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Voci e volti della nonviolenza. 15
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 15
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 28 Mar 2006 14:48:29 +0200
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 15 del 28 marzo 2006 In questo numero: 1. Tzvetan Todorov 2. Tzvetan Todorov: Prologo a "Memoria del male, tentazione del bene" 3. Tzvetan Todorov: Dopo l'11 settembre 4. Fabio Gambaro intervista Tzvetan Todorov 5. Renato Minore intervista Tzvetan Todorov 6. Cesare Marinetti intervista Tzvetan Todorov 7. Graziella Durante intervista Tzvetan Todorov 8. Et coetera 1. TZVETAN TODOROV Tzvetan Todorov e' uno degli autori la cui riflessione ci appare imprescindibile. Libri come La conquista dell'America, Di fronte all'estremo, Una tragedia vissuta, L'uomo spaesato, Memoria del male, tentazione del bene, costituiscono letture - e testimonianze - che raccomandiamo a chiunque. 2. TZVETAN TODOROV: PROLOGO A "MEMORIA DEL MALE, TENTAZIONE DEL BENE" [Da Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene. Inchiesta su un secolo tragico, Garzanti, Milano 2001, pp. 7-11, riprendiamo il prologo del libro] Mi ricordo del primo gennaio 1950: avevo undici anni, e poiche' la data rappresentava gia' una cifra abbastanza tonda, mi domandavo con qualche inquietudine, seduto ai piedi di un albero di Natale che allora si chiamava albero di Capodanno, se avrei raggiunto quella data altrimenti piu' tonda che e' il primo gennaio 2000. Era talmente lontano, mezzo secolo ancora da attendere! Sarei sicuramente morto prima. Ora ecco che un batter d'occhio piu' tardi quest'altra data e' arrivata, e mi incita, come tutti, a pormi la domanda: che cosa bisogna conservare di questo secolo? Dico proprio secolo, anche se si cambia contemporaneamente di millennio: quest'ultimo non si lascia afferrare, l'altro si'. Il "Times Literary Supplement", periodico letterario londinese, ci sollecita ogni anno a scegliere il "libro dell'anno"; alla fine del 1999 chiedevano anche il "libro del millennio". Ho giudicato la questione cosi' futile che non ho mandato alcuna risposta. Il secolo, invece, produce senso: e' la nostra vita piu' quella dei nostri genitori, tutt'al piu' dei nostri nonni. Un secolo e' il tempo accessibile alla memoria degli individui. Non sono uno "specialista" del XX secolo, come puo' esserlo uno storico, un sociologo, un politologo, ne' voglio diventarlo adesso. I fatti, almeno nelle loro grandi linee, sono noti; oggi, come si dice, li si trova in tutti i buoni manuali. Ma i fatti in se' non rivelano il loro senso, che e' cio' che m'interessa. Non vorrei sostituirmi agli storici, che gia' fanno bene il loro lavoro, ma riflettere sulla storia che essi stanno scrivendo. Il mio sguardo sul secolo e' quello non di uno "specialista", ma del testimone interessato, dello scrittore che cerca di capire il proprio tempo. Il mio destino personale determina in parte il punto d'approccio che scelgo, e cio' in duplice modo: per le peripezie della mia esistenza e per la mia professione. In due parole: sono nato in Bulgaria e ho vissuto in questo paese fino al 1963, mentre era sottomesso al regime comunista; da allora abito in Francia. Per un altro lato, il mio lavoro professionale concerne i fatti della cultura, della morale, della politica, e pratico, piu' particolarmente, la storia delle idee. La scelta di cio' che vi e' stato di piu' importante nel secolo, di cio' che quindi permette di costruirne il senso, dipende dalla vostra identita'. Per un africano, per esempio, l'avvenimento politico decisivo e' sicuramente il colonialismo, e poi la decolonizzazione. Anche per un europeo - e qui mi occupero' essenzialmente del XX secolo europeo, facendo solo brevi incursioni negli altri continenti - la scelta e' ampiamente aperta. Alcuni direbbero che l'avvenimento maggiore, sulla lunga durata, e' cio' che e' chiamato la "liberazione delle donne": la loro entrata nella vita pubblica, la loro presa di controllo della fecondita' (la pillola) e, al tempo stesso, l'estensione dei valori tradizionalmente "femminili", quelli del mondo privato, sulla vita dei due sessi. Altri privilegeranno la diminuzione drastica della mortalita' infantile, l'allungamento della vita nei paesi occidentali, gli sconvolgimenti demografici. Altri ancora potrebbero pensare che il senso del secolo e' deciso dalle grandi conquiste della tecnica: dominio dell'energia atomica, decifrazione del codice genetico, circolazione elettronica dell'informazione, televisione. Sono d'accordo con gli uni e con gli altri, ma la mia esperienza personale non mi da' nessun chiarimento supplementare su questi temi; essa mi orienta piuttosto verso una scelta diversa. L'avvenimento centrale, per me, e' la comparsa di un nuovo male, di un regime politico inedito, il totalitarismo, che, al suo apogeo, ha dominato buona parte del mondo; che oggi e' scomparso in Europa, ma per nulla in altri continenti; e i cui strascichi restano presenti fra noi. Vorrei quindi interrogare qui, innanzi tutto, le lezioni dello scontro fra il totalitarismo e il suo nemico, la democrazia. * Presentare il secolo come dominato dalla lotta fra queste due forze implica gia' una distinzione di valori che non tutti condividono. Il problema deriva dal fatto che l'Europa non ha conosciuto un totalitarismo ma due, il comunismo e il fascismo; che questi due movimenti si sono violentemente opposti, sul terreno dell'ideologia e poi sui campi di battaglia; che ora l'uno ora l'altro si sono visti avvicinare agli stati democratici. I tre raggruppamenti possibili fra questi regimi sono stati tutti praticati una volta o l'altra. In un primo tempo, i comunisti considerano insieme i loro nemici (tutti dei capitalisti!), le democrazie liberali e il fascismo distinguendosi come forma moderata e forma estrema del medesimo male. A meta' degli anni Trenta, e piu' ancora durante la seconda guerra mondiale, la distinzione cambia: democratici e comunisti formano allora un'alleanza antifascista. Infine, qualche anno prima dello scoppio della guerra, e soprattutto dopo la sua fine, e' stato proposto di considerare fascismo e comunismo come due sottospecie del medesimo genere, il totalitarismo, parola rivendicata all'inizio dai fascisti italiani. Tornero' piu' avanti sulle definizioni e sulle delimitazioni; ma e' gia' chiaro, dall'articolazione globale che scelgo, che questa terza distinzione ai miei occhi e' la piu' illuminante. La scelta dell'avvenimento maggiore restringe sensibilmente il mio tema. Non solo mi limitero' per l'essenziale a un unico continente, il mio, ma il secolo stesso si abbrevia un po': il suo periodo centrale va dal 1917 al 1991, anche se bisognera' risalire indietro e, per altro verso, interrogarsi sul suo ultimissimo decennio. Fatto piu' importante, mi limito a un solo avvenimento della vita pubblica, lasciando nell'ombra tutti gli altri, come vita privata, arti, scienze o tecniche. Ma la ricerca del senso ha sempre un prezzo: essa procede per scelta e messa in relazione - che avrebbero potuto essere altre. Il senso che credo di intravedere non esclude quello degli altri - vi si aggiunge, nel migliore dei casi. Il mio punto di partenza, la duplice affermazione secondo cui il totalitarismo e' la grande innovazione politica del secolo e che esso e' anche un male estremo, comporta gia' una prima conseguenza: bisogna rinunciare all'idea di un progresso continuo, al quale credevano alcuni grandi spiriti dei secoli passati. Il totalitarismo e' una novita', ed e' peggio di cio' che lo precedeva. Cio' non prova affatto che l'umanita' segua inesorabilmente una china discendente, ma solo che la direzione della storia non e' sottomessa ad alcuna legge semplice ne', forse, ad alcuna legge tout court. Lo scontro fra totalitarismo e democrazia, come quello fra le due varianti totalitarie, comunismo e nazismo, costituisce il primo tema della mia inchiesta. Il secondo ne deriva per il fatto stesso che questi avvenimenti appartengono per l'essenziale al passato e sopravvivono fra noi solo grazie alla memoria. Ora, quest'ultima non e' affatto assimilabile a una registrazione meccanica di cio' che accade; essa ha forme e funzioni fra cui e' obbligatorio scegliere, la sua istituzione conosce fasi che possono subire perturbazioni specifiche, essa puo' essere assunta da attori differenti e condurre ad atteggiamenti morali opposti. La memoria e' sempre e necessariamente una buona cosa, e l'oblio una maledizione assoluta? Il passato permette di capire meglio il presente o serve il piu' delle volte a nasconderlo? Le memorie del secolo saranno dunque, a loro volta, sottoposte a esame. Infine, anche se si tratta innanzitutto di riflettere sul senso di questo avvenimento centrale, mi vedo obbligato a prendere conoscenza anche del passato piu' immediato, quello posteriore alla caduta del Muro di Berlino, per interrogarlo alla luce degli insegnamenti scaturiti dall'analisi precedente. Una volta vinto il totalitarismo, sarebbe sopravvenuto il regno del bene? O nuovi pericoli incombono sulle nostre democrazie liberali? L'esempio che scelgo qui e' tratto dall'attualita' recente, poiche' si tratta della guerra in Jugoslavia e, piu' specificamente, degli avvenimenti nel Kosovo. Il passato totalitario, il modo in cui si perpetua nella memoria, infine le luci che getta sul presente formeranno dunque i tre tempi dell'inchiesta che segue. * Ho scelto di mescolare a questa riflessione sul bene e sul male politici del secolo un richiamo di alcuni destini individuali fortemente segnati dal totalitarismo, che tuttavia hanno saputo resistergli. Gli uomini e le donne di cui parlero' non sono del tutto diversi dagli altri. Non sono ne' eroi ne' santi, e neppure dei "giusti"; sono individui fallibili, come voi e me. Tuttavia hanno seguito tutti un itinerario drammatico; hanno tutti sofferto nella loro carne, e al tempo stesso hanno cercato di far passare il frutto della loro esperienza nei loro scritti. Costretti a vedere da vicino il male totalitario, si sono mostrati piu' lucidi della media e, grazie al loro talento come alla loro eloquenza, hanno saputo trasmetterci cio' che avevano imparato, senza tuttavia mai diventare dei perentori distributori di lezioni. Queste persone provengono da paesi diversi, Russia, Germania, Francia, Italia, e tuttavia qualcosa li accomuna. Da un autore all'altro (anche se ci sono sfumature) si ritrova lo stesso sentimento, quello di uno spavento che non conduce alla paralisi; e anche uno stesso pensiero, per il quale trovo una sola etichetta appropriata, quella di umanesimo critico. I ritratti di Vasilij Grossman e di Margarete Buber-Neumann, di David Rousset e di Primo Levi, di Romain Gary e di Germaine Tillion sono li' per aiutarci a non disperare. Come ci si ricordera' un giorno di questo secolo? Sara' chiamato il secolo di Stalin e di Hitler? Sarebbe accordare ai tiranni un onore che non meritano: e' inutile glorificare i malfattori. Gli si dara' il nome degli scrittori e dei pensatori che erano da vivi i piu' influenti, che suscitavano piu' entusiasmo e controversia, quando a cose fatte ci si accorge che si sono quasi sempre ingannati nelle loro scelte e che hanno indotto in errore i milioni di lettori che li ammiravano? Sarebbe un peccato riprodurre nel presente gli errori del passato. Per parte mia preferirei che si ricordassero, di questo cupo secolo, le figure luminose di alcuni individui dal destino drammatico, dalla lucidita' impietosa, che hanno continuato malgrado tutto a credere che l'uomo merita di rimanere lo scopo dell'uomo. 3. TZVETAN TODOROV: DOPO L'11 SETTEMBRE [Dal sito www.bulgaria-italia.com riprendiamo il seguente estratto del discorso di Tzvetan Todorov in occasione della cerimonia di accettazione del Premio Nonino il 25 gennaio 2002] Per noi, europei del XX secolo, il vecchio ordine mondiale, quello del secolo scorso, si basava sulla rivalita' tra due superpotenze, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, una rivalita' fondata a sua volta sulla contrapposizione tra due sistemi politici e ideologici, la democrazia e il comunismo totalitario. A seguito della cosiddetta caduta del Muro, e dunque della fine di questa spartizione, forse un nuovo ordine sta per instaurarsi. Gli attentati terroristici alle Torri Gemelle di New York e a Washington, l'11 settembre 2001, hanno apparentemente introdotto un elemento inedito e confuso a loro volta le carte. Ma, in cosa consiste esattamente la novita'? * Si potrebbe innanzitutto vedere in quali aspetti questa azione terroristica non costituisce una novita' assoluta. Si avrebbe torto a volerci vedere l'inizio di una nuova era, dove lo scontro di civilta' andrebbe a sostituirsi alla lotta ideologica che ha dominato il XX secolo. I protagonisti del conflitto in corso possono essere interessati a presentarlo sotto questa veste per garantirsi l'adesione dei loro popoli: guerra santa islamica per gli uni, crociata cristiana per gli altri. Ma non bisogna prendere le loro dichiarazioni per oro colato. Non tutto l'Islam e' guerriero, non piu' di ogni cristianesimo e, chiaramente, non tutte le cause delle guerre sono di natura religiosa. Gli attentati non rappresentano in primo luogo un nuovo attacco della barbarie alla civilta', o dell'oppressione contro la liberta', o del male contro il bene: questi termini con una forte valenza mobilitatrice hanno allo stesso tempo una scarsa valenza descrittiva. Le guerre sono sempre state condotte in nome di ideali nobili e lo stesso fanatismo appartiene a tutti i tempi. Il terrorista dell'uno, lo sappiamo fin troppo bene, e' il combattente per la liberta' dell'altro, un potenziale capo di Stato. Prima di prendere il potere, le milizie sioniste in Palestina erano terroristi, come anche il Fln in Algeria, l'Anc in Sudafrica, i mujaheddin in Afghanistan o l'Uck in Jugoslavia. E non si puo' considerare una novita' il fatto che degli esseri innocenti - la popolazione civile - siano state le vittime dell'attacco come "danni collaterali": non soltanto e' questo il caso di tutti gli attacchi terroristici, basti pensare all'Algeria o al Paese Basco spagnolo; ma anche attacchi americani hanno colpito la popolazione di piu' di un paese in diverse occasioni. Qui basti ricordare Belgrado e Baghdad, Panama e Guatemala, Hanoi e Phnom Penh, Hiroshima e Nagasaki... La novita', qui, e' ben definita. Consiste nel fatto che la popolazione degli Stati Uniti si e' unita allo stesso destino degli altri Stati del mondo: puo' diventare, da un giorno all'altro, oggetto di un attacco esterno. * La principale novita' evidenziata dagli attentati dell'11 settembre sta, a mio avviso, nell'aumento della potenza di singoli individui o di gruppi di individui. Prima d'ora, soltanto uno Stato, uno tra quelli piu' potenti, era in grado di organizzare un'azione tanto complessa; questa volta, essa e' stata opera di una quindicina di persone. Questa situazione lascia intravedere la possibilita' di sviluppi ancora piu' drammatici. Questi stessi individui potrebbero procurarsi armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche o, perche' no, nucleari). Al giorno d'oggi, il progresso della tecnologia rende la loro fabbricazione accessibile a gruppi privati. Allo stesso tempo, queste armi costano sempre meno e la miniaturizzazione permette di trasportarle con piu' facilita'. E' come se il mondo immaginato non tanto tempo fa da George Orwell, quello in cui si scontravano immensi imperi totalitari, avesse lasciato il posto allo scenario in cui si muovono i nemici di James Bond nei romanzi di Ian Fleming: l'impero trema questa volta davanti alle imprese di un miliardario megalomane che, dalle sue grotte sotterranee, spedisce aerei suicidi contro le grandi citta' americane. I malfattori non sono Stati; possono dunque nascondersi senza troppa fatica e sfuggire alla risposta militare: un singolo individuo non ha un territorio. Cio' che sappiamo di questi terroristi antiamericani lo conferma: sono originari di paesi diversi, ma non s'identificano con alcuno di questi. Fortunatamente per il governo americano, uno Stato, l'Afghanistan, aveva scelto di difendere i terroristi, soltanto grazie a cio' e' stata possibile una azione militare. Se non fosse stato questo il caso, i terroristi sarebbero sfuggiti a ogni persecuzione nell'immediato. * A dire il vero, questo accrescersi della potenza dei singoli non e' del tutto nuovo: e' stato gia' evidenziato nel processo chiamato globalizzazione economica. Il nome non e' stato usurpato: i contatti tra le diverse parti del globo si sono effettivamente moltiplicati nel corso di questi ultimi anni. Ma il cambiamento piu' importante per il destino delle popolazioni coinvolte, e' che ora queste operazioni sfuggono al controllo politico degli Stati. Questi possono si' difendere le loro frontiere, ma il denaro non si ferma alle frontiere. Un singolo individuo o un gruppo di individui, che non godono pertanto di alcuna legittimita' politica, possono scegliere, cliccando sul computer, di tenere i loro capitali sul posto o di trasferirli altrove, e, come conseguenza, di far sprofondare un paese nella disoccupazione o, al contrario, di condurlo verso la prosperita'. Possono creare problemi sociali o contribuire ad evitarli. Sono dunque, a loro volta, singoli individui detentori di un grande potere, e metterli di fronte alle loro responsabilita' non e' tanto piu' semplice di fermare gli autori di attentati. Arriviamo, dunque, a una conclusione sorprendente: il pericolo che minaccia le nostre societa' non e' conseguenza esclusiva di attacchi che vengono dall'esterno, ma e' condizionato dagli stessi tratti che caratterizzano le nostre societa', vale a dire, dai tratti di cui siamo orgogliosi. Cio' non e' una sorpresa assoluta: nel XX secolo abbiamo capito che l'uomo e' divenuto una minaccia per la sua stessa sopravvivenza. Grazie ai progressi folgoranti della scienza, ha svelato il segreto della materia ed e' diventato capace di trasformarla, ma questo vuol dire anche che siamo minacciati tanto da esplosioni nucleari quanto dal surriscaldamento del pianeta, tanto dall'effetto serra quanto dalle mutazioni della specie, effetto delle manipolazioni genetiche... * Siamo fieri della liberta' di cui godono le persone nei nostri paesi, dell'assenza di controlli assillanti, della possibilita' di viaggiare senza renderne conto a chicchessia, della permeabilita' delle frontiere. Oggi scopriamo che questa liberta', che ci e' tanto cara, facilita enormemente l'azione dei terroristi... Di fronte alla sfida rappresentata dal nuovo terrorismo, individuale e globalizzato allo stesso tempo, taluni sono tentati a dare una risposta altrettanto globale, una evoluzione che permetterebbe di instaurare un governo planetario. Tutte le grandi potenze e tutti gli Stati sono ostili al terrorismo in quanto esso minaccia l'ordine stabilito, perche' non mettersi d'accordo per stroncare insieme questo nemico? Avrebbero a disposizione una forza armata comune, la legge e l'ordine sarebbero garantiti ovunque e l'umanita' potrebbe finalmente dormire sonni tranquilli. E' sufficiente, tuttavia, dare uno sguardo agli embrioni di Stato mondiale cosi' come esistono oggi, per vedere svanire ogni ottimismo a questo proposito. La ragione e' semplice: la forza resta nelle mani di singoli paesi ed essa e' sempre impiegata, innanzitutto, per il loro proprio interesse. Gli Stati Uniti, la prima potenza militare del pianeta, sospendono il pagamento della loro quota alle Nazioni Unite quando rischiano di doversi piegare ai suoi dettami, ma li regolano il giorno in cui hanno bisogno del suo mandato per punire l'Afghanistan: si puo' vedere qui un segno del rafforzamento dell'organizzazione mondiale? E chi puo' considerare seriamente l'annuncio del Tribunale penale de L'Aja di una giustizia planetaria quando si vede, da un lato, che i suoi interventi ubbidiscono strettamente agli interessi dei loro finanziatori, come gli Stati Uniti, mentre, dall'altro lato, nessuna ingerenza internazionale e' prevista laddove la giustizia e' tradita quotidianamente, come nel caso della popolazione palestinese in Israele? Gli organismi internazionali non sono, e non possono essere dunque, nel mondo reale, che un riflesso dei rapporti di forza tra i paesi, ogni altra pretesa rivela ingenuita' o ipocrisia. Se questo rimedio e' inefficace, come fare per proteggerci contro le nuove minacce, in cosa deve consistere il nuovo ordine mondiale? Si potrebbe constatare che dovremmo avere tutto l'interesse a preservare e rafforzare le nostre istituzioni politiche e prima di tutto lo Stato, o un gruppo di Stati, come l'Unione Europea. Non lo Stato-Nazione, etnia, razza o religione, ma lo Stato-entita' politica. Esso soltanto ci puo' proteggere. Da una parte, dalla potenza smisurata degli individui, dall'altra, dalla tutela prevaricatrice del gendarme universale, dell'impero unico: un mondo policentrico, plurale e fondato sull'equilibrio e la reciprocita' e' preferibile a un pianeta unificato. Entita' intermedia tra l'universale e l'individuale, il corpo politico resta il miglior garante delle fragili acquisizioni della nostra civilta'. Ma teniamo a mente, soprattutto, che l'esistenza umana e' destinata a restare, per sempre, per dirla con Montaigne, un "giardino imperfetto" e che il rimedio miracoloso non esiste: ogni vittoria ha un prezzo. 4. FABIO GAMBARO INTERVISTA TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "La repubblica" dell'8 settembre 2001] Un originalissimo percorso intellettuale caratterizza il lavoro di Tzvetan Todorov, lo studioso francese di origine bulgara che, partendo dallo strutturalismo e dalla teoria della letteratura, si e' in seguito occupato di storia della cultura e delle idee, di filosofia morale e politica, rivendicando sempre il diritto di "infrangere le barriere che separano le discipline nell'ambito delle scienze umane". Numerosi saggi - tra cui La conquista dell'America, Critica della critica, Noi e gli altri e Le morali della storia - testimoniano di questo variegato e appassionante percorso "centrato sull'essere umano e le sue societa'". A queste opere sta ora per aggiungersi Memoria del male, tentazione del bene (in uscita da Garzanti in ottobre), un'approfondita e personale indagine sul secolo appena concluso, un secolo "tragico" caratterizzato dalla nascita del totalitarismo. Muovendosi tra storia e filosofia politica, Todorov offre un contributo originale al vasto dibattito in corso sull'eredita' e l'interpretazione del Novecento. "Il dato piu' importante della storia europea del XX secolo e' la nascita, lo sviluppo e la fine del totalitarismo", spiega lo studioso che parlera' oggi al Festivaletteratura di Mantova. "Certo, nei secoli passati abbiamo avuto molti regimi autoritari e dispotici. Il totalitarismo novecentesco presenta pero' alcuni aspetti del tutto particolari. Innanzitutto, nasce da utopie che aspirano a realizzare il paradiso in terra, qui e ora, sfruttando un'ideologia scientista, per la quale il mondo e' conoscibile in toto e la tecnica una garanzia di un miglioramento continuo. Per questa ideologia, gli ideali derivano dalla conoscenza e quindi i fini della societa' ne sono il prodotto. Il comunismo e il nazismo promettevano entrambi una societa' perfetta appoggiandosi a una conoscenza scientifica". * - Fabio Gambaro: Negli ultimi anni il parallelo tra comunismo e nazismo e' stato all'origine di molte polemiche. Qual e' la sua posizione? - Tzvetan Todorov: Questo parallelo era corrente negli anni Trenta, ma e' diventato un tabu' dopo la seconda guerra mondiale, per via del ruolo giocato dall'Unione Sovietica durante il conflitto e per il carattere eccezionale dello sterminio degli ebrei. Oggi questo tabu' e' caduto, e secondo me cio' e' un bene, perche' solo paragonando i due totalitarismi e' possibile vederne le differenze. Sul piano strutturale le somiglianze sono evidenti, mentre sono diversi i rispettivi atteggiamenti nei confronti dello sterminio dei prigionieri. Per i nazisti coloro che devono morire sono dei sottouomini e la loro morte diventa un fine. Nei gulag dello stalinismo, invece, i prigionieri sono degli schiavi da spremere fino all'ultima forza. La loro morte, quindi, non e' un fine in se'. Questa differenza tra i due totalitarismi mi sembra essenziale. * - Fabio Gambaro: Analizzando il male presente nel secolo passato, a piu' riprese lei denuncia la "tentazione del bene". Perche'? - Tzvetan Todorov: I pensatori cristiani si sono sbagliati mettendoci in guardia contro la tentazione del male, perche' in realta' sono molto pochi gli individui tentati dal male. In compenso tutte le grandi sofferenze dell'umanita' nascono dalla tentazione del bene, che ci si ostina a cercare con tutti i mezzi disponibili, e perfino con la violenza e la morte degli altri. I totalitarismi hanno sterminato con la scusa di imporre un mondo perfetto. Ma la realta' umana, come diceva Montaigne, e' un giardino imperfetto, destinato a restare tale. Il male in nome del bene pero' non e' una specialita' esclusiva dei regimi totalitari. Anche le democrazie cadono a volte in questa tentazione, come e' accaduto a Hiroshima o anche di recente con la controversa guerra del Kossovo. * - Fabio Gambaro: L'eredita' del Novecento da lei indagato e' tutta negativa? - Tzvetan Todorov: Nel secolo delle tenebre, per fortuna, esiste anche un versante luminoso dell'umanita', che spesso si manifesta nei singoli individui. Vasilij Grossman, Primo Levi, David Rousset ne sono un esempio, come pure Germaine Tillion o Margarete Buber Neumann, la quale ha conosciuto sia i gulag di Stalin che i campi di concentramento nazisti. Tutti costoro hanno saputo affrontare il male senza considerarsi un'incarnazione del bene. Si sono battuti, hanno resistito, hanno rifiutato la passivita' di chi si volta dall'altra parte e non vuole vedere, non dimenticando pero' che noi uomini saremo sempre un giardino imperfetto. * - Fabio Gambaro: Erano animati da quello che lei chiama "l'umanesimo critico"? - Tzvetan Todorov: L'umanesimo e' il pensiero che soggiace alla democrazia, perche', affermando l'universalita' del genere umano, rifiuta ogni discriminazione e sancisce l'eguaglianza degli uomini di fronte alla legge. L'umanesimo difende anche la liberta' di pensiero e la responsabilita' del soggetto, come pure la sovranita' popolare, non dimenticando che il benessere dell'uomo e' il solo fine dell'uomo, senza altri fini superiori. L'umanesimo pero' deve essere critico, per evitare le derive del passato, quando e' stato utilizzato in maniera distorta e al servizio di altre finalita'. E' ad esempio con l'universalismo che furono giustificati il colonialismo e l'imperialismo. Come pure non bisogna cadere in un ingenuo culto dell'uomo, ma occorre sempre avere coscienza del male che gli uomini sono capaci di fare. 5. RENATO MINORE INTERVISTA TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "Il messaggero" del 23 gennaio 2002] La teoria della letteratura, la linguistica strutturale, le diversita' delle culture, l'esilio dello straniero, il funzionamento delle democrazie, l'analisi dei totalitarismi... Il cammino su cui si e' mosso Tzvetan Todorov dal 1963, quando e' venuto da Sofia a Parigi, fino a oggi, e' davvero singolare. Con apparenti fratture, dal rigore degli studi nella prospettiva della teoria del linguaggio e della storia del fantastico ai rapporti tra pluralita' e identita', totalitarismo e democrazia. Ma il sessantatreenne critico, storico e filosofo che attualmente e' direttore di ricerca del Cnrs e che sabato ricevera' a Percoto il premio Nonnino per l'opera omnia, difende il filo di una sostanziale continuita': "Ho voluto utilizzare il mio sapere nell'analisi dei testi, orientandolo verso argomenti che mi riguardavano non superficialmente". Una continuita' nel cambiamento, per infrangere le barriere che separano le discipline, nell'ambito delle scienze umane e sociali, in questioni per cui esiste "affinita' esistenziale". Todorov aggiunge: "Nella conoscenza dell'uomo, non e' possibile mettere insieme informazioni raccolte su internet. In questo caso non si aggiunge niente di nuovo a quanto non si conosca gia'. Quello che affronti deve toccare in profondita', cercare la verita' dentro di noi, non fuori". Cosi', nel suo ultimo Memoria del male e tentazione del bene (Garzanti, 398 pagine, 19,63 euro), ecco un'analisi appassionata e personale del secolo appena concluso, "tragico" perche' segnato dalla nascita del totalitarismo. Un saggio contro il manicheismo, "contro l'idea che il bene e il male possano essere divisi in maniera netta e definitiva. Contro l'idea che tende ad identificare se stesso nel bene, relegando il male all'esterno, qualcosa di definitivo". Un esempio che deriva da grandi testimoni del secolo passato come Primo Levi. "Ne' eroi ne' santi" che ricordano le virtu', la pratica a favore del prossimo, niente di spettacolare, cose d'ogni giorno... "Levi parla con grande equilibrio e misura dell'esperienza del male, la piu' violenta che si conosca. E' in grado di cogliere la differenza tra bene e male. Possiede una straordinaria lucidita', una fiducia nell'uomo non ingenua, una consapevolezza che la decadenza non e' mai completa, che l'uomo continua ad avere la possibilita' di scegliere e che puo' agire in un modo buono. Siamo abituati a liquidare il mondo tra generosi ingenui e cinici lucidi: scrittori come lui dimostrano possibile una lucida generosita'. * - Renato Minore: Possiamo ancora essere minacciati, in un futuro prevedibile, dal ritorno del mondo totalitario? - Tzvetan Todorov: Le esperienze totalitarie hanno lasciato segni profondi e dolorosi. Nella generazione dei nostri figli e nipoti non si avra' il ritorno di un'ideologia basata su uno stato di polizia, con l'obiettivo di controllare la vita di ogni individuo. Non per questo prevedo un avvenire roseo: il totalitarismo puo' prendere altre forme, puo' assumere altre idee. * - Renato Minore: Vinto il totalitarismo, non tutti i pericoli sono scartati. Lei individua tre "derive" per la democrazia: l'identitaria, la moralizzatrice, la strumentale. Le sembrano piu' vive e attuali dopo l'undici settembre? - Tzvetan Todorov: Bush si e' presentato come l'incarnazione del bene dinnanzi a una divisione tra bene e male divenuta assoluta. E' la deriva moralizzatrice. Quella strumentale? C'e' stata: si e' preferito delegare la soluzione dei problemi all'esercito, ai militari che devono servirsi dei mezzi che hanno a disposizione. E la deriva identitaria? E' arrivata puntualmente nel momento in cui si e' voluto far passare come universali - qualcosa di piu' nobile di un semplice patriottismo posto a difesa della nostra identita' - le ragioni che difendono la nostra "tribu'". Si': i pericoli per il funzionamento delle democrazie si sono accentuati. * - Renato Minore: Ma dall'analisi del totalitarismo e dei rischi della democrazia lei ora passa alla bellezza? In che senso? - Tzvetan Todorov: Nel libro che sto scrivendo lavoro su qualcosa di meno tragico. Sulle persone che hanno creduto nella bellezza come guida della vita. Ognuno ha un germe di questa idea in se'. Vorremmo che la nostra vita fosse bella come gli oggetti che ci circondano. In questo momento il mio libro preferito e' l'opera di Wilde. Ha creduto nella bellezza, ma non ha funzionato, un destino drammatico che vorrei capire meglio. Non mi trovo a mio agio con le questioni astratte, interrogo in maniera filosofica i racconti che affronto. * - Renato Minore: Non la tenta una piu' esplicita invenzione? Uno dei suoi ultimi libri, "Una tragedia vissuta", si trasforma quasi in romanzo. - Tzvetan Todorov: La lascio a Eco, cosi' bravo. E, poi, ho una moglie che scrive, due romanzieri sotto lo stesso tetto sono troppi, si finirebbe per litigare. La divisione dei ruoli e' ferrea: io saggi, lei storie. Per l'armonia casalinga". * - Renato Minore: Lei crede che la coppia possa ancora sopravvivere? - Tzvetan Todorov: L'individuo si realizza solo in rapporto agli altri, la relazione piu' forte che si conosce e' l'amore. La coppia non e' in crisi, e' semmai in crisi il matrimonio, forse la fedelta', la durata del rapporto. Noi trasformiamo qualcosa in se' assai fragile - il legame di coppia appunto - in qualcosa di assoluto, che non puo' essere scalfito, una sorta di creazione. E' una sorta di miracolo che ogni essere umano e' in grado di compiere, una delle cose che riescono meglio. Dice Descartes: "Non esiste nessun essere umano tanto imperfetto da non poter essere amato in maniera perfetta". Ovvero: siamo pieni di debolezze e di difetti, ma la relazione diventa perfetta. * - Renato Minore: Penso in questo momento ai "Frammenti di un discorso amoroso". E' un libro che ha contato per lei che si e' formato con Barthes? - Tzvetan Todorov: Il rapporto con Barthes non riguarda il dettaglio o il contenuto di un singolo libro. E' stato quello con un essere umano di grande qualita', di grande acutezza, di grande valore, che ha molto contribuito a fare di me quello che ora sono. 6. CESARE MARINETTI INTERVISTA TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "La stampa" del 24 gennaio 2002] Attenti al bene, non fatevi tentare, ha fatto piu' vittime del male. Cosi' dice Tzvetan Todorov, storico e filosofo, ragionando su quest'inizio di secolo dopo aver chiuso quell'altro con una sentenza che sapeva di definitivo: il totalitarismo e' morto. * - Cesare Marinetti: E invece, l'11 settembre l'annuncio di un nuovo totalitarismo e' apparso nei cieli di New York: professor Todorov, non l'aveva sepolto un po' troppo in fretta? - Tzvetan Todorov: Il totalitarismo del XX secolo in Europa e' morto e non c'e' rischio che torni, ne' nella nostra generazione, ne' in quella dei nostri figli e nemmeno dei nostri nipoti. Questo non significa che non ci siano nuovi pericoli, anche peggiori. Io non credo nella fine della storia. * - Cesare Marinetti: Secondo lei Bin Laden e i suoi kamikaze non si portano dentro un'idea totalitaria? - Tzvetan Todorov: Non sono convinto. Non e' l'azione di uno stato, ma di un gruppo di individui senza stato che attaccano con successo lo stato piu' potente del mondo. Piuttosto che agli scenari di Orwell in 1984, mi sembra una realta' piu' simile a quella di Ian Fleming nella serie di James Bond in cui miliardari megalomani attaccavano il mondo per diventarne padroni. * - Cesare Marinetti: Usando i mezzi e le armi piu' sofisticate. - Tzvetan Todorov: Direi di piu'. E' grazie alle caratteristiche della nostra societa' di cui siamo piu' fieri che questi attacchi sono tanto pericolosi e i terroristi imprendibili: la possibilita' di una liberta' totale, la facilita' di viaggiare, l'accesso alle informazioni anche segrete per fabbricare armi batteriologiche e forse nucleari. * - Cesare Marinetti: Ma tutto questo non risponde a un progetto totalitario? - Tzvetan Todorov: Mentre il totalitarismo si realizza in uno stato che sottomette i cittadini, fisicamente e moralmente, il terrorismo di oggi si esercita contro nemici lontani. Il fanatismo religioso e' importante, ma non ha la stessa forza che ha l'ideologia nei regimi totalitari, di destra e di sinistra. Il passaggio del secolo e' veramente significativo. * - Cesare Marinetti: Professor Todorov, nel suo ultimo libro lei condanna anche la "tentazione del bene". Che significa? - Tzvetan Todorov: E' la tentazione di considerarsi l'incarnazione del bene e di agire con la certezza di avere un diritto morale da imporre agli altri. E' accaduto con Iraq e Jugoslavia. E anche l'11 settembre. Non a caso il presidente Bush ha subito parlato di lotta del bene contro il male usando gli stessi termini dei terroristi islamici. Stesso manicheismo e la stessa tentazione del bene. Io penso che le democrazie dovrebbero evitare di imporre il bene: nella storia le vittime di coloro che hanno pensato di incarnare il bene sono molto piu' numerose di quelle dei malvagi. * - Cesare Marinetti: Cio' significa che lei condanna la risposta armata contro i terroristi di Al Qaida? - Tzvetan Todorov: L'attacco terroristico necessitava di una risposta per tentare di sradicare questo pericolo, non in nome del bene ma della difesa della nostra esistenza: gli europei hanno avuto ragione nel sostenere gli americani perche' gli attacchi erano diretti anche contro di loro. * - Cesare Marinetti: Allora in questo caso la "tentazione del bene" era legittima? - Tzvetan Todorov: Bisognava difendersi e colpire i veri autori degli attentati e non un popolo. Ma nella misura in cui gli attacchi sono stati limitati e ci sono state poche vittime civili - per quel che ne sappiamo, ma puo' darsi che siamo male informati - direi che questo intervento e' stato relativamente giustificato. * - Cesare Marinetti: Lei e' stato molto critico con l'intervento armato della Nato nei Balcani. Alla luce di quanto e' successo dopo, con la caduta di Milosevic, non pensa che quell'intervento sia stato necessario? - Tzvetan Todorov: Nell'immediato, il regime di Milosevic si e' rafforzato perche' il popolo serbo si e' sentito solidale un po' come e' accaduto agli americani con il presidente Bush subito dopo l'11 settembre e se c'erano critiche esse sono state messe nel cassetto come accade quando l'unita' nazionale e' in pericolo. Ma penso che c'erano altri mezzi per far cadere Milosevic e sono stati trovati un anno dopo, quando l'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno aiutato l'opposizione jugoslava a mostrarsi unita e vincere le elezioni. * - Cesare Marinetti: Vuol dire che l'intervento armato e' stato inutile? - Tzvetan Todorov: Di piu': l'intervento e' stato fatto contro la pulizia etnica. Il risultato finale e' stato invece quello di rafforzare la pulizia etnica: si e' creato un Kosovo etnicamente omogeneo dal quale sono stati espulsi serbi, turchi, tzigani. E dall'altra parte c'e' un Serbia che non e' piu' una Jugoslavia dove ora vivono soltanto serbi. Non c'e' da esserne fieri. * - Cesare Marinetti: Lei non pensa che gli stati democratici abbiano un diritto di ingerenza contro gli stati totalitari? - Tzvetan Todorov: Io penso che sia un diritto ingiustamente rivendicato perche' implica l'intervento militare e consiste nell'imporre il "bene" agli altri. Noi europei ne abbiamo una lunga tradizione con le Crociate o le guerre coloniali. In nome del nostro regime politico superiore - e penso effettivamente che la nostra democrazia sia superiore - saremmo in diritto di imporre il bene agli altri. E' un diritto che nessuno ci ha dato. * - Cesare Marinetti: Pero' riconosce che Unione Europea e Stati Uniti hanno avuto un ruolo positivo, per esempio in Serbia, aiutando l'opposizione? - Tzvetan Todorov: L'idea di influenzare la politica degli altri non mi scadalizza, ma senza bombardamenti "umanitari". Per esempio l'Unione Europea ha avuto ragione con l'Austria di Haider: non si e' mandato un esercito, la scelta degli austriaci e' stata rispettata, ma si e' considerato che qualcosa fosse contraria ai principi dell'Unione e che pertanto l'Austria dovesse soffrire per un po'. Cosi' si e' evitata una deriva xenofoba. * - Cesare Marinetti: Le democrazie sono regimi deboli? - Tzvetan Todorov: E' un problema che non sara' mai risolto e sul quale bisogna vigilare. Le democrazie non danno forte identita' e i cittadini sono tentati, per esempio, dalla xenofobia. C'e' poi il rischio di una deriva strumentale che consiste nello scambiare per fine cio' che e' mezzo inseguendo lo sviluppo economico e dimenticandosi dell'uomo. C'e' una deriva moralizzatrice che consiste nell'imporre agli altri il nostro modello, anche con le armi. Ecco: non bisogna lasciare che i militari guidino la politica, la politica deve guidare i militari. 7. GRAZIELLA DURANTE INTERVISTA TZVETAN TODOROV [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 giugno 2004] Il nome di Tzvetan Todorov e' noto per i suoi fondamentali studi sui formalisti russi. Docente dell'Ecole pratique des hautes etudes e della Yale University e direttore del Centre de recherche sur les arts et le language di Parigi, da alcuni anni ha affiancato alla sua ricerca di critico letterario un ripensamento filosofico sul ruolo del soggetto nel costituirsi della Storia. Significativi su questo versante sono i suoi recenti contributi riguardo all'attuale scenario geopolitico e al conflitto in Iraq (ricordiamo Il nuovo disordine mondiale. Le riflessioni di un cittadino europeo, Garzanti). In Italia su invito dell'Universita' di Cosenza e del Teatro Parenti di Milano per partecipare a un seminario su "l'Utopia e l'Eresia", il teorico di origine bulgare si definisce, nella nostra breve conversazione, "un europeo del XX secolo" abituato al vecchio ordine mondiale che si basava sulla rivalita' tra due superpotenze e due sistemi politici e ideologici ben individuabili, ma che non puo' che constatare che quel mondo non esiste piu' e che sono altri le tensioni e i conflitti che caratterizzano il cosiddetto "nuovo ordine mondiale". * - Graziella Durante: Qual e' la maggiore novita' di questo nuovo ordine? - Tzvetan Todorov: Dopo l'11 settembre la principale novita', a mio avviso, sta nell'aumento della potenza di singoli individui o di gruppi di individui. Prima solo uno Stato, uno tra i piu' potenti anche, era in grado di organizzare un'azione tanto complessa come quella a cui abbiamo assistito. Questa volta e' stata opera di una quindicina di persone. Credo che gli sviluppi di questa situazione potranno essere ancora piu' drammatici di quelli che caratterizzano attualmente le relazioni tra gli stati e tra gli esseri umani. Questi uomini e donne, associati tra loro per il conseguimento di un obiettivo, potrebbero infatti procurarsi armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche, nucleari) e attentare all'esistenza di tutto il pianeta. Finora non e' accaduto, ma non e' ipotesi cosi' lontana dalla possibilita' che si realizzi. * - Graziella Durante: Lei crede che questo tipo di terrorismo annunci la tanto temuta epoca incentrata su uno scontro tra civilta'? - Tzvetan Todorov: E' facile cadere nell'errore di credere che si tratti di uno scontro tra civilta'. I protagonisti del conflitto in corso possono essere interessati a presentarlo sotto questa veste per garantirsi l'adesione e il consenso a livello mondiale: guerra santa islamica da una parte e crociata cristiana dall'altra. Ma non tutto l'Islam e' guerriero, non piu' di ogni cristianesimo e, soprattutto, non tutte le cause della guerra sono religiose. Gli attentati non rappresentano un nuovo attacco della barbarie alla civilta', o dell'oppressione contro la liberta', o del male contro il bene. Le guerre sono sempre state condotte in nome di nobili ideali e lo stesso fanatismo appartiene a tutti i tempi. Quello che e' terrorismo per alcuni e' la lotta per la liberta' di altri. Le faccio un esempio: prima di prendere il potere, le milizie sioniste in Palestina erano considerate organizzazioni terroriste, come anche il Fln in Algeria, l'Anc in Sudafrica, i mujaheddin nell'Afghanistan occupato dai sovietici o l'Uck in Jugoslavia. Una volta conquistato il potere o liberato il paese dall'occupazione non sono state piu' definite terroriste. Inoltre, non sono d'accordo con chi parla dell'esistenza di un totalitarismo islamico. Il totalitarismo implica l'unificazione di tutti i livelli della societa': l'ideologia, l'economia, la politica, la vita privata. L'islam non dispone del controllo della societa' intera alla maniera di Stalin o Hitler, solo per fare il nome delle due persone che rappresentano nell'immaginario collettivo i due modelli di societa' tipiche dei totalitarismi del Novecento. * - Graziella Durante: Ma qual e', allora, un'immagine che restituisca questo nuovo contesto geopolitico? - Tzvetan Todorov: E' come se il vecchio mondo immaginato, non troppo tempo fa, da George Orwell, quello in cui si contrapponevano immensi imperi totalitari, avesse lasciato il posto ai nemici di James Bond nei romanzi di Ian Fleming: l'Impero trema ma questa volta dinanzi alle imprese di un megalomane miliardario che, dalle sue grotte segrete, spedisce aerei kamikaze contro i grandi simboli dell'America. I terroristi hanno una rete delocalizzata e vivono grazie agli effetti di quella globalizzazione economica che ci hanno presentato con tanto entusiasmo. Le operazioni economiche sfuggono al controllo politico degli stati: si possono difendere frontiere e confini ma il denaro non si ferma alle frontiere. La cosa importante da capire e' chi e come ha finanziato un attentato come quello delle Torri Gemelle. * - Graziella Durante: Cosa pensa, invece, del nuovo messianismo americano? Il progetto di G. W. Bush pare essere quello di distruggere il "male" e instaurare la democrazia ovunque nel pianeta. Non crede che questa sia un'affermazione fondamentalista, anche se si tratta di un fondamentalismo democratico? - Tzvetan Todorov: Si', certo. E' questa la principale ragione per cui mi dichiaro contrario alla guerra in Iraq. Portare la democrazia con le bombe mi pare una contraddizione troppo evidente. L'idea di democrazia e' l'idea stessa di autonomia. Imporre la democrazia con la forza, la liberta' con la sottomissione, l'uguaglianza con l'occupazione, e' un'azione che si annulla nei suoi stessi risultati. Quest'idea americana che mi pare trionfare ci portera' a nuovi conflitti e a nuovi orrori. La vera minaccia del XXI secolo viene da qui. * - Graziella Durante: Ralf Dahrendorf ha scritto che la democrazia appare costantemente sopraffatta dal marketing politico, da una diffusa apatia elettorale e una galoppante anarchia di piazza, immobilizzata nei sistemi elettorali. Lei cosa ne pensa? - Tzvetan Todorov: Il concetto di totalitarismo ha un contenuto storico e analitico molto preciso e la mia preoccupazione, oggi, e' che si scorgano fondamentalismi ovunque. Sono certamente d'accordo pero' sul fatto che la democrazia, cosi' come l'abbiamo vissuta fino ad oggi, e' minacciata da molteplici fattori. Forse non si tratta di derive totalitaristiche in senso stretto, ma cio' non toglie che ci siano preoccupanti segnali di violenza. Nei miei ultimi lavori tendo a dimostrare che nonostante questo fosco presente il pluralismo - culturale, politico, sociale - non e' scomparso: ma la possibilita' di una sua scomparsa e' il primo, grosso pericolo della nostra contemporaneita'. E per pliuralismo mi riferismo all'imprescindibilita' di avere una netta separazione del potere economico da quello politico e di questo dal potere mediatico. * - Graziella Durante: Ma quale politica e' immaginabile in uno scenario segnato da una guerra che si vuole permanente e da una colonizzazione mediatica dello spazio pubblico? - Tzvetan Todorov: Per prima cosa, ritengo che anche in un mondo globalizzato come il nostro, l'azione politica resti possibile. Per agire oggi in vista della pace e della giustizia sociale l'unica possibilita' concreta che ci e' data e' quella di agire attraverso gruppi di stati. Per questo motivo sono un fervente sostenitore dell'idea di un'Europa unita. L'Europa unita, come potenza politica mondiale, non l'Italia da sola, non la Francia, ha una grande responsabilita' dinanzi a se'. Non parlo solo di potenza militare: non e' indispensabile che l'Europa si confronti militarmente con gli Stati Uniti. Un'Europa unita che pesa ben 450 milioni di abitanti e che si prepara ad essere una delle piu' grosse economie mondiali, puo' davvero influenzare il destino del mondo. L'unificazione europea non e' l'effetto della globalizzazione. E' vero il contrario. Il miglior modo per difendersi dagli effetti catastrofici della globalizzazione e' tendere a sistemi di stati che si alleano e tentano una politica comune. * - Graziella Durante: Alcuni filosofi o sociologi dicono da alcuni anni che e' in atto una trasformazione antropologica della specie umana causata dalla pervasivita' e dalla potenza delle tecnologie digitali... - Tzvetan Todorov: Non c'e' mutazione della specie. Pare esserci, ma non e' cosi'. E' dal neolitico che l'uomo si confronta con la tecnologia. Certo oggi siamo immersi in un mondo che ci fa vivere a strettissimo contatto con i piu' sofisticati ritrovati della scienza, ma l'uomo preserva comunque la sua caratteristica principale: la liberta' di scegliere. Puo' acconsentire o desistere agli inviti che provengono dalla scienza. L'uomo non e' programmato dalle circostanza o dalle situazioni, e' per questo che continuo a ripetere che la tecnica e' neutra, non e' moralmente ne' buona ne' cattiva, e l'uomo e' responsabile delle proprie azioni. * - Graziella Durante: Al Festival di filosofia di Cosenza in un contesto in cui si e' discusso di "Utopia ed Eresia", lei ha tenuto una lezione sulla "Potenza dell'Amore". Puo' spiegarci i motivi di questa scelta? - Tzvetan Todorov: Parto dalla considerazione che l'utopia deve sempre guidarci nella nostra esistenza di singoli e nei progetti politici che gli stati pensano di realizzare. Ma non credo alla concretizzazione reale di un'utopia. Non e' possibile realizzare il paradiso terrestre perche' la specie umana e' imperfetta esattamente come il "giardino imperfetto" di Montaigne. Montaigne spera che la morte lo raggiunga mentre lavora al suo giardino. Cio' che voglio dire e' che l'amore e' certo la dimensione piu' bella dell'esistenza umana. Oggi si puo' essere un po' scettici rispetto a quest'idea. La vita pubblica, infatti, non e' organizzata secondo il principio dell'amore ma della giustizia o dell'uguaglianza che non e' esattamente la stessa cosa. Ecco perche' insisto sulla "potenza" dell'amore. La "potenza" non e' banalmente la forza ma la possibilita'. Un costante "tendere a" che non si puo' arrestare esattamente come non e' possibile arrestare la forza che scaturisce dalla possibilita' utopica d'immaginare un mondo altro da questo. 8. ET COETERA Tzvetan Todorov, nato a Sofia nel 1939, a Parigi dal 1963. Muovendo da studi linguistici e letterari e' andato sempre piu' lavorando su temi antropologici e di storia della cultura e su decisive questioni morali. Riportiamo anche il seguente brano dalla scheda dedicata a Todorov nell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche: "Dopo i primi lavori di critica letteraria dedicati alla poetica dei formalisti russi, l'interesse di Todorov si allarga alla filosofia del linguaggio, disciplina che egli concepisce come parte della semiotica o scienza del segno in generale. In questo contesto Todorov cerca di cogliere la peculiarità del 'simbolo' che va interpretato facendo ricorso, accanto al senso materiale dell'enunciazione, ad un secondo senso che si colloca nell'atto interpretativo. Ne deriva l'inscindibile unita' di simbolismo ed ermeneutica. Con La conquista dell'America, Todorov ha intrapreso una ricerca sulla categoria dell'"alterita'" e sul rapporto tra individui appartenenti a culture e gruppi sociali diversi. Questo tema, che ha la sua lontana origine psicologica nella situazione di emigrato che Todorov si trova a vivere in Francia, trova la sua compiuta espressione in un ideale umanistico di razionalita', moderazione e tolleranza". Tra le opere di Tzvetan Todorov: (a cura di), I formalisti russi. Teoria della letteratura e del metodo critico, Einaudi, Torino 1968, 1977; (a cura di, con Oswald Ducrot), Dizionario enciclopedico delle scienze del linguaggio, Isedi, Milano 1972; La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 1977, 1981; Teorie del simbolo, Garzanti, Milano 1984; La conquista dell'America. Il problema dell'"altro", Einaudi, Torino 1984, 1992; Critica della critica, Einaudi, Torino 1986; Simbolismo e interpretazione, Guida, Napoli 1986; Una fragile felicita'. Saggio su Rousseau, Il Mulino, Bologna 1987, Se, Milano 2002; (con Georges Baudot), Racconti aztechi della conquista, Einaudi, Torino 1988; Poetica della prosa, Theoria, Roma-Napoli 1989, Bompiani, Milano 1995; Michail Bachtin. Il principio dialogico, Einaudi, Torino 1990; La deviazione dei lumi, Tempi moderni, Napoli 1990; Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversita' umana, Einaudi, Torino 1991; Di fronte all'estremo, Garzanti, Milano 1992 (ma cfr. la seconda edizione francese, Seuil, Paris 1994); I generi del discorso, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1993; Una tragedia vissuta. Scene di guerra civile, Garzanti, Milano 1995; Le morali della storia, Einaudi, Torino 1995; Gli abusi della memoria, Ipermedium, Napoli 1996; L'uomo spaesato. I percorsi dell'appartenenza, Donzelli, Roma 1997; La vita comune, Pratiche, Milano 1998; Le jardin imparfait, Grasset, 1998; Elogio del quotidiano. Saggio sulla pittura olandese del Seicento, Apeiron, 2000; Elogio dell'individuo. Saggio sulla pittura fiamminga del Rinascimento, Apeiron, 2001; Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001; Il nuovo disordine mondiale, Garzanti, Milano 2003; Benjamin Constant. La passione democratica, Donzelli, Roma 2003 (tra esse segnaliamo particolarmente Memoria del male, tentazione del bene, Garzanti, Milano 2001: un'opera che ci sembra fondamentale). ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 15 del 28 marzo 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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