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La nonviolenza e' in cammino. 1228
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1228
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 8 Mar 2006 00:29:55 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1228 dell'8 marzo 2006 Sommario di questo numero: 1. L'otto marzo a Roma le donne contro la guerra 2. Un'intervista a Yanar Mohammed 3. Haider Rizvi: Donne contro la guerra 4. Luisa Morgantini: l'Europa sostenga concretamente l'impegno nonviolento di Aung San Suu Kyi 5. Sei liriche di Giovanna Bemporad 6. Due liriche di Letizia Lanza 7. Cinque liriche di Marisa Zoni 8. Chiara Fraschini presenta "La guerra non ci da' pace" a cura di Carla Colombelli 9. Lidia De Federicis presenta "La guerra non ci da' pace" a cura di Carla Colombelli 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. INCONTRI. L'8 MARZO A ROMA LE DONNE CONTRO LA GUERRA [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo] 8 marzo, giornata internazionale delle donne: a Roma dalle ore 16 alle 18 sit-in davanti all'ambasciata statunitense in via Veneto. Una chiamata alla pace: Le donne (e gli uomini) dicono no alla guerra. Il prossimo 8 marzo sara' una giornata importante per le donne e per la pace. Raccogliendo l'appello internazionale di "Code Pink" e Cindy Sheehan, i movimenti delle donne e per la pace stanno organizzando manifestazioni davanti alle ambasciate Usa in tutto il mondo per chiedere la fine immediata dell'occupazione militare dell'Iraq. La manifestazione principale si terra' a Washington, dove un corteo portera' le firme di donne di tutto il mondo alla Casa Bianca. L'8 marzo vedra' manifestazioni in tutti gli Stati Uniti, dall'Alaska alle Hawaii, dal Montana alla Florida, e anche in molti paesi del mondo (tra cui Francia, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Svezia, Pakistan, Egitto, Benin, Australia e Nuova Zelanda), e in Italia a Roma. Nella capitale italiana associazioni femministe e pacifiste promuovono per le ore 16 un sit-in davanti all'ambasciata Usa in via Veneto. Con cartelli, striscioni e canti, le donne (e non sole) chiederanno che tutte le truppe lascino l'Iraq e che ci sia una fine agli stupri, alle torture, alle violazioni dei diritti umani, alle deportazioni, alle carceri segrete e allo sterminio di civili. Per chi si chiede perche' una manifestazione contro la guerra davanti all'ambasciata Usa a Roma mentre il governo Italiano ha le truppe in Iraq, le organizzazioni promotrici rispondono che... la sovranita' italiana viene calpestata con sequestri sul suolo nazionale da parte della Cia, con lo stoccaggio di armi nucleari nelle basi Usa in violazione del trattato di non proliferazione, e con gli impedimenti nello svolgimento delle indagini sul caso Sgrena-Calipari. Il sit-in vuole anche essere una tappa verso la manifestazione nazionale che si terra' a Roma il 18 marzo, terzo anniversario dell'invasione e giornata internazionale contro la guerra e le occupazioni. * Per informazioni sulla giornata del 18 marzo: www.18marzo.unmondodiverso.it Per informazioni sulla giornata dell'8 marzo: www.peaceandjustice.it Per informazioni sull'appello internazionale e le manifestazioni in programma nel mondo, vedere il sito di "Women say no to war": www.womensaynotowar.org Per maggiori informazioni: cciddonne at tiscalinet.it, nellagin at fastwebnet.it, info at peaceandjustice.it * Associazioni prime firmatarie: Associazione federativa femminista internazionale (Affi), Bastaguerra, Donne in nero, U.S. Citizens for Peace & Justice, Women's International League for Peace and Freedom (Wilpf Italia). 2. IRAQ. UN'INTERVISTA A YANAR MOHAMMED [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista di "Whr net" (Rete per i diritti umani delle donne) a Yanar Mohammed, presidente dell'Organizzazione per la liberta' delle donne in Iraq (Owfi)] - Whr net: Com'era la situazione per i diritti delle donne in Iraq, prima dell'invasione Usa, e com'e' ora? - Yanar Mohammed: Prima dell'invasione, l'Iraq era governato da un dittatore, sotto il cui regime le liberta' politiche erano bandite, e le trasgressioni punite duramente. Non c'e' da discutere sul fatto che Saddam commise atrocita' terribili contro il suo stesso popolo, in particolare la popolazione curda, e la gente soffriva enormemente per le continue guerre regionali e per l'embargo. Tuttavia, dobbiamo anche saper riconoscere che durante quel periodo la societa' ha beneficiato della laicita' e di una certa prosperita' economica. Le donne avevano accesso all'istruzione ed al lavoro. Il 40% dei lavoratori nel settore pubblico erano donne. Avevamo la garanzia di trovare un impiego al termine degli studi, che erano gratuiti su base nazionale. L'indipendenza economica ed un alto livello di istruzione ponevano le donne irachene in uno status privilegiato, se ci si confrontava con gli altri paesi mediorientali. I movimenti progressisti che erano presenti in Iraq ancor prima del regime di Saddam, avevano influenzato la scena sociale, e lo status delle donne era rispettato, e le liberta' sociali godute. Questi movimenti comprendevano nelle loro organizzazioni piu' di 40.000 donne in tutto il paese, e avevano ottenuto miglioramenti nella riforma del diritto di famiglia. Le donne delle citta' erano professioniste, giudici, ministri, e vestivano in stili moderni. Aree professionali come la recitazione, l'insegnamento artistico e la contabilita' bancaria erano affollate da donne. Il cambiamento e' avvenuto nel giro di una notte, dopo l'invasione dell'Iraq. Le forze di occupazione smantellarono ogni istituzione precedente che avesse a che fare con la sicurezza e la difesa. Il sistema di conseguenza crollo', senza che nulla venisse sostituito alle strutture distrutte, e cominciarono i saccheggi, il rapimento di donne ed il loro traffico nei paesi confinanti, poiche' i confini erano aperti e non vi erano ispezioni serie. L'Owfi organizzo' una dimostrazione il 24 agosto 2003, pochi mesi dopo la guerra, in cui diedi lettura della mia lettera aperta a Bremer, in cui chiedevo sicurezza per le donne sulle strade irachene. Ritengo costui responsabile delle vite di almeno quattrocento donne che furono rapite per essere stuprate, vendute o uccise. Da allora ad oggi le strade non sono ancora sicure, e si sono aggiunti nuovi elementi. Militanti di partiti religiosi fondamentalisti girano per le strade molestando le donne che non sono velate o non indossano abiti "islamici". Questi personaggi hanno ucciso numerose donne perche' avevano una professione, e parte di essi sono oggi al governo. Nelle citta' del sud, i gruppi islamisti pro-Iran (Brigate Badr) hanno il pieno controllo della scena politica. Questo ha mutato le strade in zone "no donne", dove persino le cristiane non osano camminare senza velo. Dato il crollo del settore pubblico, la maggior parte delle donne ha perso l'impiego, e dopo due anni senza entrate si sono rivolte alla scena tribale, dove sono economicamente protette. La disoccupazione fra le donne si aggira ancora attorno al 90% e non vi sono in atto programmi di assistenza sociale. * -Whr net: Puoi spiegare il processo che ha portato all'esclusione ed alla discriminazione delle donne per legge? Cos'e' cambiato con la nuova Costituzione, e quali sono le conseguenze per le donne? - Yanar Mohammed: Nella prima Costituzione, scritta nel 1925, non c'era menzione di una religione formale. Nella successiva Costituzione, scritta durante la prima repubblica nel 1958, fu deciso che l'Islam era la religione della repubblica. Questo testo subi' dei cambiamenti nel 1963, nel 1968 e nel 1870. Il diritto di famiglia era solo in parte basato sull'Islam, ed era stato soggetto ai mutamenti dovuti alle pressioni dei movimenti femminili progressisti. Dopo l'invasione, gli Usa divisero i seggi di governo e parlamento tra gruppi politici pesantemente armati, visti come "forti" (per lo piu' islamisti sciiti e nazionalisti curdi), il che ha lasciato gli attivisti per i diritti delle donne e per i diritti umani senza difesa, marginalizzati e inascoltati. Il primo risultato di tale configurazione del potere e' stato chiaro nella nuova Costituzione. La sharia islamica viene in essa considerata come fonte legislativa di base. Cio' ha automaticamente cancellato le conquiste femministe in Iraq. E' stato un enorme passo indietro per lo status delle donne, e ha ridotto l'Iraq ad un paese governato dalla religione. Dato il corrente governo, potra' accadere che il diritto di famiglia legalizzera' la poligamia, la battitura domestica per "disciplinare" le donne, la lapidazione per le adultere, e l'apartheid di genere. E' di questi giorni la risoluzione del governo che separa le classi per sessi nelle universita' e nei licei. Fin dall'inizio della guerra, líamministrazione Usa ha incontrato e incontra individui e gruppi che si identificano in base alla religione ed all'etnia. A chi ha rifiutato di farlo non sono stati offerti seggi in nessun consiglio. Il miglior esempio per chiarire questo punto e' la scelta del segretario del piu' grande partito laico del paese, il partito comunista iracheno, che ora ha un seggio sciita nel consiglio di governo. Agli iracheni e' stata negata una rappresentazione politica, perche' il piano statunitense era di dividerli lungo le linee etniche, religiose e settarie. Ci sono voluti due anni di diligenti separazioni per portare a termine il piano, il cui risultato e' una guerra civile in cui le persone vengono uccise in base alla loro identificazione settaria. * - Whr net: Qual e' l'impatto degli attacchi militari sulla vita delle donne? - Yanar Mohammed: Le atrocita' che seguono le azioni militari e la mancanza di sicurezza sono divenute realta' nei primi mesi dopo la guerra, e ancora persistono. Hanno forzato le donne ad abbandonare il lavoro, e a tenere le figlie a casa, lontano dalla scuola. Questa situazione include anche le aggressioni contro le donne operate dalla resistenza islamista fondamentalista, che in relazione alle donne ha adottato i metodi dei Talebani. Sono state emesse numerose sentenze religiose (fatwa) per costringere giovanissime ragazze al matrimonio con i Mujahideen a Falluja e a Ramadi, cosa che doveva salvarle dallo "stupro americano" ed ha di fatto legalizzato lo stupro matrimoniale di bambine dodicenni. L'occupazione ha trasformato l'Iraq in un'altra repubblica islamica, come l'Iran, dove le donne sono cittadine di seconda classe per legge. Gli Usa sono rimasti a guardare mentre i gruppi islamisti sciiti diventavano maggioranza nel governo ed applicavano la loro arretratezza su tutto il popolo iracheno, senza il minimo segno di sconcerto. Gli sciiti stanno usando tutta la loro forza per andare in una determinata direzione, ma non riescono ad imporla ad una societa' che ha goduto per piu' di un secolo e mezzo una vita moderna e civile. L'ambasciatore Usa Khalil Zadeh osa descrivere la nuova Costituzione come una delle piu' democratiche del mondo islamico. Non menziona il fatto che il 60% della popolazione irachena, le donne, e' ora costituito da cittadine di seconda classe per tutto cio' che riguarda i diritti sociali, economici e politici. Se gioisce di tale Costituzione, e' come se gioisse per lo scoppio della guerra civile, e per la balcanizzazione dell'Iraq. * - Whr net: Come stanno gestendo questa situazione le organizzazioni delle donne? E di che sostegno avete bisogno da parte del movimento internazionale per i diritti umani delle donne? - Yanar Mohammed: Sfortunatamente, parlando di gruppi femminili in Iraq, ora dobbiamo tenere presente che i partiti hanno reclutato donne affinche' rappresentassero la loro agenda misogina, e hanno assegnato a costoro l'intera quota femminile in parlamento. Comunque, la scena delle organizzazioni femminile copre tutti i colori dello spettro, dai gruppi piu' reazionari (come Al Mihrab Martyr) a quelli piu' progressisti, che continuano a chiedere diritti umani per le donne in accordo agli standard universali, senza alcun compromesso con le religioni locali, e l'Owfi ha un ruolo guida in questo. Gli occupanti Usa si sono sempre preoccupati di escludere l'Owfi dalle loro conferenze e dagli eventi altamente manipolati e pubblicizzati che hanno rivolto alle donne. Hanno favorito chiunque acconsentisse a compromessi sulle istanze femminili. Hanno messo sotto i riflettori le donne velate islamiste a rappresentare tutte le donne irachene, ed infine hanno diviso ancora la massa delle donne laiche su basi etniche, religiose e settarie. Le donne laiche si trovano iscritte d'ufficio a gruppi diversi: se sono arabe, curde, turcomanne, sciite, sunnite, eccetera. Il piano per demoralizzare le donne e' stato studiato bene. Dopo due anni di incontri con le Ong nella "zona verde", i gruppi laici hanno continuato a non ricevere nessun sostegno e la maggior parte di essi si e' sciolta. L'Owfi ha deciso di non avere alcun contatto con i perpetuatori dell'arretratezza e della misoginia, ma piuttosto di cercare sostegno nella piu' ampia base di reti femministe nel mondo. In questo modo, siamo riuscite ad aprire due rifugi per le donne, a pubblicare nove numeri del giornale "Al Mousawat", e molte attiviste si sono unite a noi. Il nostro progetto per la liberta' delle donne ha bisogno di aiuto finanziario, per consentirci di continuare il nostro lavoro nelle difficili circostanze create dalla guerra. Il nostro progetto piu' ambizioso, al momento, e' riuscire a dar vita ad una tv satellitare, che parli della liberta' femminile nei paesi mediorientali. Una tv libertaria e laica, in controtendenza con cio' che viene trasmesso dagli altri canali e che tende a distruggere la coscienza dei giovani. "Amwaj (Onde) tv" contribuira' a formare nuove onde del femminismo iracheno ed arabo, e lavorera' efficacemente contro la misoginia patriarcale sostenuta dalla religione. L'alternativa a tutto questo male, alla misoginia ed al bigottismo, e' l'alternativa delle donne. Da quando scegliemmo il nostro nome, "Per la liberta' delle donne", la nostra idea era di trasmettere onde di attivismo femminista in Iraq ed oltre, in tutto il Medio Oriente, di farci ascoltare dal mondo intero. Speriamo che l'eco di queste onde torni a noi, portandoci sostegno ed incoraggiamento. 3. MONDO. HAIDER RIZVI: LE DONNE CONTRO LA GUERRA [Dal bollettino elettronico quindicinale di Attac-Italia "Il granello di sabbia", n. 147 del 10 febbraio 2006 (per contatti: redazione at attac.org) riprendiamo il seguente articolo. Haider Rizvi e' giornalista dell'Ips (Inter Press Service)] Un gruppo di donne con sede negli Usa ha lanciato una campagna globale per raccogliere 100.000 firme entro l'8 marzo, Giornata internazionale della donna, data in cui la petizione sara' recapitata alla Casa Bianca e alle ambasciate Usa di tutto il mondo. "Stiamo dando voce a un coro femminile globale che grida, 'E' troppo!'", ha dichiarato Medea Benjamin, cofondatrice di "Codepink: Women for Peace", un gruppo in difesa dei diritti con sede in California, che ha lanciato la campagna globale dal titolo "Le donne dicono no alla guerra". "L'amministrazione sta cercando di sottrarsi alla responsabilita' (della guerra), ma non permetteremo che cio' accada", ha detto all'Ips Jodie Evans di Codepink. "Questa campagna e' eccezionale, riunisce migliaia di donne in tutto il mondo, creando qualcosa che noi non possiamo nemmeno vedere". Descrivendo come "schiacciante" la risposta iniziale all'appello del gruppo, Benjamin ha dichiarato che piu" di 200 donne di alto profilo in vari campi hanno appoggiato la campagna anche prima che venisse formalmente lanciata all'inizio del mese. Tra le firmatarie ci sono popolari attrici, come Susan Sarandon, la drammaturga Eve Ensler, l'attrice comica Margaret Cho, e scrittrici come Alice Walkers, Anne Lamott, Maxine Hong Kingston e Barbara Ehrenreich. "Noi, donne di Stati Uniti, Iraq, e di tutto il mondo, ne abbiamo abbastanza della guerra insensata in Iraq e del crudele attacco ai civili in tutto il mondo", si legge nell'appello. "Abbiamo seppellito molti dei nostri cari e visto troppe vite troncate per sempre...". "Questo non e' il mondo che vogliamo per noi e per i nostri figli", prosegue l'appello, "Con il fuoco nello stomaco e l'amore nel cuore, noi donne ci alziamo in piedi - al di la' dei confini - per unirci e chiedere la fine dello spargimento di sangue e della distruzione". Cindy Sheehan, il cui figlio Casey e' stato ucciso combattendo in Iraq, e che ha successivamente digiunato vicino al ranch del presidente Bush in Texas per chiedere (senza riuscire ad ottenerlo) un incontro faccia a faccia, attirando l'attenzione dei media, e' stata una delle prime firmatarie della campagna. "Il dolore provocato da questa guerra in tutto il mondo e' inimmaginabile", riporta una dichiarazione di Sheehan. "Ho incontrato altre donne pronte a unirsi per porre fine a questa follia". Sollecitando un cambiamento di strategia degli Usa in Iraq, "da un modello militare a un modello di risoluzione del conflitto", le organizzatrici chiedono il ritiro di tutte le truppe straniere dall'Iraq, e ampia rappresentanza femminile nel processo di pace di quel paese. "Oggi le donne irachene sono devastate. Ci vorranno decenni di lotta per ritornare a una vita pacifica e civile", ha dichiarato Yanar Mohammed, firmataria della campagna e presidente dell'Organizzazione per la liberta' delle donne in Iraq. "L'occupazione Usa ha gettato i semi di una divisione etno-settaria, preparando l'Iraq a una guerra civile, e ha consacrato la supremazia religiosa sopra e contro i diritti umani e delle donne", ha aggiunto l'attivista. Dall'invasione dell'Iraq da parte delle forze della coalizione guidata dagli Usa, hanno perso la vita decine di migliaia di innocenti civili iracheni, comprese donne e bambini. Gli oppositori denunciano che, malgrado la protesta di influenti gruppi per i diritti umani, come Amnesty International, con sede nel Regno Unito, e la statunitense Human Rights Watch, l'esercito americano continua a eludere la responsabilita' di tenere un registro delle perdite civili. Tuttavia, un sondaggio indipendente condotto dal giornale medico britannico "The Lancet", ha concluso lo scorso anno che almeno 100.000 civili erano gia' morti in Iraq a causa della guerra. Alcuni gruppi umanitari che lavorano vicino al governo Usa hanno iniziato a chiedere al Pentagono di pagare un indennizzo alle famiglie dei caduti sotto i bombardamenti aerei americani in Iraq. "Abbiamo la responsabilita' di aiutare le vittime e i loro congiunti", ha dichiarato Sarah Holewinsky, direttrice della Campagna per le vittime innocenti nei conflitti (Civic) con sede a Washington, gruppo fondato da Maria Rouzicka, uccisa in un attacco suicida in Iraq mentre aiutava le vittime civili della guerra in quel paese. Tuttavia, malgrado il rifiuto dell'amministrazione di decidere una scadenza per il ritiro, la maggioranza della popolazione Usa e' diventata contraria alla guerra, e molti ex-generali dell'esercito Usa e parlamentari precedentemente favorevoli al conflitto chiedono oggi a gran voce una strategia concreta di uscita. Recenti sondaggi d'opinione mostrano anche un continuo calo della popolarita' del presidente Bush, che ha cercato di sostenere la propria immagine di "presidente di guerra". Nel frattempo, cresce ogni giorno la campagna globale delle donne contro il conflitto... 4. APPELLI. LUISA MORGANTINI: L'EUROPA SOSTENGA CONCRETAMENTE L'IMPEGNO NONVIOLENTO DI AUNG SAN SUU KYI [Ringraziamo Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini at europarl.eu.int) per questo intervento. Luisa Morgantini, parlamentare europea, presidente della delegazione del Parlamento Europeo al Consiglio legislativo palestinese, fa parte delle Donne in nero e dell'Associazione per la pace; il seguente profilo di Luisa Morgantini abbiamo ripreso dal sito www.luisamorgantini.net: "Luisa Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5 novembre 1940. Dal 1960 al 1966 ha lavorato presso l'istituto Nazionale di Assistenza a Bologna occupandosi di servizi sociali e previdenziali. Dal 1967 al 1968 ha frequentato in Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove ha studiato sociologia, relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971 ha lavorato presso la societa' Umanitaria di Milano nel settore dell'educazione degli adulti. Dal 1970 e fino al 1999 ha fatto la sindacalista nei metalmeccanici nel sindacato unitario della Flm. Eletta nella segreteria di Milano - prima donna nella storia del sindacato metalmeccanico - ha seguito la formazione sindacale e la contrattazione per il settore delle telecomunicazioni, impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata responsabile del dipartimento relazioni internazionali del sindacato metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha rappresentato il sindacato italiano nell'esecutivo della Federazione europea dei metalmeccanici (Fem) e nel Consiglio della Federazione sindacale mondiale dei metalmeccanici (Fism). Dal novembre del 1980 al settembre del 1981, in seguito al terremoto in Irpinia, in rappresentanza del sindacato, ha vissuto a Teora contribuendo alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha fondato con un gruppo di donne di Teora una cooperativa di produzione, "La meta' del cielo", che e' tuttora esistente. Dal 1979 ha seguito molti progetti di solidarieta' e cooperazione non governativa con vari paesi, tra cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa, Mozambico, Eritrea, Palestina, Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata in luoghi di conflitto entro e oltre i confini, praticando in ogni luogo anche la specificita' dell' essere donna, nel riconoscimento dei diritti di ciascun essere umano: nelle rivendicazioni sindacali, con le donne contro la mafia, contro l'apartheid in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e israeliane per il diritto dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza con lo stato israeliano, con il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la guerra e i bombardamenti della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo all'autonomia, per la cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra. Attiva nel campo dei diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in Cina, Vietnam e Siria, e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si occupa di questioni riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del conflitto Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di relazioni e networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare con associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino del Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo... In Italia continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la pace". Opere di Luisa Morgantini: Oltre la danza macabra, Nutrimenti, Roma 2004. Aung San Suu Kyi , figlia di Aung San (il leader indipendentista birmano assassinato a 32 anni), e' la leader nonviolenta del movimento democratico in Myanmar (Birmania) ed ha subito - e subisce tuttora - durissime persecuzioni da parte della dittatura militare; nel 1991 le e' stato conferito il premio Nobel per la pace. Opere di Aung San Suu Kyi: Libera dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1996, 1998. Leyla Zana, intellettuale kurda, tra le figure piu' significative dell'impegno per i diritti umani, eletta al Parlamento della Turchia, ha subito durissime persecuzioni e la privazione della liberta' per il suo impegno per i diritti del suo popolo, la democrazia e la dignita' umana] Il premio annuale "Olof Palme", intitolato al premier socialdemocratico svedese assassinato venti anni fa, e' stato quest'anno assegnato, lo scorso 28 febbraio, alla dissidente storica del Myanmar (l'ex Birmania) Aung San Suu Kyi, in assenza della premiata, agli arresti nel suo Paese. Aung San Suu Kyi e' stata premiata "per il suo lavoro notevole e continuo in favore dell'instaurazione della democrazia in Myanmar". Considero un fatto estremamente positivo che la dissidente birmana, gia' insignita del Premio Nobel per la pace, sia considerata "un esempio di opposizione pacifica all'oppressione per tutti i popoli del mondo". Cio' non toglie che l'Unione Europea continui a mostrare la sua discontinuita' e lentezza. Mi riferisco all'analogia con la situazione curda. Anche Leyla Zana ha ricevuto il premio Sacharov e dopo cinque anni dal premio, il figlio, in un incontro al Parlamento Europeo, si era chiesto se quel riconoscimento servisse veramente a smuovere qualcosa per la sua causa, visto che Leyla Zana si trovava in quel momento in un carcere insieme ad altri parlamentari curdi, a causa della loro attivita' politica. Oggi Leyla Zana e' libera, anche se ancora sotto minaccia di processo. Ora, credo sia doveroso porsi delle domande. Quali prospettive concrete si offrono per Aung San Suu Kyi? Quali pressioni l'Europa sta facendo concretamente sul governo del Myanmar? L'Unione Europea e i governi che ne fanno parte non possono limitarsi al riconoscimento formale di simili esempi di impegno nonviolento per la democrazia, senza agire nella stessa direzione con pressioni e politiche di persuasione a livello istituzionale e di governo... 5. VOCI. SEI LIRICHE DI GIOVANNA BEMPORAD [Da "Noi donne" di aprile 2005 (disponibile anche nel sito: www.noidonne.org). Dalla medesima rivista riprendiamo altresi' alcuni stralci dalla presentazione dell'autrice scritta da Luca Benassi: "... non si capisce perche' una poetessa come Giovanna Bemporad sia esclusa da antologie ed elencazioni piu' o meno autorevoli, anche in presenza di giudizi critici di rilievo espressi, fra gli altri, da poeti come Pier Paolo Pasolini - suo primo recensore ed amico -, Giovanni Raboni, Camillo Sbarbaro ed Elio Pagliarani che la considera sua "maestra". La Bemporad e' nota soprattutto per il suo lavoro di traduzione. Dopo aver esordito poco piu' che adolescente con una traduzione in endecasillabi dell'Eneide, si dedica ad autori classici (Omero, Saffo e brani tratti dai Veda, gli antichissimi testi sacri indiani), simbolisti francesi (Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Mallarme') e lirici tedeschi moderni (Hoelderlin, Rilke, George), pubblicati nel 1948 insieme a una scelta di proprie poesie nella raccolta Esercizi, ristampata da Garzanti nel 1980. La stessa casa editrice ristampa nel 1981 l'Elettra di Hofmannsthal e nel 1986 i Canti spirituali di Novalis. Nel 1990 la casa editrice Le Lettere di Firenze pubblica, e ristampa successivamente nel 1992 e nel 2004, l'opera a cui la Bemporad ha dedicato tutta la vita: le stesura definitiva in endecasillabi, non ancora completa, dell'Odissea con la quale ha vinto nel 1993 il Premio nazionale per la traduzione letteraria istituito dal Ministero per i beni e le attivita' culturali. Ed e' proprio la traduzione dell'Odissea ad aver dato notorieta' alla Bemporad, attraverso un testo costruito sul calco dell'originale con la musicalita' dell'endecasillabo italiano, un'operazione che in simili traduzioni dei poemi omerici ha raramente raggiunto esiti cosi' perfetti e allo stesso tempo di estrema godibilita' di lettura. Tanto che nel 2003 la Einaudi ne ha dato alle stampe un'edizione scolastica per i licei; ed e' di prossima uscita anche l'edizione scolastica dell'Eneide da lei tradotta e gia' pubblicata nel 1983 presso Rusconi. La casa editrice Archivi del '900 ha recentemente pubblicato Cara Giovanna - Lettere di Camillo Sbarbaro a Giovanna Bemporad (1952-1964), che ripropone alcune delle lettere che il poeta ligure scrisse alla poetessa. Giovanni Raboni ha definito il lavoro della Bemporad 'di un infinito perfezionamento ritmico e sonoro, teso a restituire all'endecasillabo il suo diritto a esistere nella poesia del Novecento con una pronuncia originale e moderna. E' quasi impossibile, nel suo caso, fare distinzione fra testi originali e testi derivati: negli uni e negli altri circolano la stessa ansia di assolutezza formale, la stessa vitrea incandescenza, un'unica rarefatta ossessione'... La scelta qui proposta include solo testi originali perche' sono di minore reperibilita', escludendo le traduzioni che pure tanta parte hanno nel lavoro della Bemporad apprezzato fin dall'inizio da letterati come Leone Traverso, Manara Valgimigli, Mario Praz e tanti altri. Le poesie scelte sono state tratte dall'edizione Garzanti degli Esercizi del 1980, con le varianti autografe gentilmente proposte dall'autrice stessa. Al momento la Bemporad sta preparando l'edizione definitiva delle sue poesie. E' in corso di stampa la traduzione del Cantico dei Cantici, per i tipi della Morcelliana, che gia' pubblico' nel '52 l'Elegia di Marienbad di Goethe e gli Inni alla notte di Novalis"] Veramente io dovro' dunque morire come un insetto effimero del maggio e sentiro' nell'aria calda e piena gelare a poco a poco la mia guancia? Piu' vera morte e' separarsi in pianto da amate compagnie, per non tornare, e accomiatarsi a forza dalla celia giovanile e dal riso, mentre indora con tenerezza il paesaggio aprile. O per me non sarebbe male, quando fosse il mio cuore interamente morto, smarrirmi in questa dolce alba lunare come sinfrange unonda nella calma. * Non farmi cosi' sola come il vento che si dispera in questa notte fonda fino a morirne, eternamente sola non farmi, come gia' sono da viva, sotto la volta immensa ch'e' misura del nostro nulla. In punto di lasciare questa mia fragile vicenda, tutte le mie dolci abitudini, e la gioia che spesso segue all'urto del dolore, voglio adagiarmi su una zolla d'erba nell'inerzia, supina. E avro' piu' cara la morte se in un attimo, decisa, piano verra', toccandomi una spalla. * In riva al mare Dalla mia fronte io esco in riva al mare dove sommessa mormora i suoi baci l'onda; e conchiglie, imbuti del rumore, ci ascoltano pudiche e indifferenti. Davanti a me si rinnova il suo gioco di animale veloce che ai miei piedi si stende per piacermi e mi incoraggia con battiti di ciglia; anima preda di polipi e di granchi io ti respingo, votata al clima immobile degli astri. Su me sospende il cielo la sua curva larga, ariosa, e modella i miei passi non di un'eta', non di un attimo, un'ora ma di un'antichita': parola estratta dalla tua pausa, o mare, fronte colma. * Madrigale Padiglione di mandorli nel biondo colore di febbraio e' la campagna; e al rapido infittirsi dei germogli che traboccano, o in punto di incarnarsi, la volutta' mi afferra senza braccia. L'immagine di lei si acciglia e ride sotto un gioco di rondini, al suo collo mobile di baleni accosto il labbro e alla sua bocca, foglia di sibilla. Ma insiste per i campi un assiuolo l'armonia di velluto, e fa un profumo dal suo bruno languore misurato la viola; io ripenso le sue dita rosse all'estremita', petali intinti di porpora, tracciare sulla sabbia dei millenni il mio nome all'infinito. * La ninfa e l'Ermafrodito Chiusi i suoi grandi occhi insufficienti dove essenze d'aurora e d'ideale galleggiano, ha disteso il fianco ambrato tra i pioppi ed olmi anelanti all'altezza l'ermafrodito; ha disteso il suo corpo sull'erba, vinto dal meriggio fulvo che impone una consegna di silenzio e una riserva d'ombra ad ogni fronda sospesa la dolce incanto del suo sonno. Sono strali nel fianco e nel mio cuore le linee del suo corpo, chiare, lisce fino ai capelli, attorti in arabeschi simili a verdi draghi addormentati. Forse il belletto aereo dell'aurora ha tinto questa bocca, molle e gonfia come un frutto dei tropici. Il suo riso che ride alle ninfee m'intesse il velo di una trapunta gelosia; mi apprendo come un'ape al suo labbro materiato di piacere e di sonno; vi suggello solitudini lunghe e incontri rari, stagioni d'odio e d'amore, l'asprezza della morte essenziale, e mi allontano sull'ala ebbra e inquieta del pudore. * L'ossessione Se all'indulgente luce meridiana la mia stanchezza espongo, se il mio capo sonoro d'inni appoggio alla carezza di un vento blando, abbattuta su questo tavolo d'osteria, nel cerchio d'ombra di un largo ippocastano, quale demone malvagio in me risveglia l'ossessione che il mio viso riflesso nel boccale fa tremare, e il suo liquido compagno? Guardo gelarsi le piu' calde stille di gioventu' nei miei occhi di smalto, guardo con gli occhi appostati nell'ombra della follia seccarsi le piu' ricche stille di gioia sul mio viso arato dal tuo piede d'avorio, arida morte. 6. VOCI. DUE LIRICHE DI LETIZIA LANZA [Da "Noi donne" di giugno 2005 (disponibile anche nel sito: www.noidonne.org). Dalla medesima rivista riprendiamo altresi' uno stralcio della presentazione dell'autrice scritta da Luca Benassi: "Letizia Lanza si occupa di civilta' antiche. Laureata in lettere classiche a Venezia e perfezionata in scienze dell'antichita' (indirizzo filologico) a Padova, persegue da anni una ricerca portata avanti in prospettiva storico-femminile. Ha collaborato con la Fondazione scientifica Querini Stampalia Onlus di Venezia per l'organizzazione di una serie di interventi sul rapporto Antico/Moderno (Seminari Piero Treves 1995-'96. Atti, Venezia, 1999). E' nella redazione della rivista veneziana "Nexus" svolgendo attivita' di consulenza sull'antico e collabora con l'associazione "L'Araba Felice" per la quale ha gia' curato nel sito web (www.arabafelice.it) le schede di Ingeborg Bachmann, Sara Copio Sullam, Christine de Pizan, Clotilde Tambroni e Virginia Woolf. E' tra le voci di letteratura contemporanea nel sito www.letteraturaalfemminile.it/letizialanza.html. Il suo indirizzo web figura nella Libreria delle Donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) e fa parte della Fondazione Luciano Bianciardi. Sul rapporto tra letteratura e femminilita' ed in particolare sul femminile nell'antico ha pubblicato, tra le altre cose: Scritti di donna, Venezia, Supernova, 1995; Vipere e demoni. Stereotipi femminili dell'antica Grecia, Venezia, Supernova, 1997; Donne greche (e dintorni). Da Omero a Ingeborg Bachmann, Venezia, Supernova, 2001; Grecita' femminile. L'altra Penelope, Venezia, Supernova, 2001; Diabolica. Da oggi a ieri, Supernova, Venezia 2004..."] Never more Non piu' ludominitanti frecce dorate - gioia di luce - appuntate oramai a breve terso ricamo di esistenza. Inaridio nihilo di rigagnolo - e di fiume immenso. * Ascolto Lucciole di voce nel fitto di magma abissale. Lacrime di pece, cobalto d'illusione. Vacuita' di ascolto. 7. VOCI. CINQUE LIRICHE DI MARISA ZONI Da "Noi donne" di luglio 2005 (disponibile anche nel sito: www.noidonne.org). Dalla medesima rivista riprendiamo altresi' alcuni stralci della presentazione dell'autrice scritta da Luca Benassi: "Marisa Zoni e' nata nel 1937 a Castel San Pietro Terme e vive a Bologna. Il suo primo libro di poesie, Testa o croce del soldone (Editrice Quadrivio) e' del 1959. Sono seguite, tra le altre pubblicazioni, La scarpinata (Mondadori, 1967); Per una terra isolata (La Pergola, 1974); Dove l'Italia si vede (in collettivo, Guanda, 1978); La quota rovente (Artegrafica Moranti, 1990); La scommessa (Conte editore, 1994); Come un metallo o un tamburo (Manni, 1999); Tu paria dai mille occhi (Pendragon, 2004) dal quale sono stati tratti i testi qui presentati. Marisa Zoni ha conosciuto e collaborato con alcuni tra i piu' grandi letterati e poeti del Novecento: Paolo Volponi, Lalla Romano, Vittorio Sereni e Roberto Roversi. Nel 1971 Pier Paolo Pasolini sceglie e pubblica su "Nuovi argomenti" (che allora dirigeva con Alberto Moravia e Alberto Carocci) alcune sue poesie. Verso la fine degli anni Settanta Marisa Zoni fonda una tra le prime associazioni in Italia che difendono i diritti civili dei tossicodipendenti. A Bologna collabora con la Cooperativa Dispacci fondata da Roberto Roversi. Di lei ha scritto Gianni d'Elia nel 2001: 'Le sue poesie sono tutte un lungo periodo, frantumato da versi brevissimi, pieni di snodi e sorprese ulteriori; pettini stretti e spezzati, che ripassano sul reale e sul desiderio il loro gesto d'amore, di verita' accusata'... Roberto Roversi ha scritto nella prefazione de La quota rovente: 'una bella e forte comunicazione questa della Zoni: vitale, attiva, spesso alta. Sento di dover leggere il continuo ribattere sulla verita' atroce della vita reale odierna, sminuzzata in queste pagine in cento frammenti che bruciano. Cosi' ogni testo e' come il pezzo bollente di una bomba appena esplosa'. Si potrebbe definire la poesia della Zoni come poesia civile..."] Le madri sono secoli che piangono i figli del loro ventre delle giornate adoperate a crescerli: i bimbi delle guerre hanno occhi sfaldati resi cupi dalle botte del vento dal rumore dei sassi calpestati i figli sanno che la terra li considera semi: altre voci verranno e in musica canteranno per loro qualcosa. * Nelle guerre chi ci guadagna non ha fame non scappa non sale sul mare con le zattere nelle guerre chi mangia ride si veste si lava ha figli lievitati dai cibi noi avevamo sete come torturati noi con gli occhi ci mangiavamo le nuvole. * Attaccarsi alle rocce stare in bilico una notte per sapere se hai infilato il piede nello stivale se questa terra ti vuole se qualcuno ti manda indietro tu paria dai mille occhi. * Oggi che sappiamo che il sole ritorna e dopo aver restituito all'aria la cavalletta di Lecce oggi siamo positivi vogliamo un caffe' coop in offerta tre sacchetti vogliamo baciare il vento che corre la ragazza che offre il suo corpo all'angolo di via Arno alta bella libellula stretta da manette indegne. * Le donne la loro fortuna nel mondo la loro sapienza attorcigliata alle vite castrate tirate insulse sacrificate di migliaia di altre: alle altre mi unisco sono con voi donne del mondo faccio un soffritto che illumina la casa ho un geranio nutrito di lacrime secche. 8. LIBRI. CHIARA FRASCHINI PRESENTA "LA GUERRA NON CI DA' PACE" A CURA DI CARLA COLOMBELLI [Dal quotidiano "Liberazione" del 17 febbraio 2006. Non disponiamo di notizie sull'autrice di questo articolo. Carla Colombelli collabora con l'Irre del Piemonte e con l'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea. Tra le opere di Carla Colombelli: (a cura di, con Laura Derossi), Genere, storia, scuola: sei percorsi didattici, Edizione Irrsae Piemonte - Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea, Torino 1999; (a cura di), La guerra non ci da' pace, Edizioni Seb 27, Torino 2005] "In che modo elaborare un rifiuto della guerra non neutro ma sessuato, cioe' segnato dalla complessita' di approcci con cui la soggettivita' femminile e l'esperienza femminile del mondo si sono espresse e si esprimono sulla guerra?". E', questo, l'interrogativo che ha orientato il percorso di ricerca delle dieci autrici - e un autore - del testo La guerra non ci da' pace. Donne e guerre contemporanee, curato da Carla Colombelli (Edizioni Seb 27, pp. 240, euro 12,50). Un interrogativo che non e' piu' possibile eludere, nel momento in cui, accanto all'immagine della donna estranea alla guerra, assente dai combattimenti, madre-moglie-sorella-figlia-vittima da proteggere, si stagliano quelle - non certo nuove, ma rese piu' visibili dai media - delle donne in armi, soldate, terroriste, kamikaze. Rappresentazioni, le une e le altre, stereotipate, che rendono difficile leggere la realta' complessa della presenza-assenza delle donne negli scenari bellici, non riducibile all'estraneita'. Non solo: le nuove, diverse modalita' con cui la guerra viene combattuta, facendo venir meno la linea del fronte e la divisione tra combattenti e non combattenti, coinvolgono la popolazione civile, costituita, oltre che da anziani e bambini, dalle donne, appunto. E le donne, i loro diritti, la loro liberta', sono diventati pretesto, giustificazione ideologica per alcune delle guerre piu' recenti, prima fra tutte quella in Afghanistan. E' indispensabile decostruire i ruoli e gli stereotipi, giocati sull'ambiguita' tra estraneita' e partecipazione, che alle donne sono stati attribuiti e che, piu' o meno consapevolmente, esse hanno ricoperto, per far emergere la molteplicita' delle loro posizioni, ma, soprattutto, per restituire autorevolezza alle loro parole sulla pace, spesso non udibili e relegate nella sfera dell'impolitico dai discorsi dominanti. Carla Colombelli, con le autrici e l'autore che hanno collaborato al progetto, individua un importante nodo problematico nella strutturazione e colonizzazione dell'immaginario individuale e collettivo da parte della guerra: essa, che lo vogliamo o meno, entra prepotentemente nella nostra realta' quotidiana, informando di se' valori, ruoli, comportamenti, sentimenti, forme del vivere sociale e dell'agire politico. E' importante che i discorsi sulla guerra, articolati secondo il punto di vista dei due generi, entrino nelle aule scolastiche. E che rendano evidente la messa in ombra della presenza femminile nella storia. E' un'ottica che va oltre l'egemonia maschile nel campo dei saperi - come della politica - e si apre al riconoscimento dell'Altro, delle differenze, della molteplicita'. "C'e' un filo di autorita' femminile - e' una frase di Luisa Muraro, citata nel libro - che percorre la storia politica dell'occidente. Intendo: autorita' di donne dotate di indipendenza simbolica dal sistema del potere. Questo filo corre dall'antichita' fino ai nostri giorni". La ricca bibliografia curata da Luisa Peisino costituisce, certamente, una parte molto importante di questo lavoro: e' posta, contrariamente alle consuetudini, all'inizio del testo, e incita immediatamente il lettore e la lettrice ad approfondire l'argomento. Cristina Giudice indica l'esistenza di uno sguardo femminile sulla guerra molto particolare: quello di artiste che si sono interrogate sui conflitti contemporanei. L'autrice utilizza categorie proprie del pensiero femminista, che consentono di mettere in luce, nelle opere presentate, la pratica del "partire da se'", l'attenzione per le differenze di genere e per gli stereotipi con cui queste vengono irrigidite e, soprattutto, per i corpi sessuati, per il loro utilizzo, sfruttamento e strazio nella materialita' della guerra e nella sua costruzione simbolica. Molto utili, come punti di partenza per l'elaborazione di progetti a scuola, i due saggi di Emma Schiavon, dedicati, rispettivamente, alla rielaborazione del pensiero di due studiose, Jean Bethke Elshtain e Rada Ivekovic, sulle connessioni tra genere, guerra, nazionalismo e cittadinanza, e all'analisi dei testi giornalistici allo scoppio della guerra del Golfo, riguardanti gli accaparramenti alimentari in Italia. Emerge "come un discorso mediatico fortemente segnato dagli stereotipi di genere abbia inciso in modo molto profondo, proprio perche' inavvertito, sull'auto-rappresentaione delle italiane e degli italiani". Anche il contributo di Graziella Gaballo, orientato alla decostruzione di ruoli e stereotipi, insiti nei discorsi sulla guerra e, specialmente, nel linguaggio della guerra, si presta allo stesso scopo. Da segnalare anche gli interventi di Carla Bausone e Grazia Corrente, sul pensiero di virginia Woolf, Simone Weil e Etty Hillesum; di Giorgio Belli, sulle auto-rappresentazioni dell'identita' maschile nei film Apocalypse Now e Full metal jacket; di Enrica Panero, Laura Poli, Laura Porceddu, sulla storia delle Donne in Nero, arricchiti dagli appunti di Franca Maglietta. Il libro si rivolge, in particolare, ad insegnanti di scuola media e superiore, propone percorsi didattici. Ma e' interessante per chiunque voglia approfondire la propria conoscenza dell'elaborazione teorica e delle pratiche femminili sui conflitti e contro la guerra e per chi intenda, come si diceva, "dare al rifiuto della guerra un carattere sessuato". 9. LIBRI. LIDIA DE FEDERICIS PRESENTA "LA GUERRA NON CI DA' PACE" A CURA DI CARLA COLOMBELLI [Da "Laicita'", trimestrale del Comitato torinese per la laicita' della scuola, anno XVII, n. 4, dicembre 2005. Lidia De Federicis, nata a Torino, e' una prestigiosa intellettuale, eminente studiosa di didattica e storia della letteratura, con una lunga esperienza di insegnamento e di formazione e aggiornamento degli insegnanti, con pieno merito fortunatissima antologista per le scuole, fondatrice de "L'indice dei libri del mese" e partecipe di molte esperienze di cultura e di impegno civile. Tra le opere di Lidia De Federicis: (a cura di, con Giovanni Arpino), Il Novecento Torino 1971; (a cura di, con Remo Ceserani), Il materiale e l'immaginario, Torino 1979-1995; Letteratura e storia, Laterza, Roma-Bari 1998; Del raccontare. Saggi affettivi, Manni, Lecce 2004] Questo volume (AA. VV., La guerra non ci da' pace. Donne e guerre contemporanee, a cura di Carla Colombelli, Edizioni SEB 27, Torino 2005, pp. 232, euro 12,50) sostanzioso appare come un frutto fuori stagione della cultura femminile, un libro raro nel nostro tempo contrassegnato spesso, e specie in guerra, dall'offesa alle donne. Raccoglie interventi di Carla Bausone, Grazia Corrente, Graziella Gaballo,Cristina Giudice, Franca Miglietta, Enrica Panero, Marisa Peisino, Laura Poli, Paola Porceddu, Emma Schiavon, alle quali s'aggiunge il contributo di Giorgio Belli per la decodificazione dei film di guerra. Vedi la pedagogia militare, che e' presto detta, di Full Metal Jacket: "Il femminile viene identificato con tutto cio' che suggerisce debolezza e compassione, emotivita' e incertezza, quindi additato come ovviamente pericoloso per la vita del marine" (p. 149). La curatrice Carla Colombelli espone in una svelta premessa il metodo di lavoro del gruppo, formatosi nella collaborazione di una decina d'anni fra l'Irrsae o Irre Piemonte e l'Istituto Piemontese per la storia della Resistenza e della Societa' contemporanea. Ne e' uscito un libro, ed e' il secondo, che sembrerebbe dunque nobilmente ufficiale. Ma e' cosi'? Bisogna leggerlo. Questo infatti e' un libro di cultura viva e pungente, che lascia immaginare gli incontri di seminario, su genere e storia, su scuola e donne, e dialoga con altri libri in una cerchia larga, e fra le giornaliste preferisce Giuliana Sgrena e fra i quotidiani "Il manifesto". Carla Colombelli, nel presentare i vari saggi, richiama la nostra attenzione sul carattere sessuato della o delle culture. (Intanto pero', il fallimento referendario ha accentuato la crisi dell'ambigua nozione di differenza, grazie alla quale puo' legittimarsi tanto la trasgressione della donna rispetto alla cultura patriarcale quanto il suo riflusso nella funzione riproduttiva in uno scambio inuguale che la destina all'obbedienza e ne fa una preda). Questo e' un libro, tematicamente, di lavori in corso. Percio' lo si vorrebbe non finito, mai finito. Fra gli strumenti gia' pronti, anche per proseguire, segnalo subito, in apertura, la bibliografia ragionata di Marisa Peisino: piu' di 150 titoli, distribuiti in quattro sezioni che procedono dal documento alla testimonianza, alla rappresentazione letteraria e artistica, alla saggistica di riflessione. Sono titoli di libri, articoli, spettacoli, corredati di istruzioni per l'uso, concettuali e pratiche. Un ricco repertorio, gia' sperimentato nella guida ai lavori del gruppo. Chi ha provato a far ricerca, sa quanto sia laboriosa e utile, rispetto a internet, una bibliografia selettiva e mirata e controllata con intelligenza. Fra i saggi che rievocano figure di donne vissute in altre guerre e in contesti storici diversi dall'attuale segnalo soprattutto le pagine su Etty Hillesum, dove emerge l'eccezionalita' dell'unica che testimoniava non dopo ma durante la deportazione a cui non sarebbe sopravvissuta. Una giovane donna. Ne scrive Bausone: "Non e' cristiana, non e' ebrea praticante, non e' neppure credente nel senso corrente del termine, in quanto non legata a nessuna particolare pratica di fede, ma chiama Dio 'la parte piu' profonda e ricca' di se'" (p. 108). Fra i temi infine di maggior interesse e forza emotiva segnalo la specificita' della violenza che le donne hanno patito nell'emergenza della guerra, dalla Bosnia al Kosovo. Se ne occupava Franca Miglietta, morta nel 2003 prima di portare a termine il saggio di cui si pubblica (giustamente) una stesura incompleta. Il punto d'arrivo dello scavo di Franca era lo stupro, lo stupro etnico, un po' speciale, un po' peggiore, finalizzato alla procreazione. Una forma di violenza maschile assoluta, che radicalmente sancisce e colpevolizza la differenza femminile. Vedi Rossanda, qui citata: "si puo' violentare anche un uomo, ma non al fine di ingravidarlo" (p. 198). Una verita' rimossa, di valenza antropologica prima che storica, su cui si e' detto poco e malvolentieri. Franca concludeva: "Ancora e sempre, la tragedia della guerra rivela la tragedia della normalita'" (p. 200). Un bel pensiero, un pensiero ardito su di noi. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1228 dell'8 marzo 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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