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La nonviolenza e' in cammino. 1303
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1303
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 22 May 2006 00:27:20 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1303 del 22 maggio 2006 Sommario di questo numero: 1. Per la festa della Repubblica, della Costituzione, della pace 2. Umberto Santino: Voci per un dizionario antimafia: politica e mafia 3. Luciano Benini: I ponti di Atene 4. Le tristezze e le tristizie di Protervo Villanzoni: Sintomi necrotici 5. Letture: Francesca Tuscano, Daniela Margheriti, I diritti dei bambini 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. APPELLI. PER LA FESTA DELLA REPUBBLICA, DELLA COSTITUZIONE, DELLA PACE [Presentiamo nuovamente - aggiungendo le piu' recenti adesioni pervenute - l'appello per il 2 giugno festa della Costituzione, senza l'abusiva parata militare, scritto da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) e sottoscritto gia' da numerose persone] Signor Presidente della Repubblica, insieme ai nostri vivi auguri per il Suo alto compito, Le rivolgiamo una calda richiesta, che viene dal popolo della pace, di festeggiare il prossimo 2 giugno come vera festa della Costituzione, come festa del voto popolare che ha voluto la Repubblica e eletto la Costituente, e niente affatto come festa militare. Ammessa, per amore di dialogo, e non concessa la necessita' dell'esercito - che noi come tale discutiamo (tra esercito e polizia democratica la differenza e' essenziale, come tra la violenza e la forza, la forza omicida e la forza non omicida) - esso non e' assolutamente il simbolo piu' bello e vero della patria, non e' l'esibizione giusta per il giorno della festa della Repubblica: nell'ipotesi piu' benevola, e' soltanto una triste necessita'. La parata militare e' brutta tristezza e non e' festa. La parata delle armi non festeggia la vita e le istituzioni civili del popolo, non dimostra amicizia verso gli altri popoli, non e' saggezza politica. Non e' neppure un vero rispetto per chi, sotto le armi, ha perso la vita. Rispettando le diverse opinioni, e' un fatto inoppugnabile che l'esercito non ha avuto alcuna parte nell'evento storico del 2 giugno 1946, quando unico protagonista e' stato il popolo sovrano e l'azione democratica disarmata: il voto. Nella festa del 2 giugno l'esercito e' fuori luogo, occupa un posto che non e' suo. * Primi firmatari: Enrico Peyretti, Lidia Menapace, Anna Bravo, Giancarla Codrignani, Angela Dogliotti Marasso, Alberto L'Abate, Marco Revelli, Luigi Sonnenfeld, Gianguido Crovetti, Michela Vitturi, Patrizia Rossi, Alessandra Valle, Gennaro Varriale, Clara Reina, Enzo Arighi, Fabio Ragaini, Pasquale Pugliese, Nella Ginatempo, Stefano Longagnani, Martina Pignatti Morano, Ilaria Giglioli, Francesca Vidotto, Simone D'Alessandro, Carlo Corbellari, Franca Maria Bagnoli, Mario Signorelli, Lucia Ceccato, Nandino Capovilla, Maria G. Di Rienzo, Carlo Minnaja, Melo Franchina, Carmine Miccoli, Doriana Goracci, Mariagrazia Campari, Stefano Dall'Agata, Enea Sansi, Alfredo Izeta, Claudia Cernigoi, Michele de Pasquale, Antonio Sorrentino, Aldo e Brunella Zanchetta, Roberto Fogagnoli, Franco Borghi, Enza Longo, Annalisa Frisina, Alessandro Cicutto, Marcella Bravetti, Giuliana Beltrame, Giuliano Cora', Mariangela Casalucci, Mao Valpiana, Margherita Del Bene, Sergio Giorni, Claudia Marulo, Dario Cangelli, Carlo Ferraris, Danila Baldo, Gino Buratti, Marco Tarantini, Elisabetta Donini, Francesco Cappello, Donato Zoppo, Antonella Sapio, Franca Franchini, Franco Franchini, Francesco D'Antonio, Maurizio Campisi, Letizia Lanza, Adriana Mascoli, Francesco Boriosi, Agostino Regnicoli, Assunta Signorelli, Maria Edoarda Trillo', Giovanni Sarubbi, Angela Lostia, Antonia Sani, Lidia Maggi, Renzo Craighero, Antonio Campo, Franco Bardasi, Giancarlo Nonis, Maria Laura Massai, Piergiorgio Acquistapace, Maria Teresa Pellegrini Raho, Tiziano Tissino, Antonio Dargenio, Mirella Sartori, Pierpaolo Loi, Sergio Vergallito, Alessandra De Michele, Luisa Gissi, Margherita Moles, Bortolo Domenighini, Norma Bertullacelli, Giuseppe Pavan e Carla Galetto, Giorgio Grimaldi, Giovanni Santoruvo, Paolo Rosa', Sashinka Gorguinpour, Alidina Marchettini, Luca Bolognesi, Edoardo Daneo, Patrizia Parodi, Antonio Bianciardi, Francesco Pavanello, Riccardo Borgioli, Leila d'Angelo, Alberto Procaccini, Giorgio Gallo, Giuseppina Catalano, Pasquale Iannamorelli, Maria Rosaria Mariniello, Luigi Pirelli, Osvaldo Ercoli, Rodolfo Carpigo, Pierluigi Ontanetti, Bruno Fini, Marco A. Lion, Anna Maria Bruzzone, Massimo Dalla Giovanna, Bruno (Alberto) Simoni, Fabio Corazzina, Sofia Del Curto, Sandra Cangemi, Giuseppe Reitano, Katia Bouc, Lucilla Mancini, Giuliana Cupi, Tommaso Gamaleri, Alberta Pongiglione, Alessandro Gamaleri, Daniele Dalmazzo, Daniela Musumeci, Claudia Berton, Cristiano Rodighiero, Francesca Mele, Massimiliano Carra, Luciano Ghirardello, Irene Campari, Gianluca Carmosino, Evelina Savini, Maria Pia Simonetti, Giuliano Falco, Laura Picchi, Andrea Picchi, Marcella Fasciolo, Carlo Olivieri, Gabriele Aquilina e Elena Dall'Acqua, Carlo Schenone, Silvano Tartarini, Maria Stella Ruffini, Maurizio Berni, Agnese Manca, Elisabetta Badessi, Francesco Fiordaliso, Vito Correddu, Pierangelo Monti, Annamaria Rivera, Antonino Drago, Gianfranco Laccone, Michele Stragapede, Giacomo Grasso, Floriana Lipparini, Chiara Cavallaro, Albino Bizzotto, Marcello Storgato, Fabrizio Canaccini, Marta Giraudo, Flavia Neri, Giusi Lauro, Paola Bientinesi, Andrea Maggi, Marco Giubbani, Lucia Salemi, Marco Mamone Capria, Alberto Trevisan, Tiziana Bonora, Roberto Varone, Maria Luisa Paroni, Chiara Pedersoli, Eugenio Lenardon, Paola Vallatta, Davide Ballardini, Rosa Graziuso, Eleonora Parlanti, Antonio Ariberti, Simone Mantia, Francesca Vecera, Osvaldo Dino del Savio, Barbara Todaro, Costanza Vecera, Augusta De Piero, Renato Mirabile, Elena Malan, Ronal Mirabile, Dina Losi, Michele Gramazio, Franco Verderi, Giuseppe Gonella, Silvia Trombetta, Luca Giusti, Gigi Perrone, Silvia Vienni, Piero Coltelli, Margherita Granero, Roberta Ronchi, Ezio Bertaina, Rosaria Lombardi, Anna Culpo e Andrea Piazza, Andrea Montagner, Roberto Vignoli, Marneo Serenelli, Giuliano Pontara, Sara Michieletto, Elvio Arancio, Luisa Mondo, Carla Capella, Daniele Biagiotti, Attilio Aleotti, Gianpaolo D'Errico, Silva Falaschi, Antonio Versari, Daniele Vasta, Cristina Ferrando, Daniele Todesco, Renato Solmi, Alfredo Panerai, Giovanni Pellegrini Raho, Tarcisio Alessandrini, Francesco Lo Cascio, Pio Russo Krauss, Alberto Marcone, Tommasina Squadrito, Lucia Russo, Tiziano Cardosi, Maria Perino, Stefano De Guido, Vincenzo Dipierro, Fabiola Campillo, Guy Fontanella, Teresa Maria Sorrentino, Sante Gorini, Daniela Giammarco, Pina Garau, Roberta Consilvio, Gaetano Pascoletti, Isabella Sardella Bergamini, Carla Pellegrini Raho, Anna Maria Livierato, Franco Capelli, Beatrice Dolci, Giovanni Zardi, Maurizio Peresani, Donatella Cortellini, Mauro Venturini, Marisa Mantovani, Guido Cristini, Sergio Mandolesi, Cinzia Abramo, Simona Venturoli, Francesca Ortali, Simona Morello, Silvia Munari, Paolo Bertagnolli, Carla Guerra e Massimo Zesi, Carmine Ferrara, Maria Amalia Girardi, Antonio Giuffre', Dario Scarpati, Claudia Tessaro, Illia Martellini, Roberto Guelpa, Alessandro Pesci, Roberto Saba, Micol Dell'Oro, Gisella Bordet, Stefano Montani, Maria Pia Cortellessa, Giuliano Spinelli, Giovanni Mandorino, Antonio Peratoner, Susanna Neuhold, Alfredo Panerai, Stefano Mazzucco, Alessio Di Florio, Caterina Lusuardi, Graciela De La Vega, Giacomo Alessandroni, Mauro Migliazzi, Daniela Este, Davide Morano, Luca Paseri, Roberto Benvenuti, Renato Moschetti, Romano Martinis, Francesco Aroldi, Daniela Occelli, Modesta Colosso, Elena Cianci, Giorgio Beretta, Alessandra Principini, Silvia Giamberini, Luca Agnelli e Samuela Bozzoni, Claudio Dalla Mura, Elio Rindone, Giuliana Bertola Maero, Annamaria Pistoia, Paolo Brentegani, Manuel Marabese, Norma Bertullacelli, Laura Caradonna, Giovanni Russotto, Paolo Vitali, Tilde Giorgi, Andrea Maffei, Marino Renda, Daniele Oian, Pino Ficarelli, Cosimo Magnelli, Antonio Mancini, Fiorella Rambaudi, Cesira Lupo, Claudia Berlucchi, Fabrizio Bianchi, Lulu' Ortega Madrigal, Roberto Gallo, Fulvio Cesare Manara, Salvino Franchina, Davide Scaccianoce, Luca Kocci, Stefano Terzi e Stefania Vergnani, Giandomenico Potestio; Sara Panzeri, Antonella Litta, Giovanni Fiorentini, Stefano Barbacetto, Vittorio Di Munzio, Gabriella Grasso, Amedeo Tosi... * Per aderire all'iniziativa: scrivere lettere recanti il testo dell'appello al Presidente della Repubblica (all'indirizzo di posta elettronica: presidenza.repubblica at quirinale.it, ricordando che si deve firmare con il proprio nome, cognome e indirizzo completo, altrimenti le lettere non vengono prese in considerazione), e comunicare a "La nonviolenza e' in cammino" (e-mail: nbawac at tin.it) di avere scritto al Presidente. 2. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: VOCI PER UN DIZIONARIO ANTIMAFIA: POLITICA E MAFIA [Dal sito del Centro Impastato (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente testo pubblicato su "Narcomafie", n. 5, maggio 2005. Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su questo stesso foglio nei nn. 931-934] Il rapporto tra politica e mafia e' certamente uno degli aspetti piu' inquietanti e controversi del fenomeno mafioso e della storia delle forze politiche e delle istituzioni del nostro Paese. Nonostante l'abbondante produzione di materiali sull'argomento, sotto forma di libri e servizi giornalistici di denuncia, di documenti politici, di relazioni di organi ufficiali, non possiamo dire che finora il tema sia stato adeguatamente affrontato in tutte le sue implicazioni. I concetti impiegati per designare i rapporti tra politica e mafia e viceversa sono spesso generici o inadeguati: si parla di contiguita' e di coabitazione, mentre rimangono in secondo piano o restano irrisolti o neppure affrontati problemi di fondo che riguardano la definizione di mafia e la configurazione dei rapporti di dominio e subalternita' cosi' come si sono determinati nello scenario politico-istituzionale italiano. Nel tentativo di contribuire a chiarire questi temi di fondo propongo, per ragioni di ordine espositivo, un rovesciamento dei due termini. Prima affronteremo il tema dalla parte della mafia e dopo dalla parte della politica. * Dalla parte della mafia. La mafia come soggetto politico e la produzione mafiosa della politica Si e' discusso se la mafia abbia una strategia politica o se intrecciando rapporti con soggetti dell'universo politico si limiti a stringere alleanze tattiche. Secondo la relazione su mafia e politica della Commissione antimafia, Cosa nostra, che rappresenta il gruppo piu' consistente della mafia siciliana, "ha una propria strategia politica. L'occupazione e il governo del territorio in concorrenza con le autorita' legittime, il possesso di ingenti risorse finanziarie, la disponibilita' di un esercito clandestino e ben armato, il programma di espansione illimitata, tutte queste caratteristiche ne fanno un'organizzazione che si muove secondo logiche di potere e di convenienza, senza regole che non siano quelle della propria tutela e del proprio sviluppo. La strategia politica di Cosa nostra non e' mutuata da altri, ma imposta agli altri con la corruzione e la violenza" (Commissione antimafia 1993). Resta da vedere se questa strategia non venga praticata anche in forza di convergenze di interessi e di accordi stipulati senza bisogno di ricorrere alle armi e alle minacce. Per qualche studioso si tratterebbe solo di alleanze tattiche (Lupo 1993, p. 229). Per avere una visione piu' adeguata bisognerebbe in primo luogo interrogarsi sulla natura dell'associazionismo mafioso. Ad avviso di chi scrive, anche utilizzando la letteratura piu' avvertita, la mafia puo' considerarsi soggetto politico, in duplice senso: "1) in quanto associazione criminale la mafia e' un gruppo politico, presentando tutte le caratteristiche individuate dalla sociologia classica per la definizione di tale tipo di gruppo; 2) essa concorre come gruppo criminale e con il blocco sociale di cui fa parte alla produzione della politica in senso complessivo, cioe' determina o contribuisce a determinare le decisioni e le scelte riguardanti la gestione del potere e la distribuzione delle risorse" (Santino 1994, pp. 12 s.). Per la definizione di gruppo politico possiamo rifarci alla classificazione di Max Weber che nel primo volume della sua Economia e societa', dedicato alla Teoria delle categorie sociologiche, comincia con il definire il gruppo sociale: "Una relazione sociale limitata o chiusa verso l'esterno mediante regole deve essere chiamata gruppo sociale quando l'osservanza del suo ordinamento e' garantita dall'atteggiamento di determinati uomini, propriamente disposti a realizzarlo - cioe' di un capo e, eventualmente, di un apparato amministrativo, che in dati casi ha anche potere di rappresentanza". Un gruppo sociale e' sempre un gruppo di potere quando esiste un apparato amministrativo e per potere "si deve intendere la possibilita' di trovare obbedienza, presso certe persone, ad un comando che abbia un determinato contenuto". Segue la definizione di gruppo politico: "Un gruppo di potere deve essere chiamato gruppo politico nella misura in cui la sua sussistenza e la validita' dei suoi ordinamenti entro un dato territorio con determinati limiti geografici vengono garantite continuativamente mediante l'impiego e la minaccia di una coercizione fisica da parte dell'apparato amministrativo". La riflessione viene perfezionata con la seguente definizione di Stato: "Per Stato si deve intendere un'impresa istituzionale di carattere politico nella quale - e nella misura in cui - l'apparato amministrativo avanza con successo una pretesa di monopolio della coercizione fisica legittima, in vista dell'attuazione degli ordinamenti" (Weber 1981, pp. 47 ss.). Come associazione criminale con caratteri specifici (si possono richiamare gli elementi indicati dall'art. 416 bis della legge n. 646 del 13 settembre 1982, o legge antimafia: forza di intimidazione del vincolo associativo, condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva per commettere delitti e per acquisire direttamente o indirettamente la gestione e il controllo di attivita' economiche, concessioni, appalti ecc. o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se' o per altri) la mafia presenta i caratteri fondamentali dei gruppi politici: un ordinamento, cioe' un insieme di norme, una dimensione territoriale, la coercizione fisica, un apparato amministrativo in grado di assicurare l'osservanza delle norme e mettere in atto la coercizione fisica. Per designare sinteticamente questa pluralita' di funzioni ho adoperato l'espressione signoria territoriale, una forma totalitaria di controllo all'interno e all'esterno, che va dalle attivita' economiche alla vita personale e relazionale. La mafia concorre alla produzione della politica agendo all'interno del blocco sociale o sistema relazionale egemonizzato da soggetti illegali e legali (borghesia mafiosa), in vari modi: uso politico della violenza, formazione delle rappresentanze nelle istituzioni, controllo sull'attivita' politico-amministrativa. L'uso politico della violenza si realizza attraverso l'ideazione e l'esecuzione dei cosiddetti delitti politico-mafiosi e delle stragi. I delitti politico-mafiosi mirano a colpire non solo uomini politici o membri della magistratura e delle forze dell'ordine ma anche altri impegnati a vario titolo contro la mafia e l'illegalita' e obbediscono a esigenze complessive di salvaguardia degli interessi delle organizzazioni mafiose e di altri soggetti ad esse collegati, interrompendo processi orientati in senso sfavorevole o innescando e rafforzando dinamiche socio-politiche favorevoli al perseguimento di determinati interessi. Si tratta il piu' delle volte di atti di violenza mirata ma possono esserci anche atti di violenza diffusa, come nel caso delle stragi che hanno colpito indiscriminatamente militanti e partecipanti alle manifestazioni del movimento contadino. A innescare questa vera e propria politica della violenza possono concorrere vari soggetti (gruppi criminali, gruppi terroristici, logge massoniche, servizi segreti ecc.) in nome di una convergenza di interessi e con la mobilitazione di una pluralita' di autori; ma la corresponsabilita' di piu' soggetti, ipotizzabile nella ricostruzione delle dinamiche che portano all'evento criminoso, e' difficilmente dimostrabile in sede giudiziaria, non solo per difficolta' oggettive ma soprattutto per effetto di operazioni di nascondimento e di depistaggio quasi sempre portate a buon fine. Non per caso gran parte delle stragi consumate nel nostro Paese, con o senza la partecipazione di soggetti mafiosi, e' rimasta impunita. La formazione delle rappresentanze istituzionali puo' avvenire attraverso la selezione dei quadri, il ruolo nelle campagne elettorali, il controllo del voto o anche attraverso la partecipazione diretta di membri delle organizzazioni mafiose o di soggetti ad essa legati alle competizioni elettorali e alle assemblee elettive. Il controllo sull'attivita' politico-amministrativa si realizza attraverso rapporti con gruppi politici e apparati burocratici, dagli enti locali alle istituzioni centrali, e da' vita a una tipologia variegata che va dallo scambio, limitato o permanente, all'identificazione-compenetrazione, all'affinita' culturale e alla condivisione degli interessi. La produzione mafiosa della politica implica una visione della mafia che rifugge da stereotipi diffusi come quelli dell'antistato o del vuoto di Stato. Si e' parlato di mafia come antistato soprattutto in relazione ai delitti che hanno colpito uomini delle istituzioni e il vuoto di Stato e' un luogo comune che attraversa la storia della Sicilia e dell'intero Mezzogiorno, segnata dalla costituzione di una forma-Stato che ha istituzionalizzato i rapporti di forza esistenti. In realta' la mafia ha un doppio volto. Per un verso ha un suo ordinamento e un sua giustizia (l'omicidio per i mafiosi non e' un reato ma una sanzione applicata a chi non si piega ai loro voleri o si contrappone ai loro interessi) e su questi terreni non riconosce il monopolio statale della forza, quindi e' fuori e contro lo Stato. Per un altro verso, per le sue attivita' legate al denaro pubblico e la sua partecipazione attiva alla vita pubblica, la mafia e' dentro e con lo Stato. A questa doppiezza della mafia corrisponde, come vedremo, una doppiezza dello Stato, nel senso che esso rinuncia parzialmente al monopolio della forza, legittimando la violenza mafiosa attraverso l'impunita', tutte le volte che viene operata una delega di fatto alla mafia di compiti repressivi. Abbiamo parlato di una variegata tipologia di rapporti ed espressioni come "contiguita'" (impiegata, ad esempio, nella requisitoria del maxiprocesso: in Santino 1992, ma ampiamente diffusa) e "coabitazione" (impiegata nella Relazione su mafia e politica del 1993), che colgono una parte di tali rapporti, mentre per altri e' piu' adeguata l'espressione "compenetrazione organica" (impiegata sempre nella requisitoria del maxiprocesso). L'Ufficio Istruzione che ha preparato il maxiprocesso, nel commentare le affermazioni della requisitoria, riprendeva l'espressione "contiguita'" ma a proposito degli omicidi politici ne sottolineava l'inadeguatezza: "Nella requisitoria del P.M. si fa riferimento alla 'contiguita'' di determinati ambienti imprenditoriali e politici con Cosa nostra. Ed indubbiamente questa contiguita' sussiste anche se e' stata scossa, ma non definitivamente superata, dai tanti tragici eventi che hanno posto in luce il vero volto della mafia. Ma qui si parla di omicidi politici, di omicidi cioe' in cui si e' realizzata una singolare convergenza di interessi mafiosi ed oscuri interessi attinenti alla gestione della cosa pubblica; fatti che non possono non presupporre tutto un retroterra di segreti ed inquietanti collegamenti, che vanno ben al di la' della mera contiguita' e che debbono essere individuati e colpiti se si vuole veramente 'voltare pagina'" (in Santino 1992). La sentenza di primo grado riprendeva le varie espressioni impiegate per designare il rapporto tra mafia e politica e tracciava un profilo sintetico della natura istituzionale di Cosa nostra, che sarebbe insieme: contropotere, per la sua natura criminale; potere annidato nel contesto sociale, capace di adattarsi ai mutamenti delle condizioni storiche; ordinamento giuridico che ha in comune con la forma Stato i caratteri essenziali: un territorio, un codice, affiliati che vi si attengono e altri che vi si adattano; gruppo di pressione che programma e realizza piani di estensione geografica e di rafforzamento del ruolo a livello nazionale e internazionale (in Santino 1992,1994). Una rappresentazione che coglieva la complessita' del fenomeno mafioso e l'articolazione dei ruoli che esso ha esercitato nei suoi rapporti con la politica e l'assetto istituzionale. * Il cosiddetto terzo livello Negli ultimi anni, a partire dagli anni Ottanta del XX secolo, l'idea piu' diffusa e' stata che il rapporto mafia-politica si sia concretato con l'operare del cosiddetto terzo livello. L'espressione veniva impiegata in una relazione del 1982 presentata al Consiglio superiore della magistratura da Giovanni Falcone e Giuliano Turone, dal titolo Tecniche di indagine in materia di mafia, in cui si parlava di tre livelli dei reati di mafia. Reati del primo livello sono i reati rientranti "in attivita' criminali direttamente produttive di movimenti di denaro" (estorsioni, contrabbando di tabacchi, traffico di droghe ecc.); reati del secondo livello sono quelli "che si collegano comunque alla logica mafiosa del profitto ed alle relative lotte fra le cosche per il controllo dei campi di attivita'" (omicidi interni); reati del terzo livello sono i delitti "che mirano a salvaguardare il perpetuarsi del sistema mafioso in genere (... si pensi ad esempio all'omicidio di un uomo politico, o di altro rappresentante delle pubbliche istituzioni, considerati pericolosi per l'assetto di potere mafioso)" (Falcone 1994, pp. 221-255). Successivamente, soprattutto ad opera dei mezzi di informazione, l'espressione "terzo livello" e' stata usata non piu' con riferimento ai reati di mafia ma all'organizzazione mafiosa nel suo complesso, rappresentata come un edificio a tre piani o livelli: al primo livello sono gli esecutori materiali dei delitti; il secondo livello e' formato dai capimafia; il terzo livello da un vertice politico-finanziario, una sorta di supercupola, formata da uomini politici, finanzieri, esponenti della massoneria, uomini dei servizi segreti ecc., che sarebbe sovrapposta alla commissione o cupola mafiosa, cioe' l'organo direttivo a livello provinciale di Cosa nostra, organizzazione unitaria, piramidale e verticistica. Le polemiche che per vari anni hanno segnato il dibattito sui rapporti tra mafia e politica erano suscitate da due diverse visioni della mafia e della sua relazione con il mondo politico-istituzionale. L'esistenza del terzo livello era sostenuta da quanti ritenevano che il rapporto mafia-politica fosse organico e pensavano che esso si materializzasse in un'entita' sovraordinata all'organizzazione criminale; e' stata negata da quanti ritenevano che il rapporto mafia-politica non andasse al di la' dei collegamenti episodici fra qualche boss e qualche politico e consideravano la mafia come un'organizzazione criminosa chiusa in se stessa. E siccome Falcone aveva usato quell'espressione solo per i reati di mafia e non per l'organizzazione mafiosa e sosteneva che non esisteva un terzo livello cosi' come veniva rappresentato, qualcuno, piu' o meno interessatamente, gli ha rimproverato di ignorare il rapporto mafia-politica e ha avanzato il sospetto che tenesse nei cassetti le prove dell'esistenza di tale rapporto (cfr. Santino 1997a, pp.102-116). Una pagina decisamente brutta nella storia della lotta alla mafia e del nostro Paese, frettolosamente dimenticata dopo la strage del 23 maggio 1992 in cui Giovanni Falcone cadeva assieme alla moglie e agli uomini della scorta. In una relazione del 1989 Giovanni Falcone ribadiva la sua convinzione: "... al di sopra dei vertici organizzativi non esistono 'terzi livelli' di alcun genere, che influenzino e determinino gli indirizzi di Cosa nostra". L'organizzazione mafiosa stringe rapporti con organizzazioni similari, ci sono convergenze di interessi fra mafia e altri centri di potere, ci sono uomini politici adepti della mafia ma non in posizione di potere. "Insomma Cosa nostra ha tale forza, compattezza ed autonomia che puo' dialogare e stringere accordi con chicchessia mai pero' in posizioni di subalternita'". In ogni caso non c'e' una "direzione strategica" occulta di Cosa nostra (in Santino 1994). Tale visione non esclude affatto il rapporto mafia-politica, nega soltanto che esso sia configurabile come supercupola. Gia' nel 1987, in un'ordinanza-sentenza contro 163 mafiosi, Falcone richiamava la criminalita' dei colletti bianchi, le connivenze e le collusioni di rappresentanti delle pubbliche istituzioni, la convergenza d'interessi di vari soggetti col potere mafioso, per sottolineare l'esigenza di elaborare la fattispecie del concorso in associazione mafiosa per persone esterne all'organizzazione ma collegate con essa, nella convinzione che la convergenza di interessi "costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa nostra" (Tribunale di Palermo 1987). Su questa base l'elaborazione giurisprudenziale portera' all'uso della fattispecie di concorso esterno in associazione mafiosa per affrontare in sede giudiziaria il problema della responsabilita' penale di uomini politici e di altri soggetti che fanno parte del sistema relazionale entro cui agiscono i gruppi criminali. * Mafia e forze politiche La mafia non ha ideologia ma ha una spiccata e scaltrita cultura del potere. Nei rapporti con le forze politiche la mafia siciliana ha mostrato una grande capacita' di elasticita' e di adattamento al mutare del quadro politico e al succedersi dei detentori del potere. Cosi' essa e' stata, esclusivamente o prevalentemente, liberale, democristiana e ora e' legata ai soggetti politici affermatisi negli ultimi anni. Significativo il comportamento dei mafiosi nelle fasi di transizione, quando varie forze politiche sono in corsa per il potere. Limitandoci al secondo dopoguerra, nei primi anni Quaranta del XX secolo, il ricorso al separatismo, a ridosso dei grandi proprietari terrieri, ebbe soprattutto il significato di un'operazione strumentale mirante ad ottenere un'autonomia regionale che salvaguardasse gli interessi e il potere degli strati dominanti. Alcuni capimafia, come Calogero Vizzini, costituivano insieme la sezione del Partito separatista e quella della Democrazia cristiana, puntavano contemporaneamente su due cavalli, attivandosi per assicurare l'affermazione di quello che si presentava piu' favorito per vincere la corsa. La vittoria del Blocco del popolo alle elezioni regionali del 20 aprile 1947 stimola l'accentuazione della violenza, gia' messa in atto per fermare l'avanzata del movimento contadino, e si avra' la strage di Portella del primo maggio, che in concorso con altre scelte maturate a livello nazionale e internazionale, avra' una immediata valenza strategica con l'espulsione delle sinistre dal governo nazionale e con il divieto al loro ingresso in quello regionale. La fase dei governi centristi vede la mafia solidamente attestata con il partito di maggioranza relativa e pronta a ricorrere ancora alla violenza, garantendosi il ruolo di forza armata e di baluardo contro il comunismo, fino alla sconfitta finale del movimento contadino (con una controriforma agraria che stimola gran parte del mondo contadino a scegliere la via dell'emigrazione) e all'assottigliamento della consistenza delle forze di opposizione, emarginate dall'assetto di potere costituito. In questa fase che va dagli anni '50 agli anni '60 la mafia si assicura un canale privilegiato di accesso al denaro pubblico, estendendo e radicando il suo sistema relazionale con i rapporti intessuti con professionisti, imprenditori, amministratori e politici, configurandosi come una forma di borghesia di Stato (Santino - La Fiura 1990, pp. 111 ss.). Il rapporto pattizio si incrina per il lievitare dell'accumulazione illegale e della richiesta di occasioni di investimento e di spazi di potere. I delitti che colpiscono uomini del partito di maggioranza (Michele Reina nel 1979, Piersanti Mattarella nel 1980) hanno un preciso significato: la mafia non tollera le aperture politiche verso l'opposizione e in particolare verso il Partito comunista e considera un intralcio ai suoi interessi le azioni moralizzatrici che toccano terreni scottanti come quello degli appalti di opere pubbliche. Il messaggio arriva a segno: le aperture vengono archiviate e al governo della regione vanno personaggi piu' affidabili (Santino 1989, pp. 287 ss.). Il patto viene definitivamente sciolto con l'uccisione di Salvo Lima (12 marzo 1992), a cui si rimprovera di non aver cancellato gli effetti del maxiprocesso che si e' concluso con pesanti condanne per una serie sterminata di omicidi, interni ed esterni, che hanno insanguinato gli anni '80. Il delitto, che colpisce uno dei personaggi piu' emblematici del rapporto mafia-politica per decenni, e' una sorta di lastra tombale su un intero periodo storico. La mafia ora e' alla ricerca di nuovi interlocutori all'interno di un quadro politico profondamente mutato, in cui figurano forze politiche nate sulle ceneri di partiti storici, travolti dai processi per corruzione (la cosiddetta Tangentopoli). Nel 1989 e' caduto il muro di Berlino, il socialismo reale e' imploso e la mafia ha perduto il suo ruolo storico di baluardo contro il comunismo, in un contesto formalmente aperto ma in realta' sbarrato alle forze di sinistra (quella che ho chiamato "democrazia bloccata": Santino 1997b). L'ondata di stragi del 1992 e '93 e' il frutto del delirio di onnipotenza criminale dei cosiddetti corleonesi o e' suscitata anche da altri soggetti che mirano a condizionare le dinamiche in atto per determinare i nuovi assetti di potere? La risposta giudiziaria, che ha colpito capi e gregari di Cosa nostra, ha lasciato irrisolto questo interrogativo che rischia di aggiungere un altro capitolo al libro dei cosiddetti misteri italiani. Quel che e' certo e' che i mafiosi hanno capito che per stringere nuove alleanze debbono controllare la violenza, soprattutto quella rivolta verso l'alto, e per gli ultimi anni si parla di "mafia sommersa" o inabissata, capace di controllare capillarmente il territorio, di inserirsi nella spartizione del denaro pubblico destinato alle grandi opere, sorretta da una borghesia mafiosa diffusa, forte di legami con personaggi del nuovo scenario politico. Stando anche a inchieste giudiziarie in corso, le forze politiche a cui si rivolgono le maggiori attenzioni sono Forza Italia e l'Udc, che rappresenta nella realta' siciliana la linea di continuita' con il sistema di potere democristiano. * Dalla parte della politica. La criminalita' del potere e la produzione politica della mafia Abbiamo gia' accennato al ruolo della Democrazia cristiana, per quasi mezzo secolo partito di maggioranza relativo e architrave del sistema di potere. Nella relazione di maggioranza che chiuse i lavori della Commissione parlamentare antimafia (1976) si dice che la mafia e' un fenomeno di classi dirigenti (affermazione che valeva soprattutto per le origini), che la sua specificita' e' "costituita dall'incessante ricerca di un collegamento con i pubblici poteri", che la DC presentava un indice di personalizzazione (rapporto tra voti di lista e voti di preferenze) piu' elevato di altri partiti e che il voto di preferenza favoriva l'infiltrazione mafiosa e si puntava il dito sul ruolo di Vito Ciancimino, dirigente democristiano, assessore comunale e per qualche tempo sindaco di Palermo. La relazione di minoranza presentata dal PCI indicava nel gruppo dirigente democristiano siciliano, che avrebbe imbarcato forze liberali e monarchico-qualunquiste legate ai boss mafiosi, il referente politico di una mafia capace di adattarsi ai mutamenti del contesto (Commissione antimafia 1976). Successivamente nella riflessione su fenomeni come la loggia massonica P2, i comportamenti dei servizi segreti cosiddetti "deviati", il ricorso alle stragi per arrestare processi di rinnovamento del quadro politico che mettevano in forse l'assetto internazionale, si e' utilizzato un concetto elaborato per l'analisi dello Stato nazista (Fraenkel 1983). Mi riferisco alla teoria del "doppio Stato", fondato su una duplice lealta' dei gruppi dirigenti, verso il proprio Paese e verso lo schieramento internazionale (De Felice 1989). Anche chi scrive ha parlato di una doppiezza dello Stato come schema teorico utilizzabile per analizzare fenomeni come la legittimazione della violenza mafiosa e l'uso illegale della violenza da parte di apparati istituzionali o di soggetti ad essi legati, senza pero' farne una sorta di dogma interpretativo multiuso (Santino 1994, 1997b). In sintesi violenza e illegalita' sono state una risorsa a cui si e' fatto ricorso quando la normale dialettica non riusciva a governare il conflitto sociale o a controllare le dinamiche politiche. Si puo' parlare di criminalita' del potere, con riferimento a tutti quegli eventi che dimostrano che per salvaguardare un determinato assetto di potere, perpetuare l'egemonia di determinate forze politiche, garantire il rispetto dei limiti imposti dalla spartizione del mondo in grandi aree di influenza, non si e' esitato ad ideare ed eseguire atti criminosi, come le stragi, o a tollerane il compimento, depistando o insabbiando le indagini per accertare le responsabilita'. Con l'espressione produzione politica della mafia si possono intendere le varie forme con cui forze politiche e istituzioni "contribuiscono a sostenere e sviluppare la mafia, dall'assicurazione dell'impunita' per i fatti delittuosi alle attivita' collegate con il funzionamento delle istituzioni stesse e con l'uso del denaro pubblico. Tali forme possono arrivare fino a configurare un'istituzionalizzazione formale o sostanziale della mafia (criminocrazia) e/o la mafiosizzazione delle istituzioni" (Santino 1994). Questo non significa che tutto e' mafia, ma che si sono realizzate forme di privatizzazione-clandestinizzazione-criminalizzazione delle attivita' politiche, configurabili come una sorta di forma-mafia, che ha visto soggetti come i gruppi neofascisti, legati a uomini di potere, i servizi segreti, le logge massoniche in cui figuravano vertici delle istituzioni, mettere in atto eventi criminosi che niente avevano a vedere con l'uso legittimo del monopolio della forza. Per quanto riguarda piu' precisamente il rapporto con la mafia, la legittimazione della violenza con la garanzia dell'impunita' ha comportato una demonopolizzazione, cioe' una rinuncia al monopolio della forza, elemento costitutivo della moderna forma-Stato (Bobbio 1976). Lo Stato ha recuperato il monopolio della forza per tamponare un'escalation di violenza che tracimava oltre i limiti consentiti, come nel caso della strage di Ciaculli (1963), in cui caddero sette uomini delle forze dell'ordine, dei delitti e delle stragi che hanno colpito personaggi come Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino (sono questi i delitti che hanno scatenato rilevanti effetti boomerang). E questo recupero e' stato effettuato in una logica piu' emergenziale che strategica. Questo e' stato il limite di fondo delle politiche criminali del nostro Paese. Anche per quanto riguarda piu' propriamente il terreno politico, cioe' delle competizioni elettorali e della selezione delle rappresentanze, non si andati al di la' dell'elaborazione di fattispecie inadeguate e parziali, come quella che prevede lo scambio elettorale politico-mafioso, limitato alla compravendita di voti, attraverso lo scambio tra somme di denaro e la promessa di voti (legge 7 agosto 1992 n. 356, art. 11 ter). La formulazione iniziale era piu' ampia e piu' rispondente alla realta', prevedendo l'acquisizione di concessioni, autorizzazioni, appalti ecc., ma e' stata ristretta tanto da ridurne, se non cancellarne, l'efficacia. La responsabilita' politica, di cui parlava la relazione della Commissione antimafia del 1993, approvata in pieno clima di emergenza, che dovrebbe concretarsi in un giudizio di incompatibilita' con l'esercizio di una funzione pubblica per le persone responsabili di fatti non necessariamente definibili come reati ma pur sempre gravi, e' rimasta sulla carta e negli ultimi anni si e' assistito a un fatto inedito nella storia dell'Italia repubblicana: la candidatura e l'elezione di personaggi sotto processo per mafia, accompagnate da attacchi di inusitata violenza alla magistratura, responsabile di perseguire uomini di potere, in nome dell'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Un'altra forma di legalizzazione dell'illegalita' che si aggiunge alle leggi a tutela di interessi personali e a salvaguardia dell'impunita' di personaggi che si sono dati alla politica per sfuggire ai loro problemi giudiziari e che un elettorato non molto dotato di senso civico premia con valanghe di voti, anche come effetto di un sistema maggioritario che cancella e mortifica le minoranze. In questo clima i processi ai politici e ai rappresentanti delle istituzioni incriminati per i loro legami con la mafia (da alcuni politici locali ad Andreotti, il cui processo si e' concluso con un esito bifronte) hanno avuto risultati impari rispetto a quelli che riguardano l'ala militare, l'accertamento della verita' sulle stragi segna il passo e l'intreccio tra il potere del crimine e la criminalita' del potere vive una stagione di cui non si vede la conclusione. * Riferimenti bibliografici - Bobbio Norberto, voce Politica, in Dizionario di Politica, diretto da N. Bobbio e N. Matteucci, Utet, Torino 1976, pp. 728-737. - Commissione parlamentare antimafia, Relazione conclusiva (Carraro), Relazione di minoranza (La Torre e altri), VI legislatura, Doc. XXIII, n. 2, Tipografia del Senato, Roma 1976. - Commissione parlamentare antimafia, Relazione su mafia e politica, Roma 1993, in Mafia e politica, Laterza, Roma-Bari 1993. - De Felice Franco, Doppia lealta' e doppio Stato, in "Studi storici", n. 3, 1989, pp. 493-563. - Falcone Giovanni, Interventi e proposte (1982-1992), Sansoni, Milano 1994. - Fraenkel Ernst, Il doppio Stato. Contributo alla teoria della dittatura, Einaudi, Torino 1983. - Lupo Salvatore, Storia della mafia dalle origini ai giorni nostri, Donzelli, Roma 1993. - Santino Umberto, L'omicidio mafioso, in G. Chinnici, U. Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, F. Angeli, Milano 1989, pp. 189-410; Mafia e maxiprocesso: dalla "supplenza" alla "crisi della giustizia", in AA. VV., Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, F. Angeli, Milano 1992, pp. 97-178; La mafia come soggetto politico, Centro Impastato, Palermo 1994; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997a; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997b. - Santino Umberto, La Fiura Giovanni, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, F. Angeli, Milano 1991. - Tribunale di Palermo, Ufficio istruzione, giudice Giovanni Falcone, Ordinanza-sentenza contro Abbate Giovanni + 162, Palermo 1987, vol. II, pp. 429 ss. - Weber Max, Economia e societa', vol. I, Edizioni di Comunita', Milano 1981. 3. RIFLESSIONE. LUCIANO BENINI: I PONTI DI ATENE [Ringraziamo Luciano Benini (per contatti: luciano.benini at tin.it) per questa testimonianza sul Forum sociale europeo svoltosi recentemente ad Atene. Luciano Benini, gia' presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione (Mir-Ifor), da sempre impegnato in molte attivita' e iniziative di pace e di solidarieta', e' una delle persone piu' prestigiose dei movimenti nonviolenti in Italia] L'impressione piu' forte, dopo tre giorni passati ad Atene al forum sociale europeo, e' stata quella della costruzione di ponti. Nelle nostre societa' c'e' quasi un muro di incomunicabilita' fra generazioni, i giovani stentano a parlare e a capire gli anziani e viceversa. Al forum sociale 50.000 persone, dai 18 agli 80 anni, dialogavano, parlavano (in quasi tutte le lingue europee), discutevano, riflettevano. Ho visto tantissimi giovani prendere appunti nelle centinaia di seminari sull'energia o sulla guerra, sull'economia solidale o sui diritti dei popoli oppressi, sull'immigrazione o sui beni comuni dell'umanita', sulla globalizzazione o sul ruolo delle religioni nei movimenti per la giustizia sociale. Un altro ponte costruito e' stato quello fra i movimenti della sinistra politica e i credenti delle varie religioni. Quando si discute dei grandi problemi del nostro tempo non c'e' piu' quella separazione cosi' viva nella societa' di tutti i giorni, separazione storica ed ideologica: quando l'unica cosa che conta e' cercare piste credibili per il futuro dell'umanita', se la ricerca e' sincera e disinteressata ed animata da un comune sentire nei valori eterni dell'essere umano, allora cade ogni muro di divisione. Altro muro caduto e' quello fra le religioni. Altro che scontro di civilta'. Ad Atene ho visto musulmani e rabbini ebrei abbracciarsi, discutere sul futuro comune dell'umanita', condannare insieme guerre e terrorismi. In un bellissimo incontro ho ascoltato un vescovo ortodosso greco, un sufi musulmano, un rabbino ebreo. Un altro mondo e' davvero possibile, se riusciremo a prendere le decisioni che contano non subendo la volonta' di chi vuole lo scontro fra civilta', a tutto vantaggio dei propri loschi interessi. Una nuova umanita' puo' sorgere se le piste aperte a Seattle e a Porto Alegre, a Firenze e ad Atene, prevarranno rispetto alle politiche di piccolo cabotaggio dei governi. Ha ragione Susan Gorge, presente ad Atene assieme a tanti rappresentati del migliore pensiero economico e sociale mondiale, quando dice che quello nato a Seattle e sviluppatosi negli anni seguenti e' la piu' bella speranza che e' sorta nel XX secolo. A noi di non farla morire. 4. LE TRISTEZZE E LE TRISTIZIE DI PROTERVO VILLANZONI: SINTOMI NECROTICI Quando tutta la lotta politica si concentra sulle vicende parlamentari, sull'occupazione delle cariche istituzionali, sull'accaparramento e lo sfruttamento degli incarichi di governo, la democrazia e' gia' morta. 5. LETTURE. FRANCESCA TUSCANO, DANIELA MARGHERITI: I DIRITTI DEI BAMBINI Francesca Tuscano, Daniela Margheriti, I diritti dei bambini, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005, pp. 100, euro 8. Muovendo dal testo della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia approvata dall'assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 (integralmente riportata nel volume) le due autrici propongono una piece teatrale e una suite di filastrocche che ne illustrano i contenuti. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1303 del 22 maggio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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