La nonviolenza e' in cammino. 1200



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1200 dell'8 febbraio 2006

Sommario di questo numero:
1. Lorella Pica: Una lettera dal Guatemala
2. Augusto Cavadi: Danilo Dolci, un anniversario
3. Leggere Bateson a Roma
4. Il "Cos in rete" di febbraio
5. Enrico Peyretti: Ragioni e civilta', torti e barbarie
6. Giancarla Codrignani: Illegittima difesa
7. Antonio Caronia presenta "Vite precarie" di Judith Butler
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. ESPERIENZE. LORELLA PICA: UNA LETTERA DAL GUATEMALA
[Ringraziamo Lorella Pica dell'associazione "Sulla strada" (per contatti:
sullastrada at iol.it) per questa lettera. Lorella Pica (per contatti:
lorellapic at libero.it), gia' apprezzata pubblica amministratrice, e'
impegnata nell'associazione "Sulla strada", nella rivista "Adesso", in molte
iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza. Per sostenere le attivita' di
solidarieta' in America Latina e in Africa dell'associazione "Sulla strada":
via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell.
3487921454, e-mail: sullastrada at iol.it, sito: www.sullastradaonlus.it;
l'associazione promuove anche un periodico, "Adesso", diretto da Arnaldo
Casali, che si situa nel solco della proposta di don Primo Mazzolari; per
contattare la redazione e per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni,
e-mail: adesso at reteblu.org, sito: www.reteblu.org/adesso]

Carissime e carissimi,
non ho potuto scrivere prima e me ne scuso con tutti voi e soprattutto con i
tanti che hanno chiesto notizie. Siamo contenti della vostra vicinanza e ci
fa tanto bene sapere che ci pensate con affetto.
Qui al villaggio tutto bene.
*
Abbiamo stipulato con le famiglie piu' povere un contratto per la
costruzione delle case. Tutti sono strafelici, i bambini non stanno nella
pelle per la contentezza di avere finalemente una casa di mattoni dove non
entra pioggia e freddo, dove possono avere degli spazi per loro, dove ci
sara' un bagno (anche se ogni volta che lo nominiamo ridono a
crepapelle...), e dove ci sara', nella sala comune, una specie di
cappa-camino per consentire al fumo del fuoco della "cucina" di uscire dalla
casa.
Abbiamo cercato di rispettare gli usi delle famiglie e, questo del fuoco
nella casa, e' stato quello che ci ha dato piu' da fare: loro sono abituati
a fare il fuoco per cucinare le tortillas e i fagioli al centro della loro
capanna; la capanna e' fatta di canne e di fango e il fumo (insopportabile
per noi) rimane nella casa in gran quantita'. I bambini e gli adulti hanno
tutti dei problemi ai polmoni per respirare questo fumo.
Allora abbiamo cercato di ripettare l'uso del fuoco nella casa e di fare una
specie di cappa (canna fumaria) che porti il fumo fuori.
Anche per il bagno e' stata una bella battaglia. Abbiamo iniziato con la
scuola a pretendere che i bambini usassero il bagno, e l'uso del bagno e' la
prima lezione che si fa per i nuovi iscritti. In un primo momento non
capivano l'importanza igienica del bagno e sopratutto per loro era
impensabile buttare acqua sopra la cacca per mandarla via. L'acqua e' un
bene prezioso e come si puo' buttarla sopra la cacca?
Ormai tutti i bambini hanno compreso l'importanza del bagno e l'importanza
di lavarsi le mani dopo averlo usato. Infatti le malattie dovute alla scarsa
igiene sono molto diminuite da quando siamo qui e soprattutto da quando
abbiamo portato l'acqua corrente che prima non c'era.
Quello di avere un bagno in casa e' un altro passo in avanti che tutti
insieme faremo. Abbiamo previsto dei corsi di formazione per le famiglie per
l'uso della casa, della cucina e del bagno.
L'unico neo della vicenda e' stata la bufala che abbiamo preso per esserci
fidati del governo guatemalteco che aveva promesso un grande contributo da
parte sua per la costruzione delle case e invece ora si dimostra latitante.
Alla fine la cifra che dobbiamo investire in questo progetto si e'
triplicata. Pero' abbiamo fiducia nella generosita' della gente che sempre
ci sostiene e nella voglia di fare della gente di qui che si e' rimboccata
le maniche e ha messo a disposizione l'unica ricchezza che possiede: le loro
braccia. Per le famiglie che non hanno la possibilita' di mettere neanche la
mano d'opera (donne sole abbandonate o che hanno i propri mariti a lavorare
clandestini negli Stati Uniti) i vicini collaboreranno o provvederemo noi
con un prestito per poter prendere la mano d'opera.
Se Dio vuole a dicembre del prossimo anno tutte le famiglie piu' bisognose
avranno la loro casa. Questo ci riempie di felicita' e sopratutto dona nuova
speranza alle famiglie e ai bambini.
Anzi, per dire il vero, due famiglie sono ancora in sospeso: quella di Tomas
e quella di Alfonso. Purtroppo sono proprio i piu' poveri e non hanno ancora
un pezzo di terra dove poter costruire la propria casetta. Alfonso
sopratutto e' quello piu' sfortunato perche' e' rimasto vedovo due anni fa,
la moglie e' morta di una semplice polmonite e gli ha lasciato quattro
figlie da crescere. Speriamo di poter fare qualcosa anche per loro.
*
Intanto il gruppo medico (circa 25 tra medici chirurghi, anestesisti,
infermieri, ginecologhi, internisti) ha fatto veramente un ottimo lavoro.
Sono state visitate oltre settecento persone, sono stati fatti decine e
decine di interventi. Un bambino e' venuto con le dita delle mani tutte
attaccate tra loro e questo non gli consentiva di fare niente: proprie ieri
e' stato dimesso contentissimo di poter giocare, scrivere e fare con le mani
e con le dita.
Sono nate cinque bambine. La prima che ha inaugurato le nostre settimane
mediche e' nata il sabato 20, il giorno dopo il nostro arrivo. Un parto
cesareo molto difficile (anche per la precarieta' della situazione) che la
nostra ginecologa Gabriella ha fatto in condizioni non ottimali, e invece e'
nata una bambina del nostro villaggio e la mamma per riconoscenza l'ha
chiamata Gabriella.
Il personale sanitario e quello ausiliario hanno fatto veramente miracoli in
questi giorni, hanno lavorato giorno e notte senza risparmiarsi mai. Sempre
gentili e disponibili hanno assistito tutti i poveri del paese e anche
quelli che dopo ore e ore di cammino sono venuti dai paesi piu' lontani. Al
mattino presto quando ci alzavamo gia' c'era una fila interminabile di gente
indigena fuori dalla porta dell'ospedale che aspettava. L'attesa a volte
durava tutto il giorno ma alla fine nessuno e' tornato a casa senza essere
assistito e senza avere le medicine del proprio caso per tutta la durata
della terapia.
La fatica e' stata tanta ma la gioia di stare con questa gente e di esserle
utile l'ha superata. Soprattutto il clima che si e' creato tra noi e' stato
magico e ci ha dato la forza per andare avanti bene anche tra le tante
difficolta'.
Per le prossime giornate mediche che ci saranno durante l'anno (speriamo di
poter coprire tutto l'arco dell'anno) porteremo anche dei medici oculisti e
dei dentisti perche' ci siamo resi conto che qui ce n'e' tanto bisogno.
Quindi se qualcuno vuol farsi avanti volentieri potra' partire con noi.
*
Ecco, quello che potevo l'ho detto, rimane la stupenda senzazione che ho nel
cuore ogni volta che vengo qui e che ho la possibilita' di stare con i
bambini (che sento sempre piu' i miei bambini) e con questa gente (che sento
sempre piu' la mia gente). Quella non la posso descrivere ma e' di quella
che ogni giorno ringrazio Dio!
Ciao a tutte e tutti,
Lorella

2. MEMORIA. AUGUSTO CAVADI: DANILO DOLCI, UN ANNIVERSARIO
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci
messo a disposizione il seguente intervento, parzialmente apparso nella
cronaca di Palermo del quotidiano "La Repubblica" del 2 febbraio 2006.
Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e'
impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a
Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova
edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la
lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A
scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze
didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza
cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain
fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo.
Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di
documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce
"Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie,
Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici.
Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000;
Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato
in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente
bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla
mafia, DG Editore, Trapani 2005. Vari suoi contributi sono apparsi sulle
migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito:
http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa).
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43
dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica
scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento"
ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e
botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il
28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver
lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a
Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu'
povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio
al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la
denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si
impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a
Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le
disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro
intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2
febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di
disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una
strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958)
si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare
questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza
sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del
fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle
accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della
vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo
Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino
1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli
attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto
Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a
Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci
e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere
e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico
sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi
nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di
alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di
costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro
economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che
faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento
di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per
tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno
necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni,
per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte
successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di
migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile;
l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e
cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce
l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per
valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno
educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando
di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti
internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto,
frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con
numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla
distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci
evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi
al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di
effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione
capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della
complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone
"all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a
tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco
adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu'
recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra
esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica
e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge
della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30
dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo
spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel
portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita".
Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento
segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e
di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le
opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze
1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988
(sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe
Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo
Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro
fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e
la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005. Tra i materiali
audiovisivi su Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo
Dolci. Memoria e utopia, 2004]

Il 2 febbraio del 1956 un giovane sociologo triestino, quasi sconosciuto,
organizza nell'entroterra siciliano lo "sciopero alla rovescia" di un
migliaio di contadini, operai, intellettuali e disoccupati: invece di
astenersi dal lavoro per un giorno, lavorano gratis per sistemare una strada
pubblica. A dimostrazione che espressioni inflazionate come  "nel Sud manca
il lavoro" sono filologicamente inesatte: cose da fare ce ne sono in
abbondanza, manodopera pure, ma manca la volonta' politica di impiegare i
soldi in maniera produttiva. Ai privati e ai politici di professione
riescono piu' convenienti (almeno nel breve termine) parassitismo e
clientelismo.
Quell'iniziativa consenti' a Danilo Dolci di attrarre l'attenzione
dell'opinione pubblica mondiale sui mali della Sicilia e sui tentativi di
attivare strategie terapeutiche. Per ricordarne il cinquantesimo
anniversario un Comitato, promosso dal figlio Amico e dal "Centro per lo
sviluppo creativo", con l'apporto convinto dell'amministrazione comunale di
Partinico, ha organizzato per la mattinata l'intitolazione della via
"Sciopero alla rovescia" (presso la scuola media "N. Cassara'") e la
proiezione di un cortometraggio; per il pomeriggio, un incontro pubblico con
interventi di Vito Lo Monaco, Nino Fasullo, Salvatore Costantino.
Anche se non e' cio' che accade di regola, sarebbe importante che - al di
la' della ricorrenza temporale - si traesse spunto dall'occasione per
riflettere criticamente, ed operativamente, sul quadro odierno delle lotte
sociali. Tranne rare eccezioni (penso soprattutto al "Comitato cittadino di
lotta per la casa" palermitano e, su piu' ampia scala, alle cooperative
promosse da "Libera" per l'utilizzazione dei beni confiscati ai mafiosi),
pare che il pendolo oscilli tristemente fra immobilismo e mobilitazione
strumentale. L'immobilismo delle organizzazioni della sinistra storica, i
cui esponenti sono troppo impegnati a preparare convegni per lavorare nei
quartieri del centro storico, per ascoltare i bisogni effettivi delle donne
e degli uomini delle periferie, per sollecitare il volontariato ad assumere
una prospettiva politica piu' matura; la mobilitazione strumentale di
capipopolo improvvisati capaci di parlare all'animo della gente ma per
rubarne il consenso a fini elettorali (solitamente a favore del
centro-destra) o, peggio, per alimentare meccanismi di sfruttamento
paramafiosi.
Chi, come me, ha conosciuto Danilo Dolci non e' certo incline a farne
l'apologia acritica. In piu' di un'occasione questa persona eccezionale ha
mostrato, insieme ai limiti delle sue iniziative, delle spiazzanti debolezze
soggettive. Ma il significato complessivo della sua opera si staglia con
nettezza: come pochi altri, infatti, si e' preoccupato - per riprendere la
celebre espressione di don Milani - di servire i poveri piu' che di
servirsene. Proprio nel 1956 un altro gigante della nonviolenza in Italia,
Aldo Capitini, sintetizzava in dieci punti i principi "espressi e praticati"
dal suo amico trapiantato in Sicilia: "lavorare per una societa' che sia
veramente di tutti; cominciare piu' affettuosamente e piu' attentamente
dagli ultimi; portare le cose piu' alte a contatto dei piu' umili;
partecipare per comprendere; superare continuamente i propri possessi dando
aiuti; creare strumenti di lavoro e di civilta' per tutti; dare amorevolezza
a tutte le persone, non considerandole chiuse nei loro errori; usare nelle
azioni e nelle lotte il metodo rivoluzionario nonviolento; nei casi estremi
e nei momenti decisivi offrire il proprio sacrificio (per esempio, il
digiuno), prendendo su di se' la sofferenza; promuovere riunioni e assemblee
per il dialogo su tutti i problemi".
Lo so, siamo troppo scaltriti - o troppo cinici - per non sorridere con aria
di superiorita' davanti a criteri operativi di questo genere. Senza negare
l'opportunita' di tradurli in un linguaggio meno ingenuo, la sostanza del
messaggio rimane di attualita' inalterata: allora come oggi, non si modifica
la condizione effettiva di un territorio se l'utopia di una civilta' diversa
non si coniuga con la concretezza dei piccoli passi quotidiani. Gina
D'Angelo Matassa, un'attenta lettrice di Sciascia, l'ha scritto anni fa con
efficacia: "le rivoluzioni che non cambiano i codici di comportamento degli
individui e sfruttano le infinite soluzioni della paura per le infinite
possibilita' del potere, non sono rivoluzioni ma cambi di guardia" (La ruota
e il serpente, Nuova Ipsa, p. 130). Gandhi, cui Dolci ha sempre guardato con
docilita' creativa, l'aveva saputo dire ancor piu' sinteticamente: "Sii tu
per primo quel cambiamento del mondo che vorresti".

3. INCONTRI. LEGGERE BATESON A ROMA
[Dal Circolo Bateson di Roma (per contatti: circolo.bateson at tiscali.it)
riceviamo e volentieri diffondiamo. Gregory Bateson e' nato nel 1904 in
Inghilterra, figlio di un eminente scienziato; compie studi naturalistici ed
antropologici, di logica, cibernetica e psichiatria; un matrimonio con la
grande antropologa Margaret Mead; Bateson ha dato contributi fondamentali in
vari campi del sapere ed e' uno dei pensatori piu' influenti del Novecento;
e' scomparso nel 1980. Opere di Gregory Bateson: Naven, Einaudi, Torino;
Verso un'ecologia della mente; Mente e natura; Una sacra unita'; Dove gli
angeli esitano (in collaborazione con la figlia Mary Catherine Bateson),
tutti editi da Adelphi, Milano. Si vedano anche i materiali del seminario
animato da Bateson, "Questo e' un gioco", Raffaello Cortina Editore, Milano.
Opere su Gregory Bateson: per un avvio cfr. AA. VV. (a cura di Marco Deriu),
Gregory Bateson, Bruno Mondadori, Milano; Sergio Manghi (a cura di),
Attraverso Bateson, Raffaello Cortina Editore, Milano. Cfr. anche Rosalba
Conserva, La stupidita' non e' necessaria, La Nuova Italia, Scandicci (Fi),
particolarmente sulle implicazioni educative e la valorizzazione in ambito
pedagogico della riflessione e dell'opera di Bateson. Una bibliografia
fondamentale e' alle pp. 465-521 di Una sacra unita', citato sopra.
Indicazioni utili (tra cui alcuni siti web, ed una essenziale bibliografia
critica in italiano) sono anche nel servizio con vari materiali alle pp.
5-15 della rivista pedagogica "Ecole", n. 57, febbraio 1998. Tra i frutti e
gli sviluppi del lavoro di Bateson c'e' anche la "scuola di Palo Alto" di
psicoterapia relazionale: di cui cfr. il classico libro di Paul Watzlawick,
Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana,
Astrolabio-Ubaldini, Roma; e su cui cfr. Edmond Marc, Dominique Picard, La
scuola di Palo Alto, Red Edizioni, Como]

Il Circolo Bateson inaugura un nuovo ciclo di incontri - ciascuno della
durata di un solo pomeriggio - dal titolo: "Leggere e discutere gli scritti
di Bateson" per riflettere (anche) sulla storia contemporanea.
Il primo di questi incontri si terra' sabato 18 febbraio 2006 pressso la
facolta' di Ingegneria, via Eudossiana, Roma, auletta del chiostro (piano
terra), ore 15,30-19,30.
Verra' letto e poi discusso il saggio "Ecologia e flessibilita' della
civilta' urbana" (in Verso un'ecologia della mente, edizione ampliata del
2000).
L'incontro sara' articolato in questo modo: a) lettura della pagine di
Bateson; b) due interventi programmati; c) discussione.
L'incontro e' aperto a tutti.
*
Altre notizie
1) vi informo che i materiali relativi al seminario del 21-22 gennaio si
trovano sul sito www.circolobateson.it , chi preferisse ricevere i testi
(la' inseriti) via e-mail, in allegato, si rivolga alla responsabile
dell'archivio Rita Proietti: rita.proietti at tin.it
Sul nostro sito troverete anche tutte le informazioni relative alla nostra
attivita', e se vorrete un contatto diretto, potrete scrivere a Carlo
Bonotto (webmaster) indirizzando a seminari at circolobateson.it
2) a chi partecipa ai gruppi quindicinali di lettura e a chi vorra' iniziare
a partecipare ecco le prossime date:
- venerdi' 10 febbraio, ore 16,30 (presso il Cidi, piazza Sonnino 13),
lettura de "La vita della mente" di Hannah Arendt;
- mercoledi' 15 febbraio, ore 16,30 (presso la casa di Cecilia Orfei, via
Costantino 95), lettura di "Mente e natura" di Gregory Bateson.

4. MATERIALI. IL "COS IN RETE" DI FEBBRAIO
[Dall'"Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini" (per contatti:
l.mencaroni at libero.it) riceviamo e volentieri diffondiamo]

Vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di febbraio 2006 del "Cos in rete",
www.cosinrete.it
Nello spirito del Cos di Capitini, le nostre e le vostre risposte e
osservazioni a quello che scrive la stampa sui temi capitiniani:
nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo, partecipazione al potere
di tutti, controllo dal basso, religione aperta, educazione aperta,
antifascismo, tra cui: Premi Aldo Capitini; Il valore aggiunto della donna;
I bilanci all'italiana; I sogni violenti degli intellettuali; Gesu'
desaparecido; Piu' Fiorello per tutti; Gli ingenui della globalizzazione; I
miracoli del sangue dei vinti; Le decisioni dall'alto e le proposte dal
basso; La muta e malinconica musica di Francesco; Non mettiamo le mani in
tasca ai ricchi; Il divieto di capire; ecc., piu' scritti di e su Capitini
utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al Cos in
rete e' libera e aperta a tutti mandando i contributi a capitini at tiscali.it,
come pure la discussione nel sito blog del Cos a http://cos.splinder.com
Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato
indirizzo in www.aldocapitini.it

5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: RAGIONI E CIVILTA', TORTI E BARBARIE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento del 3 febbraio 2006 (dati i successivi drammatici sviluppi della
vicenda di cui qui si parla, in questo caso la data conta). Enrico Peyretti
(1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei
maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza;
ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e
diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora
regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno
Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e'
membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace
delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista
"Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Vedo una ragione e un torto tanto nella vasta protesta islamica contro le
vignette satiriche (che non ho visto) su Mohammed (nome italianizzato in
Maometto), quanto nella reazione europea.
*
La ragione islamica e' che i sentimenti vanno rispettati, specialmente i
piu' profondi, anche quando non li condividiamo. Tali sono i sentimenti
religiosi, in qualunque religione; tali sono gli affetti familiari, o
l'amore per il proprio popolo o paese. Percio', quando in questo modo
veniamo offesi, dobbiamo reagire con dignita' e non restare passivi. Si puo'
discutere con serieta' ogni religione, teologia, tradizione e costumi, ma
sbeffeggiare cio' che per altri vale molto non e' liberta', ma reato contro
la buona relazione umana tra persone e civilta'.
Il torto della protesta islamica nasce quando si minaccia o si fa violenza
fisica, perche' la vita umana, anche di chi e' colpevole, e' sacra quanto
tutti i simboli religiosi e gli affetti profondi. Le religioni sanno che chi
ha commesso offesa deve e puo' pentirsi del proprio male e tornare a
rispettare quelli che ha offeso, percio' al colpevole deve essere lasciata e
favorita questa possibilita': per questo la pena di morte e' sempre un male
che peggiora ogni male. Le religioni sanno che rispondere al male col male
non ottiene alcun bene, ma accresce la malvagita'. Sanno che la persona
religiosa invoca da Dio un animo piu' grande e piu' generoso, capace di
misericordia e perdono verso l'offensore, pur dichiarando senza reticenze
cio' che e' male nei rapporti umani e nel cammino umano verso la verita'.
*
Vedo una ragione e un torto nella reazione europea alla reazione islamica.
La ragione e' che la liberta' di opinione e di parola e' un diritto umano, e
non deve essere impedita da censure preventive o da argomenti intoccabili.
Il torto sta nel pensare che la liberta' permetta tutto, e che non debba
invece essere regolata dalla giustizia e dal rispetto dovuto ad altri. Come
la liberta' economica non e' piu' liberta' umana e degna quando cerca un
profitto a danno dei diritti e dei bisogni fondamentali degli altri, ma e'
rapina, cosi' la liberta' di parola e di critica non e' piu' umana e civile
quando, con presuntuosa superiorita', offende e deride cio' che non sa
comprendere. Questo atteggiamento e' violenza mentale, radice e causa di
tutte le violenze strutturali e belliche.
*
Le due ragioni possono comprendersi e incontrarsi, per un progresso di
civilta' e di pace. Se i due torti si accumulano nella reciproca
provocazione, avanzera' la barbarie.

6. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: ILLEGITTIMA DIFESA
[Dal sito di "Mosaico di pace" (http://italy.peacelink.org/mosaico/)
riprendiamo il seguente intervento di Giancarla Codrignani. Giancarla
Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it), presidente della Loc (Lega
degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare,
saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la
pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per
la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea
intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992;
Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi)
1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005]

Ennesimo colpo alla civilta' giuridica del nostro Paese: il governo ha
riscritto l'art. 52 del codice penale sulla "legittima difesa", che non
escludeva l'autotutela quando il cittadino che si trovasse
nell'impossibilita' di contare sull'autorita' pubblica, era autorizzato a
provvedere, in forma proporzionata all'offesa, alla propria difesa.
Fino a oggi non era consentito uccidere un ladro per impedirgli di
impadronirsi della refurtiva, poiche' si riteneva che la persona umana
avesse valore incommensurabile rispetto alle cose. Questa logica, grazie
alla Lega, che ha applaudito l'approvazione della norma caldeggiata, e al
centro-destra, che l'ha votata con 244 voti contro 175 dell'opposizione,
sparisce.
La cultura di un governo che ama in tutte le forme il Far West, si e'
adeguata alla giurisprudenza americana, che consente al cittadino di
detenere tutte le armi che vuole e di farsi giustizia da se'. Eppure tutti
sanno che i cittadini degli Stati Uniti non vivono piu' sicuri degli
europei, ma hanno invece maggior quantita' di violenza e maggior numero di
morti per armi da fuoco usate impunemente anche da minori o squilibrati.
Gli italiani vivono un periodo di forte insicurezza e di precarieta' dei
diritti: non sappiamo che cosa potra' accadere dal momento che la legge
consente che una persona aggredita possa reagire, con armi "legittimamente
detenute", sempre, in casa e ogni altro luogo "ove venga esercitata
un'attivita' commerciale, professionale o imprenditoriale", per difendere la
propria o l'altrui incolumita' e "i beni" propri o altrui.
Siamo di fronte a una regressione pericolosa, sia per l'incentivazione
indiretta a fornirsi di armi, sia per l'equiparazione della persona ai beni.
Si suppone che il cardinal Ruini, che ha di recente invitato a non votare
candidati favorevoli all'aborto o ai Pacs, stia scrivendo l'estensione a non
votare chi sostiene il legittimo omicidio per salvare il portafoglio. Come
cristiani dovremmo sentire offesi, mercificati e violentati proprio i valori
della vita.

7. LIBRI. ANTONIO CARONIA PRESENTA "VITE PRECARIE" DI JUDITH BUTLER
[Dal sito www.socialpress.it riprendiamo il seguente intervento del 29
luglio 2004, che recensisce il libro di Judith Butler, Vite precarie. Contro
l'uso della violenza in risposta al lutto collettivo, a cura di Olivia
Guaraldo, Meltemi 2004, pp. 190, euro 15.
Antonio Caronia e' giornalista, scrittore, traduttore (tra l'altro di
fondamentali libri di J. G. Ballard), operatore culturale; nato a Genova nel
1944 (ma residente a Milano, dove lavora) ha studiato matematica,
laureandosi con una tesi su Noam Chomsky; e' docente di comunicazione
all'Accademia di Brera; di formazione scientifica, con esperienze politiche
e interessi filosofici, si muove fra la teoria della comunicazione e
l'antropologia della tecnica; e' particolarmente interessato agli effetti
politici dell'innovazione tecnologica e agli aspetti estetici del
comportamento sociale in relazione alle nuove tecnologie; studioso di
scienze, tecnologia, letteratura e comunicazioni, svolge un'intensa
attivita' di saggista, divulgatore e traduttore di testi e romanzi
stranieri. Dal sito www.mediamente.rai.it riprendiamo la seguente notizia:
"Antonio Caronia, nato a Genova nel 1944, e', al di fuori del panorama
accademico, uno degli studiosi piu' originali e attenti dei fenomeni che
riguardano l'impatto sociale e culturale delle nuove tecnologie. E' studioso
di scienze, tecnologia, letteratura e comunicazioni; svolge un'intensa
attivita' di traduttore e divulgatore di testi e romanzi stranieri. E'
interessato alle modalita' d'impiego delle nuove tecnologie di informazione
e di comunicazione nell'arte. E' editorialista del mensile 'Virtual',
collaboratore della rivista 'Virus e, con Daniela Brolli, direttore di
'Aphaville'". Opere di Antonio Caronia: Cyborg, Theoria, Roma 1991;
Cyberpunk: istruzioni per l'uso, Stampa Alternativa, Viterbo 1995; Il corpo
virtuale: dal corpo robotizzato al corpo disseminato nelle reti, Muzzio,
Padova 1997; (con Domenico Gallo), Houdini e Faust: breve storia del
cyberpunk, Baldini & Castoldi, Milano 1997; Archeologie del virtuale.
Teorie, scritture, schermi, Ombre corte, Verona 2001; Il cyborg. Saggio
sull'uomo artificiale, ShaKe edizioni, Milano 2001.
Judith Butler, pensatrice femminista americana, nata nel 1956, insegna
attualmente retorica e letteratura comparata all'Universita' di Berkeley,
California; e' figura di primo piano del dibattito contemporaneo su
sessualita', potere e identita'; le sue ricerche rappresentano uno dei
contributi piu' originali all'interno dei cultural studies e della queer
theory. Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 marzo 2003 riprendiamo questa
presentazione di Judith Butler scritta da Ida Dominijanni: "Judith Butler e'
una delle massime figure di spicco nel panorama internazionale della teoria
femminista. Docente di filosofia politica all'universita' di Berkeley in
California, ha pubblicato nell'87 il suo primo libro (Subjects of Desire) e
nel '90 il secondo, Gender Trouble, testo tuttora di culto nei campus
americani, cruciale per la messa a fuoco delle categorie del sesso, del
genere e dell'identita'. Del '93 e' Bodies that matter (Corpi che contano,
Feltrinelli, Milano 1995), del '97 The Psychic Life of Power. Filosofa di
talento e di solida formazione classica, Butler appartiene a quello stile di
pensiero post-strutturalista che intreccia la filosofia politica con la
psicoanalisi, la linguistica, la critica testuale; e a quella generazione
del femminismo americano costitutivamente attraversata e tormentata dalle
differenze sociali, etniche e sessuali fra donne e dalla frammentazione
dell'identita' che ne consegue. Decostruzione dell'identita', analisi del
corpo fra materialita' e linguaggio, critica della norma eterosessuale e dei
dispositivi di inclusione/esclusione che essa comporta, critica del potere e
del biopotere sono gli assi principali del suo lavoro, che sul piano
politico sfocia in una strategia di radicalita' democratica basata sulla
destabilizzazione e lo shifting delle identita'. Fin da subito attenta ai
nefasti effetti dell'11 settembre e della reazione antiterrorista sulla
democrazia americana, Butler e' fra gli intellettuali americani maggiormente
imegnati nel movimento no-war. 'La rivista del manifesto' ha pubblicato sul
n. 35 dello scorso gennaio il suo Modello Guantanamo, un atto d'accusa del
passaggio di sovranita' che negli Stati Uniti si va producendo all'ombra
dell'emergenza antiterrorista: fine della divisione dei poteri, progressivo
svincolamento del potere politico dalla soggezione alla legge, crollo dello
stato di diritto con le relative conseguenze sul piano del diritto penale
(demolizione delle garanzie processuali) e del diritto internazionale
(violazione di trattati e convenzioni). A dimostrazione di come la guerra in
nome della liberta' e la soppressione delle liberta' si saldino in un'unica
offensiva di abiezione dei 'corpi che non contano', per le strade di Baghdad
e nelle gabbie di Guantanamo". Opere di Judith Butler disponibili in
italiano: Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1995; La rivendicazione di
Antigone, Bollati Boringhieri, Torino 2003; Vite precarie. Contro l'uso
della violenza in risposta al lutto collettivo, Meltemi, Roma 2004; Scambi
di genere. Identita', sesso e desiderio, Sansoni, Firenze 2004; La vita come
viene. Critica della violenza etica, Feltrinelli, Milano 2006 (di prossima
pubblicazione)]

A che serve la filosofia contro la violenza? E' adeguato contrapporre allo
strapotere militare il pacato ragionamento? Come puo' una riflessione sulle
origini e le implicazioni della liberta' di ricerca e di espressione avere
la meglio sulla radicata smania di censura? Sono domande che si e' posto
piu' volte, negli ultimi tre anni, chi scrive. Di fronte a un solo morto in
Iraq, in Palestina o in Cecenia, anche un minuto di tempo dedicato allo
studio della teoria puo' sembrare non solo inutile, ma forse anche
spregevole e offensivo. Ma poi capita di leggere righe come queste, e anche
l'intellettuale, allora, puo' pensare di tornare ad avere qualche fiducia
nel proprio lavoro: "[Gli eventi dell'11 settembre 2001] hanno sollevato,
almeno in maniera implicita, la questione relativa a quale forma debbano
assumere le riflessioni e le discussioni politiche se si adottano i
parametri del 'danno subito' e dell''aggressione' come punti di partenza
della vita politica. Il rischio di poter subire noi stessi un danno, o che
altri possano subirlo, l'essere esposti alla morte per il semplice capriccio
altrui sono fattori che causano paura e angoscia. Quel che e' meno certo e'
se l'esperienza di vulnerabilita' e di perdita debba condurre
necessariamente alla violenza e alla punizione militari. Ci sono altri
percorsi. Se vogliamo mettere un freno alle spirali di violenza per produrre
esiti meno violenti e' importante chiedersi quale uso politico si possa fare
dell'angoscia, ben oltre un mero grido di battaglia".
Sono alcune delle frasi (pp. 9-10) con cui si apre un recente libro di
Judith Butler, Vite precarie, dedicato all'esame delle radici culturali
della risposta intollerante e violenta degli Usa al lutto dell'11 settembre
2001, allo scandalo (o al "non-evento", all'evento indicibile, secondo Jean
Baudrillard) del crollo delle Twin Towers. E mi hanno fatto pensare che non
la violenza in quanto tale (modalita' inerente alla vita di per se', e
quindi anche alla vita umana), ma l'uso politico della violenza, da parte
dell'uomo, ha comunque radici culturali e linguistiche, non certo "naturali"
o "spontanee". E quindi, forse, non e' tempo perso provare a indagare, come
fa Butler in questo libro, i processi culturali che sostengono e
giustificano, anche agli occhi di molti cittadini Usa, le scelte
internazionali di quel governo. Comprendere quei processi puo' aiutare a
contrastarli meglio, e piu' efficacemente, in Usa e fuori dagli Usa.
Butler e' una delle esponenti piu' importanti e controverse del pensiero
femminista americano, e le sue riflessioni sui temi del potere, della
sessualita', dell'identita' sono conosciute anche in Italia. Ricordero'
solo, fra gli altri, il libro La rivendicazione di Antigone, pubblicato nel
2003 da Bollati Boringhieri. Le domande alle quali in Vite precarie Butler
cerca di dare, se non una risposta unica, almeno delle risposte collegate,
sono varie. Come si e' passati, negli Usa, da uno stato di diritto a una
sospensione di fatto dei diritti umani fondamentali per alcune categorie di
persone (per esempio i detenuti di Guantanamo)? Perche' si possono piangere
e commemorare i morti delle Twin Towers e non i morti dell'Iraq? O le
vittime israeliane degli attentati palestinesi, e non le vittime palestinesi
dell'esercito israeliano? Perche' si cerca di far passare ogni critica alla
politica del governo di Israele come un cavallo di Troia dell'antisemitismo?
(e quest'ultimo interrogativo e' particolarmente bruciante per Judith
Butler, ebrea e contraria alla politica israeliana).
Cio' che mi ha colpito, nelle righe che ho citato sopra, e' che Butler non
passa sotto silenzio l'evento che ha catalizzato e (almeno sul piano
cronologico) ha segnato il pieno dispiegarsi della nuova politica aggressiva
degli Usa, aprendo l'era della "guerra infinita". Al contrario, lei parte
proprio dall'11 settembre, e da una riflessione su alcune caratteristiche
della condizione umana che quell'avvenimento ha messo in luce. E il suo
tentativo e' proprio quello di individuare le radici della risposta
statunitense in una lettura distorta e paranoica ai problemi reali che l'11
settembre ha segnalato.
*
Semplificando molto (me ne scuso, ma non credo di poter fare altro in questa
sede) il ragionamento di Butler e' all'incirca il seguente. La perdita e la
vulnerabilita' sono elementi costitutivi della nostra esperienza di esseri
umani, di animali sociali. Esporci all'altro, in qualsiasi forma (ed e'
questa l'essenza di ogni relazione sociale) comporta la possibilita' di
perdere una persona che ci e' cara, o la possibilita' che un'altra persona
ci ferisca, ci faccia del male. Come non e' possibile considerarsi
immortali, cosi' e' impossibile considerarsi invulnerabili. "Ciascuno di noi
in parte e' politicamente costituito dalla vulnerabilita' sociale del
proprio corpo - in quanto luogo del desiderio e della vulnerabilita' fisica,
luogo di una dimensione pubblica a un tempo esposta e assertiva. La perdita
e la vulnerabilita' sono conseguenze del nostro essere corpi socialmente
costituiti, fragilmente uniti agli altri, a rischio di perderli, ed esposti
agli altri, sempre a rischio di una violenza che da questa esposizione puo'
derivare." (p. 40). Noi non siamo qualcosa di immutabile, ma evolviamo, ci
costruiamo, raggiungiamo anche cio' che chiamiamo "autonomia" sempre in
relazione agli altri. La perdita, il dolore, il lutto, sono elementi
costitutivi di noi stessi. Possiamo cercare di elaborarli, non di negarli.
Cio' e' vero tanto nel campo delle relazioni private, quanto di quelle
pubbliche. Anche la dimensione politica e' il luogo di una dipendenza
reciproca (che contiene in se' il rischio della vulnerabilita' e della
perdita) che deve essere attentamente considerata. Le stesse rivendicazioni
di liberta' e di autonomia, che Butler non intende affatto abbandonare,
devono tener conto di questa dimensione intrecciata dei corpi. "Il corpo
implica mortalita', vulnerabilita', azione: la pelle e la carne ci espongono
allo sguardo degli altri, ma anche al contatto e alla violenza, e i corpi ci
espongono al rischio di diventare agenti e strumenti di tutto cio'. Possiamo
combattere per i diritti dei nostri corpi, ma gli stessi corpi per i quali
combattiamo non sono quasi mai solo nostri. Il corpo ha una sua
imprescindibile dimensione pubblica. Il mio corpo, socialmente strutturato
nella sfera pubblica, e' e non e' mio." (p. 46).
*
Ma tutto cio' implica (suggerisce Butler) che non sia possibile trattare la
morte, il lutto, la perdita e la vulnerabilita' degli altri in modo diverso
da quello con cui trattiamo la nostra. Ogni elaborazione del lutto che
costruisca una gerarchia di importanza tra le morti (e le vite) non puo' che
condurre alla violenza. Questo e' esattamente cio' che gli Stati Uniti hanno
fatto, secondo Butler, dopo l'11 settembre. Erigendo monumenti alle vittime
delle Twin Towers, considerando quelle vite spezzate degne di essere piante
al contrario di altre, la nazione Usa ha creduto di entrare in lutto, ma in
realta' lo ha rifiutato, perche' non e' stata in grado di concepire il
proprio dolore come una parte del dolore universale. "Sostengo che una
melanconia nazionale, intesa come lutto rifiutato, sopraggiunge a seguito
della cancellazione, dalle rappresentazioni pubbliche, di nomi, immagini e
storie di coloro che gli Stati Uniti hanno ucciso. Per contro, le perdite
degli Stati Uniti sono consacrate negli obitori pubblici elevati a monumenti
nazionali. La perdita di alcune vite e' dolorosa. Quella di altre no. La
differente ripartizione del dolore che decide quale soggetto merita, o meno,
di essere compianto, opera in maniera tale da alimentare e sostenere certe
concezioni esclusive relative alla definizione normativa di 'umano': quando
una vita puo' dirsi 'vivibile' e una morte 'compatibile'?" (pp. 12-13).
Se gli Stati Uniti hanno deciso di imbarcarsi in una guerra infinita
(limitata, per ora, solo dalle considerazioni contingenti dei rapporti con
gli alleati e dai limiti - comunque esistenti - anche della loro potenza
militare), e' anche perche', al di la' di tutte le ragioni economiche,
dell'ideologia geopolitica dei neocon, dell'ossessione religiosa di Bush,
essi sono incapaci di rapportarsi al "volto" dell'altro (secondo l'immagine
e il concetto del filosofo Emmanuel Levinas), sono sordi a una visione
realmente universale dell'essere umano. Possono uccidere iracheni e afghani
(e domani siriani, iraniani o - dio ne scampi, che' sarebbe veramente una
catastrofe - cinesi) perche', al fondo, li considerano esseri umani di serie
B. Possono concepire di tenere detenuti per anni i prigionieri di Guantanamo
senza uno straccio di processo perche' (come dice il consigliere Haynes e
come pensa Rumsfeld) "sono persone pericolose", anche se "non sono
necessariamente criminali". In loro la violenza e' costitutiva, innata,
quindi a loro non possono essere applicate le usuali leggi che regolano la
vita degli esseri umani "normali".
Ecco le radici culturali del terrorismo di stato Usa. Bisognera' che - se
non Bush e la sua cricca, forse ormai irrimediabilmente malati - i cittadini
americani che votano per lui (e forse anche molti di coloro che votano per i
democratici) imparino a non aver terrore del volto dell'altro. Sara' un
processo lungo, ma non impossibile. Sfortunatamente, cio' passa, ancora una
volta, per una sonora e indubbia sconfitta della politica Usa nel mondo. Una
sconfitta che non puo' essere loro inflitta con le loro stesse armi e i loro
stessi metodi. Una sconfitta che possono produrre solo i nuovi cittadini
globali del mondo, pacifici, nonviolenti, insubordinati, non gerarchici.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1200 dell'8 febbraio 2006

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