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La nonviolenza e' in cammino. 1227
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1227
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 7 Mar 2006 01:49:55 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1227 del 7 marzo 2006 Sommario di questo numero: 1. "Il paese delle donne" 2. Riccardo Orioles: Elezioni 3. Giulio Vittorangeli: Elezioni 4. Giuliana Sgrena: Un anno dopo 5. Guido Caldiron intervista Soheib Bencheickh 6. Juergen Moltmann: La lezione di Bonhoeffer 7. Adriana Chemello presenta "Convertirsi alla nonviolenza?" di autori vari 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. STRUMENTI. "IL PAESE DELLE DONNE" Rivista cartacea quindicinale, sito internet e newsletter quotidiana diffusa per posta elettronica: "Il paese delle donne" e' un utilissimo, tempestivo strumento di informazione per tutte e tutti. Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo e riproponiamo la seguente scheda di autopresentazione. * L'associazione "Il paese delle donne" e' nata nel 1987 ed e' cresciuta assieme alla Casa internazionale delle donne dove ha sede la redazione. Da sempre ha lavorato sull'informazione, la scrittura e la comunicazione tra donne. Alla pubblicazione de "Il foglio del paese delle donne" lavorano come direttora responsabile Marina Pivetta, come amministratrice Franca Fraboni, come coordinatrice editoriale Giovanna Romualdi, come grafica dell'edizione cartacea Sofia Quaroni, come webmistress e responsabile del sito telematico Cristina Papa, come presidente dell'associazione e responsabile del premio letterario Maria Paola Fiorensoli, insieme a tutte le altre della redazione. * La nostra storia L'associazione per l'informazione "Il paese delle donne" e' un'associazione culturale senza fini di lucro, nata nel 1985 come gruppo redazionale delle pagine di informazione al femminile all'interno del quotidiano romano "Paese sera". Successivamente, nel 1987 l'associazione ha voluto proseguire quell'impegno editando direttamente "Il foglio del paese delle donne". Il giornale cartaceo ha attualmente periodicita' quindicinale, e, dal 1995, ha un supplemento telematico "Il paese delle donne - on line". Dal 2000, promuove un premio di scrittura femminile dedicato a Maria Teresa Guerriero (Maite'), un'artista che e' stata anche redattrice del nostro giornale. Nel tempo "Il paese delle donne" ha realizzato numerose trasmissioni per emittenti radiotelevisive nazionali e locali. * La redazione La redazione di Roma ha sede presso la Casa Internazionale delle donne, in via della Lungara 19 (ingresso da Via della Penitenza 37/b), ed e' composta da Manuela Algeri, Camilla Cascino, Maria Paola Fiorensoli, Olivia Fiorilli, Franca Fraboni, Marta Marsili, Patrizia Melluso, Cristina Papa, Anna Picciolini, Marina Pivetta, Giovanna Romualdi, Sofia Quaroni, Maria Russo, Ines Valanzuolo. Collaborano tra le altre: Patrizia Arnaboldi, Camilla Briganti, Lidia Campagnano, Maria Grazia Campari, Nadia Cervone, Lidia Cirillo, Giancarla Codrignani, Simona Davoli, Nadia De Mond, Alessandra Giannasi, Nella Ginatempo, Marcella Mariani, Alessandra Mecozzi, Lea Melandri, Lidia Menapace, Luisa Morgantini, Maria Grazia Rossilli, Sara Sesti, Monica Soldano. La redazione si riunisce tutti i martedi' alle ore 17,30, tutte le lettrici sono le benvenute. * Per sostienere il nostro lavoro Le spese relative alle edizioni cartacea e telematica de "Il paese delle donne" sono finanziate esclusivamente attraverso le sottoscrizioni che provengono dalla rete di lettrici e lettori. Si puo' sottoscrivi sul c/c n. 69515005 intestato ad "Associazione Il paese delle donne". Abbonamento per 12 mesi all'edizione telematica: 21 euro; abbonamento per 12 mesi all'edizione cartacea: 42 euro; per associazioni e istituzioni: 83 euro. 2. RIFLESSIONE. RICCARDO ORIOLES: ELEZIONI [Dalla rivista elettronica di Riccardo Orioles "La Catena di San Libero" (per contatti e richieste: riccardoorioles at sanlibero.it) n. 323 del 5 marzo 2006. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)] E cosi' manca un mese alle elezioni. Non sono elezioni democratiche (ormai, perche' un'elezione sia democratica bastano un paio di passanti intervistati alla meno peggio davanti a un seggio) e non lo sono perche' l'elettore ha perduto il diritto concreto di scegliersi i propri rappresentanti: liste bloccate, niente preferenze, ecc. Una volta, sarebbe scoppiata una rivoluzione. Non e' un'elezione, e' un referendum. Un referendum amaro, fra un aspirante imperatore e una classe di senatori: ma un referendum che bisogna vincere, perche' anche fra Mussolini e il re c'e' una bella differenza, o fra il senato e Caligola, e persino fra un Berlusconi e un D'Alema. Se vince il centrosinistra, la tendenza sara' - con tante belle parole - di lasciare tutto piu' o meno com'e', con governanti meno cialtroni ma sempre con un paese diviso fra vip e cococo'. Ma se vince la destra, comanderanno i Goebbels e i Calderoli. Per questo, io vado a votare e vi consiglio di andarci pure voi. Eppoi chissa': puo' darsi che questa fine catastrofica di dieci anni di governo degl'imprenditori - il signor B. era ufficialmente sostenuto dalla Confindustria, il suo era il loro regime - ridesti nel popolo qualcosa. Puo' darsi che le antiche idee - i diritti degli uomini, la dignita', il non-ammazzare - riprendano vigore, come - per contraccolpo - la liberta' dopo l'otto settembre. Puo' darsi che non sara' poi cosi' facile, cacciato traumaticamente Berlusconi, berlusconeggiare con garbo e stile dopo di lui. Puo' darsi, ci ricordano i vecchi, che si riesca a cacciare sullo slancio, dopo il duce e il fascismo, anche il re: chi lo sa. Intanto, come cittadini, ci schieriamo. Non sono tutti uguali. Non si resta a guardare. 3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: ELEZIONI [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] Quasi inevitabile parlare di elezioni. L'obiettivo primario e' battere la coalizione di centrodestra. E non e' poco, e' una condizione della democrazia. Se Berlusconi dovesse vincere nuovamente, non essendo all'ordine del giorno nessuna rivoluzione, non ci resterebbe che il grido impotente della disperazione. Comunque ancora una volta, si vota "contro" invece che "per"; e lo spazio e' davvero esiguo. "La Casa delle liberta', con Bossi e Fini, avevano in comune l'attacco alla Costituzione, al lavoro e alla cultura, la privatizzazione di tutto e un colpo decisivo allo stato sociale. Questo li teneva uniti. Sulla sponda opposta, da Rutelli a Bertinotti via Prodi e D'Alema hanno in comune la restaurazione di quel che della Costituzione resta, l'abolizione del conflitto di interessi, l'autonomia della magistratura e della Rai e dell'informazione, un qualche equilibrio fra impresa e lavoro. Non e' molto, ma va in direzione del tutto diversa" (Rossana Rossanda). Intanto non possiamo non sottolineare come la campagna elettorale non faccia della posizione sulla guerra e l'Iraq un punto qualificante. La maggioranza degli italiani e' stata contro la partecipazione italiana alla guerra, dalla quale chiede urgentemente di uscire, anche all'opposizione di centrosinistra, senza nuovi martiri, perche' di Nassirya ne basta una sola. Purtroppo, la favola della democrazia occidental-universale (ridotta esclusivamente a democrazia elettorale: le elezioni sinonimo di panacea di tutti i mali), esportata con la guerra, o viene affrontata dalla sinistra e smontata con un minimo di sapienza critica, o a raccontarla restera' la destra che meglio la incarna. In un mondo in cui l'esercizio della forza sta diventando la forma prevalente della politica, non possiamo trovarlo naturale: "Di nulla sia detto 'e' naturale', in questo tempo di anarchia e di sangue, di ordinato disordine, di meditato arbitrio, di umanita' disumanata" (Bertolt Brecht); e la scelta pacifista e nonviolenta non puo' che essere una conquista. Fatta di pratiche, non solo di parole o di facili slogan. Riuscire a portare la scelta nonviolenza nella cultura profonda del centrosinistra, contrapporla ai padroni del mondo, trarne le conseguenze in chiave di politica internazionale, riproporre l'antico e dimenticato obiettivo del disarmo e conquistarlo. "Si puo' fare questo ribadendo - come fa il programma dell'Unione - che continueremo a essere un fedele alleato degli Stati Uniti?" (Gabriele Polo, "il manifesto" del 22 febbraio 2006). Non e' compito che riguarda solo l'Italia, ma l'Europa intera. Quell'Europa, come non mai ossessionata da cio' che era o doveva essere, perdendo l'occasione di diventare quello che poteva diventare. Cioe' di costruirsi, nella contingenza del conflitto globale in corso dopo l'11 settembre, come un'alternativa culturale e politica, disarmata e disarmante, all'unilaterismo armato di Gorge Bush. Non dovremmo tutti tornare a pensare e a reclamare la denuclearizzazione militare delle cinque potenze atomiche "storiche"? Intanto, sulla guerra, la violenza, ecc., ci si lacera anche all'interno del movimento altermondialista: "Certo, ci sentiamo vicini da sempre a chiunque si batta contro ogni forma di dominio imperiale: politico, economico, militare, mediatico. Certo, siamo dalla parte dei palestinesi da sempre. Certo, ci immedesimiamo nelle popolazioni che si vedono arrivare in casa loro eserciti stranieri superarmati. Certo, siamo schierati al fianco di tutti i derelitti del mondo che cercano un futuro migliore in casa nostra. Ma quando andiamo a vedere le cose da vicino tutto si complica. L'integralismo religioso, che e' diventato il collante di ogni resistenza, e' lontanissimo dalla nostra sensibilita'. Le teocrazie, che si consolidano grazie al sangue di tanti giovani kamikaze, non appartengono neanche vagamente al nostro orizzonte politico-culturale, anzi ripugnano alla nostra coscienza stralaica. L'antisemitismo, cresciuto confondendo rozzamente le politiche di destra dello stato di Israele con le sue radichi ebraiche, ci disgusta, e non ci sogneremmo (spero) neanche lontanamente di immaginarci in quell'area un unico stato, lo stato palestinese" (Domenico Starnone). Se tutto questo e' vero, vuol dire proprio che nemmeno per il movimento altermondialista e' facile. Dobbiamo orientarci a vista, ma un piccolo punto fermo resta, quello che mette al primo posto la pace, la solidarieta', la democrazia, l'eguaglianza. Una solidarieta' internazionale capace di affrontare il pauroso squilibrio del mondo determinato dalla progressiva distruzione dell'ambiente naturale e dell'abisso tra ricchezze insulse e poverta' terribili. Una solidarieta' come tappa intermedia verso la giustizia; perche' l'idea di eguaglianza per la liberta' e' tutta davanti a noi, se siamo capaci di vederla. Del resto, le cose cambiano e a volte, lavorandoci sopra modestamente, giorno dietro giorno, addirittura in meglio. 4. RIFLESSIONE. GIULIANA SGRENA: UN ANNO DOPO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 marzo 2006. Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo, sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo liberatore Nicola Calipari. Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004; Fuoco amico, Feltrinelli, Milano 2005. Nicola Calipari, nato a Reggio Calabria, laureato in giurisprudenza, con una straordinaria e prestigiosa esperienza nelle forze dell'ordine con ruoli di grande responsabilita' nella lotta contro il crimine, da due anni funzionario del Sismi, e' l'eroe che ha salvato la vita a Giuliana Sgrena; e' stato ucciso il 4 marzo 2005 a Baghdad. Opere su Nicola Calipari: AA. VV., Nicola Calipari ucciso dal fuoco amico, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2005] Un anno fa scrivevo sul "Manifesto" Il mese piu' lungo, il racconto del mio sequestro. E' passato un anno: mesi di sofferenze fisiche e non solo, di speranze di uscire dal ruolo di "ostaggio", di tentativi di elaborare il lutto. Quando, improvvisamente, nell'anniversario del mio sequestro, il 4 febbraio, l'orologio si e' messo a correre all'indietro, all'impazzata. Di colpo e' come se i mesi trascorsi fossero svaniti: ogni giorno di febbraio mi ha riportato indietro, a un anno fa, mi sono tornati alla mente momenti assolutamente insignificanti della mia prigionia, che pensavo ormai sepolti. Ogni gesto e' diventata l'occasione per ricordare, persino l'andare a letto e avvolgermi nelle coperte, per proteggermi dal freddo, dalla paura. Per cercare di non pensare ho attraversato l'Italia e la Germania in lungo e in largo per parlare del mio libro Fuoco amico, che non e' altro che la mia drammatica esperienza intrecciata con la situazione irachena, quella si' veramente sempre piu' drammatica. Come allora anche oggi non posso parlare di me senza parlare dell'Iraq. * Intorno a me in questo vagare ho trovato tanta gente, tanta solidarieta', tanta commozione. Giovani e donne che scoppiano in lacrime di fronte alle mie emozioni, ai miei ricordi di Nicola Calipari, al fatto che la mia tragedia mi impedisce di sentirmi completamente libera. La mia vita e' cambiata. Come? Mi chiedono in molti. Sono cambiata dentro, e' difficile da spiegare: insicurezze, paure, incubi, che mi portano a vivere alla giornata, incapace di fare progetti. E anche fuori: per strada la gente mi guarda, mi saluta, o semplicemente sorride. Qualcuno mi fissa con uno sguardo truce, magari non sa nemmeno chi sono, ma io tremo. Una notorieta' improvvisa che non avrei mai desiderato, condizionante. A volte mi fa sentire investita di un ruolo che non posso assolvere. Cosa devono fare i pacifisti? A volte rispondo che il mio sequestro ha dato loro una spinta per tornare in piazza, quel 19 febbraio di un anno fa erano in 500.000, mi hanno raccontato. Ma poi? Sembra che nessuno abbia saputo raccogliere questa opportunita' di tornare a essere protagonisti. Speriamo che la manifestazione del 18 marzo sia l'occasione. Ci sono tanti giovani studenti che hanno fatto la tesi sul mio sequestro, su di me, sulla guerra e l'informazione. Mi dicono che io sono per loro un "modello". Una bella soddisfazione dopo le critiche di alcuni colleghi. Ma anche una grande impotenza. In Iraq non si puo' piu' andare per informare, l'informazione e' stata completamente militarizzata con l'istituzionalizzazione dei giornalisti "embedded". Che fare? Dovrei sconsigliarli a intraprendere questa strada, ma invece rispondo che non possiamo arrenderci, che l'informazione puo' servire a sconfiggere la logica della guerra. L'entusiasmo dei giovani deve essere alimentato e indirizzato piuttosto che depresso. Negli anni scorsi quando andavo in giro a presentare i miei libri trovavo gli aficionados, era difficile riempire le sale, c'era sempre qualche motivo che limitava la partecipazione: pioggia, coincidenza con altre iniziative, orario, etc. Ora invece le sale sono sempre piu' grandi e sempre piu' piene, tante facce nuove, tante attese, tante speranze e curiosita'. Non solo nei miei confronti. Cosa succede veramente in Iraq? * Purtroppo gli avvenimenti di questi giorni confermano quello che avevo scritto basandomi semplicemente sull'osservazione della realta'. Come la guerra civile strisciante che ora e' esplosa con tutta la sua violenza e che sembra sorprendere ipocritamente chi l'ha favorita. E poi, si sapra' mai la verita' sulla morte di Nicola Calipari? L'emozione per la sua morte e' ancora viva tra la gente. E anche la richiesta di verita'. La magistratura ha fatto un primo passo, importante, incriminando Mario Lozano, l'unico soldato che secondo il rapporto della commissione militare americana avrebbe sparato contro di noi, per omicidio volontario. Perche' l'operato della magistratura abbia un seguito occorre pero' una collaborazione delle autorita' Usa che puo' essere ottenuta solo con una forte pressione politica. Che non possiamo aspettarci da questo governo visto che il ministro Castelli non ha mai fatto nulla per ottenere una risposta alle rogatorie. E ieri il ministro della difesa Antonio Martino, durante la commemorazione di Calipari, e' arrivato a dire che e' stato il fato a uccidere il dirigente del Sismi. Non il fuoco americano. Martino ha osato piu' del comando Usa che aveva parlato di "fatale incidente". Poi, per fortuna, Gianni Letta lo ha smentito. * Oggi, 4 marzo, torno con la mente a Baghdad, ripenso al fuoco che ci ha colpito, alla breve gioia seguita dal grande dolore per la morte di Nicola. Non possiamo arrenderci, finche' non sveleremo la verita'. Scoprire la verita' fa parte del nostro lavoro e la mia speranza e' di poter tornare presto a fare la giornalista come ho sempre fatto. 5. RIFLESSIONE. GUIDO CALDIRON INTERVISTA SOHEIB BENCHEICKH [Dal quotidiano "Liberazione" del 24 febbraio 2006. Guido Caldiron e' giornalista e saggista. Opere di Guido Caldiron: Gli squadristi del 2000, Manifestolibri, Roma 1993; AA. VV., Negationnistes: les chifonniers de l'histoire, Syllepse-Golias, 1997; La destra plurale, Manifestolibri, Roma 2001; Lessico postfascista, Manifestolibri, Roma 2002. Soheib Bencheickh, prestigioso intellettuale musulmano, e' attualmente direttore dell'Istituto superiore di scienze islamiche a Marsiglia] "Come musulmano, e dicendo questo penso anche agli altri musulmani del mondo, comprendo chi ritiene che la propria soggettivita' sia stata scioccata dalle famose vignette che rappresentavano il profeta Maometto. Questa comprensione scompare pero' se cambiamo piano, visto che per la storia il profeta Maometto ha avuto una vita umana e chiunque ha il diritto di criticarlo. Se i musulmani vogliono poter convivere con altre religioni o filosofie, diventare cittadini del mondo, devono mettere in conto di subire talvolta simili choc. Inoltre l'Islam appartiene all'umanita', a tutti, compresi i non musulmani che devono cominciare a far sentire la loro voce, criticando quando e' il caso e lodando quanto serve. Noi musulmani pensiamo che l'Islam sia verita', ma non vogliamo obbligare nessuno a condividere il nostro punto di vista". Soheib Bencheickh non ha dubbi, togliere dall'angolo in cui si e' cacciato, e nel quale e' stato posto, cio' che si potrebbe definire come lo "spazio di senso islamico", e' un compito che appartiene a tutti. E certamente non ai soli musulmani. Tra gli intellettuali musulmani piu' noti e attivi di Francia, Bencheickh e' stato per molti anni il Gran Mufti' di Marsiglia, la massima carica religiosa islamica della seconda citta' transalpina, e, lasciato quell'incarico da pochi mesi, e' oggi direttore dell'Istituto superiore di scienze islamiche, sempre a Marsiglia. Lo abbiamo intervistato alla vigilia della sua partenza per il nostro paese dove partecipera' al seminario "Noi e l'Islam" promosso da Acli e Legambiente a Montepulciano nell'ambito delle Giornate dell'interdipendenza. * - Guido Caldiron: Signor Bencheickh, cominciamo dalle vignette danesi che hanno suscitato tanta rabbia nella comunita' musulmana. Qual e' il suo giudizio su questa vicenda? - Soheib Bencheickh: La prima causa di quanto sta avvenendo va cercata nell'ignoranza: l'ignoranza degli insegnamenti fondamentali dell'Islam e della sua filosofia. E' in seno alla cultura musulmana che sono stati infatti tradotti i testi dei filosofi atei greci o indiani. Lo stesso Islam che non solo ha arricchito il patrimonio culturale dell'umanita' ma che ha rappresentato la fonte della civilta' occidentale durante il Rinascimento. Detto questo, mi sembra che la reazione smisurata e sorprendente di alcuni musulmani si ponga in aperta e totale contraddizione con questo patrimonio. Non solo, mi sembra che allo stesso modo queste reazioni servano a dimostrare che la religione musulmana e' cosi' fragile e "delicata" che una semplice caricatura puo' sconvolgerla. Inoltre, nelle proteste e' emersa anche una manipolazione politica, sia da parte di coloro che cercano di mobilitare il popolo su questi temi per influire poi sulla politica dei diversi paesi, sia da parte di alcuni regimi che cercano di conquistare una legittimita' e un consenso che non hanno presentandosi come i "difensori dell'Islam". La religione musulmana e' oggi oggetto di tutte queste attenzioni interessate che hanno pero' scopi esclusivamente politici. * - Guido Caldiron: Tra le reazioni che si sono avute nel mondo dopo la pubblicazione delle vignette in Danimarca, sembra pero' di poter distinguere nettamente, in termini di violenza e aggressivita', tra cio' che e' accaduto in Europa e quanto si e' visto ad esempio in Medioriente. E' il segno che i musulmani europei si sentono ormai parte di uno spazio che appartiene loro e nel quale rivendicano semmai sempre piu' la propria cittadinanza? - Soheib Bencheickh: Credo si debba chiarire una cosa di fondo. In tutta questa vicenda microfoni e telecamere sono stati volutamente puntati su una minoranza di attivisti radicali. La maggioranza dei musulmani - e questo si puo' cogliere leggendo anche la stampa di paesi che non si possono peraltro definire "liberi", come l'Algeria, la Tunisia o la stessa Arabia Saudita - non e' stata coinvolta e ha giudicato esagerate queste reazioni. Quanto alle differenze che si sono registrate nelle diverse parti del mondo, e' chiaro che i musulmani europei conoscono meglio la liberta' di espressione e che trovano perlomeno surrealista esigere le scuse dei primi ministri dei paesi che hanno pubblicato le vignette e che certo non gestiscono secondo i propri voleri la stampa. In Occidente la stampa e' libera, e questa liberta' consente ai cittadini di opporsi al rischio di derive autoritarie da parte del potere politico e, allo stesso tempo, proteggersi dai dogmatismi egemonici di alcune forme religiose. * - Guido Caldiron: Lei e' stato fino a pochi mesi fa la guida spirituale dei musulmani di una grande citta' europea come Marsiglia. L'esperienza fatta dall'Islam in Europa, territorio dove questa religione rappresenta una minoranza di cittadini, quali effetti potra' avere sui paesi dove quella islamica e' invece la fede della maggioranza della popolazione? - Soheib Bencheickh: Questo elemento rappresenta oggi il cuore, il centro del dibattito tra musulmani. Fino ad ora i musulmani sono stati troppo sicuri delle loro verita', mentre oggi, anche nelle terre dell'Islam, credo possano cominciare a fare l'esperienza di essere "minoranza". Ora, grazie alla globalizzazione e alla democratizzazione dei media, anche le idee che non piacciono alla maggioranza dei fedeli dell'Islam arrivano nei paesi in cui loro vivono. Andiamo verso un mondo sempre piu' interconnesso, ma anche sempre piu' plurale dove nessuno puo' piu' essere davvero "maggioranza" e dove anche le culture piu' lontane sono sempre meno "esotiche". Un cambiamento che non potra' che avere effetti benefici per tutti. * - Guido Caldiron: Nell'Islam c'e' oggi un grande dibattito intorno alla nozione di "riforma". Quanto lei ha appena detto va in questa direzione e davvero potra' aversi in quella musulmana una riforma del tipo di quella conosciuta dal cristianesimo? - Soheib Bencheickh: Viviamo in un'epoca di ignoranza nella quale abbiamo perduto l'erudizione classica dell'Islam ma abbiamo prodotto comunque delle risposte alle sfide nuove poste dalla globalizzazione e dalla cittadinanza universale. Personalmente non sono pessimista quanto alle possibilita' che ci potra' riservare il futuro. Solo nel XIX secolo la Chiesa Cattolica ha espresso tutto il suo oscurantismo attraverso le dichiarazioni e gli atti di Pio IX, ma questo non ha impedito alla storia di progredire, anzi, e cosi' si e' arrivati al Concilio Vaticano II che solo un secolo dopo ha recepito le conquiste fatte nel frattempo dall'umanita'. Quindi credo sia un buon segno il fatto che si viva oggi una sorta di perdizione e di perplessita': i musulmani saranno cosi' obbligati a creare per se' delle nuove risposte che gli consentano di vivere allo stesso tempo il proprio essere fedeli dell'Islam e l'appartenere a questo secolo. * - Guido Caldiron: Nel clima gia' avvelenato creato anche in Europa dall'affaire delle vignette e dalla propaganda dei sostenitori dei due campi dello "scontro di civilta'", l'assassinio da parte di alcuni ragazzi beur di un giovane ebreo parigino, Ilan Halimi, sembra proporre anche in Francia la presenza di una grave frattura tra comunita'. Vista da Marsiglia, come le sembra la situazione? - Soheib Bencheickh: L'inchiesta sull'assassinio di Ilan non e' ancora stata chiusa e quindi e' difficile per il momento stabilire i motivi reali della sua morte. Cio' che e' pero' gia' chiaro e' che si tratta di criminali. Ma se domani emergera' che questi ragazzi che si dicono musulmani lo hanno ucciso in quanto ebreo, credo sia importante che non vengano presentati e definiti cosi'. Nel senso che si tratta in ogni caso solo di criminali che meritano una posizione esemplare per quanto hanno fatto. Non devono essere presentati come musulmani perche' viviamo oggi in un momento delicato nel quale ogni generalizzazione puo' contenere pericoli e rischi. Io stesso ho telefonato al presidente del Crif, l'organismo che rappresenta gli ebrei francesi, e visto che da domani saro' in Italia, i miei collaboratori mi rappresenteranno a Parigi nelle prossime manifestazioni di solidarieta' alla famiglia dell'ucciso. Chi uccide qualcuno solo perche' appartiene a un'altra comunita' culturale o religiosa, cerca in realta' di uccidere l'idea stessa della convivenza tra religioni e culture diverse. Quanto al caso francese, aggiungerei anche che gli ebrei di questo paese conoscono meglio dei musulmani gli effetti del populismo e del razzismo per averli lungamente subiti e sperimentati sulla loro stessa carne. Quando un ebreo ha paura, un musulmano deve cominciare a preoccuparsi, anche perche' oggi e' spesso contro di lui che questo stesso populismo agisce. * - Guido Caldiron: Lei sara' nei prossimi giorni in Italia, come valuta la situazione di un paese dove le famose vignette sono esibite in tv da un ministro e dove le tesi di Oriana Fallaci ottengono un enorme successo? - Soheib Bencheickh: Diciamo che ho la massima fiducia nei cittadini e negli intellettuali italiani, che votano ed eleggono i loro rappresentanti e che possono decidere o meno del successo di un libro, perche' comprendano il pericolo insito in una simile logica. Una logica che consiste nel mettere una parte della popolazione contro un'altra, l'Occidente contro l'Oriente. Tutto cio' non mi sembra degno di un paese che e' vicino, geograficamente e culturalmente, al mondo musulmano. 6. MEMORIA. JUERGEN MOLTMANN: LA LEZIONE DI BONHOEFFER [Dal sito del "Il dialogo" (www.ildialogo.org) riprendiamo il seguente testo apparso sul quotidiano " Avvenire" del 9 febbraio 2006. Juergen Moltmann, nato ad Amburgo nel 1926, prigioniero di guerra, pastore, teologo; e' una delle voci piu' autorevoli della riflessione teologica contemporanea. Nella genesi del suo capolavoro del 1964 (Teologia della speranza) e' ovviamente forte ed esplicita l'influenza del pensiero di Ernst Bloch e del suo "principio speranza". Altro suo grande capolavoro e' Il Dio crocifisso del 1972. Opere di Jürgen Moltmann: segnaliamo particolarmente Teologia della speranza, L'esperimento speranza, Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, La giustizia crea futuro, Il Dio crocifisso, tutti pubblicati presso la Queriniana, Brescia. Riportiamo di seguito tutte le opere di Moltmann attualmente disponibili nel catalogo della Queriniana: con Kuno Fuessel, Johann Baptist Metz e altri, Ancora sulla "teologia politica": il dibattito continua; con Walter Kasper, Gesu' si', chiesa no?; con Hans Kueng (a cura di), Una confessione di fede ecumenica?; con Hans Kueng (a cura di), La disputa dello Spirito santo; con Hans Kueng (a cura di), Chi ha la parola nella Chiesa?; con Hans Kueng (a cura di), Il diritto al dissenso; con Hans Kueng (a cura di), Maria nelle chiese; con Hans Kueng (a cura di), Il cristianesimo tra le religioni mondiali; con Hans Kueng (a cura di), Una Convocazione ecumenica per la pace; con Hans Kueng (a cura di), Etica delle religioni universali e diritti umani; con Hans Kueng (a cura di), Il fondamentalismo come sfida ecumenica; con Hans Kueng (a cura di), Islam - una sfida per il cristianesimo; con Karl-Josef Kuschel (a cura di), I movimenti pentecostali come sfida ecumenica; con Pinchas Lapide, Monoteismo ebraico - Dottrina trinitaria cristiana. Un dialogo; con Pinchas Lapide, Israele e Chiesa: camminare insieme? Un dialogo; Teologia della speranza. Ricerche sui fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana; Prospettive della teologia. Saggi; Il Dio crocifisso. La croce di Cristo, fondamento e critica della teologia cristiana; (a cura di), Le origini della teologia dialettica. Parte I: Karl Barth, Heinrich Barth, Emil Brunner - Parte II: Rudolf Bultmann, Friedrich Gogarten, Edward Thurneisen; La chiesa nella forza dello spirito. Contributo per una ecclesiologia messianica; Futuro della creazione; Trinita' e Regno di Dio. La dottrina su Dio; Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione; La via di Gesu' Cristo. Cristologia in dimensioni messianiche; Nella storia del Dio trinitario. Contributi per una teologia trinitaria; Lo Spirito della vita. Per una pneumatologia integrale; L'Avvento di Dio. Escatologia cristiana; Dio nel progetto del mondo moderno. Contributi per una rilevanza pubblica della teologia; Esperienze di pensiero teologico. Vie e forme della teologia cristiana; Scienza e sapienza. Scienza e teologia in dialogo; In dialogo con Ernst Bloch; La giustizia crea futuro. Una politica ispirata alla pace e un'etica fondata sulla creazione in un mondo minacciato; Che cos'e' oggi la teologia? Due contributi sulla sua attualizzazione; Chi e' Cristo per noi oggi?; La fonte della vita. Lo Spirito Santo e la teologia della vita; (a cura di), Biografia e teologia. Itinerari di teologi; Nella fine - l'inizio. Una picccola teologia della speranza; Dio viene e l'uomo acquista la liberta'. Conversazioni e tesi; Chi e' l'uomo?; Esperienze di Dio. Speranza - Angoscia - Mistica; Religione, rivoluzione e futuro; Sul gioco. Saggi sulla gioia della liberta' e sul piacere del gioco; Il linguaggio della liberazione. Prediche e meditazioni; L'esperimento speranza. Introduzioni; Nuovo stile di vita. Piccoli passi verso la "comunita'"; Uomo. L'antropologia cristiana tra i conflitti del presente; con Walter Kasper, Hans-Georg Geyer, Hans Kueng, Sulla teologia della croce; con Hans Kueng (a cura di), La Bibbia nel conflitto delle interpretazioni; con Johann Baptist Metz, Storia della passione. Due meditazioni su Marco 8,31-38; con Wolfhart Pannenberg, Karl Rahner, Johann Baptist Metz e altri, Dibattito sulla "teologia politica"; con Karl Rahner, Anton Voegtle e altri, Il simbolo apostolico; con Richard Shaull, Helmut Gollwitzer e altri, Dibattito sulla "teologia della rivoluzione". Opere su Juergen Moltmann: Rosino Gibellini, La teologia di Juergen Moltmann, Queriniana, Brescia 1975. Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906, pastore e teologo, fu ucciso dai nazisti il 9 aprile del 1945; non e' solo un eroe della Resistenza, e' uno dei pensatori fondamentali del Novecento. Opere di Dietrich Bonhoeffer: Resistenza e resa (lettere e scritti dal carcere), Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1988; Etica, Bompiani, Milano 1969; presso la Queriniana di Brescia sono stati pubblicati molti degli scritti di Bonhoeffer (tra cui ovviamente anche Sanctorum Communio, Atto ed essere, Sequela, La vita comune). Opere su Dietrich Bonhoeffer: Eberhard Bethge, Dietrich Bonhoeffer, amicizia e resistenza, Claudiana, Torino 1995; Italo Mancini, Bonhoeffer, Morcelliana, Brescia 1995; AA. VV., Rileggere Bonhoeffer, "Hermeneutica" 1996, Morcelliana, Brescia 1996; Ruggieri (a cura di), Dietrich Bonhoeffer, la fede concreta, Il Mulino, Bologna 1996] Dietrich Bonhoeffer e' senza dubbio il teologo tedesco del XX secolo piu' noto al mondo. Dalla Polonia alla Corea esistono associazioni intitolate a Bonhoeffer, presso il Seminario dell'Unione Teologica di New York c'e' una cattedra dedicata a lui, le sue opere sono costantemente ripubblicate in Germania e tradotte in molte lingue. In cosa consiste l'affascinante segreto che si cela dietro il nome di Bonhoeffer? Le sue due opere piu' importanti, l'Etica e l'epistolario Resistenza e Resa, furono pubblicate solo dopo la sua morte dalla mano dell'amico Eberhard Bethge. A lui spetta il merito della profonda influenza mondiale del pensiero di Bonhoeffer. Ricordo gli anni del dopoguerra, quando ancora non sapevamo nulla di questi libri. Fino al 1950 Bonhoeffer era conosciuto solo a Berlino, in alcuni circoli ecclesiali, come teologo della Chiesa confessante, ucciso il 9 aprile del 1945. Sequela fu pubblicato postumo dall'ente di sostegno ai prigionieri di guerra e giunse cosi' nel mio campo di prigionia e nelle mie mani. Accolsi la "grazia a caro prezzo", che Bonhoeffer li' aveva elaborato, principalmente come una legge difficile da rispettare, in particolare per un prigioniero privato della liberta'. La "vita in comune" mi stava troppo stretta: ne avevo abbastanza di essere costretto alla vita in comune nelle caserme, nelle trincee e nei campi di prigionia, cercavo piuttosto la solitudine e la liberta' della vita privata. Piu' tardi, invece, durante i miei studi a Goettingen, uscirono l'Etica, nel 1949, e Resistenza e Resa, nel 1951, e mi colpirono come bombe. Ero rapito, entusiasta e mi sentivo liberato. Li leggevo a sera come un breviario, per assorbire completamente dentro di me questi nuovi pensieri teologici. Si tratta di "lettere e scritti dal carcere", compresi nel periodo dal 5 aprile 1943 all'8 ottobre 1944. Al fidato amico Bethge, Bonhoeffer rivela i problemi e le idee che gli stanno a cuore. Chi li legge prende parte a una teologia in divenire e dai suoi pensieri non conclusi viene stimolato a pensare in prima persona. Nella Dogmatica ecclesiale di Barth tutto e' gia' concluso e ben elaborato in piu' di 8.000 pagine di ampio respiro. In Bultmann ritroviamo sempre lo stesso metodo: l'interpretazione esistenziale. Bonhoeffer invece coinvolge i lettori delle sue lettere in un processo di pensiero teologico aperto e fa percorrere ai propri pensieri un viaggio in proprio. * E' un percorso unico nella teologia, non solo in quella contemporanea, e costituisce la grandiosa forza d'attrazione e la duratura influenza di Dietrich Bonhoeffer, che non ci ha lasciato ne' una dottrina ne' una dogmatica, ma una teologia vissuta e in divenire. Bonhoeffer inizia a leggere il Nuovo Testamento a partire dall'Antico e non viceversa, come Barth e l'intera tradizione cristiana prima di lui: "Negli ultimi mesi ho letto molto di piu' l'Antico Testamento che il Nuovo. Solo quando si riconosce l'impronunciabilita' del nome di Dio si puo' anche pronunciare finalmente il nome di Gesu' Cristo; solo quando si ama a tal punto la vita e la terra, che sembra che con esse tutto sia perduto e finito, si puo' credere alla resurrezione dei morti e ad un nuovo mondo; solo quando ci si riconosce sottomessi alla Legge di Dio, si puo' finalmente parlare anche della grazia...". "Noi viviamo nel penultimo e crediamo l'Ultimo", ma non si puo' pronunciare l'ultima parola prima della penultima. * Quando leggevamo questi pensieri nel 1951, nella Germania del dopoguerra, ci sentivamo liberati da piu' punti di vista: Karl Barth e la teologia della Chiesa confessante ci ripetevano continuamente la dichiarazione teologica di Barmen del 1934: Cristo e' il centro della Bibbia, il centro della Chiesa, il centro della fede. Il mondo e' malvagio - ma nella fede sei protetto. Era sicuramente anche giusto, ma dov'e' l'orizzonte, dov'e' la circonferenza, dov'e' la periferia? Ogni centro si riferisce senz'altro a una circonferenza, e se quest'ultima non si vede piu', il centro diventa un punto senza relazioni, la fede cristiana diventa sterile e si occupa solo piu' di se stessa. Nella resistenza contro la dittatura nazista la riflessione teologica sul centro della fede cristiana era del tutto giusta, ma dopo la fine della guerra si aprivano nuove possibilita' nella storia che non si potevano cogliere con una fede sterile. Bonhoeffer ci condusse al di fuori di una devozione ecclesiale diventata sterile e ci apri' le porte a un'autentica mondanita', ci condusse dalla fede direttamente nella vita. La fedelta' alla terra e' il motivo teologico per la sua nuova visione di un'"autentica mondanita'" della fede cristiana; su questa terra fu issata la croce di Cristo, su questa terra avvenne la sua resurrezione e questa stessa terra diventera' l'abitazione della giustizia di Dio. Non c'e' salvezza per gli uomini senza la salvezza della terra, quella nuova terra sulla quale abita la giustizia. Oggi facciamo politica mondiale, ma abbiamo bisogno di una politica della terra; facciamo economia mondiale, ma abbiamo bisogno di un'economia della terra; sviluppiamo il dialogo tra le grandi religioni, ma abbiamo bisogno di una religione della terra; "globalizziamo", parliamo di Internet, ma il globo e' questa meravigliosa e fragile terra. Bonhoeffer non sapeva nulla della crisi ecologica, ma la sua teologia della fedelta' alla terra e' una grandiosa teologia ecologica: l'ecologia e' la dossologia della terra. 7. LIBRI. ADRIANA CHEMELLO PRESENTA "CONVERTIRSI ALLA NONVIOLENZA?" DI AUTORI VARI [Ringraziamo Adriana Chemello (per contatti: achemello at alice.it) per questa recensione. Adriana Chemello, amica della nonviolenza, gia' redattrice di "Azione nonviolenta", e' docente di letteratura italiana presso la Facolta' di Lettere e filosofia dell'Universita' di Padova; negli ultimi anni si e' occupata in particolare del genere epistolare, di quello biografico e della letteratura pedagogico-popolare, con particolare attenzione al tema della lettura e della raffigurazione letteraria del lettore e della lettrice; ha pubblicato numerosi saggi in volumi miscellanei in Italia e all'estero e ha curato, tra gli altri, il volume Alla lettera. Teorie e pratiche epistolari dai Greci al Novecento, Guerini 1998. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (un finissimo studio sull'opera poetica di Danilo Dolci); tra i suoi contributi piu' recenti: Vittoria Aganoor, Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), Eidos 1996; Parole scolpite. Profili di scrittrici degli anni Novanta, Il Poligrafo 1998; Filippo Sacchi e Silvio Negro scrittori-giornalisti vicentini del Novecento, Marsilio 2001; e con L. Ricaldone, Geografie e genealogie letterarie, Il Poligrafo 2000] Un antico motto latino recita: habent sua fata libello. Ogni libro ha il suo destino. Quello di cui ci stiamo occupando (AA. VV., Convertirsi alla nonviolenza? Credenti e non credenti si interrogano su laicita' religione nonviolenza, a cura di Matteo Soccio, Il Segno dei Gabrielli Editore, Verona 2003, pp. 180, euro 14) e' uscito in un momento favorevole in cui la nonviolenza sembra essere tornata prepotentemente d'attualita', non solo per le ben note contingenze internazionali legate all'escalation del terrorismo e della guerra in Iraq, ma soprattutto perche' in questi mesi il dibattito politico ha incrociato con una frequenza inconsueta le tematiche legate alla nonviolenza e ai suoi metodi di lotta. Inoltre, per fare fronte con serenita' ed "apertura" al fenomeno dell'espansione della cultura e della religione islamica in Occidente, a seguito di nuovi e massicci flussi migratori, e' necessario avviare un confronto e un dialogo aperto tra le diverse religioni per evitare che gli inevitabili conflitti legati alla difesa delle molteplici diversita' degeneri in uno "scontro di civilta'", anziche' in un positivo e creativo "cambio di civilta'". Il libro che presentiamo, Convertirsi alla nonviolenza?, segnala, fin dalla titolazione, una apertura al dialogo, al confronto, allo scambio: il punto interrogativo finale conferisce all'enunciato un valore non assertivo ma interlocutorio, una apertura alla riflessione comune in un orizzonte il piu' possibile laico. Non intende cioe' imporre una verita' unica ed incontrovertibile, bensi' problematizzare i termini della questione. Chi si interroga si apre alla possibilita' di ricevere la parola dell'altro / degli altri, e' disponibile all'ascolto, ad accogliere riflessioni altrui e punti di vista diversi dai suoi. Questo libro si interroga e nel contempo interroga i suoi lettori, costringendoli a concedersi una pausa, una sospensione del ritmo frenetico quotidiano per pensare in pace, per pensare alla pace e alle strade per renderla possibile. Il sottotitolo rende piu' chiari ed espliciti i temi affrontati: avviare una riflessione e un confronto sui temi della laicita', della religione, della nonviolenza tra credenti e non credenti, tra coloro che fondano la propria scelta nonviolenta su una convinzione religiosa, cioe' su una scelta di fede, e coloro che invece si affidano al principio etico e morale del "non uccidere" (o non procurare sofferenza ad un proprio simile), ancorandolo ad un pensiero razionale e filosofico, a quella "ragione" che dall'Illuminismo in avanti chiama in causa direttamente l'uomo e la sua autonoma capacita' di giudizio ("Abbi il coraggio di conoscere", secondo il celebre imperativo kantiano). * Il volume comprende quattordici contributi ed e' il risultato di un seminario di studio sul tema "Laicita' Religione Nonviolenza", tenutosi a Perugia (Villa Umbra) l'11 giugno 2002. I partecipanti al seminario hanno accettato di approfondire insieme il nesso tra fede religiosa, visione laica del mondo e scelta nonviolenta. Gli interventi sono quindi diversificati e ad una lettura superficiale potrebbero sembrare tra loro non omogenei. Di fatto, nella diversita' risiede la loro ricchezza, la capacita' di affrontare le questioni da prospettive diversificate ma convergenti. Nello sforzo di farne una fotografia d'insieme capace di rendere presente il libro a chi ancora non ha avuto la possibilita' di vederlo e di sfogliarlo, ho accorpato gli interventi secondo quattro tipologie che ora illustrero'. Ci sono coloro che prendono spunto dalle loro convinzioni filosofiche, dall'autorevolezza di un pensiero riconosciuto e si sforzano di dare una definizione oggettiva dei termini in questione, a partire dal concetto di laicita' (vd. Mario Martini, Laicita' religione nonviolenza; Enrico Peyretti, Dieci tesi su "religioni violenza nonviolenza"). Altri preferiscono invece partire dalla loro fede, dalla scelta confessionale, dichiarando fin dall'inizio la loro parzialita' (vd. Luciano Benini, L'opzione nonviolenta dei cristiani; Eugenio Rivoir, Possono le religioni e le chiese allevare figli nonviolenti?; Liviano Bonati, Laicita' e nonviolenza). Alcuni partono dalla loro esperienza individuale e soggettiva, dal "chi sono io", portando una testimonianza di vita, come fanno Adriano Moratto, Gloria Gazzeri e Luciano Capitini. Interrogandosi sui "valori" che stanno alla base di una scelta nonviolenta, Adriano Moratto risponde: "Per un non credente di chiarato, la scelta della nonviolenza e' obbligata. Non ha chiese, ne' dogmi, ne' verita' rivelate da difendere. Non ha guerre giuste o pretese giustificate: e' una pecora in mezzo ai lupi. La propria coscienza, il dubbio che deriva dalla consapevolezza dei propri limiti, pur nella ferma certezza di cio' in cui crede, lo spingono al dialogo, al confronto. Non puo' usare che metodi e mezzi conseguentemente nonviolenti. Per quanto riguarda i valori sono, per me, gli stessi che ho scoperto leggendo i racconti di Tolstoj in un libro regalatomi quando avevo otto anni. Sono valori eterni nella loro elementare semplicita': rispetto, perdono, solidarieta' e amore. 'Infantilmente', come qualcuno ci accusa, credo che se la guerra debba finire con la pace tanto vale cercare l'accordo prima. Credo che se mi serve qualcosa sia meglio chiederla invece di strapparla a chi poi mi fara' resistenza e si ribellera'. Credo che se ho delle capacita', maggiori o diverse da altri, non ne ho anche la proprieta' esclusiva: preferisco poter felicemente fare il Gondrano della situazione nella fattoria degli animali: 'stupido e' chi lo stupido fa'. Ognuno ha i suoi talenti da far fruttare per il bene comune ed io non sono abbastanza avido e presuntuoso da ritenermi erede esclusivo delle risorse che mi sono venute, per chissa' quali strade, da una storia millenaria" (p. 167). Ci sono infine gli interventi di coloro che analizzano alcune esperienze storiche per meglio evidenziare, attraverso alcuni percorsi singolari, l'efficacia della nonviolenza. Troviamo qui i saggi sulla Laicita' di Gandhi (di Matteo Soccio), su Capitini e la religione (Ornella Faracovi), su Danilo Dolci e la santita' laica (di Sandro Mazzi). Ognuna di queste figure, Gandhi, Capitini, Dolci, ha praticato, a modo proprio, la nonviolenza, cioe' l'ha messa in pratica. Noi, a distanza di anni da quegli esperimenti, possiamo leggerne il disegno, vedere e valutare il risultato, possiamo cogliere l'unita' dell'insieme e comprenderne l'efficacia: la liberazione dell'India, la diffusione della nonviolenza in Italia, le lotte con i disoccupati della Sicilia e la costruzione della diga sullo Jato, ecc. * Particolarmente interessante il saggio che Matteo Soccio, curatore del volume, dedica a Laicita' di Gandhi nei suoi esperimenti con la verita'. Gandhi e' un uomo di fede che fa della sua "ricerca della verita'" il punto di forza per cambiare il mondo. Dal saggio emerge in particolare la modernita' del pensiero e dell'agire di Gandhi: la sovrabbondanza in lui dell'elemento religioso non offusca, anzi rende piu' visibile la sua laicita'. Questo, scrive Soccio, "e' il paradosso di Gandhi: da una parte e' piu' vicino al fervore dei santi, all'entusiasmo dei fondatori di religioni, dall'altra parte, in massima liberta' e sincerita', e' vicino agli umili o onesti cercatori di verita'. L'uomo Gandhi e' un essere pensante e credente e, fino in fondo padrone di se'. Elementi di laicita' infatti non e' difficile trovarli perche' i suoi punti di vista sono il risultato di una continua ricerca personale". Gandhi, come tutti i veri religiosi, e' un uomo capace di produrre sconcerto. Pensiamo alla sua lettera indirizzata ad Adolf Hitler, a cui si rivolge con l'appellativo di "amico", invitandolo a desistere da metodi cosi' violenti, perche' nessuno "potra' gloriarsi di racconti di gesta crudeli". Sappiamo che quella lettera non raggiunse mai il suo destinatario, tuttavia leggendola ora riusciamo a cogliere la rara sapienza, la sottile intelligenza e la laicita' di colui che la scrisse, senza demonizzare il suo avversario ("amico"), anzi distinguendo nettamente tra "peccato" e "peccatore". Ma la modernita' di Gandhi affiora anche nei suoi discorsi rivolti alle donne, che egli considera "la meta' migliore dell'umanita'", perche' la donna ha "maggiore intuizione, maggiore capacita' di sacrificio, maggiore forza di sopportazione, maggiore coraggio". "Senza di lei - scrive Gandhi - l'uomo non potrebbe esistere. Se la nonviolenza e' la legge della nostra esistenza, il futuro e' con la donna" (p. 71). * Un libro ricco di contributi tutti interessanti, che ha il coraggio di porre molti interrogativi, senza arrivare a soluzioni definitive e definitorie ma lasciando aperto il discorso per ulteriori approfondimenti. Un libro che mostra diverse forme e modalita' per praticare la nonviolenza, da quella di impronta umanitaria e laica a quella incardinata ad una confessione religiosa. A mio modo di vedere si potrebbe - in conclusione - affermare che la nonviolenza e' "un'eredita' senza testamento": un'eredita' preziosa da valorizzare, da capitalizzare, da far fruttare; senza testamento in quanto non ci sono eredi legittimi e/o illegittimi. Tutti possono partecipare di questa risorsa, tutti possono usufruirne, possono metterla in pratica, agirla e naturalmente reinventarla e ri-crearla. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1227 del 7 marzo 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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