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La nonviolenza e' in cammino. 1321
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1321
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 9 Jun 2006 00:14:47 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1321 del 9 giugno 2006 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Giovani assassini crescono 2. Federica Curzi: Cara Lidia 3. Enrico Peyretti riassume "Processo decostituente" di Luigi Ferrajoli 4. Ida Dominijanni: Il referendum fantasma 5. Olivia Fiorilli intervista Tania Groppi 6. Il 17 e 18 giugno a Roma 7. Udi: Un presidio a Roma contro la violenza sulle donne 8. Prima di tutto vive. Il 28 giugno a Milano 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: GIOVANI ASSASSINI CRESCONO Sento che alcuni ministri di vari paesi riuniti in una grande citta' europea dichiarano la loro soddisfazione perche' l'esercito statunitense ha commesso una strage nella quale sembra sia stata uccisa anche una persona accusata di essere un terrorista. Tra questi ministri che gioiscono non perche' si e' assicurato alla giustizia un criminale, ma perche' e' stata commessa una strage, sento esservi anche il ministro della Difesa del governo italiano. Ministri che gioiscono di un massacro. Ministri che si dichiarano compiaciuti non quando si salvano vite umane, non quando si impediscono uccisioni, non quando si catturano e si processano i criminali e si afferma la legge che protegge le esistenze e invera la convivenza, ma quando si uccidono esseri umani, quando persone accusate di essere assassini vengono a loro volta assassinate senza processo, e per assassinarle non si esita neppure ad uccidere altre persone ancora, in un'orgia bestiale di sangue. Quale diabolica perversione ha invaso e divorato l'anima di quei ministri fino a ridurli a persona che plaudono a una strage, che traggono piacere da un atto di terrorismo, quando quella strage, quell'atto di terrorismo, e' compiuto da uno stato? E quale scellerato esempio quei signori ministri delle democrazie occidentali stanno dando al mondo intero? Fosse in mio potere, manderei i carabinieri ad arrestare il ministro della Difesa italiano per apologia di reato, per istigazione a delinquere, per complicita' col terrorismo internazionale. 2. EDITORIALE. FEDERICA CURZI: CARA LIDIA [Ringraziamo Federica Curzi (per contatti: federica_curzi at libero.it) per averci messo a disposizione il testo di questa lettera inviata a Lidia Menapace. Federica Curzi, nata a Jesi (Ancona), si e' laureata in filosofia nel 2002 presso l'universita' di Macerata ove attualmente svolge un dottorato di ricerca; alla sua tesi e' stato attribuito il premio dell'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini; collabora alla rivista on line www.peacereporter.net Opere di Federica Curzi: Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004. Scritti su Federica Curzi: cfr. l'ampio saggio dedicato al suo libro da Enrico Peyretti ne "La domenica della nonviolenza" n. 23. Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Cara Lidia, lasciamo stare lo sgomento, la rabbia e la frustrazione che in me rappresentano le emozioni e le reazioni di tutte e tutti coloro che credono nel valore delle parole e nelle parole date ai valori. Lasciamo stare lo sgomento, la rabbia e la frustrazione, ma non tutto il resto, ovvero tutte e tutti quelli che oggi ho l'ambizione di rappresentare. Soprattutto tutte, ebbene si': il femminismo non soltanto moltiplica la politica e la cittadinanza, ma le pluralizza rendendo piu' complesso il discorso della rappresentanza, dunque oggi sono donna che incarna e porta su di se' l'ennesima sconfitta del potere inteso come "potere di" (essere, costruire, sentire, comunicare, pensare, difendere), di contro alla schiacciante - in senso stretto - vittoria del potere inteso come "potere su" (la legge e la legalita', la misura, l'uguaglianza, la liberta' delle persone). "Potere su" come sinonimo di violenza. Ecco che nuovamente si incrociano la lotta e la resistenza femminista con quella nonviolenta e della nonviolenza, lotta e resistenza che tu Lidia incarni nella tua storia, nei tuoi metodi, nelle tue parole sempre al posto e nel momento giusto, nella tua - bella - persona. Questa tua trasparenza nel dimostrarti e' quello che continua a rincuorarmi da ore, da quando ho assistito all'esito del "tranello" in Senato e che mi ha fatto resistere alla tentazione della vacuita': dal credere che sia tutto vano e inutile, dalla tentazione dell'impotenza, che spesso diviene speculare ma identica al delirio di onnipotenza (spettacolo che invece imperversa in altri luoghi della nostra politica). Mi rincuora, dunque, vedere come ne' prima ne' dopo e' uscita dalla tua testa e dalla tua bocca una frase che minimamente contraddica o sconfessi la giustizia e la verita' della nonviolenza come principio e come metodo della politica. Prima: hai dichiarato la tua posizione di ascolto delle parti in causa, i corpi militari, senza anticipare gesti ideologici (seppure di una sana "ideologia" quale il pacifismo) ma seguendo le istanze legittime, legali e costituzionali della smilitarizzazione e sindacalizzazione delle forze della Difesa della nostra Repubblica. Dopo: hai guardato, visto, riconosciuto ed indicato in controluce i reali processi in campo, la posta in gioco e l'oggetto del contendere. Il dito del bambino che ha - per purezza - il coraggio di dire che il re e' nudo, e' stato nel tuo caso il dito che - con lucidita' - ha fatto luce su un vuoto della politica: il potere di essere (rappresentati) e cosi' di costruire, sentire, comunicare, pensare, difendere. Fare luce sulle contraddizioni del presente e' il compito del pensare e dell'agire nonviolento. Inoltre: non ti sei proclamata affatto vittima del complotto, ma hai dichiarato la strumentalizzazione delle persone e delle istanze per raggiungere quel "potere su" che e' il reale oggetto del contendere. Hai dichiarato di non essere il bersaglio del ribaltone, come non lo e' il pacifismo. Tanto che la solidarieta' ti e' giunta anche dalle Forze armate. Se il pacifismo, la nonviolenza e il femminismo sono stati colpiti, non lo sono stati nei loro contenuti e nei loro valori, ma nella loro debolezza, nei loro punti deboli: ovvero nella loro presenza, incisione e credibilita' all'interno delle istituzioni. Per questo non sei stata sconfitta tu nel tuo continuare a rappresentarci e bene, nella tua forza e insieme pacata fermezza nel saper rispondere di te, di cio' in cui credi e dei valori, la vera Italia dei valori, che milioni di donne e anche di uomini incarnano. Per questo sei, in queste ore e per il futuro, la miglior rappresentante che possiamo desiderare del significato e dell'altezza del termine Difesa, la cui piu' alta istanza non e' l'attacco - che ne e' il contrario - bensi' il coraggio. A tale riguardo, e a proposito di mercanteggiamenti, ne hai da vendere. Con gratitudine e affetto, Federica Curzi 3. REFERENDUM. ENRICO PEYRETTI RIASSUME "PROCESSO DECOSTITUENTE" DI LUIGI FERRAJOLI [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci messo a disposizione questa sua sintesi (con piccoli interventi propri) di uno scritto di Ferrajoli, Processo decostituente, in Gallo, Ippolito, La Valle, Ferrajoli, Salviamo la Costituzione, Chimienti Editore, Taranto 2005, pp. 93-110 (per richieste alla casa editrice: info at chimientieditore.it). Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario. Luigi Ferrajoli, illustre giurista, nato a Firenze nel 1940, gia' magistrato tra il 1967 e il 1975, dal 1970 docente universitario. Opere di Luigi Ferrajoli: della sua vasta produzione scientifica segnaliamo particolarmente la monumentale monografia Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1989; il saggio La sovranita' nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1997; e La cultura giuridica nell'Italia del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1999] La legge di revisione costituzionale del governo Berlusconi riflette la concezione e pratica della democrazia propria di questa destra, che pretende imporla come nuova carta d'identita' della Repubblica; esprime e formalizza una concezione anti-parlamentare e extra-costituzionale, purtroppo penetrata nel ceto politico, anche di sinistra, e nel senso comune; non e' solo devolution federalista, ma devasta l'assetto istituzionale del sistema politico; decostituzionalizza la democrazia, costituzionalizza il berlusconismo, cioe' le tre dimensioni della crisi che questo rappresenta: 1) la dimensione politica della democrazia rappresentativa, 2) quella istituzionale della separazione dei poteri, 3) quella garantista dello stato costituzionale di diritto. * 1. La rappresentanza politica e' stata personalizzata e verticalizzata. Questo fenomeno avviene anche in altre democrazie (rafforzamento degli esecutivi a scapito dei parlamenti; presidenzialismo), ma in Italia eredita i connotati populisti e organicistici della tradizione fascista: la democrazia consisterebbe tutta nella scelta di una maggioranza e di un capo, identificati con la volonta' massima della nazione. Ma un organo monocratico non puo' rappresentare la volonta' del popolo intero. Una siffatta volonta' collettiva non esiste; la si presenta per mascherare il contrasto di interessi, il conflitto di classe, le differenze di idee, rappresentati nei diversi partiti. 2. E' stata attuata una progressiva confusione e concentrazione dei poteri. Il potere politico, mediatico, economico nelle mani di una sola persona, indica una concezione "proprietaria" delle istituzioni. La separazione tra sfera pubblica (poteri politici) e sfera privata (poteri economici) fa parte del costituzionalismo (che e' limitazione e controllo del potere) ancor prima che della democrazia. 3. E' stata squalificata la sfera pubblica e della legalita', si e' fatto il "governo degli uomini" invece del "governo delle leggi": soprattutto la guerra in violazione della Carta dell'Onu e dell'art. 11 della Costituzione e le leggi personali in favore del presidente del consiglio. 4. Un quarto fattore di crisi, di tipo politico e culturale, ha reso possibile la manomissione della Costituzione: attacco all'antifascismo, revisionismo storico, riabilitazione della Rsi, demonizzazione della tradizione di sinistra, squalificazione dello stato sociale, riabilitazione della guerra, fondamentalismo liberista, campagne ideologiche in favore dei "valori" della forza, del successo, dei campanilismi, del mercato, dello sciovinismo. * La riforma del governo Berlusconi decostituzionalizza il nostro sistema politico, ovvero costituzionalizza tutti gli aspetti della crisi appena descritti; demolisce non solo la Costituzione del 1948, ma il paradigma stesso della democrazia costituzionale. Si tratta, per le dimensioni della riforma, di una "nuova costituzione" voluta dalle forze di destra, nessuna delle quali ha partecipato alla nascita della Costituzione antifascista del '48, nessuna delle quali si e' in essa riconosciuta. E' una riforma illegittima, nelle forme e nel metodo, perche' sconvolge l'intero assetto della Repubblica (seconda parte della Costituzione): cambia la forma di Stato, da nazionale a federale, e la forma di governo, da parlamentare a para-presidenziale o peggio a monocratica. E' illegittima perche' la Costituzione consente modifiche, con la procedura dell'art. 138, ma non la formazione di una nuova costituzione: il potere di revisione e' un potere costituito (puo' fare solo emendamenti), e non costituente (che sarebbe eversivo, perche' "la sovranita' appartiene al popolo", art. 1, che non puo' esserne espropriato). Altre costituzioni democratiche prevedono per la revisione procedure piu' complesse e soglie piu' alte del nostro art. 138. La revisione e' stata compiuta in Parlamento a maggioranza semplice, cio' che consente al popolo sovrano, nel referendum indetto per il 15 giugno, di respingerla. Non vale paragonare questa revisione a quella compiuta dal governo dell'Ulivo alla fine della precedente legislatura: fu un grave errore, perche' il titolo V fu modificato coi voti della sola maggioranza, ma la differenza sta nel fatto che era una modifica settoriale, non vasta (oltre 50 articoli) come questa; e che riproduceva una modifica approvata qualche anno prima da entrambi gli schieramenti nella Commissione bicamerale. La recente vasta revisione e' illegittima anche e soprattutto perche' deroga di fatto ai "principi supremi" della Costituzione, cio' che e' impedito dalla sentenza della Corte Costituzionale 1146/1998 (testo in nota a p. 100). La revisione attuale, infatti, verticalizza e personalizza l'assetto costituzionale, perche' da' carattere monocratico al potere politico nelle mani del primo ministro; cosi' essa riduce gravemente limiti, controlli e contrappesi, cioe' quel sistema complesso di regole dirette a limitare, separare, bilanciare i poteri pubblici, voluto dalla Costituzione per garantire i diritti fondamentali dei cittadini e lo Stato di diritto, contro il pericolo che i poteri degenerino in poteri assoluti e illimitati. La revisione, infatti, indebolisce sia la rappresentativita' delle funzioni di governo sia l'indipendenza delle istituzioni di garanzia (Presidente della Repubblica; Corte Costituzionale). La revisione contraddice non solo la Costituzione, ma lo stesso spirito del costituzionalismo democratico del secondo Novecento, la cui novita', dopo le tragedie dei fascismi e delle guerre mondiali, e' consistita nei limiti e vincoli imposti dalle costituzioni rigide ai poteri di maggioranza, a tutela dei diritti fondamentali di tutti. Cosi', la revisione berlusconiana e' stata in realta', nonostante le dichiarazioni retoriche, illiberale, riduttiva delle liberta': la concezione ad essa sottostante e' la liberta' dei forti, non di tutti, non dei deboli; la liberta' economica, non la liberta' di partecipazione politica alle decisioni per promuovere la vita e i diritti di tutti. * La cosiddetta devolution, la competenza legislativa esclusiva alle regioni in ogni materia non espressamente riservata allo Stato, introduce differenze sostanziali tra i cittadini, che avranno diritti diseguali nell'accesso alla scuola e alla salute; questa e' una grave divisione dell'unita' del paese, divisione non solo economica, ma nel diritto di cittadinanza. La funzione legislativa, nel complicatissimo sistema disegnato delle competenze diverse tra Camera dei deputati e Senato federale, diventa incredibilmente difficile, subisce un vero tracollo (Ferrajoli lo descrive in dettaglio alle pp. 102-103) e incontra una serie di conflitti inter-istituzionali che la paralizzerebbero. E' difficile capire se si tratta di una prova di dissennatezza istituzionale oppure di un consapevole sabotaggio della funzione legislativa, destinato a lasciare spazio illimitato alla decretazione d'urgenza del governo. La revisione demolisce il principio della rappresentanza politica, che e' uno dei "principi supremi" sottratti al potere di revisione; cio' avviene in due modi: a) il nuovo testo elimina di fatto il ruolo di controllo del Parlamento sul governo e la responsabilita' del governo di fronte ad esso; b) il nuovo testo modifica lo statuto del parlamentare, trasformandolo in un mandatario passivo della coalizione cui appartiene e, di fatto, un dipendente del suo capo. Infatti, la revisione elimina il voto di fiducia della Camere, perche' la legittimazione del Primo ministro deriva direttamente dal voto popolare. Il Primo ministro potra' sciogliere le Camere con sua "esclusiva responsabilita'" (funzione sottratta al Presidente della Repubblica), se la sua maggioranza gli neghera' la fiducia senza indicare un altro Primo ministro al proprio interno, senza il voto determinante dell'opposizione. In quel caso, si va a nuove elezioni. Non sara' possibile cambiare in Parlamento la maggioranza di governo (norma detta "anti-ribaltone"). Il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo si capovolge: non sara' piu' il Governo che deve avere la fiducia del Parlamento, ma sara' il Parlamento che deve avere la fiducia del Primo ministro. Ferrajoli ritiene che queste norme "anti-ribaltone" siano il vero cuore della svolta che si vuole imprimere. Saranno impossibili le crisi di governo parlamentari. Maggioranza e minoranza saranno blindate. Soli i parlamentari della maggioranza - e non singolarmente, ma in blocco - avranno un potere di iniziativa politica e di responsabilizzazione dell'esecutivo, mentre i parlamentari della minoranza non conteranno nulla, avranno solo il diritto di parola. L'opposizione e' estromessa da ogni funzione di controllo e di mediazione politica. Come possiamo definire la qualita' di un governo con opposizione paralizzata? * La revisione pone fine alla rappresentanza senza vincolo di mandato, perche' ogni parlamentare sara' vincolato alla coalizione di appartenenza, dovra' eseguirne la volonta', senza responsabile liberta' di coscienza e di valutazione. E' una vistosa contraddizione con l'art. 67, che non viene modificato ma apertamente violato; esso dice: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". Vincolato al mandato, il parlamentare sarebbe l'esecutore meccanico di un partito, non un responsabile rappresentante del popolo. Il mandato imperativo, non gia' dal basso (popolare) ma dall'alto, lega il parlamentare al Primo ministro, come uno strumento. Non solo l'opposizione, ma la stessa maggioranza parlamentare sara' neutralizzata, non avra' alcun potere di controllo sul governo: se la maggioranza gli togliesse la fiducia, il Primo ministro scioglierebbe il Parlamento. * Ne risulta una totale irresponsabilita' del Primo ministro di fronte al Parlamento, a favore di un suo rapporto organico, diretto, con l'elettorato. Questa e' una deformazione radicale della stessa democrazia, non solamente del sistema parlamentare. Non e' neppure una democrazia presidenziale. Nelle democrazie di questo tipo (Usa, per esempio) la rappresentativita' democratica e' assicurata da un parlamento forte, separato e indipendente dal potere esecutivo. Ma se il parlamento diventa un organo decorativo, dominato da una maggioranza totalmente dipendente dal Primo ministro, scompare anche la democrazia rappresentativa. Infatti, un organo personale, monocratico, come e' il Primo ministro, non puo' per sua natura rappresentare tutto il popolo differenziato, ma solo la parte vincente. La democrazia "implica l'assenza di capi" (Kelsen). Essa e' "il governo delle leggi, e non degli uomini" (Bobbio). Addirittura, riguardo allo stato ideale, dice Socrate, nella Repubblica di Platone (III, 9), che se in tale stato comparisse un uomo cosi' sapiente e abile da potere rappresentare e svolgere la parte di tutti, e volesse prodursi in pubblico con questa sua capacita', "noi lo riveriremmo come un essere sacro, meraviglioso e incantevole, ma gli diremmo che nel nostro stato non c'e' e non e' lecito che ci sia un simile uomo e lo manderemmo in un altro stato con il capo cosparso di profumi e incoronato di lana". Nessuno puo' assorbire il ruolo di tutti, ne' e' lecito che lo faccia. L'idea di un rapporto organico tra un capo e il popolo intero e' un'idea populista, che riduce il popolo ad un blocco unico, senza individualita' libere, e contraddice la nozione stessa di democrazia. Tutto diventa possibile ad un uomo che un tale sistema di leggi fa sembrare investito della stessa sovranita' popolare. Qui si vede quale e' il pericolo insito in tanta insipienza politica, o insano calcolo di potere. * Purtroppo, una tale idea personalizzata, monocratica e populista della democrazia e' ampiamente diffusa, anche a sinistra. Circola da tempo nel centrosinistra la "bozza Amato" che contiene la piu' grave di tutte le manomissioni berlusconiane della Costituzione: una norma "anti-ribaltone" uguale a quella voluta dal centrodestra. Chi ha copiato da chi? Nella battaglia per il referendum e' necessaria non solo la propaganda per il "no", ma una riflessione critica e autocritica sulla gravita' della posta in gioco, sui guasti provocati da oltre un decennio di logoramento costituzionale, sul nesso indissolubile tra costituzione e democrazia. Dall'attacco alla Costituzione si devono trarre due lezioni, una di metodo, l'altra di merito: a) la controriforma della destra ha rivelato l'enorme debolezza delle attuali garanzie costituzionali, aggravata dalla disattenzione, disinformazione, ignoranza costituzionale dell'opinione pubblica. La garanzia della rigidita' costituzionale va rafforzata. Con l'art. 138 i padri costituenti supponevano ingenuamente un lealismo politico verso il patto costituzionale, che oggi e' assai piu' debole. Il 138 va rafforzato. Il referendum costituzionale deve avvenire su singole determinate questioni (come ha gia' richiesto piu' volte la Corte Costituzionale) e non su un grande blocco di riforme, per non trasformarsi in un plebiscito, sempre nemico della democrazia; b) sul nostro sistema democratico incombono seri pericoli: la gia' rilevata concentrazione di poteri in mano di uno solo, sostanza del berlusconismo; questa riforma che annulla il ruolo del Parlamento darebbe vita a una vera autocrazia. La concezione della democrazia come sistema di limiti, vincoli, garanzie imposte a tutti i poteri, compresa la maggioranza, e' stata aggredita da Berlusconi e indebolita nello spirito pubblico. Bisogna mostrare che l'attuale riforma legalizza la costituzione materiale del berlusconismo: il suo sistema autocratico e la sua insofferenza per limiti, regole, controlli giurisdizionali. L'idea berlusconiana e' che la democrazia consiste unicamente nella scelta ogni cinque anni di un capo. * Non basterebbe vincere il referendum: occorre una grande battaglia civile per risanare la ferita inferta alla Costituzione; occorre rifondare nello spirito pubblico l'idea e l'affetto alla democrazia costituzionale. Bisogna che la battaglia non sia inquinata da proposte di compromesso, da propositi di "aggiornamenti" non ben distinti da questa riforma da respingere. Il referendum si deve svolgere con la coscienza di una emergenza democratica, non solo costituzionale. I temi essenziali devono essere: 1) la sconfitta culturale, oltre che politica, del progetto berlusconiano-piduista e della sua concezione deforme della democrazia; 2) la rifondazione, nel senso comune, del carattere antifascista della Costituzione repubblicana, del suo valore di fondamento e presidio della democrazia, e di programma politico e sociale, ancora in gran parte da attuare. La storia del nostro paese, attraverso oppressioni, errori, dolori grandi, e' arrivata nel 1946-'48 a formulare questa carta di identita' morale e politica, fuori della quale c'e' solo lo smarrimento e la ricaduta indietro. 4. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: IL REFERENDUM FANTASMA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 giugno 2006. Ida Dominijanni, giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista. Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di liberta', Angeli, Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania Giorgi), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005] Su che si vota il 25 giugno? Su niente. Il problema e' la controriforma della Costituzione che la "Casa delle liberta'" s'e' fatta da sola a proprio uso e consumo come fosse un regolamento di condominio, la soluzione c'e' gia' ed e' "la ripresa del dialogo" fra maggioranza e opposizione per fare un'altra riforma il piu' simile possibile a questa ma concordata. Che vinca il no o che vinca il si', dal 26 si ricomincia a discutere tutti insieme appassionatamente di poteri del premier, federalismo fiscale, bicameralismo, senato delle regioni eccetera eccetera. Forse in una nuova bicamerale forse in un'assemblea costituente, dice serafico Vannino Chiti, o forse in una convenzione, architetta Giulio Tremonti al seguito di Augusto Barbera. Pare di sognare. In che anno siamo, nel 2006 o nel 1996? Siamo tornati punto e a capo, a sfogliare la margherita fra commissioni inconcludenti e assemblee costituenti improponibili come prima della bicamerale di D'Alema. Non e' l'appello al dialogo che scandalizza: lavorare sulle larghe convergenze, in materia di Costituzione, e' il minimo di civilta' politica che una democrazia dovrebbe darsi. E' la cancellazione di dieci anni di storia politica, il condono a chi (nel centrodestra con la controriforma complessiva, ma anche nel centrosinistra con la riforma del titolo V) questo minimo di civilta' l'ha allegramente ignorato, l'avallo della strumentalita' del tormentone sulle riforme all'onda politica del momento, la delegittimazione non piu' strisciante della Carta del '48 ridotta a uno stato perenne di provvisorieta' e aleatorieta', la derubricazione del referendum a sondaggio, l'ostinazione su un'agenda di riforme dell'ordinamento incantata come un disco rotto. Berlusconi non avrebbe mai aperto al dialogo, o autorizzato il fido Tremonti a farlo, se non avesse capito dal voto alle amministrative che non tira aria di rivincita e che al referendum rischia di prendere la terza batosta in tre mesi; e si mette la maschera dialogante oggi con la stessa disinvoltura con cui se la tolse nel '98 a un passo dall'approvazione in parlamento della bozza di riforme licenziata dalla Bicamerale. E Fassino e' ben lieto di raccogliere l'invito, che lo mette a sua volta al riparo da un'eventuale sconfitta al referendum e, in caso di vittoria, lo toglie dall'imbarazzo della gestione di un no che voglia dire no e lo autorizza a interpretarlo come un no che vuole dire ni: no alla riforma della Cdl, si' a una riforma dello stesso tipo ma un po' piu' presentabile. E chi votando no vuole dire proprio no, alla riforma della Cdl e al tipo di riforma che ci viene in varie salse proposta da dieci anni, da chi sara' rappresentato e interpretato? Dal '96 a oggi non e' passato solo un decennio di nevrotica transizione italiana: e' cambiato il secolo. La storia e la tecnica ci hanno messo di fronte a fatti e contesti nuovi, dalla costruzione europea ai problemi di bioetica, dal cambiamento dei rapporti fra i sessi alle nuove tecnologie del controllo individuale e sociale alle trasformazioni del mondo del lavoro, che richiederebbero non una revisione ma un rilancio dei principi costituzionali, delle garanzie e dei diritti che ne derivano: come autorevoli giuristi, da Rodota' a Zagrebelsky, non mancano di ripetere in queste settimane, nell'indifferenza dei vertici "dialoganti" del centrosinistra. Invece siamo destinati a sorbirci l'ennesima bozza e controbozza di riforma sui poteri del premier e dintorni, nel solco ormai ventennale del culto del dio-governabilita'. O l'ennesima bozza sulle competenze delle regioni e dello stato, nel culto delle divinita' padane. La storia puo' attendere. La delegittimazione della Costituzione, invece, continua, aggravata dalla "sdrammatizzazione" del referendum. A forza di dire che la ripresa del dialogo e' la' pronta sia che vinca il no sia che vinca il si', il risultato sara' che a votare ci andranno in pochi, e che il ceto politico "bipartisan" si sentira' ancor piu' autorizzato a fare della Carta fondamentale quello che vuole, come fosse cosa sua e non nostra. Non lasciamola nelle sue mani. 5. REFERENDUM. OLIVIA FIORILLI INTERVISTA TANIA GROPPI [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip) riprendiamo la seguente intervista. Olivia Fiorilli, intellettuale e giornalista femminista, e' redattrice de "Il paese delle donne". Tania Groppi e' docente universitaria e costituzionalista, fa parte dell'Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull'innovazione nell'amministrazione pubblica (in sigla: Astrid)] Nell'ambito dell'approfondimento che "Il paese delle donne" sta dedicando al referendum costituzionale del 25-26 giugno abbiamo intervistato Tania Groppi, costituzionalista e membra dell'associazione Astrid. * - Olivia Fiorilli: Ci puo' illustrare gli aspetti della riforma che riguardano i poteri del Presidente del Consiglio? - Tania Groppi: Uno dei punti qualificanti del progetto di riforma e' la modifica della forma di governo. Quanto a questo aspetto l'elemento che emerge piu' chiaramente e' il rafforzamento della figura del Presidente del Consiglio, anzi possiamo dire del Primo Ministro dato che c'e' anche questo cambiamento di nome. Innanzi tutto si viene a creare una forma di legittimazione diretta del Primo Ministro perche' e' eletto direttamente dal popolo attraverso un sistema, rimesso ad una legge ordinaria, che gli consente di avere una maggioranza in Parlamento, il sistema elettorale per l'elezione della Camera dei deputati che e' l'unica camera con cui si mantiene un rapporto fiduciario, il Senato esce attraverso la riforma del bicameralismo da questo circuito. Il Primo Ministro non deve neppure chiedere la fiducia, nel momento iniziale della vita dell'esecutivo, alla Camera dei deputati. In conseguenza aumentano anche i poteri del Primo Ministro, sia quello di nomina e revoca dei ministri, che gli spetta direttamente ed e' sottratto al capo dello stato, sia il potere di scioglimento delle camere: puo' chiedere al Presidente della Repubblica, che in questo caso e' tenuto a concederlo, di sciogliere la Camera dei deputati assumendosene la piena responsabilita'. Correlativamente i poteri del Presidente della Repubblica sono ridotti perche' questi perde il potere, che oggi comunque gli rimane nonostante la tendenza bipolare del nostro sistema politico, di nominare il Presidente del Consiglio dei Ministri e perde nella sostanza il potere di scioglimento anticipato del Parlamento. Gli unici limiti che il Primo Ministro si trova di fronte secondo questo nuovo sistema, che e' stato definito anche del premierato assoluto, e' la fiducia della maggioranza che e' stata eletta in Parlamento insieme a lui. Se quella maggioranza e' d'accordo tutta nello sfiduciarlo e nel trovare un nuovo Primo Ministro al suo interno il Primo Ministro non puo' piu' fare niente perche' la Camera si puo' opporre con una mozione che propone un nuovo Primo Ministro. C'e' pero' questo elemento di rigidita': perche' la Camera si possa opporre al Primo Ministro impedendo lo scioglimento da lui decretato, oppure sfiduciandolo, deve esserci l'accordo di tutta la maggioranza eletta insieme al Primo Ministro. * - Olivia Fiorilli: Pensa che il sistema di bilanciamento dei poteri posto a tutela dei diritti di tutte e tutti potra' continuare a funzionare con l'eventuale entrata in vigore di questa riforma? - Tania Groppi: Il grande rischio e' che questa modifica della parte seconda della Costituzione abbia delle conseguenze sulla parte prima che garantisce i diritti. Io vedo vari punti problematici al riguardo che sono secondo me riconducibili alla grande confusione che caratterizza questo testo. Metto in evidenza due aspetti che a me sembra che mettano in pericolo la capacita' della organizzazione dei poteri pubblici di dare quelle risposte che invece la parte prima della Costituzione richiede. Il primo e' il nuovo procedimento legislativo, perche' la riforma del Senato comporta la modifica di quegli articoli, in particolare l'art 70, che disciplinano il procedimento legislativo. Non si capisce piu' in Italia come a livello di stato centrale saranno fatte le leggi: si crea un intreccio di competenze tra leggi create dalla sola camera, dal solo senato, bicamerali, quasi impossibile da sciogliere. Questo rischia di portare alla paralisi del Parlamento. Un secondo punto problematico in questa prospettiva della garanzia dei diritti e' quello che riguarda i rapporti tra lo Stato e le regioni, perche' la cosiddetta devolution crea ulteriore confusione. In fondo i problemi di ripartizione di competenze tra lo Stato e le regioni creati dalla riforma del 2001 sono stati piu' o meno risolti dalla Corte Costituzionale. Invece si vanno ad introdurre oggi nuovi elementi di confusione: da una lato si accrescono le competenze delle regioni dicendo che hanno potesta' legislativa esclusiva in moltissime materie, alcune si elencano esplicitamente - l'assistenza sanitaria, l'istruzione, i programmi scolastici, la polizia regionale - mentre per altre c'e' una clausola residuale che dice che saranno esclusive tutte le materie che non sono elencate come materie statali. Quindi da una lato sembra dare tante competenze legislative alle regioni. Questo, se fosse vero, creerebbe molti problemi per il principio di uguaglianza, si verrebbero a creare differenziazioni potenzialmente enormi su base regionale. Dall'altro lato, pero', si introducono una serie di meccanismi che attualmente nella Costituzione non ci sono che permettono allo Stato centrale di intervenire come e quando vuole, soltanto che il Governo e la maggioranza lo vogliano, nell'autonomia regionale, annullandola in teoria anche completamente. Se una maggioranza legislativa lo ritiene, puo' tranquillamente annullare in nome dell'interesse nazionale una legge di una Regione, magari considerata politicamente "nemica". Quindi si crea un meccanismo contraddittorio. * - Olivia Fiorilli: La Corte Costituzionale e' stata in alcuni momenti un'importante apripista per alcuni diritti che poi sono stati sanciti anche per via legislativa. La politicizzazione che e' prevista da questa riforma in che modo modifichera' il funzionamento di questo organismo? - Tania Groppi: La Corte Costituzionale e' un organismo molto delicato perche' ha il potere di controllare quello che e' il prodotto piu' alto della politica, cioe' la legge del Parlamento. Quindi e' un giudice, un organo che agisce con strumenti giurisdizionale che ha a che fare, pero', con una materia politicamente scottante perche' ha il potere di annullare quello che hanno voluto le maggioranze parlamentari. Si trova in Italia, ma un po' in tutti gli ordinamenti, sottoposta a tensioni molto gravi. La Corte Costituzionale italiana, che tra l'altro festeggia quest'anno il cinquantesimo anno della sua attivita', si caratterizza per una composizione particolarmente equilibrata, capace di dosare in maniera accurata, molto piu' di quanto non avvenga in altri Paesi, la capacita' giuridica e la sensibilita' politica. Quindi la Corte Costituzionale italiana, per come e' composta oggi - 5 giudici eletti dal Parlamento con una maggioranza dei 3/5, 5 giudici nominati dal Presidente della Repubblica e 5 eletti dal potere giudiziario e dalle altre supreme magistrature, Cassazione, Corte dei Conti e Consiglio di Stato, fanno si' che questi elementi - sensibilita', capacita' giuridica e indipendenza - siano garantiti. Questo dosaggio pregevole si rompe con questo testo perche' si sottraggono giudici alla componente giudiziaria ed a quella diciamo super partes rappresentata dal Presidente della Repubblica - che ne possono, in caso di entrata in vigore della riforma, eleggere solo rispettivamente 4 e 4 - per darli alla componente che all'interno della Corte ha piu' legame con la politica: aumentano i giudici eletti dai parlamentari. Questo equilibrio viene intaccato e in termini di efficienza, di funzionamento della Corte Costituzionale, non se ne capisce minimamente la ragione. L'unica ragione che ci puo' essere e' che sia un tentativo della politica di mettere le mani su questo organo scomodo. C'e' sicuramente un indebolimento del suo ruolo di garanzia. 6. INCONTRI. IL 17 E 18 GIUGNO A ROMA [Da varie persone e strutture amiche riceviamo e volentieri diffondiamo il seguente invito (in una stesura ancora ampiamente provvisoria)] La Casa internazionale delle donne di Roma e le associazioni promotrici del documento "L'Italia che verra': un nuovo patto tra donne e uomini per la democrazia" invitano a partecipare sabato 17 e domenica 18 giugno 2006 presso il Palazzo del Buon Pastore, via della Lungara 19, a Roma, a un Incontro nazionale sul tema: "Fare la differenza con un nuovo patto tra uomini e donne per la democrazia a partire dal referendum per la Costituzione". * Noi, associazioni femministe e femminili italiane, abbiamo intensamente lavorato nel corso degli ultimi anni per riportare la democrazia nel nostro paese e per reagire al regime mediatico-istituzionale dell'era berlusconiana, ma anche per contribuire a comprendere la difficile congiuntura in cui si trova il mondo nei primi anni del terzo millennio in cui la guerra preventiva e il riarmo nucleare appaiono gli unici strumenti del "governo globale". Piu' volte siamo scese in piazza per protestare contro una politica misogina e tutta coniugata al maschile e per praticare la politica in tutte le sue forme poiche' vogliamo "fare la differenza" nello spazio pubblico. Siamo convinte che questo potra' accadere soltanto attraverso un lungo processo di impegno e di dialogo politico tra soggettivita' differenti che partecipino a identificare nuove forme della convivenza per superare la congiuntura che l'umanita' si trova ad attraversare. Indubbiamente nella situazione italiana quel dialogo puo' partire solo se si mantengono le principali caratteristiche della Costituzione Repubblicana che una legge assurda vorrebbe stravolgere. Si intende infatti disegnare un ordinamento costituzionale nel quale l'equilibrio dei poteri, inserito nella Costituzione,viene modificato poiche' si cancella il necessario bilanciamento tra Presidente della Repubblica, Parlamento, Esecutivo, Magistratura. Il Parlamento viene ridotto a un organo privo di qualsiasi autonomia, subalterno al potere del premier. Il carattere plebiscitario del mandato conferito al capo del governo, le limitazioni poste all'indipendenza della Magistratura e dei suoi organi di autogoverno, renderebbero inesigibili i diritti sanciti dalla prima parte della Costituzione e ancor piu' difficile il cammino della democrazia e della partecipazione delle donne. Un simile sconvolgimento renderebbe inagibili i meccanismi di dialogo sociale su cui e' cresciuta in Italia la partecipazione politica delle donne sin dal 1946. Per questo motivo vi invitiamo a un Incontro nazionale per discutere di questi temi e trovare le ragioni di un agire collettivo a partire da una grande mobilitazione per il referendum costituzionale. Vi aspettiamo tutte sabato 17 giugno alle ore 16 alla Casa internazionale delle donne in via della Lungara 19 a Roma * Programma dei lavori - Sabato 17 giugno, ore 16: La Costituzione e la sua attualita' come strumento per la definizione di un nuovo patto tra uomini e donne per la democrazia nel XXI secolo: dialogo tra donne di diverse generazioni. Presiede: Francesca Koch. Introducono: Maria Luisa Boccia, Paola Gaiotti De Biase, Lidia Menapace, Tamar Pitch, Marisa Rodano. Segue dibattito. - Domenica 18 giugno, ore 10: Il lavoro delle reti di donne per "fare la differenza". Introduce: Bianca Pomeranzi. L'obiettivo della sessione sara' quello di definire una "agenda politica" condivisa tra tutte le reti e le associazioni interessate, per questo motivo i lavori, presumibilmente in gruppi, saranno definiti in accordo con le associazioni partecipanti. * Associazioni promotrici del documento "L'Italia che verra': un nuovo patto tra donne e uomini per la democrazia": Arcidonna, Candelaria, Caucus (comitato romano), Generi & generazioni, Lobby europea delle donne, Il paese delle donne, Zora Neale Hurston. Hanno assicurato la loro partecipazione: A/matrix, Associazione Giudit, Gruppo Balena, Emily, Forum delle donne del Prc, Orlando, "Siamo piu' della meta'", Udi, "Usciamo dal silenzio"... 7. INIZIATIVE. UDI: UN PRESIDIO A ROMA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE [Dall'Udi, Unione donne in italia (per contatti: udinazionale at tin.it) riceviamo e diffondiamo] Il 7 giugno 2006 in piazza Montecitorio a Roma, dinanzi alla Camera dei Deputati, si e' tenuto un presidio per manifestare l'indignazione di fronte al dilagare delle violenze sulle donne. I dati agghiaccianti testimoniano l'esigenza che la politica, quella delle donne e quella istituzionale, si faccia carico di contrastare questo crimine, troppo spesso consumato tra le mura domestiche. A questo appello hanno risposto alcune parlamentari , Rosalba Cesini, Gloria Buffo, Annamaria Carloni, Elettra Deiana, Marisa Nicchi, Katia Zanotti, che hanno assunto l'impegno di portare in Parlamento, dopo una consultazione con le associazioni che hanno indetto la manifestazione, una mozione per il monitoraggio del territorio in rapporto al fenomeno della violenza sulle donne. L'iniziativa e' stata promossa da: Cartello antiviolenza, Usciamo dal silenzio, Udi. 8. INCONTRI. PRIMA DI TUTTO VIVE. IL 28 GIUGNO A MILANO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente invito della Casa delle donne maltrattate di Milano] Le vorremmo libere e felici, ma prima di tutto vive. Pensiamo alle donne che hanno aderito all'iniziativa dell'Udi davanti al Parlamento e che porteranno le croci rosa per protestare contro la serie infinita di fatti di sangue in famiglia. Pensiamo anche all'impressione che queste morti, specialmente di donne, sta facendo a donne e uomini che normalmente di questi problemi non si occupano. Ma e' davvero aumentato il numero di donne uccise dai loro partner, o amici o familiari, spesso insieme ai loro bambini? I dati ci dicono che la Lombardia e' la regione in cui si uccidono piu' donne, la commissione europea da anni denuncia questi fatti, cosi' come l'Onu. Nel nostro osservatorio quotidiano, prezioso ed unico osservatorio in cui le donne raccontano prima che la violenza diventi davvero pericolosa o quando "se la sono cavata" appena in tempo, appare chiaro che la violenza forse e' aumentata o forse e' piu' pubblicizzata, ma sicuramente ha cambiato stile: e' piu' feroce, piu' estrema, piu' "cattiva". Perche'? Come mai? Si potrebbe risolvere tutto con uno slogan: a donne piu' libere e decise corrisponde una violenza maggiore, una reazione da patriarcato che agonizza. Ma sarebbe troppo semplice, cosi' come non basta piu' dire (come nella nostra iniziativa dell'8 marzo di parecchi anni fa) che la violenza contro le donne e' un problema degli uomini. E' anche un problema delle donne e non solo delle vittime. Cosi' come gli stupri etnici hanno dato un colpo terribile e simbolico all'inviolabilita' del corpo delle donne. Queste morti ci parlano di un patto saltato fra uomini e donne, che non risparmia nessun genere di colpo. Come sempre e' necessario allargare lo sguardo: a cosa si appoggiano tutte queste azioni estreme e che spesso determinano anche la morte per suicidio dell'omicida? A una confusione simbolica sul ruolo delle madri e dei padri, dei mariti e delle mogli, del tipo di famiglia che si puo' o non si puo' tollerare... Parole come bi-genitorialita', affido condiviso, valore della vita, fecondazione assistita ma non eterologa, unioni di fatto e di diritto, e via di seguito, portano tutti valori buoni o discutibili, ma attaccano tutti la stessa cosa: l'identita' femminile, l'autorevolezza della madre, la competenza materna e via discorrendo. Detto questo noi che stiamo "in trincea" abbiamo preso una decisione: aprire la nostra sede tutte le settimane alle donne che si sentono in pericolo e "insegnare a valutare le situazioni di rischio" per difendersi e sottrarsi per tempo a questo rischio di morte. Non sara' risolutivo, ma e' azione e pensiero insieme. Per questo invitiamo tutte le interessate e gli interessati giovedi' 28 giugno alle ore 18 presso la sede della Casa delle donne maltrattate in via Piacenza 14 a Milano, per iniziare questo lavoro. Ci saranno le nostre avvocate e le nostre esperte, magistrati e medici, giornalisti e giornaliste. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1321 del 9 giugno 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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