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Voci e volti della nonviolenza. 12
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 12
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 7 Mar 2006 13:04:28 +0100
============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 12 del 7 marzo 2006 In questo numero: 1. Valeria Ando': "La physis ama nascondersi": la lettura arendtiana di Eraclito 2. Et coetera 1. VALERIA ANDO': "LA PHYSIS AMA NASCONDERSI": LA LETTURA ARENDTIANA DI ERACLITO [Dal sito dell'Universita' di Palermo (www.unipa.it) riprendiamo il seguente saggio di Valeria Ando' sull'interpretazione di Hannah Arendt di alcuni testi eraclitei. Segnaliamo che nell'originale i termini greci e le citazioni di frammenti erano ovviamente dati nell'alfabeto loro proprio, per esigenze grafiche abbiamo traslitterato in caratteri latini le citazioni greche nel testo, mentre nelle note abbiamo omesso - ma segnalando i tagli con il simbolo (...) - le citazioni che fungevano da riscontro alle traduzioni e interpretazioni nel testo date] Nella ricca produzione filosofica e storico-politica di Hannah Arendt (1), un posto privilegiato occupa, tra i presocratici, Eraclito, quasi che, nel momento in cui tesse le trame del proprio pensiero, la pensatrice abbia trovato, nel fascino delle parole dell'"oscuro", una consonanza misteriosa, in grado di portare ad espressione i nuclei attorno ai quali si andava costituendo la sua riflessione. Da qui il frequente richiamo ai frammenti del filosofo di Efeso, riletti e reinterpretati alla luce delle linee portanti del proprio percorso intellettuale, come cerchero' di rilevare nelle brevi osservazioni che seguono. Nelle lucide e dense pagine che ne La vita della mente (2), la sua ultima opera di argomento squisitamente speculativo, Hannah Arendt dedica alla nascita del pensiero filosofico, Eraclito riveste un ruolo di primo piano. * Nella ricostruzione arendtiana la cultura greca, fin dalla sua fase piu' arcaica, quale si manifesta nei poemi omerici, appare contrassegnata da una forte ed ineliminabile opposizione tra il mondo degli uomini, dominato dal divenire incessante e dalla morte, e gli dei incorruttibili ed immortali. Il canto del poeta, che celebra le gesta degli Achei e dei Troiani, ha la funzione di athanatizein, immortalare, e consegnare quindi all'eternita' la fama degli eroi, sottraendoli all'inesorabile destino di morte. Proprio la consapevolezza che gli uomini sono esseri mortali e che la condizione umana e' segnata dalla mortalita' condusse i primi filosofi nella ricerca dell'Essere che potesse superare l'effimero mondo del divenire. Il mondo, fatto di enti molteplici, corruttibili e transeunti, deve comunque rinviare ad un ordine nascosto, di fronte al quale sorge lo stupore ammirato del filosofo, quel thaumazein che Platone dira' essere il pathos che e' "arche' philosophias" (3). Come dice Hannah Arendt "la filosofia incomincia con l'avvertimento di questo ordine armonioso invisibile al kosmos, manifesto negli esseri visibili familiari come se essi fossero divenuti trasparenti" (4). Ed e' qui che il richiamo ad Eraclito si fa esplicito. Del filosofo di Efeso cita il famoso frammento 54 DK: "armonie aphanes phaneres kreitton", che traduce "l'armonia invisibile vale piu' del visibile". E subito dopo l'altrettanto famoso quanto enigmatico fr. 123 DK: "physis kryptesthai philei". Sulla lettura arendtiana di questo frammento, in relazione alle interpretazioni finora fornite, vale la pena soffermarsi, perche' da essa mi pare possa ricavarsi una prova della consonanza, di cui parlavo all'inizio, tra il filosofo di Efeso e i temi fondamentali lungo i quali si snoda la riflessione della pensatrice. In particolare, l'interpretazione del termine physis consente, come vedremo, di stabilire una connessione con la nozione di natalita', centrale, come e' noto, nel suo pensiero. Le difficolta' interpretative del frammento hanno riguardato soprattutto proprio il valore da dare al termine physis, dal momento che certamente inadeguata e' la traduzione con l'italiano "natura" (5), o i corrispondenti nelle altre lingue europee. G. S. Kirk, nella sua importante edizione, ritenendo erronee le precedenti rese (6), intende il termine come "the real constitution of a thing, or of things severally", alla luce dell'esame delle altre attestazioni del termine presenti nei frammenti eraclitei (7), nonche' delle occorrenze in Empedocle (8), Parmenide (9) ed Epicarmo (10); traduce pertanto l'intero frammento "The real constitution of things is accustomed to hide itself" (11). L'interpretazione di Kirk viene di fatto accolta anche da Marcovich, che infatti traduce "La reale costituzione di ciascuna cosa ha l'abitudine di nascondersi" (12). Lo studioso precisa nel commento che physis e' uno dei possibili modi, assieme ad armonie e syllapsis, per esprimere quel logos che, per quanto accessibile alla conoscenza, non si trova sulla superficie delle cose ma si nasconde in ogni cosa particolare. Analogamente Serra e Diano, che accettano la complessiva interpretazione di Kirk, pur se traducono "La natura ama nascondersi", specificano che, se certamente Eraclito non tematizza la natura, tuttavia, poiche' per lui physis e' l'invisibile connessione che si coglie col logos, allora si tratta dell'essere di tutte le cose che si rivela all'indagine del filosofo (13). Coerenti con questa interpretazione, mi pare, molte delle traduzioni del frammento, da "L'intima natura delle cose ama nascondersi", di Pasquinelli (14), a "La natura delle cose ama celarsi" di Giannantoni (15), a "Nature loves to hide" di Kahn, che nel commento spiega che physis e' "the characteristic nature of things" (16). Piu' recentemente Conche, uno degli ultimi editori eraclitei, che traduce "La nature aime a' se cacher" (17), precisa che la parola physis, con il verbo phyo, implica "une notion dynamique, celle d'une force productrice, generatrice"; sicche' "la notion de physis, ici, met l'accent non sur l'essence devenue de la chose, mais sur le devenir, sur le processus essentialisant. La physis est la puissance qui s'accomplit et s'epanouit en chaque etre, chaque fois d'une facon definie"; l'operazione con la quale la natura realizza i diversi enti e' l'associazione dei contrari, che viene compiuta, con pudore, lontano dagli sguardi; conclude pertanto che "La nature d'Heraclite est une nature artiste. Comme l'artiste, elle montre sa production, mais la loi de la production, c'est-a'-dire la nature meme en tant que naturante, reste cachee". Dunque la physis eraclitea, secondo Conche, non e' l'essenza, o il reale fondamento, ma un processo essenzializzante, la cui dinamica resta nascosta, e che si manifesta solo negli effetti. Una diversa linea interpretativa e' rappresentata da Colli, che nella sua edizione incompiuta di Eraclito traduce il frammento con "Nascimento ama nascondersi" (18); nel commento, che riprende quanto l'autore scriveva nel volume che da questo frammento trae il titolo (19), e' chiarito che physis e' la natura trascendente, il "dio" che nonostante abbia attraversato le apparenze e si sia individualizzato nel phronein, in quanto noumeno si mantiene solitario e inaccessibile (20). Molto recentemente Tonelli ha ancor piu' esplicitato le implicazioni della complessiva lettura eraclitea del suo maestro Colli, mostrando le connessioni con la tradizione misteriosofica greca e le forti analogie con le religioni orientali, in particolare vedica, yogica, taoista, zoroastriana. Sicche' physis e' l'Origine: "cio' che origina si cela, come mistero, dietro l'apparenza delle cose che origina, pur manifestandosi anche attraverso di esse. Ogni manifestazione del principio e' anche suo nascondimento: tale l'ambiguita' del cosmo in cui viviamo, e di tale ambiguita' il sapiente reca consapevolezza. La conoscenza diventa flusso dinamico, tensione al congiungimento con 'cio' che origina'" (21). * Ho riportato estesamente l'interpretazione di Colli-Tonelli per poter meglio stabilire un confronto con la lettura che Hannah Arendt fa del frammento, in base alla quale alla nozione di nascita e' possibile pure richiamarsi, pur se in un senso del tutto diverso dal "Nascimento" o dalla "Origine" dei due studiosi italiani. Dice infatti: "Un'altra delle parole antiche che designano l'invisibile in seno alle apparenze e' physis, natura, che, secondo i Greci era la totalita' delle cose non fatte dall'uomo ne' create da un fattore divino, ma venute all'essere da se' medesime: ed Eraclito affermava di questa physis che 'essa ama nascondersi', celarsi cioe' dietro le apparenze" (22). L'interpretazione arendtiana non smentisce, mi pare, con quel "venire all'essere", non solo la connessione etimologica di physis con phyo, phyomai, cioe' "faire pousser, faire naitre, produire", e al medio-passivo "croitre, pousser, naitre" (23), ne' soprattutto il carattere di processo implicito nel suffisso -sis, che indica, secondo Benveniste, "la notion abstraite du proces concu comme realisation objective" (24). In particolare a proposito di physis Benveniste afferma che si tratta della "constitution (accomplie), nature effective", "accomplissement (effectue') d'un devenir", e dunque "nature en tant qu'elle est realisee, avec toutes ses proprietes" (25). Dunque questo "venire all'essere" delle cose, nascosto nelle apparenze, desta lo stupore ammirato, dal quale puo' pero' originarsi il dialogo del pensiero, quel logos il cui significato, secondo Hannah Arendt, viene evocato dall'immagine del dio di Delfi, "e, possiamo aggiungere noi, il dio dei poeti, che 'non dice ne' nasconde, ma indica' (26), vale a dire, accenna a qualcosa ambiguamente, per essere inteso solo da coloro che sanno comprendere i semplici cenni". E del resto "Occhi ed orecchie sono cattivi testimoni per gli uomini che hanno anime barbare" (27), cioe', come spiega la pensatrice, "se essi non posseggono logos - per i Greci non semplicemente il discorso, ma il dono dell'argomentazione razionale che li distingueva dai barbari. Insomma, lo stupore ha condotto a pensare in parole; dell'esperienza dello stupore dinanzi all'invisibile manifesto nelle apparenze si e' appropriata la parola, che e' nello stesso tempo abbastanza forte per fugare gli errori e le illusioni cui sono soggetti i nostri organi volti al visibile, occhi ed orecchie, a meno che il pensiero non venga loro in soccorso". E continua: "Da cio' dovrebbe risultare palese come lo stupore in cui cade il filosofo non possa mai concernere qualcosa di particolare, ma sia sempre suscitato da una totalita' che diversamente dalla somma totale degli enti, non e' mai manifesta". Il riferimento e' certamente a quella physis del fr. 123 DK prima citato, cioe' il processo attraverso il quale tutte le cose vengono ad essere. E ancora: "L'armonia di Eraclito si produce attraverso il con-sonare dei contrari - un effetto che non puo' essere proprieta' di un singolo suono particolare. Tale armonia e' in un certo senso separata (kechorismenon) dai suoni che la producono, proprio come il sophon, che 'puo' e non puo' essere chiamato col nome di Zeus' (28), e' 'separato da tutte le altre cose'" (29). * Il richiamo agli ultimi due frammenti consente pertanto alla pensatrice di portare ulteriori elementi all'assunto di fondo, cioe' che a guidare la ricerca dei primi filosofi sia stata la necessita' di superare l'angoscia di morte, individuando nell'effimero mondo degli enti qualcosa che potesse essere ricondotta all'esperienza del divino, anche se certamente non nominabile col nome di nessuna delle divinita' tradizionali. Ancora piu'esplicito in questo senso il fr. 30 DK, citato a questo riguardo: "l'Essere, che non conosce nascita ne' morte, si sostitui' per i filosofi alla semplice nonmortalita' degli dei olimpici; l'Essere divento' la vera divinita' della filosofia poiche', secondo il celebre detto di Eraclito, 'non lo fece alcuno tra gli dei o tra gli uomini, ma sempre era e sara': fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura'" (30); e poco dopo riconosce che nel frammento citato questa nuova, sempiterna divinita' si chiama ancora kosmos, "(non il mondo o l'universo, ma il loro ordine e la loro armonia)". Nel saggio Il concetto di storia scritto molti anni prima, proprio questo frammento eracliteo viene ricordato come esempio mirabile che esprime l'idea che i Greci avevano dell'ordine cosmico e della natura, in quanto insieme di cose che nascono da se', appunto senza alcun intervento umano o divino (31): in tal modo il kosmos del fr. 30 viene a coincidere con la physis del fr. 123. A questa natura armoniosa, increata ed immortale, eternamente presente nelle tre dimensioni del tempo, si oppone ancora una volta la vita umana, limitata nel suo corso rettilineo tra la nascita e la morte, schiacciata quasi dal moto circolare dei processi biologici sempre rinnovantesi, perche' "questo e' l'essere mortale: muoversi in linea retta in un universo dove tutto cio' che si muove segue, semmai, un moto ciclico" (32). Proprio questa labilita' dell'esistenza umana ha determinato nel mondo greco la concezione dell'ufficio proprio della storia, cioe' salvare "ta ghenomena ex anthropon" dall'oblio, come chiaramente indica gia' il proemio delle Storie di Erodoto. * Ecco dunque che comincia a rendersi piu' manifesto l'uso che Hannah Arendt fa dei frammenti di Eraclito, e in particolare l'interpretazione del termine physis. Mi sembra cioe' che intendere physis come "il venire all'essere" della totalita' delle cose sia un modo per porre al centro, ancora una volta, la nozione di natalita', fondamentale nella sua riflessione: si avrebbe cioe' una sorta di doppia nascita, quella degli uomini mortali, inizio della loro vita, atto fondatore della loro storia, che interseca nel suo moto rettilineo la "nascita", il venire all'essere delle cose del mondo, non create da un dio ma, come gli dei, sempre ciclicamente rinnovantesi e percio' stesso eterne. Questa duplicita' di piani tra due diverse modalita' di nascere e di venire all'essere, degli uomini e del mondo, costituisce il motivo di fondo di tutta la riflessione di Hannah Arendt. Se tutta la tradizione filosofica occidentale muove dall'esigenza di superare la morte e la filosofia si pone come una costante meditatio mortis, o, in termini platonici, una "melete thanatou", il pensiero filosofico e politico di Hannah Arendt trova nella nozione di nascita un potente motivo di ispirazione. "Ogni uomo costituisce un nuovo inizio in virtu' della sua nascita", sicche' gli uomini andrebbero definiti "non, al modo dei Greci, come 'mortali', bensi' come 'natali'" (33). E ancora: "ogni nuovo inizio e' per sua natura un miracolo" (34) e "il miracolo... e', in definitiva, il fatto della natalita'" (35). Con la nascita cioe' l'uomo fa la sua comparsa nel mondo delle apparenze, da' inizio alla sua vita, mette in moto il corso del suo destino, intrecciando la propria storia a quella di altri uomini che hanno fatto, nascendo, la loro comparsa nel mondo, un mondo preesistente alla loro nascita e che sopravvivera' alla loro morte. C'e' un solo modo, secondo la pensatrice, per gli uomini mortali di conseguire essi stessi l'immortalita', e cioe' produrre azioni e parole degne dell'eternita', tali da trovare spazio nel mondo dove tutto e' immortale. Se per l'eta' eroica la funzione immortalante era adempiuta dal canto aedico, nell'eta' classica l'invenzione della categoria del politico operata dalla polis ha reso possibile quella "organizzazione della memoria" in grado di garantire la proiezione delle gesta individuali nel circuito immortalante della storia (36). Per questo l'agire politico, di cui l'uomo moderno e' stato espropriato, e' posto da Hannah Arendt ai vertici della gerarchia della vita activa. Proprio questa capacita' di agire politicamente, scegliendo quindi la gloria immortale, distingue gli uomini migliori da tutti gli altri, che non sono uomini ma bestie, come sentenzia un frammento di Eraclito (37) citato a questo riguardo (38). * Se la nascita costituisce l'indispensabile inizio, d'altra parte ogni azione che l'uomo intraprende e', come la nascita, un inizio che "assomiglia a un miracolo" (39), in quanto mette in moto un inarrestabile processo, illimitato e imprevedibile, ma con la straordinaria capacita' di rivelare l'identita' dell'agente, nel senso che, come la nascita, l'azione rivela "chi" qualcuno e'. Si tratta di una rivelazione difficile e insicura, paragonabile alla impossibilita' filosofica di definire l'uomo, proprio perche' avviene attraverso la mediazione di azioni e parole, compiute e dette dall'agente, e per di piu' riguardo all'intangibile sfera degli affari e degli interessi umani. Per rappresentare tale difficolta' di manifestazione dell'identita' la pensatrice si serve ancora una volta del famoso frammento eracliteo sul dio di Delfi, utilizzato in questo caso in tutt'altro contesto e significato: "Il fatto e' che il rivelarsi del 'chi' e' simile alla rivelazioni notoriamente infide degli antichi oracoli che, secondo Eraclito, 'non rivelano ne' nascondono con le parole ma danno segni manifesti'" (40). Se ne La vita della mente la citazione serviva a rendere conto dell'ambiguita' del logos, cioe' il pensiero che ha trasformato in parola l'originario stupore ammirato del filosofo, qui l'ambiguita' e' data dall'identita' individuale che ne' si mostra apertamente ne' si nasconde nelle azioni e nelle parole dell'agente. Se l'azione come la nascita e' un inizio, che consente l'intersecarsi tra il movimento rettilineo della vita umana e il moto ciclico del mondo, l'intera cultura occidentale muove da un altro inizio, rispetto al quale ancora le parole di Eraclito fanno risuonare un'eco lontana. "La guerra e' padre di tutte le cose" dice un altro famoso frammento (41), in cui il senso della "nascita", del venire all'essere delle cose e' significativamente espresso dal termine pater, il genitore cui la nascita si deve; allo stesso modo, una guerra e' posta all'inizio della nostra storia, la guerra di Troia. Di essa, in lucidissime e affascinanti pagine (42), Hannah Arendt mostra il carattere di origine dal quale sono scaturiti i tratti fondamentali di un'intera cultura: innanzi tutto, poiche' i guerrieri omerici sono gli ideali fondatori della polis classica, in quanto essi per primi hanno costituito quello spazio pubblico indispensabile per l'agire politico e si sono resi artefici di "belle azioni e bei discorsi", allora la guerra di Troia puo' co nsiderarsi l'inizio, l'atto di fondazione della stessa categoria del politico. Cio' appare un paradosso, se si pensa che polemos e polis sono tra loro inconciliabili, poiche' il politico esclude da se' la violenza. Eppure nella visione arendtiana la guerra di Troia e' stata "padre" anche del politico poiche' da essa la violenza e' eliminata, grazie alla capacita' del poeta di cantare in modo imparziale le imprese dei Greci e quelle dei Troiani (43). Da cio' e' derivato un altro tratto caratteristico della cultura occidentale, cioe' la capacita' di considerare ogni aspetto della realta' non soltanto in se' ma anche dal suo contrario: come il Polemos eracliteo, opponendo gli opposti, riesce poi ad armonizzarli pervenendo all'ordine compiuto del kosmos, cosi' il pensiero occidentale, muovendo dallo scontro delle posizioni, si dispone in una prospettiva pluralistica dalla quale avere una visione compiuta della realta' (44). * Dunque Eraclito, in Hannah Arendt, per parlare della nascita, in quel duplice senso di principium e initium di cui parlava S. Agostino, dal quale la pensatrice ha preso le mosse nei suoi studi filosofici (45): se nella visione agostiniana principium e' l'atto della creazione divina, initium e' la creazione dell'uomo nella sua individualita' unica e irripetibile (46). Questo initium, questo evento mirabile col quale un nuovo essere fa la sua comparsa, atto fondatore dell'agire e in quanto tale costitutivo della categoria del politico, segna appunto la venuta a quel "mondo", che precede e segue l'apparire di ogni singolo uomo (47). Questo "mondo" arendtiano mi pare proiettarsi e trovare un nome proprio nella physis eraclitea: nel pensiero di Hannah Arendt non si oppongono cioe' la mortalita' degli uomini e l'immortalita' del "creato", ma la nascita degli uomini mortali e il "venire all'essere" increato ed eterno della physis. Si tratta di una physis per cosi' dire laicizzata, ben diversa dalla concezione "metafisica", presente, mi pare, in tutte le altre interpretazioni, poiche' non e' ne' "essenza" o "reale costituzione delle cose", ne' "processo essenzializzante", ne' "nascimento in quanto natura trascendente". Altrettanto lontana mi sembra la sua lettura eraclitea della physis dalla visione dichiaratamente metafisica del suo maestro M. Heidegger, per il quale nel frammento dell'Efesio si dovrebbe scorgere l'atteggiamento proprio dell'essere, che sorgendo, manifestandosi nell'ente, si nasconde (48). Ma Hannah Arendt, che non si riteneva una filosofa ma anzi si sentiva estranea alla cerchia dei filosofi (49), volle "smantellare" qualunque metafisica, affermando che Essere e Apparire coincidono (50), nel senso che "essere" altro non e' se non "essere-nel-mondo" attraverso l'apparenza (51): per lei, questa physis eraclitea, che mi pare possa rappresentare l'unica meta-fisica rintracciabile nel suo pensiero, e' anche uno strumento per ripensare, proprio a partire dalla categoria della nascita, al rapporto tra l'uomo e il mondo, recuperandone l'eticita' (52). * Note 1. Una bibliografia aggiornata degli scritti di e su H. Arendt e' curata da S. Forti in appendice alla monografia Vita della mente e tempo della polis. Hannah Arendt tra filosofia e politica, Milano 1996 (II ed.). 2. H. Arendt, La vita della mente, trad. it. Bologna 1987 (New York-London 1978), pp. 217-242. 3. Plat., Theaet., 155d. 4. La vita della mente cit., p. 233. 5. Sullo scarto tra "physis", il latino "natura" e l'italiano "natura" vd. le osservazioni di P. Loraux, L'invenzione della natura, in I Greci. Storia cultura arte societa' (a cura di S. Settis), I, Noi e i Greci, Torino 1996, pp. 319-342, che segue il percorso del concetto di physis dal famoso fr. B 1 DK di Anassimandro alla teorizzazione aristotelica. 6. "Stuff" di J. Burnet, Early Greek Philosophy, London 1930 (IV ed.), pp. 363 sg., sarebbe insostenibile, dal momento che physis tende si' ad implicare nei presocratici la sostanza materiale ma solo a causa di una generale tendenza a descrivere l'essenza di una cosa attraverso la sua materia; "die Natur" di Diels cui Kranz ha aggiunto tra parentesi "das Wesen", nei loro Die Fragmente der Vorsokratiker, Berlin 19516, I, p. 178, sono altrettanto sbagliate in quanto rinviano la prima all'intero agglomerato delle cose, la seconda ad un principio trascendente, valenze entrambe posteriori ad Eraclito: da osservare che nel Wortindex, in cui physis viene distinto nei valori di Natur, natura creatrix e Wesen, rerum natura, il fr. 123 di Eraclito e' compreso nella seconda rubrica. Sulla stessa linea interpretativa di Kranz mi sembra la traduzione "Das Wese der Dinge versteckt sich gern" di B. Snell, Heraklit. Fragmente, Tuebingen 1965, p. 37. 7. Si tratta dei frr. 1 DK (...), 112 (...), e 106 (...). 8. Frr. 31B 8 DK (v. 1: ...), 63 (...) e 110 (v. 5: ...). 9. Frr. 28B 10 DK (v.1: ...) e 16 (v. 3: ...). 10. Frr. 23B 2DK (v. 9: ...) e 4 (v. 6: ...). 11. Heraclitus. The Cosmic Fragments, by G. S. Kirk, Cambridge 1962 (II ed.), pp. 227-231. L'interpretazione di Kirk viene riprodotta anche in G. S. Kirk - J. E. Raven - M. Schofield, The Presocratic Philosophers. A Critical History with a Selection of Texts, Cambridge 1983 (II ed.), pp. 192-193. 12. Eraclito. Frammenti, a cura di M. Marcovich, Firenze 1978, pp. 23-25 (fr. 8). La scelta del singolare "ciascuna cosa" lascia intendere che la physis non sia al di fuori della cosa stessa, come ancora lasciava intendere G. S. Kirk (Heraclitus cit., p. 231: "the hidden truth about things is that they are not separate from each other"). 13. Eraclito. I frammenti e le testimonianze, a cura di C. Diano e G. Serra, Vicenza 1980, fr. 28 con commento alle pp. 137-138. 14. I presocratici. Frammenti e testimonianze, intr., trad. e note di A. Pasquinelli, Torino 1958, p. 188 (fr. 80). 15. I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, I, Bari 1969, p. 220. Non riconducibile a questa linea mi sembra invece "La struttura naturale ama occultarsi", di A. Lami, I presocratici. Testimonianze e frammenti da Talete ad Empedocle, Milano 1991, p. 235. 16. Ch. H. Kahn, The Art and Thought of Heraclitus. An edition of the fragments with translation and commentary, Cambridge 1979, p. 33, fr. X con commento relativo a p. 105. 17. Heraclite. Fragments, par M. Conche, Paris 1986, pp. 253-255 (fr. 69); osserva giustamente che mancano nel frammento genitivi di specificazione, quali ad. es. "pragmaton" o "ekastou", che legittimerebbero l'interpretazione di Kirk e Marcovich. 18. G. Colli, La sapienza greca. Eraclito, Milano 1980, p. 91, fr. A 92 con il commento a p. 187. 19. G. Colli, La natura ama nascondersi. Physis kryptesthai philei, Milano 1988 (1948), p. 209; la traduzione qui fornita e' "la natura trascendente ama nascondersi". 20. Ibid.: "Come tale, il noumeno perde l'individualita', la determinatezza interiore che si sente isolata di fronte ad un reale che la circonda, perde la molteplicita', caratteri che l'accompagnano quando e' immerso come radice nell'apparenza, e si approfondisce come intimita' oggettiva, punto di incontro delle individualita' essenziali, delimitazione concreta e vitale che non ha piu' fine, ne' direzione, ne' impulso, ne' espansione". 21. Eraclito. Dell'Origine, a cura di A. Tonelli, Milano 1993, p. 191 (fr. 116). 22. La vita della mente cit., p. 233 (cors. mio). Nell'edizione originale The Life of the Mind, New York-London 1978, p. 143, le parole dell'autrice sono: "Another early word for the invisible in the midst of the appearances is physis, nature, which according to the Greeks was the totality of all things that were not man-made and not created by a divine maker but that had come into being by themselves". 23. Cf. P. Chantraine, Dictionnaire etymologique de la langue grecque. Histoire des mots, IV, Paris 1977, s.v. "phyomai" l'etimologia riposa su una radice *bhu, "pousser, croitre, se developper". 24. E. Benveniste, Noms d'agents et noms d'action en indo-europeen, Paris 1948, p. 80. 25. Ibid. pp. 78-79. 26. Fr. 22B 93 DK: (...). 27. Fr. 22B 107 DK: (...). 28. Fr. 22B 32 DK: (...). 29. Fr. 22B 108 DK: (...). Il frammento e' citato anche a p. 153 de La vita della mente, ed e' li' tradotto "La mente (sophon) e' separata da tutte le cose", separatezza questa, tra la mente e gli oggetti sensibili, indispensabile per l'attivita' di pensiero in quanto ritrarsi dal mondo. 30. Fr. 22B 30 DK: (...). 31. Il concetto di storia, in Tra passato e futuro, trad. it. Milano 1991 (New York 1954), pp. 70-129, in particolare pp. 70-71, e p. 295, n. 2. 32. Ibid. p. 71. Lo stesso concetto e' espresso in Vita activa. La condizione umana, trad. it. Milano 1964 (Chicago 1958), p. 15: "Questa vita individuale si distingue da tutte le altre cose per il corso rettilineo del suo movimento, che, per cosi' dire, taglia quello circolare della vita biologica. La mortalita' e' questo: muoversi lungo una linea retta in un universo dove ogni cosa dotata di movimento si muove in un ordine ciclico". 33. La vita della mente cit., p. 430. 34. Che cos'e' la politica?, trad. it. Milano 1995 (Muenchen 1993), p. 25; si tratta di un volume postumo che raccoglie diverse carte inedite. 35. Vita activa cit., p. 182. 36. Ibid., p. 145. 37. Fr. 22B 29 DK: (...). 38. Vita activa cit., p. 16. In altri casi il richiamo a questo frammento assume un tono polemico, in quanto serve alla pensatrice, per la quale pensiero e azione sono in un rapporto di costante circolarita', a prendere le distanze dall'atteggiamento di aristocrazia intellettuale dei filosofi che distinguono "i pochi" da "i piu'": La vita della mente cit., p. 165, dove e' citato anche il fr. 104 DK ("... oi polloi kakoi, oligoi de' agathoi"); Che cos'e' la politica cit., p. 41 (cf. p. 153, dove Eraclito e Parmenide vengono definiti "despoti dello spirito"). 39. Vita activa cit., p. 182. 40. Ibid., p. 132. 41. Fr. 22B 53 DK: (...). 42. Che cos'e' la politica cit., pp. 71-85; il fr. eracliteo viene citato alle pp. 74 e 82. 43. Mi sono occupata della presenza di Omero nella riflessione arendtiana in L'Omero di Hannah Arendt, di prossima pubblicazione. 44. Ibid. p. 82. Nelle pagine successive, nelle quali e' posta la differenza tra il concetto di legge in Grecia e a Roma, ancora Eraclito serve a dare voce al modo squisitamente greco di intendere la originaria natura della legge. "La legge, nel senso greco, non e' ne' intesa ne' contratto, non nasce affatto dalla discussione e dalle contrastanti azioni degli uomini, dunque non rientra propriamente nella sfera politica ma e' essenzialmente pensata da un legislatore, e deve sussistere prima che possa darsi una dimensione propriamente politica. In quanto tale e' prepolitica, ma nel senso che e' costitutiva di ogni ulteriore agire politico e di ogni relazione politica. Come le mura della citta', alle quali Eraclito paragona la legge, devono prima essere costruite affinche' possa esistere una citta' identificabile nella sua forma e nelle sue demarcazioni, cosi' la legge determina la vera fisionomia dei suoi abitanti, che li distingue e discerne da tutte le altre citta' e dai loro abitanti. La legge e' il terrapieno eretto e fabbricato da un uomo, all'interno del quale viene a crearsi lo spazio propriamente politico in cui i molti si muovono in liberta'" (p. 87). Il riferimento e' al fr. 44 DK: (...). La stessa citazione e' anche in Vita activa cit., p. 47. 45. Il concetto d'amore in Agostino. Saggio di interpretazione filosofica, trad. it. Milano 1992 (Berlin 1929) e' la sua tesi di laurea. Su S. Agostino si vedano anche le pp. 401-430 de La vita della mente cit. 46. August., De Civit. Dei XII, 21: "Initium... ut esset, creatus est homo", citato dalla pensatrice in Le origini del totalitarismo, trad. it. Milano 1989 II ed. (New York 1966, III ed.), p. 656: "L'inizio, prima di diventare avvenimento storico, e' la suprema capacita' dell'uomo; politicamente si identifica con la liberta' umana... Questo inizio e' garantito da ogni nuova nascita; e' in verita' ogni uomo". Ancora sul rapporto tra principio e inizio, che consente alle vicende umane di proiettarsi in un orizzonte assoluto, l'autrice insiste in Sulla rivoluzione, trad. it. Milano 1983 (New York 1965), in part. p. 245. 47. Sulle implicazioni che la concezione arendtiana dell'origine, e quindi della nascita, ha per l'ontologia e la costituzione della storia vd. R. Esposito, L'origine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil?, Roma 1996. Sulla categoria della nascita in Hannah Arendt vd. inoltre A. Cavarero, Dire la nascita, in Diotima, Mettere al mondo il mondo, Milano 1990, pp. 93-121. 48. M. Heidegger, Eraclito. L'inizio del pensiero occidentale. Logica. La dottrina eraclitea del Logos, trad. it. Milano 1993 (Frankfurt am Main 1979), pp. 74-119; il filosofo traduce il frammento "Il sorgere dona il favore al nascondersi". Fortemente influenzato dal pensiero heideggeriano lo studio di A. Renaut, "La nature aime se cacher", in "Revue de Metaphysique et de Morale", 81, 1976, pp. 62-111. 49. Vd. l'intervista rilasciata a G. Gaus nel 1964 e pubblicata col titolo Che cosa resta? Resta la lingua materna. Conversazione di Hannah Arendt con Guenther Gaus, in "Aut-aut", 239-240, 1990, pp. 11-30, in particolare p. 11: "Io non appartengo alla cerchia dei filosofi... Non mi sento in alcun modo una filosofa... Ritengo di avere preso congedo definitivamente dalla filosofia". 50. La vita della mente cit., p. 99, in corsivo nel testo. 51. Sul primato dell'apparenza vd. L. Boella, Hannah Arendt "fenomenologa". Smantellamento della metafisica e critica dell'ontologia, in "Aut-aut" cit., pp. 83-110. 52. Una lettura "ecologica" di Hannah Arendt e' stata condotta da L. Mortari, Abitare con saggezza la terra. Forme costitutive dell'educazione ecologica, Milano 1994, passim. 2. ET COETERA Valeria Ando' (per contatti: andov at tele2.it), docente di Cultura greca all'Universita' di Palermo, e' tra le promotrici ed animatrici presso quell'ateneo di un gruppo di riflessione e di pratica di nonviolenza di genere; direttrice del Cisap (Centro interdipartimentale di ricerche sulle forme di produzione e di trasmissione del sapere nelle societa' antiche e moderne), autrice di molti saggi, ha tra l'altro curato l'edizione di Ippocrate, Natura della donna, Rizzoli, Milano 2000. Opere di Valeria Ando': (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002; con Andrea Cozzo (a cura di), Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002; L'ape che tesse. Saperi femminili nella Grecia antica, Carocci, Roma 2005. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000. Tra le edizioni italiane piu' recenti e piu' facilmente accessibili dei testi del filosofo di Efeso fiorito tra il VI e il V secolo a. C. segnaliamo particolarmente l'edizione a cura di Miroslav Marcovich, Eraclito. Frammenti, La Nuova Italia, Firenze 1978; l'edizione a cura di Carlo Diano e Giuseppe Serra, Eraclito. I frammenti e le testimonianze, Fondazione Lorenzo Valla, Vicenza 1980, Mondadori, Milano 1993; l'edizione a cura di Giorgio Colli, La sapienza greca. III. Eraclito, Adelphi, Milano 1980, 1993 (e' il terzo volume de La sapienza greca, pubblicato postumo sulla base dei materiali approntati da Colli, cfr. l'avvertenza ivi alle pp. 13-16); l'edizione a cura di Angelo Tonelli, Eraclito. Dell'origine, Feltrinelli, Milano 1993. Come e' noto della monumentale edizione dei frammenti e delle testimonianze dei e sui pensatori cosiddetti presocratici di Hermann Diels e Walter Kranz esiste una traduzione integrale italiana in due tomi a cura di Gabriele Giannantoni, I presocratici. Testimonianze e frammenti, Laterza, Roma-Bari 1969, 1993 (Eraclito e' alle pp. 179-221 del tomo primo, nella traduzione di Giannantoni). Si veda anche l'edizione (selettiva e senza testo originale a fronte) tradotta e annotata da Angelo Pasquinelli, I presocratici. Frammenti e testimonianze, Einaudi, Torino 1958, 1983 (Eraclito e' alle pp. 155-195 per le testimonianze e i frammenti, e alle pp. 362-382 per il commento). Si veda infine l'edizione (anch'essa selettiva, ma con testo a fronte) a cura di Alessandro Lami, I presocratici. Testimonianze e frammenti da Talete a Empedocle, Rizzoli, Milano 1991 (ivi Eraclito e' alle pp. 199-236). ============================== VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 12 del 7 marzo 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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