La nonviolenza e' in cammino. 1322



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1322 del 10 giugno 2006

Sommario di questo numero:
1. Luciano Bonfrate: Ballata delle bare, dei salici e di altre cose ancora
che e' doloroso e necessario dire
2. Pierluigi Consorti: Una lettera al Presidente del Consiglio
3. Ettore Masina: Nostra madre la Costituzione
4. Lidia Menapace: Da dove cominciare?
5. Agnese Ginocchio: Con Lidia
6. Floriana Lipparini: Con Lidia
7. Associazioni e "Nuovo giornale dei militari" solidali con Lidia Menapace
8. Donne in nero: Per Lidia
9. "Facciamo breccia": Una donna troppo diversa
10. Sara Menafra intervista Lidia Menapace
11. Enrico Peyretti: La festa della morte
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. LUTTI. LUCIANO BONFRATE: BALLATA DELLE BARE, DEI SALICI E DI ALTRE COSE
ANCORA CHE E' DOLOROSO E NECESSARIO DIRE
[Ringraziamo il nostro buon amico Luciano Bonfrate per questo intervento]

Noi siam le bare degli asassinati
e quelli che li trassero al patibolo
compunti agitan oggi il turibolo
e dicon che si son sacrificati.
No, non si son da se' sacrificati:
loro, i signori, li han sacrificati
e or ne brindano nei lieti calici.

E noi qui siamo i salici piangenti
i soli ormai che piangere sappiamo
e fruscia lieve e triste in ogni ramo
la voce delle uccise e degli uccisi.
Dagli uccisori usati e poi uccisi
e poi derisi e nuovamente uccisi
offendendone ancora la memoria.

E tu che canti questa storia abietta
non lacrime, ne' gemiti o lamenti
solo queste parole e questi intenti
enuncia: basta morti e basta guerre.
E basta eserciti e basta guerre
e basta armi e ancora basta guerre.
Possa venire il tempo della pace.

Possa venir quel tempo, e tu lo affretta.
Sanala tu la piaga edace, netta
tu i volti e i cuori, spezza tu l'artiglio.
Dell'umanita' intera figlia, figlio.

2. INIZIATIVE. PIERLUIGI CONSORTI: UNA LETTERA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
[Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondamo. Pierluigi
Consorti (per contatti: consorti at ddp.unipi.it) e' presidente del Comitato
consultivo nazionale per la difesa civile non armata e nonviolenta presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio nazionale per il servizio
civile; gia' obiettore di coscienza, e' docente presso il Dipartimento di
diritto pubblico dell'Universita' di Pisa, fa parte del Centro
interdisciplinare scienze per la pace, e' direttore del Master universitario
in "Gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi"
(www.pace.unipi.it/didattica/master), e' docente "garante" del corso di
laurea in Scienze per la pace dell'Universita' di Pisa, dove inoltre dirige
lo sportello per i diritti umani. Tra le opere recenti di Pierluigi
Consorti: L'avventura senza ritorno. Intervento e ingerenza umanitaria
nell'ordinamento giuridico e nel magistero pontificio, Edizioni Plus, Pisa
2002; Senza armi per la pace, Edizioni Plus, Pisa 2003]

Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri,
desidero comunicarLe la mia personale preoccupazione circa la scelta
relativa al trasferimento delle competenze relative al Servizio civile
nazionale a vantaggio del nuovo Ministero per la solidarieta' sociale.
Immagino che non sia stato sufficientemente valutato che il Servizio civile
nazionale costituisce principalmente una forma di difesa della Patria
alternativa a quella militare, come previsto dalle leggi in materia e
confermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
Inoltre, temo che questa scelta possa provocare la soppressione del Comitato
di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta (Dcnan) -
istituito con Dpcm del 18 febbraio 2004 in applicazione dell'art. 8 della
legge 230 del 1998 -, che al contrario avevo modo di credere che il Governo
da Lei presieduto avrebbe incoraggiato e rafforzato. Il Comitato ha
faticosamente lavorato per rendere sempre maggiore la consapevolezza del
ruolo del servizio civile nazionale come strumento di ripudio della guerra e
costruzione della pace, prima ancora che quale strumento di solidarieta'
sociale.
In sostanza, credo che un atto sostanzialmente amministrativo possa assumere
un indiretto valore politico, col risultato di mettere la sordina allo
sforzo di istituzionalizzazione delle forme di difesa non armata e
nonviolenta.
La prego pertanto di tornare sulla decisione assunta, osando il coraggio di
sostenere la pratica del servizio civile, finora considerata una sorta di
"Cenerentola del Terzo settore".
La ringrazio per l'attenzione, confermandoLe la disponibilita' a lavorare
sui temi della costruzione della pace attraverso strumenti nonviolenti.
Spero di avere occasione di incontrarLa per eventualmente metterla al
corrente del lavoro fin qui svolto,
Con i migliori saluti.
Il presidente del Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e
nonviolenta, prof. Pierluigi Consorti

3. EDITORIALE. ETTORE MASINA: NOSTRA MADRE LA COSTITUZIONE
[Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it,
sito: www.ettoremasina.it) per averci inviato la sua "Lettera" mensile n.
115 del maggio-giugno 2006 che di seguito integralmente riproduciamo. Ettore
Masina, nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, giornalista, scrittore,
fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare, e' una delle figure
piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e
riflessioni si vedano innanzitutto i suoi tre libri autobiografici: Diario
di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti,
1997); Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino,
2000); L'airone di Orbetello. Storia e storie di un cattocomunista
(Rubbettino, 2005). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi
(Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella,
1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de
Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua
(Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina
(Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo
popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in
nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo
(Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I
gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). Un piu'
ampio profilo di Ettore Masina, scritto generosamente da lui stesso per il
nostro foglio, e' nel n. 418 de "La nonviolenza e' in cammino"]

Non c'erano soltanto i vecchi maestri del diritto, quelli che dal fascismo
erano stati brutalmente privati delle loro cattedre o se n'erano andati in
silenzioso dissenso, e adesso tornavano a dare il loro contributo alle
scelte etiche della nazione; non c'erano soltanto intellettuali di fama
mondiale come Benedetto Croce, Ignazio Silone, Luigi Einaudi. La
composizione dell'Assemblea costituente, eletta dagli italiani sessant'anni
fa per redigere la Carta fondamentale della Repubblica, quella che doveva
contenere gli ideali nei quali il nuovo Stato sarebbe vissuto, era assai
piu' varia.
C'erano, per esempio, delle donne, per la prima volta nella storia
parlamentare italiana. La piu' giovane di loro, Teresa Mattei, 25 anni,
piangeva un fratello che, torturato nelle carceri di via Tasso a Roma,
quando le sevizie gli erano diventate insostenibili si era impiccato per non
tradire i compagni; lei, dal canto suo, aveva partecipato alla Resistenza
come staffetta e "gappista", una di quei combattenti clandestini che
atterrivano i nemici, colpendoli all'improvviso nel cuore delle citta'.
Un'altra donna, Teresa Noce, poverissima operaia, poi sindacalista, era
andata a combattere in difesa della repubblica spagnola; piu' tardi,
deportata dai nazisti era sopravvissuta all'orrore del lager di Ravensbruck.
E c'era una socialista testarda e coraggiosa, Lina Merlin, che per anni
aveva lavorato alla difesa della dignita' della donna, spingendosi fino a
reclamare, fra l'orrore dei maschilisti, la chiusura dei bordelli, cui lo
Stato concedeva il riconoscimento di aziende regolarmente tassate.
Stavano, queste donne - una ventina - insieme a 500 uomini, che avevano
vissuto esperienze non meno importanti. Alcuni di loro avevano percio' (come
Sandro Pertini, Ernesto Rossi, Ferruccio Parri...) trascorso lunghi anni
nelle carceri del fascismo o erano stati costretti a vivere una vita dura al
confino di polizia o in esilio, all'estero, come Giuseppe Di Vittorio,
Emilio Lussu, Francesco Saverio Nitti... Molti erano rimasti in patria ma
vigilati quasi ossessivamente dal regime e ridotti, come Alcide De Gasperi,
a lavori impiegatizi minuti, grigi, sproporzionati alla loro cultura e
intelligenza. Alcuni avevano sofferto, ancora ragazzi, le violenze del
fascismo: Giorgio Amendola aveva poco piu' di 19 anni quando aveva visto
morire il padre Giovanni, deputato e ministro negli anni '20, a causa delle
bastonature che gli squadristi gli avevano inflitto in due successive
aggressioni. Alcuni, come Boldrini, Zaccagnini e Dossetti, avevano appena
deposto le armi della Resistenza. Da un lager veniva Giuseppe Lazzati,
docente universitario, presidente diocesano della Gioventu' milanese di
Azione  cattolica. Dopo l'8 settembre aveva, come 600.000 soldati italiani,
ostinatamente ripetuto il suo "no" ad ogni invito a riconoscere la
repubblica di Salo' ed era rimasto nella miseria e nei pericoli dei campi
nazisti per "internati militari".
C'erano nell'assemblea, naturalmente, i leaders dei grandi partiti:
Togliatti, Nenni, De Gasperi, Ruini, La Malfa, Saragat, Lelio Basso. Dal
loro gruppo sarebbero usciti nei decenni successivi sette presidenti della
Repubblica (Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini e Scalfaro).
Per altri tre costituenti (La Pira, Lazzati e Zaccagnini)  sarebbe stata
proposta dai cattolici, negli anni '80, una causa di beatificazione (ho
avuto la gioia e il privilegio di conoscerli da vicino, e penso anch'io che
debbano essere definiti santi; ma mi sembra importante sottolineare che da
tutti i costituenti essi furono considerati preziosi soprattutto per il loro
contributo di pensiero).
*
Queste donne e questi uomini avevano non soltanto diversissime "estrazioni
sociali", come si usava dire, e diversissime esperienze, ma anche diversi
ideali  politici. Erano marxisti o cattolici o liberali, e talvolta diversi
fra loro anche all'interno del marxismo, del cattolicesimo e del
liberalismo. Nel Paese la lotta politica divampava, talvolta con asprezze
pericolose, ma i costituenti che sedevano nella stessa aula di Montecitorio
in cui Mussolini aveva dichiarato la morte della democrazia italiana e
annunziato la sua dittatura, esaminavano attentamente le proprie parole
poiche' sapevano che a loro era affidato il compito di fondare un nuovo
Stato, unitario, giusto e pacifico; scrivevano quelle parole con
l'inchiostro delle lacrime e del sangue, degli errori e delle consapevolezze
in cui il Paese aveva vissuto negli ultimi vent'anni. Un sentimento li
univa: la speranza, la volonta' di fare si' che non tornasse mai piu' tanto
dolore, che la povera gente non rimanesse confinata nell'ineguaglianza e
nell'inermita', schiacciata dall'ingiustizia, da una dittatura, dalla follia
delle guerre.
Dovendo conquistare un novo futuro, radicalmente diverso dal passato, questo
popolo doveva darsi come madre una costituzione.
*
Penso che noi vecchi abbiamo il dovere della memoria.
Non e' poi un passato remoto quello che andiamo raccontando, se noi che lo
testimoniamo siamo ancora vivi; e dobbiamo mostrare che anche nella storia
delle nazioni esiste talvolta la coazione a ripetere: per questo le nostre
memorie non sono inutili.
Ricordo quegli anni con una lucidita' che mi sorprende. Quando il vento
soffiava, da qualunque direzione venisse, sollevava un acre polverone
perche' tutte, o quasi, le citta' italiane erano segnate da immensi cumuli
di macerie: i viali, le piazze, i "corsi" lungo i quali si erano allineati
per secoli gli orgogliosi  palazzi dei potenti, erano diventati viottoli
fiancheggiati da baracche, o voragini. Nelle stazioni ferroviarie, sconvolte
dai bombardamenti, i binari dispersi o piegati verso l'alto come per
rispondere alla violenza caduta dal cielo, insieme ai resti dei vagoni
bruciati sembravano scheletri di mostruosi mastodonti antidiluviani che una
tragedia planetaria aveva colpito in un deserto di pietre. Sui marciapiedi
ai quali approdava qualche treno che impiegava dieci, dodici ore per
viaggiare da Roma a Milano e due giorni per andare da Catania a Torino si
ammassavano famiglie devastate dalla guerra, che ora cercavano di
ricomporsi.
Di quando in quando su quei marciapiedi si affollavano improvvisamente
decine, centinaia di donne: un pietoso tam tam le aveva avvisate che sarebbe
passato un treno carico di prigionieri di guerra che finalmente tornavano da
lontananze infinite. Le donne si abbarbicavano ai vagoni, quasi impedendo ai
reduci di scendere; qualcuna, con un urlo, ritrovava il suo uomo, la maggior
parte, come con furia, protendeva verso i volti dei reduci, stralunati dalla
fatica del viaggio e dalle emozioni, le fotografie dei cari di cui non aveva
piu' notizie. Le donne chiedevano imperiose "Guarda, guarda  bene... Qui ha
in testa la bustina e non si vede ma e' pelato, cosi' giovane... Ma non sei
della Tridentina, tu, possibile che non lo abbia mai visto?". La furia si
spegneva in un lamento, le donne se ne andavano a testa china. Ma sarebbero
tornate, poi, per mesi e mesi, a rovistare ricordi e grumi di dolore.
In guerra erano morti 330.000 soldati italiani. Non c'era famiglia che non
piangesse un caduto nei deserti o sulle ambe dell'Africa, sui monti della
Grecia o dell'Albania, nel gelo sconfinato della Russia. Nelle notti delle
mogli e delle madri gemevano le ombre dei dispersi. Nel ghetto di Roma non
suonavano piu' le voci dei bambini. Anche 110.000 civili erano stati uccisi,
Questa era stata la guerra di Mussolini. Maledetta la guerra, maledetto il
Duce.
*
La guerra in un certo senso c'era ancora, quando l'assemblea costituente
inizio' i suoi lavori. I trattati di pace non avevano cancellato le
tragedie. C'era ancora il razionamento che non garantiva il pane quotidiano
a sazieta', ci sarebbe stato un altro inverno da affrontare senza
riscaldamento, senza indumenti adatti; c'erano lunghe fila davanti ai negozi
e agli uffici in cui si distribuivano gli aiuti degli americani, del
Vaticano. Un quinto del patrimonio economico dello Stato era andato
distrutto. La presenza delle truppe alleate e le norme afflittive
dell'armistizio stringevano un cappio al collo della nostra indipendenza. La
sovranita' nazionale non era ancora ristabilita nell'Alto Adige che i
tedeschi avevano incorporato nell'impero nazista. Trieste e la Venezia
Giulia erano, formalmente e di fatto, separate dall'Italia. In Sicilia la
mafia collegata con le "famiglie" degli Stati Uniti, la militarizzazione di
un banditismo prossimo a un ambiguo movimento indipendentista corrodevano,
rendevano esitante, frammentaria la presenza dello Stato. Il referendum
istituzionale aveva spaccato il Paese fra monarchici e repubblicani e
provocato veri e propri tentativi insurrezionali.
Tale era la situazione del nostro Paese. Questo noi vecchi dobbiamo
testardamente ricordare, a costo di essere malamente spintonati, ogni volta
che qualcuno osa dire "Scordiamoci il passato" o irridere a certe norme
della Costituzione repubblicana: sulla guerra, per esempio, sul fascismo,
sul lavoro, sull'unita' nazionale.
*
La Costituzione fu dunque scritta in un momento fatale della storia
italiana, anzi il piu' importante, quello in cui dolore e speranza
fecondarono il futuro, tracciando scelte che non erano generazionali perche'
partorite dai grembi piu' profondi delle nostre culture. Per la prima volta
tutti i cittadini sopra i 21 anni (e non solo i benestanti, e non solo i
maschi) avevano potuto scegliere le persone chiamate a esprimere le loro
convinzioni e aspirazioni. Sino a quel momento lo Stato italiano, i poteri
pubblici, i diritti e i doveri dei cittadini, dunque i valori alla base
della convivenza nazionale, erano stati definiti dallo Statuto albertino.
Era una costituzione scritta per un piccolo regno, quello di Sardegna, per
un popolo di analfabeti e una frazione di dotti e di sapienti; ma era,
soprattutto, un documento calato dall'alto, dalla benevolenza di un grazioso
sovrano; e per questo, per la loro gelosa proprieta', i discendenti di Carlo
Alberto avevano tranquillamente potuto violarlo sino al grande tradimento
del 1922.
Nata dai rappresentanti di tutti i cittadini, la Costituzione repubblicana
fu posta nelle mani del popolo: nelle nostre mani.
*
Negli anni seguiti alla sua proclamazione, la Carta fondamentale dello Stato
e la Corte chiamata a interpretarla hanno svolto una funzione preziosa,
anche se l'informazione al riguardo e' purtroppo stata assai scadente, e il
tentativo di dare vita a una educazione civica che fosse cultura
costituzionale e' stato vanificato dalla stolidita' di certa burocrazia e
dalla pochezza intellettuale ed etica di certi cosiddetti statisti. Decine
di norme che pretendevano di regolare disinvoltamente, per cosi' dire, la
vita dello Stato, i diritti dei cittadini, la sicurezza sociale eccetera
sono state bloccate dalla Corte e i legislatori costretti a riscriverle. Di
piu': quando vi sono stati piu' o meno palesi attacchi alla democrazia,
"tintinnio di sciabole" (per usare una formula famosa) od altre tentazioni
di "eccezionalita'", la maggior parte delle forze democratiche ha potuto
serenamente opporsi a qualunque tentazione autoritaria, richiamandosi con
forza al dettato della Costituzione e convocando attorno ad esso la
solidarieta' dei cittadini.
Proprio per questa ragione la Costituzione non piace a Berlusconi.
Fino a qualche tempo fa pensavo che il Cavaliere guardasse alla Costituzione
con fastidio, come per un vecchio mobile che contrasta con la modernita' di
altri arredi. Avrei giurato che la Costituzione, lui, non l'aveva mai letta.
Adesso, dopo i discorsi sul possibile ritiro dei suoi parlamentari dalla
Camere, sul marciare su Roma, sulla lotta nelle piazze, ho mutato parere. Il
vecchio adepto della P2 non ha mai dimenticato il "Piano Gelli": il cui
primo presupposto e' la rielaborazione della Carta per ridurre il controllo
dello Stato e del Parlamento sui poteri economici. Vuole una repubblica
presidenziale, quale la riforma prevede perche', certo di tornare al
governo, non vuole impedimenti all'esercizio del proprio potere. Mentre
tutti i commentatori politici, mi pare, scrivono che Berlusconi e' costretto
a battersi nella battaglia referendaria dalla necessita' di non perdere il
sostegno dei leghisti, io penso che il sostegno dei leghisti gli interessi
proprio perche' anche loro vogliono il cambio della Costituzione. Negli
ultimi giorni, anzi, li ha spinti a non tentare trattative con gli
avversari.
*
Nella loro battaglia per  la devolution, i leghisti non sono un fenomeno
eversivo soltanto italiano, tantomeno nuovo. Dovunque vi sia un'entita'
statale nei cui confini sussistano aree di differente ricchezza, l'ottusita'
di un egoismo di massa preme verso una secessione. I discorsi fatti a Verona
o a Varese sulle aree produttive costrette a trainare quelle dei ladroni o
degli infingardi, sono soltanto linguisticamente diversi da quelli che
risuonano ai bordi dei campi da golf di Sao Paulo, locomotiva del miracolo
brasiliano. Il frazionamento della Federazione Jugoslava reca lo stesso
marchio di violenza e di superbia, di disprezzo per la solidarieta'.
Nonostante le tensioni del nostro tempo lo dimostrino giorno dopo giorno, la
tentazione di alzare muri di separazione e' vastissima. La Lega crede di
poterne iniziare la costruzione, immiserendo l'unita' nazionale. I suoi
sostenitori, i ricchi che vogliono godersi in toto il proprio benessere, non
conoscono la storia e non vogliono conoscerla. Del resto, se passa la
devolution, la storia potranno riscriverla a proprio uso e consumo nelle
"loro" scuole. Chissa' se citeranno i soldi del Banco di Napoli trasferiti
al Nord, appena realizzata l'unita' d'Italia, per finanziare
l'industrializzazione del Piemonte e della Lombardia, e la forza-lavoro del
Sud costretta a emigrare in paesi lontani o risalire la Penisola in
condizioni di inermita'. Viene da piangere quando si considera la differenza
fra gli antichi e i modernissimi costituenti, dominati questi ultimi dalla
ferocia di un capitalismo dialettale e senza etica.
*
Il "no" al prossimo referendum (quest'occasione cosi' rischiosa perche' ogni
astensione dal voto contera', di fatto, come un "si'" alla costituzione
"riformata" secondo Berlusconi, Bossi e Casini) e' dunque un voto rinnovato
alle scelte di liberta', di giustizia, di solidarieta' che l'Italia fece
dopo l'esperienza del fascismo, di una guerra terribile e di una coraggiosa
resistenza al razzismo. Mai come questa volta il Paese e' chiamato ad essere
fedele ai momenti piu' alti della propria storia.
E non basta. Man mano che si va verso la data del referendum, i due poli,
incerti sui risultati, propongono trattative. Da varare prima del voto, dice
Bossi, da non escludere, ma dopo, dicono gli arciprudentissimi olivetani,
Ogni possibilita' d'accordo non e' di per se' scandalosa. Ma la fedelta' al
nostro passato sara' tanto piu' garantita quanto piu' il voto contrario allo
stravolgimento non sara' una bandiera sventolata da una esigua parte di
cittadini.

4. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: DA DOVE COMINCIARE?
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni
politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte
degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani
e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Da dove cominciare? Mi piacerebbe cominciare dal fondo, cioe' dalle tante
lettere di solidarieta', non solo da chi mi aspettavo, da voi compagne e
compagni pacifisti femministe nonviolenti, ma da studenti, madri di ragazzi
e ragazze tenuti in carcere addirittura senza accuse precise, genitori di
figli portatori di handicap che temono i tagli morattiani degli insegnanti
di sostegno, soldati democratici, che sperano in una democratizzazione e
sindacalizzazione delle forze armate, insomma un vasto mondo non conosciuto
che pero' e' capace di indignazione, punto di partenza di qualsiasi presa di
posizione etica.
*
Pero' vi devo dare un resoconto e quindi ecco una sommaria cronaca.
Sapete quasi tutto, cioe' che la mia candidatura, in una commissione di 24
membri, esattamente divisa a meta' tra maggioranza e opposizione, poteva
essere effettiva alla quarta votazione in quanto tra i due finiti al
ballottaggio passa chi ha piu' anni e quindi io.
Fino alla seconda votazione tutto e' filato dritto, anche se le pressioni
dei giornali e le curiosita' sulle parole dette da me alla manifestazione
pacifista del 2 giugno gia' facevano baccano.
Alla mattina della terza votazione grande scandalo per l'intervista del
"Corriere" che, non potendo trovare niente di disdicevole nemmeno nei
classici terrenni minati della resistenza in Iraq, del terrorismo e simili,
ha sparato il titolo sulle Frecce tricolori che naturalmente avevo detto
proprio alla manifestazione, ma che del resto ho detto spesso anche in
campagna elettorale in Friuli-Venezia Giulia, e se sono stata eletta la',
collegio del tutto insicuro e regione dove stanno le Frecce, vuol dire che
anche la' c'e'  chi non si scandalizza a sentirle criticare.
Si sparge la voce che la destra non si presentera' alla seduta e facendo
venire meno il numero legale a oltranza rendera' impossibile la mia elezione
e obblighera' il presidente del Senato a indire una nuova sessione di voto
con altre candidature. Ma cio' non si verifica non so se per divisioni tra
An e Cdl o se per non disponibilita' di Marini.
Arrivano infatti tutti i senatori della destra e si vota, allo scrutinio
inopinatamente compare il nome di De Gregorio dell'Italia dei valori, che
raccoglie oltre il suo, i 12 voti della destra,  che fa 13 e passa
presidente.
Segue il lavoro per eleggere i due vicepresidenti e i due segretari e anche
li' Zanone ottiene 11 voti e il candidato di destra 13, e poi dopo che
generosamente Silvana Pisa senatrice Ds e pacifista ritira la sua
candidatura come segretaria per lasciare spazio a me, sempre con 13 voti al
candidato di destra, e 10 a me, la commissione viene completata. Devo prima
di tutto ringraziare per l'estrema correttezza il vicepresidente Zanone che
dichiara subito di accettare la vicepresidenza con riserva, appunto per
quanto accaduto e - come ho gia' detto - Silvana Pisa per avere
assolutamente voluto cedermi il suo posto. Sicche' alla fine di tutto questo
orrendo pasticcio mi ritrovo comunque segretaria della Commissione e quindi
nell'ufficio di presidenza.
*
Seguono agitazioni varie da parte dei giornali e interviste a non finire
(quanto durera' questa fama drogata? penso pochi giorni, non ci prendero'
gusto, in fin dei conti sono stata eletta in due collegi senatoriali come
capolista senza nemmeno una intervista o un passaggio in tv, un vero
record).
L'operazione e' stata condotta con spregiudicata rozzezza. Infatti se il
senatore dell'Italia dei valori poteva sostenere che io sono una testa
calda, che ho parlato male di Garibaldi e altre nefandezze, doveva almeno
mantenere la fiducia a Zanone, parlamentare di lunga e limpida tradizione
liberale, persona di grande equilibrio e che del resto e' stato anche
ministro della Difesa: e' stato considerato reo di non essersi dissociato da
me? e' colpevole di reato associativo? mah!
Seguono le piu' straordinarie dichiarazioni: il neopresidente dichiara di
aver avuto sentore dello sconcerto degli Alti comandi militari,
dichiarazione molto grave, perche' gli Alti comandi militari se hanno delle
cose da dire le dicono al Ministro della Difesa e non si capisce perche' al
senatore De Gregorio, o lui fa parte dei servizi segreti? comunque nel caso
e' uno che parla troppo. Almeno per copertura avrebbe dovuto pubblicamente
sottrarsi a simili improbabili pressioni, dato che avrebbero rappresentato
un tentativo dei militari di influire sul parlamento, una cosa da servizi
segreti, ma quelli deviati.
A sua volta Schifani si vantava di aver impedito la mia elezione e con cio'
quasi salvato la patria: esagerato! nemmeno io che pure ho una buona
opinione di me, avevo mai tanto presunto di me stessa.
Miserevole come quasi sempre La Russa che mi incita a dedicarmi ai nipotini,
che sono ormai grandicelli e a me affettuosissimamente legati, come io a
loro. Se poi i nipotini tengono il posto della calza, cui erano
tradizionalmente rinviate le donne, sappia che sono brava ai ferri e
all'uncinetto, so persino fare il filet e il makrame', sono anche una buona
cuoca, naturalmente per chi amo invitare alla mia tavola, faccio i lavori di
casa ecc. e la passione politica si e' accompagnata per tutta la mia vita
con queste incombenze: penso che La Russa non ce la farebbe, ma noi donne ci
siamo abituate e ce la facciamo.
*
Adesso dico qualcosa sulla sfilata. A me le sfilate non piacciono e questa
e' solo una questione di gusto, non se ne discute, ma nemmeno ci si cava una
qualsiasi ragione di ostracismo. Una sfilata militare a Roma, una per tutto
il paese, mi pare simbolo poco repubblicano, poco capace di fare della
Repubblica davvero la cosa di tutti e tutte. Inoltre far passare mezzi
pesanti e inquinanti da terra e dal cielo in una delle zone archeologiche
piu' preziose del mondo e' davvero una follia. Un 2 giugno che si festeggi
con feste popolari in tutte le citta' e i paesi d'Italia e' molto piu'
fedele allo spirito della festa e della data, non disturba, non inquina,
valorizza le bellezze naturali e artistiche della nazione, ne celebra e
cementa l'unita' molto di piu'.
Credere che l'unita' possa essere rappresentata da una sorta di celebrazione
monarchica, mi pare poco intelligente. C'e' gran bisogno di fare cose meno
uniformi, meno processionali, piu' sobrie, piu' semplici, meno pompose, meno
"petto in fuori e fanfare a gogo'", appunto piu' repubblicane. Credo fosse
Salvemini che - preso dalla sua nota vis polemica - si era tanto irritato
una volta da definire l'Italia una "repubblica monarchica dei preti". E'
meglio cambiare un po', un po' tanto.

5. RIFLESSIONE. AGNESE GINOCCHIO: CON LIDIA
[Ringraziamo Agnese Ginocchio (per contatti: e-mail:
arcobalenodipace at katamail.com, sito: www.agneseginocchio.it) per questo
intervento. Agnese Ginocchio, "cantautrice per la pace, la nonviolenza,
contro tutte le guerre e le mafie", e' generosamente impegnata in molte
iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti umani e la nonviolenza]

Qualche mese fa la rete dei movimenti per la pace lancio' l'ipotesi della
candidatura a Presidente della Repubblica di Lidia Menapace: senatrice,
donna della Resistenza, gia' partigiana, persona di alta statura morale.
Donna impegnata per la pace, Lidia Menapace si e' sempre distinta ed
attivata per difesa della Costituzione, in particolare dell'articolo 11.
Meritava in pieno di essere eletta presidente della Commissione Difesa del
Senato. Invece il "blitz" a sorpresa (che poi tanto a sorpresa non e'...),
contro tutte le previsioni che vedevano gia' Lidia Menapace eletta alla
guida della Commissione, ancora una volta ha evidenziato da parte di taluni
un atteggiamento ambiguo, sleale e opportunista, ben lungi dallo spirito di
collaborazione, di amicizia, di apertura e di pace che i politici dovrebbero
assumere, se davvero pensassero al bene dell'Italia.
Se con questo gesto i signori dell'opposizione volevano mettere a tacere i
movimenti pacifisti, ebbene vi diciamo che noi siamo qui vivi e vegeti, piu'
convinti che mai. Consapevoli di questo arduo e difficilissimo impegno,
continuiamo a ribadire il nostro no ad ogni forma di violenza e ad ogni
guerra, continuiamo a chiedere di rispettare i diritti e i doveri sanciti
dalla Costituzione italiana ed in particolare dall'articolo 11.
Siamo vicini e solidali con Lidia.
Ci sentiamo fortemente indignati e offesi di questo gesto compiuto proprio
da coloro che hanno il gravoso compito di rappresentare l'Italia... Dove
vengono calpestati i valori, e contro la dignita' della persona prevale
l'arroganza del potere, non c'e' da aspettarsi nulla di buono...
Nel nome della pace, che significa difesa della giustizia, della democrazia
e dei diritti, non indietreggiamo, ne' possiamo tacere di fronte al male nel
mondo. Continuiamo nel nsotro impegno.

6. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: CON LIDIA
[Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at tin.it) per questo
intervento. Floriana Lipparini, giornalista (tra l'altro ha lavorato per il
mensile "Guerre e Pace", che per qualche tempo ha anche diretto, occupandosi
soprattutto della guerra nella ex Jugoslavia), impegnata nel movimento delle
donne (Collettivo della Libreria Utopia, Donne per la pace, Genere e
Politica, Associazione Rosa Luxemburg), ha coordinato negli anni del
conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista delle donne di Rijeka,
un'esperienza di condivisione e relazione nel segno del femminile, del
pacifismo, dell'interculturalita', dell'opposizione nonviolenta attiva alla
guerra, da cui e' lentamente nato un libro, Per altre vie. Donne fra guerre
e nazionalismi, che sta ora per uscire in Croazia in edizone bilingue]

Ecco, c'era da aspettarselo, ma ugualmente credo che il colpo di mano che ha
tolto la presidenza della Commissione Difesa del Senato a Lidia Menapace
vada denunciato con forza da parte dei pacifisti e soprattutto delle donne
impegnate nel femminismo e nel pacifismo.
Non si tratta soltanto di un'azione inqualificabile da parte di un deputato
che in teoria dovrebbe collocarsi non a destra (condividendo le scelte della
parte con la quale e' stato eletto e di cui ha accettato il programma), ma
di un ennesimo sfregio alla cittadinanza femminile di questo Paese e
all'articolo 11 della Costituzione.
Forse e' il caso di trovare parole e gesti adeguati per smascherare una
volta di piu' l'irriducibile maschilismo e bellicismo del nostro ceto
politico, e di inventare una campagna, un'iniziativa che non faccia passare
sotto silenzio questo ulteriore atto di violenza: le idee potrebbero essere
tante, prendiamo esempio dalle coraggiose pacifiste americane, o seguiamo
qualsiasi altro suggerimento nonviolento che ci convinca.

7. DOCUMENTAZIONE. ASSOCIAZIONI E "NUOVO GIORNALE DEI MILITARI" SOLIDALI CON
LIDIA MENAPACE
[Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo]

Le associazioni Associazione per i Militari Democratici (Amid), Associazione
Solidarieta' Diritto e Progresso (Assodipro), Associazione Finanzieri
Cittadini e Societa' (Ficiesse) ed il "Nuovo giornale dei militari", che
annoverano iscritti e lettori operanti nel comparto Difesa e Sicurezza, con
il presente comunicato intendono stigmatizzare quanto avvenuto in Senato per
l'elezione del Presidente della Commissione Difesa che contribuisce ad
incrementare la confusione politica ed istituzionale in atto.
Inoltre rinnovano la propria stima alla senatrice Lidia Menapace e le
esprimono tutta la loro solidarieta' per la deprecabile evoluzione
parlamentare della sua candidatura.
Non si condividono, infatti, i "timori" espressi da talune forze politiche,
rispetto all'assolvimento del ruolo istituzionale cui la senatrice Menapace
era stata candidata; si condividono, invece, le sue aperture verso un
riconoscimento del diritto di autotutela dei cittadini militari e ritengono
che il ruolo e la dignita' dei cittadini militari, non debbano essere
strumentalizzati per fini e strategie politiche, che nulla hanno a che
vedere con le concrete aspettative della categoria.
Apprezzano, altresi', la volonta' della senatrice di voler perseverare nel
suo impegno politico-istituzionale nella Commissione Difesa e dichiarano sin
da ora di essere disponibili a fornirle tutta la collaborazione che riterra'
utile e necessaria per l'espletamento del suo mandato parlamentare.
Associazione per i Militari Democratici, il presidente Vincenzo
Frallicciardi
Associazione Solidarieta' Diritto e Progresso, il segretario generale Emilio
Ammiraglia
Associazione Finanzieri Cittadini e Societa', il segretario generale Carlo
Germi
"Nuovo Giornale dei Militari", la direttrice Antonella Manotti

8. DOCUMENTAZIONE. DONNE IN NERO: PER LIDIA
[Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente
comunicato della rete italiana delle Donne in nero]

Siamo molto preoccupate per quanto accaduto in sede di elezione della nuova
presidenza alla commissione Difesa del senato.
L'esclusione di Lidia Menapace a seguito del mercato notturno dei voti,
cosi' come dichiarato da alcuni esponenti dell'opposizione di centrodestra,
a tutto vantaggio di altri mercati, quelli delle armi, non solo ci indigna
profondamente ma ci rappresenta in modo  preoccupante una debolezza
trasversale di fondo delle istituzioni appena elette, riguardo alle
politiche di prevenzione dei conflitti e del disarmo.
Ringraziamo Lidia Menapace per la tenacia ancora una volta dimostrata
decidendo di continuare comunque ad impegnarsi all'interno della commissione
Difesa, cosi' come ringraziamo Silvana Pisa per la solidarieta' politica e
personale che le ha saputo dimostrare rendendo disponibile l'incarico di
segretaria della commissione.
Sollecitiamo tutta la coalizione dell'Unione e in particolare il partito
dell'Italia dei valori, a continuare a fare pressione perche' il senatore De
Gregorio si dimetta dal suo incarico di presidente.
Invitiamo tutte le elette del centrosinistra a raccogliere in modo
propositivo i numerosi messaggi di protesta per quanto accaduto, e di
solidarieta' nei confronti di Lidia Menapace, in particolare le tante voci
di donne, per gli squallidi attacchi non solo ai suoi convincimenti politici
come femminista e pacifista della nonviolenza, ma anche direttamente alla
sua persona.

9. DOCUMENTAZIONE. "FACCIAMO BRECCIA": UNA DONNA TROPPO DIVERSA
[Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo questo
comunicato del Coordinamento "Facciamo breccia" e dei "Quaderni viola"]

Lidia Menapace fa paura ai generali, all'esercito e a tutti i militaristi
perche' e' una donna troppo diversa:
perche' da giovane e' stata partigiana;
perche' e' antifascista e contro il revisionismo storico;
perche' e' contro la guerra e lo dice senza mediazioni;
perche' lotta per l'autodeterminazione delle donne;
perche' parla di laicita' in un paese sempre piu' asservito al Vaticano;
perche' lotta contro le discriminazioni, i razzismi e l'ingiustizia sociale;
perche' difende i diritti di lesbiche, gay e trans;
perche' non si fa chiudere la bocca dal ruolo istituzionale.
Lidia Menapace e' una donna troppo diversa in questo paese dove lo
sdoganamento del fascismo e' realta' quotidiana, il militarismo e la
violenza rappresentano la cultura dominante e il potere religioso assume
posizioni sempre piu' retrive e oscurantiste nel silenzio generale.
Orgogliose ed orgogliosi di averla avuta al nostro fianco nel corteo dell'11
febbraio scorso, vogliamo esprimerle tutta la nostra solidarieta' e il
nostro affetto.

10. RIFLESSIONE. SARA MENAFRA INTERVISTA LIDIA MENAPACE
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 giugno 2006. Sara Menafra e'
giornalista del "Manifesto"]

- Sara Menafra: Lidia Menapace, quanto possono aver pesato su questo voto le
tue dichiarazioni ai giornali? Parlavi di abolire le Frecce tricolori, forse
qualcuno ha pensato che le priorita' sulla difesa fossero altre?
- Lidia Menapace: Dicevo semplicemente che in un momento in cui bisogna
risparmiare in tutti i settori e' meglio abolire le Frecce tricolori o le
parate, tutte cose che costano soldi, inquinano e nient'altro. Se
un'intervista ad un quotidiano, pur importante come il "Corriere della
sera", potesse modificare gli assetti politici del paese vuol dire che siamo
in una situazione potenzialmente eversiva, perche' la stampa conterebbe piu'
del parlamento. Non e' cosi', le interviste di ieri non c'entrano nulla con
quanto e' accaduto questa mattina [il 7 giugno - ndr]. Le domande che mi
hanno fatto i giornali non c'entrano nulla con i lavori della commissione
che certo non si sarebbe occupata ne' di abolire le Frecce tricolori ne' di
trasformare la parata del 2 giugno.
*
- Sara Menafra: E allora che e' successo?
- Lidia Menapace: Il tranello e' stato concordato, De Gregorio non ha
appoggiato neppure Zanone, un liberale tutt'altro che pericoloso e che non
aveva concesso alcuna intervista. Eppure anche lui ha avuto 11 voti anziche'
13. Io sono stata eletta segretaria solo grazie a Silvana Pisa che ha messo
a disposizione l'incarico proposto a lei. Non e' stato un ribaltone contro
di me, ma contro la maggioranza. Io ho ricevuto la solidarieta' dei
militari, ad esempio dal "Giornale nuovo dei militari" che mi scrive di
essere d'accordo con me e che sperava che la mia elezione contribuisse ad un
processo di democratizzazione dei corpi militari. E' possibile che qualche
alto comando si sia seccato e infatti De Gregorio dice di aver ricevuto
inviti dagli alti comandi, ma vuol dire che ignora l'abc della democrazia
perche' il parlamento deve essere superiore a qualunque pressione.
*
- Sara Menafra: Quel che e' successo cambia gli assetti della maggioranza?
- Lidia Menapace: Non esageriamo, con me sono stati tutti solidali. C'e' un
caso politico aperto che certo non finira' qui, bisognera' avere dei
chiarimenti precisi. E' vero pero' che Berlusconi cerca di erodere la
maggioranza, ma che fossimo numericamente fragili lo sapevamo gia'.
*
- Sara Menafra: E le politiche sulle questioni militari cambieranno in
qualche modo?
- Lidia Menapace: Non credo proprio. E basta guardare il comportamento del
ministro della Difesa Arturo Parisi che in commissione ha detto chiaramente
di pensare al ritiro totale dall'Iraq. Sara' la politica a decidere quel che
accadra' circa i compiti delle nostre Forze armate. Gli interventi sulla
questione, non solo il mio, ma anche quelli di Martone, Salerni e Pisa sono
stati tutti di riconferma delle posizioni fissate prima delle elezioni. E
poi l'esempio di Di Gregorio mi pare talmente bieco e impresentabile che
chiunque lo seguira' sara' automaticamente squalificato. Per tutta la
giornata di martedi' e' stato seduto accanto a me a sorridermi e poi durante
la notte ha organizzato il suo trabocchetto. Avrebbe potuto dire di aver
cambiato posizione e invece non ha fiatato ne' con me ne' con altri e alla
terza votazione si e' fatto trovare con tredici voti, sapendo benissimo che
se fossimo arrivati alla quarta votazione io sarei stata eletta per
anzianita'. E' stato un tranello, perfetto nel suo genere. Io non ho mai
imparato a farli e non imparero' certo a questa eta'.

11. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA FESTA DELLA MORTE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
commento - che tiene dello sguardo di Bosch e di Bruegel, del Dante petroso
e del Leopardi sillografo, delle algide denunce di Swift e di quelle
incandescenti di Heine - alla notizia dell'uccisione del terrorista Al
Zarqawi. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha
fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del
"non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto
il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Ucciso l'uccisore (e con lui chi dice sette, chi dice quindici altre
persone; tutti uccisori?), tra applausi ed esultanze, chi uccidera'
l'uccisore dell'uccisore?
L'unico infinito che conosciamo in questo mondo finito e' il corteo delle
morti per vendetta, di madre in figlia, ciascuna infallibilmente feconda.
E' l'ostinatissima illusione che male piu' male non faccia due mali, ma
liberazione dal male.
L'uccisore ha avuto la morte che dava per vendetta della vendetta della
vendetta.
Il potente del giorno ha chiamato giustizia tutto cio': "Giustizia e'
fatta!".
E chi ha fatto vendetta puo' aspettare l'infinita eco della vendetta,
l'infallibile, l'immancabile.
Abbiamo visto, con gli occhi universali della tv, la bomba infallibile
colpire la casa nel centro di un modesto villaggio, e spargere fumo e
distruzione attorno.
Applausi, esultanza. Lo ha ucciso chi lo ha giudicato senza alcun processo,
tanto era lui stesso reo confesso. Nessuna legge umana moderna lo consente.
Ma e' licenza di guerra: la guerra, gli omicidi mirati dei paesi civili,
sono peggiori della pena capitale. La decapitazione di Luigi XVI fu, al
confronto, un esempio di civilta' e delicatezza.
Se non esulto anch'io mi diranno certamente che sono amico del terrorista.
Su, balliamo! E' la festa della morte!

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1322 del 10 giugno 2006

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