati, quelli delle armi, non solo ci indigna profondamente ma ci rappresenta in modo preoccupante una debolezza trasversale di fondo delle istituzioni appena elette, riguardo alle politiche di prevenzione dei conflitti e del disarmo. Ringraziamo Lidia Menapace per la tenacia ancora una volta dimostrata decidendo di continuare comunque ad impegnarsi all'interno della commissione Difesa, cosi' come ringraziamo Silvana Pisa per la solidarieta' politica e personale che le ha saputo dimostrare rendendo disponibile l'incarico di segretaria della commissione. Sollecitiamo tutta la coalizione dell'Unione e in particolare il partito dell'Italia dei valori, a continuare a fare pressione perche' il senatore De Gregorio si dimetta dal suo incarico di presidente. Invitiamo tutte le elette del centrosinistra a raccogliere in modo propositivo i numerosi messaggi di protesta per quanto accaduto, e di solidarieta' nei confronti di Lidia Menapace, in particolare le tante voci di donne, per gli squallidi attacchi non solo ai suoi convincimenti politici come femminista e pacifista della nonviolenza, ma anche direttamente alla sua persona. 9. DOCUMENTAZIONE. "FACCIAMO BRECCIA": UNA DONNA TROPPO DIVERSA [Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo questo comunicato del Coordinamento "Facciamo breccia" e dei "Quaderni viola"] Lidia Menapace fa paura ai generali, all'esercito e a tutti i militaristi perche' e' una donna troppo diversa: perche' da giovane e' stata partigiana; perche' e' antifascista e contro il revisionismo storico; perche' e' contro la guerra e lo dice senza mediazioni; perche' lotta per l'autodeterminazione delle donne; perche' parla di laicita' in un paese sempre piu' asservito al Vaticano; perche' lotta contro le discriminazioni, i razzismi e l'ingiustizia sociale; perche' difende i diritti di lesbiche, gay e trans; perche' non si fa chiudere la bocca dal ruolo istituzionale. Lidia Menapace e' una donna troppo diversa in questo paese dove lo sdoganamento del fascismo e' realta' quotidiana, il militarismo e la violenza rappresentano la cultura dominante e il potere religioso assume posizioni sempre piu' retrive e oscurantiste nel silenzio generale. Orgogliose ed orgogliosi di averla avuta al nostro fianco nel corteo dell'11 febbraio scorso, vogliamo esprimerle tutta la nostra solidarieta' e il nostro affetto. 10. RIFLESSIONE. SARA MENAFRA INTERVISTA LIDIA MENAPACE [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 giugno 2006. Sara Menafra e' giornalista del "Manifesto"] - Sara Menafra: Lidia Menapace, quanto possono aver pesato su questo voto le tue dichiarazioni ai giornali? Parlavi di abolire le Frecce tricolori, forse qualcuno ha pensato che le priorita' sulla difesa fossero altre? - Lidia Menapace: Dicevo semplicemente che in un momento in cui bisogna risparmiare in tutti i settori e' meglio abolire le Frecce tricolori o le parate, tutte cose che costano soldi, inquinano e nient'altro. Se un'intervista ad un quotidiano, pur importante come il "Corriere della sera", potesse modificare gli assetti politici del paese vuol dire che siamo in una situazione potenzialmente eversiva, perche' la stampa conterebbe piu' del parlamento. Non e' cosi', le interviste di ieri non c'entrano nulla con quanto e' accaduto questa mattina [il 7 giugno - ndr]. Le domande che mi hanno fatto i giornali non c'entrano nulla con i lavori della commissione che certo non si sarebbe occupata ne' di abolire le Frecce tricolori ne' di trasformare la parata del 2 giugno. * - Sara Menafra: E allora che e' successo? - Lidia Menapace: Il tranello e' stato concordato, De Gregorio non ha appoggiato neppure Zanone, un liberale tutt'altro che pericoloso e che non aveva concesso alcuna intervista. Eppure anche lui ha avuto 11 voti anziche' 13. Io sono stata eletta segretaria solo grazie a Silvana Pisa che ha messo a disposizione l'incarico proposto a lei. Non e' stato un ribaltone contro di me, ma contro la maggioranza. Io ho ricevuto la solidarieta' dei militari, ad esempio dal "Giornale nuovo dei militari" che mi scrive di essere d'accordo con me e che sperava che la mia elezione contribuisse ad un processo di democratizzazione dei corpi militari. E' possibile che qualche alto comando si sia seccato e infatti De Gregorio dice di aver ricevuto inviti dagli alti comandi, ma vuol dire che ignora l'abc della democrazia perche' il parlamento deve essere superiore a qualunque pressione. * - Sara Menafra: Quel che e' successo cambia gli assetti della maggioranza? - Lidia Menapace: Non esageriamo, con me sono stati tutti solidali. C'e' un caso politico aperto che certo non finira' qui, bisognera' avere dei chiarimenti precisi. E' vero pero' che Berlusconi cerca di erodere la maggioranza, ma che fossimo numericamente fragili lo sapevamo gia'. * - Sara Menafra: E le politiche sulle questioni militari cambieranno in qualche modo? - Lidia Menapace: Non credo proprio. E basta guardare il comportamento del ministro della Difesa Arturo Parisi che in commissione ha detto chiaramente di pensare al ritiro totale dall'Iraq. Sara' la politica a decidere quel che accadra' circa i compiti delle nostre Forze armate. Gli interventi sulla questione, non solo il mio, ma anche quelli di Martone, Salerni e Pisa sono stati tutti di riconferma delle posizioni fissate prima delle elezioni. E poi l'esempio di Di Gregorio mi pare talmente bieco e impresentabile che chiunque lo seguira' sara' automaticamente squalificato. Per tutta la giornata di martedi' e' stato seduto accanto a me a sorridermi e poi durante la notte ha organizzato il suo trabocchetto. Avrebbe potuto dire di aver cambiato posizione e invece non ha fiatato ne' con me ne' con altri e alla terza votazione si e' fatto trovare con tredici voti, sapendo benissimo che se fossimo arrivati alla quarta votazione io sarei stata eletta per anzianita'. E' stato un tranello, perfetto nel suo genere. Io non ho mai imparato a farli e non imparero' certo a questa eta'. 11. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA FESTA DELLA MORTE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo commento - che tiene dello sguardo di Bosch e di Bruegel, del Dante petroso e del Leopardi sillografo, delle algide denunce di Swift e di quelle incandescenti di Heine - alla notizia dell'uccisione del terrorista Al Zarqawi. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Ucciso l'uccisore (e con lui chi dice sette, chi dice quindici altre persone; tutti uccisori?), tra applausi ed esultanze, chi uccidera' l'uccisore dell'uccisore? L'unico infinito che conosciamo in questo mondo finito e' il corteo delle morti per vendetta, di madre in figlia, ciascuna infallibilmente feconda. E' l'ostinatissima illusione che male piu' male non faccia due mali, ma liberazione dal male. L'uccisore ha avuto la morte che dava per vendetta della vendetta della vendetta. Il potente del giorno ha chiamato giustizia tutto cio': "Giustizia e' fatta!". E chi ha fatto vendetta puo' aspettare l'infinita eco della vendetta, l'infallibile, l'immancabile. Abbiamo visto, con gli occhi universali della tv, la bomba infallibile colpire la casa nel centro di un modesto villaggio, e spargere fumo e distruzione attorno. Applausi, esultanza. Lo ha ucciso chi lo ha giudicato senza alcun processo, tanto era lui stesso reo confesso. Nessuna legge umana moderna lo consente. Ma e' licenza di guerra: la guerra, gli omicidi mirati dei paesi civili, sono peggiori della pena capitale. La decapitazione di Luigi XVI fu, al confronto, un esempio di civilta' e delicatezza. Se non esulto anch'io mi diranno certamente che sono amico del terrorista. Su, balliamo! E' la festa della morte! 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1322 del 10 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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