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La nonviolenza e' in cammino. 1173
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1173
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 12 Jan 2006 01:29:35 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1173 del 12 gennaio 2006 Sommario di questo numero: 1. 14 gennaio: la speranza e l'allegria 2. Roberto Tecchio: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 3. Per restare vicini 4. Domenico Jervolino: Paul Ricoeur, il riconoscimento e il dono 5. Francesco Comina intervista Eraldo Affinati 6. Maurizio Passerin d'Entreves: La teoria della cittadinanza nella filosofia politica di Hannah Arendt (parte quarta e conclusiva) 7. Maria Laura Lanzillo: Introduzione al multiculturalismo 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. 14 GENNAIO: LA SPERANZA E L'ALLEGRIA [Ringraziamo Adriana Chemello (per contatti: achemello at alice.it) per averci inviato il seguente intervento sottoscritto da varie autorevoli personalita' della vita civile e dell'impegno intellettuale. Adriana Chemello insegna letteratura italiana presso la Facolta' di Lettere e filosofie dell'Universita' di Padova; negli ultimi anni si e' occupata in particolare del genere epistolare, di quello biografico e della letteratura pedagogico-popolare, con particolare attenzione al tema della lettura e della raffigurazione letteraria del lettore e della lettrice; ha pubblicato numerosi saggi in volumi miscellanei in Italia e all'estero e ha curato, tra gli altri, il volume Alla lettera. Teorie e pratiche epistolari dai Greci al Novecento, Guerini 1998. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (un finissimo studio sull'opera poetica di Danilo Dolci); tra i suoi contributi piu' recenti: Vittoria Aganoor, Lettere a Giacomo Zanella (1876-1888), Eidos 1996; Parole scolpite. Profili di scrittrici degli anni Novanta, Il Poligrafo 1998; Filippo Sacchi e Silvio Negro scrittori-giornalisti vicentini del Novecento, Marsilio 2001; e con L. Ricaldone, Geografie e genealogie letterarie, Il Poligrafo 2000] Molte persone quest'anno festeggiano il Capodanno due settimane esatte dopo la data convenzionale del 31 dicembre. Il 14 gennaio 2006 queste persone si ritrovano infatti, chi a Milano e chi a Roma, per ingombrare le strade e le piazze della loro speranza e della loro allegria. Si festeggia la fine di un anno cupo, che ha visto il tentativo di vanificare da una parte il percorso di liberta' femminile di cui la legge 194 e' un'importante espressione, dall'altra valori, come i Pacs, la cui progressiva acquisizione nulla, ma proprio nulla, avrebbe dovuto ostacolare. E la festa e' una festa proprio perche' questi infelici trascorsi hanno destato non solo e non tanto un bisogno di difesa di quei valori stessi, quanto piuttosto un desiderio di rilancio del pensiero che li accompagna, li sostiene e li fa vivere. E' inammissibile infatti che intorno a questi temi si discuta cosi' malamente, che su di essi si consumino riti di mediazione d'apparato o fra apparati, che il loro senso diventi appannaggio di una politica di cui nulla si salva o puo' venire buono: ne' le logiche ne' i linguaggi, ne' la poverta' d'immaginazione ne' gli eccessi - quando ci siano - di mal riposta passione, ne' tanto meno la totale mancanza di un contatto vero e sapiente con le cose in cui Stato e Chiesa ficcano spudoratamente il naso. L'eccentrico Capodanno, oltre a squinternare simbolicamente il calendario, proprio questo vuole dire: che nessuno puo' arrogarsi il diritto di interferire nella sovranita' che ciascuna e ciascuno ha sul proprio corpo e la sua varia, meravigliosa e terribile vicenda; che il corpo di chi genera oppure non vuole oppure non puo' piu' generare e' e resta intoccabile al di la' di qualsiasi agire strumentale; che l'autodeterminazione, ancor piu' dell'indignazione, e' cio' che induce e invita alla festa; che, infine, sbaglia chi pensa di lavorare ai fianchi una popolazione senza piu' bagaglio di pensiero e di fermento, modificando o negando leggi esistenti o desiderate. * E' vero che da sempre ogni civilta' ha contato - lo sapesse o meno - sulla sua componente femminile, ed e' vero che in Italia recentemente le donne sono sembrate essere venute un po' meno. Ma e' altresi' vero (pensiamo al giugno 2005 e al referendum sulla fecondazione assistita) che mai come ora le donne hanno dovuto agire in un clima tanto refrattario, se non ostile, alla loro storia politica e al loro pensiero (oltretutto in presenza di una carta costituzionale sostanzialmente stravolta insieme al sistema di garanzie che portava in se'). Si e' tentato di blandirle, e di esaltarne le capacita' di intuizione, intelligenza e realizzazione, proprio al fine di svuotare contenuti e forme che quella politica e quel pensiero avevano segnato. Ma se alle donne (se non a tutte, certo a molte) e' mancato finora il tempo di organizzarsi, di rimettere in circolo il loro sapere, di inventarsi le parole per far fronte all'inaudito presente e di riaccendere intorno a se' il naturale desiderio di bellezza e di grandezza che sempre accompagna la crescita di un mondo, ecco pero' che questo tempo si viene recuperando. Succede infatti che molte donne abbiano ricominciato a pensare. Non solo, ma che molti uomini si siano sentiti a loro volta chiamati in causa, e abbiano riconosciuto che ne va anche della loro vita. E succede che donne e uomini cosi' riuniti abbiano per paradosso avvertito un gran senso di solitudine - una solitudine di generazione, di ruolo, di rappresentanza -, e abbiano deciso di porvi rimedio. Poiche' hanno capito che faccenda seria sia quando gli attrezzi (culturali, etici, espressivi...) di una generazione si rivelano inutili alla generazione successiva, come sia grave che su certi problemi ci si senta chiamate e chiamati in causa se e solo se ci sia smaccatamente di mezzo la propria esperienza o la propria fede (non importa se religiosa o politica), e come sia amaro che su questioni vitali per le singole persone si trovi piu' facile rispondere per delega: di un partito, sindacato, gruppo o movimento che sia. * Forse e' un bene per una civilta' che la sua fine sia o sia stata cosi' vicina. Che tante acquisizioni e tanti saperi si siano rivelati solo incerti o supposti. E che valori intoccabili o creduti conquistati una volta per sempre siano stati invece con malagrazia revocati e toccati. Ma poiche' e' l'essere umano, con la sua responsabilita', la sua liberta' e - perche' no - la sua felicita' ad essere rimesso in gioco e in questione dagli attuali governanti, e' oltremodo "umano" che i governati cambino gioco e questione, rilancino la posta di ricchezza simbolica e si accingano a far festa a un futuro migliore. Augurando felice anno nuovo a chi condivida la stessa speranza e la stessa allegria. * Prime firmatarie: Giulia Ciarpaglini, Francesca Cigala, Monica Farnetti, Francesca Mellone, Paola Gatti, Luciana Tufani, Carmela Vaccaro, Fabrizia Pizzale, Anna Biffoli, Franca Gianoni, Edda Melon, Mariolina Grossi, Gisella Modica, Laura Graziano, Adriana Chemello, Francesca Koch, Alessandra Milesi, Piera Codognotto, Fiamma Lussana, Adriana Lorenzi, Francesca Bonsignori, Brenda Porster, Maria Bordini, Giovanna Zaccaro, Emma Baeri, Stefania Zampiga, Grazia Toccu, Marinella Antonellini, Loretta Maggi, Silvia Marri, Savia Salmi. 2. STRUMENTI DI LAVORO. ROBERTO TECCHIO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Roberto Tecchio (per contatti: nuvolaleggera at lillinet.org) per questo intervento. Roberto Tecchio e' in Italia uno dei principali formatori alla nonviolenza, dirige un laboratorio permanente su questo tema presso il Cipax di Roma. Un'ampia notizia biobibliografica su Roberto Tecchio e' nel n. 239 di questo foglio. Un ampio testo di Roberto Tecchio particolarmente utile e' apparso in sei parti nei nn. 231-236 di questo foglio; segnaliamo anche un altro suo testo nel n. 744] Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' pur non riconoscendomi in nessun partito, associazione o area, una parte essenziale della mia storia e' legata (come vincolo e risorsa) a persone, ambienti ed esperienze che trovano nella rivista uno spazio privilegiato - e mi da' piacere accostare il mio nome a quello di altri che conosco e magari non incontro da tanto tempo. Mi abbono perche' ho voglia di leggere il pensiero di chi sente forte l'identita' della nonviolenza, e con quel pensiero la caratterizza - sebbene io, per mia natura, abbia piu' spesso trovato in luoghi diversi da quelli che tipicamente si definiscono nonviolenti il nutrimento spirituale e intellettuale di quella parte di me che un giorno si e' inviolabilmente persuasa della forza della verita'. Mi abbono volentieri perche' sono molti anni che non lo faccio - e l'amicizia, che pure va oltre il tempo e la distanza, ha bisogno, almeno ogni tanto, di gesti concreti. Con l'augurio di restare sempre vicini all'azione nonviolenta. 3. STRUMENTI DI LAVORO. PER RESTARE VICINI "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". 4. RIFLESSIONE. DOMENICO JERVOLINO: PAUL RICOEUR, IL RICONOSCIMENTO E IL DONO [Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo il seguente articolo di Domenico Jervolino apparso col titolo "L'etica del dialogo" sul quotidiano "Il mattino" di Napoli l'11 gennaio 2006. Domenico Jervolino (per contatti: djervol at tin.it), nato a Sorrento nel 1946, discepolo di Pietro Piovani, studioso ed amico di Paul Ricoeur e Hans Georg Gadamer, due fra i maggiori filosofi del Novecento, insegna ermeneutica e filosofia del linguaggio all'Universita' di Napoli Federico II. Fa parte degli organismi dirigenti dell'Associazione internazionale per la Filosofia della Liberazione (Afyl) e della International Gramsci Society (Igs). E' stato recentemente eletto membro della Consulta filosofica italiana (organismo rappresantivo della comunita' scientifica nel campo degli studi filosofici). Nell'ambito dell'impegno politico e nelle istituzioni e' stato consigliere regionale della Campania dal 1979 al 1987 e membro della presidenza del Consiglio regionale. E' stato anche nel corso degli anni tra i promotori del movimento dei Cristiani per il socialismo, dirigente delle Acli e della Cisl Universita', membro della direzione nazionale della Lega delle Autonomie Locali e della segreteria nazionale di Democrazia Proletaria di cui e' stato a lungo responsabile nazionale cultura e scuola. In Rifondazione Comunista e' attualmente membro del Comitato politico nazionale e responsabile nazionale Universita'. Assessore all'educazione del Comune di Napoli dal marzo 2000 al marzo 2001. E' autore, nel campo degli studi filosofici, dei volumi: Il cogito e l'ermeneutica. La questione del soggetto in Ricoeur, Procaccini, Napoli 1984, Marietti, Genova 1993 (tradotto in inglese presso Kluwer nel 1990); Pierre Thevenaz e la filosofia senza assoluto, Athena, Napoli 1984; Logica del concreto ed ermeneutica della vita morale. Newman, Blondel, Piovani, Morano, Napoli 1994; Ricoeur. L'amore difficile, Studium, Roma 1995; Le parole della prassi. Saggi di ermeneutica, Citta' del sole, Napoli 1996 (in una collana dell'Istituto italiano per gli studi filosofici); Paul Ricoeur. Une hermeneutique de la condition humaine, Ellypses, Paris 2002; Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003. Ha curato e introdotto l'antologia ricoeuriana Filosofia e linguaggio, Guerini, Milano 1994, e una scelta di scritti di Ricoeur sulla traduzione: La traduzione. Una scelta etica, Morcelliana, Brescia 2001. Ha curato, inoltre, i volumi: Filosofia e liberazione, Capone, Lecce 1992 (con G. Cantillo); e Fenomenologia e filosofia del linguaggio, Loffredo, Napoli 1996 (con R. Pititto); L'eredita' filosofica di Jan Patocka, Cuen, Napoli 2000. Ha partecipato ai principali volumi collettivi pubblicati su Ricoeur negli ultimi anni in Francia, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti e continua, attualmente, i suoi studi, lavorando in particolare sull'opera di Jan Patocka e sugli sviluppi della fenomenologia di lingua francese nonche' sul raporto ermeneutica-traduzione. Complessivamente i suoi saggi e articoli di filosofia sono circa ottanta in italiano o tradotti in sette lingue straniere. Nel campo della saggistica politica e' autore dei volumi: Questione cattolica e politica di classe, Rosenberg & Sellier, Torino 1969; Neoconservatorismo e sinistra alternativa, Athena, Napoli 1985; e di una vasta produzione pubblicistica. Collabora a numerose riviste italiane e straniere, tra cui "Concordia" di Aachen, "Actuel Marx" di Parigi, "Filosofia e teologia" e "Studium" di Roma, "Segni e comprensione" di Lecce; dirige la rivista "Alternative" di Roma. E' condirettore della rivista "Il tetto" di Napoli, di cui fa parte da circa trent'anni. Paul Ricoeur, filosofo francese, nato nel 1913 e deceduto nel maggio 2005; amico di Mounier, collaboratore di "Esprit", docente universitario, uno dei pensatori piu' influenti del Novecento, persona buona. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riprendiamo questa breve scheda: "Paul Ricoeur nasce a Valence (Drome) il 27 febbraio 1913. Compie i suoi studi di filosofia prima all'Universita' di Rennes, poi alla Sorbonne, dove nel 1935, passa l'agregation. Mobilitato nel 1939, viene fatto prigioniero e nel campo comincia a tradurre con Mikel Dufrenne Ideen I di Husserl. Dal 1945 al 1948 insegna al College Cevenol di Chambon-sur-Lignon, e successivamente Filosofia morale all'Universita' di Strasburgo, sulla cattedra che era stata di Jean Hyppolite, e dal 1956 Storia della filosofia alla Sorbona. Amico di Emmanuel Mounier, collabora alla rivista "Esprit". Dal 1966 al 1970 insegna nella nuova Universita' di Nanterre, di cui e' rettore tra il marzo 1969 e il marzo 1970, con il proposito di realizzare le riforme necessarie a fronteggiare la contestazione studentesca e, contemporaneamente, presso la Divinity School dell'Universita' di Chicago. Nel 1978 ha realizzato per conto dell'Unesco una grande inchiesta sulla filosofia nel mondo. Nel giugno 1985 ha ricevuto il premio "Hegel" a Stoccarda. Attualmente [quando questa scheda fu redatta - ndr] e' direttore del Centro di ricerche fenomenologiche ed ermeneutiche". Opere di Paul Ricoeur: segnaliamo i suoi libri Karl Jaspers et la philosophie de l'existence (con Mikel Dufrenne), Seuil; Gabriel Marcel et Karl Jaspers, Le temps present; Filosofia della volonta' I. Il volontario e l'involontario, Marietti; Storia e verita', Marco; Finitudine e colpa I. L'uomo fallibile, Il Mulino; Finitudine e colpa II. La simbolica del male, Il Mulino; Della interpretazione. Saggio su Freud, Jaca Book, poi Il Melangolo; Entretiens Paul Ricoeur - Gabriel Marcel, Aubier; Il conflitto delle interpretazioni, Jaca Book; La metafora viva, Jaca Book; Tempo e racconto I, Jaca Book; Tempo e racconto II. La configurazione nel racconto di finzione, Jaca Book; Tempo e racconto III. Il tempo raccontato, Jaca Book; Dal testo all'azione. Saggi di ermeneutica II, Jaca Book; Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia, Morcelliana; A l'ecole de la fenomenologie, Vrin; Se' come un altro, Jaca Book; Lectures 1. Autour du politique, Seuil; Lectures 2. La contree des philosophes, Seuil; Lectures 3. Aux frontieres de la philosophie, Seuil; Le juste, Esprit; Reflexion faite. Autobiographie intellectuelle, Esprit; La critica e la convinzione (colloqui con Francois Azouvi e Marc de Launay), Jaca Book. Segnaliamo inoltre: Kierkegaard. La filosofia e l'"eccezione", Morcelliana; Tradizione o alternativa, Morcelliana, e l'antologia Persona, comunita' e istituzioni, Edizioni cultura della pace. Opere su Paul Ricoeur: segnaliamo particolarmente due recenti monografie: Francesca Brezzi, Ricoeur. Interpretare la fede, Edizioni Messaggero Padova, 1999; Domenico Jervolino, Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003] Napoli ha ricordato ieri il suo cittadino onorario Paul Ricoeur, scomparso il 20 maggio dello scorso anno a novantadue anni. L'occasione e' stata offerta da un convegno a Palazzo Serra di Cassano con l'alto patrocinio del presidente Ciampi e la partecipazione di studiosi provenienti da tutto il mondo. Forse il modo migliore per commemorare questo grande maestro e' quello di aprire le pagine dell'ultimo libro del 2004, Parcours de la reconnaissance, tradotto in italiano con il titolo Percorsi del riconoscimento (Cortina). E' un'opera che a me piace vedere come un dono che l'anziano filosofo lascia ai giovani filosofi del nuovo secolo. In questo senso si potrebbe anche leggere Parcours come un invito al filosofare. Essa delinea un cammino che segue il progredire del triplice lavoro dell'identificare le cose, del riconoscere se stessi nel rapporto con gli altri, e della dialettica del riconoscimento reciproco, dove il senso attivo del verbo si converte in quello passivo dell'essere riconosciuto. Questo passaggio dall'attivo al passivo comporta una domanda di riconoscimento, domanda che pero' non cessa mai di essere esposta alla minaccia del misconoscimento. In questo cammino vengono convocati i grandi autori della storia del pensiero, passando per quelle che lo studioso chiama (secondo un ordine piu' logico che cronologico) le tre vette della filosofia del riconoscimento: la vetta kantiana del riconoscimento-ricognizione degli oggetti, la vetta bergsoniana del riconoscimento delle immagini (in Materia e memoria, che affronta il problema attualissimo del rapporto pensiero-cervello), e la vetta hegeliana dell'Anerkennung, il riconoscimento reciproco dei soggetti a partire dalla lotta. E vengono rivisitati i grandi temi del pensiero ricoeuriano, degli ultimi anni ma anche di tutta la vita: l'agire e l'agente, l'uomo capace, la memoria e la promessa. La posta in gioco etico-politica dell'intera ricerca emerge quando la tematica del riconoscimento reciproco affronta la sfida hobbesiana della concezione moderna della politica come fondata su una concezione dell'uomo che e' lupo rispetto all'altro uomo e che quindi sfugge alla guerra di tutti contro tutti solo a condizione di sottomettersi al potere assoluto dello stato. Ricoeur, che non ignora certo le desolazioni e la tristezza di una umanita' devastata dal male, e che e' consapevole dell'ineluttabilita' del conflitto, ciononostante non e' disponibile a lasciare alla violenza, alla guerra e al dominio dell'uomo sull'uomo l'ultima parola. Il suo colpo d'ala consiste nel legare il tema hegeliano della lotta per il riconoscimento a quello del dono. Nel dono, oltre la rete di rapporti interumani basati sullo scambio di dono e controdono, viene introdotta una logica di gratuita' e di generosita' mentre la valenza simbolica del donare mette in luce un elemento di festivita' dell'esistenza. Si profila cosi' sullo sfondo la possibilita' di un fondamento nonviolento del legame sociale e di uno "stato di pace" come orizzonte - problematico, difficile ma non impossibile - di una umanita' ancora da costruire. Credo che il miglior modo per onorare Ricoeur sarebbe la promozione da parte della citta' che lo ha avuto come suo cittadino di iniziative rivolte a promuovere la pace e l'incontro fra le culture, in particolare in una regione cosi' ricca di memorie storiche come quella euro-mediterranea, che rischia oggi di diventare una frontiera tormentata e insanguinata fra tre continenti e che invece solo nella pace e nel dialogo fra i popoli e le culture puo' ritrovare le sue radici piu' profonde e vitali. 5. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA INTERVISTA ERALDO AFFINATI [Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) per averci messo a disposizione questa sua intervista a Eraldo Affinati apparso sul quotidiano "L'Adige" alcuni giorni fa. Francesco Comina e' stato uno dei principali punti di riferimento in Italia della campagna di sostegno al si' al referendum brasiliano per proibire il commercio delle armi. Giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; (con Marcelo Barros), Il sapore della liberta', La meridiana, Molfetta (Ba) 2005; (con Arturo Paoli), Qui la meta e' partire, La meridiana, Molfetta (Ba) 2005; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e ad AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna. Eraldo Affinati, nato a Roma nel 1956, scrittore, insegnante e giornalista, ha dedicato un particolare impegno alla memoria della Shoah. Opere di Eraldo Affinati: Veglia d'armi. L'uomo di Tolstoj, Marietti, 1992; Oscar Mondadori, 1998; Soldati del 1956, Marco Nardi, 1993; Oscar Mondadori, 1997; Bandiera bianca, Mondadori, 1995; Leonardo, 1996; Oscar Mondadori, 1999; Patto giurato. La poesia di Milo De Angelis, Tracce, 1996; Campo del sangue, Mondadori, 1997; Oscar Mondadori, 1998; Uomini pericolosi, Mondadori, 1998; Oscar Mondadori, 2000; Il nemico negli occhi, Mondadori, 2001; Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich Bonhoeffer, Mondadori, 2002; Secoli di gioventu', Mondadori, 2004] Eraldo Affinati (classe 1956) e' uno scrittore che vive immerso nella storia. Piu' che per altri autori, la scrittura di Affinati e' come dettata dalla storia: segnata, provocata, convocata, dominata dall'ombra di Auschwitz. E' nei sotterranei della vita che Affinati scava i suoi libri. L'ombra si rivela, il fungo si dilata, le voci salgono aggrappandosi al margine della vita e della morte per dire che l'uomo e' lupo e angelo nel medesimo istante. "Campo del sangue" e' il racconto di un viaggio fra oggi e ieri, fra la vita di oggi e dell'altroieri, fra le urla dei dannati e la dannazione dei salvati; "Un teologo contro Hitler" e' una sorta di viaggio nelle parole e nei luoghi di Dietrich Bonhoeffer, il pastore evangelico impiccato a Flossenburg perche' nel difendere Dio dalla deriva idolatrica del nazismo si trovo' a fare i conti con l'idra Adolf Hitler; l'ultimo romanzo "Secoli di gioventu'" lavora sul doppio binario del tempo: quello che e' e quello che e' stato. Con la sua ombra, con il suo sangue. Eraldo Affinati e' stato a Bolzano per tenere una lezione sulla letteratura dei campi di concentramento nell'aula magna del Liceo pedagogico "Pascoli" e un laboratorio sul tema del "personaggio" all'interno della Scuola di scrittura creativa dell'Upad. * Camere a gas - Francesco Comina: Eraldo Affinati, ancora esecuzioni in Usa ma una particolarmente clamorosa. E' stato ucciso con una iniezione letale dopo 22 minuti di agonia Stanley Tooky Williams, ex capo di una feroce gang di Los Angeles convertito alla nonviolenza e alla predicazione di pace. Una condanna eseguita nonostante le suppliche di grazia venute da ogni parte. Williams e' stato ucciso nella ex camera a gas del penitenziario di San Quentin legato ad un modernissimo lettino delle esecuzioni. Sessant'anni fa l'America scoperchiava lo scandalo del totalitarismo genocidario: le camere a gas dove venivano annientati gli "altri". E' possibile riconoscere sul volto di Tooky Williams la tragedia di un sommerso qualsiasi dell'orda assassina nazista? - Eraldo Affinati: Quando le truppe americane entrarono nel lager di Bergen-Belsen scoprendo lo sterminio amministrativo e industriale realizzato dal regime hitleriano, nel cuore dell'Europa civilizzata, certo non potevano immaginare che, sessant'anni dopo, sui giornali di tutto il mondo, molti osservatori, nel commentare la morte mediante iniezione letale di Tooky Williams, avrebbero confrontato questa esecuzione con quelle realizzate dai nazisti. Dovremmo vergognarci tutti, come esseri umani, di fronte alla barbarie delle condanne al capestro che continuano ad essere praticate in numerose nazioni sfregiando il principio etico enunciato gia' nel diciottesimo secolo da Cesare Beccaria. Sbaglia chi pensa sia semplice convincersi che nessuno Stato puo' arrogarsi il diritto di pretendere da un uomo piu' del suo pentimento. Al contrario, si tratta di un valore di civilta' da conquistare giorno per giorno, fuori e dentro ciascuno di noi. * Il pastore impiccato - Francesco Comina: Nel 2006 si celebrano i cento anni dalla nascita di Dietrich Bonhoeffer. Quale e' il messaggio che Bonhoeffer lascia all'uomo di oggi? - Eraldo Affinati: In particolare l'ultimo Bonhoeffer, recluso nel carcere di Tegel, quello che scrisse le lettere oggi comprese in "Resistenza e resa", rappresenta una sfida per chi voglia intendere il cristianesimo come una scommessa radicale che non sottrae nulla all'intensita' della vita, ma anzi la rilancia in tutte le sue potenzialita'. Chi vive con una gamba sola in Terra, disse il teologo, vivra' cosi' anche in Cielo. Per un giovane questo significa imparare a non dividere mai il pensiero dall'azione, superando una concezione restrittiva dell'impegno quotidiano. Vuol dire anche scoprire un'altra cosa: la vera liberta' non s'identifica, come hanno creduto molti intellettuali del Novecento, con il superamento del limite ma, al contrario, nella sua accettazione. * La rosa di Sophie - Francesco Comina: E' uscito da poco il film del regista tedesco Rothemund sulla giovane studentessa universitaria Sophie Scholl, volto, anima e cuore di quella straordinaria azione di resistenza al nazionalsocialismo che va sotto il nome di "Rosa Bianca". E' possibile oggi veicolare la memoria dei giovani della Rosa Bianca ai loro coetanei che vivono nel tempo della "modernita' liquida" per dirla con Bauman, ossia il tempo che si plasma sull'eterno presente e che non ce la fa a rappresentare l'orizzonte dei grandi ideali? - Eraldo Affinati: Non solo e' possibile. E' necessario. Altrimenti rischiamo di lasciare questi giovani da soli, di fronte ai campioni sportivi che fanno il saluto romano rivolti in tribuna, oppure insultano i giocatori di colore. Dobbiamo sempre pensare che ogni generazione ricomincia da capo, quindi non bisogna mai dare niente per scontato. L'informazione deve essere completa, senza enfasi ne' inutili retoriche, tenendo fermi alcuni punti essenziali. Il film di Rothemund e' una splendida prova di attori ma dal punto di vista storico risulta perlomeno impreciso. Ad esempio, basta aver studiato soltanto un poco il periodo nazista per rendersi conto che la figura dell'investigatore, sottilmente intrigato dal carisma di Sophie Sholl, rasenta l'inverosimiglianza. * Giusto fra le nazioni - Francesco Comina: C'e' un vecchio lucchese che negli anni '40 salvo' alcuni ebrei dalle persecuzioni naziste. Molti anni dopo uno di quei giovani - oggi grande studioso del Talmud - si ricordo' di lui e dal suo ricordo e' venuto il riconoscimento di "Giusto fra le nazioni" (1999). Oggi il novantatreenne Arturo Paoli non si e' ancora stancato di difendere i condannati a morte dalle manovre selettive dello sviluppo che nega loro i diritti fondamentali all'esistenza: i poveri argentini, i boscaioli del Venezuela, i contadini senza terra del Brasile, i tanti ammassati nelle favelas latinoamericane. Che nessi ci sono, secondo lei, fra la dimensione di giustizia e di solidarieta' all'epoca del nazismo e la dimensione di giustizia e di solidarieta' nel nostro tempo? - Eraldo Affinati: Il nazismo avrebbe dovuto alzare la soglia della nostra responsabilita' nei confronti della tecnologia, eppure cio' non e' avvenuto. L'uomo e' un essere pericoloso ma anche, al tempo stesso, capace di infondere speranza. Auschwitz, la Kolyma e Hiroshima potevano essere capolinea dello sviluppo terrestre. Oggi rischiano di restare moniti inascoltati. L'ingiustizia sociale e' diventata ancora piu' lancinante e planetaria rispetto a quanto gia' era. Tuttavia la cultura della solidarieta', nelle sue diverse forme, continua a crescere. Dobbiamo avere fiducia. Forse dico questo perche', come insegnante alla Citta' dei ragazzi di Roma, vedo ogni giorno adolescenti afgani, magrebini, slavi, africani, ognuno con storie terribili alle spalle. Eppure tutti pronti a ricrescere sempre, anche dove meno te lo aspetteresti, come erba fra le tegole dei tetti. * Assuefatti alla guerra - Francesco Comina: E' di pochi giorni la diffusione di un filmato girato dai carabinieri italiani a Nassiriya dove emerge il lato oscuro della guerra, l'annichilimento del nemico. In Iraq forse la guerra non e' mai finita, eppure sembra che oramai il conto dei morti quotidiani non produca piu' alcun effetto emotivo. Subito dopo lo scandalo di Auschwitz e l'apocalisse di Hiroshima, la guerra venne definita "flagello dell'umanita'" dalle stesse Nazioni Unite. Oggi la guerra e' diventata infinita e permanente. E' parte di noi. Cosa sta accadendo? Ci stiamo abituando alla guerra? I giovani non si scandalizzano piu' di partecipare alla macabra conta degli eccidi di Bagdad? - Eraldo Affinati: Non ci dobbiamo fare illusioni, come sapeva Primo Levi. I giovani restano colpiti dagli eventi bellici assai piu' di quel che sembra. E poi c'e' sempre qualcuno di loro che si prende sulle spalle il peso di tutti gli altri e lo fa da solo, in silenzio, in modi imperscrutabili e solenni, senza farsi vedere da nessuno. Sono i migliori. Io li cerco sempre, questi alfieri di liberta' spirituale. E li trovo. Appena li vedo, cerco di consolarli perche' so che sono destinati al massacro. * Memoria e letteratura - Francesco Comina: I suoi libri, i suoi scritti, i suoi racconti vivono di memoria, di tempo. "Siamo fatti di tempo - scrive Eduardo Galeano - siamo i suoi piedi e le sue labbra". La memoria, la storia, l'umanita', la letteratura concentrazionaria riusciranno a rispondere alla supplica degli internati che chiedono di non dimenticare mai piu' quello che e' accaduto? - Eraldo Affinati: Le radici che abbiamo alle spalle non sono soltanto nostre. Ognuno di noi e' intrecciato a filo doppio e triplo con altri. E' in questa coralita' che la vera letteratura, non solo quella concentrazionaria, acquista senso pieno. Noi dobbiamo fare in modo che Auschwitz non diventi, fra cento anni, quello che sono oggi le gigantesche statue dei moais sull'Isola di Pasqua: sculture indecifrabili e misteriose sui cui significati precisi gli studiosi ancora discutono. 6. RIFLESSIONE. MAURIZIO PASSERIN D'ENTREVES: LA TEORIA DELLA CITTADINANZA NELLA FILOSOFIA POLITICA DI HANNAH ARENDT (PARTE QUARTA E CONCLUSIVA) [Dal sito http://utenti.lycos.it/arendt1976/ riprendiamo il seguente testo, di cui li' si segnala che fu presentato come working paper n. 102 a Barcellona nel 1995 (non abbiamo avuto modo di verificare se sia - come e' ragionevole supporre - lo stesso testo apparso col medesimo titolo nella rivista "Teoria politica", 11 (2), 1995, alle pp. 83-107). Maurizio Passerin d'Entreves, acuto studioso di filosofia politica, insegna all'Universita' di Manchester ed e' autore di rilevanti saggi. Tra le opere di Maurizio Passerin d'Entreves: The Political Philosophy of Hannah Arendt, Routledge, London - New York 1994. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] 4. Cittadinanza e cultura politica Nella sezione precedente ho ricostruito la concezione della cittadinanza della Arendt attorno ai temi della "agency" politica e dell'identita' collettiva. In questa ultima parte vorrei indagare la connessione tra la concezione partecipatoria della cittadinanza della Arendt e la costituzione di una cultura politica attiva e democratica. Nel libro Sulla rivoluzione e in due saggi contenuti nella seconda edizione di Between Past and Future (74) la Arendt sostenne che la possibilita' di ripristinare la capacita' di esprimere un giudizio politico imparziale e responsabile dipendeva essenzialmente dalla creazione di spazi pubblici per la deliberazione collettiva nei quali i cittadini potevano confrontare e ampliare le loro opinioni. Come scrive la Arendt: "Le opinioni sorgono la' dove gli uomini comunicano liberamente fra loro e hanno il diritto di manifestare in pubblico le loro idee; ma queste idee nella loro infinita varieta' sembra abbiano anche bisogno di essere depurate e rappresentate... Anche se le opinioni sono formulate da individui e devono restare, per cosi' dire, di loro proprieta', nessun singolo individuo... potra' mai essere in grado di affrontare il compito di filtrare le opinioni, di passarle al setaccio di un'intelligenza che sappia separarne cio' che e' arbitrario e meramente idiosincratico, purificandole cosi' fino a farne concezioni pubbliche (75). Dove esiste uno spazio pubblico appropriato, queste opinioni possono infatti essere messe a confronto, ampliate e trasformate attraverso un processo di dibattito e discussione democratico. Il dibattito democratico e' invero essenziale per la formazione di opinioni che possano reclamare qualcosa di piu' che una validita' puramente soggettiva; gli individui possono avere opinioni personali su molte questioni rilevanti, ma possono formare opinioni "rappresentative" solo ampliando il loro punto di vista cosi' da incorporare quello degli altri. Nelle parole della Arendt: "Il pensiero politico e' rappresentativo. Io formo un'opinione esaminando una data questione da differenti punti di vista, tenendo presente i punti di vista di quelli che sono assenti; cioe', li rappresento... Piu' punti di vista delle persone tengo presenti mentre considero una data questione, e meglio riesco a immaginare come sentirei e penserei se fossi al loro posto, piu' forte sara' la mia capacita' di pensiero rappresentativo e piu' valide saranno le mie conclusioni finali, il mio giudizio" (76). La capacita' di formare opinioni valide richiede pertanto uno spazio pubblico dove gli individui possono confrontare e affinare le loro idee mediante un processo di argomentazione e dibattito pubblico. Lo stesso vale per la formazione di giudizi validi: in quanto e' "la piu' politica delle abilita' mentali dell'uomo" (77), il giudizio puo' essere esercitato e convalidato solamente in pubblico, nello scambio libero e aperto di opinioni nella sfera pubblica. Come nota la Arendt, il giudizio "non puo' agire nel pieno isolamento e nella solitudine; richiede la presenza di altri, per pensare 'al loro posto', per prenderne in considerazione le prospettive, e senza i quali e' del tutto incapace di agire. Come la logica, per essere valida, richiede la presenza del se', cosi' il giudizio, per essere valido, richiede la presenza degli altri" (78). Come nel caso dell'opinione, la validita' del giudizio dipende dalla capacita' di pensare in maniera "rappresentativa", cioe' dal punto di vista degli altri, cosi' da essere in grado di guardare il mondo da un numero di differenti prospettive. E questa capacita', a sua volta, puo' essere acquisita e convalidata solo in un contesto pubblico dove gli individui hanno l'opportunita' di scambiare le loro opinioni e di esprimere le loro differenze tramite un dibattito democratico. Come osserva la Benhabib, "Pensare dal punto di vista degli altri richiede la condivisione di una cultura pubblica che permetta a ciascuno di formulare davvero cio' che pensa e quali sono le sue prospettive. L'immaginazione morale di una persona prospera in una tale cultura dove la prospettiva autocentrata dell'individuo e' messa costantemente in discussione dalla molteplicita' e diversita' delle prospettive che circolano nella vita pubblica" (79). In questo senso, sostiene la Benhabib, lo sviluppo di un pensiero "allargato" richiede "la creazione di istituzioni e pratiche grazie alle quali la voce e la prospettiva degli altri, spesso a noi sconosciuti, puo' essere espressa in maniera autentica" (80). La creazione e lo sviluppo di una cultura pubblica della cittadinanza democratica che garantisca a ciascuno il diritto all'opinione e all'azione e' pertanto essenziale per il fiorire della capacita' di articolare e riconoscere le prospettive degli altri. * Note 74. Arendt, H.: "The Crisis in Culture" e "Truth and Politics", in Between Past and Future, op. cit., pp. 197-226 e pp. 227-264; il primo saggio e' stato tradotto in Tra passato e futuro, op. cit., pp. 215-245. 75. Arendt, H.: On Revolution, op. cit., p. 227; trad. it.: Sulla rivoluzione, op. cit., p. 262 (traduzione leggermente modificata). 76. Arendt, H.: Between Past and Future, op. cit., p. 241. 77. Arendt, H.: "Thinking and Moral Considerations", op. cit., p. 36; trad. it.: "Pensiero e riflessioni morali", in La disobbedienza civile e altri saggi, Milano, Giuffre' Editore, 1985, p. 151. Si veda anche Between Past and Future, op. cit., p. 221; trad. it.: Tra passato e futuro, op. cit., p. 240, dove la Arendt afferma che "la capacita' di giudicare [e'] un talento specificamente politico" e che "il giudizio [e'] una delle facolta' fondamentali dell'uomo in quanto essere politico, poiche' gli consente di orientarsi nella sfera pubblica, nel mondo comune". 78. Arendt, H.: Between Past and Future, op. cit., p. 220-221; trad it.: Tra passato e futuro, op. cit., p. 239 (traduzione leggermente modificata). 79. Benhabib, S.: "Judgment and the Moral Foundations of Politics in Hannah Arendt's Thought", in Situating the Self, op. cit., p. 141. 80. Ibid., p. 140. (Fine) 7. RIFLESSIONE. MARIA LAURA LANZILLO: INTRODUZIONE AL MULTICULTURALISMO [Proponiamo le pagine dell'introduzione del libro di Maria Laura Lanzillo, Il multiculturalismo, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. VII-X. Maria Laura Lanzillo insegna storia delle dottrine politiche all'Universita' di Bologna (sede di Forli'); autrice di numerosi saggi di storia del pensiero politico, e' responsabile del coordinamento redazionale di "Filosofia politica". Tra le opere di Maria Laura Lanzillo: Voltaire. La politica della tolleranza, Laterza, Roma-Bari 2000; Tolleranza, Il Mulino, Bologna 2001; (a cura di), La questione della tolleranza, Clueb, Bologna 2003; (a cura di), Tocqueville. Antologia degli scritti politici, Carocci, Roma 2004; Il multiculturalismo, Laterza, Roma-Bari 2005] Fra i termini di recente ingresso nel dibattito politico odierno quello di multiculturalismo o di societa' multiculturale e' certamente uno dei piu' discussi, dibattuti, e spesso anche abusati. A partire dagli anni Novanta del XX secolo intorno alla questione multiculturale si sono sviluppati progetti di ricerca, insegnamenti universitari, discussioni politiche anche aspre che hanno coinvolto l'opinione pubblica, e molto si e' pubblicato. Sempre pero' con una difficolta' di fondo, una sorta di incapacita' a stringere, a determinare e definire con una certa chiarezza l'oggetto a cui questo "ismo" si riferisce. In prima battuta sembra chiaro di che cosa si parla quando si dice multiculturalismo. Ovvio, multiculturalismo sta a indicare e vuole spiegare le difficolta' a cui la nostra esistenza politica (ma non solo politica) sembra sottoposta in quella che appare come un'epoca di transizione, di crisi, di sconvolgimenti (dall'agonia del sistema occidentale degli Stati al ripresentarsi sempre piu' frequente della guerra quasi come sola capacita' di risposta alle tensioni cui e' sottoposto il sistema politico; dall'insorgenza di quelle che vengono propagandate come nuove guerre civili di religione all'emergenza sempre piu' visibile della frattura fra Nord e Sud del mondo, solo per fare alcuni esempi). Ma che cosa vuol dire tutto questo e perche' il multiculturalismo dovrebbe aiutarci a comprendere cio'? Gia' provare a rispondere a questa domanda diventa piu' difficile, e allora la centralita' che il tema del multiculturalismo sta acquistando appare quale tentativo di velare, occultare (con una mossa che e' tipica della modernita') l'esaurimento della capacita' ermeneutica di alcuni dei concetti attraverso i quali era stata pensata e costruita la politica moderna. Il rischio che si annida dietro il termine multiculturalismo e' che esso riveli non una rinnovata capacita' diella politica di comprendere e dare senso al nostro reale, ma la sostanziale afasia del nostro lessico politico incapace ormai di significare efficacemente parole quali sovranita', liberta', uguaglianza, rappresentanza, diritti, cittadinanza, nazione. E piu' la crisi del nostro sistema-mondo si fa complessa, piu' la parola multiculturalismo si fa dominante nel dibattito pubblico: viviamo in societa' multiculturali, c'e' necessita' di politiche multiculturali, scoppiano guerre multiculturali... questi i refrain che continuamente sentiamo o leggiamo. Un dibattito che non resta limitato all'ambito della teoria politica, ma che investe anche le piu' recenti analisi di politiche pubbliche, quelle sociologiche e psicologiche, gli studi antropologici e quelli storici. * Entrato come termine centrale nella discussione pubblica statunitense e canadese a partire dagli anni Sessanta del XX secolo, in seguito ai movimenti e alle rivendicazioni provocate dalle cosiddette "guerre culturali" e dalla percezione della fine dell'ideologia del melting pot, oggi il dibattito pubblico e accademico non riesce a esimersi dal discutere, accapigliarsi, interrogarsi e, di fatto, rimanere intrappolato nel circolo vischioso del multiculturalismo. In particolare, al di la' dell'Atlantico, a partire dagli anni Ottanta e Novanta del XX secolo il multiculturalismo e' diventato uno dei temi centrali dell'indagine filosofico-politica sia da parte liberale sia da parte comunitaria, presentato sempre e comunque come una delle possibili soluzioni ai problemi di convivenza fra individui e cittadini che sembrano chiedere non piu', come in epoca moderna, il riconoscimento della propria uguaglianza, ma il riconoscimento della propria differenza. Tra la fine del XX secolo e l'inizio del XXI, il dibattito sul multiculturalismo ha investito anche l'ambito filosofico-politico europeo. L'Europa, alle prese con i problemi teorici e politici imposti dalla nuova ondata di migrazioni - in particolare di persone provenienti dal Sud del mondo e che appaiono diverse per colore della pelle, religione, costumi e stili di vita - ma anche attraversata dalla crisi delo Stato-nazione, recepisce quella che puo' sembrare un'ancora di salvezza lanciata dall'altra sponda dell'Atlantico, la soluzione multiculturale appunto. E tuttavia inizia a riflettere sul multiculturalismo alla luce della propria peculiare storia e dunque lo legge in modo parzialmente diverso da quello americano, interpretandolo per lo piu' come nuova rideterminazione ed elaborazione del concetto tutto europeo di tolleranza. Nonostante la differenza di approccio e il contesto storico-politico in cui il fenomeno viene analizzato - e che mostreremo piu' approfonditamente nel corso del volume -, da entrambe le sponde dell'Atlantico il multiculturalismo sembra essere, a seconda degli autori che se ne occupano, o la soluzione di tuti i problemi in cui si dibatte la politica (e la teoria politica) occidentale o, all'opposto, la causa di tutte le difficolta' che "ammorbano" il confronto politico. Ma e' solo questo che sta dietro la parola multiculturalismo? * Multiculturalismo e' solo uno slogan politico usato ormai sia da parte conservatrice sia da parte progressista per giustificare determinate scelte di politica interna e internazionale? O, invece, multiculturalismo puo' raccontarci anche un'altra storia, che affonda le proprie radici ben piu' indietro degli ultimi decenni del XX secolo, una storia che ci parla non tanto dei cosiddetti "altri" che attraversano le nostre societa', ma soprattutto di noi e del mondo che ci siamo costruiti? Le pagine che seguono si propongono di ricostruire il dibattito multiculturale attraverso alcune delle sue voci piu' importanti e di fare un po' di ordine nella congerie di multiculturalismi davanti ai quali ci troviamo, al fine di indagare il termine multiculturalismo come una sorta di cartina di tornasole delle contraddizioni insite nel preteso universalismo del progetto politico moderno. Credo che in tal senso l'indagine storico-politica sul multiculturalismo possa rivelarsi piu' produttiva, sollevandosi al di sopra delle battaglie ideologiche e propagandistiche. Attraversare alcuni dei momenti piu' significativi del dibattito teorico-politico sul multiculturalismo servira' per mettere in evidenza le contraddizioni interne alla teoria politica moderna e in particolare alla relazione di inclusione-esclusione su cui si fonda il riconoscimento politico dello status di cittadino (o, meglio, come ci ha insegnato Hannah Arendt nelle Origini del totalitarismo, di individuo). Cio' che si vuole dimostrare - questa la mia tesi - e' che invece di un nuovo modo di pensare la convivenza politica, troppo spesso dietro molte delle retoriche multiculturali si nascondono strategie conservatrici dello status quo e delle dinamiche di dominio che ne sostanziano il sistema di potere. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1173 del 12 gennaio 2006 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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