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Nonviolenza. Femminile plurale. 43
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 43
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 22 Dec 2005 13:22:39 +0100
============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Numero 43 del 22 dicembre 2005 In questo numero: 1. Anna Maria Civico: Da una lettera ad alcune persone amiche 2. Marina Forti: Irene Fernandez 3. Il 14 gennaio a Milano per uscire dal silenzio 4. Dalle donne della Campania una lettera alle giornaliste 5. Giancarla Codrignani traduce un frammento di Saffo 6. Paola Mancinelli: Franz Rosenzweig e la questione dell'essere (parte quarta e conclusiva) 7. Il paese delle donne 8. Un corso a Catania su "Cura di se' e identita' di genere" 9. Alberto Asor Rosa presenta "La ragazza del secolo scorso" di Rossana Rossanda 10. Letture: Barbara Spinelli, Il sonno della memoria 1. LETTERE. ANNA MARIA CIVICO: DA UNA LETTERA AD ALCUNE PERSONE AMICHE [Da una piu' ampia lettera di Anna Maria Civico (per contatti: lavalledelsoffio at yahoo.it) a varie persone amiche proponiamo i seguenti stralci. Anna Maria Civico (per contatti: amcivico at hotmail.com), calabrese, ha vissuto a Catanzaro, Roma, Malo (Vicenza), Venezia, attualmente vive a Terni; e' attrice, cantante, trainer di canto e di teatro; conduce laboratori di teatro nella natura, drammaturgia per un teatro ecocompatibile, laboratori di canto, laboratori di teatro; molte utili informazioni su di lei sono nel suo sito: www.mediarama.it/annamaria/ - ma queste minime informazioni non bastano certo a rendere l'incanto del suo recitare, del canto suo, della sua viva presenza: colta ricercatrice delle tradizioni popolari e sperimentatrice inesausta di forme espressive, dolce e mite la sua voce e il suo sguardo guarisce ferite, lenisce dolori, suscita riconoscimento di umanita', costruisce cosi' - respiro per respiro, parola per parola - la pace possibile e necessaria, nell'incontro infinito con l'altra e con l'altro] Cari amici vicini e lontani, vi scrivo da parte mia e per l'associazione culturale "La valle del soffio - cantiere d'arti" per formulare una richiesta di aiuto. Venite a visitarci: siamo nella frazione Lo Scoppio d'Acquasparta, in provincia di Terni,strada provinciale Spoleto-Acquasparta. Siamo un'associazione culturale fondata da artisti di teatro, musica, arti visive, scenografi. Ci piacerebbe ricevere visite soprattutto in questo periodo in cui le nostre strutture ricettive, due case private, sono state oggetto di ripetuti atti di vandalismo (scassinature dei lucchetti, manomissione delle porte, vetri rotti, ecc.)... * Lo Scoppio e' un borgo medioevale ridotto a rudere in cui nell'88 sono state acquistate e ristrutturate due case come residenze private... Negli ultimi dieci giorni sono stati rotti altri due vetri delle finestre della grande casa, sempre una del primo piano ed una addirittura al secondo. A questo punto abbiamo deciso di lasciare le finestre aperte cosi' almeno i vetri non vengono rotti, rimangono solo tre finestre incolumi. Le serrature "di sicurezza" sono inservibili, le porte non si aprono e siamo dovuti entrare da una finestra. Sulla mia casa i vandali hanno deciso di non entrare perche' io non ho serrature di sicurezza e avendo rotto i lucchetti del cancello bastava una spallata sul portoncino per entrare... * E' estremamente difficile accettare questi fatti [nella lettera si fa riferimento anche ad altri episodi di ostilita' - ndr -] come coincidenze, e' estremamente preoccupante per me come donna essere attaccata in questo modo, sento paura anche per la mia incolumita' fisica, ve lo confesso, ma la violenza sulle cose lascia una scia che arriva a colpire, in questo momento, tutta la mia chiara intenzione ad agire per la vita. Non ho mai avuto paura di recarmi in questo splendido luogo di montagna da sola, ho instaurato rapporti ottimi con tutti i residenti di zona e gli ex proprietari dei ruderi del borgo. Ottime relazioni che sono cresciute soprattutto per via della presenza delle nostre attivita' artistiche teatrali e di canto... * Mi rendo conto che ci sono cose molto piu' urgenti e per le quali la solidarieta', la comprensione e la resistenza non puo' che essere dimostrata con la presenza, e che non si puo' essere dappertutto. La presenza fisica, i corpi, mi si confermano come gli unici strumenti validi, quelli che possono arrivare dove il pensiero e la penna non arrivano - ne' i telefoni, ne' i media che falsano tutto; le relazioni umane dirette mi sembrano l'unica possibilita' per vederci chiaro nella realta' delle cose. Noi saremo spesso allo Scoppio: vi invito a venirci a trovare, specialmente chi abita in Umbria ed ha a cuore l'arte e le relazioni umane, la politica e l'etica. Magari ci facciamo una cantata, una bevuta, una chiacchierata, una ballata. Se volete vedere in anteprima il borgo visitate il sito www.mediarama.com/annamaria alle pagine Cantiere d'arti e Oikos Se volete anticipare il vostro arrivo con un sms, mandatelo al 3396125233. A presto, Anna Maria Civico, per "La valle del soffio - cantiere d'arti" 2. PROFILI. MARINA FORTI: IRENE FERNANDEZ [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 dicembre 2005. Marina Forti, giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004] "Con la privatizzazione dell'acqua, la terra, le sementi, e servizi essenziali come l'istruzione e la sanita', ormai tutto e' trasformato in merce", commentava Irene Fernandez, giorni fa, a Hong Kong, durante uno dei Forum che hanno accompagnato le proteste contro l'organizzazione mondiale del commercio - il "Tribunale delle popolazioni rurali sugli accordi del Wto in materia di agricoltura", poi un "tribunale delle donne", infine quello sulle "migrazioni forzate", ad esempio l'esodo dalle campagne provocato dal crollo delle economie locali. * Irene Fernandez e' malaysiana, ha 59 anni e ha sempre lavorato per i diritti dei lavoratori, e in particolare delle donne migranti. E' vincitrice del Right Livelihood Award 2005, noto anche come "premio Nobel alternativo", assegnato a Stoccolma: ´Per il suo eccezionale e coraggioso lavoro per fermare la violenza contro le donne e gli abusi verso lavoratori migranti e poveri", dice la motivazione. Io stessa sono "un prodotto del lavoro migrante", aveva detto Fernandez durante il suo discorso di accettazione, il 9 dicembre di fronte al parlamento svedese: "Mio padre era un lavoratore migrante dal Kerala, India. Ha lavorato nelle piantagioni di caucciu' durante la dominazione britannica in Malaysia. Conosco il dolore, l'angoscia e le discriminazioni che ha dovuto subire. Ed e' questa parte della mia storia che mi da' la passione e l'impegno per promuovere e proteggere i lavoratori e le donne migranti, sottoposti a violenza e senza diritti, dignita' e giustizia". Con il premio attribuito proprio a lei, il comitato del Right Livelihood Award da' un riconoscimento alle lotte popolari e alle questioni ambientali, ha commentato l'attivista malaysiana: "Questo premio e' un riconoscimento alle lotte delle comunita' per i diritti, e ai milioni di lavoratori migranti che soffrono ingiustizia nei paesi ospitanti in cui sono costretti a lavorare per guadagnarsi da vivere. Nella sola Asia oltre 40 milioni di persone sono in movimento, alla ricerca di lavoro o qualcosa per vivere. Sempre in Asia, ci sono 60 milioni di persone che restano affamate ogni giorno. E oltre meta' dell'umanita' vive con meno di 2 dollari al giorno". "I lavoratori migranti sono costretti a lasciare le case e i loro cari perche' non riescono a sopravvivere in paesi dove aumentano la poverta', la disoccupazione e la fame. Cosi' diventano piu' vulnerabili. E in Indonesia, Filippine, Cambogia e Sri Lanka le migrazioni sono femminili". Il lavoro migrante "e' una moderna schiavitu'", dice Fernandez, "soprattutto dove vigono norme repressive come in Malaysia e in certi paesi sviluppati". * Irene Fernandez e' direttrice di Tenaganita ("La forza delle donne"), un'organizzazione per i diritti dei lavoratori - ci sono tre milioni di lavoratori immigrati in Malaysia: una manodopera indispensabile al successo economico del paese, ma mantenuta in stato precario (l'anno scorso l'ultima espulsione di massa di irregolari, salvo poi riaprire le assunzioni dei piu' poveri e deboli dei paesi vicini). In un rapporto pubblicato nel 1995, Farnandez aveva descritto lo stato dei lavoratori migranti in Malaysia: dalla malnutrizione agli abusi fisici e sessuali, alle condizioni di lavoro durissime, all'esistenza di campi di detenzione per gli "indesiderabili", dove molti erano morti. Nel marzo del '96 era stata arrestata e incriminata di "diffondere false notizie". Il processo si e' trascinato fino al 2003, quando e' stata condannata a un anno di detenzione; ora e' in attesa di appello. "Il governo nega l'esistenza della questione dei lavoratori immigrati", commenta Fernandez. Il premio ricevuto a Stoccolma ha dato notorieta' alla sua causa, che lei insiste a collegare alle questioni del lavoro e dell'agricoltura. "Le donne che vivono in ambito rurale subiscono in modo drastico gli effetti della privatizzazione delle risorse come l'acqua, la terra, le sementi. Piu' queste sono privatizzate, piu' soffrono le economie agricole locali, il reddito delle donne crolla e loro sono costrette a cercare altri modi per vivere". E' di questo che parlava Fernandez a Hong Kong, in occasione del recente vertice del Wto. 3. INIZIATIVE. IL 14 GENNAIO A MILANO PER USCIRE DAL SILENZIO [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip) riprendiamo e diffondiamo. Tutte le informazioni utili sull'iniziativa del 14 gennaio a Milano sono disponibili nel sito www.usciamodalsilenzio.org] Dopo l'assemblea del 29 novembre a Milano, "Usciamo dal silenzio" e' ormai una realta' in tutta Italia, numerose sono state infatti le assemble ed iniziative che dal nord al sud del Paese hanno coinvolto tantissime donne. L'invito rivolto alle donne e agli uomini di altre citta' ad organizzare, per la giornata del 18 dicembre e dintorni, assemblee analoghe a quella tenuta a Milano in quella data in preparazione della manifestazione nazionale del 14 gennaio a Milano per la liberta' delle donne, premessa e compagna della liberta' di tutti, per l'autodeterminazione e la difesa della 194, ha raccolto molte adesioni, e le risposte non hanno tardato ad arrivare. Riportiamo di seguito l'elenco degli incontri che si sono gia' tenuti in tutta Italia: a Palermo il 12 dicembre, a Bergamo il 13 dicembre, a Vigevano il 15 dicembre, a Milano il 15 dicembre, a Venezia il 16 dicembre, a Mestre il 16 dicembre Pacinotti, a Ferrara il 17 dicembre, a Genova il 17 dicembre, a Genova il 18 dicembre, a Milano il 18 dicembre, a Bologna il 18 dicembre, a Roma il 18 dicembre, a Firenze il 18 dicembre, a L'Aquila il 18 dicembre, a Ravenna il 19 dicembre, a Varese il 19 dicembre, a Mantova il 20 dicembre, a Pistoia il 20 dicembre, a Torino il 20 dicembre. * A Milano, sabato 14 gennaio 2006, alle ore 14, si terra' la manifestazione nazionale. La rete di comunicazione e' il sito www.usciamodalsilenzio.org, attraverso il quale si sta realizzando uno scambio continuo di opinioni: sono gia' oltre mille le adesioni individuali e collettive alla manifestazione del 14 gennaio e, dal 29 novembre, sono state visitate quasi 8.000 pagine, con una media di 600 pagine al giorno, 1.286 sono le iscrizioni alla mailing list e 188 i commenti ricevuti. Per informazioni, il numero di servizio per l'organizzazione della manifestazione, che entrera' in funzione a partire da domani, e': 3358778529. 4. APPELLI. DALLE DONNE DELLA CAMPANIA UNA LETTERA ALLE GIORNALISTE [Da Stefania Cantatore (per contatti: stefi49 at libero.it o anche udinapoli at libero.it) riceviamo e diffondiamo la seguente lettera aperta alle giornaliste diffusa dal "Cartello per l'autodeterminazione delle donne della Campania". Stefania Cantatore, impegnata nel movimento delle donne e promotrice di molte iniziative per la pace e i diritti umani, e' una delle animatrici dell'Udi (Unione donne italiane) di Napoli] Si e' conclusa da poche ore l'assemblea del Cartello per l'autodeterminazione delle donne della Campania, con la presenza nutrita e finalmente non solo nominale delle sigle che lo compongono e con tante donne singole e collettivi che hanno sentito il bisogno di richiamarsi alla parola d'ordine "Usciamo dal silenzio". Un bisogno che in questi giorni richiama donne in tante e differenti realta' del Paese a riappropriarsi di uno scontro, quello sulle questioni del corpo femminile. In molti, nei partiti e nelle istituzioni, sembrano convinti che questo scontro, dato che di questo apparentemente si tratta, debba rimanere nelle sedi dell'esercizio della dialettica parlamentare e dei tavoli di bioetica. Che le donne uscissero dal silenzio non era nei programmi, sebbene da piu' parti in questi anni si fosse lamentata l'assenza di una forte reattivita' del movimento femminista. Non c'e' nulla di stupefacente nel fatto che la debole politica del 2005 cerchi di ignorare ed ostacolare la riaggregazione di un movimento per l'autodeterminazione, nel quale cominciano a riconoscersi anche uomini. E' semplicemente inaccettabile, ma non stupefacente. Ugualmente inaccettabile e non stupefacente e' che la stampa del 2005 sia ancora ancorata a costruire la notizia "sul padrone che morde il cane". Le donne che prendono parola su se stesse e sul loro vivere e dare la vita, tutti dicevano di aspettarle, ivi inclusi opinion-makers ansiosi di rinnovamento della politica, ma nessuno sembra volerle riconoscere. Il 14 gennaio a Milano ci sara' la manifestazione nazionale per l'autodeterminazione ed in molte citta' ci sono coordinamenti per l'apertura di vertenze sulla pillola abortiva, sugli eccessi della maternita' medicalizzata, e la salvaguardia dei consultori... Una stampa che non registra e divulga la novita' politica di questo movimento (che rappresenta oggi una vera opposizione alla restaurazione di un sistema di ordinarie oppressioni e di riduzione delle liberta' personali), e' certamente latitante nella promozione delle coscienze. Da sempre nelle battaglie politiche, le donne hanno faticosamente cercato relazioni con la stampa (per quanto impenetrabilmente maschilista), ed hanno trovato la solidarieta' e la condivisione laddove c'erano altre donne, il cui ruolo e' stato fondamentale. Nella stampa di oggi sempre piu' condizionata dai poteri forti, da interessi di mercato e localistici, si richiede a quelle donne, ormai piu' numerose, uno sforzo piu' grande: contrastare la nuova barbarie. Noi le aspettiamo e speriamo che anche loro aspettassero noi. Il cartello per l'autodeterminazione delle donne della Campania 5. POESIA E VERITA': GIANCARLA CODRIGNANI TRADUCE UN FRAMMENTO DI SAFFO [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per questo saggio di traduzione di Saffo, "da grecista che re-interpreta i classici sottolineando, quando si tratta di donne, il carattere della 'differenza'". Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994] Ci sono uomini che dicono che la cosa piu' bella e' un esercito di fanti, o uno squadrone di cavalleria, o una flotta di navi. Io, una donna, dico che la cosa piu' bella e' cio' che uno ama. 6. RIFLESSIONE. PAOLA MANCINELLI: FRANZ ROSENZWEIG E LA QUESTIONE DELL'ESSERE (PARTE QUARTA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo Paola Mancinelli (mancinellipaola at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente saggio su "Rosenzweig e la questione dell'essere: pensare l'inizio in una terra altra" che anticipa alcuni temi del suo volume di prossima pubblicazione su Rivelazione e linguaggio. Ripensare l'essere con Franz Rosenzweig. Paola Mancinelli, nata ad Osimo (An) il 28 giugno 1963, dottore di ricerca in filosofia teoretica e docente di scuola superiore, saggista e poetessa, si e' occupata tra l'altro del rapporto fra mistica e filosofia e la violenza del sacro in Rene' Girard, del pensiero di Rosenzweig e dell'influenza dell'ebraismo nel rinnovamento dell'ontologia; collabora alle riviste "Filosofia e teologia" e "Quaderni di scienze religiose" ed alla rivista telematica di filosofia "Dialeghestai". Fra le opere di Paola Mancinelli: Vibrazioni, Pentarco, Torino 1985; Come memoria di latente nascita, Edizioni del Leone, Venezia, 1989; Oltre Babele, Edizioni del Leone, Venezia, 1991; Cristianesimo senza sacrificio. Filosofia e teologia in Rene' Girard, Cittadella, Assisi 2001; Homo revelatus, homo absconditus, di alcune tracce kierkegaardiane in Rene' Girard, in AA. VV., "Nota Bene, Quaderni di studi kierkegaardiani", Citta' Nuova, Roma 2002; La metafisica del silenzio, Stamperia dell'Arancio, Grottammare, 2003; Rivelazione e linguaggio. Ripensare l'essere con Franz Rosenzweig (di prossima pubblicazione). Franz Rosenzweig, filosofo illustre, nato a Kassel nel 1886, muore nel 1929 a Francoforte; con Martin Buber ha realizzato la traduzione tedesca della Bibbia ebraica. Opere di Franz Rosenzweig: Hegel e lo stato (1920), Il Mulino, Bologna 1976; La stella della redenzione (1921), Marietti, Casale Monferrato 1981 (il suo capolavoro, come e' noto); Il nuovo pensiero (1925), Arsenale, Venezia 1983. Opere su Franz Rosenzweig: segnaliamo almeno i saggi di Scholem, Levinas, Cacciari; un'agile sintesi introduttiva (con una perspicua bibliografia) e' quella di Giovanni Fornero nella Storia della filosofia fondata da Nicola Abbagnano, IV volume, secondo tomo, Utet, Torino 1994, poi vol. IX, Tea, Milano 1996 (ivi alle pp. 3-19)] Conclusione "Io credo nella missione dello scrittore. La riceve dal verbo che gli trasmette la sua sofferenza e la sua speranza. Interroga le parole che lo interrogano, accompagna le parole che lo accompagnano. L'iniziativa e' comune e quasi spontanea. Servendo le parole - servendosene - da' un senso profondo alla sua vita e alla loro, da cui essa e' scaturita" (E. Jabes, Le livre des Questions, Editions Gallimard, Paris 1963, trad. it. di C. Rebellato, Il libro delle interrogazioni, Marietti, Genova 1985). Rosenzweig ha certamente anticipato istanze della riflessione filosofica contemporanea: il debito che questa contrae verso il nuovo pensiero e' indubbio; basti pensare alla comprensione del tempo come accadimento dell'essere e come farsi del linguaggio nell'orizzonte di un evento rivelativo. La stessa esigenza rosenzweighiana di voler tradurre ins Leben, e percio' al centro dell'irripetibile singolarita' dell'uomo, i problemi filosofici, ci sembra possa connettersi in modo inequivocabile a quella ermeneutica della fatticita' di heideggeriana memoria entro cui la riflessione sull'essere si intreccia alla fenomenologia, facendo dell'esser-ci il termine della comprensione in quanto Grundstimmung dell'uomo nel suo commercio con il mondo. Certamente, pero', il tributo piu' importante che il filosofo di Kassel ha dato alla filosofia contemporanea e' quello del recupero di un'istanza linguistica e dialogica che ne dice la portata rivelativa, quasi si trattasse di un'ontofania, salvando la distanza fra essere e pensiero, che si era andata via via cancellando nel paradigma della tradizione dalla Jonia a Jena, e demistificando la tentazione autofondativa della filosofia stessa, tanto da anticipare la critica levinassiana alla medesimezza. Da ultimo, ma questa non e' certo cosa trascurabile, Rosenzweig ha gettato le basi per una sfida filosofica ancor oggi non del tutto colta: quella di pensare ebraicamente, che e' - a nostro avviso - anche quella di attraversare la filosofia per ripensarne l'altro inizio. L'esergo tratto da Jabes circa la missione dello scrittore, sintetizza molto bene, in questo senso, il singolarissimo rapporto filosofico di Rosenzweig con la Parola nella dialettica di Wort-Antwort, che rimanda alla centralita' della Rivelazione, sottende il carattere di memoria ed anticipazione, di comandamento che rende proletticamente vicino il Regno, e di invocazione perche' questo venga. Fenomeno insieme temporale e relazionale, la parola e' termine dell'erfahrende Philosophie, e dunque di quell'accadimento che interrompe l'identita' chiusa dell'io convocandola all'agire responsabile, come evento del comandamento realizzato dell'amore; ma essa e' anche il Fatto compiuto (Dabar), che - dall'iniziale paganesimo delle forme plastiche - lascia essere la creazione come un primordiale rivelarsi di Dio. Servirsi della parola diviene dunque un servire la Parola, quasi ermeneutica di una rivelazione che accade in modo kairologico e che istituisce lo spazio di una nuova correlazione fra gli elementi del reale. Essa scandisce altresi' il passaggio da una totalita' monologica, ottenuta per deduzione, alla redenzione, intesa come dono dell'evento accaduto, in virtu' del quale, certo, Dio sara' tutto in tutti, ma non senza la necessita' della relazione fra gli uomini, fra l'uomo e il mondo, non senza quindi il differire dialogico che preserva la distanza originaria fra Dio e mondo, dicendone ad un tempo la prossimita'. Nella tensione dialettica fra Scrittura e Parola si situa e si istituisce l'orizzonte di senso in cui trovano traduzione incessante il pensiero e la vita. I problemi umani e quelli teologici, inoltre, si connettono, in modo che la comprensione dell'essere si faccia essenzialmente "logon didonai" e si commisuri alla testimonianza, come sempre nuovo esser parlato del Libro, secondo la stessa tradizione talmudica. Dunque la riscoperta della grammatica come istanza teoretica si declina nel caso di Rosenzweig in un'ermeneutica narrativa ante litteram, grazie alla quale la realta' viene dischiusa in quanto mondo nuovo. Narrare e' rendere conto di com'e' andata, ma sottende anche la possibilita' di rifare il mondo, rinnovandolo nell'accadere del reale. Questa capacita' del linguaggio risulta tanto piu' fondamentale, quanto piu' il linguaggio e' di per se' necessariamente relazionale, e si esplica come il novum che accade tra me e l'altro. Tuttavia, tale novum conduce il pensiero ad un'interpretazione della realta' a partire da un evento accaduto, quello della rivelazione biblica, conferendogli cosi' un carattere essenzialmente linguistico, sotteso fra il riconoscimento di tale presupposto originario che acquisisce la forma del racconto e l'impegno all'inveramento della sua verita', sia nell'accadere dialogico con l'altro, sia nell'invocazione comunitaria e liturgica. In questo senso, la realta' si istituisce nello spazio della Parola ed i pronomi personali, egli, io, tu, noi, declinano non solo il soggetto d'imputazione dell'azione, quanto anche la linguisticita' dell'esperienza del reale, tale che si puo' certamente asserire, anche nel caso di Rosenzweig, che chi ha linguaggio ha mondo. Non solo; il mondo che sorge dal e nel linguaggio, in ultima analisi dalla rivelazione, e' riempito di anima ed idoneo, in virtu' della relazione etica propria dell'uomo e istituita sulla base dell'originario rivelarsi dell'amore come comandamento, ad essere soggetto della redenzione. Il pensiero grammaticale assume una portata certamente gnoseologica, tanto e' vero che puo' connettersi a quell'istanza empirica di una verita' vissuta (erlebt) e percio' stesso da inverare nella parola cor-risposta e nella testimonianza comunitaria a favore di un'escatologia realizzata. La struttura filosofica del pensiero di Rosenzweig assume, allora, una chiarezza sempre maggiore, rendendo ragione di come egli intendesse fare un sistema, secondo la dichiarazione esplicita contenuta nello Stern, ma certamente un sistema non totalitario. La ragione di cio' sta per l'appunto nella connessione fra il declinarsi del tempo e del linguaggio come orizzonte di quella che abbiamo chiamato riproposizione della questione dell'essere. Il tempo e' lo sfondo vitale entro cui l'uomo si comprende come creatura e si orienta nel mondo. Dato nell'evento indisponibile della rivelazione, il tempo e' lo stesso accadere del linguaggio come relazione con l'altro. E' nella dimensione della temporalita' che il dialogo del presente storico (l'io-tu dell'uomo con il suo prossimo) invera il presupposto del passato della creazione (l'uscita di Dio dalla sua essenza oscura come primo inizio della Parola) e lo connota in un'apertura al futuro escatologico della Redenzione. Quest'ultima e' peraltro gia' presente nello shabbat storico che rappresenta, da un lato, la soglia della promessa messianica, ma contrassegna, dall'altro, la discontinuita' dello scorrere cronologico, che indica l'essere altrimenti dell'eschaton. In questo senso, ci sembra importante evidenziare la linguisticita' del tempo, il suo attestarsi sui tre verbi dell'erkennen, erleben, erbeten, che interrompono il paradigma della semplice presenza, anticipando in tal senso la tematica heideggeriana delle tre estasi temporali. Proprio su questa base, dunque, e' possibile - a nostro avviso - lo snodarsi di un nuovo percorso teoretico che riformuli ex novo il pensiero dell'essere, in sintonia con il pensiero biblico. Come ben osserva Bernhard Casper, cui piu' volte abbiamo fatto ricorso per questo tema: "Questa comprensione trascendentale della realta' quale storia aperta dell'essere che accade - certo nello schiudersi delle cose - tra gli uomini e a essi stessi e' molto piu' prossima alla comprensione biblica della realta' che non una comprensione non storica, chiusa, onto-teologica, e quindi metafisica. L'essere, che per Rosenzweig nel suo accadere, nel suo farsi evento si porta alla luce di un futuro aperto, appare come quell'essere in cui e' in gioco non solo la correttezza ma la 'comprova della verita'..." (42). La temporalita' sottende una comprensione storica dell'essere in quanto evento che accade tra me e l'altro; proprio per questo motivo tale accadere si attesta come futuro aperto, ma anche come condizione di inveramento della verita'. La relazione tra me e l'altro sottende tuttavia una storicita' di tipo diacronico, in virtu' della quale si da' lo stesso carattere storico della rivelazione. In ogni caso, questo e' possibile grazie al suo carattere linguistico. L'essere come linguaggio declinato nei tre tempi e' a un tempo l'essere della rivelazione, e l'essere per la rivelazione. Proprio su questo orizzonte esso pone le basi per una diversa comprensione della verita'. Essa si dona nella rivelazione divina, ma necessita di una testimonianza umana nella storia, capace di anticipare, in una sorta di analogia temporum, il contenuto escatologico della redenzione. Se Heidegger proponeva l'attraversamento-superamento della metafisica, potremo certamente mettere in evidenza come anche Rosenzweig elabori nel suo Neues Denken un percorso post-metafisico, forse non ancora del tutto scoperto e valutato, riportando al centro della riflessione filosofica il retaggio dell'ebraismo e della rivelazione biblica come possibilita' di un pensiero altro in cui convergano, in una singolare posizione dialogica, filosofia e teologia, tale che la seconda funga da limite-confine critico rispetto alle pretese totalitarie della prima. Avendo presente tale orizzonte dialogico e' necessario chiedersi quale pensiero dell'essere possa emergere e se sia lecito parlare di ontologia nell'ebraismo. Fermo restando che l'uso del termine ontologia non puo' venire impiegato in riferimento alla tradizione ebraica, crediamo comunque che la questione dell'essere possa risultare in modo del tutto singolare e pregnante come termine di confronto fra due tradizioni. La tradizione ebraica puo', infatti, interrompere quella sorta di totalita' finita dell'ontologia che si declina nel paradigma egologico e che si esplica come assoggettamento dell'altro (43). Ci sembra, in ogni caso, che lo stesso versante ermeneutico della filosofia che si attesta sulle coordinate di storicita' e linguisticita' entro cui pensare da un lato un'ontologia dell'evento, dall'altro la possibilita' di una dimensione acroamatica della riflessione ontologica, possa nutrire e sostenere tale comparazione. Serbando l'altro nella sua alterita' essa ne dice altresi' la capacita' di relazione, ma anche la differenza, cosi' lo sottrae dalle spire di un Tutto quale fondamento immutabile come lo vuole l'antico pensiero. Imperniato sull'esperienza fondamentale della creaturalita', in cui accade la rivelazione come evento prolettico della redenzione e come memoria inverata della creazione, il pensiero di Rosenzweig si attesta su un Tutto relazionale, che non si offre alla vista contemplativa come eidos, ma si dona nell'inveramento di una Verita' che parla il linguaggio del comandamento dell'amore e che, come tale, lo presuppone. L'essere non puo', da tale punto di vista, che comprendersi sullo sfondo di questo dono ove e' rimessa in discussione ogni necessita' immutabile. Per questo stesso motivo la tradizione biblica diviene la terra dell'altro inizio da cui, piu' o meno consapevolmente, e' fiorito il pensiero dell'essere come evento, ed anche, piu' profondamente, il pensiero della parola. In tal senso anche il linguaggio della rivelazione rosenzweighiano e' un essere altrimenti; in effetti, esso sottende il primato della parola sull'essente, e fa di essa lo spazio di un'etica che nella liberta' del comandamento apre un orizzonte di senso sempre nuovo, ma anche lo spazio di un'invocazione in cui l'alterita' si fa presente ed istituisce, per l'efficacia performativa del linguaggio, il novum dell'evento che il pensiero puo' pensare nella gratitudine, testimoniandolo nell'impegno etico. Se dunque e' qui che si gioca la portata ontologica del linguaggio, ovvero la possibilita' di relazione con il prossimo sancita dal comandamento e sempre rinviante al principio di ogni dialogia, ci sembra che il retaggio di Rosenzweig assuma una notevole attualita': quella di istituire la rivelazione in quanto traccia e sentiero dell'essere che si lascia pensare ad un tempo come dono e interrogazione di senso; un'ontologia, potremmo dire, in cui, secondo Rosenzweig, sia respinta per l'ultima volta la bestemmia filosofica (44) secondo la quale noi troviamo la verita', quanto invece e' nella verita' che troviamo noi stessi. Ma se coniughiamo verita' e dono di senso nel paradigma della Rivelazione, non puo' che aprirsi alla riflessione filosofica la sua altra radice, quella biblica. Forse e' proprio in questo pensare la Bibbia che si gioca la possibilita' di un rinnovarsi del linguaggio filosofico, nel senso di un autentico pensiero della parola. * Note 42. Casper, La sfida di Franz Rosenzweig..., in "Filosofia e Teologia" cit., p. 249. Rimandiamo in ogni modo all'intero numero della rivista, dal titolo Franz Rosenzweig, pensare ebraicamente, per una piu' ampia comprensione dell'incidenza rosenzweighiana sul pensiero filosofico contemporaneo. 43. Cfr. U. Perone, Metafisica e violenza, in AA. VV., Pensare l'essere. Percorsi di una nuova razionalita', a cura di V. Melchiorre, Marietti, Genova 1989, p. 109. 44. Rosenzweig, SR, 436, 420. (Parte quarta - fine) 7. ESPERIENZE. IL PAESE DELLE DONNE [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip) riprendiamo la seguente scheda di autopresentazione] L'associazione "Il paese delle donne" e' nata nel 1987 ed e' cresciuta assieme alla Casa internazionale delle donne dove ha sede la redazione. Da sempre ha lavorato sull'informazione, la scrittura e la comunicazione tra donne. Alla pubblicazione de "Il foglio del paese delle donne" lavorano come direttora responsabile Marina Pivetta, come amministratrice Franca Fraboni, come coordinatrice editoriale Giovanna Romualdi, come grafica dell'edizione cartacea Sofia Quaroni, come webmistress e responsabile del sito telematico Cristina Papa, come presidente dell'associazione e responsabile del premio letterario Maria Paola Fiorensoli, insieme a tutte le altre della redazione. * La nostra storia L'associazione per l'informazione "Il paese delle donne" e' un'associazione culturale senza fini di lucro, nata nel 1985 come gruppo redazionale delle pagine di informazione al femminile all'interno del quotidiano romano "Paese sera". Successivamente, nel 1987 l'associazione ha voluto proseguire quell'impegno editando direttamente "Il foglio del paese delle donne". Il giornale cartaceo ha attualmente periodicita' quindicinale, e, dal 1995, ha un supplemento telematico "Il paese delle donne - on line". Dal 2000, promuove un premio di scrittura femminile dedicato a Maria Teresa Guerriero (Maite'), un'artista che e' stata anche redattrice del nostro giornale. Nel tempo "Il paese delle donne" ha realizzato numerose trasmissioni per emittenti radiotelevisive nazionali e locali. * La redazione La redazione di Roma ha sede presso la Casa Internazionale delle donne, in via della Lungara 19 (ingresso da Via della Penitenza 37/b), ed e' composta da Manuela Algeri, Camilla Cascino, Maria Paola Fiorensoli, Olivia Fiorilli, Franca Fraboni, Marta Marsili, Patrizia Melluso, Cristina Papa, Anna Picciolini, Marina Pivetta, Giovanna Romualdi, Sofia Quaroni, Maria Russo, Ines Valanzuolo. Collaborano tra le altre: Patrizia Arnaboldi, Camilla Briganti, Lidia Campagnano, Maria Grazia Campari, Nadia Cervone, Lidia Cirillo, Giancarla Codrignani, Simona Davoli, Nadia De Mond, Alessandra Giannasi, Nella Ginatempo, Marcella Mariani, Alessandra Mecozzi, Lea Melandri, Lidia Menapace, Luisa Morgantini, Maria Grazia Rossilli, Sara Sesti, Monica Soldano. La redazione si riunisce tutti i martedi' alle ore 17,30, tutte le lettrici sono le benvenute. * Per sostienere il nostro lavoro Le spese relative alle edizioni cartacea e telematica de "Il paese delle donne" sono finanziate esclusivamente attraverso le sottoscrizioni che provengono dalla rete di lettrici e lettori. Si puo' sottoscrivi sul c/c n. 69515005 intestato ad "Associazione Il paese delle donne". Abbonamento per 12 mesi all'edizione telematica: 21 euro; abbonamento per 12 mesi all'edizione cartacea: 42 euro; per associazioni e istituzioni: 83 euro. L'associazione pubblica inoltre inserti, numeri speciali e quaderni per altre associazioni di donne (per richiedere un preventivo inviate una mail a quaroni at tin.it). 8. INCONTRI. UN CORSO A CATANIA SU "CURA DI SE' E IDENTITA' DI GENERE" [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip) riprendiamo la seguente notizia] L'Istituto tecnico industriale statale "S. Cannizzaro" di Catania promuove, per l'anno scolastico 2005-2006, il corso di formazione sulle pari opportunita' di genere "Cura di se' e identita' di genere" cofinanziato dall'Fse e dall'Fdr del Ministero dell'Istruzione nell'ambito del Programma operativo nazionale n. 1999. Il corso (misura 7.1.b "Formazione in servizio sulle pari opportunita' di genere") e' rivolto a 15 docenti, e' gratuito, ha la durata di 50 ore e ha avuto inizio il 21 dicembre 2005. Si propone i seguenti obiettivi: - aensibilizzare alle tematiche delle pari opportunita' di genere per superare la diffusa neutralita' del mondo della scuola; - saper ascoltare ed interagire con la differenza di genere rispetto alle modalita' di apprendimento, alle forme di comunicazione, ai rapporti relazionali; - saper progettare percorsi didattici attenti al genere in tutte le fasi di un processo educativo; - saper cogliere e valorizzare nel linguaggio delle alunne e degli alunni elementi significativi di differenziazione di genere; - saper osservare la differenza di genere negli atteggiamenti rispetto ai saperi e nel rapporto con essi; - saper orientare alla specificita' di genere e all'autostima, quindi a scelte scolastiche e formative che, non condizionate da stereotipi di ruolo, favoriscano l'inserimento consapevole nella vita attiva e nel mondo del lavoro. * Programma del corso: Prima fase - Un percorso psicologico sulla cura di se e sulla percezione della differenza tra maschile e femminile dall'infanzia all'adolescenza, a cura di Simone Klein. Seconda fase - Un percorso cinematografico sulla differenza di genere e sulla costruzione dell'identita', a cura di Roberto Figazzolo. Terza fase - Un percorso storico sulla differenza e l'identita' di genere, a cura di Pina La Villa. 9. LIBRI. ALBERTO ASOR ROSA PRESENTA "LA RAGAZZA DEL SECOLO SCORSO" DI ROSSANA ROSSANDA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 25 novembre 2005. Alberto Asor Rosa (Roma, 1933) e' uno dei piu' noti intellettuali italiani viventi, docente di letteratura italiana all'Universita di Roma "La Sapienza", saggista di forte impegno civile; come storico e critico della letteratura ha pubblicato numerose monografie, ha diretto la Letteratura italiana Einaudi, ha pubblicato una Storia della letteratura italiana piu' volte ristampata. Tra le molte opere di Alberto Asor Rosa qui segnaliamo particolarmente: Scrittori e popolo, Savelli, Roma 1965, poi Einaudi, Torino 1988; Le due societa', Einaudi, Torino 1977; L'ultimo paradosso, Einaudi, Torino 1985; Fuori dall'Occidente, Einaudi, Torino1992; La sinistra alla prova, Einaudi, Torino1996; La guerra, Einaudi, Torino 2002. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari 1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] Dalla copertina del libro che ho appena finito di leggere (La ragazza del secolo scorso, Einaudi, pp. 389, euro 18), una bella, anzi bellissima signora dai capelli tutti bianchi mi guarda con aria malinconica e un po' perplessa. Mi guarda? No, guarda un po' di lato qualcosa che sta appena fuori della cornice della foto: alla sua sinistra, si direbbe. E' "la ragazza del secolo scorso", Rossana Rossanda, diventata la signora di oggi - e di ieri. Delle sue memorie - poiche' di questo si tratta - si potrebbe dire sbrigativamente (penso che molti lo faranno) che sono la storia di una grande signora che e' stata una grande comunista (o anche viceversa, non importa). Qualcosa di vero c'e' in ambedue le definizioni, e anche nel loro accostamento. Ma a me pare che la questione sia piu' complessa e che l'immagine che Rossanda proponga di se' sia piu' problematica e persino piu' dolorosa: la storia di una vocazione politica destinata ad un fallimento pressoche' totale ("nessuna delle mie idee aveva funzionato, troppo presto o troppo tardi che fosse"), e che tuttavia non smette di sentirsi intimamente, cocciutamente, esemplare ("c'e' una punta di vero in quel che le mie amiche chiamano, dandomi grandissimo fastidio, delirio di onnipotenza, come se fra senso di colpa per non fare abbastanza contro un mondo inaccettabile e volonta' di dominarlo il margine fosse sottilissimo"). Ma vediamo. * I ricordi iniziano con la nascita a Pola, da poco ricongiunta all'Italia, negli anni Venti del secolo scorso, e si chiudono con la vicenda della radiazione, sua e di altri, dal Pci nell'autunno 1969, per aver osato fondare il Manifesto (su questo non casuale troncamento della narrazione tornero' piu' avanti). Il racconto corre sempre (sottolineerei l'avverbio) lungo tre contemporanei e paralleli piani di sequenza: sullo sfondo c'e' l'Italia che cambia, con le sue complessita', anomalie e debolezze (un paese, pensa e dice piu' volte Rossanda, cui sono congeniti il "lasciar perdere" e il "rinviare", non meno tra i progressisti che tra i conservatori); in primo piano, la storia pubblica della protagonista, la sua militanza, i suoi atti politici, le sue scelte di schieramento; in mezzo, la sua storia segreta (interiore, intendo, non privata), il suo mutare nel tempo, la sua "educazione sentimentale" (come recita lo strillo editoriale sull'ultima di copertina) ovvero, come io preferirei definirlo, il lato umano delle cose. I tre piani di sequenza, ripeto, ci sono sempre ma distribuiti nel racconto con un diverso equilibrio fra loro. E' ovvio che nella prima parte, l'infanzia e l'adolescenza, prevalga quello di mezzo; verso la fine, quando la protagonista entra a far parte del gruppo dirigente centrale del Partito, s'imponga piu' decisamente il primo. Di grande intensita' anche emotiva le pagine sull'Italia della grande guerra e sulla Lombardia, povera, industriosa e operaia degli anni della ricostruzione. Pare a me che un libro cosi' non si legga principalmente per sapere come sono andate le cose e perche'. Da questo punto di vista, le domande che Rossanda racconta di aver ricevuto qua e la' nel corso della sua vita ("perche' hai fatto questo?", "perche' non l'hai fatto?", "perche' lo hai fatto troppo tardi?") non solo non ricevono risposta, ma potrebbero anche aumentare di numero (ognuno di noi avrebbe da fargliene almeno una). Il libro di Rossanda e' profondamente critico e problematico, e in taluni punti perfino impietoso (si leggano le pagine sulla sublime correttezza di Pietro Ingrao, la quale ad una lettura piu' politica potrebbe apparire irresolutezza e ingenuita'), ma assolutamente, radicalmente antirevisionistico. A se' e ai suoi, alla sua "parte", insomma, Rossanda nulla risparmia, ma nulla concede all'avversario, a colui che sta dall'altra parte, al (mi verrebbe voglia di scrivere) "nemico di classe". Fra questi due estremi - l'autocritica severa e al medesimo tempo l'autodifesa appassionata di una vocazione politica che coincide irrevocabilmente con una scelta di vita - si muove l'occhio attento, scrutatore perplesso e malinconico di questa protagonista, che aveva tutte le condizioni per fare tante altre cose piu' piacevoli e meno fastidiose e ha scelto di fare questa, difficile, esaltante, spiacevole e... ingrata, e ancora oggi non se n'e' pentita. * Sorprende (ma non tanto) che nel libro ci sia una descrizione assai limitata delle "giustificazioni ideologiche" della scelta comunista. Si', s'intuisce, si sa, quale tipo di marxismo la Rossanda abbia frequentato e amato. Ma quel che lei vuole raccontarci non e' come e perche' lei abbia imparato a "pensare comunista": quel che lei vuole raccontarci e' perche' lei ha "vissuto comunista", e percio' e' entrata in quel partito, ci ha lavorato dentro, ne e' diventata dirigente e ha cercato, sia pure vanamente, di cambiarlo. Insomma, la "serieta' comunista", il sogno condiviso, la molteplicita' dei destini che, grazie a quel contenitore, fra errori, ritardi, deformazioni, pure s'incontravano e si fondevano. Non, dunque - almeno non in primo luogo, - il partito delle segreterie federali o di Botteghe Oscure, ma quello dei "seminterrati" e delle sezioni di strada, il partito di "quelli che passavano di reparto in reparto o di casa in casa, a fine lavoro, a raccogliere i bollini del tesseramento" e che, cosi' semplicemente facendo, "configuravano una societa' altra dentro a questa". Il partito di massa, l'identita' collettiva, che a lungo andare (pensava, insieme a tanti altri Rossanda) avrebbe cambiato l'intollerabile stato di cose esistente, senza irragionevoli rotture rivoluzionarie, ma anche senza cedimenti opportunistici e sbandate verso la sfera seducente e onnivora del potere. Forse e' per questo (e spero di non dirle cosa sgradita) che il ritratto del dirigente comunista piu' pacificato e accettabile, piu' risolto anche di fronte alle sue enormi contraddizioni e al suo pesante passato, e' proprio quello di Palmiro Togliatti, "cortese, conversevole e lontano, con voce uguale e sorriso breve, lo sguardo acuto", una sorta di padre saggio e accorto, poco incline alla benevolenza, ma almeno assai attento: "Quanto lo avrei criticato negli anni '70 lo rivaluto oggi, una volta accettato che il suo obiettivo non fu di rovesciare lo stato di cose esistenti, ma di garantire la legittimita' del conflitto". La legittimita' del conflitto e... e, naturalmente, direbbe Rossanda, la sua traduzione in linea politica in una direzione di marcia che, rinnovandosi, mantenesse viva la sintonia, che pure c'era stata (anni 1943-1956) fra Pci e sistema Italia. Ecco perche' la storia - anzi, in questo caso, la Storia -, qui finisce con gli anni Sessanta: e non solo perche' con la radiazione la vicenda di Rossanda nel Partito si esaurisce; ma soprattutto perche' negli anni '60, in presenza di una ribellione studentesca straordinaria e di un imponente movimento di massa operaio, il Pci rinuncio' (e fu per sempre) a tessere la tela che aveva cominciato: "Sono quegli anni che spiegano l'oggi. Non era semplice, ma non fu tentato nulla, pensato nulla, neanche un passo avanti in quell'ambito keynesiano dove pure Pci e Cgil erano cresciuti e che sarebbe stato anch'esso travolto". Fino allo sfacelo di oggi. * In un quadro cosi' complesso Rossanda non si sottrae neanche all'arduo problema sul cosa, in politica, abbia significato per lei essere donna. Non certo una militanza femminista o pre-femminista: per lei, per le donne della sua generazione, l'attivita' politica ha significato essenzialmente lottare per essere riconosciute all'altezza dei dirigenti uomini, ed essere come loro. Tuttavia... Tuttavia - e Rossanda lo accenna piu' volte - non fu mai la stessa cosa: "Non sfuggivo al femminile... Quell'impulso di fuggire davanti alla decisione del fare o no il corteo proibito fu un avviso che non mi ha impedito di fare scelte drastiche, ma si ripete ogni volta che non sono in gioco io sola - sento uno scarto, un esitare, un ritirarmi... La materia di cui sono fatta ha questa grana. Combattiva ma seconda...". Forse, piu' semplicemente, l'essere donna in politica ha significato per lei vivere, capire e soprattutto ricordare il lato umano delle cose, la ferita lancinante della perdita, la tenerezza degli affetti, piu' che la vanita' infinita dei giochi di potere. Tutto questo - e molt'altro - fuso in una prosa lucida, fluente, appassionata, inarrestabile: una specie di canto sospeso, che a me ha ricordato certe composizioni lunghe e profonde, distese senza fine a mezz'aria, fra terra e cielo, di Luigi Nono. Scrive Rossanda nelle ultime tre righe del libro a proposito del lavoro da lei intrapreso presso le nuove generazioni studentesche e operaie dopo la radiazione dal Pci: ´Speravamo di essere il ponte fra quelle idee giovani e la saggezza della vecchia sinistra, che aveva avuto le sue ore di gloria. Non funziono'. Ma questa e' un'altra storia". Neanche quello funziono'? Beh, si', forse si': ma quel canto, anche se la Storia non funziona, tutti possono intenderlo, e continua. 10. LETTURE. BARBARA SPINELLI: IL SONNO DELLA MEMORIA Barbara Spinelli, Il sonno della memoria. L'Europa dei totalitarismi, Mondadori, Milano 2001, 2004, pp. XVI + 428, euro 9,80. Un libro duro e doloroso, appassionante e ineludibile; talora forse troppo giornalistico, sovente discutibile, e sempre degno di essere discusso, e meditato. ============================== NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE ============================== Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 43 del 22 dicembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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