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La domenica della nonviolenza. 49
- Subject: La domenica della nonviolenza. 49
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 27 Nov 2005 16:24:23 +0100
============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 49 del 27 novembre 2005 In questo numero: 1. Jim Forest: Prefazione a "La pace nell'era postcristiana" di Thomas Merton 2. L'indice de "La pace nell'era postcristiana" di Thomas Merton 3. Howard Zinn: Sette principi della disobbedienza civile 4. Maria G. Di Rienzo presenta "Fermare ora la prossima guerra" a cura di Medea Benjamin e Jodie Evans 5. Riedizioni: Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione? 1. MEMORIA. JIM FOREST: PREFAZIONE A "LA PACE NELL'ERA POSTCRISTIANA" DI THOMAS MERTON [Ringraziamo Guido Dotti (per contatti: guido.dotti at qiqajon.it) per averci inviato il testo della prefazione di Jim Forest al libro di Thomas Merton, La pace nell'era postcristiana, Edizioni Qiqajon, Magnago 2005, pp. 292, euro 18. Per richieste alla casa editrice: Edizioni Qiqajon, Comunita' di Bose, 13887 Magnano (Bi), tel. 015679264, fax: 015679290, e-mail: edizioni at qiqajon.it Il libro, di imminente apparizione in libreria, e' un testo di grande rilevanza, "scritto tra il 1960 e il 1962, precursore della Pacem in terris; purtroppo i superiori di Merton ne vietarono a piu' riprese la pubblicazione, poi fini' nel dimenticatoio, fino allo scorso anno (negli Usa) e ora in Italia. Resta di un'impressionante, drammatica attualita'"; riproduciamo di seguito una breve nota di presentazione editoriale: "La lucida analisi di Merton su pace, guerra e vangelo esce dopo oltre quarant'anni di ostracismo, ma rimane di drammatica attualita'. Molte cose sono nel frattempo cambiate, soprattutto nell'identificazione del 'nemico', ma non e' mutata la tentazione di far prevalere logiche di guerra e di morte. E ancora oggi, la ricerca della 'pace sulla terra' passa anche attraverso la testimonianza dei cristiani perche' 'una parte essenziale della buona novella e' che le misure nonviolente sono piu' forti delle armi: con armi spirituali, la chiesa primitiva ha conquistato l'intero mondo romano'. Oggi, come quarant'anni fa, 'abbiamo ancora tempo per fare qualcosa in vista dell'abolizione della guerra, ma il tempo si sta rapidamente esaurendo'. Thomas Merton (Prades 1915 - Bangkok 1968), monaco trappista e poeta, ha saputo trasformare la sua ricerca contemplativa ed eremitica in un ponte per il dialogo con il mondo moderno e con le religioni orientali. Il diario del suo cammino interiore - La montagna dalle sette balze - lo ha fatto conoscere al grande pubblico dei cinque continenti. Presso le Edizioni Qiqajon sono stati pubblicati anche Un vivere alternativo e La contemplazione cristiana. Destinatari del libro sono quanti, cristiani e non cristiani, sono impegnati nell'azione per la pace e nella riflessione sulla convivenza civile". Jim Forest, pacifista cattolico statunitense, redattore del "Catholic Worker", e' stato collaboratore, amico e biografo di Dorothy Day, e corrispondente, amico e biografo di Thomas Merton. Thomas Merton (1915-1968) nacque a Prades nei Pirenei francesi da padre neozelandese e madre americana, ambedue pittori. Stabilitosi negli Usa, e dopo varie esperienze entrato nell'ordine dei Cistercensi di stretta osservanza nell'abbazia di Gethsemani nel Kentuky, mori' a Bangkok per un incidente provocato da un elettrodomestico. Opere di Thomas Merton: in Italia l'editore Garzanti ha pubblicato molte sue opere, tra esse segnaliamo particolarmente l'autobiografia La montagna dalle sette balze; l'antologia delle Poesie; tra i saggi il volume Lo zen e gli uccelli rapaci; nel catalogo Garzanti attualmente sono disponibili i seguenti libri di Merton: La montagna dalle sette balze; Nessun uomo e' un'isola; Pensieri nella solitudine; Lo zen e gli uccelli rapaci; Mistici e maestri zen; Semi di contemplazione; Le acque di Siloe; Il segno di Giona; Scrivere e' pensare, vivere, pregare; Leggere la Bibbia; Diario di un testimone colpevole. Presso le Edizioni Qiqajon sono stati pubblicati: Un vivere alternativo; La contemplazione cristiana; La pace nell'era postcristiana. Segnaliamo anche l'introduzione di Merton all'antologia gandhiana da lui curata alla meta' degli anni '60, recentemente tradotta in italiano: Mohandas Gandhi, Per la pace, Feltrinelli, Milano 2002, pp. 120, euro 6,50. Ovviamente utilissimo il sito www.merton.org Dorothy Day e' stata una grande militante nonviolenta americana (nata l'8 novembre 1897, deceduta il 29 novembre 1980), fondatrice del movimento del "Catholic Worker" (e della rivista omonima); ha condotto innumerevoli lotte per la pace e la giustizia, ed ha fondato decine di case di ospitalita' urbane e di comunita' agricole per i piu' poveri. Opere di Dorothy Day: Una lunga solitudine. Autobiografia, Jaca Book, Milano 1984. Opere su Dorothy Day: Jim Forest, L'anarchica di Dio, Paoline, Cinisello Balsamo 1994; W. Miller, Dorothy Day e il Catholic Worker Movement, Jaca Book, Milano 1981. Due ricordi di Dorothy Day, di Rosemary Lynch e di Judith Malina, abbiamo pubblicato nel n. 402 di questo foglio. Un sito utile: www.catholicworker.org] Il libro che avete in mano era destinato alla pubblicazione nel 1962. Mentre Thomas Merton sarebbe lieto che quarantatre anni piu' tardi questo lavoro fatto per passione fosse finalmente nelle librerie e nelle biblioteche, lo angoscerebbe il fatto che, lungi dall'essere il ricordo intenso di un'epoca passata, sia rimasto attuale e significativo. * 1962: culturalmente erano ancora gli anni cinquanta. Quelli che sarebbero stati conosciuti come gli anni Sessanta non erano ancora cominciati. West side story aveva vinto il premio Oscar come miglior film nel 1961. I Beatles erano sconosciuti. John F. Kennedy era da due anni presidente degli Stati Uniti, Nikita Krusciov da quattro a capo dell'Unione Sovietica. Erano passati tre anni da quando la rivoluzione guidata da Fidel Castro aveva preso il potere a Cuba. Il coinvolgimento militare americano in Vietnam stava progressivamente aumentando. La guerra fredda stava ancora soffiando i suoi venti gelidi attraverso ogni confine. I russi en masse erano ritenuti degli empi comunisti. Gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica, la Gran Bretagna e la Francia erano gli unici stati ad avere le armi nucleari. Erano passati dieci anni dall'esplosione della prima bomba all'idrogeno e diciassette dalla distruzione di Hiroshima e Nagasaki per mezzo di bombe atomiche molto meno potenti. Gli americani stavano spendendo centinaia di milioni di dollari nei rifugi antiatomici come mezzo per sopravvivere alla guerra nucleare. I politici, i generali e gli esperti del periodo parlavano di "gap missilistici" quando sostenevano la costruzione di missili che arrivassero piu' lontano, portando a destinazione cariche esplosive maggiori. Le armi nucleari non erano affatto gli unici sistemi di distruzione di massa. Sia gli Stati Uniti, sia l'Unione Sovietica avevano grandi programmi per lo sviluppo e lo stoccaggio di armi chimiche e biologiche. "Pace" era una parola sospetta. Coloro che la usavano rischiavano di essere considerati "rossi" o "sinistroidi". Eppure, un profondo cambiamento era in corso negli Stati Uniti. Il razzismo era contestato. Gli attivisti del movimento americano per i diritti civili combattevano per rendere accessibili a tutti le scuole, i mezzi pubblici e i ristoranti. Martin Luther King aveva acquisito fama internazionale. * Si poteva confidare nel fatto che nel 1962 la chiesa cattolica in America, dopo molti anni di lotta contro i pregiudizi anti-cattolici, avesse un atteggiamento di sostegno riguardo al sistema economico e alla politica estera dell'America. Su piu' di una parrocchia o ingresso di scuola cattoliche erano incise le parole Pro Deo et Patria, per Dio e per la Patria. Molti cattolici avevano fatto carriera nell'esercito, nell'Fbi e nella Cia. Per la prima volta, c'era un cattolico alla Casa Bianca. Uno degli scrittori religiosi piu' letti d'America era un monaco trappista, Thomas Merton. Rimasto orfano nell'infanzia, convertito alla chiesa cattolica mentre studiava alla Columbia University, nel dicembre 1941 aveva rinunciato a un posto da insegnante al Collegio S. Bonaventura, nella parte orientale dello stato di New York, per iniziare la vita monastica all'abbazia di Nostra Signora del Gethsemani, nel Kentucky rurale. Quando il suo abate si accorse del suo talento di scrittore, egli fu incoraggiato a scrivere un'autobiografia. Pubblicata nel 1948, La montagna dalle sette balze divenne un successo travolgente. Merton, monaco da appena sei anni e a soli trentatre' d'eta', si ritrovo' famoso. Ogni libro successivo che scrisse ebbe assicurate ottime vendite sia in inglese, sia in traduzione. Per anni i suoi temi principali furono la vocazione monastica, la contemplazione, la preghiera, la vita sacramentale, le vite dei santi e la ricerca della santita', ma c'erano anche libri che rivelavano le sue battaglie di monaco. Per quanto occasionalmente egli avesse rivelato dei punti di vista sociali critici - c'era un attacco al razzismo ne La montagna dalle sette balze - molti dei suoi lettori erano impreparati alle sue critiche alla corsa agli armamenti e alla guerra fredda che cominciarono ad apparire nei periodici cattolici nel 1961. C'era anche il movimento Catholic Worker guidato da Dorothy Day, un'altra convertita. Fondato durante la depressione del 1933, aveva non solo dato vita a molte case d'ospitalita' per accogliere i poveri, ma aveva spesso preso parte alle proteste contro i preparativi per la guerra. Mentre era considerato marginale dalla maggior parte della gerarchia, era un centro di grande fermento ed entusiasmo. Era uno dei pochi gruppi cattolici del tempo profondamente impegnato nel movimento per i diritti civili. La sua pubblicazione aveva molte migliaia di lettori. Thomas Merton era tra quanti avevano un'alta opinione di Dorothy Day e del movimento da lei guidato. Nell'estate del 1961, egli presento' il primo di una serie d'articoli, The Root of War is Fear (1) al "Catholic Worker" [la rivista del movimento omonimo - ndr]. Apparve nell'edizione di ottobre. A quell'epoca io facevo parte della comunita' del Catholic Worker di New York. Dorothy Day, al corrente del mio interesse per gli scritti di Merton, mi chiese di preparare il suo testo per la pubblicazione e mi incoraggio' anche a tenere una corrispondenza con lui. Ebbe cosi' inizio un rapporto epistolare e di visite occasionali che sarebbe durato fino alla morte di Merton, nel dicembre 1968. * Nell'aprile del 1962, Merton completo' La pace nell'era post-cristiana. Aveva sperato che sarebbe stata pubblicata da Macmillan in autunno. Invece, fu bandita da dom Gabriel Sortais, abate generale dell'Ordine di Merton, i cistercensi della stretta osservanza, meglio noti come trappisti. Pochi giorni dopo aver completato il lavoro a La pace nell'era post-cristiana, fu consegnata a Merton una lettera di dom Gabriel, che gli proibiva di scrivere ulteriormente sul tema della guerra e della pace (2). Il giorno seguente, Merton mi scrisse la lettera piu' triste che io abbia mai ricevuto da lui: "Ecco la scure. Da lungo tempo prevedevo problemi con i superiori e ora eccoli. Gli ordini sono di non scrivere piu' sulla pace... In sostanza sono messo a tacere sulla questione della guerra e della pace". La decisione, scrisse, rifletteva "Una sbalorditiva incomprensione della gravita' dell'attuale crisi dal lato religioso. Riflette un'insensibilita' verso i valori cristiani ed ecclesiastici e verso il vero significato della vocazione monastica. La ragione addotta e' che questo non e' il tipo di lavoro adatto ad un monaco e che 'falsifica il messaggio monastico'. Pensa un po': il pensiero che un monaco possa essere abbastanza preoccupato dalla questione della guerra nucleare da esprimere una protesta contro la corsa agli armamenti dovrebbe gettare la vita monastica nel discredito. Caspita, io penserei che potrebbe forse salvare un ultimo briciolo di reputazione per un'istituzione che molti considerano morta in piedi... Questo e' veramente l'aspetto piu' assurdo dell'intera questione, che queste persone insistano a scavarsi la fossa e a erigervi sopra la piu' monumentale pietra tombale". Sotto la superficie del disaccordo fra Merton e il suo abate generale stava una diversa concezione dell'identita' e della missione della chiesa. Per Merton, il monaco era obbligato a essere tra i piu' attenti a cio' che stava accadendo nel mondo in generale e aveva un ruolo da svolgere nel rinnovamento: "La vitalita' della chiesa dipende proprio dal rinnovamento spirituale ininterrotto, continuo e profondo. Ovviamente questo rinnovamento deve esprimersi nel contesto storico e richiedera' una vera comprensione spirituale delle crisi storiche, una valutazione per quanto riguarda sia il loro significato intimo, sia la crescita umana e la promozione della verita' nel mondo dell'uomo: in altre parole, l'istituzione del regno di Dio. Si suppone che il monaco sia in sintonia con la dimensione spirituale intima delle cose. Se egli non sente e non dice nulla, il rinnovamento interiore sara' complessivamente in pericolo e puo' essere reso completamente sterile. "Queste menti autoritarie credono tuttavia che la funzione del monaco non sia quella di vedere o sentire nessuna nuova dimensione, ma semplicemente quella di sostenere punti di vista gia' esistenti, proprio nella misura in cui e perche' essi sono definiti per lui da qualcun altro. Anziche' essere all'avanguardia, egli e' dietro, con le vettovaglie, a confermare tutto cio' che e' stato fatto dai funzionari. Il ruolo del monaco nel rinnovamento del contesto storico diventa allora semplicemente quello di confermare il proprio totale sostegno alla burocrazia. Egli non ha allora altra funzione, tranne forse di pregare per quello per cui gli e' detto di pregare: cioe', gli scopi e gli obiettivi di una burocrazia ecclesiastica. Il monastero come concetto di 'dinamo' risale a questo. Il monaco esiste per generare un potere spirituale che giustifichera', di volta in volta, la gia' stabilita giustezza dei funzionari sopra di lui. Egli non deve assumere in nessun caso e in nessuna circostanza un ruolo che implichi qualche forma di spontaneita' e originalita'. Deve essere un occhio che non vede nulla, tranne cio' che e' attentamente scelto che egli veda. Un orecchio che non sente nulla, tranne cio' che e' vantaggioso per i dirigenti che egli senta. Sappiamo cio' che Cristo disse a proposito di simili orecchi e di simili occhi". Merton si chiedeva a voce alta se dovesse obbedire: "Ora tu mi domanderai: come concilio l'obbedienza, la vera obbedienza (che e' sinonimo di amore) con una situazione come questa? Non dovrei semplicemente rendere pubblica l'intera questione, o andarmene in segno di protesta, o dire loro di andare a farsi benedire?". Era tuttavia convinto che la disobbedienza avrebbe arrecato piu' danno che vantaggio e che, in ogni caso, non avrebbe potuto essere la sua strada: "Supponiamo in teoria che cio' non sia completamente escluso. Perche' lo farei? Per amore di testimonianza alla pace? Per amore di testimonianza alla verita' della Chiesa, nella sua realta', in quanto contraria a questa finzione dell'immaginazione? Semplicemente per amore di sfogarmi e sbarazzarmi delle tensioni e delle frustrazioni del mio spirito e sentirmi onesto a questo riguardo? "Nel mio caso particolare, ciascuno di questi aspetti sarebbe controproducente e infruttuoso. Sarebbe preso come una testimonianza contro il movimento per la pace e confermerebbe queste persone in tutta la profondita' dei loro pregiudizi e del loro autocompiacimento. Le rassicurerebbe in tutti i modi possibili che esse hanno assolutamente ragione e renderebbe ancor piu' impossibile che vedano mai qualche nuova luce sulla questione. E in ogni caso, non sto solamente cercando delle opportunita' per sfogarmi. Posso cavarmela senza. "Sono dove sono. Ho scelto liberamente questo stato e ho scelto liberamente di restarci quando si e' presentata la questione di un possibile cambiamento. Se sono un elemento di inquietudine, va bene. Non mi sto sforzando di esserlo, ma semplicemente di dire quello che la mia coscienza detta, e di farlo senza cercare il mio interesse. Questo significa accettare quelle limitazioni che possono essermi imposte dall'autorita', e non perche' posso o non posso essere d'accordo con le ragioni apparenti per cui le limitazioni sono imposte, ma per amore di Dio, che sta utilizzando queste cose per ottenere dei fini che io stesso al momento non riesco a vedere o a comprendere. So che puo' e che, a suo tempo, si prendera' buona cura di coloro che impongono limitazioni in modo ingiusto o poco saggio. Questo e' affare suo e non mio. In questa dimensione, non trovo nessuna contraddizione fra l'amore e l'obbedienza e, come dato di fatto, e' l'unico modo sicuro per superare i limiti e l'arbitrarieta' di ordini malsani" (3). Qualche settimana piu' tardi Merton mi scrisse che dietro alla censura stava l'accusa di aver scritto per una "pubblicazione controllata dai comunisti" come il "Catholic Worker" era considerato da alcuni dei suoi oppositori (4). Merton rispose alla lettera di dom Gabriel con una promessa di obbedienza, ma anche con una difesa del suo libro. A meta' maggio, Merton ricevette una risposta in cui l'abate generale rinnovava il suo ordine, ponendo l'accento sulla differenza fra gli ordini religiosi attivi e quelli contemplativi. "Non Le sto chiedendo di restare indifferente ai destini del mondo", insisteva dom Gabriel, "Ma credo che Lei abbia il potere di influenzare il mondo con le Sue preghiere e la Sua vita ritirata in Dio, piu' che con i Suoi scritti. Ecco perche' non sto pensando al danno per la causa che sta difendendo quando Le chiedo di rinunciare alla Sua intenzione di pubblicare il libro che ha terminato e di astenersi da qui in poi dallo scrivere sul tema della guerra atomica, dei preparativi per la guerra, ecc." (5). Ironicamente - come Merton fa notare ne La pace nell'era post-cristiana - Il Principe di Machiavelli, un libro sfrenatamente immorale, non e' mai stato all'indice dei libri proibiti per i cattolici (6). * Merton obbedi' a dom Gabriel, anche se in modo limitato. Mai data a nessun editore ne' esaminata dai censori trappisti, La pace nell'era post-cristiana rimase generalmente sconosciuta, eppure non fu completamente sepolta. Merton ricorse a metodi da samizdat per mettere il suo libro nelle mani d'altri, proprio come un russo avrebbe fatto nella stessa epoca. Dom James Fox, l'abate di Merton, pur lungi dall'essere un radicale, stabili' che il decreto di dom Gabriel bloccava solo la pubblicazione in forma commerciale su vasta scala. Non vide neppure nessuna necessita' che i censori dell'ordine esaminassero del materiale che non era offerto al pubblico generale, e cosi' qualsiasi cosa ciclostilata o pubblicata a circolazione limitata avrebbe potuto essere fatta circolare impunemente (7). Dom James diede l'incarico a uno dei giovani monaci dell'abbazia di battere a macchina il libro su matrici per un'edizione ciclostilata. Cosi' fu prodotta una prima tiratura di parecchie centinaia di copie de La pace nell'era post-cristiana. Entro giugno, Merton comincio' a spedire per posta delle copie ad una grande varieta' di suoi corrispondenti, compresi Ethel Kennedy, cognata del presidente Kennedy, e il cardinal Montini a Milano, che sarebbe divenuto piu' tardi papa Paolo VI. Non molto tempo dopo, fu intrapresa una seconda tiratura. Entro la fine del 1962 erano in circolazione cinque o seicento copie del libro. Da oggetto scottante qual era, poche di esse rimasero a lungo presso ciascuno degli indirizzi. Il libro proibito di Merton deve aver raggiunto, entro alcuni mesi, migliaia di attenti lettori, molti dei quali erano persone influenti. Una parte della distribuzione de La pace nell'era post-cristiana era nelle mie mani. Nel corso dell'estate del 1962, in cui mi trovavo nello staff dei Catholic Relief Services, Merton mi mando' almeno venti copie da distribuire ad altri. Ho ancora una copia che non e' stata data via, anche se vedo, da note a margine, di averla condivisa con almeno un altro lettore. * Non ho piu' la copia carbone della mia lettera a Merton come risposta al libro e non e' nemmeno sopravvissuta negli archivi di Merton a Louisville (8), ma vedo da una risposta datata 7 luglio, di aver avanzato un certo numero di suggerimenti per la revisione, nel caso in cui egli fosse mai stato in grado di lavorare ancora al libro. Esprimevo disappunto per il fatto che le convinzioni di Merton sulla guerra, cosi' simili a quelle di Dorothy Day, non fossero espresse piu' esplicitamente e proponevo che aggiungesse una sezione su san Francesco d'Assisi, un santo particolarmente importante per Merton. Durante la quinta crociata, Francesco aveva dato esempio di pacifismo disarmato viaggiando in Egitto per incontrarsi con uno dei principali oppositori del cristianesimo, il sultano Malik-al-Kamil. Francesco aveva anche fondato un "terzo ordine" per laici, ai cui membri era proibito possedere o usare armi da guerra. Merton scrisse in risposta: "Che confusione si crea tentando di scrivere un libro che passera' per i censori, cercando allo stesso tempo di dire qualcosa. Mi piegavo in tutte le direzioni per limitare ogni dichiarazione e bilanciare tutto, cosi' mi sono mantenuto proprio al centro e perfettamente oggettivo... [tentando allo stesso tempo] di dire la verita' come la mia coscienza voleva che fosse detta. Alla lunga, il risultato e' quasi zero... Certamente, se mai finiro' per lavorare di nuovo al libro, terro' a mente le tue richieste" (9). Rileggendo cio' dopo tutti questi anni, mi colpisce come il calor bianco, che Merton esprimeva nella sua lettera precedente, si fosse attenuato o celato. Sono anche impressionato dalla sua riluttanza a difendere il suo libro nonostante le critiche che avevo espresso. C'e' una sbalorditiva modestia nella sua risposta a un lettore che non aveva nemmeno la meta' dei suoi anni. Eppure, da annotazioni di Merton nei suoi diari e da lettere ad altri amici, si vede quanto fosse dura la lotta per accettare di essere stato censurato su cio' che egli rimaneva convinto fosse una questione cruciale. Naturalmente non credeva di aver perso tempo scrivendo il libro, ne' poteva essere d'accordo che andasse ugualmente bene che non fosse pubblicato. Se la pubblicazione non fosse stata bloccata, forse avrebbe potuto esserci un giro finale di revisioni, ma a grandi linee dubito che il testo finale sarebbe stato significativamente diverso dal libro come e' pubblicato ora. * Fortunatamente, molto di cio' che a Merton fu proibito di dire, sarebbe stato espresso da papa Giovanni XXIII (10). Una serie di dichiarazioni papali, critiche sia verso la corsa agli armamenti, sia verso le armi nucleari, culmino' nella pubblicazione della Pacem in Terris, pubblicata nell'aprile 1963. Essa divenne rapidamente l'enciclica papale piu' largamente discussa dei tempi moderni. Rivolgendosi non solo ai cattolici, ma a tutte le persone di buona volonta', papa Giovanni sottolineo' che il diritto umano piu' elementare era il diritto alla vita. Papa Giovanni si pronuncio' appassionatamente contro minacce per la vita come la corsa agli armamenti, e affermo' che la guerra non era piu' "un mezzo adatto a difendere diritti violati", richiedendo la protezione legale degli obiettori di coscienza al servizio militare. Lungi dal sancire cieca obbedienza a chi aveva autorita', il papa sottolineo' la responsabilita' individuale di difendere la vita e di sostenere la morale. "Se le autorita' civili autorizzano legalmente o permettono qualsiasi cosa che sia contraria alla volonta' di Dio, ne' la legge promulgata, ne' l'autorizzazione concessa possono essere vincolanti per la coscienza dei cittadini, perche' Dio ha piu' diritto dell'uomo a essere obbedito" (11). Scrivendo all'abate generale per dire come fosse "stata una buona cosa che papa Giovanni non abbia dovuto far passare la sua enciclica per i nostri censori", Merton chiese se potesse in quel momento tornare a lavorare a La pace nell'era post-cristiana - "... e adesso posso ricominciare?" (12) - affinche' potesse finalmente essere pubblicata. Impassibile, dom Gabriel rinnovo' la proibizione. Merton commento' nel suo diario: "Nel fondo della mente di dom Gabriel c'e' ovviamente l'ostinata convinzione che la Francia [di cui dom Gabriel era cittadino] dovrebbe avere la bomba e usarla, se necessario. Dice che l'enciclica [Pacem in Terris] non ha cambiato nulla nel diritto di una nazione di dotarsi di armi nucleari per l'autodifesa" (13). * Un concilio della chiesa cattolica romana, il primo dopo quasi cento anni, era stato annunciato da papa Giovanni nel gennaio 1959 ed era iniziato nell'ottobre 1962, casualmente nello stesso mese della crisi missilistica di Cuba, quando gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica si trovarono sul punto di far scoppiare una guerra nucleare. Cercando un modo per contribuire alle discussioni del concilio, nel dicembre 1962 Merton spedi' alcune copie de La pace nell'era post-cristiana a Hildegard e Jean Goss-Mayr, segretari del Mir (Movimento Internazionale della Riconciliazione). I Goss-Mayr erano in stretto contatto con il cardinale Ottaviani, segretario del Sant'Uffizio, che era il membro della curia con la maggiore responsabilita' nel processo di preparazione delle bozze dei documenti del Concilio. Uno di questi era il cosiddetto "schema 13", un documento sul ruolo della Chiesa nel mondo moderno, che comprendeva la questione della guerra. Dopo due anni di progettazioni e molte ore di dibattiti, lo schema 13 fu infine approvato e pubblicato nel 1965 come Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Lavoro culminante del concilio, esso conteneva la sola condanna specifica promulgata dal Vaticano II: "Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere citta' o di vaste regioni e dei loro abitanti, e' delitto contro Dio e contro la stessa umanita', e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato" (13bis). Una frase non molto diversa da questo passo era ne La pace nell'era post-cristiana: "Desidero insistere soprattutto su una verita' fondamentale: che ogni guerra nucleare ed effettivamente la distruzione massiccia di citta', popolazioni, nazioni e culture con qualsiasi mezzo e' un crimine gravissimo, che ci e' proibito non solo dall'etica cristiana, ma da qualsiasi codice morale sensato e serio" (14). Coloro che rinunciavano completamente alla violenza, scegliendo invece gli strumenti della nonviolenza, guadagnavano l'approvazione del concilio: "Non possiamo mancare di lodare coloro che rinunciano all'uso della violenza nella difesa dei propri diritti e che ricorrono a metodi di difesa che sono disponibili anche per i partiti piu' deboli, purche' questo possa essere fatto senza lesioni a diritti e doveri degli altri nella comunita' stessa" (15). Sostenendo la legislazione per gli obiettori di coscienza, il concilio esorto' tutti i governi a prendere "provvedimenti umani per coloro i quali, per motivi di coscienza, rifiutino di portare armi, purche' accettino qualche forma di servizio alla comunita' umana" (16). Facendo eco a un altro tema capitale che Merton aveva esplorato ne La pace nell'era post-cristiana, i padri conciliari dichiararono che ordini che fossero in conflitto con i "principi universali del diritto naturale delle genti" erano crimini, affermando inoltre che "l'obbedienza cieca non puo' scusare coloro che li eseguono" e che "deve invece essere sostenuto il coraggio di coloro che non temono di opporsi apertamente a quelli che ordinano tali azioni" (17). * Quale peso abbiano avuto nel concilio gli scritti di Merton non potremo mai saperlo, ma la sua influenza fu senza dubbio significativa, grazie soprattutto all'efficace distribuzione dell'edizione ciclostilata de La pace nell'era post-cristiana. Ora, quarantadue anni dopo che fu scritta e trentasei dopo la morte dell'autore, la prima copia de La pace nell'era post-cristiana che reca la traccia di un editore e' fresca di stampa. Queste pagine hanno dormito ancor piu' a lungo di Rip van Winkle. Come puo' reggere, in un mondo in cui l'Unione Sovietica non esiste piu' e la guerra fredda e' un argomento da manuali di storia, un libro che si occupa di questioni che erano attuali nel 1962? Nonostante si sia giunti molto vicini, non si e' piu' fatto uso di armi nucleari in guerra dal 1945. Effettivamente, i depositi americani e russi di armi nucleari sono stati enormemente ridotti e gli esperimenti nucleari sono rimasti nella clandestinita' e diventati una rarita'. Non si sente piu' una frase sinistra spesso ripetuta negli anni sessanta per descrivere il perno della strategia della deterrenza: "distruzione reciprocamente assicurata" (18). Pochi ricordano i nomi di Herman Kahn ed Edward Teller, uomini menzionati a piu' riprese ne La pace nell'era post-cristiana. Eppure, i mezzi per combattere una guerra nucleare ci sono ancora. Nonostante tutte le armi eliminate grazie alla serie di accordi degli ultimi trent'anni, si valuta che gli Stati Uniti detengano circa 10.400 testate nucleari nel loro arsenale, e la Russia un numero simile (19). Nel frattempo, negli Stati Uniti l'amministrazione Bush ha chiesto lo sviluppo di una "nuova generazione" di armi nucleari, "meglio adattate" all'uso sui campi di battaglia. Il numero di nazioni che notoriamente possiedono armi nucleari e' cresciuto fino a includere non solo la Gran Bretagna e la Francia, ma anche la Cina, l'India, il Pakistan e Israele, mentre si sospetta che parecchie altre nazioni abbiano armi nucleari o e' risaputo che abbiano compiuto passi concreti per ottenerle. Inoltre, c'e' il grave pericolo che organizzazioni terroristiche come Al-Qaeda possano procurarsi armi nucleari. La questione delle armi nucleari e di altri mezzi di distruzione di massa non solo esiste ancora, ma le possibilita' del loro uso in guerra stanno aumentando. * Merton non aveva previsto il crollo dell'Unione Sovietica, ne' la disintegrazione del Patto di Varsavia in Europa orientale. Non aveva nemmeno anticipato l'attuale "guerra al terrorismo", come l'amministrazione Bush ha definito la sua risposta agli eventi dell'11 settembre 2001. Nulla di simile ai talebani o ad Al-Qaeda esisteva nel 1962. Eppure, leggendo La pace nell'era post-cristiana, e' straordinario quanto spesso appaia il termine "terrorismo" in riferimento non alle attivita' di gruppi segreti, quanto piuttosto all'accettazione da parte dei governi di tattiche di guerra che portano a un grande numero di vittime civili. E' interessante notare come molti passaggi in cui Merton parla di comunismo oggi si prestino bene a essere riferiti al terrorismo. Ad esempio: "La lotta contro il totalitarismo e' rivolta non solo contro un nemico esterno - il comunismo - ma anche contro le nostre stesse tendenze nascoste verso le aberrazioni del fascismo o del collettivismo" (20). La stessa frase avrebbe senso oggi semplicemente con una lieve modifica: La lotta contro il totalitarismo e' rivolta non solo contro un nemico esterno - gruppi terroristici come Al-Qaeda - ma anche contro le nostre stesse tendenze nascoste verso le aberrazioni del fascismo o del collettivismo. Per tanti versi, il mondo non e' poi cosi' diverso dal 1962. Ora come allora non e' necessario avere un'immaginazione troppo fervida per intravvedere il giorno del giudizio. La morte per esplosione nucleare e' solo uno dei tanti tetri futuri che possiamo immaginare fin troppo facilmente per noi stessi. * Sempre acutamente attento al linguaggio della propaganda, Merton non sarebbe sorpreso da espressioni correnti come "l'asse del male", ne' che gli americani ancora diano per scontato che il male sia commesso dai loro nemici, anziche' da loro stessi. Ne' lo sorprenderebbe la sollecitudine degli Stati Uniti a partecipare alle Nazioni Unite e ad altri organismi internazionali solo quando cio' convenga agli interessi nazionali. Come scriveva ne La pace nell'era post-cristiana: "Le grandi potenze si sono effettivamente accontentate di usare l'Onu come tribuna per gli incontri di lotta politici e propagandistici e non hanno esitato a intraprendere azioni indipendenti che hanno portato al discredito dell'Onu ogni qual volta questo fosse stato vantaggioso per loro" (21). La stessa mentalita' e' legata alla tentazione di dare inizio a una guerra preventiva "basata non sul fatto che noi stessi siamo effettivamente sotto attacco militare, ma che siamo 'provocati' e 'minacciati' a tal punto che sono giustificate perfino le misure piu' drastiche" (22). Ugualmente immutato, nonostante il passare del tempo, e' anche lo smarrimento americano dovuto al fatto che un popolo di cosi' tanta buona volonta' sia l'oggetto di cosi' tanta inimicizia: "Messi davanti al disprezzo arrogante degli amici, cosi' come all'odio dei nostri nemici dichiarati e domandandoci che cosa ci sia in noi da odiare, ci siamo considerati e trovati gente assolutamente rispettabile, innocua e bonaria, che chiede solo di essere lasciata in pace a far soldi e a divertirsi" (23). Uno dei temi ancora attuali di Merton e' il modo in cui quelle restrizioni morali che i belligeranti si impegnano ad applicare alla loro condotta quando pensano in astratto al conflitto, gradualmente si riducono e alla fine evaporano completamente man mano che gli eventi della guerra reale li spingono verso misure piu' drastiche. Nei primi giorni della seconda guerra mondiale, l'America e la Gran Bretagna promisero solennemente che non avrebbero ripetuto i bombardamenti sulle citta' compiuti dai loro nemici, ma alla fine non esitarono a considerare intere citta' come obiettivi legittimi. Come scrive Merton: "Il pensiero morale, guidato da principi pragmatici, tende a essere molto vago, molto fluido. Le decisioni morali diventavano una serie di scelte piu' o meno opportunistiche basate su congetture a breve termine circa le conseguenze possibili, piuttosto che su principi morali definiti" (24). * Quando arrivo' per posta la prima copia ciclostilata, ricordo di essere stato sorpreso dal titolo del libro: stavo veramente vivendo in un mondo post-cristiano? Dopotutto, la maggior parte degli americani professava una fede in Dio e non era necessario andare lontano per trovare chiese molto frequentate. Non potevo negare tuttavia che la nostra vita religiosa assomigliasse per molti aspetti a un set hollywoodiano: una sottile patina di impressionanti facciate sostenute dai ponteggi retrostanti. Come osserva Merton: "Ci piaccia o meno, dobbiamo ammettere che stiamo gia' vivendo in un mondo post-cristiano, il che significa in un mondo in cui gli ideali e gli atteggiamenti cristiani sono relegati sempre piu' alla minoranza. E' spaventoso accorgersi che la facciata del cristianesimo, che ancora generalmente sopravvive, ha forse poco o nulla dietro di se', e che cio' che una volta era chiamato 'societa' cristiana' e' piu' semplicemente un neopaganesimo materialistico con una patina cristiana" (25). "Non solo i non cristiani, ma perfino gli stessi cristiani tendono a rigettare l'etica del vangelo su nonviolenza e amore come 'sentimentale'" (26). * Eppure, non tutto e' come quando Merton termino' di scrivere La pace nell'era post-cristiana. Uno dei cambiamenti che farebbero grande piacere a Merton e' che tra i cristiani la parola "pacifismo" non e' piu' il termine sospetto che era nel 1962: un profondo mutamento di atteggiamento, in parte merito suo. Un sorprendente segno dei tempi e' che alcuni anni fa l'arcidiocesi di New York abbia formalmente proposto che Dorothy Day fosse dichiarata santa e inserita nel calendario della chiesa cattolica. Il Vaticano le ha gia' conferito il titolo di "serva di Dio". Dai tempi di Merton la chiesa cattolica e' stata una continua voce di pace. Il suo impegno a ricercare la pace non si e' indebolito, nonostante certi eventi come gli attacchi terroristici dell'11 settembre o la conseguente guerra "preventiva" dell'America in Iraq. Se fosse vivo e non piu' ostacolato dalla censura, forse Merton si metterebbe al lavoro di buona lena per aggiornare La pace nell'era post-cristiana. Ma molti paragrafi e perfino capitoli rimarrebbero inalterati. Egli ci ricorderebbe, ancora una volta, che Cristo non sventola bandiere e che il cristianesimo non appartiene a nessun blocco di potere. Affermerebbe ancora una volta che "una parte essenziale della 'buona novella' e' che le misure nonviolente e ragionevoli sono piu' forti delle armi. Effettivamente, con armi spirituali, la chiesa primitiva aveva conquistato l'intero mondo romano". * Note 1. Questo era un capitolo che sarebbe apparso subito dopo in Semi di contemplazione, anche se la versione del "Catholic Worker" conteneva del materiale aggiuntivo, il cui testo e' incluso nella mia biografia di Merton, Living with Wisdom (Orbis, Maryknoll, New York 1991), pp. 135-139. 2. Un libro che Merton stava facendo pubblicare a quel tempo, Breakthrough to Peace: 12 Views of the Threat of Thermonuclear Extermination, lo diede alle stampe, ma quando stava per essere pubblicato Merton non pote' essere dichiarato da New Directions come curatore del libro. Ciononostante, la sua introduzione fu pubblicata con il suo nome ed il libro conteneva anche uno dei suoi saggi, "Pace: una responsabilita' religiosa", un testo simile al primo capitolo de La pace nell'era post-cristiana. 3. Lettera a Jim Forest datata 29 aprile 1962. Il testo completo e' incluso in The Hidden Ground of Love: The Letters of Thomas Merton on Religious Experience and Social Concerns, pubblicato da William Shannon (Farrar, Straus, Giroux, New York 1985) pp. 266-68. I riferimenti successivi saranno citati come HGL. 4. Lettera a Jim Forest, 14 giugno 1962, HGL, pp. 268-69. 5. Vedi Michael Mott The Seven Mountains of Thomas Merton (Haughton Mifflin, Boston 1984), p. 379, e la nota finale di Mott, n. 228, p. 623. 6. Nel capitolo "L'eredita' di Machiavelli". 7. Dopo la censura, quando pubblicava qualsiasi cosa sulla guerra e sulla pace perfino in piccoli giornali, Merton non utilizzava piu' il suo nome. Un pezzo nel "Catholic Worker" era firmato Benedict Monk. In un'altra pubblicazione, forse "Commonweal", ricordo una lettera all'editore che recava la firma Marco J. Frisbee. 8. Centro Thomas Merton, Bellarmine University, 2001 Newburg Road, Louisville, KY 40205, sito: www.merton.org 9. Lettera a Jim Forest del 7 luglio 1962, HGL, p. 269. 10. Il contatto diretto di Merton con papa Giovanni era cominciato l'11 febbraio 1960, quando Merton aveva ricevuto un pacco dal Vaticano che conteneva un fotoritratto firmata da papa Giovanni, insieme con una benedizione per il noviziato. Rispondendo quel giorno stesso, Merton scrisse a papa Giovanni di aver ricevuto il permesso di "iniziare, in maniera molto discreta, un piccolo progetto di ritiro" rivolto a teologi, psichiatri, scrittori ed artisti protestanti e cattolici; qualcosa nella linea che aveva descritto nella sua lettera precedente a papa Giovanni, ma che si sarebbe tenuto al Gethsemani anziche' in America Latina. "Il nostro scopo", scrisse Merton, "e' quello di unire... vari gruppi di persone altamente qualificate nel loro campo, che siano interessate alla vita spirituale, non importa in quale aspetto, e che saranno in grado di trarre profitto da un contatto informale, da un dialogo spirituale e culturale con dei contemplativi cattolici". Una risposta non verbale alla lettera di Merton raggiunse il Gethsemani l'11 aprile con la visita di Lorenzo Barbato, un architetto veneziano, che era amico del pontefice. Barbato porto' a Merton un paramento liturgico minuziosamente ricamato, una stola che era stata utilizzata da papa Giovanni XXIII. Papa Giovanni voleva che la tenesse Merton. Non molto tempo dopo, don James Fox ricevette una lettera dal cardinal Tardini, segretario di stato vaticano, che esprimeva il particolare interesse che papa Giovanni nutriva per i "ritiri con i protestanti, che frate Louis stava organizzando a Nostra Signora del Gethsemani". 11. Gaudium et Spes, 51. 12. Lettera a Jim Forest, 26 aprile 1963, HGL, p. 274. 13. Thomas Merton, Turning Toward the World, I diari di Thomas Merton, vol. 4, 1960-'63 (Harper & Collins, New York 1996), passo del 10 maggio 1963, p. 317. 13bis. Gaudium et Spes, 80. 14. Nel capitolo "Si puo' scegliere la pace?". 15. Gaudium et Spes, 78. 16. Ibid., 79. 17. Ibid. 18. Le iniziali, opportunamente, davano l'acronimo "Mad". Il segretario della difesa, Robert McNamara, defini' la distruzione reciprocamente assicurata come la capacita' di eliminare il 25% della popolazione nemica ed il 50% dell'industria. 19. Vedi il sito web del Bollettino degli scienziati nucleari: www.thebulletin.org/issues/nukenotes/jf04nukenote.html 20. Nel capitolo "Si puo' scegliere la pace?". 21. Nel capitolo "La danza della morte". 22. Nel capitolo "Lavorando per la pace". 23. Nel capitolo "Si puo' scegliere la pace?". 24. Nel capitolo "La giustizia nella guerra moderna". 25. Nel capitolo "I problemi religiosi della guerra fredda". 26. Nel capitolo "Oltre l'Est e l'Ovest". 2. LIBRI. L'INDICE DE "LA PACE NELL'ERA POSTCRISTIANA" DI THOMAS MERTON [Ringraziamo Guido Dotti (per contatti: guido.dotti at qiqajon.it) per averci messo a disposizione anche l'indice del libro di Thomas Merton, La pace nell'era postcristiana, Edizioni Qiqajon, Magnago 2005, pp. 292, euro 18. Per richieste alla casa editrice: Edizioni Qiqajon, Comunita' di Bose, 13887 Magnano (Bi), tel. 015679264, fax: 015679290, e-mail: edizioni at qiqajon.it] - Prefazione, di Jim Forest - Introduzione: Il libro che mai fu, di Patricia A. Burton - Nota dell'editore 1. Premessa. La pace: una responsabilita' religiosa 2. Si puo' scegliere la pace? 3. La danza della morte 4. Il cristiano come pacifista 5. La guerra in Origene e in sant'Agostino 6. L'eredita' di Machiavelli 7. La giustizia nella guerra moderna 8. I problemi religiosi della guerra fredda 9. I teologi e la difesa 10. Al lavoro per la pace 11. Oltre l'Est e l'Ovest 12. La passivita' morale e l'attivismo demoniaco 13. Gli scienziati e la guerra nucleare 14. Rosso o morto? Anatomia di un cliche' 15. Le prospettive cristiane nella crisi mondiale 16. La coscienza cristiana e la difesa nazionale 17. La scelta cristiana - Note 3. DOCUMENTAZIONE. HOWARD ZINN: SETTE PRINCIPI DELLA DISOBBEDIENZA CIVILE [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo questo intervento di Howard Zinn apparso nel sito www.zmag.org Ci corre l'obbligo di segnalare che a nostro modesto avviso, e dal nostro peculiare punto di vista di persone amiche della nonviolenza, alcune delle tesi (e delle argomentazioni) qui proposte sono piu' che discutibili e fin inaccettabili, frutto di equivoci profondi e foriere di equivoci ulteriori che possono avere conseguenze fin disastrose. Howard Zinn, nato nel 1922, storico, docente universitario, saggista, e' una delle voci piu' influenti del movimento pacifista statunitense e uno dei piu' importanti storici radicali statunitensi; dopo aver partecipato alla seconda guerra mondiale, ha conseguito il dottorato in storia alla Columbia University e ha diretto il dipartimento di Storia dello Spelman College; le sue numerose pubblicazioni e l'impegno politico hanno fatto di lui uno dei nomi di riferimento del pacifismo negli Stati Uniti e gli sono valsi vari riconoscimenti, tra cui lo "Eugene V. Debs Award" nel 1998; attualmente e' professore emerito di scienza politica alla Boston University. Tra le opere di Howard Zinn: Marx a Soho, Editori Riuniti, Roma 2001 (e' una piece teatrale); Non in nostro nome, Il Saggiatore, Milano 2003; Disobbedienza e democrazia, Il Saggiatore, Milano 2003; Storia del popolo americano, Il Saggiatore, Milano 2005] 1. La disobbedienza civile e' la violazione deliberata, non indiscriminata, della legge in nome di uno scopo sociale vitale. Diventa non solo giustificabile ma anche necessaria quando sia in gioco un diritto umano fondamentale, e quando i canali legali siano inadeguati per la sua garanzia. Puo' avere forma di violazione di una legge ingiusta, di protesta contro una condizione ingiusta, o di realizzazione simbolica di una legge o di una condizione desiderabile. Che sia infine ritenuta legale, in nome del diritto costituzionale o internazionale, o no, il suo scopo e' ridurre il divario tra legge e giustizia, in un processo infinito di sviluppo della democrazia. 2. Non vi e' alcun valore sociale nel rispetto acritico della legge, non piu' di quanto ve ne sia nella disobbedienza acritica. L'obbedienza a leggi sbagliate, in quanto modo per inculcare un certo servilismo astratto all'"ordine delle leggi", puo' soltanto incoraggiare le gia' forti tendenze dei cittadini ad inchinarsi al potere dell'autorita', a desistere dal tentativo di mettere in discussione lo status quo. Esaltare l'ordine delle leggi come qualcosa di assoluto e' il marchio del totalitarismo, ed e' possibile creare un'atmosfera totalitaria in una societa' che ha molti degli attributi di una democrazia. Rivendicare il diritto dei cittadini alla disobbedienza nei confronti di leggi ingiuste, ed il dovere di disobbedire a leggi pericolose, e' la vera e propria essenza della democrazia, che assume che il governo e le sue leggi non siano oggetti sacri ma strumenti al servizio di certi fini: la vita, la liberta', la felicita'. Gli strumenti sono discutibili e modificabili. I fini non lo sono. 3. La disobbedienza civile puo' richiedere la violazione di leggi che non sono di per se' ingiuste, allo scopo di protestare su una questione giudicata molto importante. In ogni caso, l'importanza della legge infranta dovrebbe essere misurata rispetto all'importanza di quest'ultima. Una norma del codice stradale, temporaneamente infranta, non e' altrettanto importante della vita di un bimbo investito da un'auto; l'occupazione degli uffici pubblici non lo e' quanto l'uccisione di civili in guerra; l'occupazione illegale di un edificio non e' altrettanto ingiusta del razzismo in campo educativo. Poiche' non solo delle leggi specifiche ma proprio le condizioni generali possono essere insopportabili, delle leggi in se' non sbagliate possono essere violate allo scopo di protestare. 4. Se un atto specifico di disobbedienza civile e' un atto di protesta moralmente giustificabile, ne consegue che l'incarcerazione di coloro che l'hanno compiuto e' ingiusta e dovrebbe essere esplicitamente contrastata e contestata. Chi protesta non deve accettare la condanna piu' di quanto rispettasse la regola infranta. Possono esserci casi in cui le persone coinvolte nella protesta possono decidere di andare in galera come ulteriore atto di protesta, per rendere piu' forte la denuncia dell'ingiustizia per i loro concittadini, ma questo e' diverso dal dire che l'andare in galera faccia parte di una regola collegata alla disobbedienza civile. Il punto decisivo e' che lo spirito di protesta dovrebbe essere mantenuto comunque, che si finisca in galera o si sfugga all'arresto. Accettare la prigione come atto di "penitenza" in ottemperanza alle "regole" costituisce un improvviso cedere allo spirito del servilismo, uno sminuire la serieta' della protesta. 5. Coloro che si dedicano alla disobbedienza civile dovrebbero scegliere tattiche il piu' possibile nonviolente, in accordo con l'efficacia della loro protesta e con l'importanza della questione. Deve esistere una relazione ragionevole tra il grado di "disordine" ed il significato della questione in ballo. La distinzione tra danni alle persone e danni a cose dovrebbe essere capitale. Le tattiche rivolte contro la proprieta' potrebbero includere (ancora una volta, in dipendenza dell'efficacia e della questione): deprezzamento (per esempio nel boicottaggio), danneggiamenti, occupazione temporanea, esproprio. Ad ogni modo, la forza impegnata in un atto di disobbedienza civile dovrebbe essere chiaramente e selettivamente rivolta contro l'oggetto di protesta. 6. Il grado di disordine nella disobbedienza civile non dovrebbe essere misurato rispetto ad una falsa "pace" esistenze allo status quo, ma rispetto al disordine ed alla violenza reali che sono parte della vita quotidiana, apertamente espressa sul piano internazionale nelle guerre ma nascosta su quello locale dietro la facciata dell'"ordine", che oscura l'ingiustizia della societa' contemporanea. 7. In questo ragionamento sulla disobbedienza civile, non dobbiamo dimenticare che i nostri interessi sono diversi da quelli dello stato e che non dobbiamo lasciare che gli agenti dello stato ci convincano del contrario. Lo stato vuole il potere, l'influenza, la ricchezza, in quanto fini in se stessi. Gli individui vogliono la salute, la pace, l'attivita' creativa, l'amore. Lo stato, grazie al potere e alla ricchezza che possiede, non manca di portavoce che sostengono i suoi interessi. Cio' significa che i cittadini devono comprendere la necessita' di pensare ed agire per conto proprio o in accordo con i propri compagni. 4. LIBRI. MARIA G. DI RIENZO PRESENTA "FERMARE ORA LA PROSSIMA GUERRA" A CURA DI MEDEA BENJAMIN E JODIE EVANS [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per la seguente segnalazione libraria. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] E' uscito per la casa editrice Inner Ocean Publishing il libro a cura di Medea Benjamin e Jodie Evans, Stop the Next War Now: Effective Responses to Violence and Terrorism (Fermare ora la prossima guerra: risposte efficaci alla violenza ed al terrorismo). Medea Benjamin e' fondatrice e direttrice di Global Exchange e co-fondatrice del gruppo pacifista femminista "Codepink", vive a S. Francisco. Jodie Evans, co-fondatrice di "Codepink" ed attivista per il cambiamento sociale da trenta anni, vive a Los Angeles. Stop the Next War Now ha una presentazione di Arundhati Roy ed un'introduzione di Alice Walker. Fra le donne che hanno contribuito con i loro testi ci sono: Cindy Sheehan, Eve Ensler, Barbara Lee, Granny D, Cynthia McKinney, Arianna Huffington, Katrina Vandenheuvel, Helen Thomas. La presentazione della casa editrice recita: "Come possiamo umanizzarci l'un l'altro ed agire come cittadini globali responsabili? Stop the Next War Now, curato da due note attiviste per la pace come Medea Benjamin e Jodie Evans, ha lo scopo di educare e riflettere sull'efficacia delle attivita' del movimento per la pace, ed offre speranza condividendo idee, passi per l'azione, pratiche che favoriscono la transizione da una cultura di violenza ad una cultura di pace". 5. RIEDIZIONI. ROSA LUXEMBURG: RIFORMA SOCIALE O RIVOLUZIONE? Rosa Luxemburg, Riforma sociale o rivoluzione?, Edizioni Alegre, Roma 2005, suppl. al quotidiano "Liberazione", pp. 128, euro 2,90. Il notissimo opuscolo luxemburghiano di polemica con Eduard Bernstein del 1899 (ma parte degli articoli ivi raccolti risale al 1898), con una prefazione di Rina Gagliardi. La traduzione italiana utilizzata e' quella che si trova anche in Rosa Luxemburg, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma 1967, 1976, cui si rinvia per la pregevolissima introduzione di Lelio Basso; segnaliamo altresi' la traduzione (che presenta anche le varianti tra la prima e la seconda edizione, e reca un utile apparato di note) nel volume curato da Luciano Amodio, Rosa Luxemburg, Scritti scelti, Einaudi, Torino 1975, 1976. ============================== LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA ============================== Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 49 del 27 novembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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