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La domenica della nonviolenza. 64
- Subject: La domenica della nonviolenza. 64
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 12 Mar 2006 10:57:56 +0100
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 64 del 12 marzo 2006 In questo numero: 1. Mao Valpiana: L'ultimo viaggio di Davide Melodia 2. Davide Melodia: Cenno autobiografico 3. Alcuni interventi di Davide Melodia 4. Davide Melodia: Come neutralizzare il virus della violenza 5. Davide Melodia: Corresponsabili della guerra 6. Davide Melodia: Il sinistro scenario mondiale 7. Davide Melodia: Ecopacifismo e animali 8. Davide Melodia: Con le bombe 9. Davide Melodia: Due pensieri 10. Davide Melodia: Un epigramma 11. Davide Melodia: Resistenza e memoria storica 12. Davide Melodia: Speranza da Firenze 13. Davide Melodia: La nonviolenza, una scelta difficile 14. Davide Melodia: Scienza e coscienza 1. MEMORIA. MAO VALPIANA: L'ULTIMO VIAGGIO DI DAVIDE MELODIA [Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questa testimonianza. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario. Davide Melodia, amico della nonviolenza, infaticabile costruttore di pace, era nato a Messina nel 1920, figlio di un pastore evangelico socialista e pacifista; fratello di Giovanni Melodia (1915-2003, antifascista, deportato a Dachau, segretario nazionale dell'Aned, testimone e studioso della Shoah); prigioniero di guerra nel 1940-'46; maestro elementare, pastore evangelico battista, maestro carcerario, traduttore al quotidiano "Il Giorno", pittore, consigliere comunale e provinciale, dirigente dei Verdi; pacifista nonviolento, segretario del Movimento Nonviolento (1981-'83), segretario della Lega per il Disarmo Unilaterale (1979-'83), membro del Movimento Internazionale della Riconciliazione, vegetariano, predicatore evangelico, dal 1984 quacchero. Ma questa mera elencazione di alcune sue scelte ed esperienze non ne rende adeguatamente la personalita', vivacissima e generosa. E' deceduto a Verbania l'8 marzo 2006. L'ultima delle opere di Davide Melodia e' Introduzione al cristianesimo pacifista, Costruttori di pace, Luino (Va) 2002] Erano tantissimi gli amici di Davide Melodia riuniti stamane nella Chiesa Evangelica Metodista di Intra, per porgergli l'ultimo saluto. Dopo il canto degli inni e' stato il momento delle letture sacre, dal Vangelo di Giovanni: Gesu' che lava i piedi ai discepoli, e Gesu' che moltiplica i pani. Sono stati scelti questi passi per ricordare l'umilta' e il senso del servizio che erano molto forti in Davide, e per richiamare il suo attivismo incessante, che moltiplicava le iniziative per la nonviolenza. Dopo il sermone del pastore evangelico tanti amici hanno portato la loro testimonianza, o un ricordo di Davide, che ha lasciato un segno profondo nella comunita' locale. Non so dire i nomi di tutti gli intervenuti, ma quello che piu' mi ha colpito e' stato un giovane ghanese, che ha raccontato come in Davide abbia trovato un disponibilissimo e generoso maestro di lingua italiana: "il signor Davide non mi ha insegnato solo le parole della vostra lingua, ma soprattutto mi ha insegnato buone idee, buoni valori, l'amore per la pace". Poi altre testimonianze: il gruppo locale dei "costruttori di pace" che organizzera' un concorso di poesie intitolato a Davide; l'intervento del presidente della Provincia di Verbania, che ha avuto parole commosse per "un rappresentante istituzionale che infondeva rispetto e testimoniava alti valori, vivendoli in prima persona"; gli amici quaccheri che hanno chiesto, secondo il loro rito, alcuni minuti di silenzio. Infine ho ricordato come Davide Melodia sia stato uno dei pionieri della nonviolenza italiana: aderente al Movimento Internazionale della Riconciliazione, segretario del Movimento Nonviolento, fondatore della Lega per il Disarmo Unilaterale, ma anche ispiratore della Lega Nonviolenta dei Detenuti, attivissimo negli anni Settanta nel movimento per la riforma carceraria. L'abbiamo ricordato anche per la presenza vivace e originalissima alle marce antimilitariste, con i suoi momenti teatrali e artistici. E proprio all'artista nonviolento alla fine abbiamo tributato un lunghissimo e commosso applauso. Sulla sobria ed essenziale cassa in legno e' stata distesa la bandiera della nonviolenza con il fucile spezzato, che tanto piaceva a Davide. Alla cerimonia erano presenti i figli Marco e Paolo, che ci hanno confidato che Davide si e' spento dicendo con flebilissima voce: "Consegnatemi a Gesu' per la Pace". Il corpo di Davide sara' cremato nei prossimi giorni. Il suo desiderio e' che le ceneri vengano disperse nel mare di Livorno, citta' adottiva da lui molto amata. 2. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: CENNO AUTOBIOGRAFICO Nato il 10 agosto 1920 a Messina, Davide Melodia e' figlio del pastore evangelico battista Vincenzo. Soldato in cavalleria nel 1939, inviato in Libia nel 1940 prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, cadeva prigioniero dell'esercito britannico alla fine del '40. Dopo sei anni e un mese di prigionia in Egitto e in Sud Africa, nel 1947 divenne maestro lementare, e nel 1949 e' stato nominato pastore evangelico, come il padre, per operare a Sarzana, La Spezia e Prato. Dopo altri sei anni, lasciato il pulpito, ha fatto esperienze di insegnante di inglese in scuole private e nell'Ente nazionale educazione marinara a Livorno, quindi ha svolto attivita' di guida turistica e interprete di inglese e francese, e infine e' stato per cinque anni maestro carcerario. Nel frattempo ha approfondito la conoscenza della storia tedesca, specialmente la parte relativa alla seconda guerra mondiale e al nazismo, per comprendere i problemi dei Lager nazisti e collaborare con il fratello Giovanni, reduce dal campo di concentramento di Dachau. Nel 1960 trovava presso la Libreria Belforte di Livorno il libro: The Case against Adolf Eichmann, autore Henry A. Geiger, che proponeva all'editore Cino Del Duca di tradurre. A Milano, dal 1961 al 1968, e' stato traduttore di redazione da quattro lingue - Inglese, francese, tedesco, spagnolo - presso il giornale "Il giorno". Si interessava nel frattempo di problemi carcerari con la Lega nonviolenta dei detenuti, e alla luce dell'esperienza pubblicava un libro-documento, Carceri. Riforma fantasma, nel 1976. Nei primi anni '70 e' stato insegnante di lingua Italiana presso l'Istituto Dante Alighieri di Milano. Sempre negli anni '70 e' stato due volte rappresentante del Movimento Nonviolento presso i Congressi della Wri in Europa, e nel 1985 lo ha rappresentato alla Triennale del Wri a Vedchi, in India. Dal 1972 e' vegetariano. Tornato a Livorno e' stato nuovamente guida turistica, poi insegnante delle guide, e per quella citta' ha pubblicato una breve Guida, ed una monografia sullo storico cimitero inglese. Dal 1979 e' tornato alla predicazione come predicatore evangelico, a disposizione di qualsiasi comunita' protestante, a Livorno, Pisa, Piombino, Isola d'Elba, Carrara, La Spezia, Imperia, Rho, e dal 1990 a Verbania, Omega, Luino, Como, Imperia, Rho, Canegrate, Paderno Dugnano. Nel 1985 si reca in India ad una Triennale della Wri, e l'anno successivo partecipa ad una Marcia per i bambini del mondo da Ahmedabad, e alla tomba di Gandhi, Delhi. Sempre negli anni '80 collabora con i Nipponzan Myohojii, monaci buddisti pacifisti giapponesi, per presentare una lettera del sindaco di Hiroshima alla Accademia navale di Livorno, a Camp Darby di Pisa, alla Nato di Verona, e a Londra all'inaugurazione di una Pagoda della pace nel Kensington Park. Ancora negli anni '80, per conto della Societa' religiosa degli amici (Quaccheri), partecipa al grande Convegno ecumenico internazionale della Jpic (Justice, Peace, Integrity of Creation) ad Assisi, e poi a quello di Basilea. Impegnato politicamente con i Verdi, e' stato consigliere comunale a Livorno, poi, raggiunto il Lago Maggiore, e' stato consigliere provinciale del Verbano Cusio Ossola, (Vco), sempre per i Verdi. Pacifista nonviolento dal 1947, da subito in contatto con la War Resisters International (Wri), membro del Movimento Nonviolento dal 1972, ne e' stato il segretario per alcuni anni, cosi' come lo e' stato della Lega per il disarmo unilaterale, fondata dallo scrittore Carlo Cassola. Dal 1979 e' tornato alla predicazione evangelica, e dal 1983 ha approfondito i valori della nonviolenza, della pace e dell'amore con i Quaccheri, su cui ha scritto alcuni saggi inediti. Predica nelle chiese evangeliche di ogni denominazione. Dal 1976 ha aggiunto ai valori della pace e del cristianesimo quelli della salvaguardia della natura, attraverso i Verdi. Da anni tiene, nelle scuole medie e superiori, lezioni sulla storia del pensiero e dell'azione nonviolenta. 3. MEMORIA. ALCUNI INTERVENTI DI DAVIDE MELODIA Riproponiamo di seguito una selezione degli interventi di Davide Melodia apparsi nel corso degli anni su "La nonviolenza e' in cammino". Abbiamo preso come punto di partenza la sua riflessione successiva alla strage dell'11 settembre 2001. Prossimamente riproporremo una selezione dei suoi interventi apparsi sul nostro foglio precedentemente. 4. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: COME NEUTRALIZZARE IL VIRUS DELLA VIOLENZA [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 257] L'azione terroristica su larga scala, compiuta da quattro commandos suicidi negli Stati Uniti, ha risvegliato brutalmente e inaspettatamente il virus dormiente della violenza nel mondo occidentale, piu' a livello politico e governativo che fra le popolazioni. A causa di tale brutale risveglio, nella evidente impreparazione psicologica e logica dei nostri politici, lo spirito di vendetta, mascherato sotto una gamma alquanto estesa di nomi tranquillizzanti, ha preso piede in Occidente, autorizzando risposte violente alle provocazioni omicide. Bombardamenti non intelligenti, al momento, stanno distruggendo scientificamente un Paese considerato complice e culla del terrorismo, in vista di altre incursioni con bombe scientificamente stupide, secondo un antico ed evangelicamente superato principio limitativo dell'occhio per occhio, esigendo l'accecamento di cento occhi per un occhio. Senza contare che tale azione di rivalsa puo' indurre popoli di altra cultura e religione, di recente alleanza con l'Occidente, a prendere le distanze da questo, e ad allearsi con i presunti colpevoli degli atti terroristici. Un virus, quello della violenza, innescato abilmente per provocare un disordine mondiale su cui pescare e giustificare proprie rivendicazioni, non si estirpa coltivandolo con l'uso di strumenti militari, anch'essi su larga scala. Uscendo dalla immagine, e considerando ogni violenza un male, essa va bloccata sul nascere - verso i provocatori omicidi - operando nella giustizia, non tanto per assicurarli individualmente a un tribunale internazionale, ma per togliere loro ogni motivo di rivendicazione nei Paesi da cui provengono. Ma la giustizia di cui sopra non sarebbe affatto completa se non fosse analizzata e affrontata la radice occidentale della ingiustizia provocata, vissuta e sofferta nei Paesi e dai popoli di cui i terroristi si vantano di essere i vendicatori. E per far tutto questo occorre una somma molto grande di serenita' di giudizio, di autoanalisi, di senso del vero, di nonmenzogna, di equilibrio e di equita', che in gran parte si puo' trovare nei principi e nella prassi della nonviolenza. Altro aspetto negativo della risposta violenta alla violenza e' il percorso involutivo che, per essere duri, spietati, accorti e sicuri, i Paesi occidentali stanno intraprendendo, in senso inverso alle liberta' civili che le loro democrazie hanno da tempo assicurato ai cittadini. Controlli, censure, militarizzazione di interi ambiti civili, stanno togliendo il respiro normale agli occidentali, facendo amaramente il gioco dei destabilizzatori. Abbiano il coraggio, i nostri governanti, di prendere in seria considerazione l'efficacia pacificatrice dell'antivirus nonviolento. 5. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: CORRESPONSABILI DELLA GUERRA [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 259] La guerra come vindice di torti, veri o presunti, poiche' ottiene effetti deleteri su esseri umani, animali, strutture e ambiente, da una parte e dell'altra del fronte - oggi non c'e' piu' neppure il fronte, ma una divisione mentale, ideologica, etnica o religiosa - essa stessa e' un crimine su larga scala. Colui che la sollecita, la difende, la giustifica, e' corresponsabile di tal e immenso crimine orrendo, che oggi, piu' di ieri, coinvolge civili, e provoca enormi ondate di profughi, che e' impossibile o quasi salvare dalla fame, dal freddo, dagli stenti, dalla morte. La civilta' moderna, che vanta la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, e' ancora lungi dall'attuare veri ed efficaci interventi umanitari, tali da interrompere i conflitti cruenti, dal salvaguardare creature e creato, dall'inverare la pace, dall'assecondare l'intermediazione e la ricostruzione fisica e morale di vincitori e vinti, laddove le pulsioni di guerra hanno avuto il sopravvento sulle pulsioni di pace. Se una parte consistente dei componenti dei Paesi rappresentati presso le Nazioni Unite prendessero in considerazione i principi e la prassi della nonviolenza, che offre una terza via tra la violenza e la rassegnazione, i suddetti interventi umanitari garantirebbero risultati positivi. Credo che i movimenti socio-politici che si fondano sulla nonviolenza dovrebbero operare in stretto raccordo con i rappresentanti di tali Paesi, per metterli in grado di portare nel consesso mondiale i principi e le metodiche su cui essa si fonda. 6. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: IL SINISTRO SCENARIO MONDIALE [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 262] Fino a ieri i cittadini dei Paesi occidentali potevano realisticamente dire: "nubi minacciose si addensano nel cielo del mondo", pensando alle guerre nel resto del pianeta Terra, provocate, foraggiate e armate dai propri governi e dai fabbricanti di armi. Tali guerre non li riguardavano salvo che economicamente. Al contempo, dove guerre non c'erano, cercavano, assimilavano e sfruttavano nel terzo mondo le fonti di petrolio ed ogni prodotto del sottosuolo o della superficie, utilizzando mano d'opera locale a basso costo, e perfino lavoro minorile, vendendo il tutto in occidente e altrove col massimo profitto. I problemi non mancavano, quali l'urbanizzazione delle masse contadine, col conseguente abbandono di terre coltivabili; l'esplosione demografica, col conseguenze disequilibrio delle masse umane; le crisi politiche, sociali, economiche, dovute alla caduta di regimi e di sistemi fondati sulle ideologie; l'avvento e il dilagare di un neocapitalismo liberista, e la crescente disoccupazione risultante da questo e dalle invenzioni e trasformazioni tecnologiche; l'arrivo massiccio, imprevisto e irrefrenabile di immigrati dalla aree povere del mondo - o in stato di guerra o di conflitti etnici, religiosi, politici interni -, nei ricchi paesi occidentali; la crescita progressiva del divario economico tra Nord e Sud del mondo; l'inquinamento dei tre regni della natura, piu' l'aria ed altre componenti del globo terracqueo. Ed ecco che, all'alba del terzo millennio dell'era cristiana - si fa per dire - altre nubi, sinistre, cupe, e piu' che minacciose in quanto segni reali di due uragani, dal nome tragico di terrorismo su larga scala e di risposta armata al terrorismo, figli a loro volta dello sfruttamento e di una mentalita' antica, dura a morire: il ricorso alla guerra santa. Sia i terroristi infatti, che i loro degni corrispettivi, con nomi diversi, invocano tale guerra, e la santificano nella terminologia e nella propaganda, in modi diversi ma equivalenti, senza tenere in alcun conto le sofferenze inaudite delle masse umane sul cui capo cade la lama micidiale della loro violenza. In questo scenario mondiale, improvvisamente aggravatosi in poche settimane, occorrono urgenti risposte, diverse dalla violenza, mediante forme di prevenzione del terrorismo e di rinuncia alla risposta bellica. L'occidente doveva e deve porre in essere, in quanto e' capace di farlo, atti intelligenti e concreti di intervento sociale, economico e umanitario, tempestivi e massicci, accettando in partenza il fatto che occorrera' molto tempo perche' tutto cio' produca effetti positivi e irenici. La risposta bellica richiederebbe altrettanto e piu' tempo, e dopo non lascerebbe frutti positivi, ma solo morte, distruzione e disperazione. E cio' non solo per una visione irenica e generosa della vita, ma soprattutt o per una corretta e intelligente assicurazione di un futuro che il puro egoismo puo' negare alle prossime generazioni. E cioe': I. Sul piano dell'economia e su quello socio-politico: - Ripensare la globalizzazione, per correggerne gli effetti distorti che arrecano ulteriori squilibri economici e sociali nei Paesi del terzo mondo, prevedendo in alternativa forme di assistenza tecnica, umanitaria ed egualitaria nel rispetto dei diritti umani globali. - Intervenire sulle economie del terzo mondo, che hanno accumulato debiti insolubili con le banche occidentali, mediante la riduzione o la cancellazione dei loro debiti, si' da non essere costretti a svendere i prodotti del suolo e del sottosuolo, e parte dei loro territori ad economie fiorenti. - Tenere in considerazione la proposta della Tobin Tax che, incidendo in modo lieve sulle transazioni internazionali, permette il coacervo di una immensa somma disponibile per interventi di solidarieta'. II. Sul piano dell'ecologia mondiale: - Ricercare le cause dell'"effetto serra", del buco dell'ozono, degli uragani, della desertificazione avanzante, fra cui il disboscamento di foreste tropicali e non, e rimuoverle con uno sforzo globale, fra cui il rispetto dell'Accordo di Kyoto. - Interrompere le ricerche biotecnologiche laddove, mediante prodotti transgenici, quali gli OGM, incidono sulla naturalita' dei cibi, ed hanno riflessi negativi sulla salute di esseri umani e di animali. - Ridurre progressivamente l'uso di energie pesanti, inquinanti ed esauribili, quali il petrolio e l'energia nucleare, per introdurre energie pulite, rinnovabili, inesauribili e non inquinanti, come l'energia solare, che inoltre non incidono negativamente sulle fragili economie del terzo mondo. III. Sul piano della guerra e della pace: - Bloccare immediatamente ogni intervento bellico dei Paesi occidentali contro ogni Paese del terzo mondo, quali che siano le sue presunte responsabilita'. - Bloccare la vendita di armi e di tecnologie belliche a qualsiasi Paese del terzo mondo. - Bloccare la produzione di qualsiasi arma biologica, chimica o batteriologica, e la loro vendita a Paesi del terzo mondo, distruggendo le riserve delle stesse nei Paesi occidentali. - Bloccare la produzione di armi nucleari e di bombe a contenuto nucleare. - Ridurre gli eserciti nazionali e la loro potenza distruttiva nei Paesi occidentali, e mettere reparti degli stessi a disposizione dell'Onu o di organismi internazionali controllabili. - Autorizzare e legalizzare in tutti i Paesi occidentali, ed in quelli che sono disponibili, l'obiezione di coscienza al servizio militare, e realizzare la formazione di un servizio civile non armato, addestrato ad intervenire per operazioni di soccorso in zone di conflitto o ad alto rischio di conflitto. - Prendere in seria considerazione i principi e la prassi della nonviolenza attiva, che puo', in una vasta gamma di situazioni, ovviare il rischio di conflitti, interromperli mediante l'intermediazione con corpi civili disarmati, la mediazione, il dialogo, le ambasciate di pace. 7. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: ECOPACIFISMO E ANIMALI [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 275] L'ecopacifismo non sarebbe completo se non prendesse in considerazione, oltre ai diritti degli umani e la salvaguardia della natura, i diritti degli animali. L'antropocentrismo storico deve far posto ad una posizione e ad un rapporto diverso fra gli umani ed ogni creatura vivente. Se il pacifismo nonviolento stabilisce principi e prassi di rispetto per gli esseri umani, escludendo in ogni caso il conflitto cruento e la guerra, e se l'ecologia prevede la difesa di ogni elemento della natura da interventi che la snaturano, tenendo conto del fatto che il regno animale e' un vasto e importante elemento della natura, sarebbe contraddittorio che l'ecopacifista considerasse il rapporto con gli animali una cosa di poco conto. Per questo il movimento verde deve prendere posizione al fianco degli animalisti, per difendere gli animali da ogni forma di violenza su di loro, da ogni costrizione, da ogni sport che per divertire un pubblico incosciente li uccide, da ogni lotta fra animali, addestrati a combattersi, da ogni cattivita'. Fra queste forme di violenza ci sono: la tauromachia, le lotte fra cani, i giochi del circo, i caravanserragli, i giardini zoologici, i delfinari, gli acquari... E' abile, e relativamente vero, sostenere che animali nati e vissuti in cattivita', tornando nell'ambiente di origine soffrono e sono smarriti. Ma prima o poi tale ritorno deve avere luogo, se non si vuole costringere tutta la loro futura progenie a vivere in cattivita'. Il nonviolento animalista puo' raggiungere vari livelli di impegno, a partire dalla difesa degli animali di affezione, come cani e gatti, per passare alla difesa di tutti gli animali, terrestri, volatili, nuotanti; puo' lottare contro la caccia e la pesca sportiva e oltre; puo' contrastare l'uso di animali da esperimento, delle cavie per la vivisezione; puo' lottare contro l'uso di animali per ricavarne pellicce, compresi cani e gatti, usati pure per pellicce a basso costo, evitando a tutte queste creature le sofferenze incredibili cui sono sottoposte; e infine c'e' l'animalista vegetariano, che e' contrario all'alimentazione con carni provenienti da qualsiasi tipo di animale, nel tentativo di far chiudere i macelli dove queste povere bestie vengono uccise e preparate per l'uso da parte di animali umani. Ma questo e' un altro discorso. 8. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: CON LE BOMBE [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 276] Con le bombe l'Occidente non dimostra, ahime', la superiorita' del suo mondo. Se tale superiorita', fonte di rispetto e di sana imitazione esserci deve, non sulla tecnologia, ne' sulla potenza militare, ne' sull'industria ne' l'economia, non sulla violenza o sulla strategia, ma su valori etici profondi, sulla giustizia, sulla pace, sulla verita', ed anche, perche' no? sull'amore. Con le bombe l'Occidente ha perduto, per sempre forse, l'occasione e la speranza di rispondere ai desiderata ed ai bisogni di un mondo disperato. 9. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: DUE PENSIERI [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 280] Un granello di sabbia L' umanita', rispetto all'universo infinito, e' meno di un granello di sabbia. Ogni creatura umana, rispetto all'umanita', e' come un granello di sabbia. Ma l'una e l'altra sono capaci di sviluppare un mare di violenza. Se non troveranno la via della nonviolenza, sara' il caso che cambino nome. * Cittadinanza Se l'italico parlamento approvera' l'entrata in guerra contro il terrorismo, invece di trovare altri modi, civili, economici, giuridici, razionali, per ridurlo all'impotenza, propongo ai nonviolenti di chiedere la cittadinanza ad un Paese occidentale che la guerra la rifiuta. A partire dalla Repubblica di San Marino, se non accetta anch'esso di partecipare al massacro indiscriminato. Idealmente, il nonviolento e' "cittadino del mondo", ma finche' ha una carta di identita' e un passaporto rilasciato da un Paese X o Y, e' cittadino di quel Paese. 10. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: UN EPIGRAMMA [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 320] Archimede, secondo Pappo, disse: "Dammi un punto d'appoggio, e sollevero' il mondo". Il leader supremo occidentale dice: "Dammi un bel pretesto, e distruggero' il mondo". 11. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: RESISTENZA E MEMORIA STORICA [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 377 (ampi stralci della relazione tenuta da Davide Melodia ad un convegno sulla Resistenza svoltosi ad Arona, il 22 marzo 1997; il testo che qui presentiamo e' stato riveduto dall'autore nel settembre 2002)] La memoria storica Diversamente dalla storia ufficiale, non e' un vasto ed organico coacervo di notizie e di dati sistematizzati secondo una teoria interpretativa o una ideologia X o Y, o una corrente di pensiero, bensi' e' la semplice realta' dei fatti, vissuti dai soggetti e incarnati nel tessuto socio-culturale, la' dove gli eventi si sono svolti. Non e' l'interpretazione di un singolo di fatti selezionati dallo stesso, ma l'esperienza corale di una comunita'. E' l'eredita' diretta, integrale, corretta, responsabilmente serbata per se' e per gli altri, da una intera comunita', relativa a persone, eventi, idee, influenti sul piano sociale e politico. E' un sacro deposito generalmente difeso a denti stretti dagli eredi, anche a dispetto delle autorita' e del sistema in auge nel loro Paese. Talvolta e' scritto, talaltra e' sotto forma di tradizione, altre volte di canto e perfino di favola. In questi casi la verita' va rintracciata sotto i simboli. Laddove e' necessario, viene trasmessa segretamente, in attesa di tempi migliori. Lo storico professionista, se la rintraccia, puo' farvi man bassa, e piegarla alla propria visione degli eventi, ma la verita' vera, prima o dopo, riprende il sopravvento. A questo serve la memoria storica, nel nostro caso quella genuina della Resistenza al fascismo. C'e' chi prova a cancellarla, ma non vi riuscira'. Potrebbe pero' nel tempo presente cercare di ripristinare un regime che la Resistenza aveva abbattuto, e questo puo' riuscirgli solo se il popolo non glielo impedira'. Uno dei pregi straordinari della memoria storica e' che essa tesaurizza ogni elemento, ogni particolare, piccolo o grande, degli accadimenti, si' da rappresentare un mosaico completo e prezioso per ogni ricostruzione del passato. Laddove un mosaico d'arte manchi di una o piu' tessere, e' svalutato, e un fatto storico, se viene presentato senza alcuni elementi, e' fuorviante. Non solo. Colui che ha eseguito a falsificazione e' responsabile di indurre in errore ogni persona impreparata, che ha il diritto di conoscere e di valutare da se' gli eventi. Incompletezza e menzogna storica in questo caso coincidono. Il reato di omissione e' grave quanto quello di fuorviare dalla verita'. Esistono strumenti per ovviare al falso storico? La stessa memoria storica ci fornisce due strumenti principali: i testimoni diretti, nell'immediato, e i documenti, nel mediato, che insieme forniscono al ricercatore onesto la base su cui fondare la sua ricostruzione. Poiche' i testimoni vivono per un tempo, dovrebbero preoccuparsi di lasciare traccia sicura della loro esperienza, accompagnate da prove inconfutabili, senza concessioni al compromesso, al gioco delle parti, o al calcolo. Anche i documenti devono essere confortati da prove sicure, tali da potere escludere qualsiasi contestazione. Una cosa pero' manca: un rapporto dinamico con le nuove generazioni, che poco o nulla sanno della Resistenza, e potrebbero cadere nelle trappole degli aspiranti ad un regime capitalistico autoritario. Vanno create occasioni di incontro fra chi sa e chi e' necessario e urgente che sappia. E devono sapere del regime fascista, nella giusta ottica, la dottrina e la prassi, le corporazioni, le persecuzioni agli antifascisti, agli ebrei, i delitti politici, e le guerre, e i campi di concentramento e di sterminio nazi-fascisti. Il tutto sempre e comunque nell' assoluto rispetto della verita', anche la piu' amara. Gandhi aveva adottato il termine "satyagraha", che letteralmente significa "adesione alla verita'", quale principio morale e metodo di lotta, consapevole del fatto che, quando si e' tutt'uno con la verita', si e' per cio' stesso una forza. E difatti, storicamente, per lui e i suoi seguaci e' stato cosi'. * Il revisionismo post-bellico Questo pseudo-critico mostro moderno, che attua il metodo della menzogna per confondere i lettori della storia, di cui fa strame, approfitta oggi della quasi totale assenza di testimoni dei fatti svoltisi durante il ventennio fascista e la II guerra mondiale in Europa, in quanto non sono piu' con noi e non possono difendere la verita'. E nemmeno noi lo potremmo, se quei testimoni non avessero lasciato prove documentate - e lo hanno fatto - e se non ci preoccupassimo di metterle al sicuro, perche' i regimi autoritari amano troppo i roghi di libri e di documenti, scritti nel segno della liberta'. Ma quando una intera comunita' ha vissuto una certa esperienza, e' la' che possiamo recuperare le prove, nella sua memoria storica, che esiste anche oltre i testimoni ed i documenti. Se non l'abbiamo ancora fatto, facciamolo. Sbattiamo in faccia al ciarlatano le prove inconfutabili che la Resistenza fu un fatto di popolo, che fu disinteressata, che opero' per amore della liberta' di tutti. In un momento difficile come l'attuale, in cui la destra ha rialzato la cresta e, avendo impugnato temporaneamente alcune leve di comando, parla ora con voce vellutata, ora con arroganza, promettendo il meglio e il nuovo, e' doveroso per ogni testimone superstite, per ogni erede diretto e indiretto della Resistenza, per ogni amante della liberta' di tutti, riesumare ogni grande o piccolo dettaglio che dimostra il male del nazi-fascismo, e le prospettive positive di liberta' e di giustizia insite nella lotta partigiana... E allora? E' nostro sacrosanto dovere, di fronte al grave pericolo che ci sovrasta, impedire con la forza della volonta', dell'intelligenza e dei valori che coltiviamo, far si' che riprendano vigore, affinche' i nostri figli non debbanmo tardivamente risvegliarsi in una societa' che incatena ogni speranza e soffoca la liberta', e non debbano ricominciare daccapo una lotta immane per restaurarle. Leviamoci dalle nostre comode poltrone, finche' siamo in tempo, e andiamo sollecitamente a cercare lungo tutti i filoni antifascisti che sono esistiti tra la I guerra mondiale e la fine della II, le prove della sacralita' della Resistenza alla violenza reazionaria, e senza innalzare altari e trofei, di cui non abbiamo bisogno. Operiamo come hanno fatto quei compagni, a rischio della propria vita, oggi spesso ingiuriati, e, come loro, in modo corale, col senno e col frutto dell'esperienza. Offriamo al popolo odierno una cura preventiva, un vaccino antifascista, un antibiotico democratico che lo preservi dalla infezione letale del totalitarismo. Non possiamo essere spettatori impotenti del dramma che si sta svolgendo. E' un lusso che non possiamo permetterci. Dobbiamo essere attori, protagonisti della nuova storia da scrivere. Finche' siamo in tempo. * L'Incompiuta del nostro Paese Irriverente forse, realistica sicuramente, questa espressione si riferisce all'indomani della Liberazione dal fascismo. Che tale evento sia stato grande, e' certo. Ma il processo che doveva innescare, di liberazione totale da ogni e qualsiasi residuo di fascismo, non si e' compiuto. Una liberazione, per esere completamente degna di quel nome, degna delle lotte, dei sacrifici, dei caduti, non e' solo una marcia lunga e insanguinata verso il momento liberatorio, cioe' la caduta formale del regime, ma e' il coacervo di tutti gli atti necessari ad estirpare la mala pianta con tutte le sue radici. Tutto questo non e' stato fatto, dopo. E non sono stati esautorati i servitori devoti dello Stato abbattuto; non e' stato totalmente superato il Codice Rocco, causa non ultima dei problemi della giustizia; la liberta' agognata non e' stata compiutamente assicurata; la parita' fra i sessi e', sovente, una chimera; la cultura e' ancora in buona parte privilegio di classi privilegiate; l'educazione e' destrorsa, malgrado gli sforzi; l'informazione e' controllata, frenata, falsata, teleguidata; la storia recente e' sottaciuta per non affrontare i problemi e i fatti del fascismo e dell'antifascismo; la Costituzione, fondata in massima parte sui valori democratici e antifascisti, e' spesso inattuata ed e' a rischio di revisione; strutture, istituzioni, enti pubblici stentano ad abbandonare i vecchi modelli del ventennio fascista. Queste cose scrivevo nel 1997, per un Convegno sulla Resistenza ad Arona. Oggi, nel 2002, sotto un governo di centro-destra, i difetti indicati si sono aggravati, ivi compresa la sanita', il lavoro, lo Statuto dei lavoratori, le pensioni, la giustizia, la scuola, la revisione della Costituzione, l'ambiente - messo a rischio dalle Grandi Opere di quel Governo... Il progresso tecnologico e' posto sotto tutela dalle forze economiche dominanti, mettendo a rischio l'equilibrio ecologico del territorio - il tutto a dispetto dell'etica e dei valori primordiali della vita. Poiche' non possiamo attenderci miracoli dall'alto, noi dobbiamo riprendere in mano con coraggio, determinazione e tempismo, gli strumenti della democrazia. Finche' siamo in tempo. Abbiamo sottovalutato gli avversari, figli di squadristi in orbace? Temo di si'. O prendiamo coscienza del nostro ruolo e della responsabilita' storica che ci compete, oggi, o domani non saremo piu' presi sul serio. Molti, troppi nemici della democrazia e della liberta' si annidano fra i servitori attuali dello Stato, che non monta elencare, perche' possiamo permetterci di vivere in pace. La nostra pace personale potrebbe essere causa della non pace degli altri, nonche' causa di sofferenze e di violenze per le future generazioni. Forse occorrera' una nuova Resistenza in tempo di pace che, partendo dai valori della prima, li arricchisca di esperienza, di valori e di metodi adatti al tempo presente, come la resistenza attiva nonviolenta. Per far questo, da domani, occorre dedicare tutte le nostre forze ad offrire alle giovani generazioni, nelle scuole e nella societa', una nuova educazione e, in primis, un esempio visibile di coerenza, democratica e umanitaria. * Un appello Come il pensiero e l'azione antifascista degli anni '19-'43, generalmente non armata, creava le basi culturali e ideali dell'azione resistenziale degli anni 39-45, cosi' nel futuro la ragione antifascista di ieri potra' coltivare, e ad un tempo fornire al Paese le forze morali con cui opporsi all'irrazionale che esalta i sogni della destra rampante. La situazione socio-politica e' molto diversa, oggi, sia dal '39 che dal '43; la guerra non e' in casa nostra; truppe di occupazione non bivaccano nelle nostre citta'; i surrogati odierni del fascismo, sebbene al potere semi-democratico insieme al centro-destra, non hanno una milizia armata; ma lo spirito del fascismo non e' morto, purtroppo, ne' lo sono le sue motivazioni economiche e sociali, sostenute di fatto dal sistema capitalistico occidentale che impone a tutto il mondo una soffocante globalizzazione dei suoi disvalori. Poiche' il fascismo e' un male, e lo sono tutti i suoi surrogati, per ognuno di noi e' un dovere difendersi tempestivamente da esso; se e' dietro la porta, bisogna chiuderla in tempo; se c'e' disinformazione sul suo passato, e sui suoi intenti attuali, bisogna ovviare; se e' travestito, bisogna smascherarlo; se e' segretamente armato, bisogna disarmarlo. E' vero che le ideologie, come tali e nelle loro applicazioni, sono tramontate. Ma certi ideali di giustizia e di umanita', nelle persone della sinistra, c'erano in grande misura. Essendo validi, questi ideali di liberta', di giustizia, di solidarieta', di eguaglianza, di democrazia, di pace, per ciascuno e per tutti, per gli amici e per i nemici, vanno recuperati, applicati e fatti barriera insuperabile contro ogni rigurgito dittatoriale, politico o economico. Su tali ideali deve fondarsi da domani la nuova Resistenza, per trasmetterli ai giovani. Solo cosi' potremo costruire insieme una casa comune, fondata sulla verita', dalle fondamenta cosi' profonde, cosi' rispondenti ai bisogni di un popolo civile, da rappresentare una incrollabile, autentica difesa dal veleno fascista. 12. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: SPERANZA DA FIRENZE [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 413] Dalla manifestazione del Social Forum di Firenze e oltre, una fonte di speranza. In un periodo di ambascia, di guerre e minacce di guerra, l'Inconscio dei singoli esseri umani, che umani e vivi vogliono restare, e l'inconscio del popolo, ha suonato la "diana", e la migliore gioventu' e' accorsa a gridare Pace! Pace! Pace! e Giustizia! Giustizia! Giustizia! Le masse che vi hanno partecipato lietamente, non rinchiuse nelle gabbie dei partiti, devono restare libere, ma vanno nutrite di cultura e di prassi nonviolenta. I pacifisti che gia' se ne giovano hanno davanti a se' un grande ed epocale compito da svolgere, con la parola e con l'esempio, fra queste giovani forze, prima che avvoltoi partitici, detrattori e guastatori amanti della violenza, e guerre mentecatte le facciano cadere nell'egoismo, nell'indifferenza, nella delusione. La speranza deve tradursi in realta'. La diana e' suonata anche per noi. 13. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: LA NONVIOLENZA, UNA SCELTA DIFFICILE [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 460-462] Per me la nonviolenza e', prima di tutto, la proiezione sociale dell'amore per il prossimo. Il giorno in cui si sceglie la nonviolenza quale elemento portante della nostra vita, bisogna prima di tutto rendersi conto dell'abisso che intercorre tra il nostro modo di essere sin qui e cio' che dobbiamo essere da quel momento. Detto questo non bisogna scoraggiarsi. Gandhi, da ragazzo, aveva paura della propria ombra. Non basta assolutamente averla accettata mentalmente. Occorre una fusione perfetta e coerente fra mente e volonta'. L'attivista che per attuarla si attiene esclusivamente alle tecniche della nonviolenza ed ai suoi risvolti sociali e politici, senza fare un personale percorso interiore di analisi prima, e di elaborazione poi, alla luce dei suoi valori, e degli esempi storici, rischia di restare alla superficie di quel mondo nuovo ed "altro" che la nonviolenza comporta. La nonviolenza va vista come una presenza vivente che ti chiama, ti interroga, ti sfida, ti penetra nel profondo, e mette davanti agli occhi della tua coscienza cio' che veramente sei, cio' che veramente vuoi, e non ti nasconde alcuna delle difficolta' che andrai ad incontrare. E ti dice, a chiare note, che se vuoi raggiungere la meta, puoi farlo, anzi devi farlo, perche' hai a disposizione la forza e le ali della verita'. E' una signora esigente, una "magistra" invisibile che parla da una cattedra invisibile ma terribilmente attuale, ad una folla di gente smarrita che ha alle spalle il cratere vulcanico della violenza, e di fronte la montagna della pace, da scalare. Tu sei tra quella folla. E senti che parla per te. E a poco a poco la signora espone i valori, i principi, i modi, i tempi e gli strumenti che ti accompagneranno nella irenica avventura. Arriva sempre, nella vita, il momento di fare una scelta fondamentale. A volte c'e' il tempo di riflettere con calma e profondamente di fronte al bivio che separa la via della violenza e la via della nonviolenza. A volte il tempo non c'e', ma la scelta va fatta ugualmente. C'e' anche una terza via, quella dell'indifferenza, che percorrono coloro che amano solo se stessi, e non desiderano correre i rischi che le altre due scelte comportano. * Vediamo, per amore di chiarezza, cosa le due scelte fondamentali comportano. 1) La scelta comune della violenza Gli ostacoli vanno superati, ad ogni costo. Di fronte all'ambiente che, a motivo delle sue leggi economiche, di mercato, scientifiche, tecniche, il produttore, il magnate, il gruppo finanziario, il governo che non ha sensibilita' ecologica ne' rispetto della vita del prossimo, opera indiscriminatamente. L'importante e' produrre, vendere, dominare, egemonizzare la produzione, il mercato locale e internazionale, senza tener conto dei guasti irreparabili al terreno, all'aria, all'acqua, alla salute della gente: "Apres moi le deluge". Nei conflitti interni e internazionali, di fronte alle proteste, alle rivolte, alle rivendicazioni territoriali, alla richiesta di giustizia verso i piu' deboli, verso gli immigrati, il forte usa il pugno di ferro, la repressione, il carcere, il confino, la morte civile, la guerra. Il tutto usando mezzi sempre piu' potenti, di distruzione degli umani, delle strutture, del territorio, coinvolgendo senza pieta' popolazioni civili inermi. Il dopoguerra e' una vasta opera decennale di ricostruzione, svolta a fatica dai figli dei caduti, delle vedove, dei morti nelle camere di tortura, nei campi di concentramento. Pronti, questi, a riprendere le armi contro il "nemico" di domani. E' una via che non vale la pena di intraprendere. Il cammino della civilta' non puo' permettersi di ricominciare sempre da zero, con la barbarie psicologica del troglodita e la gelida superbia tecnica del generale moderno. E' l'ora di contemplare un percorso diverso. 2) La scelta della nonviolenza Mettiamo da parte al momento una serie di concetti e di principi tradizionali, quali gloria, onore, vittoria, potenza, per riprenderli in un altro momento, e solo dopo avere fatto una breve disamina degli obiettivi che vogliamo raggiungere. Lo stesso dicasi per scienza, tecnologia, armamenti sofisticati. Ripartiamo dalla coscienza, e da alcuni valori che e' giusto coltivare e, se e' possibile, realizzare. Diciamo: vita, armonia, collaborazione, giustia, rispetto. Cosa ci impedisce, di fronte alla decisione di una autorita' X, di dire no, laddove seguire tale decisione comporti gravi danni all'ambiente e alle persone? Perche' non osiamo dire no alla volonta' del nostro governo di muovere guerra contro un altro stato? Se non si tiene conto delle terribili conseguenze della guerra, anche per noi, se si cede alle magniloquenti parole della propaganda bellica, se non si cerca la verita' che e' sottesa alla voglia di guerreggiare, se temiamo di esporci pericolosamente rifiutando il coinvolgimento nel progetto bellico, allora c'e' da dubitare della nostra ragione, della civilta' raggiunta, del proclamato rispetto della vita. Se invece abbiamo il coraggio di ponderare su tutti i pro e i contro della pace e della guerra, e sul nostro dovere di persone civili di preservare la vita di ogni essere vivente, con ogni mezzo possibile, e decidiamo consapevolmente di rischiare personalmente pur di impedire danni a questo punto epocali, allora abbiamo finalmente imboccato la via della nonviolenza. Ma forse siamo ancora al primo miglio di essa. Il resto del cammino lo valuteremo nella prossima sessione. 3) Quanto alla non-scelta dell'indifferente, che si ritira in se stesso, e lascia che il mondo viva o muoia lontano da lui, o lei, vi risparmiamo ogni commento. * Per passare dall'utopia alla realizzazione - totale o parziale - della pace, che fare? Per lottare efficacemente e consapevolmente contro la violenza, o contro un avversario violento e possente, bisogna tener conto delle sue ragioni, dell'educazione, dei principi, valori, non valori, mezzi, metodi ed altro per cui agisce in un dato modo. E poiche' alcune caratteristiche dell'avversario violento sono anche dentro di noi, dobbiamo, se ne abbiamo il tempo e la volonta', porci psicologicamente come sul divano dello psicoanalista e analizzare in primis le radici della violenza: la societa' violenta in cui si vive causa violenza; la cultura, la letteratura maggioritaria causa violenza; la televisione, la radio, tutti i mass media maggioritari, gli spettacoli causano violenza; l'educazione tradizionale causa violenza; la violenza causa violenza; la violenza subita causa violenza; l'ingiustizia causa violenza; la fame causa violenza; la menzogna causa violenza; la paura causa violenza; la vendetta causa violenza; la vendetta della vendetta causa violenza; la schiavitu' causa violenza; l'odio causa violenza; l'odio razziale causa violenza; l'odio religioso, il fanatismo causa violenza; l'invidia causa violenza; la brama di potere causa violenza; l'imperialismo causa violenza; l'egemonismo causa violenza; il militarismo causa violenza; la non conoscenza dello straniero causa violenza. E in coscienza non possiamo affermare che, in una o piu' delle suddette condizioni noi, personalmente, non abbiamo adottato una forma o l'altra di violenza. * Ma l'idea e il messaggio umanitario e sociale della nonviolenza, e l'esempio di Gesu', di Gandhi, di Martin Luther King, ci ha ad un certo momento affascinati, e l'abbiamo - intellettualmente almeno - abbracciata. Ed a questo punto, se non teniamo conto delle difficolta' da un lato, e delle grandi potenzialita' della nonviolenza dall'altro, per mettere in pratica queste, siamo e restiamo soltanto dei dicitori, non dei facitori. Per brevita', tracciamo un breve elenco delle risposte della nonviolenza: non accettare il concetto di nemico; cercare i valori dell'altro; cercare l'umanita' nell'altro; non accettare che diversita' significhi avversita'; cercare i punti di convergenza e non di divergenza fra i valori propri e quelli dell'altro; sollecitare le aspirazioni alla pace in se' e nell'altro; intervenire come mediatori fra gli uni e gli altri in conflitto; offrirsi quali ambasciatori di pace fra i contendenti; cercare di fugare le paure dell'altro, dopo avere fatto un percorso di autoliberazione dalle cause della paura. * Siccome, in generale, chi non conosce direttamente la nonviolenza tende a sottovalutare lo spirito di pace di chi la sceglie, e pensa che lui o lei abbia rinunciato per paura o debolezza ad usare la forza, e il coraggio, che, sempre in generale, si crede necessario opporre al "nemico", vediamo di fare chiarezza tra forza, violenza e nemico. La forza, di per se', e' un elemento neutro, e non avendo ovviamente una personalita', ne' una volonta' propria, dipende da chi la usa e da come la usa. E, a questo punto, usare la forza per una attivita' normale, lecita, come il lavoro, o lo sport, non crea problemi. I guai sorgono quando la forza, che e' come un oggetto, viene usata per fare violenza a qualcuno, a un gruppo sociale, ad un popolo. Allora la forza diviene in un certo senso la longa manus dell'intento violento, quasi una complice involontaria. La violenza ha la capacita' di fare del male, di aggredire anche senza l'uso della forza, e questo e' un motivo ulteriore per non confondere forza e violenza. Ogni valutazione va fatta, insomma, tenendo ben presente il grado di responsabilita' di tutto e di tutti. * Il nonviolento non rinuncia alla lotta violenta perche' teme di battersi, ma perche' vuole liberare la lotta dalla violenza, cosi' da fare della lotta uno strumento di crescita e di ricerca della verita', della giustizia e della liberta' senza portare dolore e distruzione, come accade a tutto cio' che passa per la violenza. Il nonviolento non rinuncia alla lotta quindi, ma si adopera a separare i due elementi-momenti di forza e violenza, tenendoli ciascuno al proprio posto, accuratamente. Usando la forza in modo serio, consapevole, responsabile, costruttivo, il nonviolento lascia agli esseri umani il piacere di usufruire della forza, laddove e quando essa serva quale strumento positivo, riconoscendo in essa un dono della natura, degno di essere, non di scomparire. Ma anche qui, come in tutti gli aspetti della nonviolenza, la forza, essendo uno strumento, per quanto prezioso, deve venire usato senza esaltazione. Ogni strumento deve servire per raggiungere un fine. E' quindi il fine che va tenuto costantemente in vista, nella considerzione che merita. E il fine che il nonviolento si prefigge, a sua volta, non va raggiunto con qualsiasi mezzo, bensi' con i mezzi che gli sono omogenei. I mezzi a disposizione del nonviolento, nella occasione di una lotta per ottenere giustizia, o altro obiettivo degno di una lotta, sono molteplici. Devono pero' avere radici nel profondo della coscienza di chi si accinge alla lotta. Ad esempio, il rispetto. Questo elemento, che ovviamente fa parte del bagaglio culturale del nonviolento (usiamo il termine ben sapendo che nessuno lo e' perfettamente, ma aspira e tende ad esserlo), non e' fondato semplicemente sul vecchio adagio "rispetta per essere rispettato", ma parte dalla profonda convinzione che l'altro e' un essere umano come te, che l'altro ha dei valori come li hai tu, che l'altro e' figlio dello stesso creatore, che l'altro ha gli stessi diritti che hai tu. Se il principio di rispettare non e' una formalita', bensi' e' una esigenza dell'anima, finalizzata a "trarre dall'altro il meglio di ss'", corrisponde esattamente ad un principio quacchero, quello di "trarre dall'altro l'Eterno che e' in lui". Come il dantesco "amor che a nullo amato amar perdona", cosi' questo atteggiamento non puo' non trovare una risposta positiva nell'altro. E' difficile resistere ad una mano tesa. E infine : l'altro non e' il nemico. E' diverso, certo. E' educato alla violenza, forse. Ma e' un essere umano. Sta a te fargli scoprire la sua umanita', se qualcuno gliel'ha tolta. Il "nemico", per il nonviolento, non deve esistere. Gandhi, ad un Lord inglese che gli disse: "Cristo ci ha insegnato: 'ama i tuoi nemici'", rispose: "io non ho nemici". Ed io, ho dei "nemici"? 14. MEMORIA. DAVIDE MELODIA: SCIENZA E COSCIENZA [Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 787] Il sogno dell'ecopacifista e' che queste due parole, scienza e coscienza, divengano un binomio dinamico. Purtroppo non e' ancora cosi'. Gli scienziati che si adattano a perfezionare i sistemi d'arma, e quelli che mettono l'energia nucleare a disposizione dei guerrafondai, cosi' come in altri settori, dimostrano una scarsa sensibilita' verso l'Ecumene, che ci e' arrivata, dopo decine di migliaia di anni, relativamente intatta. Questa stessa ecumene, che in pochi recenti decenni ha avuto un rapido declino, in altre poche decine di anni potrebbe avere un declino maggiore. In gran parte gli scienziati ed i ricercatori, come quelli che in campo genetico hanno messo a punto uno strumento modificatore dei geni di alcune piante - leggi Ogm - non sentono, evidentemente, la responsabilita' di giocare con i segreti piu' intimi della natura, e non dimostrano di avere coltivato, insieme al sapere, la coscienza. E' cosa questa che solo ecologisti consapevoli fanno, preoccupandosi dell'impatto negativo che certe scoperte e tecniche moderne hanno sulla natura e sulla salute della gente, adottando il principio di precauzione. Essi non sono contro il progresso, come alcuni ottusamente affermano, ma contro un progresso indiscriminato. Per questo si adoperano a salvaguardare natura e salute, in altre parole: la vita. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 64 del 12 marzo 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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