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La nonviolenza e' in cammino. 1152
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1152
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 22 Dec 2005 01:34:52 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1152 del 22 dicembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: Per Marco Mariani, educatore 2. Giovanni Benzoni: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 3. Giancarla Codrignani: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 4. Sergio Labate: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 5. Patrizio Loprete: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 6. Massimiliano Pilati: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 7. Nella bisaccia 8. Luigi Ferrajoli: Costituzione e democrazia 9. Anna Maria Civico: Una lettera a una e a tutte 10. Marina Forti intervista Malalai Joya 11. Mohandas Gandhi: La via 12. Hannah Arendt: Non possiamo rinviare 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. LUTTI. PEPPE SINI: PER MARCO MARIANI, EDUCATORE Zum Sehen geboren, Zum Schauen bestellt, Dem Turme geschworen, Gefaellt mir die Welt. Ich blick in die Ferne, Ich seh in der Naeh, Den Mond und die Sterne, Den Wald und das Reh. So seh ich in allen Die ewige Zier, Und wie mirs gefallen, Gefall ich auch mir. Ihr gluecklichen Augen, Was je ihr gesehn, Es sei, wie es wolle, Es war doch so schoen! (Goethe, Faust, II, V, 11288-11303) Quando ti muore un amico piu' giovane di te ne provi uno sbigottimento e un'amarezza maggiori di quando a lasciarti e' qualcuno piu' carico d'anni; e una vergogna ne provi, per essere tu ancor vivo, e lui non piu'. * Alcuni giorni fa e' improvvisamente deceduto Marco Mariani, e quando comuni amici mi hanno telefonato per darmi la notizia non riuscivo a crederci: era cosi' giovane, e cosi' buono, gli occhi gli sorridevano sempre; qualche giorno prima avevamo ancora una volta scherzato insieme sulle gioie e i disdori nostri e di tutti, i guasti e la meraviglia del mondo. * Lunedi', al termine di un'assemblea, gli studenti e gli insegnanti del liceo di Orte hanno osservato un minuto di silenzio in memoria di Marco, sciogliendosi poi in un applauso al suo indirizzo, e molti occhi erano lucidi di lacrime a stento trattenute. Come ne avrebbe riso di cuore: me lo immagino con la sua aria sorniona a sbuffare e a dirci di pensare a fare bene il bene, a fare la cosa giusta non una volta ogni tanto ma sempre; ma penso che in cuor suo quel tributo gli avrebbe fatto piacere, sapeva che tutti gli volevamo bene, che era il beniamino del nostro accampamento. * Da un po' d'anni coordino presso il liceo scientifico di Orte una cosa che negli atti amministrativi e' pomposamente definita "corso di educazione alla pace e alla legalita'", e che taluni dicono essere uno dei fiori all'occhiello del piano dell'offerta formativa della scuola; ma con le persone amiche con cui cola' lavoro (studenti e lavoratori di quella scuola, e non solo) siamo soliti chiamare questa nostra esperienza incontri di accostamento alla nonviolenza. Leggiamo e commentiamo antichi testi ardui e fecondi, e discutiamo dei compiti dell'ora. Talora invitiamo persone amiche che vengono da forti esperienze a parlarne con noi, a farcene partecipi. Quando capita la volta buona cantiamo anche insieme; ed insieme talvolta scriviamo versi. Cerchiamo di dirci parole vere, cerchiamo di costruire tra noi relazioni di pace. Quando riusciamo, ci guardiamo negli occhi e amiamo dire: questa e' una buona scuola. * Marco Mariani era uno degli educatori migliori di quel liceo. Non era un professore, era un bidello: era il principale punto di riferimento per tutti, insegnava ai giovani l'arte piu' difficile e piu' necessaria: ascoltarsi reciprocamente, ridere insieme e insieme soffrire, a chi annaspa e vacilla tendere sempre la mano; insegnava a rispettare l'altra persona, l'altrui pensiero, e tutto sempre mettere in discussione. Io dico che Marco era un costruttore di pace, e un amico della nonviolenza (e ancora una volta me lo immagino scuotere la testa, e allargare le braccia, e fare una smorfia e schermirsi: ma era davvero un costruttore di pace, e un amico della nonviolenza). * Da qualche anno era stato trasferito dal liceo al ragioneria (le due scuole adesso fanno parte di un unico istituto, e gli edifici che le ospitano si trovano a poche decine di metri di distanza, e taluni corsi pomeridiani del liceo - come il mio - si svolgono ora nell'edificio del ragioneria); quel trasferimento lui lo aveva vissuto come un'ingiustizia: e io credo che avesse ragione. Ma nessuno al liceo lo aveva dimenticato: quel trasferimento era sentito da tutti come un'offesa a tutti noi fatta, a tutti noi inferta una ferita. * Nell'immediatezza della scomparsa, ad affrontare se non a lenire l'angoscia per la perdita di un amico, mi attentai a scrivere qualche riga di non piu' pronunciabile saluto, non riuscendo more solito a farlo se non nella stilizzazione e nel distanziamento di quella lingua arcaica e laboriosa che mi sgorga non spontanea ma convulsa quando devo dire cio' che piu' mi sta a cuore e che quindi piu' mi opprime, la lingua dei lutti e degli addii, che rifletta la fatica di darsi ragione dell'orrore della morte, e lo sforzo di dire comunque - contro la morte che tutto travolge e annienta - la gratitudine per un amico che ti ha reso la vita piu' bella e piu' degna. Le trascrivo ora qui a mo' di chiusa di questo ricordo. Cosi' trascorre questa notte oscura che passo dopo passo nel deserto verso il nulla dell'orco s'infutura la nostra carovana, ed alcun serto lenira' mai il dolore della dura penosa traversata, e senza merto l'artiglio della morte strappa e fura le vite nostre ad una ad una, il certo inesorabile comune fato della piu' lieve foglia e del piu' carco di ansie e glorie spirto umano, dato questo ci fu dei giorni al breve arco termine, e la bellezza del creato. Addio per sempre buon amico Marco. 2. STRUMENTI DI LAVORO. GIOVANNI BENZONI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Giovanni Benzoni (per contatti: giovannibenzoni at fastwebnet.it) per questo intervento. Giovanni Benzoni, amico della nonviolenza, animatore di innumerevoli rilevanti iniziative, di vasta esperienza amministrativa, giornalistica ed editoriale, suscitatore di impegno civile e promotore di cultura, e' responsabile del "progetto Iride" per la Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace; e' in gran parte merito suo la realizzazione dell'annuale "Salone dell'editoria di pace" a Venezia, e dell'Annuario della pace, volume che costutuisce un prezioso e irrinunciabile strumento di riflessione e di lavoro. Un suo profilo autobiografico, scritto con amabilissima verve e autoironia e generosamente messo a nostra disposizione, e' nel n. 1070 di questo foglio] Il mio abbonamento ad "Azione nonviolenta" scade a febbraio del 2006 e io nel passato ho provato a fare l'abituale (almeno per me, piu' nel mio immaginario che nella realta') giochetto di "saltare" l'anno, tanto l'abbonamento dura. Nella gestione delle riviste si sa succede spesso cosi', pur di non perdere un nome e un indirizzo ci si sovraccarica di abbonati morosi, di morti e via dicendo. Dai miei calcoli pagando due si puo' ottenere tre: mi e' andata bene con tante testate, ma non con "Azione nonviolenta": Mao e Marco sono amministratori oculati e veritieri. E gia' questo e' un motivo che impone un rapporto chiaro che insomma ti fa tirare fuori i soldi con una certa fierezza. Sai che servono. Inoltre mi abbono perche' non c'e' nermmeno un ammiccamento al lettore potenziale autore, come mi ritengo e talvolta sono. Niente da fare con "Azione nonviolenta", sai gia' in anticipo che se scrivi non e' che prima o poi ti ci buttino dentro, se cio' avviene una ragione ci deve essere meno peregrina di quella di far piacere o di togliersi di torno questo aspirante collaboratore insistente. Non e' con questo che quanto pubblica "Azione nonviolenta" sia sempre oro colato, almeno per me: ma serve, e per una rivista questo e' il massimo. 3. STRUMENTI DI LAVORO. GIANCARLA CODRIGNANI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per questo intervento. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994] Ieri ero a Ferrara, al congresso della funzione pubblica della Cgil per una relazione sui diritti del lavoro e la laicita'. Quel sindacato non solo ha avuto l'intelligenza di aprire i lavori con una conferenza pubblica sulla riforma berlusconiana della Costituzione e sui diritti, ma ha anche invitato a partecipare gruppi della societa' civile ferrarese, tra cui il Movimento Nonviolento. A rappresentarlo e' intervenuto Daniele Lugli, che ha ricordato memorie di cui non sempre si cerca la documentazione: nei primi anni della Repubblica a Ferrara erano attivi i Centri di Orientamento Sociale nati sulla scorta della lezione di Aldo Capitini; in uno di essi nel 1947 si tenne un incontro sull'obiezione di coscienza e il dibattito si trasferi', poi, in tre fabbriche. La storia e' in grado di farci capire che non sempre, quando si va avanti per il normale transito cronologico, si progredisce. Sessant'anni fa il bisogno e la voglia di partecipare non erano in concorrenza con la televisione, mezzo comunicativo certamente eccezionale se non fosse stato utilizzato per alienare il pubblico e non per renderlo, invece, piu' informato e piu' consapevole dei propri interessi. Molto bene, dunque, che un sindacato capisca che le preoccupazioni del popolo-sovrano non vanno lasciate nella depressione e abbandonate a nuove, immancabili strumentalizzazioni: c'e' un risveglio di interessamento per cio' che e' politica, per le prossime elezioni, per il referendum costituzionale per il quale si raccolgono le firme in queste settimane, e vale la pena di credere che non faccia male aprire il dialogo con gli ambiti sociali piu' diversi e alzare lo sguardo verso i principi civili e gli ideali ancorche' utopistici. Perche' racconto questo mentre dico perche' rinnovo il mio abbonamento ad "Azione nonviolenta"? Intanto perche' mi ha fatto un gran piacere trovare un rappresentante della funzione pubblica che non solo fa parte dei nonviolenti, ma ha il gusto della ricerca di fondamenti e accadimenti di questa nostra cultura che, nonostante gli anni, resta minoritaria. Poi perche' vorrei che di gente come Daniele ce ne fosse tanta. Mi rendo conto che e' sempre piu' difficile proporre iniziative e realizzare incontri per discutere di nonviolenza. Per me, che sono ancora presidente della Lega degli obiettori di coscienza, e' sempre un tormento vedere che la fine del servizio militare obbligatorio pone la parola fine all'obiezione, proprio poco dopo che e' diventata "diritto" del cittadino. Si dovrebbe rinnovarne i modi, perche' l'obiettore non era uno "cosi' fine" da non voler toccare un'arma, ma prefigurava la scelta nonviolenta che, una volta diventata mondiale, puo' eliminare guerre e arsenali. Davvero sarebbe necessario ragionare di una nuova filosofia dell'obiezione a tutti i miltarismi e della smilitarizzazione delle menti. Ma come? Dove? Intanto abbonandosi ad "Azione nonviolenta"... Che, tra l'altro, e'diventata piu' appetibile non solo nei contenuti, ma anche nella veste. Visto l'ultimo numero? Non ve lo racconto... abbonatevi! 4. STRUMENTI DI LAVORO. SERGIO LABATE: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Sergio Labate (per contatti: sergiolabate at virgilio.it) per questo intervento. Sergio Labate, amico della nonviolenza e di essa acutissimo studioso, e' docente di ermeneutica filosofica all'Universita' di Macerata. Tra le pubblicazioni di Sergio Labate: La sapienza dell'amore. In dialogo con Emmanuel Levinas, Cittadella, Assisi 2000; La verita' buona. Senso e figure del dono nel pensiero contemporaneo, Cittadella, Assisi 2004; "Volto e donazione. Il tema dell'evidenza in Levinas", in P. Ventura (ed.), Ri-pensando al diritto, Giappichelli, Torino 2001; "Dono o abbandono. Interrogando il libro II di Dato che", in G. Ferretti (ed.), Fenomenologia della donazione: a proposito di Dato che di Jean-Luc Marion, Morlacchi, Perugia 2002; Presenza e reciprocita'. Linee di ricerca tra Levinas e il dono, in "Firmana. Quaderni di teologia e pastorale", n. 2, 2002; "Liberta' e gratuita' nel pensiero di Emmanuel Levinas", in G. Ferretti, R. Mancini (edd.), La dignita' della liberta', Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2003; "Donare in sostanza. Sul potere ontologico del dono", in G. Ferretti (ed.), Il codice del dono. Verita' e gratuita' nelle ontologie del Novecento, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2003] Le parole sono oggi una forma di resistenza, e la loro fatica lo e' ancor di piu'. Scelgo di abbonarmi ad "Azione nonviolenta" perche' nelle parole che vi leggo vi trovo una pazienza infinita, che e' quella di tentare e ritentare percorsi per non cedere ne' all'anestesia dell'impotenza ne' all'arroganza del dogmatismo. E' solo attraversando insieme e con questa pazienza percorsi di senso sempre in resistenza che sento che ogni parola si fa azione, e ogni utopia della nonviolenza si fa prassi politica. Nella concretezza di quella carta, nel dire e disdire degli amici della nonviolenza e nel tempo che trascorre tra il dire e il risuonare della parola. Cosi' quella rivista diviene cenacolo di resistenza - luogo in cui le parole si manifestano come materia vivente e si approssimano al mondo per cambiarlo, veramente. Senza necessita' di casse di risonanza, di pubblicita' o di prostituzioni televisive. E cosi', con l'intelligenza della speranza e la lucidita' della nonviolenza, ci aiutano veramente a credere e progettare un altro mondo possibile. Un po' di anni fa, Levinas scriveva: "il nostro tempo non ha certo bisogno di essere convinto del valore della nonviolenza". Si sbagliava, come si sbagliano a volte tutti i grandi. Ma ci indicava la meta, costruire un tempo in cui non ci sia piu' bisogno di convincere del valore della nonviolenza. "Azione nonviolenta" serve a costruire questo altro mondo e questo altro tempo. Insieme, adesso. 5. STRUMENTI DI LAVORO. PATRIZIO LOPRETE: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Patrizio Loprete (per contatti: patrizioloprete at hotmail.com) per questo intervento. Patrizio Loprete e' un autorevole rappresentante del Sindacato italiano lavoratori di polizia Cgil di Livorno] Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' sento la necessita' di continuare ad alimentarmi a riflessioni nuove, spesso lontane dalle dinamiche che nella quotidianita' prevalgono. Poi credo che dobbiamo procedere nella costruzione di una polizia democratica, riformatrice e nonviolenta, che dopo Genova apri' un timido tentativo di riflessione, mentre oggi mi sembra caduta nell'oblio di una militarizzazione strisciante. Anche nel recente secondo congresso del Sindacato italiano lavoratori di polizia Cgil ho parlato della necessita' di riaprire questa riflessione ed ho ho trovato un certo interesse. Purtroppo oggi la formazione alla gestione dell'ordine pubblico, a mio avviso, persegue una logica militare. Fino a qualche anno fa si usava prevalentemente la mediazione, oggi si fa uso anche spregiudicato della logica della forza. Certo, per avere una polizia riformatrice e nonviolenta dobbiamo lavorare anche per una societa' siffatta, poiche' l'una e' speculare all'altra. "Azione nonviolenta" sara' la rivista che per tutto il 2006 utilizzeremo per discutere, dibattere, confrontarci e spero fare proposte nei direttivi del Silp Cgil di Livorno. Grazie, e buon Natale e buon 2006. 6. STRUMENTI DI LAVORO. MASSIMILIANO PILATI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Massimiliano Pilati (per contatti: massi.pilati at lillinet.org) per questo intervento. Massimiliano Pilati fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; e' impegnato nella Rete italiana per il disarmo, nel nodo trentino della Rete di Lilliput e nel gruppo di lavoro tematico "nonviolenza e conflitti" della Rete di Lilliput; e' stato tra gli animatori della campagna "Pace da tutti i balconi"] Anche quest'anno per rispondere alla richiesta avevo scritto tanti validi motivi per cui valga sicuramente la pena abbonarsi ad "Azione nonviolenta". Stavo gia' per spedirli ma rileggendoli mi sono reso conto che gia' altri avevano scritto, meglio di me, le stesse cose. Provo allora a dare un motivo altro per cui mi abbono e continuero' ad abbonarmi ad "Azione nonviolenta" e spero che questo non faccia saltare sulla sedia i grandi saggi della nonviolenza che avranno la voglia e la pazienza di leggere questo mio breve contributo. Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche' sono un dannato maniaco del collezionismo e quindi non posso minimamente rischiare di perdere anche solo un numero della rivista. Con tutti i validissimi motivi che si possono avere per abbonarsi, questo fara' sorridere, ma sono dannatamente orgoglioso della mia collezione completa di "Azione nonviolenta". Collezione recentemente rilegata e che quindi puo' finalmente fare bella mostra di se' in salotto. Ricordo ancora, qualche tempo fa, il giorno che sono andato a prenderla al laboratorio sociale che l'ha rilegata. Ho posizionato i volumi in bella mostra in uno scaffale in salotto e sono rimasto a contemplarli per qualche minuto come solo un dannato feticista e collezionista potrebbe fare. Poi mi alzavo, prendevo un volume a caso e leggevo e mi sembrava di immergermi in quel contesto e in quegli anni. Ecco, sorridete pure, ma sono orgoglioso che gli amici che vengono a trovarci possano finalmente prendere in mano un volume a caso e che si mettano a sfogliare e magari a leggere il primo articolo del primo numero, "il nostro programma", o che vi trovino cosa fece il Movimento Nonviolento negli anni ottanta... Spesso e' proprio grazie a questo "sfogliare" che parte la discussione, il confronto, il dialogo, la persuasione... e' proprio in queste occasioni che mi rendo conto del contributo - spesso sottotraccia ma comunque fondamentale - di questa rivista alla causa della nonviolenza. 7. STRUMENTI DI LAVORO. NELLA BISACCIA "Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". 8. RIFLESSIONE. LUIGI FERRAJOLI: COSTITUZIONE E DEMOCRAZIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 dicembre 2005. Luigi Ferrajoli, illustre giurista, nato a Firenze nel 1940, gia' magistrato tra il 1967 e il 1975, dal 1970 docente universitario. Opere di Luigi Ferrajoli: della sua vasta produzione scientifica segnaliamo particolarmente la monumentale monografia Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1989; il saggio La sovranita' nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1997; e La cultura giuridica nell'Italia del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1999] Le carte costituzionali sono sempre le carte d'identita' degli ordinamenti da esse costituiti e disegnati. Cio' vale per la Costituzione italiana del 1948, come per tutte le altre costituzioni, le quali sono di solito, se degne del loro nome, patti di convivenza generati dall'accordo di tutte le forze politiche rappresentative delle societa' cui sono destinate. La legge di revisione costituzionale recentemente approvata dalla maggioranza berlusconiana e' invece la carta d'identita' della destra, che riflette la concezione e soprattutto la pratica della democrazia che e' propria di questa destra e che questa destra - proprio perche' composta da forze estranee o ostili al patto costituzionale del 1948 - intende imporre come nuova carta d'identita' della Repubblica. Questa legge, d'altro canto, equivale a una rottura non soltanto della continuita' costituzionale, ma del paradigma stesso del costituzionalismo democratico: in breve, a una sostanziale decostituzionalizzazione della nostra democrazia e alla costituzionalizzazione di tutti i principali elementi di crisi - primo tra tutti la personalizzazione del sistema politico e la concentrazione dei poteri nelle mani del presidente del consiglio - introdotti dal berlusconismo nella costituzione materiale della Repubblica. E' questo l'aspetto piu' grave e allarmante dello scempio realizzato: la trasformazione in costituzione formale di una concezione e di una pratica anti-parlamentare e extra-costituzionale della democrazia largamente penetrata nel senso comune, anche di sinistra, e gia' tradottasi in un'alterazione del nostro assetto costituzionale. Ne e' prova il fatto che in tutto il ceto politico, nella stampa e nella televisione, la riforma e' stata identificata semplicemente con la cosiddetta devolution: come se l'alterazione piu' importante, anzi la sola cosa veramente importante da essa introdotta, fosse la parte, pur gravissima, dedicata al federalismo e non quella, di gran lunga piu' devastante ma enormemente sottovalutata, che riguarda l'assetto istituzionale del sistema politico. E' dunque lo stravolgimento degli equilibri democratici introdotto da questa riforma che deve essere innanzitutto denunciato nel corso della prossima campagna referendaria. Mi limitero' a illustrare due manomissioni: l'incredibile complicazione della funzione legislativa e la demolizione del principio della rappresentanza politica. * Grazie alla prima manomissione, la funzione legislativa del Parlamento e' destinata alla paralisi. L'attuale art. 70 - che si compone di una sola riga: "La funzione legislativa e' esercitata collettivamente dalle due Camere" - viene sostituito da un lunghissimo articolo che sembra il frutto di una mente malata. Il nuovo testo introduce infatti ben quattro tipi di fonti: 1. leggi di competenza della sola Camera cui il Senato puo' proporre modifiche su cui la Camera decide in via definitiva; 2. leggi di competenza del solo Senato cui la Camera puo' proporre modifiche su cui il Senato decide in via definitiva; 3. leggi di competenza congiunta di entrambe le Camere; 4. leggi di competenza del Senato sulle quali il governo, ove ne ricorrano taluni presupposti, puo' proporre modifiche essenziali. E' difficile capire se ci troviamo di fronte a una prova di dissennatezza istituzionale oppure a un consapevole sabotaggio della funzione legislativa, destinato a lasciare spazio illimitato alla decretazione d'urgenza del governo. Possiamo infatti immaginare il caos istituzionale che proverra' da una divisione delle competenze tra questi quattro tipi di fonti, a causa delle incertezze e degli infiniti contenziosi che saranno generati da una ripartizione inevitabilmente generica e astratta delle quattro classi di materie ad essi attribuite. Per risolvere gli inevitabili conflitti che ne nasceranno sono stati architettati una Commissione e un Comitato paritetici, l'una di 60 e l'altra di 8 parlamentari - di fatto due nuove Camere - competenti l'una a proporre un "testo unificato" in caso di disaccordo tra Camera e Senato nelle leggi di competenza congiunta, l'altro a decidere su quale delle quattro fonti e' chiamata a decidere. Ma non e' stato stabilito che cosa accadra' se il testo elaborato dalla Commissione sulle materie di competenza congiunta non sara' approvato da entrambe le Assemblee, o se non sara' raggiunto l'accordo all'interno del Comitato. Ne' si e' previsto cosa accadra' in caso di conflitto tra conflitti destinati ad essere risolti in sedi diverse: l'uno tra Stato e Regione, sulle loro rispettive competenze, affidato, in base all'art.134, al giudizio della Corte costituzionale; l'altro tra Camera e Senato federale sulle medesime materie, destinato ad essere risolto dai presidenti delle due Camere o dal Comitato da essi istituito. * Ancor piu' grave e' la seconda manomissione, consistente in un duplice svuotamento del principio della rappresentanza politica. Viene innanzitutto soppresso, dal nuovo testo, il voto di fiducia delle Camere nei confronti del Primo ministro, la cui legittimazione e' rimessa direttamente al voto popolare. Si prevede solo che sia lo stesso Primo ministro che, per disciplinare la propria maggioranza, possa "porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorita' su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo", ovviamente "per appello nominale". Sara' al contrario il Primo ministro che potra' chiedere lo scioglimento delle Camere assumendone "l'esclusiva responsabilita'". E' cosi' che il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo si capovolge. Non sara' piu' il Governo che dovra' avere la fiducia del Parlamento, ma sara' il Parlamento che dovra' avere la fiducia del Primo ministro. Viene in secondo luogo modificato lo statuto del parlamentare, trasformato in un mandatario passivo della coalizione nella quale e' stato eletto e per essa del suo capo. "La mozione di sfiducia", dice il nuovo art. 94, deve essere sempre "votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti" della Camera; nel qual caso comporta, oltre alle dimissioni del Primo ministro, lo scioglimento della Camera medesima. Solo la cosiddetta sfiducia costruttiva, cioe' accompagnata dalla designazione di un nuovo Primo ministro, consente la prosecuzione della legislatura. Tuttavia tale designazione deve essere operata "da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera". Non solo. In forza di un'altra norma anti-ribaltone, "il Primo ministro si dimette altresi' qualora la mozione di sfiducia sia stata respinta con il voto determinante dei deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni". Non sara' insomma piu' possibile cambiare in Parlamento la maggioranza di governo. Maggioranza e minoranza vengono blindate, sicche' solo i parlamentari della maggioranza avranno - non gia' singolarmente, ma nel loro insieme - un potere di iniziativa politica e di responsabilizzazione dell'esecutivo, mentre i parlamentari della minoranza non conteranno nulla. E' la fine della rappresentanza politica senza vincolo di mandato, essendo ciascun parlamentare vincolato alla coalizione di appartenenza. Ed e' la violazione vistosa del principio basilare della democrazia politica, sancito dall'art. 67, secondo il quale "ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". Ne risulta infatti un mandato imperativo dall'alto che vanifica il ruolo di controllo dell'intero Parlamento. Il suo effetto sara' quello non solo di emarginare l'opposizione, ma anche di disciplinare, ricattare e neutralizzare - come del resto e' di fatto accaduto in questa legislatura - ogni potere di controllo della stessa maggioranza parlamentare. * E' intorno a questo scempio che oggi occorre informare e mobilitare l'opinione pubblica nel corso della prossima campagna referendaria. Ma e' chiaro che, per essere vinto, il referendum deve divenire una grande battaglia civile di rifondazione della democrazia costituzionale, non inquinata da proposte di compromesso del tipo "no a questa riforma" ma ad altre, nuove proposte di "aggiornamento". E questo potra' avvenire tanto quanto saranno soddisfatte due condizioni. La prima e' che il referendum venga promosso, nei tre mesi che ci separano dalla pubblicazione della legge di revisione sulla Gazzetta ufficiale, da un fronte di forze ben piu' largo di quello richiesto dall'art. 138 della Costituzione e gia' rappresentativo della maggioranza degli elettori: non dunque soltanto da un quinto dei membri di una Camera, ma da tutti i parlamentari dell'opposizione piu' quelli che nella maggioranza hanno manifestato dubbi e contrarieta'; non soltanto da cinque Consigli regionali, ma da tutti i Consigli regionali nei quali il centrosinistra e' maggioranza, e percio' dalla maggioranza delle Regioni; non soltanto da 500.000 elettori, ma da milioni di cittadini, utilizzando magari per la raccolta delle firme le votazioni primarie finora programmate o da programmare in vista delle prossime elezioni. La seconda condizione e' che il referendum si svolga all'insegna dell'emergenza democratica, oltre che costituzionale, e divenga un'occasione per una riflessione critica e autocritica sulla gravita' della posta in gioco, sui guasti prodotti da oltre un decennio di logoramento costituzionale e sul nesso indissolubile che lega costituzione e democrazia. Sotto questo aspetto la campagna per le elezioni politiche e quella referendaria potranno avvantaggiarsi l'una dell'altra, avendo un tema centrale comune: la sconfitta culturale, oltre che politica, del progetto berlusconiano e della concezione della democrazia che e' alle sue spalle e, insieme, la rifondazione, nello spirito pubblico, del carattere antifascista e garantista della Costituzione repubblicana e del suo valore normativo di programma politico e sociale, ancora in gran parte da attuare, e di fondamento e presidio della nostra democrazia. 9. ESPERIENZE E RIFLESSIONI. ANNA MARIA CIVICO: UNA LETTERA A UNA E A TUTTE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo testo di Anna Maria Civico. Anna Maria Civico (per contatti: amcivico at hotmail.com), calabrese, ha vissuto a Catanzaro, Roma, Malo (Vicenza), Venezia, attualmente vive a Terni; e' attrice, cantante, trainer di canto e di teatro; conduce laboratori di teatro nella natura, drammaturgia per un teatro ecocompatibile, laboratori di canto, laboratori di teatro; molte utili informazioni su di lei sono nel suo sito: www.mediarama.it/annamaria/ - ma queste minime informazioni non bastano certo a rendere l'incanto del suo recitare, del canto suo, della sua viva presenza: colta ricercatrice delle tradizioni popolari e sperimentatrice inesausta di forme espressive, dolce e mite la sua voce e il suo sguardo guarisce ferite, lenisce dolori, suscita riconoscimento di umanita', costruisce cosi' - respiro per respiro, parola per parola - la pace possibile e necessaria, nell'incontro infinito con l'altra e con l'altro] La questione e' che il teatro non lo si pensa ancora in termini di mestiere cosi' come le altre discipline artistiche. Il teatro a cui mi riferisco non e' un percorso per ritrovare se stessi, e comunque non lo e' piu' di qualsiasi altro lavoro, piuttosto lo amo come un esercitarsi a fare le cose ad arte, a fare le cose con precisione, a fare le cose con una attitudine tutta artigianale, a fare le cose con tutto il tempo che richiede un processo artistico, tempi che non sono come quelli quotidiani, e che contiene principi che non sono gli stessi del nostro spazio privato, ne' del nostro spazio pubblico cosi' come lo conosciamo. Allora c'e' una scelta precisa, anche di vita, nel fare un certo teatro e che e' il mio luogo della politica, il mio luogo da cui indagare sulla femminilita', sulla maschilita', il microcosmo che contiene il tutto, ed allo stesso tempo una palestra del cuore. Si', non e' molto facile fare teatro per una donna, ma non piu' che negli altri mestieri e in tutti i sensi, i problemi del mercato, della critica, dei contenuti, delle politiche interne ai gruppi sono i medesimi che altrove. Allora la domanda e': c'e' bisogno del teatro? io ne ho bisogno ed oltre che farlo ho bisogno di vederlo, ma non quello dei teatri come edifici, piuttosto quello del teatro come colei/colui che osserva e preferisco osservare all'aperto nello sfondo delle piazze colme di paesi letteralmente colpiti e aggrediti dalla fede per Santu Roccu e delle sue gesta o della Madonna di Polsi in Calabria, dove i corpi di chi partecipa e di chi guarda sono fusi in un'unica passione ed i mezzi sono la cosa piu' importante, piu' pura: l'esecuzione della musica, della danza, di testi detti al momento giusto, la competenza e la consapevolezza insieme nei riguardi degli strumenti e degli elementi: ritmo, melodie, parole, movimenti, passi tutti insieme ad arte per produrre vibrazioni che fanno bene alla vita di tutti. Penso che c'e' bisogno di un teatro anche ecocompatibile, un teatro della cooperazione che non e' necessariamente un "teatro civile" ma un teatro popolare, ecco qualcosa sta rinascendo per questo... ci vuole un certo impegno, una certa costanza, una direzione che non tenga conto dei tanti volti dell'apparenza. 10. MONDO. MARINA FORTI INTERVISTA MALALAI JOYA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 dicembre 2005. Marina Forti, giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004. Malalai Joya, attivista per i diritti umani, e' deputata al parlamento afghano] Eletto in settembre, il parlamento dell'Afghanistan si e' insediato ieri, con una cerimonia inaugurale accompagnata da parole solenni. Dopo il giuramento dei 351 membri delle due camere, il presidente Hamid Karzai ha fatto appello alla riconciliazione nazionale - ed e' in nome della riconciliazione che in parlamento siedono capi di milizie armate (i "signori della guerra"), ex Taleban, accanto a indipendenti e a donne impegnate nella societa'. Secondo l'organizzazione per i diritti umani Human rights watch, il 60% dei deputati sono "warlord" o persone a loro legati. E' per questo che Malalai Joya, deputata di appena 27 anni, esprime forti riserve sulla "transizione alla democrazia" in Afghanistan: "Come si puo' parlare di democrazia, all'ombra dei fucili? I grandi warlord sono al potere, grazie alle armi, ai soldi, e al sostegno di alcuni paesi stranieri. La campagna elettorale e' avvenuta nel loro segno. E ora molti di questi signori siedono in parlamento", ci aveva detto qualche giorno fa, in visita in Italia. Eletta nella provincia di Farah con 7.813 preferenze, una valanga di voti ("in un paese dove si vota per fedelta' di clan, io ho raccolto consensi di diversi gruppi"), Malalai si era fatta conoscere nel dicembre del 2003. Allora lavorava con un'organizzazione non governativa per la promozione delle donne afghane (Opawc). "Giravo nei villaggi, prendevo nota dei problemi: salute, scuola, le molestie dei 'signori della guerra' che controllano tutto". A Kabul era convocata la Loya Jirga, il "Gran consiglio" tradizionale che doveva scrivere la nuova Costituzione dell'Afghanistan post-taleban, e Malalai e' stata inviata tra i rappresentanti della sua provincia. "A Kabul vedevo bene chi era intorno a me. Nei campi dei profughi afghani in Pakistan, da interprete, avevo ascoltato le loro storie: sapevo chi aveva distrutto il nostro paese e ora queste persone erano sedute li', nella Loya Jirga, a discutere del futuro assetto dell'Afghanistan. Ho chiesto di parlare per la nuova generazione afghana. Mi hanno dato tre minuti: ma dopo un minuto mi hanno tolto la parola. Sono riuscita pero' a dire che la legittimita' dell'assemblea era compromessa dalla presenza delle stesse persone che hanno trasformato il paese in un teatro di guerre, e che andrebbero portati ai tribunali internazionali. 'Se le rovine avessero la lingua, parlerebbero per denunciarvi', ho detto. Un putiferio. Mi hanno insultata, minacciata". * - Marina Forti: E' stato difficile candidarsi al parlamento? - Malalai Joya: Mi hanno coperto di minacce e insulti. Dicevano "Malalai infanga l'onore dei mojaheddin". Buttavano volantini con la mia foto senza foulard, con scritto "prostituta". Il capo della tv di Farah, che e' un fondamentalista, non ha mai dato spazio ai miei interventi. Ma nel bazar ripetevano le cose che io dicevo. Durante la campagna elettorale molti hanno fatto promesse: strade, scuole, diritti, democrazia. Io non avevo promesse da fare: dicevo, faro' del mio meglio per riportare sicurezza e pace, eguaglianza di diritti e diritti umani. Ma e' possibile realizzare tutto questo in un parlamento dominato dagli stessi "signori della guerra" che hanno distrutto il paese? Ho fatto una sola promessa agli elettori: che non scendero' mai a compromessi con questi signori, continuero' a denunciare questi nemici giurati dei diritti umani, delle donne e della democrazia in Afghanistan. Cerchero' di dare battaglia. Alla fine, gli elettori si sono fidati di me. Sono felice di essere in parlamento, ora potro' parlare. * - Marina Forti: Quali sono i problemi piu' urgenti per gli afghani? - Malalai Joya: La sicurezza. E' ancora piu' importante del cibo e dell'acqua: non c'e' sicurezza in Afghanistan, ne' per le donne ne' per gli uomini, e la ragione e' che la legge e' fatta dai warlord. Molti ormai hanno perso fiducia nel processo democratico. Gli afghani si erano fidati di Karzai perche' non ha sangue sulle sue mani. Erano andati a votare con entusiasmo. Ma poi lui e' venuto a compromessi con i vecchi signori della guerra, li ha messi nel suo governo. I fondamentalisti hanno imparato il linguaggio della democrazia, ma la loro ideologia non e' cambiata. Si', a Kabul le donne possono andare a scuola, lavorare. Ma tra la capitale e le province la differenza e' abissale. L'Afghanistan resta un paese maschile. Non c'e' liberta' per le donne, ne' liberta' di stampa. Ne' lavoro. L'unica attivita' che prospera e' l'oppio, siamo il piu' grande esportatore, e l'oppio e' una mafia a cui sono legati anche dei ministri. Mancano strutture sanitarie e scuole. Un po' di soldi arrivano, ma non vanno nelle opere pubbliche. Dove vanno a finire? E poi manca ogni controllo sulla legalita'. 11. MAESTRI. MOHANDAS GANDHI: LA VIA [Da Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, p. 313. Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem] Il poeta ha detto: "La via della Verita' e' fatta per il coraggioso, mai per il codardo". La via della verita' e' la via della nonviolenza. 12. MAESTRE. HANNAH ARENDT: NON POSSIAMO RINVIARE [Da Archivio Arendt, 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003, p. 81 (e' un passo da un saggio del 1954). Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Non possiamo rinviare la nostra lotta contro il totalitarismo al momento in cui lo avremo pienamente "compreso", perche' non lo comprenderemo e non possiamo aspettarci di comprenderlo compiutamente finche' non sara' stato definitivamente sconfitto. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1152 del 22 dicembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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