La nonviolenza e' in cammino. 1174



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1174 del 13 gennaio 2006

Sommario di questo numero:
1. Il 14 gennaio, per i diritti e la dignita' umana di tutti gli esseri
umani
2. Margareth Rago: La liberta' secondo Luce Fabbri
3. Enrico Peyretti: Una lettera a Luciano Violante
4. Carla Lonzi: Manifesto di Rivolta Femminile (luglio 1970)
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. IL 14 GENNAIO, PER I DIRITTI E LA DIGNITA' UMANA DI TUTTI GLI
ESSERI UMANI

Le persone che secondo scienza e coscienza il 14 gennaio a Milano e a Roma
esprimeranno pubblicamente, pacificamente, democraticamente, generosamente e
fin gentilmente la loro ferma volonta' di difendere e promuovere i diritti e
la dignita' di tutti gli esseri umani, donne e uomini, lo faranno non contro
qualcuno ma in solidarieta' a tutte le persone, affinche' ogni persona sia
riconosciuta, rispettata, aiutata.
Molte cose errate, ingiuste, confuse o esagerate sono state dette in questi
mesi e in questi giorni. Ma se si guarda a cio' che conta, e non alle
distorsioni polemiche, le richieste e le proposte alla base dell'incontro di
Milano, "Usciamo dal silenzio", per la liberta' delle donne (in un mondo e
una societa' ancora ferocemente patriarcali e misogini) e in difesa della
legge 194 (che, ricordiamolo ancora, reca "norme per la tutela sociale della
maternita' e sull'interruzione volontaria della gravidanza"), come di quello
di Roma, "Tutti in Pacs", per un adeguato riconoscimento giuridico delle
unioni civili tra le persone che si amano e vogliono costituire una
famiglia, cosi' come l'appello e diremmo l'invocazione comune ad entrambi
gli incontri, di poter vivere in un ordinamento giuridico inteso alla civile
ed armoniosa convivenza e all'inveramento della dignita' degli esseri umani,
e non alla persecuzione e denegazione di esse ed essi, ebbene, sono
richieste, proposte, principi e speranza che tutte le persone ragionevoli
possono condividere quali che siano i propri convincimenti filosofici o
religiosi, anzi, ciascuna e ciascuno proprio muovendo dai propri
convincimenti di ragione e di fede, rettamente intesi e al bene comune
ispirati.
In cammino, sorelle, fratelli.

2. MEMORIA. MARGARETH RAGO: LA LIBERTA' SECONDO LUCE FABBRI
[Da "A. rivista anarchica", anno XXX, n. 267 del novembre 2000 (disponibile
nel sito: www.arivista.org) riprendiamo il seguente saggio, originariamente
pubblicato sul periodico uruguayano "Brecha" nel 1998.
Margareth Rago, storica e ricercatrice sociale, e' docente all'Universita'
di Campinas, in Brasile. Tra le opere di Margareth Rago: O que e'
Taylorismo?, Brasiliense,1984; Do Cabare' ao Lar. A utopia da cidade
disciplinar, Paz e Terra,1985; Os Prazeres da Noite. Prostituicao e Codigos
da Sexualidade Feminina em Sao Paulo, Paz e Terra,1989; (con Renato Aloisio
Gimenes), Narrar o Passado, Repensar a Historia, Unicamp, 2000;  Entre a
Historia e a Liberdade. Luce Fabbri e o Anarquismo Contemporaneo, Unesp,
2001.
Luce Fabbri, pensatrice e militante anarchica, educatrice profonda e
generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della dignita' umana e
della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi Fabbri (il grande
militante e teorico libertario collaboratore di Errico Malatesta), dal 1929
in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via Anversa in America
Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiedera' (ma ancora sovente
molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000, operosa fino alla
fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente; sempre lucida, sempre
limpida, per sempre Luce. Opere di Luce Fabbri: per un primo avvio
segnaliamo l'ampia e preziosa intervista a cura di Cristina Valenti in
questo foglio riproposta. Tra le sue opere in volume ed in opuscolo
segnaliamo: a) scritti politici: Camisas negras, Ediciones Nervio, Buenos
Aires 1935; (con lo pseudonimo Luz D. Alba), 19 de julio. Antologia de la
revolucion espanola, Coleccion Esfuerzo, Montevideo 1937; (con Diego Abad de
Santillan), Gli anarchici e la rivoluzione spagnola, Carlo Frigerio Editore,
Lugano 1938; La liberta' nelle crisi rivoluzionarie, Edizioni Studi Sociali,
Montevideo 1947; El totalitarismo entre las dos guerras, Ediciones Union
Socialista Libertaria, Buenos Aires 1948; L'anticomunismo, l'antimperialismo
e la pace, Edizioni di Studi Sociali, Montevideo 1949; La strada, Edizioni
Studi Sociali, Montevideo 1952; Sotto la minaccia totalitaria, Edizioni RL,
Napoli 1955; Problemi d'oggi, Edizioni RL, Napoli 1958; La libertad entre la
historia y la utopia, Ediciones Union Socialista Libertaria, Rosario 1962;
El anarquismo: mas alla' de la democracia, Editorial Reconstruir, Buenos
Aires 1983; Luigi Fabbri. Storia d'un uomo libero, BFS, Pisa 1996; Una
strada concreta verso l'utopia, Samizdat, Pescara 1998; La libertad entre la
historia y la utopia. Tres ensayos y otros textos del siglo XX, Barcelona
1998; b) volumi di poesia: I canti dell'attesa, M. O. Bertani, Montevideo
1932; Propinqua Libertas, Bfs, Pisa 2005; c) scritti di storia e di critica
letteraria: Influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense
(1810-1853), Ediciones Nuestro Tiempo, Montevideo 1966; L'influenza della
letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1853-1915), Editorial Lena &
Cia. S. A., Montevideo 1967; La poesia de Leopardi, Instituto Italiano de
Cultura, Montevideo 1971; Machiavelli escritor, Instituto Italiano de
Cultura, Montevideo 1972; La Divina Comedia de Dante Alighieri, Universidad
de la Republica, Montevideo 1994. Ad essi si aggiungono i saggi pubblicati
nella "Revista de la Facultad de Humanidad y Ciencias" di Montevideo, e gli
interventi e le interviste su molte pubblicazioni, e le notevoli
traduzioni - con impegnati testi propri di introduzione e commento - (tra
cui, in volume: di opere di Nettlau, di Malatesta, del padre Luigi Fabbri, e
l'edizione bilingue commentata del Principe di Machiavelli). Opere su Luce
Fabbri: un punto di partenza e' l'utilissimo dossier, Ricordando Luce
Fabbri, in "A. rivista anarchica", n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41
(disponibile anche nel sito: www.arivista.org)]

Dolce e fragile di aspetto, questa donna e' forse una delle poche persone
che la parola "intellettuale" definisce naturalmente. Pensatrice e militante
anarchica, storica e critica letteraria, Luce Fabbri era arrivata da giovane
in Uruguay per sfuggire al fascismo. Qui e' vissuta, lottando e creando
un'opera originale che trascende le frontiere dei saperi.
*
Ho conosciuto Luce Fabbri a San Paolo nell'agosto del 1992, a un congresso
internazionale anarchico che si teneva nella sede della locale Universita'
Cattolica. In un'atmosfera molto animata e colorita si erano riuniti, per
una settimana, studenti, intellettuali e militanti di varie generazioni e di
diverse nazionalita' che discutevano dei piu' svariati argomenti. Io ero la'
per partecipare a una tavola rotonda sull'esperienza delle "donne
anarchiche". Proprio davanti a me, seduta in prima fila in una platea
stracolma, c'era una signora anziana, delicata, con i capelli bianchi, che
ascoltava con molta attenzione. Alla fine mi interpello' con alcune
penetranti osservazioni. In quel momento provai una strana sensazione: i
ruoli si erano capovolti e io dovevo stare ad ascoltare invece di parlare.
Mi esortava a tenere conto della complessita' della funzione dello storico:
io avevo storicizzato la sua esperienza, raccontavo il suo passato. Mi
spinse a pensare alle relazioni tra storia e memoria.
In genere gli incontri "forti" mi spiazzano un po' e mi ci vuole un certo
tempo per capire che cosa sta succedendo. In effetti, ero gia' impegnata
nello studio delle donne anarchiche, a San Paolo e a Rio de Janeiro, pero'
sentivo il bisogno di incontrare qualcuna la cui esperienza di vita fosse
piu' caratteristica, piu' rivelatrice di un'esperienza anarchica. Da quel
momento il dialogo era cominciato.
Pochi giorni dopo cominciammo a registrare le sue memorie, in casa di un
altro storico militante, il professor Mauricio Trajtenberg. Tre anni dopo la
incontrai per la prima volta a Montevideo, nella calle J.-J. Rousseau, del
quartiere della Union, per continuare la serie delle interviste cominciata
da quel primo contatto in Brasile. Li', in uno studio silenzioso le cui
pareti erano interamente coperte di scaffali con testi di Proudhon, Bakunin,
Kropotkin, Machiavelli, Leopardi e Dante, tra vari quaderni, fogli volanti,
carte ingiallite, Luce prese a raccontarmi, in modo calmo e riflessivo,
delle sue esperienze politiche, intellettuali e personali. A poco a poco mi
fece entrare nel suo universo.
*
Suo padre, il professore e militante anarchico Luigi Fabbri, sua madre
Bianca e suo fratello Vero emersero a poco a poco dalla sua memoria, sempre
segnata da nomi importanti dell'anarchismo internazionale e anche di noti
socialisti. Il primo estraneo alla famiglia che entro' in scena fu il
carismatico Errico Malatesta, amico personale del padre, ammirato in tutta
Italia. Mentre osservavo un suo ritratto in bianco e nero appeso alla
parete, Luce mi raccontava come aveva imparato a usare alcuni giochi
meccanici che Malatesta aveva regalato a lei e a suo fratello, venendo in
visita dall'amico Fabbri: "Malatesta fu per noi una specie di zio. Quando
arrivava era una festa per noi. Si sedeva per terra e restava a giocare con
noi piccoli anche per un'ora. Gli volevo molto bene".
Si puo' dire che Luce ebbe un'infanzia e un'adolescenza relativamente
felici, senza le tradizionali repressioni e censure a cui generalmente sono
sottoposti la maggior parte dei bambini. Certo, l'armonia familiare era
turbata dai problemi esterni. In un accogliente ambiente libertario, in
convivenza con figure significative del movimento operaio italiano dei primi
decenni del secolo, molto presto la giovane dovette assistere a frequenti
persecuzioni politiche contro i rivoluzionari, i crudeli avvenimenti della
prima guerra mondiale, la rapida nascita delle squadracce fasciste. In uno
scritto di molti anni dopo, Luce porta la propria testimonianza diretta
dell'emergere del fascismo: "Fui testimone di questa nascita: Bologna, la
citta' in cui vivevo, fu sempre considerata il principale centro
d'irradiazione del fascismo e, mentre con mio padre frequentavo ambienti
legati alla scuola, alla stampa, ai partiti di sinistra e ai sindacati
operai, nella mia condizione di studentessa media ero in contatto con quelle
famiglie della piccola e media borghesia di provincia i cui figli, insieme a
elementi operai senza lavoro, avevano formato i primi contingenti delle
camicie nere... Intorno a me sentivo molto odio e molto amore: si viveva tra
i malintesi e si cercava la verita'. La strada era piena di tumulti e di
esasperazione, la mia casa un incrocio sereno (a momenti triste, a momenti
gioioso) di correnti contrastanti, le case dei miei compagni di scuola in
maggioranza oppresse da un silenzio reticente, pieno di rancore, di
disprezzo, che trovo' una propria voce quando le prime 'spedizioni punitive'
mostrarono pugnali e coltelli".
*
La ricerca della liberta'
A differenza di tanti intellettuali ingannati dalle prime manifestazioni del
fascismo, dice Luce, gli operai di fabbrica e i contadini compresero fin
dall'inizio il carattere conservatore e antisocialista del movimento. Per
loro le camicie nere furono immediatamente i principali nemici delle
cooperative, dei sindacati, delle autonomie locali e del socialismo in
generale. Il fascismo sorse, in realta', come una "controrivoluzione
preventiva", dice lei citando il titolo di un libro scritto da suo padre nel
1921.
In questo modo Luce crebbe con un profondo amore per la liberta' e un grande
orrore per il potere, la violenza e la disuguaglianza sociale. L'ascesa del
fascismo, negli anni che seguirono, provoco' la separazione della famiglia e
l'esilio. "Le persecuzioni continue ci costrinsero a lasciare il paese.
Fuggimmo attraverso la frontiera con la Francia, a distanza di un anno uno
dall'altro. Dopo una breve permanenza a Parigi, decidemmo di venire in
Uruguay. Non avevamo documenti, solo quei certificati che rilasciava il
governo francese: 'Dice chiamarsi...'. Correva l'anno 1929. Mio fratello era
rimasto in Italia e portava avanti un'attivita' di opposizione. Quando fu
chiamato alle armi riusci' a fuggire mentre lo stavano deportando in
Germania. Potei rivederlo solo dopo la guerra, quando venne in Uruguay".
Nel 1928, appena laureatasi in lettere all'universita' di Bologna, Luce
dovette partire in fretta e furia per incontrarsi con i suoi genitori che,
rifugiatisi a Parigi, la aspettavano con ansia. Tutto si svolse cosi' molto
in fretta: la fuga attraverso le Alpi, i passaporti falsi, l'imbarco
clandestino su un mercantile che li porto' in Sud America, lo sbarco al
porto di Montevideo, dove furono accolti da compagni anarchici come Antonio
Destro e Moscallegra.
Qui Luce non tardo' a integrarsi, pur parlando uno spagnolo un po' antiquato
che aveva imparato nei corsi di letteratura a Bologna. Era entrata in un
gruppo di donne che si riuniva nella sede del sindacato dei panificatori,
dove seguiva corsi serali di spagnolo insieme ad altri esiliati politici. Il
gruppo si occupava di raccogliere fondi per i prigionieri politici,
organizzava picnic di solidarieta', faceva volantini. In quel periodo
Montevideo era piena di rifugiati politici espulsi da Buenos Aires dal
governo del generale Uriburu, che li estradava in Italia o in Spagna. Grazie
al sostegno dei compagni, essi trovavano rifugio a Montevideo, potevano
trovare qualche lavoro e sfuggire alle dittature.
Da militante anarchica Luce si trasformo' in insegnante di storia alle
scuole medie, per poi passare, nel 1949, nel corpo docente della Universidad
de la Republica, alla cattedra di letteratura italiana. La sua produzione
intellettuale, cominciata gia' in Italia con una tesi su Eliseo Reclus e con
qualche articolo di filosofia politica, trovo' cosi' modo di espletarsi. La
militanza politica si arricchi' con la pubblicazione della rivista "Studi
sociali", che Luce diresse dal 1936 al 1945, e di altri periodici che
promuovevano la resistenza al fascismo e la diffusione degli ideali
anarchici. "La redazione, le bozze, l'impaginazione, il trasporto delle
copie, i pacchi da spedire: era tutto sulle mie spalle. Mi aiutavano il mio
compagno e mia madre. La rivista stava in piedi grazie alla collaborazione
di operai e di rifugiati in varie parti dell'America, che organizzavano
picnic, per esempio, e mandavano assegni di tre dollari o di somme del
genere".
Nel 1943 partecipo' alla pubblicazione di "Socialismo y libertad",
un'esperienza innovatrice nel campo delle riviste militanti, in cui
socialisti, anarchici e repubblicani collaboravano uniti nella resistenza
antifascista. "Volevamo dimostrare come, pur avendo idee diverse, con un
impegno comune di fondo era possibile far convergere i nostri sforzi".
A fianco di suo padre e poi, dopo la sua morte nel 1935, Luce si era molto
impegnata nella lotta contro il fascismo italiano, responsabile del suo
esilio in Uruguay, contro la dittatura di Gabriel Terra, contro il regime
franchista, soprattutto a sostegno degli anarchici nella rivoluzione
spagnola e, poi, contro la dittatura militare. La sua militanza attiva non
solo la vedeva impegnata a scrivere innumerevoli articoli di denuncia sulle
riviste da lei stessa  pubblicate, come "Rivoluzione libertaria", con
l'aiuto del marito Ermacora Cresatti e di sua madre, ma anche
nell'organizzazione di riunioni e di incontri, nella raccolta di fondi a
favore di compagni, come Ines Guida, da poco scomparsa.
In Uruguay la lotta antifascista, che vedeva alla testa gli anarchici
italiani e latinoamericani, porto' alla formazione di vari nuclei politici
in cui si discutevano i fatti del giorno e le strategie da portare avanti.
C'erano gruppi anarchici, socialisti e comunisti e, nel Circulo Italiano, un
nucleo importante che riusci' a sottrarsi all'influenza fascista, c'erano,
racconta Luce, i piu' vecchi garibaldini: "L'antifascismo trovava molto
sostegno. Mi ricordo che, quando tenevo corsi d'italiano al liceo, nel 1940
o '41, sulla lavagna mi scrissero frasi contro l'esercito italiano, per
esempio che i soldati erano ladri e codardi, con l'intenzione di offendermi.
Erano i primi giorni di scuola, non mi conoscevano, e quindi non trovai
altra soluzione che dire: 'Ragazzi, io sono arrivata qui per avere liberta'
e comprensione'. Be', i ragazzi sembrarono contentissimi. E il giorno dopo
sulla lavagna trovai scritto: 'Viva Italia Libre!', 'Viva De Gaulle!', 'Viva
Churchill!'. In quel momento mi resi conto quanto fosse difficile farmi
capire".
Bisogna dire che un'esistenza segnata da tanti momenti di isolamento e di
persecuzione violenta nei confronti degli anarchici e di altri gruppi di
sinistra non la rese affatto pessimista. Anzi, Luce rivolgeva lo sguardo
verso quegli spazi in cui s'incontravano pratiche di liberta', che
indicavano cammini alternativi. Con il suo atteggiamento positivo, riusciva
a intervenire tempestivamente.
Questo mi fa venire in mente di quando le raccontai la mia sorpresa quando
mia figlia, allora una bambina, si era messa a discutere la teoria di
Charles Darwin. Luce mi rispose che sarebbe stato utile farle leggere "il
mutuo appoggio" di Kropotkin, dove si critica l'evoluzionismo dimostrando
che nessuna societa' puo' sopravvivere senza solidarieta' e cooperazione.
Credo che lo strumento principale di Luce sia la parola, soprattutto la
parola scritta. E tutti i suoi libri, gli opuscoli, i tantissimi articoli si
riferiscono agli argomenti piu' disparati e travalicano le frontiere
tradizionali da una disciplina all'altra, passando dalla politica, alla
pedagogia e al linguaggio, dalla storia alla critica letteraria. Ma tra
tutti e' possibile individuare un punto comune: la ricerca della liberta',
nel passato come nel presente.
*
Tra militanza e poesia
Si puo' dire che la vasta produzione politica e intellettuale di Luce Fabbri
si orienta verso tre grandi temi: la critica al fascismo e al totalitarismo,
tenendo conto della valorizzazione della liberta' e degli ideali democratici
e l'attuazione del progetto anarchico; la letteratura italiana, la
linguistica e la critica letteraria; e, infine, la pedagogia.
Diversi suoi libri e articoli pubblicati sulla stampa vogliono spiegare il
fenomeno del fascismo, che tanto ha segnato la sua vita. Camisas negras
(1933) fu pubblicato in seguito alle conferenze che aveva tenuto a Rosario.
Tra i suoi opuscoli, si possono ricordare El totalitarismo entre dos
guerras, La libertad entre la historia y la utopia, El fascismo, definicion
e historia, Sotto la minaccia totalitaria del 1962. In tutti e' presente una
critica decisa al totalitarismo e la critica anarchica al potere e alla
violenza costitutiva dei rapporti economici, nel mondo capitalista come in
quello comunista. Gli avvenimenti rivoluzionari del 1936 in Spagna avevano
gia' dato origine alla Antologia de la revolucion espanola pubblicata nel
1937 con lo pseudonimo di Luz de Alba.
Tra i suoi saggi politici spicca La liberta' nelle crisi rivoluzionarie del
1947, L'antimperialismo, l'anticomunismo e la pace del 1949 e, soprattutto,
La strada del 1952, in cui Luce illustra la propria visione dell'anarchia.
Piu' di un punto di arrivo che ci aspetta all'orizzonte, essa dice,
l'anarchia si costruisce andando avanti, con la ricerca quotidiana della
liberta' che rivoluziona radicalmente il presente.
Nel 1983 Luce pubblica El anarquismo, mas alla' de la democracia, un saggio
che amplia l'insieme dei testi militanti, profondi ma pratici nello stesso
tempo, in cui discute scottanti questioni politiche e chiarisce concetti e
posizioni e definisce i programmi d'azione.
Nel mezzo del discorso politico emerge senza dubbio la poetessa sensibile. I
canti dell'attesa del 1932, da lei definito "libro de exilio y de estierro",
raccoglie poesie composte in Italia, omaggi a Montevideo che la accolse "a
braccia aperte", ed espressioni di nostalgia e di affetto per la terra
natale. Lo stesso sentimento che la spinse, molti anni dopo, a dedicarsi
allo studio su La poesia de Leopardi (1971). Varie opere di critica
letteraria completano un lavoro instancabile: Las corrientes de critica e
historiografia literarias en la Italia actual (1955), La poesia del Paraiso
y la metafora de la nave (1960) e Alegoria y profecia en Dante (1962) tra
gli altri.
Piu' di recente Luce pubblico' uno studio su Machiavelli, presentato come
introduzione alla traduzione in spagnolo da lei fatta del Principe, un
lavoro sui canti di Dante e, nel 1966, fece uscire una biografia del padre
intitolata Luigi Fabbri, storia d'un uomo libero. Negli ultimi anni e'
impegnata a scrivere un'opera sull'autodidattismo che essa considera un
fenomeno caratteristico della classe operaia nella sua "eta' dell'oro".
Penso che sia ora di dare maggiore spazio al suo profondo contributo teorico
e ideologico al pensiero libertario contemporaneo. Le sue acute riflessioni
l'hanno portata ad ampliare la dottrina anarchica che le era stata trasmessa
dai primi teorici e da suo padre, affrontando di volta in volta le questioni
che questa corrente politica non era stata capace di aggiornare e proponendo
nuove alternative per il mondo contemporaneo.
*
Luce e l'anarchia contemporanea
Tutta l'esperienza di Luce nel corso degli oltre novant'anni della sua
esistenza e' profondamente immersa nell'anarchia, in un modo molto speciale,
fin dalla culla. La forza del movimento libertario nei luoghi e nei periodi
in cui visse, soprattutto negli anni venti, segno' sicuramente in modo
indelebile le vicende della sua vita, al punto che non e' pensabile senza
l'anarchia, e in lei persona e teoria coincidono.
Si puo' dire che l'anarchia sia un atteggiamento permanente, un modo di
essere, e che in Luce si realizza in modo continuo. La lotta contro tutte le
manifestazioni di autoritarismo, contro i rapporti di potere, contro i
regimi politici autoritari, contro il fascismo italiano come contro la
dittatura militare uruguayana, contro i partiti gerarchici di sinistra come
di destra e contro i micropoteri che ci costituiscono in modo impensabile,
come insegna Michel Foucault, e' stato il sentimento prevalente di tutta la
sua vita.
Luce si definisce anarchica socialista ed e' capace di proporre "un'utopia
per il secolo XXI", rinnovando a suo modo il pensiero libertario. Le sue
tesi respingono la tradizionale identificazione tra centro e ordine ed ella
afferma che la nuova organizzazione sociale deve costituirsi "dal basso",
dalla libera associazione di individui in cooperative di produzione, di
consumo, di abitazione e di studio, come si sono viste crescere in Uruguay e
in molte parti del mondo occidentale: "Il centro crea certo ordine, in
apparenza molto solido e in realta' assai debole: basta attaccarlo perche'
quest'ordine si trasformi in caos. Un altro ordine esiste, molto piu'
vitale, che si crea dal basso, per associazione, e che, anche se una parte
risulta condannata, resiste in tutte le altre parti. Per le stesse ragioni
l'identificazione dell'ordine con il centro e del centro con il potere
centrale risulta solo apparente".
Questo caos prevale nel mondo attuale, profondamente gerarchizzato e
centralizzato, in cui si vive una fase di riflusso, di frustrazione e di
sfiducia, in cui si proclama la morte delle utopie, del "socialismo reale" e
della stessa storia. Cio' nonostante, dice Luce, il capitalismo non puo'
essere pensato come un'utopia, perche' non e' nato da un programma, ma "dai
fatti, e fatto proprio, senza molta autocoscienza, da una classe sociale in
ascesa che, per ascendere, non poteva non impadronirsene. Non ha altro
programma se non quello di arrivare al potere per mezzo della ricchezza. Per
questo puo' cambiare di forma e di struttura, adattarsi ai vari regimi
politici, proclamare l'assoluta liberta' del mercato, o burocratizzarsi
intorno a uno Stato protettore, a seconda dei momenti. La sua forma attuale
e' quella delle multinazionali, autentici stati internazionali invisibili,
che tengono le redini del mondo".
Cosi', l'unico limite allo sfruttamento capitalista e' la resistenza degli
oppressi e per questo Luce non crede che il socialismo sia morto, "perche'
la solidarieta' e' l'unica risposta alla crisi. E dove la solidarieta' ha
prevalso sulla sete di guadagno sono sempre nate forme di socialismo
spontaneo, come un tempo le comunita' cristiane del I secolo della nostra
era. Quello che e' proprio morto e' il socialismo statale, nella duplice
forma del totalitarismo e della socialdemocrazia; e' morto il socialismo
delle riviste e dei libri, che in realta' non e' mai esistito".
Luce ritiene che il socialismo libertario, federalista e dell'autogestione
possa essere l'utopia del futuro. Considerando le agitazioni del "tormentato
secolo XX", ritiene che sia importante valorizzare le conquiste democratiche
della rivoluzione francese che, all'inizio del secolo, parevano "pure
menzogne", finche' il fascismo, il nazismo e lo stalinismo ne misero in luce
l'importanza, e che hanno reso possibile il sorgere del socialismo.
"Grazie a queste povere liberta' 'formali'... il socialismo crebbe e mise
radici nel cuore dei poveri e nelle aspettative dei sociologi. Il socialismo
ha realizzato la sua duplice esperienza statale: quella dittatoriale e
quella democratica. In entrambe ha fallito. Pero' non e' fallita affatto
l'alternativa che si moltiplica silenziosamente nella base sociale".
*
Un periodo opaco
Luce critica l'affermazione secondo cui l'anarchia non sarebbe possibile nel
mondo contemporaneo, in cui predominano societa' di massa estremamente
burocratizzate e centralizzate, mentre l'anarchia predica il decentramento e
la moltiplicazione di piccole comunita' capaci di prendere decisioni in
assemblee plenarie: "Naturalmente la risposta a questa obiezione e' il
federalismo. La comunita' naturale, nel cui ambito l'individuo si sviluppa
liberamente, e' solo quella piccola. Le comunita' di questo genere possono
articolarsi tra loro formando una grande varieta' di comunita' piu' grandi,
secondo interessi distinti, fino ad arrivare a metterle in relazione su
scala mondiale. Le nuove tecnologie facilitano grandemente queste relazioni
e rendono possibile il decentramento".
Alla stessa stregua Luce avvalora, come anarchica, le nuove modalita' della
democrazia diretta che si sviluppano nel mondo, facilitate dallo sviluppo
tecnologico capitalista: "I media, mal definiti della comunicazione (dico
'mal definiti' perche' trasmettono messaggi in un unico senso, dai pochi che
li controllano, verso i molti che vedono e sentono, ma non interrogano, non
rispondono, non emettono messaggi propri), hanno senza dubbio la
possibilita' di sviluppare una tecnologia che permetta di farli funzionare
nei due sensi. Per la prima volta s'intravede la possibilita'
dell'intervento di un gran numero di persone (tutte quelle direttamente
interessate) nella presa di decisioni collettive e nelle discussioni che
precedono tali decisioni... I mass media possono, potranno trasformarsi, se
lo vogliamo, negli strumenti di autodemassificazione della base sociale
(impiego questo orribile termine per brevita'). Attraverso questi e'
possibile rompere i potenti monopoli che li dominano e questa lotta e' di
tutti, perche' si tratta della conquista popolare della voce, che e' il
punto di partenza della socializzazione del potere".
Secondo Luce, quello che stiamo attraversando e' "un periodo opaco di
stanchezza", che pero' non puo' impedire di studiare e "creare spazi fuori
dagli schemi del sistema, per valorizzare a vantaggio di tutti le tecniche
finora monopolizzate dai potenti".
Questa donna, la cui esistenza abbraccia tutto un secolo e che ha vissuto
intensamente, che ha provato forti passioni, conserva le proprie convinzioni
piu' limpide e lucide: "Il socialismo libertario", afferma con serena
certezza, "a differenza di tanti altri progetti non centra la propria
vittoria nella conquista del potere, ed e' l'unica utopia che non e' stata
smentita sul piano teorico dai fatti. In pratica, nel concreto degli eventi
quotidiani, il progetto anarchico e' abituato alle sconfitte... Il secolo
XXI non sara' facile. In questi ultimi anni del millennio, noi che non
abbiamo smarrito la fiducia nella solidarieta' sociale lanciamo questo
messaggio di socialismo nella liberta', che viene da un'esperienza molto
amara e molto vasta, che pero' ha dato frutti di serenita' interiore e di
speranza, quella speranza indispensabile per affrontare le sfide che abbiamo
davanti".

3. CARTEGGI. ENRICO PEYRETTI: UNA LETTERA A LUCIANO VIOLANTE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci
messo a disposizione questa sua lettera aperta inviata alcuni giorni fa a
Luciano Violante.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio,
ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con
altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio",
che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi
"Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research
Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi
per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della
rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Luciano Violante magistrato, parlamentare, gia' presidente della Commissione
parlamentare antimafia (che sotto la sua presidenza diede un contributo
notevole alla lotta contro i poteri criminali), e gia' presidente della
Camera dei Deputati. Tra le opere di Luciano Violante segnaliamo
particolarmente: La mafia dell'eroina, Editori Riuniti, Roma; sua e' la
relazione della Commissione parlamentare antimafia su Mafia e politica,
Laterza, Roma-Bari; I corleonesi, L'Unita', Roma; Non e' la piovra, Einaudi,
Torino (un testo sintetico e di grandissima utilita'); ha curato (e
pubblicato presso Laterza) i tre rapporti annuali sulla mafia: Mafia e
antimafia. Rapporto '96; Mafia e societa' italiana. Rapporto '97; I soldi
della mafia. Rapporto '98; sua la cura del ponderoso volume su La
criminalita', volume 12 degli Annali della Storia d'Italia, Einaudi, Torino;
segnaliamo inoltre Il ciclo mafioso, Laterza, Roma-Bari 2002; Un mondo
asimmetrico, Einaudi, Torino 2003. Dal sito www.lucianoviolante.it
riportiamo alcuni stralci di un'ampia notizia biografica: "Luciano Violante
e' professore ordinario di istituzioni di diritto e procedura penale presso
l'Universita' di Camerino. Deputato dei Ds-l'Ulivo di Torino, e' nato il 25
settembre 1941 a Dire Daua in Etiopia dove il padre, giornalista e
comunista, dovette emigrare. La famiglia fu poi internata dagli inglesi in
un campo di concentramento, dove Luciano Violante nacque e rimase sino a
tutto il 1943. Laureato in giurisprudenza a Bari nel 1963, entra in
magistratura nel 1966. Nel 1970 diviene libero docente di diritto penale
presso l'Universita' di Torino dove dal 1974 al 1981 e' professore
incaricato di istituzioni di diritto pubblico. E' giudice istruttore a
Torino sino al 1977. Dal 1977 al 1979 lavora presso l'ufficio legislativo
del Ministero della Giustizia, occupandosi prevalentemente della lotta
contro il terrorismo. E' deputato dal 1979, prima nelle liste del Pci,
partito al quale si iscrive nello stesso anno, poi in quelle del Pds e
quindi dei Ds-l'Ulivo. Nel 1983 vince la cattedra di istituzioni di diritto
e procedura penale e si dimette dalla magistratura. Dal 1980 al 1987 e'
responsabile per le politiche della giustizia del Pci, di cui diviene poi
vicepresidente del gruppo parlamentare. Ha fatto parte della Commissione
d'inchiesta sul caso Moro, della Commissione antimafia, del Comitato
parlamentare per i servizi di sicurezza, della Commissione per la riforma
del codice di procedura penale, della Commissione Giustizia e della Giunta
per il Regolamento della Camera dei Deputati. E' presidente della
Commissione Antimafia dal settembre 1992 al marzo 1994. Dal 1994 al 1996 e'
vicepresidente della Camera dei Deputati. Il 10 maggio 1996 viene eletto
presidente della Camera dei Deputati per la XIII Legislatura. Nella XIII
Legislatura la Presidenza della Camera dei Deputati e' impegnata nella
trasparenza, nella modernizzazione, nell'apertura alla societa' e nella
proiezione internazionale di Montecitorio. (...) Il 31 maggio 2001 viene
eletto presidente del gruppo Ds-l'Ulivo della Camera dei Deputati. Ha
pubblicato, nel 1994 con Einaudi Non e' la piovra. Nel 1995 con Bollati e
Borighieri la Cantata per i bambini morti di mafia. Ha curato i volumi
Dizionario delle istituzioni e dei diritti del cittadino, Editori Riuniti,
1996; Mafie e antimafia - Rapporto 1996, Mafia e societa' italiana -
Rapporto 1997, I soldi della mafia - Rapporto 1998, Laterza. Per Einaudi ha
curato inoltre il volume degli Annali della Storia d'Italia La criminalita',
1997, e il volume Legge Diritto Giustizia, 1998, della stessa collana. Per
Mondadori ha pubblicato il libro L'Italia dopo il 1999, la sfida per la
stabilita', 1998. Nei Saggi di Laterza il volume Le due liberta'. Contributo
per l'identita' della sinistra, 1999. E' autore del saggio L'evoluzione
delle Istituzioni Parlamentari, pubblicato ne Il Caso Italiano 2 - 2001,
Garzanti (traduzione dei volumi 'Italy: resilient and vulnerable' della
rivista 'Daedalus' dell'American Academy of Arts and Sciences). Ha curato
per Einaudi il volume degli Annali della Storia d'Italia Il Parlamento,
pubblicato nell'ottobre 2001. Per Laterza ha pubblicato, nel maggio 2002, Il
ciclo mafioso. Per Garzanti, nel giugno 2002, ha pubblicato, in
collaborazione con i professori Carlo Federico Grosso e Guido Neppi Modona,
il manuale di diritto e procedura penale Giustizia penale e poteri dello
Stato. Nel 2003 ha pubblicato per Einaudi Un mondo asimmetrico"]

Torino, 4 gennaio 2006
Caro Luciano Violante,
buon anno, e buoni anni!
Il motivo di questa lettera a te che sei il deputato del mio collegio, non
e' la brutta commistione "sinistra-affari non chiari" adesso emersa (che
sconcerta la base ed e' denunciata anche nei Ds e nel centro-sinistra), ma
un problema piu' ampio.
Ti scrivo questa lettera aperta per comunicarti (forse non e' inutile) le
tante perplessita' e anche prese di distanza, fino all'avversione, rispetto
al centro-sinistra, che colgo in ambiti nei quali ho molti contatti
significativi, come l'ambiente pacifista, nonviolento, del volontariato
sociale ed ecologico, nel mondo cattolico di base socialmente,
responsabilmente, democraticamente attivo. Non so se voi nei partiti ne
avete sufficiente sentore.
Non parlo solo delle posizioni estreme che si soddisfano della propria
purezza. Sento anche tanta amara tendenza all'astensionismo elettorale. Io
replico continuamente che, per quanto si possa essere scontenti, si deve
oggi (come si doveva  nel 2001) necessariamente votare il centro-sinistra, e
non astenersi, per poter fermare il massacro istituzionale che il
centro-destra sta facendo. Ogni voto mancato e' una probabilita' regalata al
berlusconismo. Ma non e' per nulla facile convincere i piu' esigenti, e
superare le loro ragioni.
Non sono assolutamente sicuro che la vittoria elettorale sia facile, come
molti credono imprudentemente. Il centro-sinistra deve meritare i voti che
rischia di perdere, e sono i voti dei piu' impegnati, attivi e generosi, non
quelli degli appagati, benpensanti, sistemati, fino a ieri votanti a destra,
di cui si ha l'impressione che voi andiate alla ricerca preferenziale.
*
Io capisco che la politica e' guardare alto e lontano ma anche fare i "conti
della serva" coi voti. Ma quando si vede troppo questo e poco quello, passa
la voglia e sale, nei cittadini meglio motivati, la delusione arrabbiata. Ti
dico qualcosa di cio' che suscita dubbi seri, non superficiali. Vengono
rilevate alcune posizioni e tendenze che creano e alimentano quella
delusione:
- avallare, nella sinistra "riformista", il violento liberismo economico,
come se fosse un destino inevitabile del mondo, nella globalizzazione dei
profitti e non dei diritti;
- non porre in primo piano il dovere di giustizia economica nell'umanita'
che oggi e' programmaticamente fratturata dai potenti in sommersi e salvati,
privilegiati e condannati. Si sentono esponenti di "sinistra" parlare da
liberali -  "libere volpi tra libere galline" - piu' che da democratici, nel
senso classico di questi termini, contro il super-articolo 3 della
Costituzione, che va fatto valere per tutta l'umanita';
- rassegnarsi - ed e' responsabilita' di noi tutti - all'attuale trattamento
indegno degli immigrati;
- guardare debolmente la guerra sistematica dell'Impero, che difende quel
privilegio stragista, dopo che voi avete fatto la guerra, assolutamente
ingiustificabile, del '99, per dimostrare che saper governare e' anche saper
fare la guerra (cosi' Fassino e D'Alema, e lo hanno ripetuto negli anni
successivi; e tu riconoscesti nell'incontro del giugno 2001, al Centro Studi
Sereno Regis - di cui ti allego il verbale - che la Costituzione, art. 11,
era stata violata dal governo di centro-sinistra). E' vero invece, tra
politica e guerra, esattamente il contrario: la politica e' pace, o non e'
politica (ti allego alcune essenziali proposte di una politica di pace, che
vengono dai movimenti storici per la pace, e devono caratterizzare il
programma elettorale);
- dire e non dire, con fiacchezza e oscillazioni, che l'Italia deve
ritirarsi rapidamente dal fiancheggiare la criminale guerra di Bush
nell'Iraq; accettare ancora spesso, con debolezza, le inaccettabili
giustificazioni del protrarsi di quella violenta illegale occupazione, germe
delle violenze quotidiane in Iraq e della corruzione delle nostre democrazie
(vedi l'articolo di Barbara Spinelli, Se questa e' vera democrazia, ne "La
Stampa" del 31 dicembre 2005); mostrare ottimismo (che sa di ingenuita' o
ipocrisia) sull'esportazione bellica della democrazia, mentre la sinistra
intellettuale e anche alcuni politici Usa condannano Bush con piu' forza di
tanta sinistra italiana;
- mancare di originalita' e decisione nel pensare lo sviluppo entro il
sistema-terra limitato, che impone il limite a chi ha coscienza delle nostre
responsabilita' verso il futuro umano e verso la natura; soggiacere
culturalmente, per lo piu', al mito dello sviluppo infinito e sprecone (e'
questo il vero problema generale, sottostante al caso Tav); essere inerti
nel promuovere una politica energetica fondata sulle energie rinnovabili,
estesamente e popolarmente utilizzate, contro i ciechi interessi
petroliferi;
- aver dato spazio, con l'idea del premierato forte e con il poco furbo
colpo di maggioranza sul "federalismo" alla vigila del voto del 2001, alla
frana costituzionale dell'assalto volgare
leghista-berlusconiano-presidenzialista-antiparlamentare.
Capisco che sono fenomeni pesanti quelli che gravano su questa societa'
dell'apparenza, ma la sinistra, anche il tuo partito, ha  curato poco o
nulla, e piuttosto trascurato, la partecipazione di base, e quindi la
cultura politica popolare, che ne era una delle piu' preziose
caratteristiche, lasciandosi prendere assai dalla politica dell'immagine e
dell'effetto breve, dallo stile di vita conformista e consumista, dalla
corsa a comparire in tv, anche prestandosi al gioco dei maggiori giocolieri
e falsificatori della parola pubblica. Tutto questo contribuisce alla
passivita', diseducazione, estraneita', esclusione, rabbia, e fa avanzare i
personaggi superficiali e furbastri. Dico questo mentre riconosco volentieri
a te personalmente la presenza assidua nel collegio elettorale e nelle sue
strade.
*
Le elezioni primarie sono state un grido di volonta' di partecipazione, che
dovete non solo elogiare e utilizzare, ma accogliere in strutture e forme
continuative, che contino davvero e non siano contentini. Dovete ascoltare
l'elaborazione ideale, culturale, le esperienze pratiche dei "politici"
volontari, fuori dei partiti, dei movimenti e delle culture alternative,
perche' "politico" vuol dire anzitutto cittadino attivo e pensante.
Un partito staccato da questi "politici" e' sterile. Ho suggerito piu' volte
delle camere di consultazione permanenti tra un partito e l'area che ha
attorno, anche critica o molto critica. Non ho mai visto nascere nulla di
simile.
Ora il nuovo sciagurato sistema elettorale da' piu' di prima potere
predeterminante ai partiti e piu' di prima priva l'elettore del diritto
costituzionale di scegliere tra i candidati. Se proporrete candidati
selezionati nel chiuso dei partiti vi presenterete stranieri agli elettori.
Molti di questi si estranieranno ancor piu' da voi.
La preoccupazione e' molta. Il tentativo di aiutarvi c'e', se tenete aperto
un canale di comunicazione con la ricchezza della cittadinanza attiva. Un
partito e' condizionato dal pensare che la realta' si cambia solo con la
presa del potere. Senza ignorare la via istituzionale e la concorrenza
politica, sappiate che si puo' anche cambiare il mondo senza prendere il
potere, cambiando la vita quotidiana, le relazioni, le forme e le culture
sociali. La politica resta importante ed efficace solo se interpreta in modo
dinamico il meglio della vita della societa', senza presumere di
determinarla. E questa e' anche la sua unica vera possibilita' e vocazione.
Sono certo che comprendi bene che le critiche anche secche, sempre disposte
alle spiegazioni e correzioni, di chi e' vicino e indipendente valgono assai
di piu' delle offerte di chi e' idealmente, culturalmente e moralmente
lontano.
Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza!
Enrico Peyretti

4. DOCUMENTI. CARLA LONZI: MANIFESTO DI RIVOLTA FEMMINILE (LUGLIO 1970)
[Da Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale,
Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982, pp. 13-22,
riprendiamo e riproponiamo ancora una volta il manifesto di "Rivolta
Femminile" del luglio 1970, uno dei testi fondamentali della riflessione
femminista in Italia. Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale
femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica
d'arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi:
Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi
Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti
di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta
Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in
rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990. Un
ampio saggio di Franco Restaino sulla riflessione filosofica di Carla Lonzi
(che abbiamo ripreso dal sito www.diotimafilosofe.it) puo' essere letto nei
nn. 928-929 di questo foglio]

"Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un
corpo unico?" (Olympe de Gouges, 1791)

La donna non va definita in rapporto all'uomo. Su questa coscienza si
fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra liberta'.
*
L'uomo non e' il modello a cui adeguare il processo di scoperta di se' da
parte della donna.
*
La donna e' l'altro rispetto all'uomo. L'uomo e' l'altro rispetto alla
donna. L'uguaglianza e' un tentativo ideologico per asservire la donna a
piu' alti livelli.
*
Identificare la donna all'uomo significa annullare l'ultima via di
liberazione.
*
Liberarsi per la donna non vuol dire accettare la stessa vita dell'uomo
perche' e' invivibile, ma esprimere il suo senso dell'esistenza.
*
La donna come soggetto non rifiuta l'uomo come soggetto, ma lo rifiuta come
ruolo assoluto. Nella vita sociale lo rifiuta come ruolo autoritario.
*
Finora il mito della complementarieta' e' stato usato dall'uomo per
giustificare il proprio potere.
*
Le donne son persuase fin dall'infanzia a non prendere decisioni e a
dipendere da persona "capace" e "responsabile": il padre, il marito, il
fratello...
*
L'immagine femminile con cui l'uomo ha interpretato la donna e' stata una
sua invenzione.
*
Verginita', castita', fedelta', non sono virtu'; ma vincoli per costruire e
mantenere la famiglia. L'onore ne e' la conseguente codificazione
repressiva.
*
Nel matrimonio la donna, privata dal suo nome, perde la sua identita'
significando il passaggio di proprieta' che e' avvenuto tra il padre di lei
e il marito.
*
Chi genera non ha la facolta' di attribuire ai figli il proprio nome: il
diritto della donna e' stato ambito da altri di cui e' diventato il
privilegio.
*
Ci costringono a rivendicare l'evidenza di un fatto naturale.
*
Riconosciamo nel matrimonio l'istituzione che ha subordinato la donna al
destino maschile. Siamo contro il matrimonio.
*
Il divorzio e' un innesto di matrimoni da cui l'istituzione esce rafforzata.
*
La trasmissione della vita, il rispetto della vita, il senso della vita sono
esperienza intensa della donna e valori che lei rivendica.
*
Il primo elemento di rancore della donna verso la societa' sta nell'essere
costretta ad affrontare la maternita' come un aut-aut.
*
Denunciamo lo snaturamento di una maternita' pagata al prezzo
dell'esclusione.
*
La negazione della liberta' d'aborto rientra nel veto globale che viene
fatto all'autonomia della donna.
*
Non vogliamo pensare alla maternita' tutta la vita e continuare ad essere
inconsci strumenti del potere patriarcale.
*
La donna e' stufa di allevare un figlio che le diventera' un cattivo amante.
*
In una liberta' che si sente di affrontare, la donna libera anche il figlio
e il figlio e' l'umanita'.
*
In tutte le forme di convivenza, alimentare, pulire, accudire e ogni momento
del vivere quotidiano devono essere gesti reciproci.
*
Per educazione e per mimesi l'uomo e la donna sono gia' nei ruoli della
primissima infanzia.
*
Riconosciamo il carattere mistificatorio di tutte le ideologie perche'
attraverso le forme ragionate di potere (teologico, morale, filosofico,
politico) hanno costretto l'umanita' a una condizione inautentica, oppressa
e consenziente.
*
Dietro ogni ideologia noi intravediamo la gerarchia dei sessi.
*
Non vogliamo d'ora in poi tra noi e il mondo nessuno schermo.
*
Il femminismo e' stato il primo momento politico di critica storica alla
famiglia e alla societa'.
*
Unifichiamo le situazioni e gli episodi dell'esperienza storica femminista:
in essa la donna si e' manifestata interrompendo per la prima volta il
monologo della civilta' patriarcale.
*
Noi identifichiamo nel lavoro domestico non retribuito la prestazione che
permette al capitalismo, privato e di stato, di sussistere.
*
Permetteremo quello che di continuo si ripete al termine di ogni rivoluzione
popolare quando la donna, che ha combattuto insieme con gli altri, si trova
messa da parte con tutti i suoi problemi?
*
Detestiamo i meccanismi della competitivita' e il ricatto che viene
esercitato nel mondo dalla egemonia dell'efficienza. Noi vogliamo mettere la
nostra capacita' lavorativa a disposizione di una societa' che ne sia
immunizzata.
*
La guerra e' stata da sempre l'attivita' specifica del maschio e il suo
modello di comportamento virile.
*
La parita' di retribuzione e' un nostro diritto, ma la nostra oppressione e'
un'altra cosa. Ci basta la parita' salariale quando abbiamo gia' sulle
spalle ore di lavoro domestico?
*
Riesaminiamo gli apporti creativi della donna alla comunita' e sfatiamo il
mito della sua laboriosita' sussidiaria.
*
Dare alto valore ai momenti "improduttivi" e' un'estensione di vita proposta
dalla donna.
*
Chi ha il potere afferma: "Fa parte dell'erotismo amare un essere
inferiore". Mantenere lo "status quo" e' dunque un suo atto d'amore.
*
Accogliamo la libera sessualita' in tutte le sue forme, perche' abbiamo
smesso di considerare la frigidita' un'alternativa onorevole.
*
Continuare a regolamentare la vita fra i sessi e' una necessita' del potere;
l'unica scelta soddisfacente e' un rapporto libero.
*
Sono un diritto dei bambini e degli adolescenti la curiosita' e i giochi
sessuali.
*
Abbiamo guardato per 4.000 anni: adesso abbiamo visto!
*
Alle nostre spalle sta l'apoteosi della millenaria supremazia maschile. Le
religioni istituzionalizzate ne sono state il piu' fermo piedistallo. E il
concetto di "genio" ne ha costituito l'irraggiungibile gradino.
*
La donna ha avuto l'esperienza di vedere ogni giorno distrutto quello che
faceva.
*
Consideriamo incompleta una storia che si e' costituita sulle tracce non
deperibili.
*
Nulla o male e' stato tramandato dalla presenza della donna: sta a noi
riscoprirla per sapere la verita'.
*
La civilta' ci ha definite inferiori, la chiesa ci ha chiamate sesso, la
psicanalisi ci ha tradite, il marxismo ci ha vendute alla rivoluzione
ipotetica.
*
Chiediamo referenze di millenni di pensiero filosofico che ha teorizzato
l'inferiorita' della donna.
*
Della grande umiliazione che il mondo patriarcale ci ha imposto noi
consideriamo responsabili i sistematici del pensiero: essi hanno mantenuto
il principio della donna come essere aggiuntivo per la riproduzione
dell'umanita', legame con la divinita' o soglia del mondo animale; sfera
privata e "pietas". Hanno giustificato nella metafisica cio' che era
ingiusto e atroce nella vita della donna.
*
Sputiamo su Hegel.
*
La dialettica servo-padrone e' una regolazione di conti tra collettivi di
uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso
della civilta' patriarcale.
*
La lotta di classe, come teoria di classe sviluppata dalla dialettica
servo-padrone, ugualmente esclude la donna. Noi rimettiamo in discussione il
socialismo e la dittatura del proletariato.
*
Non riconoscendosi nella cultura maschile, la donna le toglie l'illusione
dell'universalita'.
*
L'uomo ha sempre parlato a nome del genere umano, ma meta' della popolazione
terrestre lo accusa ora di aver sublimato una mutilazione.
*
La forza dell'uomo e' nel suo identificarsi con la cultura, la nostra nel
rifiutarla.
*
Dopo questo atto di coscienza l'uomo sara' distinto dalla donna e dovra'
ascoltare da lei tutto quello che la concerne.
*
Non saltera' il mondo se l'uomo non avra' piu' l'equilibrio psicologico
basato sulla nostra sottomissione.
*
Nella cocente realta' di un universo che non ha mai svelato i suoi segreti,
noi togliamo molto del credito dato agli accanimenti della cultura. Vogliamo
essere all'altezza di un universo senza risposte.
*
Noi cerchiamo l'autenticita' del gesto di rivolta e non la sacrificheremo
ne' all'organizzazione ne' al proselitismo.
*
Comunichiamo solo con donne.

Roma, luglio 1970

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1174 del 13 gennaio 2006

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