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La nonviolenza e' in cammino. 1259
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1259
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 8 Apr 2006 00:09:09 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1259 dell'8 aprile 2006 Sommario di questo numero: 1. Giancarla Codrignani: Votare 2. Enrico Peyretti: Il senso delle parole 3. Maria G. Di Rienzo: Arrestata Medha Patkar 4. Paolo Valente: La testimonianza di Leonhard Dallasega 5. Bruno Forte racconta un ricordo di Agnes Heller 6. Cristina Bay presenta due scritti di Carla Lonzi 7. Franco Cassano presenta "Mediterraneo" a cura di Ferhat Horchani e Danilo Zolo 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. I COMPITI DELL'ORA. GIANCARLA CODRIGNANI: VOTARE [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per questo intervento. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005] Non e' facile mantenere il distacco in giorni come questi, mentre arrivano notizie di persone che, certamente fedeli a propri principi, dicono di non sentirsi sicuri che valga la pena andare a votare. Mi permetto di insistere: non perche' ci si debba accontentare di ripieghi e mediazioni al ribasso, ma perche' la realta' ha un suo senso e ci richiama al limite umano che e' contenuto nelle situazioni. Antigone e' ancora li', a richiamarci al rispetto delle leggi sui diritti umani che erano non scritti ai tempi di Sofocle e che abbiamo impiegato duemilacinquecento anni per scrivere nella carta dell'Onu neanche sessant'anni fa. Adesso occorre dare forza di legge a quei principi, cosi' come all'art. 11 della Costituzione italiana, che e' un principio a cui si debbono conformare le leggi. Per fare le leggi sono necessari i governi: nei paesi democratici e' il voto dei cittadini che fa i governi. Cinque anni fa una maggioranza relativa dei nostri concittadini ha votato non solo per un governo di centrodestra, ma per un aspirante al potere assoluto, che non ha mai detto come sia passato da grande debitore a super-ricco, che ha adeguato la sua linea di governo a proposte contenute nel "piano di rinascita" della P2, che vuole la giustizia serva dei suoi interessi, che ha devastato la Costituzione, ha mortificato scuola, sanita' e diritti e, per giunta, ha portato l'economia italiana al disastro e l'immagine del nostro paese al ludibrio internazionale. La democrazia non puo' ricorrere ai muscoli e non possiede bacchette magiche. E' fragile e la si difende solo con la consapevolezza di essere titolari di diritti, primo tra tutti quello del voto, la cui conquista risale a soli due secoli or sono ed e' stata pagata con lotte sanguinose. Poi la si sosterra' nel nuovo governo con la partecipazione democratica del confronto, dentro una societa' fortunatamente plurale, con chi non la pensa come noi, per non subire i colpi di coda dall'opposizione di chi oggi insulta chi non vota per lui e non vuole che il figlio del professionista sia uguale al figlio dell'operaio. Sara' probabilmente dura uscire dal pantano che ha gia' corrotto i costumi del nostro paese adeguandolo alla bassezza dei realities, alle illusioni del successo, alla competitivita' e al consumismo. Fatto salvo il rispetto dovuto per gli anarchici storici che contestano ogni forma di statualita', chi non va a votare deve chiedersi se e' disposto a rinunciare ai diritti suoi e degli altri, anche se non potra' vederli attuati tutti e subito. Forse qualcuno pensa che nella circostanza elettorale ci siano vie diverse dal voto che restino non solo democratiche ma anche nonviolente per opporsi all'ingiustizia e al malaffare? Se si va a votare, si potra' mantenere la liberta' di parola e di iniziativa critica, mentre la scelta di tirarsi fuori (in realta' di consegnarsi al giudizio di chi sara' maggioranza) non lo consentirebbe piu', quantomeno moralmente. 2. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: IL SENSO DELLE PAROLE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Abbiamo visto capovolgere il significato stesso delle parole: la guerra chiamata pace, la sopraffazione chiamata liberta', l'egoismo chiamato politica e persino amore civico. Abbiamo sentito, in campagna elettorale, sfoderare il turpiloquio per qualificare peggio che stupidi i cittadini che non usano il proprio privatissimo interesse come criterio principale e decisivo della politica: questo e' falsificare le idee, cosa peggiore dello spacciare moneta falsa. Che cosa sia la politica e' stato detto in modo insuperabile da un gruppo di ragazzi di montagna, col loro maestro: "Il problema degli altri e' uguale al mio. Sortirne [uscirne] tutti insieme e' la politica. Sortirne da soli e' l'avarizia [l'egoismo]" (1). Politica ed egoismo sono l'opposto l'una dell'altro. Confondere gli opposti nelle menti, insidiare gli spiriti, cavalcare il lato basso e i vizi dell'umanita', e' tradimento e corruzione pubblica. La neo-lingua orwelliana e' entrata nel discorso pubblico. Perduto nella falsificazione il senso delle parole, e' perduta la posizione eretta dell'uomo, i punti cardinali si incrociano sull'orizzonte, la vista che guida l'azione si obnubila, diventiamo ciechi guidati da ciechi, se intellettuali e voci pubbliche non rettificano i termini. La questione del colloquio sociale e' la questione del senso, pur nel rispetto delle differenze. Senza un senso comune non c'e' vita umana. Chiesero a Confucio, nell'ipotesi che il principe Wei gli affidasse il governo: "Che farai per prima cosa?". Rispose Confucio: "E' assolutamente necessario ridare ai nomi il loro vero significato" (2). * Note 1. Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 14. 2. Confucio, Dialoghi, libro VII, 305, in Opere, a cura di Fausto Tomassini, Tea Milano 1989, pp. 148-149. 3. MONDO. MARIA G. DI RIENZO: ARRESTATA MEDHA PATKAR [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Medha Patkar, intellettuale indiana impegnata nelle lotte nonviolente per i diritti umani e la difesa dell'ambiente, e' giustamente celebre per aver dato vita negli anni '80 al Narmada Bachao Andolan (Nba), il movimento che si oppone alla costruzione delle dighe sul fiume Narmada in India; la sua lotta nonviolenta - per cui e' stata anche arrestata molte volte - ha costretto la Banca Mondiale a ritirarsi dal finanziamento del progetto di Sardar Sarovar, una delle principali dighe sul Narmada, ed il mondo intero a prestare attenzione ai disastri umani ed ambientali causati da queste opere mastodontiche; nel 1991 Medha Patkar ha ricevuto il Goldmann Prize, un premio internazionale per chi si e' contraddistinto nella difesa dell'ambiente e dei diritti umani, e dal 1998 al 2000 e' anche stata una degli undici commissari dell'autorevole Commissione mondiale sulle dighe; attualmente e' una delle figure-simbolo del movimento new global e della nonviolenza in cammino (un piu' ampio profilo di Medha Patkar e' nel n. 455 di questo foglio)] Medha Patkar, l'organizzatrice chiave del Narmada Bachao Andolan (in sigla Nba, il movimento popolare che tenta di impedire la costruzione di una serie di dighe sul fiume indiano Narmada) e' stata arrestata ieri, 6 aprile, all'ottavo giorno di sciopero della fame, mentre partecipava ad un raduno di protesta nella zona di Jantar Mantar. Gli attivisti dell'Nba stanno tentando di attirare l'attenzione sugli effetti dell'ulteriore innalzamento della diga Sardar Sarovan, che dovrebbe essere portata da 110,64 metri a 121,92: il che comporterebbe la distruzione ulteriore di circa 220 villaggi e la violazione di un'ordinanza della Corte Suprema che stabilisce come nessun innalzamento possa essere operato se prima i governi delle regioni interessate non abbiano provveduto a trovare nuova sistemazione ai profughi. Medha Patkar ha iniziato lo sciopero della fame il 29 marzo, decisa a portarlo avanti ad oltranza sino a che non otterra' una risposta dai governi regionali. La polizia, che sostiene di averla arrestata per "tentato suicidio", ha fatto irruzione fra i manifestanti pacificamente seduti verso mezzanotte, malmenandone alcuni, ed ha prelevato di forza la donna, che indebolita dal digiuno giaceva a terra su un letto improvvisato. Contro la sua volonta', Medha e' stata trasportata dapprima all'ospedale Ram Manohar Lohia, e successivamente all'All India Institute of Medical Sciences (Aiims). I medici che l'hanno esaminata dicono che le sue condizioni sono critiche, e che nelle prossime 48 ore potrebbero peggiorare. Con lei sono stati arrestati e trasferiti in ospedale altri due attivisti dell'Nba, Jamsingh Nargave e Bhagwati Patidar, che si erano da poco uniti al digiuno. * La stampa indiana era ieri piena di espressioni di "preoccupazione" di varie personalita', da Sonia Gandhi al primo ministro Manmohan Singh, che attestavano anche la propria fiducia sul fatto che un accordo potra' essere trovato. Ma dopo un mese di proteste, e gli otto giorni di digiuno di Medha, nessun segnale positivo e' venuto ne' dai governi regionali ne' da quello nazionale, mentre la zona di Jantar Mantar e' stata riempita di truppe antisommossa. Medha aveva rifiutato nei giorni scorsi di sospendere lo sciopero della fame su richiesta di Manmohan Singh, che le aveva assicurato la creazione di una commissione sull'innalzamento della diga, perche' questo non avrebbe sanato la violazione dell'ordinanza della Corte suprema, la quale stabilisce che le famiglie costrette a spostarsi devono ricevere nuovi insediamenti sei mesi prima dell'inizio dei lavori. Tale inizio era programmato per l'8 marzo scorso: giorno in cui 24.000 persone di 177 villaggi seppero del progetto dell'innalzamento della diga per la prima volta. Mentre scrivo, e' ancora impossibile raggiungere Medha Paktar: l'ospedale dell'Aiims ha fatto sgomberare i giornalisti dalla sua area. L'Nba ha fatto sapere che i suoi membri, lei compresa, continueranno il digiuno ad oltranza. 4. MEMORIA. PAOLO VALENTE: LA TESTIMONIANZA DI LEONHARD DALLASEGA [Ringraziamo Paolo Valente (per contatti: valente.paolo at virgilio.it) per questo intervento. Paolo Valente, giornalista, saggista, scrittore, e' nato nel 1966 a Merano dove vive; gia' direttore responsabile del settimanale altoatesino "Il Segno", ha svolto numerose ricerche sulla storia locale, portandone in luce aspetti nascosti o rimossi. ha scritto di lui Ettore Masina: "Uomo di frontiera, vive la sua 'altoatesinita'' o 'sudtirolesita'' come una opportunita' offertagli dal destino per rintracciare le difficili storie di due ceppi culturali di cui gli uomini e le donne di buona volonta' hanno condiviso, spesso senza rendersene conto, la stessa miseria e le stesse speranze di riscatto. Degli scontri e degli incontri in cui si intrecciano le loro sorti, lo storico-giornalista Valente si fa testimone attento e amoroso. Non si arrende ai confini, neppure a quelli schierati dalle montagne: c'e' sempre, pensa, un varco, un 'passo' per ritrovarsi fratelli". Tra le opere di Paolo Valente: (con Claudio Ansaloni), Con i piedi nell'acqua: Sinigo, tra bonifica e fabbrica: storia di un insediamento italiano nell'Alto Adige degli anni Venti, Sturzfluege, Bolzano 1991; Un prete in miniera. Intervista autobiografica a Giorgio Cristofolini, Edb, Bologna 1993; (con Carlo Moeseneder), Il grande gioco. 50 anni di scoutismo a Merano - Das grosse Spiel. 50 Jahre Pfadfinder in Meran, Merano 1996; (con Carlo Moeseneder), Pietra su pietra: Santo Spirito a Merano: 1271-1951. Notizie storiche sull'evoluzione di una comunita' particolare in una terra plurilingue, Pluristamp, Bolzano 1996; Il maestro di Cordes. Mandato dal duce per una vittoria piena. Romanzo storico, Praxis 3, Bolzano 1997; Oltre l'Isarco: elementi e testimonianze di storia religiosa dei quartieri bolzanini di Oltrisarco e Aslago. Provincia autonoma di Bolzano, Scuola e cultura italiana, Bolzano 1998; La sfida di una diocesi plurilingue: fatti e testimonianze sulla nascita della diocesi di Bolzano-Bressanone. Provincia autonoma di Bolzano, Scuola e cultura italiana, Bolzano 1999; La societa' operaia cattolica di Merano: 1898-1932, in: "Archivio trentino", Trento 1999; L'orchetto volante, Panorama, Trento 2001; (con Carlo Moeseneder), Concordia 50. 1951-2001. Volti ed eventi di un coro altoatesino, Merano 2001; Pane & mare: i 50 anni della colonia 12 Stelle, Ideal, Bolzano 2002; Il muro e il ponte. Frammenti dell'anima multiculturale di una piccola citta' europea. Italiani a Merano prima della Grande Guerra, Temi, Trento 2003; Di la' del passo, Raetia, Bolzano 2003; Che fatica, che gioia. Parole e interrogativi di chi sceglie il servizio volontario, Ega, Torino 2003; (a cura di), Culturali. Alto Adige 1945-2000. Associazioni culturali, personaggi, reti societarie, Provincia autonoma di Bolzano, Scuola e cultura italiana, Bolzano 2003; Nero ed altri colori. Frammenti dell'anima multiculturale di una piccola citta' europea. Italiani a Merano tra Austria e Italia (1914-1938), Temi, Trento 2004; (a cura di), Culturali. Alto Adige 1945-2000. Le Associazioni si presentano, Provincia autonoma di Bolzano. Scuola e cultura italiana, Bolzano 2004; L'albero dai fiori rossi. Voci e volti del Golfo di Guinea, Emi, Bologna 2004; Saudade. Note brasiliane, Coro Concordia, Merano 2004; Porto di mare. Frammenti dell'anima multiculturale di una piccola citta' europea. Italiani (e molti altri) a Merano tra esodi, deportazioni e guerre (1934-1953), Temi, Trento 2005; L'associazionismo culturale ad Egna, Provincia autonoma di Bolzano. Scuola e cultura italiana, Bolzano 2005; Der rote Korallenbaum. Erzaehlungen rund um den Golf von Guinea, Emi, Bologna 2005; (con Franco de Battaglia), Trentino Alto Adige. La nostra storia. Nomi fatti e volti di un territorio e del suo giornale. Volume 1. '900 - anni '60, Seta, Bolzano 2005; (con Franco de Battaglia), Trentino Alto Adige. La nostra storia. Nomi fatti e volti di un territorio e del suo giornale. Volume 2. Anni '60 - 2005, Seta, Bolzano 2005. Leonhard Dallasega, giovane altoatesino arruolato nelle Waffen-SS, si rifiuto' di uccidere un ostaggio, e fu per questo lui stesso assassinato. Scrive Paolo Valente in una lettera di accompagnamento del testo che segue: "Leonhard Dallasega, giovane padre di famiglia altoatesino, arruolato nelle Waffen-SS durante l'ultima guerra, negli ultimi giorni di aprile del 1945, mentre cercava di tornare a casa, fu aggregato ad un gruppo di militari in ritirata. Lo si volle costringere a fucilare il parroco di Giazza, don Domenico Mercante, preso in ostaggio dai soldati. Tuttavia egli si rifiuto' e per questo fu giustiziato sommariamente insieme al sacerdote. La sua identita' rimase a lungo sconosciuta. Il 27 aprile ricorre il sessantunesimo anniversario di questo fatto poco noto, ma meritevole di attenzione. Alla storia di Leonhard ho dedicato uno dei due racconti lunghi del mio libro Di la' del passo, Raetia, Bolzano"] E' il pomeriggio di uno degli ultimi giorni di guerra, il 27 aprile 1945. Un gruppo di circa cento soldati tedeschi, guidati da un manipolo di SS, esce da Ala per dirigersi verso il Brennero. Al bivio appena fuori citta' si fermano e fanno cerchio intorno ad un uomo malconcio in abito talare. Un ufficiale compone in fretta e furia un plotone d'esecuzione. Tra i chiamati c'e' un militare appartenente alle Waffen-SS. Il giovane sui trent'anni esce dai ranghi e da' la sua pubblica testimonianza: "Sono cattolico, non sparo a un innocente". Un rifiuto che di li' a pochi minuti gli costera' la vita. Il prete e' falcidiato dai colpi dei fucili e cade nel cratere di una granata. Subito dopo il soldato, che ha assistito impotente all'esecuzione con le mani dietro la nuca, subisce la stessa sorte del sacerdote. Un colpo di arma da fuoco lo raggiunge al volto. Cade esanime a fianco dell'altra vittima. Nei giorni successivi i cittadini di Ala coprono pietosamente i due corpi con un sottile strato di terra, finche' non giungono i parrocchiani del prete a riscattarne le spoglie e finche' non giunge la fine della guerra. La salma del soldato senza nome viene traslato al cimitero di Ala. Il sacerdote e' don Domenico Mercante, da pochi anni parroco di Giazza, paese cimbro alla sommita' della valle d'Illasi, tra i monti Lessini, nel veronese. Nel tentativo di risparmiare il paese da saccheggi e distruzioni, il pastore si era mosso, quella mattina, incontro alla colonna militare. I soldati ne avevano subito approfittato per prenderlo in ostaggio, promettendogli la liberazione una volta giunti al passo Pertica, da cui si scende alla volta della valle dell'Adige. Promessa non mantenuta. A colpi di scarpone e di baionetta il religioso era stato costretto ad accompagnare il lugubre corteo fino al centro piu' meridionale del Trentino e qui era stata velocemente decretata la sua condanna a morte con l'accusa di essere un collaboratore delle bande partigiane. Per decenni il nome del soldato che lo accompagno' nella sua sorte rimase sconosciuto. Solo le ricerche del suo successore a Giazza e soprattutto di mons. Luigi Fraccari, per lungo tempo assistente dei lavoratori italiani prima nella Berlino nazista e poi in tutta la Germania orientale, hanno portato ad individuarne l'identita'. Si tratta di Leonhard Dallasega, nativo di Proves in val di Non (allora comune di Rumo e provincia di Trento). Nato nel 1913 aveva servito in Africa l'esercito italiano. Nel 1944 era stato richiamato alle armi e arruolato nella SS combattenti. Dopo un periodo di formazione nel Reich era stato destinato a Caldiero dove le SS avevano un centro di comando. Col grado di caporalmaggiore svolgeva le funzioni di messo postale e di capocuoco. Essendo imminente l'arrivo dell'esercito alleato che aveva ormai sfondato la Linea gotica, le truppe tedesche si mossero in ritirata. Leonardo il 26 aprile decise di abbandonare il suo reparto, inforco' la sua bicicletta di servizio e pedalo' per trenta chilometri risalendo la valle d'Illasi fino a Giazza dove pernotto' in un casolare. L'indomani, mentre cercava di scambiare la bici con un abito civile, incappo' nel gruppo di soldati che lo prese con se' considerandolo uno sbandato. La storia che segue e' quella che gia' abbiamo raccontato. Al momento della fucilazione di don Domenico si rifiuto' di farsi complice di quell'omicidio. Ebbe solo il tempo di dire: "Sono padre di quattro figli". Poi stramazzo' al suolo. Fu spogliato di ogni documento di riconoscimento e la sua testimonianza non sarebbe giunta a noi se alcuni cittadini di Ala non avessero potuto vedere da una certa distanza tutto l'accaduto. 5. MEMORIA. BRUNO FORTE RACCONTA UN RICORDO DI AGNES HELLER [Da un articolo di Bruno Forte, Se vince l'uomo vince la pace, apparso su "Il mattino" del 21 febbraio 2003, riportiamo questa testimonianza. Bruno Forte e' uno dei piu' influenti teologi cattolici viventi; su di lui, dal sito www.emsf.rai riportiamo la seguente scheda: "Nato nel l949 a Napoli, ordinato sacerdote nel l973, dottore in teologia nel l973 e in filosofia nel l977, Bruno Forte e' ordinario di teologia dogmatica nella Pontificia facolta' teologica dell'Italia meridionale, di cui e' preside. Ha trascorso lunghi periodi di ricerca a Tuebingen e a Parigi. E' stato il primo relatore al convegno della Chiesa italiana a Loreto (l985) e all'assemblea delle Chiese europee a Erfurt (l988). E' consultore del Pontificio consiglio per l'unita' dei cristiani. L'opera di Bruno Forte e' articolata in tre campi, che corrispondono, nelle sue intenzioni, alle tre virtu' teologali. Al primo, Simbolica della fede, appartiene una Simbolica ecclesiale in otto volumi: 1. La parola della fede. Introduzione alla simbolica ecclesiale, San Paolo, Milano, s. d.; 2. La teologia come compagnia, memoria e profezia. Introduzione al senso e al metodo della teologia come storia, San Paolo, Milano, l987; 3. Gesu' di Nazareth, storia di Dio, Dio della storia. Saggio di una cristologia come storia, San Paolo, Milano, l981; 4. Trinita' come storia. Saggio sul Dio cristiano, San Paolo, Milano, l985; 5. Il mistero della Chiesa, comunione e missione. Saggio di ecclesiologia trinitaria, San Paolo, Milano, s. d.; 6. L'eternita' nel tempo. Saggio di antropologia e di etica sacramentale, San Paolo, Milano, l993; 7. Teologia della storia. Saggio sulla Rivelazione, l'inizio e il compimento, San Paolo, Milano, l99l; 8. Maria, la donna icona del Mistero, San Paolo, Milano, l989. Al secondo Dialogica dell'amore, si ascrivono: La Chiesa nell'Eucarestia, D'Auria, Napoli, l975; La Chiesa, icona della Trinita', Queriniana, Brescia, l984; Laicato e laicita', Marietti, Genova, l986. Al terzo, Poetica della speranza: Corpus Christi, D'Auria, Napoli, l982; Sul sacerdozio ministeriale. Due meditazioni teologiche, San Paolo, Milano, l989; Piccola introduzione alla fede, San Paolo, Milano, l992; Piccola introduzione ai sacramenti, San Paolo, Milano,l994; Piccola introduzione alla vita cristiana, San Paolo, Milano, l995. Forte e' inoltre coautore, insieme con Massimo Cacciari e Sergio Givone di Trinita' per atei, Cortina, Milano, l997. Di fronte al tramonto della ragione totalizzante, Bruno Forte apre la sua meditazione filosofica teologica e poetologica sulla crisi dell'io-soggetto all'ascolto dell'altro. La parola dell'altro e' al centro del suo costante colloquio con le voci piu' significative della filosofia e della teologia del nostro tempo: da Heidegger a Bultmann e a Rahner, da Jaspers a Levinas e a Mounier. La questione dell'altro si articola per Bruno Forte essenzialmente su cinque livelli: come evento di linguaggio interessa l'ermeneutica; come rivelazione appartiene alla teologia; come nominazione alla metafisica; come deterritorializzazione o esodo e' un problema antropologico; e infine sotto il segno della storia si manifesta come resistenza, che ha trovato nel martirio di Dietrich Bonhoeffer la sua forma piu' alta". Agnes Heller, illustre filosofa ungherese, nata a Budapest nel 1929, sopravvissuta alla Shoah, allieva e collaboratrice di Lukacs, allontanata dall'Ungheria, ha poi insegnato in Australia e in America. In Italia e' particolarmente nota per la "teoria dei bisogni" su cui si ebbe nel nostro paese un notevole dibattito anche con riferimento ai movimenti degli anni '70. Su posizioni democratiche radicali, e' una interlocutrice preziosa anche laddove non se ne condividessero alcuni impianti ed esiti teorici. Dal sito della New school for social research di New York (www.newschool.edu) presso cui attualmente insegna traduciamo questa breve notizia biografica essenziale aggiornata al 2000: "Nata nel 1929 a Budapest. Sopravvissuta alla Shoah, in cui ha perso la maggior parte dei suoi familiari morti in diversi campi di concentramento. Allieva di Gyorgy Lukacs dal 1947 e successivamente professoressa associata nel suo dipartimento. Prima curatrice della 'Rivista ungherese di filosofia' nel dopoguerra (1955-'56). Destituita dai suoi incarichi accademici insieme con Lukacs per motivi politici dopo la rivoluzione ungherese. Trascorse molti anni ad insegnare in scuole secondarie e le fu proibita ogni pubblicazione. Nel 1968 protesto' contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, e subi' una nuova persecuzione politica e poliziesca. Nel 1973, sulla base di un provvedimento ad personam delle autorita' del partito, perse di nuovo tutti gli incarichi accademici. 'Disoccupata per motivi politici', tra il 1973 e il 1977 lavoro' come traduttrice. Nel 1977 emigro' in Australia. A partire dall'enorme cambiamento del 1989, attualmente trascorre parte dell'anno nella nativa Ungheria dove e' stata designata membro dell'Accademia ungherese delle scienze. Nel 1995 le sono stati conferiti il 'Szechenyi National Prize' in Ungheria e l''Hannah Arendt Prize' a Brema; ha ricevuto la laurea ad honorem dalla 'La Trobe University' di Melbourne nel 1996 e dall'Universita di Buenos Aires nel 1997". Opere di Agnes Heller: nella sua vastissima ed articolata produzione segnaliamo almeno: Per una teoria marxista del valore, Editori Riuniti, Roma 1974; La teoria dei bisogni in Marx, Feltrinelli, Milano 1974, 1978; Sociologia della vita quotidiana, Editori Riuniti, Roma 1975; L'uomo del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze 1977; La teoria, la prassi e i bisogni, Savelli, Roma 1978; Istinto e aggressivita'. Introduzione a un'antropologia sociale marxista, Feltrinelli, Milano 1978; (con Ferenc Feher), Le forme dell'uguaglianza, Edizioni aut aut, Milano 1978; Morale e rivoluzione, Savelli, Roma 1979; La filosofia radicale, il Saggiatore, Milano 1979; Per cambiare la vita, Editori Riuniti, Roma 1980; Teoria dei sentimenti, Editori Riuniti, Roma 1980, 1981; Teoria della storia, Editori Riuniti, Roma 1982; (con F. Feher, G. Markus), La dittatura sui bisogni. Analisi socio-politica della realta' est-europea, SugarCo, Milano 1982; (con Ferenc Feher), Ungheria 1956, Sugarco, Milano 1983; Il potere della vergogna. Saggi sulla razionalita', Editori Riuniti, Roma 1985; Le condizioni della morale, Editori Riuniti, Roma, 1985; (con Ferenc Feher), Apocalisse atomica. Il movimento antinucleare e il destino dell'Occidente, Milano 1985; Oltre la giustizia, Il Mulino, Bologna, 1990; (con Ferenc Feher), La condizione politica postmoderna, Marietti, Genova 1992; Etica generale, Il Mulino, Bologna 1994; Filosofia morale, Il Mulino, Bologna, 1997; Dove siamo a casa. Pisan Lectures 1993-1998, Angeli, Milano 1999. Opere su Agnes Heller: Nino Molinu, Heller e Lukacs. Amicus Plato sed magis amica veritas: topica della moderna utopia, Montagnoli, Roma 1984; Giampiero Stabile, Soggetti e bisogni. Saggi su Agnes Heller e la teoria dei bisogni, La Nuova Italia, Firenze 1979; la rivista filosofica italiana "aut aut" ha spesso ospitato e discusso la riflessione della Heller; cfr. in particolare gli studi di Laura Boella] Nell'ambito di un convegno promosso a Pisa qualche anno fa, dove eravamo entrambi relatori, ebbi modo di chiederle direttamente della sua esperienza dei totalitarismi e di ascoltare personalmente da lei la testimonianza della maniera a dir poco prodigiosa in cui fu salvata dalle retate antisemite e dal conseguente inesorabile destino di distruzione. La sua famiglia viveva nascosta in una casa non lontana dall'uscita del ghetto di Budapest, circondato da tutte le parti. Agnes era poco piu' che una bambina: le retate delle SS si susseguivano, e le ore che separavano lei e i suoi cari dalla tragedia sembravano contate. Fu allora che spiando dalla finestra, si accorse che dei due soldati tedeschi di guardia all'uscita del ghetto, uno si era allontanato. Il ragionamento che fece in quel momento - di impressionante maturita' per l'eta' che aveva, ma dalla drammaticita' degli eventi era stata resa piu' che precoce - fu semplice, fulmineo: se mi avvicino ora al soldato e lo guardo negli occhi, avra' pieta' di una bambina, perche' in assenza del controllo d'altri la sua umanita' non avra' paura a manifestarsi. Fu questione di attimi: la cosa ando' come Agnes aveva previsto. Il soldato, fissato negli occhi da una bambina spuntata dal silenzio del terrore, dopo un attimo di esitazione consenti' a lei e ai suoi cari di uscire indisturbati dal ghetto, senza alcun segno di riconoscimento. Fu la loro salvezza. Da questa esperienza, la Heller mi diceva di aver tratto la convinzione alla base di tutta la sua opera: che, cioe', c'e' un'umanita' in tutti noi, una coscienza morale, e che questa coscienza - posta in condizione di potersi esprimere liberamente - non resiste alla trascendenza dello sguardo d'altri, soprattutto dello sguardo innocente. 6. MAESTRE. CRISTINA BAY PRESENTA DUE SCRITTI DI CARLA LONZI [Ringraziamo Cristina Bay (per contatti: bamborsa at tiscali.it) per averci messo a disposizione la seguente presentazione de "La donna clitoridea e la donna vaginale" e di "Sessualita' femminile e aborto" di Carla Lonzi, utilizzata per un seminario del Centro Donna di Grosseto. Cristina Bay, studiosa di formazione filosofica, esperta di cucina vegetariana, per molti anni si e' occupata di una piccola azienda agricola biologica; e' impegnata nell'esperienza del Centro Donna di Grosseto, per i cui seminari di studio ha curato la presentazione di classici del pensiero e della narrativa delle donne. Opere di Cristina Bay: (con Allan Bay), Ricette verdi, Touring Club Italia, 2004. Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d'arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990] "La donna clitoridea e la donna vaginale" e "Sessualita' femminile e aborto" sono entrambi scritti nell'estate del 1971. * Ne "La donna clitoridea e la donna vaginale" Carla Lonzi rivendica la clitoride come organo sessuale femminile principale, fonte di un piacere che a molte donne e' sconosciuto, perche' assoggettate psicofisiologicamente al piacere maschile, cioe' all'orgasmo dell'uomo nella vagina, pagando come prezzo un piacere inesistente o secondario, condizionato dalla fusione sentimentale con l'uomo. E sostiene che la donna per autonomizzarsi dall'uomo, dal senso di complementarieta' con l'uomo, deve considerarsi una persona con un erotismo autonomo al centro del quale sta la clitoride. "Per godere pienamente dell'orgasmo clitorideo la donna deve trovare un'autonomia psichica dall'uomo". Inoltre "nell'uomo il meccanismo del piacere e' strettamente connesso al meccanismo della riproduzione, nella donna meccanismo del piacere e meccanismo della riproduzione sono comunicanti, ma non coincidono". "La complementarieta' e' un concetto che riguarda la donna e l'uomo nel momento procreativo, non in quello erotico-sessuale". Per la sessualita' patriarcale la donna vaginale e' la donna matura, quella clitoridea immatura, omosessuale, frigida (Freud). Sono gli anni in cui la sessualita' femminile viene indagata sia dal rapporto Kinsey che da Master-Johnsons che da una parte mettono in evidenza la difficolta' e la parzialita' dell'orgasmo femminile durante il coito, dall'altra non mettono in discussione quello che e' il piacere ufficiale della cultura sessuale patriarcale e continuano a considerare la vagina come organo sessuale primario e la clitoride punto focale della reazione sessuale femminile. Anche per quello che riguarda la sessualita' Carla critica le donne emancipate, che pensano di essere in parita' con l'uomo e invece gli offrono una emotivita' modellata su quella di lui e anche se vedono soddisfatto il proprio piacere, non arrivano ad esprimere una sessualita' in proprio. "E' importante per noi affermare il proprio sesso e non solo averlo soddisfatto". "La donna non e' la grande-madre, la vagina del mondo, ma la piccola clitoride per la sua liberazione". "Quell'orgasmo vaginale che per Freud era il frutto di una maturazione psicosessuale della donna, per il femminismo e' il prodotto del suo adattamento psicosociale". Anche Masters e Johnson affermano che la donna nel coito risponde piu' al sistema psicosociale che a quello biofisico, tanto che la forza di identificazione con il partner amato puo' dare impeto orgasmico. "Godendo di un piacere come risposta al piacere dell'uomo la donna perde se stessa come essere autonomo, esalta la complementarieta' al maschio, trova in lui la sua motivazione di esistenza". "Non ci pronunciamo sull'eterosessualita', non siamo cosi' cieche da non vedere che e' un pilastro del patriarcato, non siamo cosi' ideologiche da rifiutarla a priori. Ognuna di noi puo' studiare quanto le piace o spiace il patriarca e quanto l'uomo". "Noi vogliamo affermare l'amore clitorideo come modello di sessualita' femminile nel rapporto eterosessuale, poiche' non ci basta avere la clitoride come punto di riferimento cosciente ne' vogliamo che l'ufficialita' sulla clitoride appartenga al rapporto lesbico. Pero' siamo convinte che fin quando l'eterosessualita' sara' un dogma, la donna restera' in qualche modo la complementare dell'uomo mentre essa puo' portare dall'adolescenza nel suo bagaglio di intuizioni uno slancio verso le donne su cui rimisurare all'occorrenza lo svolgimento delle relazioni eterosessuali". Questo passo a mio parere apre a quell'indagine sulla sessualita' femminile in relazione alla madre che ha avuto poi nel femminismo seguente un ampio approfondimento. Carla afferma di non voler fare una discriminazione di valore fra donna vaginale e donna clitoridea, quanto sottolineare come nel femminismo come presa di coscienza di se' possano trovare entrambe uno sbocco naturale. "Il femminismo per la donna prende il posto della psicanalisi per l'uomo... trova la coscienza collettiva femminile che elabora i temi della sua liberazione". Come negli altri suoi testi Carla si esprime per frasi molto incisive che possono apparire ideologiche o dogmatiche. Per me questa sua modalita' esprime chiarezza, immediatezza e radicalita' politica. Siamo negli anni in cui la sessualita' patriarcale viene affrontata dalle donne nell'autocoscienza e denunciata nei suoi aspetti di sopraffazione della sessualita' femminile. Quella che puo' apparire forzata e' una divisione troppo netta fra donna vaginale/assoggettata all'uomo e donna clitoridea/autonoma dall'uomo, non tanto da un punto di vista psichico e simbolico, di cui oggi si puo' riconoscere anzi tutta la forza liberatoria, quanto da un punto di vista sessuale. L'approfondimento da parte femminista del rapporto primario con la madre e dell'esperienza, potenziale o reale, della maternita' ha aperto nuove ipotesi e/o conoscenze sulla sessualita' femminile che ne fanno tuttora un argomento di indagine. Esiste un piacere vaginale che sia autocentrato e non modellato sulla sessualita' maschile? * Il breve testo sull'aborto e' strettamente connesso all'analisi sulla sessualita' femminile. "Ci rifiutiamo di chiedere all'uomo, al potere, ai legislatori, quello che in realta' e' stato il contenuto espresso da miliardi di vite di donne andate al macello dell'aborto clendestino". Le donne restano incinte perche' sottomesse alla sessualita' patriarcale pene-vagina. La contraccezione e l'aborto sono dei rimedi, ma non mettono in discussione questo modello sessuale che corrisponde al piacere maschile. "Per il piacere di chi sono rimasta incinta? Per il piacere di chi sto abortendo?". Se il concepimento e' un sopruso sul corpo della donna, sulla sua sessualita', "negandole la liberta' di aborto l'uomo trasforma il suo sopruso in una colpa della donna. Concedendole tale liberta'... la attira in una nuova solidarieta' che rimandi a tempo imprecisatamente lontano il momento in cui essa si chieda se risale alla cultura, cioe' al dominio dell'uomo, o all'anatomia, cioe' al destino naturale, il fatto che essa rimane incinta". La legalizzazione dell'aborto lascia intatto "il mito dell'atto genitale concluso dall'orgasmo dell'uomo nella vagina". "Noi rivendichiamo una parte del nostro corpo che ci procura il piacere senza condannarci alla procreazione e ci sgancia dalla condizione emotiva di chi si da' da inferiore a un essere superiore...". In una sessualita' polimorfa sganciata dal modello procreativo la vagina "da luogo della violenza e della volutta' diventa, a discrezione, uno dei luoghi per i giochi sessuali". "L'aborto non e' una soluzione per la donna libera, ma per la donna colonizzata dal sistema patriarcale". 7. LIBRI. FRANCO CASSANO PRESENTA "MEDITERRANEO" A CURA DI FERHAT HORCHANI E DANILO ZOLO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 aprile 2006. Franco Cassano, docente universitario, e' un autorevole sociologo e saggista. Dal sito www.comune.benevento.it riprendiamo la seguente scheda: "Franco Cassano e' nato ad Ancona nel 1943 e insegna Sociologia della conoscenza nell'Universita' di Bari. E' stato intellettuale di punta del marxismo meridionale, ma ha iniziato, negli anni Ottanta, una riflessione che, senza rinnegare quelle radici, si apriva a nuovi orizzonti. Il pensiero meridiano, ovvero ripensare il Mezzogiorno riconsiderando la sua identita' culturale rispetto a una modernizzazione che non lo ha fatto, e' l'opera che nel 1996 ha aperto il dibattito sull'autonomia del pensiero meridionale. In Approssimazione. Esercizi di esperienza dell'altro (Il Mulino, 1989), partendo dal presupposto dell'assoluta trascendenza dell'altro, chiunque egli sia, venivano analizzati i modi dell'avvicinamento, riconoscendo la necessita' di "una volonta' d'impotenza". Partita doppia. Appunti per una felicita' terrestre (Il Mulino, 1993) era uno straordinario percorso in otto stazioni che cercavano di evidenziare come ogni situazione della vita e della storia sia, appunto, una "partita doppia", abbia vantaggi e svantaggi, schiudendoci spesso all'orizzonte tragico, che e' quello in cui l'uomo e' gettato. Ne Il pensiero meridiano (Laterza, 1996), il suo libro piu' celebre che ha posto le basi teoriche di un nuovo meridionalismo, il Sud del mondo (anche attraverso una riflessione su Camus e Pasolini) viene pensato a partire da parametri nuovi, valorizzandone prima di tutto l'osmosi con il mare, l'"andar lenti", contro il mito moderno dell'"homo currens", la sua dimensione di frontiera. Con Mal di Levante (Laterza, 1997) e Paeninsula (Laterza, 1998) Cassano ha esteso la sua riflessione a Bari e all'Italia, insistendo su temi come la contaminazione tra le culture per risolvere il rapporto con il futuro. Modernizzare stanca (Il Mulino, 2001) raccoglie una serie di saggi in cui Cassano riflette con sobrieta' e ironia su una gran varieta' di aspetti del vivere umano. La modernita' - questa la tesi di fondo - presenta dei coni d'ombra: esistono degli aspetti che non riesce a risolvere in modo soddisfacente, esistono dei valori (favole, preghiere, ricordi infantili, passioni, relazioni affettive) che essa, a volte colpevolmente, trascura, e che possono essere proficuamente riattivati per renderci meno nevrotici. Il suo ultimo lavoro e' una breve saggio su Leopardi, Oltre il nulla (Laterza, 2003), la cui tesi centrale e' che il "nulla" nell'autore de La ginestra e' solo la penultima parola. Il disincanto di cui il recanatese si fece teorico e poeta non coincide con la resa. Nostro compito e' farci carico della verita' senza rassegnarsi. Nello stesso tempo Leopardi va riattivato come poeta civile, alfiere di una "solidarieta' planetaria", che puo' nascere dalla capacita' dello "sguardo da lontano". Cassano appare come uno dei pensatori piu' liberi ed originali del panorama intellettuale italiano, grazie anche alla sua passione e alla sua inesausta curiosita' intellettuale, che rompe barriere tra discipline e ideologie. Fa parte del comitato scientifico del Laboratorio Progetto Poiesis e della redazione della rivista "Da qui". Presiede a Bari il movimento di cittadinanza attiva Citta' plurale". Ferhat Horchani e' docente alla facolta' di diritto e scienze politiche dell'Universita' di Tunisi. Danilo Zolo, illustre giurista, nato a Fiume (Rijeka) nel 1936, e' docente di filosofia e sociologia del diritto all'Universita' di Firenze. Tra le opere di Danilo Zolo segnaliamo almeno: Stato socialista e liberta' borghesi, Laterza, Bari 1976; Il principato democratico, Feltrinelli, Milano 1992; (a cura di), La cittadinanza, Laterza, Roma-Bari 1994; Cosmopolis, Feltrinelli, Milano 1995; Chi dice umanita', Einaudi, Torino 2000; Globalizzazione: una mappa dei problemi, Laterza, Roma-Bari 2004] Gli appelli tesi a evitare lo scontro delle civilta' si moltiplicano, ma la prospettiva di una pace e di un'intesa durevoli non registra passi in avanti. Questo non significa che il discorso vada lasciato cadere, ma al contrario che e' necessario farne crescere la qualita' e il rigore, cosi' da rendere piu' netta la distanza dall'equivoca genericita' dell'unanimismo e dei discorsi edificanti. Uno dei meriti del volume curato da Ferhat Horchani e Danilo Zolo, Mediterraneo. Un dialogo fra le due sponde (Jouvence, pp. 204, euro 16), e' appunto quello di provare ad avviare un confronto serio e approfondito tra Europa e mondo islamico, attraverso gli interventi di nove studiosi, quattro tunisini e cinque italiani (a Orsetta Giolo si deve la ricca bibliografia che chiude il volume). Non sono frequenti i libri curati insieme da uno studioso italiano e uno arabo, e ovviamente da un lavoro cosi' complesso e inedito, piu' che una risposta univoca e sicura, emerge un inventario di problemi da approfondire: un inventario che tuttavia ha il pregio di non disperdersi in mille direzioni, ma di mettere a fuoco alcuni temi importanti, tali da avviare un confronto ulteriore. Alcuni saggi sono dedicati alle trasformazioni istituzionali intervenute nei paesi della sponda sud e alla delicata questione del riconoscimento dei diritti individuali: e' il caso per esempio del lungo e documentato studio di Mohamed Bouguerra sulla storia dello statuto personale nella codificazione tunisina, e del breve excursus che Hafidha Chekir dedica ai diritti delle donne nei paesi musulmani. Da entrambi i contributi emerge un quadro complesso, ma segnato dall'arretramento che i processi riformatori hanno subito sotto l'onda del fondamentalismo. Se pero' si controntano le dinamiche dei sistemi punitivi di entrambe le sponde - come fa Emilio Santoro nel suo bel saggio - appare evidente che tale riflusso non e' una caratteristica esclusiva del mondo musulmano, perche' anche in occidente, a partire dagli anni Settanta, le politiche penali hanno subito un profondo arretramento, passando dai vecchi obiettivi rieducativi a un'enfasi crescente sulla pericolosita' delle categorie a rischio (in primo luogo migranti ed emarginati). Mettendo a confronto i diversi approcci teorici al tema della globalizzazione, Lucia Re illustra - accanto alle posizioni gia' note di Beck, Bauman e Bourdieu - quelle di Olivier Roy, che sottolineano il nesso forte esistente tra i processi di globalizzazione e l'emergere del fondamentalismo. Quest'ultimo, lungi dall'essere una difesa della tradizione, e' per Roy intimamente legato a una forma di esperienza religiosa tipica del mondo globalizzato, fondato sulla mobilita', sull'individualismo e sulla perdita dei legami tradizionali. Tesi interessante, che pero' dovrebbe spiegare perche' l'islamismo politico, figlio del mondo globalizzato, abbia scelto la via dell'opposizione frontale e della jihad e non quella dell'inserimento al suo interno. In altra direzione si muove Paola Gandolfi, che studiando i processi migratori individua nei migranti il veicolo di nuove forme di comunicazione tra le due sponde, un tramite prezioso per la crescita dell'autonomia della societa' civile dai governi, sia a nord che a sud del Mediterraneo. In uno dei saggi piu' impegnati teoricamente, Hamadi Redissi affronta il rapporto tra Islam e modernita': si tratta di un tema estremamente delicato, ma ci risulta difficile nascondere alcune perplessita' su un punto cruciale del ragionamento dello studioso tunisino, la cui riflessione - pur essendo ricca di spunti e mai schematica - appare infatti condizionata da una immagine della modernita' troppo priva di ombre, ben diversa dal quadro critico a cui siamo abituati. Per Redissi, e talvolta anche per Ferhat Horchani, la modernita' diventa un valore universale, un vero e proprio criterio di misura delle civilta', perche' essa altro non e' che liberazione dalla tradizione, da qualsiasi tradizione. L'occidente e' riuscito a emanciparsi, afferma Horchani, perche' si e' svincolato dalle tradizioni e ha vinto la battaglia della modernita' che ha unito dal basso le societa' europee. La modernita' pero' non e' solo opposizione alla tradizione, ma anche continuita' con essa. Come dimenticare le tesi di Weber sulle radici religiose della razionalizzazione della vita che caratterizza l'occidente? Oppure come non ricordare il confronto sulle origini della modernita' tra le tesi di Karl Loewith e quelle di Hans Blumenberg? O infine, per venire ai nostri tempi, come non pensare alle tesi di Remi Brague sul modello romano, che sottolineano l'assoluta singolarita' della tradizione europea, il suo carattere non assiale e quindi secondario? Se invece si assume la modernita' come un criterio di misura neutro ed universale, il dialogo tra le due sponde diventa un monologo, in cui i protagonisti hanno un ruolo profondamente disuguale: uno parla, l'altro ascolta, uno insegna, l'altro apprende. Il rischio e' che la cultura islamica venga ridotta a una serie di vincoli e di ritardi, un fondale sul quale si proiettano le avventure della modernita' occidentale. La parte finale del saggio di Horchani (oltre che l'introduzione, scritta a due mani con Zolo), in cui vengono analizzati gli effetti dell'occidentalizzazione forzata indotta dalla globalizzazione, risulta invece interessante e convincente. Affiora qui una visione critica della modernita', la coscienza dello stretto nesso esistente tra espansione della cultura occidentale e dominio. Un nesso che non e' nato negli ultimi venti anni, perche' tutta la storia dell'occidente ha tenuto saldamente insieme modernita', universalismo ed espansione. Da sempre la storia della modernita' e' anche storia della globalizzazione e dell'universalizzazione dell'occidente. La sottolineatura di questo nesso e' al centro del saggio di Zolo e della sua polemica contro la pretesa (contenuta in ogni universalismo) di fare di una cultura il criterio di misura delle altre: non a caso Zolo parla di "fondamentalismo della modernita'". L'unica premessa seria di un dialogo effettivo tra le culture e' la critica di tutti i fondamentalismi. E' qui il cuore del messaggio che viene dal Mediterraneo: le culture possono dialogare soltanto se ognuna di esse abbandona la pretesa del possesso esclusivo della verita', se ogni interlocutore e' convinto di avere qualcosa da insegnare, ma anche qualcosa da imparare dall'altro. E giustamente Horchani ricorda nel suo saggio l'umanesimo islamico e l'Islam liberatore: sviluppi importanti che smentiscono l'idea di una tradizione immobile e sempre uguale a se stessa. Per sconfiggere il fondamentalismo, pero', oggi forse c'e' bisogno di un passo ulteriore, di una grande ripresa creativa della cultura islamica, capace di disegnare una "terza via" tra fondamentalismo e subalternita'. Una indicazione in questo senso puo' forse venire dal cosiddetto "femminismo islamico", espressione che alla nostra sensibilita' rischia di apparire come un ossimoro, ma che in realta' consiste in una critica del potere patriarcale influenzata certo dal femminismo occidentale, ma non riducibile ad esso, nella consapevolezza che le linee del dominio sono complesse e la loro decostruzione richiede non una banale pratica imitativa, ma un lavoro creativo. Piu' che di abbandonare la propria tradizione, si tratta di metterla in movimento, di distinguere ad esempio - come fa Fatima Mernissi - tra il Corano, che riconosce l'uguaglianza di tutti i fedeli di fronte a Dio, e la marea di interpolazioni antifemminili successive dovute agli interpreti. Ma d'altra parte l'impulso non e' unidirezionale: da questo lavoro critico lo stesso occidente puo' infatti apprendere qualcosa di se' che spesso preferisce rimuovere. Quando la Mernissi critica la "tirannia della taglia 42", ci rivela come anche in occidente lo sguardo maschile continui a governare, tramite il denaro e il successo, il corpo femminile. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma ci fermiamo qui. Cio' che e' certo e' che l'universale del futuro non sara' l'imposizione di una cultura alle altre, ma una costruzione a piu' mani. E' questa la lezione che ci viene dal Mediterraneo, una lezione che va al di la' degli stessi confini di questo mare. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1259 dell'8 aprile 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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