La nonviolenza e' in cammino. 1142



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1142 del 12 dicembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Alcuni appunti da una lezione di Luisa Muraro
2. Giulio Vittorangeli: Avere fra le mani un buon libro
3. Lidia Menapace: Quelli che...
4. Antonio Vigilante: Un profilo di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto
5. Antonio Vigilante: Un profilo di Lev Tolstoj
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. MATERIALI. ALCUNI APPUNTI DA UNA LEZIONE DI LUISA MURARO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo i seguenti appunti dalla lezione di Luisa Muraro su "L'ordine
simbolico della madre. Ripensamenti" svolta il 28 ottobre 2005 nell'ambito
del seminario di Diotima su "L'ombra della madre"; gli appunti della lezione
sono a cura di Laura Colombo e Sara Gandini. Luisa Muraro, una delle piu'
influenti pensatrici viventi, ha insegnato all'Universita' di Verona, fa
parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue
"Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica:
"Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata
nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si
e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su
invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto
interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo,
dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha
partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli.
Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia
Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini,
che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona
parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli,
Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla
Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine
simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza
divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000).
Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che
pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed
alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei
volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga,
Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata
madre nel 1966 e nonna nel 1997"]

Sono i lettori che danno a un libro il suo compimento - o piu' compimenti.
Non e' lo scrittore. Un autore puo' fare solo la retractatio (nel senso di
S. Agostino), che non e' la ritrattazione, ma e' ripensare il libro da
lontano.
Ripensamento = riguardare il libro a distanza di tempo. Non e' ne'
autocritica ne' una cosa celebrativa.
L'ordine simbolico della madre e' un libro controverso perche' e' una
scommessa non vinta, ma neppure persa. E' una scommessa ancora aperta. E' un
libro che tenta qualcosa e chiama altre a lavorare su quel tentativo. Pero'
alcuni non l'hanno fatto, non hanno raccolto la scommessa.
Per esempio una lettrice che ha dato compimento al libro e' Francesca Solari
(regista di Addio Lugano).
Un altro esempio e' un amico psicoanalista francese, che si e' chiesto dove
sia il padre in questo libro. E ha detto che bisognava che una donna
dimenticasse il padre per svincolarsi dal potere. La sua critica e' che il
libro mette la figura della madre al posto del padre.
Questa critica secondo Muraro da' troppo per scontato che il padre ci sia.
Lacan, gia' nel 1969, diceva che il padre si e' volatilizzato.
Ma allora il libro e' inserito nel nuovo mondo senza padri? Non e' questo.
Piuttosto si trova all'inizio della parabola del patriarcato, e il padre non
c'e' ancora.
Nel libro il padre non compare per Luisa Muraro, se non come figura che
aiuta la madre. Muraro e' una donna che non ha investito sufficientemente la
figura paterna. Un padre bisogna farlo vivere, bisogna investire nei padri,
crederci.
Facendo il lavoro sul negativo con Diotima, ha incontrato lo psicoanalista
francese Andre' Green, che si e' occupato delle madri che hanno subito una
perdita grossissima, un lutto che non si lascia consolare. Green incontra
principalmente chi viene da questa esperienza, ossia i figli di una madre
morta.
Secondo Green ci sono delle ferite che trovano un teatro delle operazioni
dove questa sofferenza si esplica in modo autentico, e quindi si puo'
operare uno spostamento.
Qual e' il teatro delle operazioni di chi ha scritto L'ordine simbolico?
L'autrice si e' spostata, ha abbracciato la politica delle donne, che e'
diventata il luogo della sofferenza materna e dell'impotenza creaturale.
Francoise Collin parla di riconciliazione con la madre, che e' una scommessa
feconda per molte donne. E' un darsi e dare senso.
Anche Green parla di ricerca di senso (in francese lui dice "quete du sens")
come filo conduttore della sofferenza dei suoi pazienti.
*
Idea centrale della retractatio: nel libro ci sono due strati che si
sovrappongono, come in un palinsesto (testo antico scritto in diversi
strati, ogni volta ricoprendo il precedente). Il primo strato e'
l'attaccamento a una madre ferita dentro. Lo strato sovrapposto e' la
politica delle donne.
La scommessa del libro e' la libera comunicazione tra i due strati. Ossia la
possibilita' di riaprire questa comunicazione, e quindi che il movimento
delle donne possa ricevere l'antica sofferenza materna e l'impotenza
femminile senza mediazioni specialistiche (psicologia ecc).
La scommessa sarebbe quella di sovrapporre due scene difformi e far si' che
ne venga fuori senso, non delirio.
E' una cosa che ha visto nei gruppi di pratica dell'inconscio: sofferenza
messa in parole perche' acquisti senso.
In altri termini la scommessa sarebbe di immettere qualcosa della potenza
materna nella scena pubblica, senza quelle mediazioni che normalmente
rendono il discorso sensato.
Nel libro (L'ordine simbolico della madre), a volte ha avuto paura che la
scena "raschiata", arcaica, muta, straripasse e prendesse il sopravvento.
Anche nel momento in cui scriveva le e' successo, per esempio nel secondo
capitolo, quando parla dell'amore femminile per la madre. Li' sentiva che il
pensiero fluiva.
Amore femminile per la madre = e' un trascendentale ma nel senso medievale,
non kantiano (ossia e' "il baluginare dell'essere nella scena empirica",
non - come per Kant - la condizione della conoscibilita' degli oggetti,
ossia l'a priori, quello che il soggetto immette nelle cose nell'atto stesso
del conoscere).
Nello stesso tempo, insieme al libero fluire del pensiero, si perdeva. Era
la sofferenza che avanzava e in quei momenti usava la filosofia come una
maschera.
Rispetto ad allora ha imparato, leggendo le poetesse. E' partita da Amelia
Rosselli che, per dire quello che le preme, arriva quasi a non dire niente.
Quindi e' molto audace, ha un'enorme tensione interna.
*
Sempre per stare nel tema della scommessa, riprende il mito di Demetra e
Core.
Demetra e' la madre morta per eccellenza.
Riprende un episodio della consolazione di Demetra dei misteri orfici: sulla
strada tra Atene ed Eleusi Demetra incontra due poveri che la accolgono con
molta ospitalita'. La padrona, Baubo, le prepara una bevanda di orzo, che
Demetra rifiuta. Allora Baubo si siede e alza la gonna mostrandole il suo
sesso nudo. Il feto che porta in grembo ride e allora anche la dea ride. In
quel momento Baubo le mette in mano la tazza e la dea beve.
Green = il soggetto in cura da lui cosa fa con lui nei confronti della madre
morta, per riparare la madre morta? Cerca di farla ridere e sorridere.
E' questo che Muraro fa nell'ordine simbolico, dove c'e' proprio il motivo
di far ridere la madre.
Ma qual e' la perdita irreparabile della madre?
L'umanita' femminile ha perduto la propria originalita' a causa del rapporto
con l'uomo. Quindi le donne interiorizzano le esigenze maschili fino a
perdere il proprio dell'originalita' femminile.
C'e' quindi l'esigenza di mettere insieme il ragionamento e il sentire, una
libera comunicazione tra strati profondi, stati inconsci e razionali.
Questione: nella societa' femminile e' possibile risolvere il lutto materno
e l'impotenza creaturale?
- lutto materno = perdita del bello che il rapporto con la madre avrebbe
potuto creare
- impotenza creaturale = nel sociale vediamo l'esempio delle quote rosa...
la paziente di Green non ha successo con la madre, mentre Baubo ce l'ha,
c'e' quindi la questione dell'efficacia.
Il rito orfico, eleusino, aveva efficacia terapeutica?
E ancora: la scena psicoanalitica ha efficacia? La lettura/scrittura ha
efficacia? Le pratiche politiche del libro hanno efficacia?
Ci sono diverse possibilita':
1. la politica delle donne consente la libera comunicazione tra le due
scene, ossia rende disponibile - alle donne e alla societa' - qualcosa della
potenza materna.
2. la politica degli uomini non ha questa capacita' perche' hanno bisogno
delle separazioni (ex.: pubblico/privato).
3. Zizek e Butler (non prosegue poi su questo punto, lo nomina solo).
4. dubita che una donna aspiri all'indipendenza simbolica attraverso
l'introduzione di un'istanza terza, perche' per una donna e' una
deportazione nel maschile che equivale a un depotenziamento della competenza
simbolica. Un esempio e' quando ci si consegna mani e piedi agli
specialisti.
Quindi tentare di aprire la comunicazione diretta col mondo primario della
relazione materna e' necessario, anche se e' rischioso.
La deportazione nel maschile, quando e' ben riuscita, fa uscire le Thatcher,
per tutte le altre si traduce in un difetto di autorita' e originalita'. Una
donna non puo' immettersi alla pari nel mondo della politica maschile. E non
per le discriminazioni, ma perche' ha perduto il privilegio del suo sesso,
ossia l'essere nata dello stesso sesso della madre (che a me pare piu' una
fregatura che un privilegio...).
La pratica politica delle donne e' bevanda nutriente e teatro comico e per
Muraro questo e' il riassunto dell'opera della societa' femminile nella
storia.
*
Dibattito
- Domanda: La scommessa del libro non e' ne' persa ne' vinta. Ma cosa doveva
esserci per considerarla vinta?
- Risposta: Per esempio: che gli istituti della democrazia rappresentativa
siano riconosciuti come esigenze degli uomini, e le donne non si conformino.
E ancora: la legge 40 (sia il fatto di farla che il referendum per tentare
di abolirla). Non c'e' stata chiarezza sul pensiero delle donne, non e'
stato chiesto nulla alle donne. Quindi il sentire e pensare delle donne non
e' stato interrogato.
*
- Domanda: Il lutto per la perdita primordiale inconsolabile (che e' perdita
del vero se') e' risolvibile, oltre che nelle modalita' della cultura
maschile, anche uscendo dallo scenario, quindi nella cultura femminile. Ma
e' possibile solo mettendo in antitesi le due culture?
- Risposta: La perdita del se' autentico e' un tema molto trattato in
psicoanalisi (Winnicott...) alla ricerca di opere di riparazione.
Figlia = deve operare una riparazione verso la sua figura umana femminile.
E' d'accordo sul mettere insieme le cose, e non separare. Che ci sia una
pratica politica delle donne giocata nel pensiero maschile, con efficacia di
pensiero e invenzione di parole.
*
- Domanda: Nell'ordine simbolico c'era un elemento di pienezza d'essere. Nel
lavoro sul negativo fatto con Diotima, Muraro ha detto di aver capito che il
limite del libro era proprio questa pienezza d'essere. Quali sono gli
elementi di apertura rispetto a questa pienezza?
- Risposta: Il riso e' un elemento di apertura. Il riso immette un'apertura
rispetto alla pienezza, alla necessita' dura che copre l'orizzonte.
Questo elemento del primato dell'essere, primato della presenza
sull'assenza, nell'Ordine simbolico ha anche il senso di una ricerca di un
pensiero filosofico in controtendenza col postmodernismo. Ma poi questo
punto della pienezza d'essere viene enfatizzato in una forma che si avvicina
all'idealizzazione, che e' inganno. Quindi c'e' una pienezza d'essere che
copre una ferita e una sofferenza.
Elementi che vanno a incrinare la pienezza: sofferenza patita dalla madre
nei confronti della figlia e della donna, sofferenza che la donna ha patito
nel patriarcato.
Il riso e' un'apertura che fa ripartire i giochi quando la sofferenza
ristagna.
*
- Domanda: Ma questa sofferenza e' strutturale? O riguarda solo il mondo
patriarcale? Ma allora cosa significa quello che dicevi che il libro sta
all'inizio della parabola del patriarcato?
- Risposta: La storia del libro non e' solo cronologica. Per meta' della
faccenda non e' una questione di tempo. Ossia: ogni coppia madre/figlia
riassume in se' la storia del patriarcato.
Il senso dell'inizio e' che il padre puo' non esserci per mancato
investimento libidico, amoroso. Ma allora la sofferenza e' tutta e solo a
carico del patriarcato? No, c'e' altro, non c'e' solo il dominio sessista e
patriarcale nella sofferenza che si tramanda di madre in figlia. Ma cosa ci
sia Muraro non sa. E' un'esperienza muta e sorda, che lei patisce ma non ha
ancora messo in parola.

2. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: AVERE FRA LE MANI UN BUON LIBRO
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori
di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da
sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Viviamo in un'epoca di grande banalita' e superficialita', caratterizzata da
un dilagare di telefonini che squillano in continuazione per messaggi di una
inutilita' disarmante. Tenersi eretti e vigili non e' cosa da poco: "Avere
fra le mani un buon libro, scoprire la gioia di cercare di rispondere a
domande che noi stessi ci poniamo per non cadere nelle trappole del
conformismo; ascoltare i bambini; inventare feste; parlare sottovoce con chi
ci sta accanto per sapere se, per caso, non siamo meno soli di quanto
crediamo; avere il coraggio di innamorarci; guardare dai finestrini e
domandarci se non c'e' proprio niente che possiamo fare per frenare gli
assalti al Creatore; e nelle grigie stazioni di questo inverno ascoltare i
poveri: quelli che gridano e quelli che mormorano, essendo gli uni e gli
altri i piu' esatti definitori della civilta' in cui noi e loro viviamo.
Forse puo' anche essere un programma per il Natale" (Ettore Masina,
"Lettera" del novembre 2005).
Avere fra le mani un buon libro, non e' cosi' scontato come sembra, perche'
ci dicono che presto il libro cessera' di esistere, rimpiazzato dai mezzi di
comunicazione piu' moderni. Cosi' il libro elettronico si convertira' nella
fonte di ogni conoscenza. Ma in realta' noi tutti sappiamo che quel libro
che il lettore puo' tenere nelle sue mani o lasciare sul comodino vicino al
letto, non potra' essere sostituito da una sessione di alcune ore di fronte
a uno schermo. Perche' al libro, cosi' fragile, si affida la cosa piu'
duratura, e piu' preziosa, che l'essere umano abbia inventato: la parola.
*
Allora vogliamo segnalare un libro uscito in questi giorni: "Que linda
Nicaragua!", pubblicato dall'Associazione Italia-Nicaragua in occasione dei
suoi venticinque anni di attivita' in Nicaragua, Fratelli Frilli editori,
Genova novembre 2005, pp. 385 (per informazioni e richieste si veda nel sito
dell'Associazione: www.itanica.org).
Un librone che raccoglie documenti, fotografie, testimonianze e riflessioni
autorevoli di personalita' - italiane e nicaraguensi - del mondo politico,
sindacale, sociale, culturale ed intellettuale, che hanno dato il proprio
contributo in forme diverse alla solidarieta' con il popolo del Nicaragua in
questi 25 anni di attivita'.
Senza retorica e senza rinunciare a spunti critici e autocritici, il libro
racconta gli ultimi anni di storia nicaraguese attraverso l'ottica di
un'associazione che ha trovato la sua ragion d'essere con la rivoluzione
popolare sandinista, giungendo ai giorni odierni e provando a dare risposte
ad interrogativi per niente facili, con la convinzione che una pagina come
quella scritta dal sandinismo non va conservata solo nel cassetto delle
nostalgie.
Cosa resta di quella forma di impegno, la scommessa incondizionata e
gratuita con il Nicaragua sandinista in rivoluzione, nel mondo globalizzato
di oggi?
Cosa insegna all'attuale movimento altermondialista quella solidarieta' di
massa con il Nicaragua?
Fatti storici come la confluenza tra sandinismo, marxismo e cristianesimo, e
l'aggressione terroristica statunitense della "guerra a bassa intensita'"
negli anni '80, fanno da sfondo ad un resoconto variegato, ma dettagliato,
di quanto la solidarieta' di base italiana si sia impegnata nel piccolo
paese centroamericano.
Fatti storici che sono anche la carne offesa, il sangue versato, la dignita'
difesa e negata, la sofferenza e l'ingiustizia che non generano futuro ma lo
rendono impossibile.
Naturalmente c'e' la traumatica sconfitta elettorale, febbraio del 1990, del
Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (Fsln); la decisione
dell'Associazione di continuare in Nicaragua riorientandosi intorno alle
organizzazioni popolari, sindacali, studentesche che lottano per
un'autentica giustizia sociale e che hanno potuto nascere e continuano ad
esistere grazie alla coscienza popolare formatasi negli anni della
rivoluzione sandinista, che molto ha significato anche per noi del "primo
mondo".
Grazie a questa coscienza politica in Nicaragua e' possibile trovare ancora
oggi punte di lotta avanzata contro gli effetti devastanti del neoliberismo
come ad esempio la costituzione di un sindacato forte che lotta contro lo
sfruttamento dei lavoratori da parte delle imprese multinazionali nelle
"zone franche" e l'organizzazione di una fondazione da parte di ex
lavoratori delle piantagioni di banane che hanno promosso una causa legale
contro le multinazionali nordamericane, responsabili di avere causato
immensi danni all'ambiente e alle persone attraverso l'uso di pesticidi gia'
proibiti negli Stati Uniti degli anni '70.
L'Associazione Italia-Nicaragua ha cosi' consolidato con entusiasmo e
risultati lusinghieri la sua presenza nel dimenticato Nicaragua, fedele alla
propria ispirazione politica e senza abdicare ai propri ideali dei tempi
della rivoluzione sandinista, ampliamente documentata nel libro. Non l'hanno
scoraggiata i governi corrotti dell'ultradestra, ne' soprattutto il residuo
clan della dirigenza sandinista, che per interessi privati e di potere tiene
vergognosamente in ostaggio il presente e il futuro di questo popolo.
Per tutto questo pensiamo che il libro "Que linda Nicaragua!" sia una
lettura preziosa nel mondo globalizzato di oggi.
Leggete, rileggetelo, regalatelo.

3. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: QUELLI CHE...
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per
averci messo a disposizione come anticipazione questo suo intervento scritto
per il quotidiano "Liberazione". Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924,
partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico,
pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto";
e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei
movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior
parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in
quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi
libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968;
L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un
movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La
Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della
differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con
Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma
1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la
luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Ci sono di quelli che gridano - a ogni giro di vento - di essere
scandalizzati da chi approva il papa quando dice che bisogna fare la pace e
lo disapprova quando condanna qualsiasi riconoscimento di unioni non
matrimoniali classiche: non riesco a capire il merito dello scandalo. A me
succede che se una persona dice una cosa che mi va a genio, mi dichiaro
d'accordo, e quando dice una cosa che disapprovo, dico che non sono
d'accordo. E' pura e semplice ragionevolezza - mi sembra - o, se volete,
laicita' nel pensare.
Adesso ad esempio si profilano decisioni duramente censorie di Benedetto XVI
verso atteggiamenti, dichiarazioni e attivita' di organizzazioni
confessionali: e dovrei stare a guardare? a me laica la liberta' di tutti e
tutte sta a cuore. Non sono come la Chiesa cattolica che protesta solo per
la propria liberta' e tace sulle violazioni della liberta' altrui: l'ultimo
esempio e' stato quando al presidente iracheno in visita papa Ratzinger ha
chiesto conto della scarsa liberta' prevista per la chiesa cattolica nel
progetto di costituzione irachena, non dell'oppressione delle donne private
di liberta' di cui avevano prima goduto. A parte che non ha nemmeno nominato
Falluja, ma questo anche le autorita' politiche italiane.
Come e' noto, nel Sillabo si sostiene che la liberta' di stampa e' da
appoggiare fino a che sono in minoranza i cattolici o i loro giornali, ma in
se' per tutte le opinioni e' sbagliata e i cattolici raggiunto il potere
debbono stabilire quale e' la "sana" liberta'. Era la nota distinzione tra
ipotesi e tesi: in caso di necessita' l'ipotesi era che si dovessero
appoggiare le richieste anche dei liberali; ma la tesi di fondo resta che se
si raggiunge il potere, i limiti alla liberta' di stampa vengono  posti
secondo un "sano" rispetto della religione, ad esempio. E a Ciampi - quando
al papa in visita al Quirinale ricordo' che l'Italia e' uno stato laico per
Costituzione - Ratzinger replico' che la laicita' deve essere "sana". Quando
Mussolini fece il Concordato con la Chiesa, la Chiesa domando' e ottenne
liberta' di associazione per le sue sole organizzazioni, non per sindacati e
partiti e stampa. Il regime era in un momento di difficolta' e se la Chiesa
non lo avesse sostenuto col Concordato forse sarebbe caduto: ma il
Concordato illiberale era meglio della liberta' degli odiati liberali.
Poiche' la Chiesa cattolica non abroga mai nulla formalmente, il Sillabo e'
ancora in vigore.
Da quando c'e' papa Ratzinger, i frati di Assisi sono stati di fatto messi
sotto commissariamento; Pax Christi censurata e addirittura colpita da
ingerenza nelle proprie attivita', messe le mani sulla Marcia della pace di
fine anno: e finalmente le Comunita' di base elevano una protesta: "per una
Chiesa cattolica libera da papolatria" e per "politici cattolici che abbiano
il coraggio di non diventare burattini della gerarchia". Non si puo' stare
zitti: bisogna esprimere fattivamente solidarieta' a queste persone, non si
puo' ammettere che la Chiesa censuri al suo interno, censuri le leggi civili
italiane, e insomma faccia quel che le pare approfittando dell'ignoranza
religiosa dei piu' e della sottomissione opportunistica di molti.
Non si puo' continuare a dire che la marcia per la pace va bene comunque
anche se viene stravolta, che la manifestazione contro la guerra del 19
marzo forse non e' opportuna: se della marcia vengono snaturate le
caratteristiche storiche bisogna dirlo; se i frati di Assisi vengono messi
sotto commissariamento, va detto che non siamo d'accordo e se essi scelgono
comunque l'obbedienza, senza interferire nelle loro decisioni noi, che non
sottostiamo alla loro regola, affermiamo che le loro parole giuste amabili
solenni profetiche fino a che erano libere, sono diventate per noi sospette
da quando non lo sono piu'. Pax Christi viene sottoposta a censura:
addirittura, avendo comunicato (ma debbono avere l'imprimatur? usa ancora
dopo Balducci?) i nomi dei partecipanti alla tavola rotonda in occasione
della marcia della pace di fine anno, si sono visti tornare il testo con i
nomi dei relatori cambiati d'autorita': una ingerenza intollerabile, anche
se per caso loro la tollerassero: dobbiamo sapere se chi eventualmente
parlera' a nome di Pax Christi, e' stato scelto e invitato da Pax Christi o
imposto da Ruini o da Ratzinger, piu' che mai prefetto della Santa
Inquisizione.

4. PROFILI. ANTONIO VIGILANTE: UN PROFILO DI GIUSEPPE GIOVANNI LANZA DEL
VASTO
[Dal sito "Palabre" (http://palabre.altervista.org) riprendiamo il seguente
profilo.
Antonio Vigilante (per contatti: agrypnos at tiscali.it) e' studioso e amico
della nonviolenza, di grande acutezza e profondita'; nato a Foggia nel 1971,
dopo la laurea in pedagogia si e' perfezionato in bioetica; docente di
scienze sociali, dirige la collana "L'Aratro. Testi e studi su pace e
nonviolenza" delle Edizioni del Rosone di Foggia, fa parte del comitato
scientifico dei prestigiosi "Quaderni Satyagraha", collabora a diverse
riviste ed e' autore di rilevanti saggi filosofici sulla nonviolenza. Tra le
opere di Antonio Vigilante: La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza
in Aldo Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Quartine, Edizioni del
Rosone, Foggia 2000; Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del
Rosone, Foggia 2004.
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto ("Shantidas" e' il nome che gli attribui'
Gandhi) e' una delle figure piu' grandi della nonviolenza; nato nel 1901 a
San Vito dei Normanni da madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e
Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in
Europa fonda la "Comunita' dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza
comunitaria nonviolenta, artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e
partecipa a numerose iniziative per la pace e la giustizia. E' deceduto in
Spagna nel 1981. Tra le opere di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto
segnaliamo particolarmente: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo
pellegrinaggio, Che cos'e' la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela,
Introduzione alla vita interiore, tutti presso Jaca Book, Milano (che ha
pubblicato anche altri libri di Lanza del Vasto); Principi e precetti del
ritorno all'evidenza, Gribaudi; Lezioni di vita, Libreria Editrice
Fiorentina, Firenze; In fuoco e spirito, La Meridiana, Molfetta (Ba). Le
comunita' dell'Arca - cosi' come gruppi e persone amiche di questa
esperienza - sono diffuse in vari paesi e proseguono la riflessione e
l'esperienza del fondatore; per informazioni e contatti:
digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ e anche (in francese)
www.canva.org]

Il Novecento italiano ha figure pressoche' dimenticate, o note solo in
cerchie ristrette, a spiriti particolarmente affini: e sono figure a volte
fortemente in anticipo sulla storia, segnate da una loro inquietudine, che
le spinge ad un vagabondaggio intellettuale che e' gia' testimonianza della
condizione dell'uomo contemporaneo; o, in altri casi, da una solitudine che
si fissa su un'idea, su un'urgenza etica, su un progetto di vita portato
avanti con determinazione ed entusiasmo. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto
e' una di queste figure. Nella sua lunga vita ha vissuto la stagione del
vagabondaggio e poi quella dell'impegno, della strutturazione. Tra le due
stagioni c'e' l'esperienza del pellegrinaggio. Un pellegrinaggio - che in
uno dei suoi libri piu' riusciti chiamera' Pellegrinaggio alle sorgenti
(1943) -  che lo porta non nei luoghi della sua fede cristiana, ma nella
lontana India del Mahatma Gandhi.
Lanza del Vasto nasce nel 1901 a San Vito dei Normanni, da padre siciliano e
madre belga. Compie i primi studi a Parigi, e quindi si laurea in filosofia
a Pisa. Segue un periodo di assoluta liberta', di lavori umili, viaggi,
poverta' volontaria. "Ero fiero della mia totale indigenza - ricordera' anni
dopo - e geloso della mia liberta' di rondine. Rendevo grazie al Signore per
la sua presenza nelle cose belle e nella buona gente che la terra porta, per
i suoi cieli, le sue nuvole, gli alberi, gli uccelli, i fiori. Mai come
allora ho assaporato la pura gioia di vivere, pura da altre gioie. Ma questa
vita troppo bella, queste perpetue vacanze non potevano durare sempre
perche', ecco, la guerra stava per venire sul mondo" (1).
La guerra, che getta alcuni nello sconforto e altri fa scivolare lungo la
china del cinismo che dichiara impermeabile il mondo agli ideali, lo spinge
alla ricerca di una terza via; un modo per rinunciare alla violenza senza
abdicare alle ragioni che con la violenza si tenta di far prevalere. E' il
viaggio in India, nel '37, ad indicargli, al di sopra di ogni dubbio, il
tracciato esatto di questa via. E' l'incontro con Gandhi. Il cristiano Lanza
del Vasto apprende dall'indu' Gandhi che i principi evangelici non sono
validi solo per i rapporti privati, ma possono e devono valere anche nella
sfera politica.  "E' una verita' che noi cristiani possediamo da sempre. Ma
essa era cosi' lontana dalla nostra vita, cosi' avversa a tutto quanto la
vita e gli uomini ci hanno insegnato, che noi non sapevamo piu' che farcene.
La tenevamo racchiusa tra le mura di una chiesa e nell'ombra del cuore. C'e'
voluto l'avvento di quell'indu' per farci conoscere quel che sapevamo da
sempre" (2). Da Gandhi riceve il nome di Shantidas, "servitore di pace".
Al ritorno in Europa, vi diffonde il messaggio gandhiano, curando anche di
sistemare le intuizioni del Mahatma - che non e' stato un filosofo - in un
pensiero articolato e coerente, di ispirazione cristiana, ma aperto
all'influsso della spiritualita' orientale. Nel 1948 sposa una musicista,
cui da' il nome di Chanterelle, e con lei ed un gruppo di seguaci fonda in
Francia la Comunita' dell'Arca. Si tratta di una comunita' rurale, ispirata
ai principi della sobrieta', della condivisione, dell'unione tra lavoro e
spiritualita': un tentativo di fondare la nonviolenza cominciando dalla
ristrutturazione dei rapporti umani, estirpando cio' che di violento e'
nelle modalita' sociali correnti. I membri dell'Arca si impegnano con sette
voti a lavorare per se stessi e per gli altri, ad obbedire alla disciplina
dell'ordine, ad assumersi le proprie responsabilita' davanti all'ordine, a
purificarsi da ogni tendenza al possesso, a vivere sobriamente e ad evitare
ogni violenza verso gli uomini e gli animali. Separata dalla societa', la
Comunita' dell'Arca - anzi: le Comunita', poiche' l'iniziativa di Lanza del
Vasto ha trovato diffusione notevole in Europa ed altrove - opera tuttavia
in essa con azioni civiche, come i digiuni portati avanti dal fondatore sul
finire degli anni Cinquanta per protestare contro le violenze in Algeria, o
il digiuno di quaranta giorni a Roma, nel '63, durante il Concilio Vaticano
II, per chiedere un impegno esplicito della Chiesa in favore della pace.
Lanza del Vasto e' riconosciuto come uno dei maestri della nonviolenza,
anche se la sua collocazione in qualche modo anomala - il suo cattolicesimo
venato di misticismo orientale - e certe pose da profeta suscitano un certo
sospetto che non ha giovato e non giova alla diffusione del suo pensiero.
La visione filosofico-religiosa di Lanza del Vasto e' fondata sul'íidea del
peccato originale. La storia non e' il succedersi di eventi casuali, ne' si
svolge secondo una legge immanente e dialettica, ma va letta in prospettiva
escatologica, come storia della caduta dell'uomo dal suo stato originario e
della sua salvezza. La caduta e' interpretata da Lanza del Vasto come una
perversione della conoscenza: l'uomo ha mangiato dall'albero della
conoscenza del bene e del male. I due termini essenziali sono mangiare e
conoscenza. Mangiare e' distruggere, degradare, ridurre qualcosa di vivo a
cibo inerte. L'uomo ha peccato perche' ha posto la conoscenza, cosa in se'
buona, al proprio servizio, degradandola, impiegandola come uno strumento
utile per fini mondani.
Il filosofo legge la pagina biblica avendo come riferimento il grande
cambiamento che si e' avuto nella cultura occidentale con il passaggio dal
Medioevo all'Eta' moderna. La cultura contemplativa, concepita come via per
l'elevazione umana e' stata superata da una concezione utilitaristica,
tecnica della conoscenza e della ragione, come mezzo che rende piu' comoda
l'esistenza. E' la concezione che si afferma prima con l'Illuminismo e poi
con il Positivismo, con la sua fede nel progresso e nelle possibilita' di
una ragione umana slegata dalla fede e dal divino. Lanza del Vasto proietta
questo passaggio storico su un piano meta-storico, compiendo un'operazione
non nuova e pur sempre discutibile, poiche' mette il testo sacro al servizio
delle proprie polemiche contingenti (in questo caso la polemica, peraltro
condivisibile e condivisa, infatti, da non pochi pensatori del Novecento,
contro la ragione strumentale).
Se il Genesi consente di comprendere l'origine della degradazione umana,
l'Apocalisse ci consente di conoscerne l'esito. Anche in questo caso, il
filosofo legge il testo biblico attualizzandolo. Le due bestie di cui si
parla in Apocalisse 13, 1-18, la bestia che sale dal mare e la bestia che
sale dalla terra, rappresentano la scienza della materia e la macchina: le
due forze fondamentali del mondo contemporaneo. La profezia apocalittica
dunque contiene una condanna della scienza e della tecnica, come strumenti
principali di cui si serve Satana. Al di la' della attualizzazione del testo
biblico, suscita qualche perplessita' proprio questa condanna senza appello
della ragione scientifica e tecnica. Donatella Abignente si e' chiesta: "Non
e' riduttivo negare il valore obiettivo di quel processo culturale di
conoscenza, di esperienza, di autonomia della realta' mondana che il
procedimento scientifico moderno realizza?" (3). Ad essere criticati e
condannati non sono lo scientismo e l'idolatria della tecnica, i cui effetti
deleteri per la sopravvivenza stessa della specie sono sotto gli occhi di
tutti, ma la scienza e la tecnica in se', al di la' delle loro possibili
degenerazioni.
D'altra parte, bisogna ricordare che Lanza del Vasto e' il discepolo di
Gandhi, ed il Mahatma non e' mai stato tenero con la scienza e la tecnica,
contrapponendo la medicina naturale a quella scientifica, strumenti
rudimentali come il filatoio alle macchine occidentali, il camminare a piedi
alle ferrovie. Come Gandhi, Lanza del Vasto e' il nostalgico di un mondo
pre-industriale. Ma se Gandhi vive in India, in una realta' nella quale
l'industrializzazione e' ancora incipiente, Lanza del Vasto vive in Europa,
proprio negli anni che vedono il passaggio dal mondo contadino a quello
industriale.
Se Gandhi trova nei villaggi indiani una realta' da valorizzare contro la
tendenza all'urbanizzazione, Lanza del Vasto avverte la necessita' di creare
delle strutture assolutamente nuove. Nessuna realta' sociale esistente puo'
servire per il compito di condurre l'umanita' fuori dalla degradazione
dovuta alla scienza ed alla tecnica. Occorre una realta' creata proprio per
questo scopo, in un certo senso artificiale, anche se ispirata alla realta'
sociale piu' antica, l'unica, a parere di Lanza del Vasto, che Dio abbia
approvato. Questa realta' e' la tribu'. Nell'Europa del Novecento Lanza del
Vasto ha perseguito il progetto di formare delle tribu' simili a quelle
della Bibbia. Le Comunita' dell'Arca vogliono essere delle tribu'
patriarcali, delle cittadelle dello spirito nella barbarie contemporanea,
cui spetta il compito di preservare i valori in pericolo e di diffondere la
verita' della nonviolenza attraverso l'ascesi e l'impegno, la ricerca
spirituale e la lotta contro le situazioni di violenza e di ingiustizia.
La visione di Lanza del Vasto discende, dunque, da una lettura della Bibbia;
ma e' anche un grande ammiratore della cultura e della civilta' indiana.
Nella Introduzione alla vita interiore afferma: "Esiste un fondo comune di
tutte le tradizioni in cui ognuno puo' ritrovare le evidenze in se stesso, a
condizione di sottomettersi a una preparazione appropriata" (4). Una tesi
importante, in linea con la piu' avanzata tendenza del cattolicesimo, che
anticipa quella apertura e disponibilita' verso le altre fedi che ha portato
Giovanni Paolo II a pregare ad Assisi con i rappresentanti delle grandi
religioni mondiali. La posizione di Lanza del Vasto verso la Chiesa
cattolica e' complessa. Da una parte, sostiene l'importanza storica
dell'istituzione per tramandare e custodire il Vangelo. Ma questo, sostiene,
e' solo il corpo della religione, che bisogna difendere quando e' in
pericolo, ma di cui non bisogna curarsi troppo. Oltre il corpo c'e' l'anima
della religione, che non soffre limiti confessionali e consente il dialogo e
l'intesa tra tutti coloro che credono in Dio, quale che sia la loro
religione. E' inevitabile che tra le diverse religioni vi siano differenze
anche sostanziali, ma cio' non deve spaventare, perche' le religioni hanno a
che fare con l'Assoluto, e l'Assoluto puo' essere colto in molti modi. Per i
cristiani, ad esempio, Dio e' Persona, mentre gli induisti credono nel
Brahman impersonale. Cosa impedisce di pensare che Dio sia al tempo stesso
personale ed impersonale?
Attingendo liberamente alla tradizione religiosa indiana e sintetizzandola
con i modelli della spiritualita' e della mistica cristiana, Lanza del Vasto
elabora un modello di spiritualita' che, anche se elaborato nell'Occidente
del XX secolo, non ha nulla della superficialita' di certe proposte
spirituali contemporanee, che sembrano rispondere piu' alla richiesta di
vivere esperienze eccitanti ed esotiche, che di raggiungere autenticita' e
liberazione. Spiritualita' che si riconoscono per il disimpegno, mentre
quella di Lanza del Vasto, mentre sfiora l'ascetismo vero e proprio, pure
esige una sua traduzione in termini di azione politica - che sara' nella
mobilitazione contro le guerre ed il militarismo.
Abbiamo cosi' in Lanza del Vasto il prezioso modello di una spiritualita' -
vale a dire di una cura di se', o, per essere piu' precisi, di una cura del
Se' - che non solo e' anche etica - cura dell'Altro - ma e' anche politica:
ricerca di un mondo comune, di una polis che, pur con i limiti inevitabili
nelle realta' istituzionali, si modelli sulla reciprocita' del rapporto tra
Se' ed Altro. Ma il mondo, segnato dal peccato, non puo' adeguarsi a questo
modello. Lanza del Vasto cerca dunque una realta' artificiale, una comunita'
di uomini che ricercano la verita' e preservano il patrimonio spirituale
dell'umanita' in un'epoca di barbarie. Tale vuole essere l'Arca: e gia' il
nome indica il suo compito storico. Nelle comunita' dell'Arca i conflitti
del mondo sono semplificati, la guerra di tutti contro tutti hobbesiana,
attestata tanto dalla politica internazionale quanto dalla vita quotidiana,
e' sospesa, se non definitivamente sconfitta. Come un ordine religioso,
l'Arca ha una sua regola, che stabilisce i principi, i ruoli, i riti comuni,
e tuttavia non si tratta di un ordine religioso; piuttosto, di una via di
mezzo tra un ordine religioso ed un ordine cavalleresco, tra una comunita'
tesa alla trascendenza ed una organizzazione politica che opera nella
storia.
E' un ordine che ha qualcosa di anacronistico. Si e' detto che si ispira
alle tribu' bibliche. Nulla sa - nulla vuole sapere - dei cambiamenti
avvenuti nell'organizzazione sociale dai tempi delle tribu' bibliche: e
dunque e' una comunita' rigorosamente patriarcale, nella quale e' confermato
il legame tra maschilita' e potere, che il pensiero femminista ha analizzato
e di cui ha denunciato gli effetti deleteri sullo sviluppo della civilta'.
*
Note
1. Lanza del Vasto, L'Arca aveva una vigna per vela, tr. it., Jaca Book,
Milano (seconda edizione), p. 12.
2. Id., Pellegrinaggio alle sorgenti (1943), tr. it., Jaca Book, Milano
1986, p. 84.
3. D. Abignente, Il male e la storia: Lanza del Vasto legge Ap 13, in Aa.
Vv., Tra Cristo e Gandhi. L'insegnamento di Lanza del Vasto alle radici
della nonviolenza, a cura di D. Abignente e S. Tanzarella, San Paolo,
Cinisello Balsamo 2003, p. 94.
4. Lanza del Vasto, Introduzione alla vita interiore, Jaca Book, Milano
1989, p. 10-11.

5. PROFILI. ANTONIO VIGILANTE: UN PROFILO DI LEV TOLSTOJ
[Dal sito "Palabre" (http://palabre.altervista.org) riprendiamo il seguente
profilo.
Lev Tolstoj, nato nel 1828 e scomparso nel 1910, non solo grandissimo
scrittore, ma anche educatore e riformatore religioso e sociale,
propugnatore della nonviolenza. Opere di Lev Tolstoj: tralasciando qui le
opere letterarie (ma cfr. almeno Tutti i romanzi, Sansoni, Firenze 1967; e
alcuni dei piu' grandi racconti, come La morte di Ivan Il'ic, e Padre
Sergio), della gigantesca pubblicistica tolstojana segnaliamo
particolarmente almeno Quale scuola, Emme, Milano 1975, Mondadori, Milano
1978; La confessione, SE, Milano 1995; Perche' la gente si droga? e altri
saggio su societa', politica, religione, Mondadori, Milano 1988; Il regno di
Dio e' in voi, Bocca, Roma 1894, poi Publiprint-Manca, Trento-Genova 1988;
La legge della violenza e la legge dell'amore, Edizioni del Movimento
Nonviolento, Verona 1998; La vera vita, Manca, Genova 1991; l'antologia
Tolstoj verde, Manca, Genova 1990. Opere su Lev Tolstoj: dal nostro punto di
vista segnaliamo particolarmente Pier Cesare Bori, Gianni Sofri, Gandhi e
Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1985; Pier Cesare Bori, Tolstoj, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; Pier Cesare Bori,
L'altro Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1995; Amici di Tolstoi (a cura di),
Tolstoi il profeta, Il segno dei Gabrielli, S. Pietro in Cariano (Vr) 2000]

Tolstoj ha vissuto due vite. La prima e' quella dello scrittore di Anna
Karenina e di Guerra e pace, considerato unanimemente uno dei piu' grandi
scrittori mai esistiti. La seconda vita comincia a cinquant'anni, dopo una
crisi spirituale che lo porta a meditare il suicidio. Ne esce conquistando
una nuova prospettiva religiosa, etica e politica. La prospettiva della
nonviolenza radicale.
Nato nella tenuta di Jasnaja Poliana (non molto distante da Mosca) nel 1828,
da famiglia nobile, il conte Tolstoj frequento' in gioventu' la buona
societa' di Mosca e San Pietroburgo, dandosi ad un'esistenza libera, in
qualche caso disordinata, perseguitato da un costante senso di colpa e
dall'aspirazione alla perfezione morale. Nel 1862 sposa Sofia Bers e si
ritira nella tenuta di Jasnaja Poliana, dove scrive i suoi capolavori
letterari, e dove lo coglie la crisi spirituale. Dopo un ulteriore soggiorno
a Mosca, si ritira definitivamente nella tenuta di Jasnaja Poliana,
condividendo la vita dei contadini, scrivendo le sue opere saggistiche -
alle quali attribuisce piu' importanza che ai suoi grandi romanzi - e
ricevendo visitatori da tutto il mondo. Gli ultimi anni sono rattristati dai
contrasti con la moglie, che rendono la vita familiare invivibile. Lo
scrittore ne sfugge la notte del 27 ottobre del 1910, ma senza fare molta
strada: dieci giorni dopo e' preso da forti febbri mentre tenta di
allontanarsi in treno. Muore il 7 novembre nella casa del capostazione di
Astapovo.
Un documento molto dettagliato sulla crisi spirituale dalla quale scaturisce
la seconda vita di Tolstoj e' La confessione. A coglierlo fu il senso della
inutilita', dell'assurdo, della sofferenza della vita umana. "Non c'e'
possibilita' d'illudersi. Tutto e' vanita'. Felice chi non e' mai nato. La
morte e' preferibile alla vita, dunque bisogna liberarsi da quest'ultima".
La via d'uscita intravista era quella della fede, ma c'era un ostacolo: la
fede era presentata come umiliazione della ragione, ed era una condizione
che Tolstoj non poteva accettare. La risposta alle inquietudini venne da una
lettura assolutamente libera del Vangelo, che lo convinse che la fede
irrazionale e' una degenerazione dell'autentico cristianesimo, e che il
messaggio evangelico e' in realta' chiaro, semplice, razionale, e non
richiede alcun atto di fede.
Tolstoj si convince dell'esistenza di una verita' universale contenuta
nell'insegnamento di tutti i grandi maestri dell'umanita', dal Cristo al
Buddha, da Lao-tze a Socrate. L'essenza di questo insegnamento e' il rifiuto
della violenza e la non resistenza al male: non fare all'altro cio' che non
vorresti che fosse fatto a te e, in positivo, fare all'altro cio' che
vorresti che fosse fatto a te. Non e' una verita' rivelata, ma qualcosa cui
ognuno puo' giungere riflettendo sulla propria situazione esistenziale. Gli
uomini in societa' sono in uno stato di conflitto generale: ognuno vorrebbe
per se' il massimo dei beni di questo mondo, quei beni che deve contendere
agli altri, anche con la violenza. Da una parte, quindi, questa ricerca del
bene porta alla violenza generalizzata, con l'infelicita' che essa comporta,
dall'altra i beni materiali si dimostrano comunque incapaci di soddisfare la
sete dell'individuo, che passa ansiosamente da un possesso all'altro, senza
mai trovare pace. In Della vita Tolstoj contrappone a questo labirinto
esistenziale, proprio di quella che chiama individualita' animale, la via
della coscienza razionale, nella quale il dramma esistenziale dell'uomo
trova la sua soluzione. La coscienza razionale inverte l'aspirazione
dell'individualita' animale. Se questa desidera i beni per se', la coscienza
razionale desidera il bene per l'altro. L'uomo raggiunge la pace e la
felicita' quando ricerca il bene dell'altro, quando spezza il proprio
egoismo ponendo l'altro prima di se'. Cosi' trova soluzione anche il
conflitto sociale, e nasce una societa' armonica, giusta e libera, nella
quale i beni sono a disposizione di ognuno, e non piu' contesi
violentemente.
La coscienza razionale, che indica all'uomo la via dell'amore, e' tutt'uno
con la legge di Dio, la quale in Tolstoj e' una sorta di sapienza cosmica,
un fondamento metafisico che sostiene l'uomo nelle sue scelte morali. Ma la
legge di Dio non e' la legge che ispira le istituzioni umane; anzi, queste
ultime rappresentano il suo piu' deciso disconoscimento. Per questo l'uomo
etico e religioso, l'uomo che obbedisce a Dio, deve disobbedire ad ogni
potere mondano. L'obbedienza a Dio e' in Tolstoj la giustificazione della
disobbedienza e della noncollaborazione con il potere civile, politico e
religioso. Se Dio non ci fosse, l'uomo non avrebbe una autorita' da
contrapporre a quella dei poteri terreni. Dio e' quell'istanza superiore che
consente di relativizzare i poteri terreni e di sottrarsi ad essi. Tolstoj
rovescia la fondazione carismatica del potere politico, giungendo ad una
fondazione carismatica della dissidenza e dell'obiezione di coscienza.
Lo Stato e le Chiese sono le istituzioni responsabili di una realta' sociale
che e' la piu' lontana possibile dall'ideale evangelico. Le seconde, in
particolare, sono responsabili di aver tradito il Vangelo, facendo passare
in secondo piano la radicalita' del comandamento dell'amore e del Sermone
della montagna, e facendo del Cristo un Dio da venerare attraverso i suoi
rappresentanti terreni, per ottenere la vita eterna dopo la morte. Tolstoj
rigetta, anche se con qualche oscillazione, l'idea di Gesu' come Salvatore,
in favore di quella del maestro morale, messaggero di quella sapienza
universale che sola puo' condurre alla pace. Le Chiese hanno sostituito al
messaggio chiaro del Cristo una serie di dogmi, di riti, di superstizioni,
con le quali hanno ingannato il popolo e sulla quali hanno basato il proprio
potere temporale, condiviso con i politici.
La piu' importante opera filosofico-religiosa di Tolstoj, Il Regno di Dio e'
dentro di voi, e' tutta una denuncia della falsita' e dell'alienazione della
religione delle Chiese, cui si accompagna il ruolo violento delle
istituzioni civili e politiche, interamente al servizio dell'oppressione
dell'uomo sull'uomo, dei ricchi sui poveri, dei possidenti sui diseredati.
Oppressione che si serve del servizio militare, dei giudici, degli avvocati,
della burocrazia, oltre che del clero, ma che in ultima analisi si sostiene
sul tacito accordo dei sottomessi (la servitu' volontaria di cui aveva
parlato La Boetie). Il risveglio religioso portera' questi ultimi a
ribellarsi senza far ricorso alla violenza, semplicemente smettendo di
collaborare con gli oppressori, opponendo alla violenza del dominio la
fermezza della loro protesta morale.
L'ideale nonviolento di Tolstoj - che ha influito in modo non lieve su
Gandhi, lettore entusiasta de Il Regno di Dio e' dentro di voi - si completa
con la scelta del vegetarianesimo, l'opposizione alla caccia ed alla
proprieta', l'esaltazione di una vita essenziale, sobria, in contatto con la
gente umile e con la natura, nella quale alla riflessione intellettuale si
affianca il lavoro manuale.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1142 del 12 dicembre 2005

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