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La nonviolenza e' in cammino. 1302
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1302
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 21 May 2006 00:23:35 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1302 del 21 maggio 2006 Sommario di questo numero: 1. Il 2 giugno della Costituzione e della pace 2. Riccardo Troisi: Un mese di iniziative della campagna Control Arms 3. Umberto Santino: Voci per un dizionario antimafia: la strage di Portella della Ginestra 4. Giuliana Sgrena: Le donne di Palestina davanti ad Hamas 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento 6. Per saperne di piu' 1. APPELLI. IL 2 GIUGNO DELLA COSTITUZIONE E DELLA PACE [Presentiamo nuovamente - aggiungendo le ulteriori adesioni pervenute - l'appello per il 2 giugno festa della Costituzione, senza l'abusiva parata militare, scritto da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) e sottoscritto gia' da numerose persone; invitiamo tutte le persone che ci leggono ad aderire all'iniziativa e a diffonderla ulteriormente. Segnaliamo che anche altre persone, associazioni e comitati in queste ultime ore hanno promosso appelli affinche' il 2 giugno non abbia luogo l'oscena esibizione degli apparati e degli strumenti di guerra] Signor Presidente della Repubblica, insieme ai nostri vivi auguri per il Suo alto compito, Le rivolgiamo una calda richiesta, che viene dal popolo della pace, di festeggiare il prossimo 2 giugno come vera festa della Costituzione, come festa del voto popolare che ha voluto la Repubblica e eletto la Costituente, e niente affatto come festa militare. Ammessa, per amore di dialogo, e non concessa la necessita' dell'esercito - che noi come tale discutiamo (tra esercito e polizia democratica la differenza e' essenziale, come tra la violenza e la forza, la forza omicida e la forza non omicida) - esso non e' assolutamente il simbolo piu' bello e vero della patria, non e' l'esibizione giusta per il giorno della festa della Repubblica: nell'ipotesi piu' benevola, e' soltanto una triste necessita'. La parata militare e' brutta tristezza e non e' festa. La parata delle armi non festeggia la vita e le istituzioni civili del popolo, non dimostra amicizia verso gli altri popoli, non e' saggezza politica. Non e' neppure un vero rispetto per chi, sotto le armi, ha perso la vita. Rispettando le diverse opinioni, e' un fatto inoppugnabile che l'esercito non ha avuto alcuna parte nell'evento storico del 2 giugno 1946, quando unico protagonista e' stato il popolo sovrano e l'azione democratica disarmata: il voto. Nella festa del 2 giugno l'esercito e' fuori luogo, occupa un posto che non e' suo. * Primi firmatari: Enrico Peyretti, Lidia Menapace, Anna Bravo, Giancarla Codrignani, Angela Dogliotti Marasso, Alberto L'Abate, Marco Revelli, Luigi Sonnenfeld, Gianguido Crovetti, Michela Vitturi, Patrizia Rossi, Alessandra Valle, Gennaro Varriale, Clara Reina, Enzo Arighi, Fabio Ragaini, Pasquale Pugliese, Nella Ginatempo, Stefano Longagnani, Martina Pignatti Morano, Ilaria Giglioli, Francesca Vidotto, Simone D'Alessandro, Carlo Corbellari, Franca Maria Bagnoli, Mario Signorelli, Lucia Ceccato, Nandino Capovilla, Maria G. Di Rienzo, Carlo Minnaja, Melo Franchina, Carmine Miccoli, Doriana Goracci, Mariagrazia Campari, Stefano Dall'Agata, Enea Sansi, Alfredo Izeta, Claudia Cernigoi, Michele de Pasquale, Antonio Sorrentino, Aldo e Brunella Zanchetta, Roberto Fogagnoli, Franco Borghi, Enza Longo, Annalisa Frisina, Alessandro Cicutto, Marcella Bravetti, Giuliana Beltrame, Giuliano Cora', Mariangela Casalucci, Mao Valpiana, Margherita Del Bene, Sergio Giorni, Claudia Marulo, Dario Cangelli, Carlo Ferraris, Danila Baldo, Gino Buratti, Marco Tarantini, Elisabetta Donini, Francesco Cappello, Donato Zoppo, Antonella Sapio, Franca Franchini, Franco Franchini, Francesco D'Antonio, Maurizio Campisi, Letizia Lanza, Adriana Mascoli, Francesco Boriosi, Agostino Regnicoli, Assunta Signorelli, Maria Edoarda Trillo', Giovanni Sarubbi, Angela Lostia, Antonia Sani, Lidia Maggi, Renzo Craighero, Antonio Campo, Franco Bardasi, Giancarlo Nonis, Maria Laura Massai, Piergiorgio Acquistapace, Maria Teresa Pellegrini Raho, Tiziano Tissino, Antonio Dargenio, Mirella Sartori, Pierpaolo Loi, Sergio Vergallito, Alessandra De Michele, Luisa Gissi, Margherita Moles, Bortolo Domenighini, Norma Bertullacelli, Giuseppe Pavan e Carla Galetto, Giorgio Grimaldi, Giovanni Santoruvo, Paolo Rosa', Sashinka Gorguinpour, Alidina Marchettini, Luca Bolognesi, Edoardo Daneo, Patrizia Parodi, Antonio Bianciardi, Francesco Pavanello, Riccardo Borgioli, Leila d'Angelo, Alberto Procaccini, Giorgio Gallo, Giuseppina Catalano, Pasquale Iannamorelli, Maria Rosaria Mariniello, Luigi Pirelli, Osvaldo Ercoli, Rodolfo Carpigo, Pierluigi Ontanetti, Bruno Fini, Marco A. Lion, Anna Maria Bruzzone, Massimo Dalla Giovanna, Bruno (Alberto) Simoni, Fabio Corazzina, Sofia Del Curto, Sandra Cangemi, Giuseppe Reitano, Katia Bouc, Lucilla Mancini, Giuliana Cupi, Tommaso Gamaleri, Alberta Pongiglione, Alessandro Gamaleri, Daniele Dalmazzo, Daniela Musumeci, Claudia Berton, Cristiano Rodighiero, Francesca Mele, Massimiliano Carra, Luciano Ghirardello, Irene Campari, Gianluca Carmosino, Evelina Savini, Maria Pia Simonetti, Giuliano Falco, Laura Picchi, Andrea Picchi, Marcella Fasciolo, Carlo Olivieri, Gabriele Aquilina e Elena Dall'Acqua, Carlo Schenone, Silvano Tartarini, Maria Stella Ruffini, Maurizio Berni, Agnese Manca, Elisabetta Badessi, Francesco Fiordaliso, Vito Correddu, Pierangelo Monti, Annamaria Rivera, Antonino Drago, Gianfranco Laccone, Michele Stragapede, Giacomo Grasso, Floriana Lipparini, Chiara Cavallaro, Albino Bizzotto, Marcello Storgato, Fabrizio Canaccini, Marta Giraudo, Flavia Neri, Giusi Lauro, Paola Bientinesi, Andrea Maggi, Marco Giubbani, Lucia Salemi, Marco Mamone Capria, Alberto Trevisan, Tiziana Bonora, Roberto Varone, Maria Luisa Paroni, Chiara Pedersoli, Eugenio Lenardon, Paola Vallatta, Davide Ballardini, Rosa Graziuso, Eleonora Parlanti, Antonio Ariberti, Simone Mantia, Francesca Vecera, Osvaldo Dino del Savio, Barbara Todaro, Costanza Vecera, Augusta De Piero, Renato Mirabile, Elena Malan, Ronal Mirabile, Dina Losi, Michele Gramazio, Franco Verderi, Giuseppe Gonella, Silvia Trombetta, Luca Giusti, Gigi Perrone, Silvia Vienni, Piero Coltelli, Margherita Granero, Roberta Ronchi, Ezio Bertaina, Rosaria Lombardi, Anna Culpo e Andrea Piazza, Andrea Montagner, Roberto Vignoli, Marneo Serenelli, Giuliano Pontara, Sara Michieletto, Elvio Arancio, Luisa Mondo, Carla Capella, Daniele Biagiotti, Attilio Aleotti, Gianpaolo D'Errico, Silva Falaschi, Antonio Versari, Daniele Vasta, Cristina Ferrando, Daniele Todesco, Renato Solmi, Alfredo Panerai, Giovanni Pellegrini Raho, Tarcisio Alessandrini, Francesco Lo Cascio, Pio Russo Krauss, Alberto Marcone, Tommasina Squadrito, Lucia Russo, Tiziano Cardosi, Maria Perino, Stefano De Guido, Vincenzo Dipierro, Fabiola Campillo, Guy Fontanella, Teresa Maria Sorrentino, Sante Gorini, Daniela Giammarco, Pina Garau, Roberta Consilvio, Gaetano Pascoletti, Isabella Sardella Bergamini, Carla Pellegrini Raho, Anna Maria Livierato, Franco Capelli, Beatrice Dolci, Giovanni Zardi, Maurizio Peresani, Donatella Cortellini, Mauro Venturini, Marisa Mantovani, Guido Cristini, Sergio Mandolesi, Cinzia Abramo, Simona Venturoli, Francesca Ortali, Simona Morello, Silvia Munari, Paolo Bertagnolli, Carla Guerra e Massimo Zesi, Carmine Ferrara, Maria Amalia Girardi, Antonio Giuffre', Dario Scarpati, Claudia Tessaro, Illia Martellini, Roberto Guelpa, Alessandro Pesci, Roberto Saba, Micol Dell'Oro, Gisella Bordet, Stefano Montani, Maria Pia Cortellessa, Giuliano Spinelli, Giovanni Mandorino, Antonio Peratoner, Susanna Neuhold, Alfredo Panerai, Stefano Mazzucco, Alessio Di Florio, Caterina Lusuardi, Graciela De La Vega, Giacomo Alessandroni, Mauro Migliazzi, Daniela Este, Davide Morano, Luca Paseri, Roberto Benvenuti, Renato Moschetti, Romano Martinis, Francesco Aroldi, Daniela Occelli, Modesta Colosso, Elena Cianci, Giorgio Beretta, Alessandra Principini, Silvia Giamberini, Luca Agnelli e Samuela Bozzoni, Claudio Dalla Mura, Elio Rindone, Giuliana Bertola Maero, Annamaria Pistoia, Paolo Brentegani, Manuel Marabese, Norma Bertullacelli, Laura Caradonna, Giovanni Russotto, Paolo Vitali, Tilde Giorgi, Andrea Maffei, Marino Renda, Daniele Oian, Pino Ficarelli, Cosimo Magnelli, Antonio Mancini, Fiorella Rambaudi, Cesira Lupo, Claudia Berlucchi, Fabrizio Bianchi... * Per aderire all'iniziativa: scrivere lettere recanti il testo dell'appello al Presidente della Repubblica (all'indirizzo di posta elettronica: presidenza.repubblica at quirinale.it, ricordando che si deve firmare con il proprio nome, cognome e indirizzo completo, altrimenti le lettere non vengono prese in considerazione), e comunicare a "La nonviolenza e' in cammino" (e-mail: nbawac at tin.it) di avere scritto al Presidente. 2. INIZIATIVE. RICCARDO TROISI: UN MESE DI INIZIATIVE DELLA CAMPAGNA CONTROL ARMS [Ringraziamo Riccardo Troisi (per contatti: riccardotroisi at tin.it) per questo intervento. Riccardo Troisi e' impegnato nella rete italiana per il disarmo, nella campagna "Control Arms", nella rete Lilliput e in molte altre iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza] La Campagna Control Arms sta preparando un mese di iniziative a partire dalla Settimana mondiale d'azione contro le armi leggere, il 22-29 maggio 2006, fino ad arrivare alla fatidica tappa di fine giugno quando a New York avra' luogo la piu' importante delle conferenze globali di revisione dei controlli sulle armi leggere degli ultimi cinque anni. Questa conferenza dell'Onu rappresenta un'opportunita' unica per i governi per convenire su principi globali che regolino i trasferimenti internazionali di armi, al fine di evitare che le armi siano causa delle terrificanti guerre silenziose che fanno centinaia di migliaia di morti ogni anno e cadano nelle mani di coloro che compiono ogni giorno crimini di guerra o violazioni di diritti umani. Se si riuscira' ad ottenere questa convergenza questo potrebbe rappresentare un passo fondamentale verso un trattato, che spianera' la strada ai negoziati che inizieranno in ottobre in occasione della riunione della prima commissione dell'Assemblea generale dell'Onu: cinquanta Stati hanno gia' espresso pubblicamente il proprio sostegno all'Att e il loro numero e' in crescita. Il nostro precedente governo non aveva espresso una posizione ufficiale ma ci auguriamo che in queste settimane il nuovo governo si pronunci positivamente a sostegno del Trattato. Il 31 maggio consegneremo ufficialmente al nuovo governo i primi 40.000 volti della "fotopetizione" raccolti in Italia, e ci auguriamo che una risposta positiva sia comunicata per quella data. Dall'inizio della campagna sono stati raccolti quasi un milione di volti in 160 paesi che saranno esposti nei giorni della conferenza (26 giugno - 7 luglio) per esprimere e rappresentare anche visivamente il forte dissenso sulle attuali politiche di regolamentazione del commercio delle armi. L'Italia ha grosse responsabilita' nel bussines delle armi, per cui speriamo che siano molte le persone nei prossimi giorni a "metterci la faccia" contro questo mercato di morte. Per informazioni: www.disarmo.org 3. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: VOCI PER UN DIZIONARIO ANTIMAFIA: LA STRAGE DI PORTELLA DELLA GINESTRA [Dal sito del Centro Impastato (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it) riprendiamo il seguente testo pubblicato su "Narcomafie", n. 6, giugno 2005. Umberto Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su questo stesso foglio nei nn. 931-934] Nel pianoro a meta' strada tra i comuni di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, in provincia di Palermo, la festa del primo maggio 1947, a cui partecipavano migliaia di persone, fu interrotta da una sparatoria che, secondo le fonti ufficiali, causo' 11 morti e 27 feriti. Successivamente, per le ferite riportate, ci furono altri morti e il numero dei feriti varia da 33 a 65. I contadini dei paesi vicini erano soliti radunarsi a Portella della Ginestra per la festa del lavoro gia' ai tempi dei Fasci siciliani, per iniziativa del medico e dirigente contadino Nicola Barbato, che era solito parlare alla folla da un podio naturale che fu in seguito denominato "sasso di Barbato". La tradizione venne interrotta durante il fascismo e ripresa dopo la caduta della dittatura. Nel 1947 non si festeggiava solo il primo maggio ma pure la vittoria dei partiti di sinistra raccolti nel Blocco del popolo nelle prime elezioni regionali svoltesi il 20 aprile. Sull'onda della mobilitazione contadina che si era andata sviluppando in quegli anni le sinistre avevano ottenuto un successo significativo, ribaltando il risultato delle elezioni per l'Assemblea costituente. La Democrazia cristiana era scesa dal 33,62% al 20,52%, mentre le sinistre avevano avuto il 29,13% (alle elezioni precedenti il Psi aveva avuto il 12,25% e il Pci il 7,91%). La campagna elettorale era stata abbastanza animata, non erano mancate le minacce e la violenza mafiosa aveva continuato a mietere vittime. Il 1947 era cominciato con l'assassinio del dirigente comunista e del movimento contadino Accursio Miraglia (4 gennaio) e il 17 gennaio era stato ucciso il militante comunista Pietro Macchiarella; lo stesso giorno i mafiosi avevano sparato all'interno del Cantiere navale di Palermo. Alla fine di un comizio il capomafia di Piana Salvatore Celeste aveva gridato: "Voi mi conoscete! Chi votera' per il Blocco del popolo non avra' ne' padre ne' madre" e la stessa mattina del primo maggio a San Giuseppe Jato la moglie di un "qualunquista truffatore" - come si legge in un servizio del quotidiano "La Voce della Sicilia" - aveva avvertito le donne che si recavano a Portella: "Stamattina vi finira' male" e a Piana un mafioso non aveva esitato a minacciare i manifestanti: "Ah si', festeggiate il primo maggio, ma vedrete stasera che festa!" (in Santino 1997, p. 150). Eppure nessuno si aspettava che si arrivasse a sparare sulla folla inerme, ormai lontana la memoria dei Fasci siciliani e dei massacri successivi. * Prima i mafiosi e i partiti conservatori poi solo i banditi La matrice della strage appare subito chiara: la voce popolare parla dei proprietari terrieri, dei mafiosi e degli esponenti dei partiti conservatori e i nomi sono sulla bocca di tutti: i Terrana, gli Zito, i Brusca, i Romano, i Troia, i Riolo-Matranga, i Celeste, l'avvocato Bellavista che durante la campagna elettorale aveva tuonato contro le forze di sinistra e a difesa degli agrari. I carabinieri telegrafano: "Vuolsi trattarsi organizzazione mandanti piu' centri appoggiati maffia at sfondo politico con assoldamento fuori legge"; "Azione terroristica devesi attribuire elementi reazionari in combutta con mafia" (ivi, p. 153). Vengono fermate 74 persone tra cui figurano mafiosi notori. All'Assemblea costituente il giorno dopo la strage Girolamo Li Causi, segretario regionale comunista, lancia la sua accusa: dopo il 20 aprile c'e' stata una campagna di provocazioni politiche e di intimidazioni, durante la strage il maresciallo dei carabinieri si intratteneva con i mafiosi e tra gli sparatori c'erano monarchici e qualunquisti. Viene interrotto da esponenti dei qualunquisti e della destra e il ministro degli interni Mario Scelba dichiara che non c'e' un "movente politico", si tratta solo di un "fatto di delinquenza" (ivi, p. 155). Scelba ritorna sull'argomento in un'intervista del 9 maggio: "Trattasi di un episodio fortunatamente circoscritto, maturato in una zona fortunatamente ristretta le cui condizioni sono assolutamente singolari" (ivi, p. 159). Nel frattempo i fermati vengono rilasciati e si afferma la pista che porta alla banda Giuliano, il cui nome viene fatto dall'Ispettore di Pubblica Sicurezza Ettore Messana, lo stesso che l'8 ottobre 1919 aveva ordinato il massacro di Riesi (15 morti e 50 feriti) e che ora Li Causi addita come colui che dirige il "banditismo politico". La banda Giuliano sara' pure indicata come responsabile degli attentati del 22 giugno in vari centri della Sicilia occidentale, con morti e feriti. L'inchiesta giudiziaria si concentra sui banditi e procede con indagini frettolose e superficiali: non si fanno le autopsie sui corpi delle vittime e le perizie balistiche per accertare il tipo di armi usate per sparare sulla folla. Il 17 ottobre 1948 la sezione istruttoria della Corte d'appello di Palermo rinvia a giudizio Salvatore Giuliano e gli altri componenti della banda. La Corte di Cassazione, per legittima suspicione, decide la competenza della Corte d'assise di Viterbo, dove il dibattimento avra' inizio il 12 giugno 1950 e si concludera' il 3 maggio 1952, con la condanna all'ergastolo di 12 imputati (Giuliano era stato assassinato il 5 luglio del 1950). Nella sentenza, a proposito della ricerca della causale, si sostiene che Giuliano compiendo la strage e gli attentati successivi ha voluto combattere i comunisti e si richiama la tesi degli avvocati difensori secondo cui la banda Giuliano aveva operato come "un plotone di polizia", supplendo in tal modo alla "carenza dello Stato che in quel momento si noto' in Sicilia" (ivi, pp. 191 s). Cioe': la violenza banditesca era stata impiegata come risorsa di una strategia politica volta a colpire le forze che si battevano contro un determinato sistema di potere. Restava tra le righe che le "carenze dello Stato" erano da attribuire all'azione della coalizione antifascista allora al governo del Paese. La sentenza di Viterbo non toccava il problema dei mandanti della strage e dell'offensiva contro il movimento contadino e le forze di sinistra, affermando esplicitamente che la causa doveva essere ricercata altrove. Contro la sentenza fu proposto appello e il processo di secondo grado si svolse presso la Corte d'assise d'appello di Roma (nel frattempo molti degli imputati, tra cui Gaspare Pisciotta, erano morti). La sentenza del 10 agosto 1956 confermava alcune condanne, riducendo la pena, e assolveva altri imputati per insufficienza di prove. Con sentenza del 14 maggio 1960 la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso del pubblico ministero e cosi' la sentenza d'appello diventava definitiva. * Una strage per il centrismo Nella storia d'Italia il 1947 e' un anno di svolta e la strage di Portella ha avuto un ruolo nello stimolare e accelerare questa svolta, intrecciandosi con dinamiche che maturano a livello locale, nazionale e internazionale. Il 13 maggio si apre la crisi politica con le dimissioni del governo di coalizione antifascista presieduto da De Gasperi. Il 30 maggio a Roma e a Palermo si formano i nuovi governi: De Gasperi presiede un governo centrista con esclusione delle sinistre e alla Regione siciliana il democristiano Giuseppe Alessi presiede un governo minoritario appoggiato dai partiti conservatori, senza la partecipazione del Blocco del popolo, nonostante la vittoria alle elezioni del 20 aprile. Si apre cosi' una nuova fase della storia d'Italia, in cui le forze di sinistra saranno all'opposizione. La svolta si inserisce nella prospettiva aperta dagli accordi di Yalta che hanno codificato la divisione del pianeta in due grandi aree di influenza, con l'Italia dentro lo schieramento atlantico egemonizzato dagli Stati Uniti e la guerra fredda come strategia di contrasto e di contenimento del potere sovietico. Nel gennaio del '47 De Gasperi era andato negli Stati Uniti ma e' frutto di una visione semplificatrice pensare che abbia ricevuto l'ordine di sbaraccare le sinistre dal governo. In realta' la svolta del '47 e' figlia di un matrimonio consensuale in cui interessi locali, nazionali e internazionali coincidono perfettamente. Il messaggio contenuto nella strage e' stato pienamente recepito e da ora in poi a governare, accanto alla Democrazia cristiana che nelle elezioni del 18 aprile 1948 si afferma come partito di maggioranza relativa, dopo una campagna elettorale volta a esorcizzare il "pericolo rosso", saranno i partiti conservatori vanamente indicati come mandanti del massacro. In questo quadro la Chiesa cattolica ha un ruolo di primo piano. Il cardinale Ernesto Ruffini, a proposito della strage di Portella e degli attentati del 22 giugno, scrive che era "inevitabile la resistenza e la ribellione di fronte alle prepotenze, alle calunnie, ai sistemi sleali e alle teorie antiitaliane e anticristiane dei comunisti" (in Santino 2000, p. 180), plaude all'estromissione delle sinistre dal governo, ma la sua proposta di mettere i comunisti fuori legge, rivolta a De Gasperi e a Scelba, rimarra' inascoltata. I dirigenti democristiani sanno perfettamente che sarebbe la guerra civile. * Alla ricerca dei mandanti La verita' giudiziaria sulla strage si e' limitata agli esecutori individuati nei banditi della banda Giuliano. Nell'ottobre del 1951 Giuseppe Montalbano, ex sottosegretario, deputato regionale e dirigente comunista, presentava al Procuratore generale di Palermo una denuncia contro i monarchici Gianfranco Alliata, Tommaso Leone Marchesano e Giacomo Cusumano Geloso come mandanti della strage e contro l'ispettore Messana come correo. Il Procuratore e la sezione istruttoria del Tribunale di Palermo decidevano l'archiviazione. Successivamente i nomi dei mandanti circoleranno solo sulla stampa e nelle audizioni della Commissione parlamentare antimafia che comincia i suoi lavori nel 1963. Nel novembre del 1969 il figlio dell'appena defunto deputato Antonio Ramirez si presenta nello studio di Giuseppe Montalbano per recapitargli una lettera riservata del padre, datata 9 dicembre 1951. Nella lettera si dice che l'esponente monarchico Leone Marchesano aveva dato mandato a Giuliano di sparare a Portella, ma solo a scopo intimidatorio, che erano costantemente in contatto con Giuliano i monarchici Alliata e Cusumano Geloso, che quanto aveva detto, nel corso degli interrogatori, il bandito Pisciotta su di loro e su Bernardo Mattarella era vero, che Giuliano aveva avuto l'assicurazione che sarebbe stato amnistiato (in Santino 1997, p. 207). Montalbano presenta il documento alla Commissione antimafia nel marzo del 1970, la Commissione raccogliera' altre testimonianze e nel febbraio del 1972 approvera' all'unanimita' una relazione sui rapporti tra mafia e banditismo, accompagnata da 25 allegati, ma verranno secretati parecchi documenti raccolti durante il suo lavoro. La relazione a proposito della strage scriveva: "Le ragioni per le quali Giuliano ordino' la strage di Portella della Ginestra rimarranno a lungo, forse per sempre, avvolte nel mistero. Attribuire la responsabilita' diretta o morale a questo o a quel partito, a questa o quella personalita' politica non e' assolutamente possibile allo stato degli atti e dopo un'indagine lunga e approfondita come quella condotta dalla Commissione. Le personalita' monarchiche e democristiane chiamate in causa direttamente dai banditi risultano estranee ai fatti". Il relatore, il senatore Marzio Bernardinetti, addebitava i risultati deludenti alla mancata o scarsa collaborazione delle autorita': "Il lavoro, cui il comitato di indagine sui rapporti fra mafia e banditismo si e' sobbarcato in cosi' difficili condizioni, avrebbe approdato a ben altri risultati di certezza e di giudizio se tutte le autorita', che assolsero allora a quelli che ritennero essere i propri compiti, avessero fornito documentate informazioni e giustificazioni del proprio comportamento nonche' un responsabile contributo all'approfondimento delle cause che resero cosi' lungo e travagliato il fenomeno del banditismo" (in Testo integrale... 1973). Nel 1977, in pieno clima di "compromesso storico" tra Partito comunista e Democrazia cristiana, ben poco propizio alla ricerca della verita', il Centro siciliano di documentazione comincia la sua attivita' con un convegno nazionale dal titolo "Portella della Ginestra: una strage per il centrismo" in cui si ricostruisce il quadro in cui e' maturata la strage, considerata non come il prodotto di un disorientamento e di un vuoto politico (come sosteneva anche la storiografia di sinistra: Francesco Renda considerava l'uso della violenza come "repugnante delinquenza comune" e un "errore grossolano" che avrebbe portato all'isolamento dei proprietari terrieri: Renda 1976, p. 23) ma come "un atto di lucida, e ragionata, violenza volto a condizionare il quadro politico, regionale e nazionale" purtroppo coronato da successo (Centro siciliano di documentazione 1977; Santino 1997, pp. 8, 60). Successivamente ci sono state varie pubblicazioni, piu' meno documentate, sulla strage e sulla banda Giuliano (Galluzzo 1985, Magri' 1987, Barrese, D'Agostino 1997, Renda 2002) e l'interpretazione della strage di Portella come "strage di Stato" ha segnato buona parte dei lavori del convegno che si e' svolto nel maggio del 1997, nel cinquantesimo anniversario (Manali, a cura di, 1999; Santino ivi). Il convegno si concluse con la richiesta della desecratazione della documentazione raccolta dalla Commissione antimafia, pubblicata negli anni successivi in vari volumi (Commissione antimafia 1998-99). Nel frattempo la costituzione dell'Associazione "Non solo Portella", ad opera di familiari delle vittime, e l'attivita' di ricerca del suo presidente, lo storico Giuseppe Casarrubea, figlio di una delle vittime dell'attentato di Partinico del 22 giugno, hanno portato a significativi risultati (Casarrubea 1997, 1998, 2001). Anche sulla base di perizie effettuate sui corpi di alcuni superstiti si e' documentato che tra le armi utilizzate c'erano bombe-petardo di produzione americana; da testimonianze risulta che tra gli esecutori c'erano mafiosi e le ricerche sui materiali dell'archivio dell'Oss (Office of Strategic Services) e del Sis (Servizio Informazioni e Sicurezza) del ministero dell'Interno hanno prodotto ulteriore documentazione sul ruolo degli Stati Uniti (gia' documentato precedentemente: sugli incontri del bandito Giuliano con l'agente americano Michael Stern: Sansone, Ingrasci' 1950, pp. 143-150; sulla politica estera degli Stati Uniti, ricostruita attraverso documenti d'archivio: Faenza, Fini 1976) e rivelato i rapporti tra banditismo e formazioni neofasciste (Vasile 2004, 2005). Ricostruzioni recenti (La Bella, Mecarolo 2003) hanno contribuito ad arricchire il quadro della documentazione sul contesto, sono stati pubblicati significativi documenti degli archivi italiani e americani sui primi anni della Repubblica (Tranfaglia 2004) e un film (Segreti di Stato del regista Paolo Benvenuti, accompagnato da un volume: Baroni, Benvenuti 2003) ha riproposto il tema delle complicita' chiamando in causa vari soggetti, dai dirigenti della Democrazia cristiana alla X Mas di Junio Valerio Borghese, ai servizi segreti americani, al Vaticano, in un "gioco delle carte" non sempre convincente. Sulla base di nuove acquisizioni documentali nel dicembre 2004 i familiari delle vittime hanno chiesto la riapertura dell'inchiesta. Per Portella, come del resto per le altre stragi che hanno insanguinato l'Italia, la verita' e' ancora lontana. * Riferimenti bibliografici - Baroni Paola, Benvenuti Paolo, Segreti di Stato. Dai documenti al film, Fandango, Roma 2003. - Barrese Orazio, D'Agostino Giacinta, La guerra dei sette anni. Dossier sul bandito Giuliano, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997. - Casarrubea Giuseppe, Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato, F. Angeli, Milano 1997; Fra' Diavolo e il Governo nero. "Doppio Stato" e stragi nella Sicilia del dopoguerra, F. Angeli, Milano 1998; Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti, F. Angeli, Milano 2001. - Centro siciliano di documentazione, 1947-1977. Portella della Ginestra: una strage per il centrismo, Cooperativa editoriale Cento fiori, Palermo 1977. Una parte degli Atti del convegno fu pubblicata nel fascicolo Ricomposizione del blocco dominante, lotte contadine e politica delle sinistre in Sicilia (1943-1947), Cento fiori, Palermo 1977. - Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia, Pubblicazione degli atti riferibili alla strage di Portella della Ginestra, Roma 1998-99, Doc. XXIII, nn. 6, 22, 24. - Faenza Roberto, Fini Marco, Gli americani in Italia, Feltrinelli, Milano 1976. - Galluzzo Lucio, Meglio morto. Storia di Salvatore Giuliano, Flaccovio, Palermo 1985. - La Bella Angelo, Mecarolo Rosa, Portella della Ginestra. La strage che ha insanguinato la storia d'Italia, Teti Editore, Milano 2003. - Magri' Enzo, Salvatore Giuliano, Mondadori, Milano 1987. - Manali Pietro (a cura di), Portella della Ginestra 50 anni dopo (1947-1997), S. Sciascia editore, Caltanissetta-Roma 1999, con 2 volumi di Documenti, a cura di G. Casarrubea. - Renda Francesco, Il movimento contadino in Sicilia e la fine del blocco agrario nel Mezzogiorno, De Donato, Bari 1976; Salvatore Giuliano. Una biografia storica, Sellerio, Palermo 2002. - Sansone Vincenzo, Ingrasci' Giuseppe, Sei anni di banditismo in Sicilia, Le edizioni sociali, Milano 1950. - Santino Umberto, La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997; La strage di Portella, la democrazia bloccata e il doppio Stato, in P. Manali (a cura di), op. cit., pp. 347-375; Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma 2000. - Testo integrale della relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia, vol. II, Cooperativa Scrittori, Roma 1973, Relazione sui rapporti tra mafia e banditismo in Sicilia, pp. 983-1031. - Tranfaglia Nicola, Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani. 1943-1947, Bompiani, Milano 2004. - Vasile Vincenzo, Salvatore Giuliano, bandito a stelle e a strisce, Baldini Castoldi Delai, Milano 2004; Turiddu Giuliano, il bandito che sapeva troppo, con un saggio di Aldo Giannuli, l'Unita', Roma 2005. 4. PALESTINA. GIULIANA SGRENA: LE DONNE DI PALESTINA DAVANTI AD HAMAS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 maggio 2006 riprendiamo questo reportage da Ramallah. Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo, sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo liberatore Nicola Calipari. Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004; Fuoco amico, Feltrinelli, Milano 2005] Ragazze con jeans attillatissimi e camicette leggere passeggiano sottobraccio con amiche velate e avvolte in lunghi soprabiti sotto il caldo sole primaverile di Ramallah. Le contraddizioni non mancano ma sembrano convivere senza troppi contrasti. La citta', che fa funzioni di capitale finche' Gerusalemme est restera' sotto il tallone di Israele, e' considerata la piu' liberale della Palestina. E per questo, secondo i nuovi governanti di Hamas, deve essere reislamizzata. Non sara' facile cancellarne la vivacita' culturale e la laicita', per imporvi i costumi gia' in vigore a Gaza, o in citta' conservatrici come Hebron. Hamas e' al governo da poco piu' di un mese e per ora le imposizioni piu' traumatiche vengono dall'esterno: la decisione della comunita' internazionale di boicottare il goveno islamista. Che ha evidenti e drammatiche ripercussioni su tutta la popolazione, gia' debilitata dalla feroce occupazione e dalla frustrazione per il mancato avanzamento del processo di pace. Forse il boicottaggio sara' in parte aggirato attraverso la consegna degli aiuti al presidente Abu Mazen invece che al governo islamista, ma questa ipocrisia rafforza la frustrazione dei palestinesi, che si sentono privati di qualsiasi spazio di sovranita'. "Le elezioni sono state democratiche, trasparenti e quindi occorre rispettarle", sostiene Zahira Kamal, gia' ministra degli affari delle donne che con la vittoria di Hamas ha perso il suo incarico. Continua pero' a lavorare nello stesso palazzo: dal sesto piano e' scesa al primo, dove ha sede un centro di ricerca dell'Unesco che adesso dirige. E per Zahira Kamal, che ha lavorato e continua a lavorare per affermare i diritti delle donne, non dev'essere facile accettare un governo islamista che rischia di distruggere molto di cio' che le donne palestinesi stavano costruendo. Il boicottaggio internazionale raggiunge l'effetto opposto: rafforza gli islamisti di Hamas. "E' gia' successo durante la campagna elettorale: quando gli Stati Uniti hanno cominciato a dire di non votare Hamas, il sentimento antiamericano ha trovato un ulteriore modo per esprimersi", dice Mohammed, uno studente di Bir Zeit. * Un fenomeno interno palestinese "Il sentimento antiamericano si e' rafforzato tra la gente negli ultimi due-tre anni, dopo la guerra in Iraq", sostiene Jamil Hilal, un sociologo che vive a Ramallah dal 1995 e che fa parte dell'Istituzione palestinese per lo studio della democrazia. Jalil tuttavia considera Hamas piu' che altro un fenomeno interno palestinese alimentato dalla frustrazione per la mancanza di soluzioni dopo Oslo e dal fatto che Fatah non e' stata in grado di garantire un progresso, anche economico: "due palestinesi su tre vivono al di sotto del livello di poverta' con meno di due dollari al giorno" (e il costo della vita e' alto in Palestina, ndr), sostiene il sociologo. Se tutti i palestinesi che abbiamo incontrato, di diversi schieramenti dell'opposizione, compresa Fatah, sostengono che bisogna mettere Hamas alla prova del governo e vedere cosa e' in grado di fare, lo fanno anche perche' pensano che la compagine governativa guidata da Ismail Haniya non durera'; e che comunque, pur essendo un'emanazione dei Fratelli musulmani, l'organizzazione islamista non abbia davvero intenzione di imporre uno stato islamico. I leader di Hamas, dal canto loro, presentano diverse facce del movimento attraverso un doppio linguaggio: estremista per la piazza e moderato per le istituzioni. Quando incontriamo il presidente del parlamento Aziz Dweik, docente di geografia all'universita' di Nablus e membro di Hamas fin dalla sua fondazione nel 1987, nella sede istituzionale si mostra molto moderato ed estremamente ambiguo. Quando gli chiediamo come procederanno le riforme promesse all'elettorato ("riforme e cambiamento" era lo slogan elettorale di Hamas, che ha convinto molti palestinesi anche non islamisti) risponde: "Noi siamo arrivati al potere con elezioni democratiche e non faremo un colpo di stato, il nostro processo sara' graduale, attraverso le leggi accettate dalla societa'". Ma lo sguardo sembra piu' rivolto al cielo che alla terra. Il concetto di consenso cui si riferisce Dweik resta inafferrabile e potrebbe essere ottenuto come durante la campagna elettorale: "se non dai il voto a chi e' buono sarai punito da Dio" - dove naturalmente i buoni erano loro, e con queste minacce sono riusciti a convincere i piu' deboli (tra cui molte donne) mentre molti altri, cristiani compresi, hanno votato Hamas per protesta contro la corruzione di Fatah e le concessioni fatte dall'Olp nel processo di pace che non ha mai ottenuto risultati. Inoltre - sostiene la scrittrice Suad Amiri - Hamas ha sempre dipinto i laici come dei "senza dio" e nessuno della sinistra ha spiegato cosa voglia dire la separazione tra potere e religione. "Siamo l'unico paese arabo ad avere realizzato un sistema democratico", dicono i palestinesi con orgoglio: e sono stati ricambiati con l'isolamento. Se per gli analisti palestinesi il voto per Hamas e' ascrivibile piu' alla protesta che al sostegno ideologico, per Fatin Farhat, giovane direttrice del centro culturale Sakakin Center a Ramallah, la societa' palestinese e' diventata piu' conservatrice a causa dell'assedio israeliano e perche', dopo l'11 settembre, l'islam e' sotto attacco. "I palestinesi vengono identificati solo con l'islam e si sentono oppressi; anch'io pur essendo cristiana sento questa oppressione", dice Fatin. Tuttavia, come donna laica, si sente offesa dal risultato elettorale. Soprattutto perche' finora con il suo centro aveva organizzato molte iniziative culturali a Ramallah per promuovere la cultura palestinese e ora questa attivita' e' messa a rischio dal nuovo ministro della cultura. Atallah Abu al Sibah, un fondamentalista senza background culturale secondo Fatin, ha esordito minacciando censura contro un cinema troppo permissivo e chiedendo la segregazione dei sessi. Molti dei progetti realizzati dal centro Sakakin sono stati realizzati grazie ai finanziamenti internazionali e c'e' da sperare che non vengano bloccati dal divieto imposto dagli Stati Uniti alle banche di trasferire fondi in Palestina. * Sinistra penalizzata Le elezioni non hanno penalizzato solo Fatah ma anche la sinistra - presentatasi divisa in quattro liste - che pur denunciando la corruzione dell'Anp non ha saputo presentarsi come una vera alternativa e ha ottenuto complessivamente solo nove seggi in parlamento. "La sinistra si e' allontanata dalla gente", sostiene Elham Hamad, responsabile della formazione del Ministero degli affari delle donne. "Hamas ha fatto in questi anni il lavoro che negli anni Settanta e Ottanta facevano i partiti della sinistra, soprattutto il partito comunista, e che hanno abbandonato dopo la costituzione dell'Anp. Convinti che il compito di fornire servizi alla popolazione toccasse all'Anp, sono stati chiusi 700 asili costituiti dai comitati delle donne; anche l'Olp ha trasferito tutti i finanziamenti sul budget dell'Autorita' nazionale che ha coperto le spese delle strutture - ospedali e scuole, ma non asili - che prima erano forniti da Israele e per il resto i progetti si sono concentrati sui problemi della democrazia e di genere, mentre i servizi sono venuti a mancare e a fornirli e' stata Hamas". Elham ha votato la coalizione di sinistra Badil (di cui fanno parte il Fronte democratico e il Partito comunista) e per ora e' rimasta al suo posto. La nuova ministra di Hamas, Mariam Salih, ha detto che continueranno i progetti in corso. Almeno finche' ci saranno i soldi (si stanno terminando quelli del bilancio dello scorso anno) e finche' non confliggeranno con i principi da lei acquisiti durante i suoi studi sempre dedicati alla sharia. Certo il clima e' molto cambiato, dicono le diverse dirigenti che incontriamo. Ma ci sono diverse succursali del ministero degli affari delle donne, come quello di Betlemme, che non sono ancora state contattate. E la prima decisione presa dalla ministra e' stata quella di imporre il saluto islamico: il colloquiale "marhaba" dovra' essere sostituito da "al-salam aleikum", anche nella corrispondenza. Per il resto, nel primo incontro con le associazioni di donne, ha detto che difendera' il principio dell'uguaglianza di uomini e donne di fronte alla legge; peccato che la legge non sancisca affatto l'eguaglianza tra uomini e donne (soprattutto per quanto riguarda il codice della famiglia, che prevede: poligamia, tutela dei figli al padre in caso di divorzio, alle donne la meta' dell'eredita' rispetto ai maschi, mentre la testimonianza di una donna vale la meta' di quella di un uomo). Le varie associazioni di donne avevano preparato un progetto di legge per cambiare questo codice, peraltro sostenuto da Fatah e dallo stesso Arafat, ma ora con il nuovo governo e' meglio ritardarne la discussione, sostiene Siham Barghouti, presidente della Palestinian Federation of women action. Soprattutto dopo un incontro con il nuovo presidente del parlamento Aziz Dweik per verificarne le intenzioni. Lui tra sorrisi e battute, mentre offriva il te' con galanteria, ha garantito che la sharia non si tocca. Quindi la paura di una islamizzazione che hanno molte donne, anche se la costituzione ritiene la sharia solo "una delle fonti" di legge, non e' assolutamente infondata. "E le prime vittime saranno le donne, quindi per ora la nostra battaglia e' di cercare di salvaguardare i risultati positivi ottenuti", secondo Siham Barghouti. Se tutti gli oppositori del governo sono d'accordo sul lasciar governare Hamas, per evitare una nuova vittoria degli islamisti alle prossime elezioni (che tutti si augurano anticipate) occorre studiare una strategia. Nella sinistra molti temono che Fatah non si ponga il problema e cerchi di forzare i tempi, soprattutto dopo gli scontri che si sono verificati a Gaza. E comunque, "se Fatah torna a governare non cambiera' atteggiamento", prevede Jamil Hilal. A Fatah si pone poi un problema di leadership e di democrazia interna. Come sostiene Fadwa Barghouti, avvocata e moglie di Marwan Barghouti, rinchiuso nelle carceri israeliane e condannato a diversi ergastoli. Fadwa aggiunge il problema della democrazia interna a quelli della corruzione di Fatah, della incapacita' di garantire sicurezza e sviluppo ai palestinesi. Il motivo? "Per diciassette anni Fatah non ha tenuto un congresso, non c'e' stata nessuna elezione della leadership, la nuova generazione tra i 40 e i 50 anni e' stata tenuta fuori dalle decisioni e chi era attivo e' finito in galera". Ora cosa si puo' fare? chiediamo. "Fatah deve fare una opposizione costruttiva e deve fare il possibile perche' si arrivi al piu' presto a nuove elezioni: ma attraverso un processo democratico. E soprattutto prima deve espellere tutti i corrotti e organizzare il sesto congresso (che dovrebbe tenersi entro l'anno), come lo stava preparando Marwan: con incontri a livello di base che eleggevano i loro comitati". * La soluzione Barghouti Molti ritengono che la soluzione dell'impasse palestinese possa essere proprio Marwan Barghouti. Si parla di una pressione degli Usa perche' venga liberato e della possibilita' di uno scambio tra Marwan e Pollard, la spia israeliana detenuta negli Stati Uniti. Marwan accetterebbe questa possibilita'? "Sicuramente Fatah ha bisogno di Marwan per andare a nuove elezioni, lui e' un leader riconosciuto. E potrebbe essere liberato con un accordo perche' e' stato condannato per fatti che non ha commesso direttamente ma di cui e' stato ritenuto responsabile in quanto segretario generale di Fatah. Ma queste voci che vengono fatte circolare, su una possibile liberazione di Marwan grazie a uno scambio, servono solo a gettare cattiva luce su di lui, a farlo apparire come utilizzato dagli Usa in opposizione ad Hamas. Quindi, perche' possa essere accettabile, la liberazione di Marwan deve essere determinata dalla situazione politica della regione, che per ora mi sembra difficile", conclude Fadwa. In un albergo di Betlemme militanti di Fatah stanno contando le schede degli iscritti. In attesa del sesto Congresso comunque si cerca di tenere le posizioni nei vari ministeri, approfittando dell'incompetenza degli uomini di Hamas. Mentre in Palestina un confronto tra la prima e la seconda intifada porta molti sulla strada della nonviolenza - ci sono a Betlemme corsi di formazione a questa cultura, ai quali partecipano giovani di tutte le religioni - e la condanna degli attacchi suicidi e' diffusa, per molti le posizioni di Hamas rispetto a Israele sono un falso problema. Intanto perche' secondo loro il realismo degli islamisti li portera' ad accettare compromessi e anche perche', dicono in molti, se hanno partecipato alle elezioni e governano, vuol dire che di fatto hanno accettato gli accordi firmati dall'Olp. L'Anp e' una emanazione dell'Olp e mi mostrano come sull'edificio che ospita il ministero delle donne al primo posto compare l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, al secondo l'Autorita' nazionale e poi il ministero. Peccato che nel frattempo l'Olp sia stata di fatto congelata, sostiene Ahmed, militante comunista; e poi Hamas non ne fa parte. E quando sottolineiamo questo problema istituzionale con il presidente del Parlamento Aziz Dweik, lui non ha dubbi: "Adesso vogliono resuscitare l'Olp, che e' stata sepolta dieci anni fa. No, l'Olp ha fatto molti errori; forse e' stata un errore fin dall'inizio". 5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 6. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1302 del 21 maggio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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