La nonviolenza e' in cammino. 1321



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1321 del 9 giugno 2006

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Giovani assassini crescono
2. Federica Curzi: Cara Lidia
3. Enrico Peyretti riassume "Processo decostituente" di Luigi Ferrajoli
4. Ida Dominijanni: Il referendum fantasma
5. Olivia Fiorilli intervista Tania Groppi
6. Il 17 e 18 giugno a Roma
7. Udi: Un presidio a Roma contro la violenza sulle donne
8. Prima di tutto vive. Il 28 giugno a Milano
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: GIOVANI ASSASSINI CRESCONO

Sento che alcuni ministri di vari paesi riuniti in una grande citta' europea
dichiarano la loro soddisfazione perche' l'esercito statunitense ha commesso
una strage nella quale sembra sia stata uccisa anche una persona accusata di
essere un terrorista.
Tra questi ministri che gioiscono non perche' si e' assicurato alla
giustizia un criminale, ma perche' e' stata commessa una strage, sento
esservi anche il ministro della Difesa del governo italiano.
Ministri che gioiscono di un massacro.
Ministri che si dichiarano compiaciuti non quando si salvano vite umane, non
quando si impediscono uccisioni, non quando si catturano e si processano i
criminali e si afferma la legge che protegge le esistenze e invera la
convivenza, ma quando si uccidono esseri umani, quando persone accusate di
essere assassini vengono a loro volta assassinate senza processo, e per
assassinarle non si esita neppure ad uccidere altre persone ancora, in
un'orgia bestiale di sangue.
Quale diabolica perversione ha invaso e divorato l'anima di quei ministri
fino a ridurli a persona che plaudono a una strage, che traggono piacere da
un atto di terrorismo, quando quella strage, quell'atto di terrorismo, e'
compiuto da uno stato?
E quale scellerato esempio quei signori ministri delle democrazie
occidentali stanno dando al mondo intero?
Fosse in mio potere, manderei i carabinieri ad arrestare il ministro della
Difesa italiano per apologia di reato, per istigazione a delinquere, per
complicita' col terrorismo internazionale.

2. EDITORIALE. FEDERICA CURZI: CARA LIDIA
[Ringraziamo Federica Curzi (per contatti: federica_curzi at libero.it) per
averci messo a disposizione il testo di questa lettera inviata a Lidia
Menapace.
Federica Curzi, nata a Jesi (Ancona), si e' laureata in filosofia nel 2002
presso l'universita' di Macerata ove attualmente svolge un dottorato di
ricerca; alla sua tesi e' stato attribuito il premio dell'Associazione
nazionale Amici di Aldo Capitini; collabora alla rivista on line
www.peacereporter.net Opere di Federica Curzi: Vivere la nonviolenza. La
filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004. Scritti su Federica
Curzi: cfr. l'ampio saggio dedicato al suo libro da Enrico Peyretti ne "La
domenica della nonviolenza" n. 23.
Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara
nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento
cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del
"Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle
donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino.
Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La
maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa
in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi
libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968;
L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un
movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La
Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della
differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con
Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma
1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la
luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Cara Lidia,
lasciamo stare lo sgomento, la rabbia e la frustrazione che in me
rappresentano le emozioni e le reazioni di tutte e tutti coloro che credono
nel valore delle parole e nelle parole date ai valori. Lasciamo stare lo
sgomento, la rabbia e la frustrazione, ma non tutto il resto, ovvero tutte e
tutti quelli che oggi ho l'ambizione di rappresentare.
Soprattutto tutte, ebbene si': il femminismo non soltanto moltiplica la
politica e la cittadinanza, ma le pluralizza rendendo piu' complesso il
discorso della rappresentanza, dunque oggi sono donna che incarna e porta su
di se' l'ennesima sconfitta del potere inteso come "potere di" (essere,
costruire, sentire, comunicare, pensare, difendere), di contro alla
schiacciante - in senso stretto - vittoria del potere inteso come "potere
su" (la legge e la legalita', la misura, l'uguaglianza, la liberta' delle
persone). "Potere su" come sinonimo di violenza.
Ecco che nuovamente si incrociano la lotta e la resistenza femminista con
quella nonviolenta e della nonviolenza, lotta e resistenza che tu Lidia
incarni nella tua storia, nei tuoi metodi, nelle tue parole sempre al posto
e nel momento giusto, nella tua - bella - persona.
Questa tua trasparenza nel dimostrarti e' quello che continua a rincuorarmi
da ore, da quando ho assistito all'esito del "tranello" in Senato e che mi
ha fatto resistere alla tentazione della vacuita': dal credere che sia tutto
vano e inutile, dalla tentazione dell'impotenza, che spesso diviene
speculare ma identica al delirio di onnipotenza (spettacolo che invece
imperversa in altri luoghi della nostra politica).
Mi rincuora, dunque, vedere come ne' prima ne' dopo e' uscita dalla tua
testa e dalla tua bocca una frase che minimamente contraddica o sconfessi la
giustizia e la verita' della nonviolenza come principio e come metodo della
politica.
Prima: hai dichiarato la tua posizione di ascolto delle parti in causa, i
corpi militari, senza anticipare gesti ideologici (seppure di una sana
"ideologia" quale il pacifismo) ma seguendo le istanze legittime, legali e
costituzionali della smilitarizzazione e sindacalizzazione delle forze della
Difesa della nostra Repubblica.
Dopo: hai guardato, visto, riconosciuto ed indicato in controluce i reali
processi in campo, la posta in gioco e l'oggetto del contendere. Il dito del
bambino che ha - per purezza - il coraggio di dire che il re e' nudo, e'
stato nel tuo caso il dito che - con lucidita' - ha fatto luce su un vuoto
della politica: il potere di essere (rappresentati) e cosi' di costruire,
sentire, comunicare, pensare, difendere.
Fare luce sulle contraddizioni del presente e' il compito del pensare e
dell'agire nonviolento.
Inoltre: non ti sei proclamata affatto vittima del complotto, ma hai
dichiarato la strumentalizzazione delle persone e delle istanze per
raggiungere quel "potere su" che e' il reale oggetto del contendere. Hai
dichiarato di non essere il bersaglio del ribaltone, come non lo e' il
pacifismo. Tanto che la solidarieta' ti e' giunta anche dalle Forze armate.
Se il pacifismo, la nonviolenza e il femminismo sono stati colpiti, non lo
sono stati nei loro contenuti e nei loro valori, ma nella loro debolezza,
nei loro punti deboli: ovvero nella loro presenza, incisione e credibilita'
all'interno delle istituzioni. Per questo non sei stata sconfitta tu nel tuo
continuare a rappresentarci e bene, nella tua forza e insieme pacata
fermezza nel saper rispondere di te, di cio' in cui credi e dei valori, la
vera Italia dei valori, che milioni di donne e anche di uomini incarnano.
Per questo sei, in queste ore e per il futuro, la miglior rappresentante che
possiamo desiderare del significato e dell'altezza del termine Difesa, la
cui piu' alta istanza non e' l'attacco - che ne e' il contrario - bensi' il
coraggio. A tale riguardo, e a proposito di mercanteggiamenti, ne hai da
vendere.
Con gratitudine e affetto,
Federica Curzi

3. REFERENDUM. ENRICO PEYRETTI RIASSUME "PROCESSO DECOSTITUENTE" DI LUIGI
FERRAJOLI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci
messo a disposizione questa sua sintesi (con piccoli interventi propri) di
uno scritto di Ferrajoli, Processo decostituente, in Gallo, Ippolito, La
Valle, Ferrajoli, Salviamo la Costituzione, Chimienti Editore, Taranto 2005,
pp. 93-110 (per richieste alla casa editrice: info at chimientieditore.it).
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio,
ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con
altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio",
che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi
"Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research
Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi
per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della
rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Luigi Ferrajoli, illustre giurista, nato a Firenze nel 1940, gia' magistrato
tra il 1967 e il 1975, dal 1970 docente universitario. Opere di Luigi
Ferrajoli: della sua vasta produzione scientifica segnaliamo particolarmente
la monumentale monografia Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1989; il
saggio La sovranita' nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1997; e La
cultura giuridica nell'Italia del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1999]

La legge di revisione costituzionale del governo Berlusconi riflette la
concezione e pratica della democrazia propria di questa destra, che pretende
imporla come nuova carta d'identita' della Repubblica; esprime e formalizza
una concezione anti-parlamentare e extra-costituzionale, purtroppo penetrata
nel ceto politico, anche di sinistra, e nel senso comune; non e' solo
devolution federalista, ma devasta l'assetto istituzionale del sistema
politico; decostituzionalizza la democrazia, costituzionalizza il
berlusconismo, cioe' le tre dimensioni della crisi che questo rappresenta:
1) la dimensione politica della democrazia rappresentativa, 2) quella
istituzionale della separazione dei poteri, 3) quella garantista dello stato
costituzionale di diritto.
*
1. La rappresentanza politica e' stata personalizzata e verticalizzata.
Questo fenomeno avviene anche in altre democrazie (rafforzamento degli
esecutivi a scapito dei parlamenti; presidenzialismo), ma in Italia eredita
i connotati populisti e organicistici della tradizione fascista: la
democrazia consisterebbe tutta nella scelta di una maggioranza e di un capo,
identificati con la volonta' massima della nazione. Ma un organo monocratico
non puo' rappresentare la volonta' del popolo intero. Una siffatta volonta'
collettiva non esiste; la si presenta per mascherare il contrasto di
interessi, il conflitto di classe, le differenze di idee, rappresentati nei
diversi partiti.
2. E' stata attuata una progressiva confusione e concentrazione dei poteri.
Il potere politico, mediatico, economico nelle mani di una sola persona,
indica una concezione "proprietaria" delle istituzioni. La separazione tra
sfera pubblica (poteri politici) e sfera privata (poteri economici) fa parte
del costituzionalismo (che e' limitazione e controllo del potere) ancor
prima che della democrazia.
3. E' stata squalificata la sfera pubblica e della legalita', si e' fatto il
"governo degli uomini" invece del "governo delle leggi": soprattutto la
guerra in violazione della Carta dell'Onu e dell'art. 11 della Costituzione
e le leggi personali in favore del presidente del consiglio.
4. Un quarto fattore di crisi, di tipo politico e culturale, ha reso
possibile la manomissione della Costituzione: attacco all'antifascismo,
revisionismo storico, riabilitazione della Rsi, demonizzazione della
tradizione di sinistra, squalificazione dello stato sociale, riabilitazione
della guerra, fondamentalismo liberista, campagne ideologiche in favore dei
"valori" della forza, del successo, dei campanilismi, del mercato, dello
sciovinismo.
*
La riforma del governo Berlusconi decostituzionalizza il nostro sistema
politico, ovvero costituzionalizza tutti gli aspetti della crisi appena
descritti; demolisce non solo la Costituzione del 1948, ma il paradigma
stesso della democrazia costituzionale.
Si tratta, per le dimensioni della riforma, di una "nuova costituzione"
voluta dalle forze di destra, nessuna delle quali ha partecipato alla
nascita della Costituzione antifascista del '48, nessuna delle quali si e'
in essa riconosciuta.
E' una riforma illegittima, nelle forme e nel metodo, perche' sconvolge
l'intero assetto della Repubblica (seconda parte della Costituzione): cambia
la forma di Stato, da nazionale a federale, e la forma di governo, da
parlamentare a para-presidenziale o peggio a monocratica.
E' illegittima perche' la Costituzione consente modifiche, con la procedura
dell'art. 138, ma non la formazione di una nuova costituzione: il potere di
revisione e' un potere costituito (puo' fare solo emendamenti), e non
costituente (che sarebbe eversivo, perche' "la sovranita' appartiene al
popolo", art. 1, che non puo' esserne espropriato). Altre costituzioni
democratiche prevedono per la revisione procedure piu' complesse e soglie
piu' alte del nostro art. 138. La revisione e' stata compiuta in Parlamento
a maggioranza semplice, cio' che consente al popolo sovrano, nel referendum
indetto per il 15 giugno, di respingerla.
Non vale paragonare questa revisione a quella compiuta dal governo
dell'Ulivo alla fine della precedente legislatura: fu un grave errore,
perche' il titolo V fu modificato coi voti della sola maggioranza, ma la
differenza sta nel fatto che era una modifica settoriale, non vasta (oltre
50 articoli) come questa; e che riproduceva una modifica approvata qualche
anno prima da entrambi gli schieramenti nella Commissione bicamerale.
La recente vasta revisione e' illegittima anche e soprattutto perche' deroga
di fatto ai "principi supremi" della Costituzione, cio' che e' impedito
dalla sentenza della Corte Costituzionale 1146/1998 (testo in nota a p.
100). La revisione attuale, infatti, verticalizza e personalizza l'assetto
costituzionale, perche' da' carattere monocratico al potere politico nelle
mani del primo ministro; cosi' essa riduce gravemente limiti, controlli e
contrappesi, cioe' quel sistema complesso di regole dirette a limitare,
separare, bilanciare i poteri pubblici, voluto dalla Costituzione per
garantire i diritti fondamentali dei cittadini e lo Stato di diritto, contro
il pericolo che i poteri degenerino in poteri assoluti e illimitati. La
revisione, infatti, indebolisce sia la rappresentativita' delle funzioni di
governo sia l'indipendenza delle istituzioni di garanzia  (Presidente della
Repubblica; Corte Costituzionale).
La revisione contraddice non solo la Costituzione, ma lo stesso spirito del
costituzionalismo democratico del secondo Novecento, la cui novita', dopo le
tragedie dei fascismi e delle guerre mondiali, e' consistita nei limiti e
vincoli imposti dalle costituzioni rigide ai poteri di maggioranza, a tutela
dei diritti fondamentali di tutti.
Cosi', la revisione berlusconiana e' stata in realta', nonostante le
dichiarazioni retoriche, illiberale, riduttiva delle liberta': la concezione
ad essa sottostante e' la liberta' dei forti, non di tutti, non dei deboli;
la liberta' economica, non la liberta' di partecipazione politica alle
decisioni per promuovere la vita e i diritti di tutti.
*
La cosiddetta devolution, la competenza legislativa esclusiva alle regioni
in ogni materia non espressamente riservata allo Stato, introduce differenze
sostanziali tra i cittadini, che avranno diritti diseguali nell'accesso alla
scuola e alla salute; questa e' una grave divisione dell'unita' del paese,
divisione non solo economica, ma nel diritto di cittadinanza.
La funzione legislativa, nel complicatissimo sistema disegnato delle
competenze diverse tra Camera dei deputati e Senato federale, diventa
incredibilmente difficile, subisce un vero tracollo (Ferrajoli lo descrive
in dettaglio alle pp. 102-103) e incontra una serie di conflitti
inter-istituzionali che la paralizzerebbero. E' difficile capire se si
tratta di una prova di dissennatezza istituzionale oppure di un consapevole
sabotaggio della funzione legislativa, destinato a lasciare spazio
illimitato alla decretazione d'urgenza del governo.
La revisione demolisce il principio della rappresentanza politica, che e'
uno dei "principi supremi" sottratti al potere di revisione; cio' avviene in
due modi:
a) il nuovo testo elimina di fatto il ruolo di controllo del Parlamento sul
governo e la responsabilita' del governo di fronte ad esso;
b) il nuovo testo modifica lo statuto del parlamentare, trasformandolo in un
mandatario passivo della coalizione cui appartiene e, di fatto, un
dipendente del suo capo.
Infatti, la revisione elimina il voto di fiducia della Camere, perche' la
legittimazione del Primo ministro deriva direttamente dal voto popolare.
Il Primo ministro potra' sciogliere le Camere con sua "esclusiva
responsabilita'" (funzione sottratta al Presidente della Repubblica), se la
sua maggioranza gli neghera' la fiducia senza indicare un altro Primo
ministro al proprio interno, senza il voto determinante dell'opposizione. In
quel caso, si va a nuove elezioni.
Non sara' possibile cambiare in Parlamento la maggioranza di governo (norma
detta "anti-ribaltone"). Il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo si
capovolge: non sara' piu' il Governo che deve avere la fiducia del
Parlamento, ma sara' il Parlamento che deve avere la fiducia del Primo
ministro.
Ferrajoli ritiene che queste norme "anti-ribaltone" siano il vero cuore
della svolta che si vuole imprimere. Saranno impossibili le crisi di governo
parlamentari. Maggioranza e minoranza saranno blindate. Soli i parlamentari
della maggioranza - e non singolarmente, ma in blocco - avranno un potere di
iniziativa politica e di responsabilizzazione dell'esecutivo, mentre i
parlamentari della minoranza non conteranno nulla, avranno solo il diritto
di parola. L'opposizione e' estromessa da ogni funzione di controllo e di
mediazione politica. Come possiamo definire la qualita' di un governo con
opposizione paralizzata?
*
La revisione pone fine alla rappresentanza senza vincolo di mandato, perche'
ogni parlamentare sara' vincolato alla coalizione di appartenenza, dovra'
eseguirne la volonta', senza responsabile liberta' di coscienza e di
valutazione. E' una vistosa contraddizione con l'art. 67, che non viene
modificato ma apertamente violato; esso dice: "Ogni membro del Parlamento
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di
mandato". Vincolato al mandato, il parlamentare sarebbe l'esecutore
meccanico di un partito, non un responsabile rappresentante del popolo.
Il mandato imperativo, non gia' dal basso (popolare) ma dall'alto, lega il
parlamentare al Primo ministro, come uno strumento.
Non solo l'opposizione, ma la stessa maggioranza parlamentare sara'
neutralizzata, non avra' alcun potere di controllo sul governo: se la
maggioranza gli togliesse la fiducia, il Primo ministro scioglierebbe il
Parlamento.
*
Ne risulta una totale irresponsabilita' del Primo ministro di fronte al
Parlamento, a favore di un suo rapporto organico, diretto, con l'elettorato.
Questa e' una deformazione radicale della stessa democrazia, non solamente
del sistema parlamentare. Non e' neppure una democrazia presidenziale. Nelle
democrazie di questo tipo (Usa, per esempio) la rappresentativita'
democratica e' assicurata da un parlamento forte, separato e indipendente
dal potere esecutivo. Ma se il parlamento diventa un organo decorativo,
dominato da una maggioranza totalmente dipendente dal Primo ministro,
scompare anche la democrazia rappresentativa. Infatti, un organo personale,
monocratico, come e' il Primo ministro, non puo' per sua natura
rappresentare tutto il popolo differenziato, ma solo la parte vincente.
La democrazia "implica l'assenza di capi" (Kelsen). Essa e' "il governo
delle leggi, e non degli uomini" (Bobbio).
Addirittura, riguardo allo stato ideale, dice Socrate, nella Repubblica di
Platone (III, 9), che se in tale stato comparisse un uomo cosi' sapiente e
abile da potere rappresentare e svolgere la parte di tutti, e volesse
prodursi in pubblico con questa sua capacita', "noi lo riveriremmo come un
essere sacro, meraviglioso e incantevole, ma gli diremmo che nel nostro
stato non c'e' e non e' lecito che ci sia un simile uomo e lo manderemmo in
un altro stato con il capo cosparso di profumi e incoronato di lana".
Nessuno puo' assorbire il ruolo di tutti, ne' e' lecito che lo faccia.
L'idea di un rapporto organico tra un capo e il popolo intero e' un'idea
populista, che riduce il popolo ad un blocco unico, senza individualita'
libere, e contraddice la nozione stessa di democrazia. Tutto diventa
possibile ad un uomo che un tale sistema di leggi fa sembrare investito
della stessa sovranita' popolare. Qui si vede quale e' il pericolo insito in
tanta insipienza politica, o insano calcolo di potere.
*
Purtroppo, una tale idea personalizzata, monocratica e populista della
democrazia e' ampiamente diffusa, anche a sinistra. Circola da tempo nel
centrosinistra la "bozza Amato" che contiene la piu' grave di tutte le
manomissioni berlusconiane della Costituzione: una norma "anti-ribaltone"
uguale a quella voluta dal centrodestra. Chi ha copiato da chi?
Nella battaglia per il referendum e' necessaria non solo la propaganda per
il "no", ma una riflessione critica e autocritica sulla gravita' della posta
in gioco, sui guasti provocati da oltre un decennio di logoramento
costituzionale, sul nesso indissolubile tra costituzione e democrazia.
Dall'attacco alla Costituzione si devono trarre due lezioni, una di metodo,
l'altra di merito:
a) la controriforma della destra ha rivelato l'enorme debolezza delle
attuali garanzie costituzionali, aggravata dalla disattenzione,
disinformazione, ignoranza costituzionale dell'opinione pubblica. La
garanzia della rigidita' costituzionale va rafforzata. Con l'art. 138 i
padri costituenti supponevano ingenuamente un lealismo politico verso il
patto costituzionale, che oggi e' assai piu' debole. Il 138 va rafforzato.
Il referendum costituzionale deve avvenire su singole determinate questioni
(come ha gia' richiesto piu' volte la Corte Costituzionale) e non su un
grande blocco di riforme, per non trasformarsi in un plebiscito, sempre
nemico della democrazia;
b) sul nostro sistema democratico incombono seri pericoli: la gia' rilevata
concentrazione di poteri in mano di uno solo, sostanza del berlusconismo;
questa riforma che annulla il ruolo del Parlamento darebbe vita a una vera
autocrazia. La concezione della democrazia come sistema di limiti, vincoli,
garanzie imposte a tutti i poteri, compresa la maggioranza, e' stata
aggredita da Berlusconi e indebolita nello spirito pubblico. Bisogna
mostrare che l'attuale riforma legalizza la costituzione materiale del
berlusconismo: il suo sistema autocratico e la sua insofferenza per limiti,
regole, controlli giurisdizionali. L'idea berlusconiana e' che la democrazia
consiste unicamente nella scelta ogni cinque anni di un capo.
*
Non basterebbe vincere il referendum: occorre una grande battaglia civile
per risanare la ferita inferta alla Costituzione; occorre rifondare nello
spirito pubblico l'idea e l'affetto alla democrazia costituzionale. Bisogna
che la battaglia non sia inquinata da proposte di compromesso, da propositi
di "aggiornamenti" non ben distinti da questa riforma da respingere.
Il referendum si deve svolgere con la coscienza di una emergenza
democratica, non solo costituzionale. I temi essenziali devono essere:
1) la sconfitta culturale, oltre che politica, del progetto
berlusconiano-piduista e della sua concezione deforme della democrazia;
2) la rifondazione, nel senso comune, del carattere antifascista della
Costituzione repubblicana, del suo valore di fondamento e presidio della
democrazia, e di programma politico e sociale, ancora in gran parte da
attuare.
La storia del nostro paese, attraverso oppressioni, errori, dolori grandi,
e' arrivata nel 1946-'48 a formulare questa carta di identita' morale e
politica, fuori della quale c'e' solo lo smarrimento e la ricaduta indietro.

4. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: IL REFERENDUM FANTASMA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 6 giugno 2006. Ida Dominijanni,
giornalista e saggista, docente a contratto di filosofia sociale
all'Universita' di Roma Tre, e' una prestigiosa intellettuale femminista.
Tra le opere di Ida Dominijanni: (a cura di), Motivi di liberta', Angeli,
Milano 2001; (a cura di, con Simona Bonsignori, Stefania Giorgi), Si puo',
Manifestolibri, Roma 2005]

Su che si vota il 25 giugno? Su niente. Il problema e' la controriforma
della Costituzione che la "Casa delle liberta'" s'e' fatta da sola a proprio
uso e consumo come fosse un regolamento di condominio, la soluzione c'e'
gia' ed e' "la ripresa del dialogo" fra maggioranza e opposizione per fare
un'altra riforma il piu' simile possibile a questa ma concordata. Che vinca
il no o che vinca il si', dal 26 si ricomincia a discutere tutti insieme
appassionatamente di poteri del premier, federalismo fiscale, bicameralismo,
senato delle regioni eccetera eccetera. Forse in una nuova bicamerale forse
in un'assemblea costituente, dice serafico Vannino Chiti, o forse in una
convenzione, architetta Giulio Tremonti al seguito di Augusto Barbera. Pare
di sognare. In che anno siamo, nel 2006 o nel 1996? Siamo tornati punto e a
capo, a sfogliare la margherita fra commissioni inconcludenti e assemblee
costituenti improponibili come prima della bicamerale di D'Alema.
Non e' l'appello al dialogo che scandalizza: lavorare sulle larghe
convergenze, in materia di Costituzione, e' il minimo di civilta' politica
che una democrazia dovrebbe darsi. E' la cancellazione di dieci anni di
storia politica, il condono a chi (nel centrodestra con la controriforma
complessiva, ma anche nel centrosinistra con la riforma del titolo V) questo
minimo di civilta' l'ha allegramente ignorato, l'avallo della strumentalita'
del tormentone sulle riforme all'onda politica del momento, la
delegittimazione non piu' strisciante della Carta del '48 ridotta a uno
stato perenne di provvisorieta' e aleatorieta', la derubricazione del
referendum a sondaggio, l'ostinazione su un'agenda di riforme
dell'ordinamento incantata come un disco rotto.
Berlusconi non avrebbe mai aperto al dialogo, o autorizzato il fido Tremonti
a farlo, se non avesse capito dal voto alle amministrative che non tira aria
di rivincita e che al referendum rischia di prendere la terza batosta in tre
mesi; e si mette la maschera dialogante oggi con la stessa disinvoltura con
cui se la tolse nel '98 a un passo dall'approvazione in parlamento della
bozza di riforme licenziata dalla Bicamerale. E Fassino e' ben lieto di
raccogliere l'invito, che lo mette a sua volta al riparo da un'eventuale
sconfitta al referendum e, in caso di vittoria, lo toglie dall'imbarazzo
della gestione di un no che voglia dire no e lo autorizza a interpretarlo
come un no che vuole dire ni: no alla riforma della Cdl, si' a una riforma
dello stesso tipo ma un po' piu' presentabile. E chi votando no vuole dire
proprio no, alla riforma della Cdl e al tipo di riforma che ci viene in
varie salse proposta da dieci anni, da chi sara' rappresentato e
interpretato?
Dal '96 a oggi non e' passato solo un decennio di nevrotica transizione
italiana: e' cambiato il secolo. La storia e la tecnica ci hanno messo di
fronte a fatti e contesti nuovi, dalla costruzione europea ai problemi di
bioetica, dal cambiamento dei rapporti fra i sessi alle nuove tecnologie del
controllo individuale e sociale alle trasformazioni del mondo del lavoro,
che richiederebbero non una revisione ma un rilancio dei principi
costituzionali, delle garanzie e dei diritti che ne derivano: come
autorevoli giuristi, da Rodota' a Zagrebelsky, non mancano di ripetere in
queste settimane, nell'indifferenza dei vertici "dialoganti" del
centrosinistra.
Invece siamo destinati a sorbirci l'ennesima bozza e controbozza di riforma
sui poteri del premier e dintorni, nel solco ormai ventennale del culto del
dio-governabilita'. O l'ennesima bozza sulle competenze delle regioni e
dello stato, nel culto delle divinita' padane. La storia puo' attendere. La
delegittimazione della Costituzione, invece, continua, aggravata dalla
"sdrammatizzazione" del referendum. A forza di dire che la ripresa del
dialogo e' la' pronta sia che vinca il no sia che vinca il si', il risultato
sara' che a votare ci andranno in pochi, e che il ceto politico "bipartisan"
si sentira' ancor piu' autorizzato a fare della Carta fondamentale quello
che vuole, come fosse cosa sua e non nostra. Non lasciamola nelle sue mani.

5. REFERENDUM. OLIVIA FIORILLI INTERVISTA TANIA GROPPI
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip) riprendiamo la
seguente intervista.
Olivia Fiorilli, intellettuale e giornalista femminista, e' redattrice de
"Il paese delle donne".
Tania Groppi e' docente universitaria e costituzionalista, fa parte
dell'Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle
istituzioni democratiche e sull'innovazione nell'amministrazione pubblica
(in sigla: Astrid)]

Nell'ambito dell'approfondimento che "Il paese delle donne" sta dedicando al
referendum costituzionale del 25-26 giugno abbiamo intervistato Tania
Groppi, costituzionalista e membra dell'associazione Astrid.
*
- Olivia Fiorilli: Ci puo' illustrare gli aspetti della riforma che
riguardano i poteri del Presidente del Consiglio?
- Tania Groppi: Uno dei punti qualificanti del progetto di riforma e' la
modifica della forma di governo. Quanto a questo aspetto l'elemento che
emerge piu' chiaramente e' il rafforzamento della figura del Presidente del
Consiglio, anzi possiamo dire del Primo Ministro dato che c'e' anche questo
cambiamento di nome. Innanzi tutto si viene a creare una forma di
legittimazione diretta del Primo Ministro perche' e' eletto direttamente dal
popolo attraverso un sistema, rimesso ad una legge ordinaria, che gli
consente di avere una maggioranza in Parlamento, il sistema elettorale per
l'elezione della Camera dei deputati che e' l'unica camera con cui si
mantiene un rapporto fiduciario, il Senato esce attraverso la riforma del
bicameralismo da questo circuito. Il Primo Ministro non deve neppure
chiedere la fiducia, nel momento iniziale della vita dell'esecutivo, alla
Camera dei deputati. In conseguenza aumentano anche i poteri del Primo
Ministro, sia quello di nomina e revoca dei ministri, che gli spetta
direttamente ed e' sottratto al capo dello stato, sia il potere di
scioglimento delle camere: puo' chiedere al Presidente della Repubblica, che
in questo caso e' tenuto a concederlo, di sciogliere la Camera dei deputati
assumendosene la piena responsabilita'. Correlativamente i poteri del
Presidente della Repubblica sono ridotti perche' questi perde il potere, che
oggi comunque gli rimane nonostante la tendenza bipolare del nostro sistema
politico, di nominare il Presidente del Consiglio dei Ministri e perde nella
sostanza il potere di scioglimento anticipato del Parlamento. Gli unici
limiti che il Primo Ministro si trova di fronte secondo questo nuovo
sistema, che e' stato definito anche del premierato assoluto, e' la fiducia
della maggioranza che e' stata eletta in Parlamento insieme a lui. Se quella
maggioranza e' d'accordo tutta nello sfiduciarlo e nel trovare un nuovo
Primo Ministro al suo interno il Primo Ministro non puo' piu' fare niente
perche' la Camera si puo' opporre con una mozione che propone un nuovo Primo
Ministro. C'e' pero' questo elemento di rigidita': perche' la Camera si
possa opporre al Primo Ministro impedendo lo scioglimento da lui decretato,
oppure sfiduciandolo, deve esserci l'accordo di tutta la maggioranza eletta
insieme al Primo Ministro.
*
- Olivia Fiorilli: Pensa che il sistema di bilanciamento dei poteri posto a
tutela dei diritti di tutte e tutti potra' continuare a funzionare con
l'eventuale entrata in vigore di questa riforma?
- Tania Groppi: Il grande rischio e' che questa modifica della parte seconda
della Costituzione abbia delle conseguenze sulla parte prima che garantisce
i diritti. Io vedo vari punti problematici al riguardo che sono secondo me
riconducibili alla grande confusione che caratterizza questo testo. Metto in
evidenza due aspetti che a me sembra che mettano in pericolo la capacita'
della organizzazione dei poteri pubblici di dare quelle risposte che invece
la parte prima della Costituzione richiede. Il primo e' il nuovo
procedimento legislativo, perche' la riforma del Senato comporta la modifica
di quegli articoli, in particolare l'art 70, che disciplinano il
procedimento legislativo. Non si capisce piu' in Italia come a livello di
stato centrale saranno fatte le leggi: si crea un intreccio di competenze
tra leggi create dalla sola camera, dal solo senato, bicamerali, quasi
impossibile da sciogliere. Questo rischia di portare alla paralisi del
Parlamento. Un secondo punto problematico in questa prospettiva della
garanzia dei diritti e' quello che riguarda i rapporti tra lo Stato e le
regioni, perche' la cosiddetta devolution crea ulteriore confusione. In
fondo i problemi di ripartizione di competenze tra lo Stato e le regioni
creati dalla riforma del 2001 sono stati piu' o meno risolti dalla Corte
Costituzionale. Invece si vanno ad introdurre oggi nuovi elementi di
confusione: da una lato si accrescono le competenze delle regioni dicendo
che hanno potesta' legislativa esclusiva in moltissime materie, alcune si
elencano esplicitamente - l'assistenza sanitaria, l'istruzione, i programmi
scolastici, la polizia regionale - mentre per altre c'e' una clausola
residuale che dice che saranno esclusive tutte le materie che non sono
elencate come materie statali. Quindi da una lato sembra dare tante
competenze legislative alle regioni. Questo, se fosse vero, creerebbe molti
problemi per il principio di uguaglianza, si verrebbero a creare
differenziazioni potenzialmente enormi su base regionale. Dall'altro lato,
pero', si introducono una serie di meccanismi che attualmente nella
Costituzione non ci sono che permettono allo Stato centrale di intervenire
come e quando vuole, soltanto che il Governo e la maggioranza lo vogliano,
nell'autonomia regionale, annullandola in teoria anche completamente. Se una
maggioranza legislativa lo ritiene, puo' tranquillamente annullare in nome
dell'interesse nazionale una legge di una Regione, magari considerata
politicamente "nemica". Quindi si crea un meccanismo contraddittorio.
*
- Olivia Fiorilli: La Corte Costituzionale e' stata in alcuni momenti
un'importante apripista per alcuni diritti che poi sono stati sanciti anche
per via legislativa. La politicizzazione che e' prevista da questa riforma
in che modo modifichera' il funzionamento di questo organismo?
- Tania Groppi: La Corte Costituzionale e' un organismo molto delicato
perche' ha il potere di controllare quello che e' il prodotto piu' alto
della politica, cioe' la legge del Parlamento. Quindi e' un giudice, un
organo che agisce con strumenti giurisdizionale che ha a che fare, pero',
con una materia politicamente scottante perche' ha il potere di annullare
quello che hanno voluto le maggioranze parlamentari. Si trova in Italia, ma
un po' in tutti gli ordinamenti, sottoposta a tensioni molto gravi. La Corte
Costituzionale italiana, che tra l'altro festeggia quest'anno il
cinquantesimo anno della sua attivita', si caratterizza per una composizione
particolarmente equilibrata, capace di dosare in maniera accurata, molto
piu' di quanto non avvenga in altri Paesi, la capacita' giuridica e la
sensibilita' politica. Quindi la Corte Costituzionale italiana, per come e'
composta oggi - 5 giudici eletti dal Parlamento con una maggioranza dei 3/5,
5 giudici nominati dal Presidente della Repubblica e 5 eletti dal potere
giudiziario e dalle altre supreme magistrature, Cassazione, Corte dei Conti
e Consiglio di Stato, fanno si' che questi elementi - sensibilita',
capacita' giuridica e indipendenza - siano garantiti. Questo dosaggio
pregevole si rompe con questo testo perche' si sottraggono giudici alla
componente giudiziaria ed a quella diciamo super partes rappresentata dal
Presidente della Repubblica - che ne possono, in caso di entrata in vigore
della riforma, eleggere solo rispettivamente 4 e 4 - per darli alla
componente che all'interno della Corte ha piu' legame con la politica:
aumentano i giudici eletti dai parlamentari. Questo equilibrio viene
intaccato e in termini di efficienza, di funzionamento della Corte
Costituzionale, non se ne capisce minimamente la ragione. L'unica ragione
che ci puo' essere e' che sia un tentativo della politica di mettere le mani
su questo organo scomodo. C'e' sicuramente un indebolimento del suo ruolo di
garanzia.

6. INCONTRI. IL 17 E 18 GIUGNO A ROMA
[Da varie persone e strutture amiche riceviamo e volentieri diffondiamo il
seguente invito (in una stesura ancora ampiamente provvisoria)]

La Casa internazionale delle donne di Roma e le associazioni promotrici del
documento "L'Italia che verra': un nuovo patto tra donne e uomini per la
democrazia" invitano a partecipare sabato 17 e domenica 18 giugno 2006
presso il Palazzo del Buon Pastore, via della Lungara 19, a Roma, a un
Incontro nazionale sul tema: "Fare la differenza con un nuovo patto tra
uomini e donne per la democrazia a partire dal referendum per la
Costituzione".
*
Noi, associazioni femministe e femminili italiane, abbiamo intensamente
lavorato nel corso degli ultimi anni per riportare la democrazia nel nostro
paese e per reagire al regime mediatico-istituzionale dell'era
berlusconiana, ma anche per contribuire a comprendere la difficile
congiuntura in cui si trova il mondo nei primi anni del terzo millennio in
cui la guerra preventiva e il riarmo nucleare appaiono gli unici strumenti
del "governo globale". Piu' volte siamo scese in piazza per protestare
contro una politica misogina e  tutta coniugata al maschile e per praticare
la politica in tutte le sue forme  poiche' vogliamo "fare la differenza"
nello spazio pubblico. Siamo convinte che questo potra' accadere soltanto
attraverso un lungo processo di impegno e di dialogo politico tra
soggettivita' differenti che partecipino a identificare nuove forme della
convivenza per superare la congiuntura che l'umanita' si trova ad
attraversare.
Indubbiamente nella situazione italiana quel dialogo puo' partire solo se si
mantengono le principali caratteristiche della Costituzione  Repubblicana
che una legge assurda vorrebbe stravolgere. Si intende infatti disegnare un
ordinamento costituzionale nel quale l'equilibrio dei poteri, inserito nella
Costituzione,viene modificato poiche' si cancella il necessario
bilanciamento tra Presidente della Repubblica, Parlamento, Esecutivo,
Magistratura. Il Parlamento viene ridotto a un organo privo di qualsiasi
autonomia, subalterno al potere del premier. Il carattere plebiscitario del
mandato conferito al capo del governo, le limitazioni poste all'indipendenza
della Magistratura e dei suoi organi di autogoverno, renderebbero
inesigibili i diritti sanciti dalla prima parte della Costituzione e ancor
piu' difficile il cammino della democrazia e della partecipazione delle
donne. Un simile sconvolgimento renderebbe inagibili i meccanismi  di
dialogo sociale su cui e' cresciuta in Italia la partecipazione politica
delle donne sin dal 1946.
Per questo motivo vi invitiamo a un Incontro nazionale per discutere di
questi temi e trovare le ragioni di un agire collettivo a partire da una
grande mobilitazione per il referendum costituzionale.
Vi aspettiamo tutte sabato 17 giugno alle ore 16 alla Casa internazionale
delle donne in via della Lungara 19 a Roma
*
Programma dei lavori
- Sabato 17 giugno, ore 16: La Costituzione e la sua attualita' come
strumento per la definizione di un nuovo patto tra uomini e donne per la
democrazia nel XXI secolo: dialogo tra donne di diverse generazioni.
Presiede: Francesca Koch. Introducono: Maria Luisa Boccia, Paola Gaiotti De
Biase, Lidia Menapace, Tamar Pitch, Marisa Rodano. Segue dibattito.
- Domenica 18  giugno, ore 10: Il lavoro delle reti di donne per "fare la
differenza".
Introduce:  Bianca Pomeranzi. L'obiettivo della sessione sara' quello di
definire una "agenda politica" condivisa tra tutte le reti e le associazioni
interessate, per questo motivo i lavori, presumibilmente in gruppi, saranno
definiti in accordo con le associazioni partecipanti.
*
Associazioni promotrici del documento "L'Italia che verra': un nuovo patto
tra donne e uomini per la democrazia": Arcidonna, Candelaria, Caucus
(comitato romano), Generi & generazioni, Lobby europea delle donne, Il paese
delle donne, Zora Neale Hurston.
Hanno assicurato la loro partecipazione: A/matrix, Associazione Giudit,
Gruppo Balena, Emily, Forum delle donne del Prc, Orlando, "Siamo piu' della
meta'", Udi, "Usciamo dal silenzio"...

7. INIZIATIVE. UDI: UN PRESIDIO A ROMA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
[Dall'Udi, Unione donne in italia (per contatti: udinazionale at tin.it)
riceviamo e diffondiamo]

Il 7 giugno 2006 in piazza Montecitorio a Roma, dinanzi alla Camera dei
Deputati, si e' tenuto un  presidio per manifestare l'indignazione di fronte
al dilagare delle violenze sulle donne.
I dati agghiaccianti testimoniano l'esigenza che la politica, quella delle
donne e quella istituzionale, si faccia carico di contrastare questo
crimine, troppo spesso consumato tra le mura domestiche.
A questo appello hanno risposto alcune parlamentari , Rosalba Cesini, Gloria
Buffo, Annamaria Carloni, Elettra Deiana, Marisa  Nicchi, Katia Zanotti, che
hanno assunto l'impegno di portare in Parlamento, dopo una consultazione con
le associazioni che hanno indetto la manifestazione, una mozione per il
monitoraggio del territorio in rapporto al fenomeno della violenza sulle
donne.
L'iniziativa e' stata promossa da: Cartello antiviolenza, Usciamo dal
silenzio, Udi.

8. INCONTRI. PRIMA DI TUTTO VIVE. IL 28 GIUGNO A MILANO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente invito della Casa delle donne maltrattate di Milano]

Le vorremmo libere e felici, ma prima di tutto vive.
Pensiamo alle donne che hanno aderito all'iniziativa dell'Udi davanti al
Parlamento e che porteranno le croci rosa per protestare contro la serie
infinita di fatti di sangue in famiglia.
Pensiamo anche all'impressione che queste morti, specialmente di donne, sta
facendo a donne e uomini che normalmente di questi problemi non si occupano.
Ma e' davvero aumentato il numero di donne uccise dai loro partner, o amici
o familiari, spesso insieme ai loro bambini?
I dati ci dicono che la Lombardia e' la regione in cui si uccidono piu'
donne, la commissione europea da anni denuncia questi fatti, cosi' come
l'Onu.
Nel nostro osservatorio quotidiano, prezioso ed unico osservatorio in cui le
donne raccontano prima che la violenza diventi davvero pericolosa o quando
"se la sono cavata" appena in tempo, appare chiaro che la violenza forse e'
aumentata o forse e' piu' pubblicizzata, ma sicuramente ha cambiato stile:
e' piu' feroce, piu' estrema, piu' "cattiva".
Perche'? Come mai?
Si potrebbe risolvere tutto con uno slogan: a donne piu' libere e decise
corrisponde una violenza maggiore, una reazione da patriarcato che agonizza.
Ma sarebbe troppo semplice, cosi' come non basta piu' dire (come nella
nostra iniziativa dell'8 marzo di parecchi anni fa) che la violenza contro
le donne e' un problema degli uomini. E' anche un problema delle donne e non
solo delle vittime. Cosi' come gli stupri etnici hanno dato un colpo
terribile e simbolico all'inviolabilita' del corpo delle donne. Queste morti
ci parlano di un patto saltato fra uomini e donne, che non risparmia nessun
genere di colpo.
Come sempre e' necessario allargare lo sguardo: a cosa si appoggiano tutte
queste azioni estreme e che spesso determinano anche la morte per suicidio
dell'omicida?
A una confusione simbolica sul ruolo delle madri e dei padri, dei mariti e
delle mogli, del tipo di famiglia che si puo' o non si puo' tollerare...
Parole come bi-genitorialita', affido condiviso, valore della vita,
fecondazione assistita ma non eterologa, unioni di fatto e di diritto, e via
di seguito, portano tutti valori buoni o discutibili, ma attaccano tutti la
stessa cosa: l'identita' femminile, l'autorevolezza della madre, la
competenza materna e via discorrendo.
Detto questo noi che stiamo "in trincea" abbiamo preso una decisione: aprire
la nostra sede tutte le settimane alle donne che si sentono in pericolo e
"insegnare a valutare le situazioni di rischio" per difendersi e sottrarsi
per tempo a questo rischio di morte.
Non sara' risolutivo, ma e' azione e pensiero insieme.
Per questo invitiamo tutte le interessate e gli interessati giovedi' 28
giugno alle ore 18 presso la sede della Casa delle donne maltrattate in via
Piacenza 14 a Milano, per iniziare questo lavoro. Ci saranno le nostre
avvocate e le nostre esperte, magistrati e medici, giornalisti e
giornaliste.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1321 del 9 giugno 2006

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