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La nonviolenza e' in cammino. 1307
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1307
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 26 May 2006 00:14:44 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1307 del 26 maggio 2006 Sommario di questo numero: 1. Elezioni 2. Lidia Menapace: Dal parlamento 3. Per il 2 giugno della Costituzione e della pace con mezzi di pace 4. Umberto Santino: Voci per un dizionario antimafia: antimafia istituzionale 5. Oggi e domani a Genova 6. Il 2 giugno a Firenze 7. Letture: Giuseppe Casarrubea, Morte di un agente segreto 8. Letture: Samir Kassir, l'infelicita' araba 9. Letture: Nico Perrone, Perche' uccisero Enrico Mattei 10. Ristampe: Ernest Hemingway, Tutti i racconti 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. ELEZIONI Le elezioni amministrative di domenica e lunedi' (ma per le decisive regionali in Sicilia si vota solo domenica) oltre alla ovvia funzione di definire i nuovi consigli e i nuovi sindaci e presidenti di molti enti locali, hanno un significato e una valenza politici e culturali assolutamente peculiari, collocandosi tra le elezioni politiche di aprile e il referendum costituzionale di giugno. * Le elezioni politiche di aprile hanno segnato la sconfitta della coalizione golpista da parte di un ampio fronte democratico (e non molto piu' che genericamente democratico, e con non poche profonde ambiguita' e fin eclatanti contraddizioni); ma, come e' a tutti noto, quella sconfitta dei golpisti e' stata tutt'altro che netta e irreversibile, ed anzi la destra eversiva pur accusando il colpo - prevedibilissimo peraltro, dopo cinque anni di governo scellerato - non ha perso la sua baldanza, anche perche' sente che le rappresentanze politico-istituzionali del fronte democratico sono tutt'altro che adeguate alla bisogna, e per piu' versi sono subalterne se non del tutto omologate alla cultura - scilicet: alla barbarie - che il blocco golpista ha imposto (al contempo alimentandosene) al nostro paese in questi ultimi decenni. Sotto questo profilo le elezioni amministrative che si svolgeranno tra un paio di giorni possono avere una funzione decisiva nel confermare, ovvero consolidare ed estendere, la vittoria democratica contro la destra eversiva. E quindi ovunque sia possibile e non ostino altri piu' gravi motivi, occorre sostenere le liste e le coalizioni del cosiddetto centrosinistra che possono reduplicare la sconfitta della destra eversiva nelle amministrazioni locali. * A giugno si svolgera' il referendum per respingere la riforma costituzionale varata mesi fa dalla maggioranza parlamentare golpista di allora. Una scandalosissima riforma della Costituzione, che piu' che riforma puo' chiamarsi demolizione, poiche' distrugge i principi stessi dello stato di diritto e fa strame di fondamentali guarentigie democratiche; una riforma che attua i progetti eversivi della P2, quindi non una riforma ma un colpo di stato neppure granche' mascherato. E' necessario che la "riforma" golpista sia respinta con un no corale e persuaso. Se non si riuscisse a difendere la Costituzione della Repubblica Italiana dall'arrembaggio neofascista sarebbe un disastro: lo stesso aver sconfitto i golpisti alle elezioni politiche verrebbe revocato in dubbio dal disastro di una conferma referendaria della demolizione della seconda parte della Costituzione. Anche in relazione al referendum l'esito delle elezioni amministrative avra' un peso: una vittoria del fronte democratico contro il fronte golpista oggi servira' a dare fiducia e consapevolezza che il tentativo golpista della coalizione berlusconiana puo' essere definitivamente respinto. E quindi, ancora una volta, ovunque sia possibile e non ostino altri piu' gravi motivi, occorre sostenere le liste e le coalizioni del cosiddetto centrosinistra che possono reduplicare la sconfitta della destra eversiva nelle amministrazioni locali. * Una riflessione specifica va fatta poi per le elezioni regionali siciliane. Per esse non solo valgono i ragionamenti sopra esposti, ma c'e' di piu'. La candidatura a presidente della Regione di Rita Borsellino alla testa dell'intero fronte democratico ha un valore peculiare e straordinario per varie ragioni. E' la candidatura di una donna, contro la perdurante e crescente violenza maschilista. E' la candidatura di una testimone e protagonista della lotta contro la mafia e la corruzione, per la legalita' e i diritti umani di tutti gli esseri umani: Rita Borsellino e' la candidata del movimento antimafia, che nella lotta contro la mafia rappresenta l'umanita' intera. E' una candidatura che nasce dal basso, dalle lotte popolari per la dignita', la verita' e la giustizia. E' una candidata che propone un programma costruito col metodo della partecipazione, e che propone la partecipazione come metodo di governo. Come e' a tutti noto i rapporti di forza politici ed elettorali in Sicilia fino a pochi mesi fa apparivano tali che si dava per ovvia una nuova vittoria del fronte berlusconiano e cuffariano. Ma la candidatura di Rita Borsellino ha saputo suscitare luminosa una condivisa speranza e corale una volonta' di lotta che in questi mesi ha gia' saputo mobilitare tante e tanti. Coraggio, ancora uno sforzo. Contro la mafia, per l'umanita'. 2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: DAL PARLAMENTO [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per questo resoconto della sua attivita' parlamentare. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Si stanno completando gli adempimenti istituzionali, "abbiamo gia' dato" la fiducia al Senato, che era la piu' problematica e adesso assistiamo alla scena della Camera, che se la cavera' in fretta, poi l'elezione delle Commissioni, sulle quali si articola realmente il lavoro di produzione di leggi, regolamenti, decreti, lodi, mozioni, interrogazioni ecc. Non tutti i lavori di commissione sono pubblici e questo non e' bene, perche' la gran parte del lavoro parlamentare cosi' perde trasparenza; vedremo: per ora si sa poco. * Poiche' dovevamo indicare tre commissioni in ordine di gradimento ho messo Difesa, Scuola e Affari europei, adesso vediamo dove mi mettono. Confesso che la Difesa e' davvero quella che mi interessa di piu', dati gli adempimenti prossimi e le decisioni programmatiche da rispettare. Inoltre in giugno ci sara' a New York una conferenza delle Nazioni Unite per il controllo e la riduzione del commercio delle armi leggere e vorrei che il ministro degli Esteri italiano o chi per lui appoggiasse fortemente la decisione: gia' molti e molte da qui avevamo sostenuto il referendum brasiliano per la loro messa al bando, che non passo' per le pressioni delle grandi fabbriche di armi (e quelle leggere sono anche fabbricate in Italia, la Beretta e' tra le piu rinomate...). Le armi leggere non sono armi di distruzione di massa automaticamente fuori legge, ma uccidono in massa specialmente ragazzini e ragazzine nelle scuole e nelle strade (la strage al liceo Columbine, i meninos da rua, le vittime ed esecutori minori delle varie mafie camorre 'ndranghete), rendono la vita molto malsicura e diffondono una cultura violenta e omicida a cui bisogna mettere subito un freno, un altola'. * Ho scritto un pezzo anche contro la sfilata del 2 giugno [apparso nel fascicolo di ieri di questo foglio - ndr], avendo anche firmato gli appelli che circolano in materia. L'argomento che aggiungo e' che le Forze armate hanno gia' la loro festa il 4 novembre (che per noi non e' festa ma lutto, giornata in cui fare memoria delle vittime di tutte le guerre, e non di festeggiamento per gli uccisori), e non si capisce perche', unica istituzione della Repubblica, ne debbano avere due. Sono inoltre stata colpita dal fatto che l'indizione della sfilata e' stata annunciata subito dallo Stato maggiore. A mio parere, almeno all'inizio di una legislatura e di un settennato, lo Stato maggiore deve aspettare le decisioni delle autorita' politiche dalle quali dipende. Lo dico perche' a Bolzano anni fa il 4 novembre fu contestato per la sua unilaterale caratteristica di memoria solo degli italiani caduti e le autorita' provinciali (che hanno un potere politico autonomo molto forte, di governo) decisero di non andarci e che fosse sostituita con una cerimonia religiosa per i caduti di tutte le guerre, decisione civilissima. Ma il comandante del Corpo d'Armata allora stanziato a Bolzano fece lo stesso la sfilata militare e ne venne una contesa tra istituzioni, al termine della quale, avendo giustamente sostenuto le autorita' politiche della provincia autonoma che il generale deve stare alle decisioni dei rappresentanti del popolo, il suddetto comandante fu trasferito (e naturalmente promosso: "promoveatur ut amoveatur"). Non vorrei che ci trovassimo di fronte a un tentativo di forzatura su Napolitano, la cui prima uscita, per commemorare i vent'anni dalla scomparsa di Altiero Spinelli e ricordare la pubblicazione del manifesto di Ventotene, mal si concilierebbe con una roba "petto in fuori" e fanfare a gogo'. * Il clima del Senato viene presentato dai media come surriscaldato e duro e diviso spaccato ecc.ecc. Non mi pare proprio, a vedere buvette e ristorante e inchini e baciamani e sorrisi nei corridoi. Si fanno dichiarazioni a non finire su dialogo confronto consenso ecc.: sarebbe bello sapere o capire su che bisognerebbe dialogare o trattare, finora e' tutto un po' fumoso, ma penso che sia melina, lo dicono quasi tutti quando aspettano la fine della campagna per le amministrative, quasi ammettendo che il discorso elettorale e' di sua natura falso o almeno esagerato: poi ci sara' il referendum per la Costituzione. Chissa' quando si ricomincera' a parlare come si mangia. * Intanto, visto che per avere una stanza dove lavorare e una sede per il gruppo di Rifondazione - Sinistra europea pare si dovra' aspettare fino a settembre perche' i luoghi non sono pronti, e che per trovare una stanza per dormire bisogna sganciare minimo 1.200 euro al mese, chiedero' ai due presidenti delle assemblee - dato che, tra l'alltro, sono due ex sindacalisti - che si dedichino all'organizzazione del lavoro parlamentare, che, per quel che e' pagato finora, sembra fare da aiuto all'aumento dei prezzi degli affitti e non avere una grande produttivita'. 3. APPELLI. PER IL 2 GIUGNO DELLA COSTITUZIONE E DELLA PACE CON MEZZI DI PACE [Presentiamo ancora l'appello per il 2 giugno festa della Costituzione, senza l'abusiva parata militare, scritto da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) e sottoscritto gia' da numerose persone. Per esigenze di spazio oggi non riportiamo le adesioni fin qui pervenute] Signor Presidente della Repubblica, insieme ai nostri vivi auguri per il Suo alto compito, Le rivolgiamo una calda richiesta, che viene dal popolo della pace, di festeggiare il prossimo 2 giugno come vera festa della Costituzione, come festa del voto popolare che ha voluto la Repubblica e eletto la Costituente, e niente affatto come festa militare. Ammessa, per amore di dialogo, e non concessa la necessita' dell'esercito - che noi come tale discutiamo (tra esercito e polizia democratica la differenza e' essenziale, come tra la violenza e la forza, la forza omicida e la forza non omicida) - esso non e' assolutamente il simbolo piu' bello e vero della patria, non e' l'esibizione giusta per il giorno della festa della Repubblica: nell'ipotesi piu' benevola, e' soltanto una triste necessita'. La parata militare e' brutta tristezza e non e' festa. La parata delle armi non festeggia la vita e le istituzioni civili del popolo, non dimostra amicizia verso gli altri popoli, non e' saggezza politica. Non e' neppure un vero rispetto per chi, sotto le armi, ha perso la vita. Rispettando le diverse opinioni, e' un fatto inoppugnabile che l'esercito non ha avuto alcuna parte nell'evento storico del 2 giugno 1946, quando unico protagonista e' stato il popolo sovrano e l'azione democratica disarmata: il voto. Nella festa del 2 giugno l'esercito e' fuori luogo, occupa un posto che non e' suo. * Per aderire all'iniziativa: scrivere lettere recanti il testo dell'appello al Presidente della Repubblica (all'indirizzo di posta elettronica: presidenza.repubblica at quirinale.it, ricordando che si deve firmare con il proprio nome, cognome e indirizzo completo, altrimenti le lettere non vengono prese in considerazione), e comunicare a "La nonviolenza e' in cammino" (e-mail: nbawac at tin.it) di avere scritto al Presidente. 4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: VOCI PER UN DIZIONARIO ANTIMAFIA: ANTIMAFIA ISTITUZIONALE [Dal sito del Centro Impastato (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente testo pubblicato su "Narcomafie", n. 11, novembre 2003. Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su questo stesso foglio nei nn. 931-934] La reazione delle istituzioni di fronte al fenomeno mafioso, soprattutto alle sue manifestazioni piu' eclatanti (l'aumento del numero dei reati, in particolare degli omicidi), si e' costantemente caratterizzata come risposta all'emergenza e ha dato luogo alla costituzione di Commissioni d'inchiesta, alla produzione di provvedimenti straordinari allo scopo di fronteggiare situazioni di ordine pubblico, mentre il ricorso all'azione giudiziaria spesso si e' risolto senza danni per gli incriminati. * Le prime Commissioni d'inchiesta L'istituzione della prima Commissione d'inchiesta risale al 1867. Il termine mafia, piu' esattamente maffia, era comparso per la prima volta in un rapporto del prefetto di Palermo Filippo Gualterio dell'aprile 1865, con riferimento a un'"associazione malandrinesca" ritenuta "dipendente dai partiti" e in particolare collegata con gli oppositori, dai borbonici ai garibaldini, ed era stato indicato tra i capi il generale garibaldino Corrao, ucciso nell'agosto del 1863 (Alatri 1954, pp. 92-93). L'intento era fin troppo evidente: fare di ogni erba un fascio e criminalizzare tutta l'opposizione. Operazione non molto dissimile da quella che si era gia' tentata durante il regno borbonico: un documento famoso, come il rapporto del procuratore generale della Gran Corte Criminale di Trapani, Pietro Cala' Ulloa, dell'agosto 1838, metteva insieme gruppi criminali e aggregazioni della societa' civile siciliana, giudicate pericolose per il dominio borbonico (in Santino 2000a, pp. 138, 215-227). Da un coacervo di forze eterogenee sarebbe nato il complotto che avrebbe portato alla rivolta palermitana del 1866. Per indagare su quell'evento fu istituita una "Commissione d'inchiesta sulle condizioni morali ed economiche della provincia di Palermo" che comincio' ad affrontare il problema della mafia attraverso le audizioni di politici, magistrati, professionisti, non riprese dalla relazione finale (Camera dei deputati 1981). Nel 1874 il ministro degli Interni Girolamo Cantelli presenta un disegno di legge che prevede la concessione al governo di poteri eccezionali da esercitarsi nelle provincie la cui tranquillita' era "gravemente turbata da frequenza di omicidi, grassazioni, ricatti" e nelle quali allignavano "associazioni di briganti, malandrini, accoltellatori, camorristi, mafiosi" (in Russo, a cura di, 1964, p. 3). La discussione, apertasi nel giugno del 1875, riguardo' solo la Sicilia e vide la netta contrapposizione tra i parlamentari della Sinistra, il cui esponente Agostino Depretis aveva presentato una relazione contraria al progetto, e quelli della Destra. La Sinistra sostiene che fin dal 1860 la Sicilia si e' quasi continuativamente trovata sotto governi militari e che la legge di pubblica sicurezza del 1871 prevede gia' amplissimi poteri, con il ricorso all'ammonizione, usata come sostitutivo dell'azione giudiziaria. Si teme che il provvedimento in cantiere voglia riportare sotto controllo una Sicilia a forte maggioranza antigovernativa (su 48, 40 sono i parlamentari dell'opposizione di sinistra eletti nell'isola). Tra gli interventi particolarmente significativo quello di Diego Tajani, che e' stato procuratore generale presso la Corte d'appello di Palermo e si e' scontrato duramente con il questore Giuseppe Albanese, contro il quale nel 1871 ha spiccato mandato di cattura per aver dato incarico a dei malfattori di uccidere due mafiosi. Il processo si era concluso con l'assoluzione per insufficienza di prove. Ora Tajani, dimessosi dalla magistratura ed eletto nelle file dell'opposizione, snocciola una serie di esempi delle compromissioni istituzionali e conclude con parole inequivocabili: "la mafia non e' pericolosa, non e' invincibile di per se', ma perche' e' strumento di governo locale" (ibidem, p. 171). Alla fine si decide la costituzione di una Commissione d'inchiesta sullo stato della pubblica sicurezza in Sicilia, che raccolse una documentazione cospicua (pubblicata molti anni dopo: Carbone-Grispo 1968) e si chiuse con una relazione del deputato lombardo Romualdo Bonfadini. Secondo il relatore "la mafia non e' un'associazione che abbia forme stabilite e organismi speciali; non e' neanche una riunione temporanea di malandrini a scopo transitorio o determinato; non ha statuti, non ha compartecipazioni di lucro, non tiene riunioni, non ha capi riconosciuti, se non i piu' forti e i piu' abili. Ma e' piuttosto lo sviluppo e il perfezionamento della prepotenza diretta ad ogni scopo di male; e' la solidarieta' istintiva, brutale, interessata, che unisce a danno dello Stato, delle leggi e degli organismi regolari, tutti quegli individui e quegli strati sociali che amano trarre l'esistenza e gli agi, non gia' dal lavoro, ma dalla violenza, dall'inganno e dall'intimidazione" (in Russo, cit., pp. 182-183). L'indeterminatezza dell'idea di mafia rispecchiava una convinzione diffusa: esistevano le associazioni di malfattori, le bande dei briganti, c'erano i cosiddetti "manutengoli" che proteggevano i malavitosi, ma non c'era la mafia come organizzazione unitaria e permanente. Nello stesso periodo in cui la Commissione d'inchiesta svolgeva i suoi lavori i giovani studiosi Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino scesero in Sicilia per una loro inchiesta privata. Franchetti si occupa in particolare di mafia e parla di una "industria della violenza" praticata prevalentemente dai "facinorosi della classe media" che erano diventati "una classe con industria ed interessi suoi propri, una forza sociale di per se' stante", la cui sussistenza e il cui sviluppo andavano ricercati "nella classe dominante" (Franchetti 1993, pp. 95, 107). Franchetti rilevava una contraddizione di fondo nell'azione dello Stato: "in Sicilia lo Stato si trova in questa dolorosa condizione, che nell'adempiere al primo dei doveri di uno stato moderno, il mantenimento, cioe', dell'ordine materiale, esso non difende la Legge, ma le prepotenze e i soprusi di una parte dei cittadini a danno degli altri. Difatti, mentre l'azione del Governo e' efficacissima e pronta contro i disordini popolari, rimane miseramente impotente contro quelli i quali, come il brigantaggio e la mafia, si fondano sopra la classe abbiente, o almeno sopra la parte dominante di essa" (ibidem, p. 205). La riprova del comportamento classista dello Stato si avra' negli anni '90 con la repressione sanguinosa dei Fasci siciliani. * Il processo Notarbartolo Negli ultimi decenni del XIX secolo si susseguono gli scontri tra i gruppi mafiosi o al loro interno (nel 1874 nella borgata palermitana dell'Uditore, con 800 abitanti, si ebbero 34 omicidi) e i processi hanno esiti diversi: vengono assolti i membri degli Stuppagghieri di Monreale, saranno condannati invece i fratuzzi di Bagheria e per gli affiliati alla cosca di Piazza Montalto verra' riconosciuta l'associazione a delinquere e ci saranno dodici condanne a morte per omicidio. Finira' invece con molte assoluzioni il processo per associazione a delinquere svoltosi nel 1901 in seguito alle denunce del questore Sangiorgi che in una serie di rapporti aveva ricostruito il quadro delle organizzazioni mafiose, dando un'immagine della mafia molto simile a quella che negli anni '80 del XX secolo daranno i mafiosi collaboratori di giustizia: una vasta associazione di malfattori, organizzati in sezioni, divisi in gruppi, ognuno con un suo capo, sotto la direzione di un capo supremo (Lupo 1988, p. 467). Ma il processo che portera' la mafia alla ribalta nazionale sara' quello per l'assassinio di Emanuele Notarbartolo (1893), ex sindaco di Palermo e direttore generale del Banco di Sicilia, in cui sara' coinvolto il deputato Raffaele Palizzolo che dopo una prima condanna a trent'anni della Corte d'assise di Bologna sara' assolto nel processo di Firenze (1904) e tornera' in citta' da trionfatore. L'impegno del figlio Leopoldo non e' riuscito nel suo intento (Notarbartolo 1994). Accanto a lui si mobilita buona parte della cittadinanza raccolta nel comitato Notarbartolo, che indice sottoscrizioni e organizza manifestazioni con una buona partecipazione, mentre gli amici di Palizzolo si riuniscono nel comitato Pro Sicilia, primo laboratorio del "sicilianismo" che coniuga una visione apologetica della mafia, considerata una summa dei valori isolani, con la lamentazione per la criminalizzazione dei siciliani. Ispiratore della mobilitazione sicilianista e' il demologo Pitre', a cui si deve una definizione della mafia destinata a una notevole fortuna: ne' setta ne' associazione, ma "coscienza del proprio essere, esagerato concetto della forza individuale" (Pitre' 1978, p. 292). L'esito dei processi per l'assassinio Notarbartolo suscita le riflessioni degli osservatori piu' attenti, tra cui Napoleone Colajanni che sottolinea il ruolo dei governi della Sinistra che per favorire i candidati governativi hanno adottato metodi mafiosi per cui si e' creata una mafia del governo che ha rigenerato e reso onnipotente la mafia dei cittadini (Colajanni 1971, pp. 101-102). Negli anni successivi alla repressione dei Fasci siciliani (sui Fasci come sulle lotte contadine successive torneremo piu' dettagliatamente nella voce dedicata al movimento contadino) una grande ondata migratoria (piu' di un milione di persone) dissangua la Sicilia. Tra gli emigrati ci sono anche i mafiosi che avranno un ruolo di primo piano nella storia della criminalita' organizzata degli Stati Uniti. * Da Giolitti al fascismo Gaetano Salvemini defini' Giovanni Giolitti "ministro della malavita" (Salvemini 1962, pp. 73-141) e il periodo in cui a capo del governo fu l'uomo politico piemontese avrebbe visto l'affermarsi di un "regno mafioso" (Marino 1998, p. 85). L'eta' giolittiana inizia con il processo Notarbartolo e l'attenzione per il problema mafia da esso suscitata, ma a poco a poco sulla mafia calera' il silenzio (Renda 1997, p. 188). Nelle relazioni inaugurali degli anni giudiziari i procuratori o ignorano la mafia o la considerano un ritornello, il "romanzo di una vasta associazione... che come polipo mostruoso avvinghia coi suoi tentacoli l'isola intera" (ibidem, p. 172), il generico prodotto di un'altrettanto generica sicilianita'. Sono gli anni in cui il movimento contadino riprende le sue lotte, inventa le affittanze collettive per sostituire i gabelloti mafiosi e la violenza mafiosa torna a farsi sentire, con l'uccisione di capi e militanti, tra cui Lorenzo Panepinto (1911) e Bernardino Verro (1915). I processi per questi omicidi si chiudono con l'assoluzione degli incriminati. Ma a sparare non sono solo i mafiosi. Molte manifestazioni contadine e popolari finiscono nel sangue per l'intervento delle forze dell'ordine, prima della guerra e dopo la guerra, quando sull'onda dei decreti per la concessione delle terre incolte e malcoltivate, riprendono le occupazioni delle terre (Santino 2000b, pp. 104-116). Nella fase che precede l'avvento del fascismo la violenza mafiosa s'intreccia con quella dello squadrismo: dov'e' presente la mafia l'offensiva contro le organizzazioni contadine e i partiti di sinistra e' gestita dai mafiosi; altrove si formano le squadre nazionaliste e fasciste (ibidem, p. 120). Il fascismo ha sgominato la mafia, o si e' limitato a reprimere la "bassa mafia", cooptando l'"alta mafia"? Quel che e' certo e' che il prefetto Mori dovette arrestarsi a un certo punto, quando voleva proseguire nella sua azione contro personaggi "intoccabili" e che anche nelle zone dove le associazioni mafiose furono sradicate esse sono ricomparse successivamente. L'azione antimafia si risolse in un'operazione a tutela della proprieta' liberandola dal giogo dei gabelloti. Nei processi con centinaia di imputati figuravano anche personaggi di un certo peso, ma la maggioranza era composta dalla manovalanza mafiosa e i proprietari terrieri, che spesso avevano fatto da manutengoli, sedevano tra i testimoni d'accusa (per le diverse valutazioni sul ruolo del fascismo nella lotta alla mafia si vedano: Duggan 1986; Raffaele 1993; Lupo 1993-1996; Tessitore 1994; Renda 1997; Marino 1998). * La Commissione parlamentare d'inchiesta del 1963 Il secondo dopoguerra segna il ritorno della mafia sulla scena siciliana, la ripresa del movimento contadino, il ricorso sistematico alla violenza mafiosa, la fine del governo di coalizione antifascista (l'anno di svolta e' il 1947, con la strage di Portella della Ginestra e la nascita del centrismo). Ancora sull'onda dell'emergenza si avviano i lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta, richiesta sin dal 1948 ma operante solo dal 1963, dopo la strage di Ciaculli, in cui morirono sette uomini delle forze dell'ordine. La Commissione, tra annunci di grandi rivelazioni regolarmente disattesi, manovre per vanificarne l'attivita' e ritardi, protrasse i lavori fino al 1976 e si concluse con la pubblicazione di una relazione di maggioranza e due di minoranza (Partito comunista e Movimento sociale) e di una vasta mole di documenti. La relazione di maggioranza condivide la tesi ancora dominante che non esiste un'organizzazione formale e considera la mafia all'origine come un fenomeno "non delle classi subalterne, escluse, come tali, da ogni accordo di potere, ma al contrario dei ceti che al momento dell'Unita' d'Italia gia' esercitavano (e che continuarono ad esercitare) il dominio politico ed economico nell'Isola" (Commissione antimafia 1976, p. 112). Piu' sfumato il discorso sull'oggi, con gli accenni al ruolo di Vito Ciancimino, amministratore del comune di Palermo, ritenuto "espressione emblematica di un piu' vasto fenomeno che inquino' negli anni Sessanta la vita politica e amministrativa siciliana, per effetto delle interessate confluenze e aggregazioni delle cosche mafiose e dei tentativi di recupero, ai fini elettorali o per giochi interni di partito, delle vecchie forze del blocco agrario o d'uomini politici logorati dalla consuetudine col mondo mafioso; il successo di Ciancimino percio' non si spiega come un fatto casuale, indipendente dalle circostanze ambientali e dalle forze politiche che gli avevano assicurato il loro sostegno, ma si comprende solo se visto nel quadro di una situazione ampiamente compromessa da pericolose collusioni o da cedimenti non sempre comprensibili" (ibidem, p. 237). Pero' il quadro non viene chiarito sufficientemente e le proposte formulate dalla relazione sono destinate a rimanere sulla carta. La relazione di minoranza del Pci delinea un quadro dettagliato della situazione attuale, respinge la tesi piu' volte avanzata nel corso dei lavori della Commissione secondo cui si sarebbe ormai in presenza di un fenomeno di gangsterismo urbano, analizza i mutamenti (ampliamento delle attivita', finanziarizzazione) ma sottolinea gli elementi di continuita' dati soprattutto dai rapporti con la politica e la pubblica amministrazione, con al centro la Democrazia cristiana. Non c'e' solo Ciancimino, ci sono Salvo Lima e imprenditori come Cassina, monopolista per molti anni degli appalti pubblici di Palermo (ibidem, pp. 567-954). Anche la seconda relazione di minoranza parla dei rapporti tra mafia e politica (ibidem, pp. 955-1247). * Dalla legge antimafia del 1982 ai nostri giorni Sul piano operativo nessun provvedimento scaturisce dai lavori della Commissione parlamentare e bisognera' attendere il 1982 quando, sull'onda dell'indignazione suscitata dal gran numero di delitti della guerra di mafia dei primi anni '80, dalle uccisioni di politici e uomini delle istituzioni e soprattutto dal delitto Dalla Chiesa (Chinnici, Santino 1989), sara' varata la Legge antimafia che per la prima volta definisce l'associazione di tipo mafioso, introduce il sequestro e la confisca dei beni dei mafiosi. Gli anni '80 sono caratterizzati dall'eccezionale impegno dei magistrati di Palermo, riuniti in pool, che utilizzando anche le dichiarazioni dei primi mafiosi collaboratori di giustizia, che hanno rivelato l'esistenza di Cosa Nostra come organizzazione unitaria, piramidale, verticistica, istruiscono il primo maxiprocesso che vedra' la condanna di capi e gregari, confermate successivamente in appello e in Cassazione (AA. VV., 1992). Ma il successo invece di incoraggiare a continuare desta preoccupazioni: il pool viene sciolto, Giovanni Falcone, il magistrato di punta, dopo varie vicissitudini, e' costretto a lasciare Palermo. Lavorera' al Ministero di Giustizia e elaborera' il nuovo assetto dell'azione antimafia, con l'istituzione della Direzione nazionale antimafia, o Superprocura. Nel dicembre del '91 era gia' nata la Direzione investigativa antimafia (Dia) con il compito di coordinare l'attivita' informativa e investigativa. Falcone cadra', assieme alla moglie e agli uomini della scorta, nella strage di Capaci del 23 maggio 1992 e il 19 luglio sara' ucciso nella strage di via D'Amelio anche il magistrato Paolo Borsellino, assieme alla scorta. Dopo le stragi, continuando la tradizione dell'emergenza, si faranno nuove leggi: sull'acquisizione delle prove, sui collaboratori di giustizia, sul carcere duro per i mafiosi (il 41 bis), sull'uso delle forze armate in Sicilia. Nei processi per le stragi del '92 e per quelle dell'anno successivo, di Firenze e Milano, vengono individuati e puniti esecutori e mandanti mafiosi, ma rimane aperto il problema dei mandanti esterni. Nel 1993 vengono arrestati i capimafia Riina, Pulvirenti e Santapaola, la mafia sembra alle corde, anche perche' cresce enormemente il numero dei collaboratori di giustizia. Nello stesso anno la Commissione parlamentare antimafia, che dopo la nuova legge antimafia viene regolarmente riproposta a ogni legislatura, approva una relazione sui rapporti tra mafia e politica, che rimane il punto piu' alto dell'analisi istituzionale su questo tema (Commissione antimafia 1993). Negli anni successivi i mafiosi passano dallo stragismo all'inabissamento comprendendo che il ricorso alla violenza rivolta verso l'alto ha avuto effetti boomerang. Si apre la stagione della "mafia invisibile" e una volta cessati i grandi delitti e le stragi, le istituzioni innescano la retromarcia, attenuando o cancellando la legislazione d'emergenza, su terreni fondamentali come l'acquisizione e l'uso delle prove e le norme sui collaboratori (Imbergamo 2000; Di Matteo, Imbergamo, Tescaroli 2001). Lo scenario attuale puo' essere cosi' tratteggiato: una mafia che controlla la violenza verso l'alto, mira a tessere rapporti con i nuovi detentori del potere e a rilanciare il suo ruolo in attivita' storiche come gli appalti di opere pubbliche, mentre l'assetto istituzionale, con una serie di provvedimenti gia' adottati o in preparazione, offre notevoli possibilita' per intralciare o ritardare il corso della giustizia (per esempio, l'uso della legge Cirami sul legittimo sospetto che consente di ricorrere in Cassazione per scavalcare il giudice naturale). Anche se con armi spuntate continua l'attivita' della magistratura, soggetta a un attacco violentissimo da parte del governo e della maggioranza, e delle forze dell'ordine, ci sono stati altri arresti e molti processi sono finiti con condanne pesanti, mentre, anche in seguito alla nuova legge approvata nel 1996, su proposta dell'associazione Libera, e' aumentato il numero dei beni confiscati e destinati a un uso sociale. * Riferimenti bibliografici - Alatri Paolo, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra (1866-74), Einaudi, Torino 1954. - Autori Vari (Chinnici Giorgio, Santino Umberto, La Fiura Giovanni, Adragna Ugo), Gabbie vuote. Processi per omicidi a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, F. Angeli, Milano 1992. - Camera dei Deputati, I moti di Palermo del 1866. Verbali della Commissione parlamentare d'inchiesta, a cura di Da Passano Magda, Archivio storico, Roma 1981. - Carbone Salvatore e Grispo Renato, L'inchiesta sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia (1875-1876), Cappelli, Bologna 1968, 2 volumi. - Chinnici Giorgio, Santino Umberto, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, F. Angeli, Milano 1989. - Colajanni Napoleone, Nel regno della mafia. La Sicilia dai Borboni ai Sabaudi, Ila Palma, Palermo 1971 (ed. or. 1900). - Commissione antimafia (Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia), Relazione conclusiva, Tipografia del Senato, Roma 1976. - Commissione antimafia (Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari), Relazione sui rapporti tra mafia e politica, Roma 1993. - Di Matteo Antonino, Imbergamo Franca, Tescaroli Luca, Perche' mai un mafioso dovrebbe pentirsi?, in "MicroMega", 2/2001, pp. 203-215. - Duggan Christopher, La mafia durante il fascismo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1986. - Franchetti Leopoldo, Condizioni politiche e amministrative della Sicilia, Donzelli, Roma 1993 (ed. or. 1877). - Imbergamo Franca, Lotta alla mafia, lo Stato si pente, in "MicroMega", 5/2000, pp. 173-178. - Lupo Salvatore, Il tenebroso sodalizio. Un rapporto sulla mafia palermitana di fine Ottocento, in "Studi storici", 1988, n. 2, pp. 463-489; Storia della mafia dalle origini ai nostri giorni, Donzelli, Roma 1996 (prima ed. 1993). - Marino Giuseppe Carlo, Storia della mafia, Newton & Compton, Roma 1998. - Notarbartolo Leopoldo, La citta' cannibale. Il memoriale Notarbartolo, Edizioni Novecento, Palermo 1994 (ed. or. 1949). - Pitre' Giuseppe, Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, Edizioni il Vespro, Palermo 1978 (ed. or. 1889). - Raffaele Giovanni, L'ambigua tessitura. Mafia e fascismo nella Sicilia degli anni Venti, F. Angeli, Milano 1993. - Renda Francesco, Storia della mafia, Sigma edizioni, Palermo 1997. - Russo Nando (a cura di), Antologia della mafia, Il punto edizioni, Palermo 1964. - Salvemini Gaetano, Il ministro della malavita, in Opere, IV, Il Mezzogiorno e la democrazia italiana, vol. I, Feltrinelli, Milano 1962, pp. 73-141 (ed. or. 1909). - Santino Umberto, La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000a; Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma 2000b. - Tessitore Giovanni, Cesare Mori. La grande occasione perduta dell'antimafia, Pellegrino, Cosenza 1994. 5. INCONTRI. OGGI E DOMANI A GENOVA [Da varie persone amiche riceviamo e volentieri diffondiamo] Il 26 e 27 maggio 2006 a Genova, a Palazzo Rosso, si svolge un incontro internazionale sul tema "La liberta' delle donne e' civilta'" promosso dalla rivista femminista "Marea" con donne e uomini impegnati contro i fondamentalismi religiosi, per l'autodeterminazione delle donne e la cittadinanza. Dall'Algeria, dall'Iran, dalla Francia, dall'Inghilterra e da vari altri paesi europei: studiose, femministe, laiche, insieme a uomini e donne che professano varie fedi, persone impegnate a partire dal proprio ruolo nella societa', reti e associazioni per i diritti umani e femminili. Oltre venti relazioni in due intense giornate di dibattito, seminari, tavole rotonde sulla laicita' dello stato e la necessita' di riprendere a parlare di valori laici e trovare parole condivise per un mondo di pace, equita' e giustizia per tutte e tutti. Per informazioni: Monica Lanfranco, tel. 3470883011, e-mail: mochena at village.it 6. INCONTRI. IL 2 GIUGNO A FIRENZE [Da Pierluigi Ontanetti (per contatti: p.u at libero.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Pierluigi Ontanetti, formatore alla nonviolenza, gia' responsabile nazionale dell'Agesci sui temi "pace, nonviolenza, solidarieta'", e' attualmente particolarmente impegnato nella Rete "Verso i Corpi civili di pace" e nell'esperienza fiorentina della "Fucina per la nonviolenza"] Per un 2 giugno di pace, di donne e uomini, non dell'esercito. La neonata "Fucina per la nonviolenza" di Firenze invita tutte le persone democratiche e amiche della nonviolenza, tutte quelle che hanno a cuore la Costituzione della nostra Repubblica, ad una passeggiata-festa per il 2 giugno nelle strade del centro fiorentino. Il 2 giugno e' la festa per far memoria della nascita della nostra Repubblica, la fine di una monarchia che aveva legittimato il fascismo, le leggi razziali, la guerra. Il 2 giugno e' la data in cui e' stata eletta l'Assemblea che ha elaborato la Costituzione pensata al servizio di tutti. Col tempo questa giornata si e' sempre piu' caratterizzata nell'esaltazione delle Forze Armate, dando forza a quella retorica patriottica e militarista, che stride fortemente con lo spirito che ha animato le madri e i padri costituenti nel redigere il testo fondante del nostro convivere. Invitiamo tutti a riappropriarsi della festa del 2 giugno, festa di civili, uomini e donne che desiderano convivere in pace e giustizia. Il 2 giugno faremo una passeggiata attraversando alcune piazze della citta' per incontrare i cittadini, per dire che il giorno della Repubblica, nata dalla Resistenza, vuole essere la promessa di un futuro di pace e giustizia, di un paese che non ha bisogno di esercito ed armi, ma di Corpi Civili di Pace che sappiano costruire solidarieta' e fratellanza tra le persone e i popoli. Vogliamo farci portatori di un progetto di grande respiro, che trasformi i fanti in medici e infermieri, gli alpini in forestali e ferrovieri, gli aviatori in tecnici e metalmeccanici, i carri armati in trattori e autobus, le navi da guerra in pescherecci, le spade in aratri. Il 2 giugno, alle ore 10, ci troveremo in piazza Santa Maria Novella; di li' partiremo in fila indiana per raggiungere piazza della Repubblica, piazza della Signoria, piazza Duomo, piazza dell'Unita' e tornare poi in piazza Santa Maria Novella. Invitiamo tutti quelli che vogliono essere con noi a portare strumenti musicali e tamburi, bandiere di pace e bandiere italiane; si', anche bandiere tricolori, per sottrarre questo simbolo di identita' nazionale a sinistre suggestioni nazionaliste o, peggio, a rigurgiti fascisti. Invitiamo tutti a ridare il giusto significato e dignita' alla festa del 2 giugno, festa dei cittadini italiani che si sentono, responsabilmente, anche cittadini del mondo. 7. LETTURE. GIUSEPPE CASARRUBEA: MORTE DI UN AGENTE SEGRETO Giuseppe Casarrubea, Morte di un agente segreto. Fra' Diavolo, la banda Giuliano e il neofascismo in Sicilia (1943-'47), Nuova iniziativa editoriale, Roma 2006, suppl. al quotidiano "L'Unita'", pp. 128, euro 5,90. La lettura di questo agile e denso libro di Casarrubea (figlio di una vittima della mafia, e' un illustre storico, studioso e militante antimafia) certo persuadera' molti lettori a passare poi alle sue opere piu' ampie e maggiori. Al lettore particolarmente frettoloso e distratto suggeriremmo di cominciare la lettura dall'ultima pagina della prefazione di Vasile (p. 12), in cui compare un'antica conoscenza che di recente... Certe storie hanno la coda lunga. 8. LETTURE. SAMIR KASSIR: L'INFELICITA' ARABA Samir Kassir, l'infelicita' araba, Einaudi, Torino 2006, pp. X + 92, euro 8. L'autore, nato a Beirut nel 1960, storico, docente universitario e giornalista, editorialista di "Le monde diplomatique", animatore della "primavera di Beirut" nel 2005, per il suo impegno democratico e' stato assassinato il 2 giugno di quell'anno; questo libro e' l'ultimo che ha scritto, ma in Italia e' il primo suo ad essere pubblicato. Con una postfazione di Elias Khuri. 9. LETTURE. NICO PERRONE: PERCHE' UCCISERO ENRICO MATTEI Nico Perrone, Perche' uccisero Enrico Mattei, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2006, pp. 128, euro 5,90 (in suppl. a "L'unita'"). Un nuovo utile contributo di Nico Perrone allo studio della figura e della vicenda di Mattei. Con prefazione di Vincenzo Vasile. 10. RISTAMPE: ERNEST HEMINGWAY: TUTTI I RACCONTI Ernest Hemingway, Tutti i racconti, Mondadori, Milano 1990, 2006, pp. LXXXVIII + 990, euro 12,90 (in suppl. a vari periodici Mondadori). E' con Hemingway che per la prima volta i personaggi di un'opera letteraria parlano come parlano le persone nella vita reale. Certo, in Giobbe e in Eschilo, in Tucidide e in Moliere, tu trovi persone che dicono cose che ti muovono alle lacrime, ma senti che quel parlare non e' il parlare che sentiresti al bar, o dinanzi al plotone d'esecuzione, o prima della prima coltellata, o dopo il convito d'amore. Invece in Hemingway e' questo. Non solo: tra i suoi racconti alcuni ve ne sono che senza parere ti mettono di fronte, riflessa in una lingua denudata, in un racconto senza piu' menzogne, la nuda vita come mai altrove. La nuda vita, il dolore di tutti, le ragioni della disperazione. E della lotta. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1307 del 26 maggio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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