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La nonviolenza e' in cammino. 1127
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1127
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 27 Nov 2005 00:56:31 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1127 del 27 novembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo ricorda Nadia Anjuman 2. Elisabeth Roudinesco ricorda Paul Roazen 3. Opere in volume di Paul Roazen 4. Cindy Sheehan: Una lettera aperta al presidente Bush 5. Jean-Marie Muller: Ascoltare la violenza 6. Aldo Capitini riassume il manuale di Charles C. Walker sull'azione diretta nonviolenta 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. LUTTI. MARIA G. DI RIENZO RICORDA NADIA ANJUMAN [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] Aveva rischiato la prigione, la frusta e forse peggio, per poter studiare letteratura e scrivere poesia sotto il regime dei Talebani. La scorsa settimana, quando avrebbe dovuto celebrare il successo del suo primo libro pubblicato, mentre stava gia' scrivendo il secondo, Nadia Anjuman e' morta. Aveva 25 anni, un piccino di sei mesi, ed un marito che l'ha ammazzata di botte. Le sue amiche dicono che il marito limitava molto i suoi movimenti, e che come la sua famiglia era furibondo per la pubblicazione del libro e per le lodi che quest'ultimo aveva guadagnato negli ambienti letterari. I familiari di Nadia ritenevano che pubblicare le poesie di una donna, poesie che parlavano di amore, di sofferenza e di bellezza, avesse portato vergogna non solo all'autrice, ma anche a tutti i suoi parenti. Il marito ammette di averla picchiata, ma si dichiara innocente e dice che sua moglie si e' suicidata. Non ha convinto il giudice delle indagini preliminari. Ha aspettato quattro ore dalla battitura, prima di portarla in ospedale: se lo avesse fatto prima, forse Nadia sarebbe viva. La morte della giovane scrittrice di Herat ha sconvolto la sua citta', ed ha sollevato una volta di piu' domande non molto confortevoli su quanto lo status delle donne sia cambiato dalla caduta dei Talebani. "E' una tragica perdita per l'Afghanistan", ha dichiarato Adrian Edwards dell'Onu, "Nadia Anjuman era una grande promessa. La violenza domestica qui e' un serio problema. Le donne continuano ad affrontare problemi enormi in questo paese". In effetti, il posto in cui Nadia viveva e' lo stesso in cui le ragazze si bruciano vive pur di non dover sottostare a matrimoni forzati. * La sua morte e' particolarmente tragica se si pensa che Nadia fece parte di quel gruppo di donne coraggiose chiamato "Il circolo del cucito di Herat": erano donne che rischiarono le loro vite per mantenere attiva la scena letteraria, per continuare a scrivere, per insegnare ad altre donne a farlo. Erano tutte scrittrici, ma gli editti dei Talebani proibivano alle donne di studiare, di lavorare fuori casa (e se non lo ricordate, di ridere a voce alta e di indossare scarpe rumorose): c'era qualcosa che fosse loro permesso? Si', cucire. Allora crearono la "Scuola di cucito Ago d'Oro", dove si riunivano tre volte la settimana. Se qualcuno si fosse preso la briga di investigare, avrebbe scoperto che le studenti non confezionarono mai un solo abito. Discutevano di Shakespeare e Dostoevskij, e di altri scrittori banditi dal regime. La massima pena per tale crimine, se fossero state scoperte, era l'impiccagione. Una delle amiche di Nadia, Leila, racconta che durante questo periodo aveva l'abitudine di stare alzata sino a tardi facendo calcoli mentali: temeva, dice, che altrimenti il suo cervello si sarebbe atrofizzato. "La vita delle donne sotto i Talebani era la vita di mucche nella stalla. Avevo paura di diventarlo sul serio". Ma adesso, aggiunge, grazie ai signori della guerra ancora spalleggiati dagli americani, ancora presenti nel parlamento afgano, la situazione non e' molto migliore. * Una nota di speranza viene da una delle vincitrici delle elezioni dello scorso settembre, Fauzia Gailani, che e' stata eletta proprio ad Herat e che oltraggiata dalla morte di Nadia sta compilando una lista di casi simili e intende costringere il governo ad occuparsene. "Sono in gabbia nell'angolo, piena di malinconia e di dolore. Le mie ali sono chiuse e non posso volare. Sono una donna afgana, e devo soffrire", scriveva Nadia nel libro Gule Dudi (Fiore oscuro), "Fino a quando?". 2. LUTTI. ELISABETH ROUDINESCO RICORDA PAUL ROAZEN [Dal quotidiano "Le Monde" del 22 novembre 2005. Elisabeth Roudinesco, storica, psicoanalista, docente universitaria, saggista, ha fatto parte dell'"Ecole freudienne de Paris" (1969-1981) e del comitato di redazione di "Action poetique" (1969-1979); dal 1991 e' direttrice di ricerca presso il dipartimento di storia dell'Universita' Paris VII; dal 1990 e' vicepresidente della Societe' internationale d'histoire de la psychiatrie et de la psychanalyse (Sihpp); collabora con varie istituzioni scientifiche e prestigiose riviste; scrive abitualmente sul quotidiano "Le Monde". Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda (risalente ad alcuni anni fa): "Elisabeth Roudinesco e' nata nel 1944. Storica, psicoanalista, scrittrice, e' autrice di molte opere di critica letteraria e di storia del pensiero soprattutto francese. Dal 1969 al 1981 e' stata membro dell''Ecole freudienne de Paris', diretta da Jacques Lacan (sciolta dallo stesso Lacan nel 1981).Attualmente e' direttrice di ricerche al dipartimento di Storia dell'Universita' di Paris VII e chargee de conferences all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. E' inoltre vicepresidente della Societe' Internationale d'Histoire de la Psychiatrie et de la Psychanalyse (diretta dallo psicoanalista Rene' Major). Collabora regolarmente al quotidiano 'Liberation'. Ad un tempo storica della psicoanalisi e psicoanalista, Elisabeth Roudinesco va considerata come la piu' importante storica della psicoanalisi francese, e in particolare dell'analista a cui si e' sentita piu' affine, Jacques Lacan. Il suo approccio storico e' influenzato dal clima culturale del post-strutturalismo parigino degli anni '70, e in particolare dal pensiero di Jacques Derrida. Attualmente sta preparando un'opera di sintesi sullo stato della psicoanalisi in tutto il mondo, e sul sapere psicoanalitico da cento anni a questa parte". Tra le opere di Elisabeth Roudinesco: Pour une politique de la psychanalyse, Maspero, paris 1977; Histoire de la psychanalyse en France, vol. I (1982), Fayard, Paris 1994; Histoire de la psychanalyse en France, vol. II (1986), Fayard, Paris 1994; Theroigne de Mericourt. Une femme melancolique sous la Revolution, Seuil, Paris 1989; Jacques Lacan. Esquisse d'une vie, histoire d'un systeme de pensee, Fayard, Paris 1993 (tr. it., Cortina, Milano 1995); Genealogies, Fayard, Paris 1994; Dictionnaire de la psychanalyse, Paris, Fayard, 1997; Pourquoi la psychanalyse?, Fayard, Paris 1999. Paul Roazen (Boston 1936 - Cambridge, Massachusetts, 2005), docente di scienze politiche e sociali alla York University di Toronto (Ontario, Canada), storico della psicoanalisi, con il suo acuto e appassionato lavoro di ricerca, di raccolta e di presentazione di testimonianze e documentazione, con le sue numerose e preziose pubblicazioni, e finanche con il dibattito e le ulteriori indagini che il suo lavoro scientifico ha suscitato e promosso, ha dato un formidabile contributo conoscitivo alla ricostruzione di vicende e riflessioni di straordinaria rilevanza per la cultura del Novecento, con un atteggiamento di costante impegno intellettuale e morale, e di sincero amore alla verita' - che e' anche il modo migliore di onorare la dignita' di tutti gli esseri umani. Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 novembre 2005 riportiamo il seguente - purtroppo frettoloso e inadeguato - necrologio non firmato: "Biografo di Sigmund Freud, tra i maggiori storiografi della psicoanalisi, lo studioso e' morto a Cambridge, Massachusetts, all'eta' di sessantanove anni. Ebbe l'opportunita' di consultare le carte presenti nell'archivio di Ernest Jones, l'autore della biografia ufficiale di Sigmund Freud apparsa tra il 1953 e il '57, opera che gli apparve segnata da limiti agiografici nonche' dalle conseguenze dell'accordo con Anna Freud a rispettare le stesse regole che avevano guidato lei e Ernst Kris nella stesura dell'epistolario con Fliess, emendato da cio' che Freud avrebbe considerato poco funzionale a un ritratto tramandabile ai posteri. Sono molteplici le opere che Roazen dedico' al padre della psicoanalisi, ma la piu' celebre resta Freud e i suoi seguaci, scritta nel '75 e pubblicata dalla Einaudi con una prefazione di Michele Ranchetti, che avvertiva come nuovi materiali fossero nel frattempo venuti alla luce rendendo questo libro datato, per quanto prezioso. Roazen si era servito, tra l'altro, di documenti sgraditi alla famiglia di Freud, traendone un panorama comunque equilibrato e di enorme interesse. Nel corso delle sue ricerche intervisto' anche molti tra i pazienti del medico viennese, e alcuni protagonisti del movimento psicoanalitico, tra cui Erik Erikson, Helene Deutsch, Sandor Rado, Edoardo Weiss che divennero protagonisti di sue monografie". Varie opere di Paul Roazen sono state gia' tradotte in italiano, cfr. la bibliografia riprodotta in questo stesso foglio] Nato a Boston il 14 agosto 1936, Paul Roazen e' morto a Cambridge (Massachusetts) il 3 novembre 2005, mentre lavorava a una nuova ricerca sulle relazioni tra Sigmund Freud e William Bullitt. Era membro della prestigiosa rivista inglese "Psychoanalysis and History", diretta da John Forrester. Storico del freudismo, formatosi negli studi di scienze politiche e sociali, aveva insegnato in molte universita', particolarmente a Toronto, Oxford e Harvard. Divenne noto nel 1969 con un'opera dedicata a Viktor Tausk, Fratello animale, nella quale, grazie ad una ricerca minuziosa, metteva in luce i difficili rapporti che Tausk ebbe con Freud e che erano stati occultati dalla storiografia ufficiale del movimento psicoanalitico. Vi si scopriva per la prima volta la personalita' selvaggia di questo brillante discepolo del maestro, amante di Lou Andreas-Salome', che infine si era suicidato dopo un'analisi con Helene Deutsch. Roazen fu successivamente il cronista della memoria orale del movimento psicoanalitico. Avvalendosi di un numero impressionante di testimonianze di tutti coloro che avevano conosciuto Freud e la sua prima cerchia ed erano ancora in vita, realizzo' il primo studio biografico dell'ambiente psicoanalitico: gruppi di potere, filiazioni, legami transferenziali e generazionali, vita quotidiana, etc. Soprattutto diede un spazio rilevante a quei discepoli la cui traiettoria era stata deformata o rimossa dalle necessita' dell'agiografia: come Hermine von Hug-Hellmuth o Ruth Mack-Brunschwick. Fu anche il biografo e l'amico di Helene Deutsch, che gli affido' i suoi archivi. La sua opera maggiore, Freud e i suoi seguaci, tradotta in numerose lingue e continuamente ristampata, ebbe un meritato successo. Essa permise agli storici di prendere coscienza del fatto che la vita quotidiana dei freudiani della seconda e della terza generazione - e degli emigrati in particolare - ha avuto una considerevole importanza per la genesi dei concetti e della pratica clinica. A tal riguardo l'opera di Roazen fu respinta dall'International Psychoanalytical Association (Ipa). L'Ipa riproverava all'autore il suo gusto per l'aneddoto, ma soprattutto, attraverso questa critica, negava agli storici il diritto di mettere in discussione la "leggenda aurea" che i pionieri del movimento avevano piamente trasmesso ai loro allievi. E poiche' Roazen non era psiconalista, non cessa di essere sottovalutato e fin insolentito da taluni analisti preoccupati d'interpretare la storia in termini pretesamente "freudiani". A piu' riprese il suo modo di ricostruire la storia a partire dalle testimonianze orali fu dunque messa in discussione. Custode dei "Sigmund Freud Archives", depositati presso la Biblioteca del Congresso, Kurt Eissler, gran maestro ortodosso della storiografia freudiana, gli oppose incessantemente dei solidi argomenti. Ma propri grazie a queste polemiche fu aperto un immenso dibattito tra i conservatori e i progressisti, cosa che contribui' a dare uno slancio fecondo alla ricerca storica sul movimento psicoanalitico. Con tutta evidenza, le opere di Roazen sono diventate indispensabili per chi voglia comprendere la storia cosi' carnale e cosi' passionale della "saga" freudiana. 3. MATERIALI. OPERE DI PAUL ROAZEN IN VOLUME [Dal sito http://roazen.net riprendiamo la seguente sezione della bibliografia di Paul Roazen, relativa ai suoi lavori originali pubblicati in volume. Rinviamo al sito per le curatele, i contributi a opere collettanee, i saggi apparsi in rivista] - Freud: Political and Social Thought (New York, Knopf, 1968; London, Hogarth, 1969; New York, Vintage, 1970; Barcelona, Martinez Roca, 1970; Frankfurt, Suhrkamp, 1971; Sao Paulo, Editora Braziliense, 1973; Torino, Boringhieri, 1973; Brussels, Editions Complexe, 1976; Tokyo, Seishin Shobo, 1986; 2nd edition, New York, Da Capo, with new Preface, 1986; 3rd edition, New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, with new Introduction, 1999). - Brother Animal: The Story of Freud and Tausk (New York, Knopf, 1969; London, Allen Lane, 1969; Paris, Payot, 1971; New York, Vintage, 1971; London, Penguin, 1973; Sao Paulo, Editora Braziliense, 1973; Hamburg, Hoffmann & Campe, 1973; Madrid, Alianza, 1973; Milano, Rizzoli, 1973; New York, New York University Press, 1986; Tokyo, Seishin Shobo, 1987; Belgrade, Decje Novine, 1989; 2nd edition, New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, with new Introduction, 1990; Buenos Aires, Agalma, 1994; Rio de Janeiro, Imago Editora, 1995; Giessen, Psychosozial, 2002). - Freud and His Followers (New York, Knopf, 1975; London, Allen Lane, 1976; New York, New American Library, 1976; Bergisch Gladbach, Lubbe, 1976; Madrid, Alianza, 1978; Sao Paulo, Editora Cultrix, 1978; London, Penguin, 1979; New York, New York University Press, 1985; Paris, Presses Universitaires de France, 1986; Tokyo, Seishin Shobo, 1987; Herrsching, Pawlak, 1989; New York, Da Capo, 1992; Geissen, Psychosozial, 1998; Torino, Einaudi, with new Introduction, 1998; St. Petersburg, Science, with new Introduction, 2004). - Erik H. Erikson: The Power and Limits of a Vision (New York, The Free Press, 1976; Roma, Armando, 1982; Tokyo, Seishin Shobo, 1984; New York, The Free Press, 1986; Northvale, N. J., Aronson, 1997). - Helene Deutsch: A Psychoanalyst's Life (New York, Doubleday, 1985; New York, New American Library, 1986; Munich, Internationale Psychoanalyse, 1989; Paris, Presses Universitaires de France, 1992; 2nd edition, New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, with new Introduction, 1992). - Comment Freud analysait (Paris, Navarin, 1989). - Encountering Freud: The Politics and Histories of Psychoanalysis (New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, 1990). - Meeting Freud's Family (Amherst, University of Massachusetts Press, 1993; Paris, Seuil, 1996; Roma, Erre emme edizioni, 1997). - Heresy: Sandor Rado and the Psychoanalytic Movement, with Bluma Swerdloff (Northvale, N. J., Aronson, 1995). - How Freud Worked: First-Hand Accounts of Patients (Northvale, N. J., Aronson, 1995; Barcelona, Paidos, 1998; Bolsena (Vt), Massari editore, 1999; Giessen, Psychosozial, 1999; Sao Paulo, Editora Schwartz, 1999; Paris, Seuil, 2005, in corso di stampa). - Canada's King: An Essay in Political Psychology (Oakville, Ontario, Mosaic Press, 1998). - Oedipus in Britain: Edward Glover and the Struggle Over Klein (New York, Other Press, 2000). - Political Theory and the Psychology of the Unconscious: Mill, Nietzsche, Dostoevsky, Freud, Fromm, Bettelheim, and Erikson (London, Open Gate Press, 2000; Torino, Bollati Boringhieri, di prossima pubblicazione). - The Historiography of Psychoanalysis (New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, 2001). - The Trauma of Freud: Controversies in Psychoanalysis (New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, 2002). - Cultural Foundations of Political Psychology (New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, 2003). - On The Freud Watch: Public Memoirs (London, Free Association Books, 2003). - Edoardo Weiss: The House that Freud Built (New Brunswick, N. J., Transaction Publishers, 2005). - The Doctor and the Diplomat: The Mysterious Collaboration Between Freud and Bullitt on Woodrow Wilson (New York, Rowman & Littlefield, in corso di stampa; Giessen, Psychosozial, in corso di stampa). - Les secrets de la psychanalyse et de son histoire, Andre Haynal, Paul Roazen, & Ernst Falzeder (Paris, Presses Universitaires de France, 2005). - Escaping From the Mind of Man: The Continuing Story of Freud and Tausk, di prossima pubblicazione. - An Informal History of Psychoanalysis (New York, Rowman & Littlefield, di prossima pubblicazione). 4. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE BUSH [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente testo di Cindy Sheehan. Il 25 novembre Cindy Sheehan e' tornata a Crawford, a poca distanza dal ranch dove il presidente Bush trascorre le festivita' del Ringraziamento. Il campo dei dimostranti contro la guerra sorge su un acro di terreno privato messo a disposizione dal proprietario che simpatizza con la protesta. Giovedi' scorso, il giorno del Ringraziamento, gli oltre cento dimostranti hanno consumato un pranzo iracheno tradizionale (salmone, lenticchie e riso con mandorle) al posto del tacchino che si usa mangiare in questo giorno negli Usa, con l'intenzione di attirare l'attenzione dei media presenti sui civili uccisi in Iraq. Piu' di 2.100 soldati americani sono ormai deceduti dall'inizio della guerra nel marzo 2003. Cindy Sheehan ha inviato quello stesso giovedi' 24 novembre la seguente lettera aperta al presidente statunitense George W. Bush. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio. Intorno alla sua figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio movimento contro la guerra] George, la mia famiglia sta trascorrendo il secondo Ringraziamento senza Casey, grazie a te ed alle tue bugie. Io ho passato questa giornata piangendo sull'aeroplano che mi portava a Crawford, a chiederti di nuovo un incontro. Sono stata a Crawford per tre settimane quest'estate e Washington parecchie volte, chiedendo che tu mi incontrassi, e sto tornando di nuovo alla tua casa delle vacanze nel tentativo di ottenere l'incontro. Non so perche' a te piaccia Crawford, ma io la amo molto, per via della comunita' di pace che si e' costruita attorno a Camp Casey durante lo scorso agosto. Quando sono arrivata alla "Casa della pace", mi sono sentita come se fossi tornata a casa, provavo un senso di appartenenza a qualcosa di piu' grande di ciascuno di noi: una comunita' colma d'amore, di accettazione e di pace. E' questo che senti, nei tuoi frequenti ritorni a Crawford? Ed anche, il tramonto bellissimo del Texas mi ha riportato alla memoria scene dei nostri giorni a Camp Casey, ad esempio l'ex marine Jeff Key che suonava fra le croci che onoravano i nostri caduti. Agosto e' stato un periodo miracoloso. Da allora, quando volevo chiederti quale fosse la nobile causa per cui hai ucciso Casey e gli altri, oltre duecento dei nostri uomini e donne sono morti nella sciarada irachena. Possiamo solo ipotizzare quanti innocenti iracheni siano stati massacrati. Tu non hai ancora risposto alla mia domanda. Molte persone nel nostro paese, che hanno avuto figlie e figli uccisi, che hanno figlie e figli in servizio, e molti americani preoccupati, vogliono anche loro la risposta alla stessa domanda. * Inoltre, da agosto abbiamo scoperto che le forze americane stanno usando armi chimiche in Iraq. L'esercito ha ammesso l'uso di fosforo bianco come arma contro i combattenti nemici. Scusami, George, ma da quando un'arma che spara da considerevole distanza sa distinguere fra i nemici e gli innocenti? E' difficile ignorare e distogliere gli occhi dalle raccapriccianti immagini dei cittadini bruciati di Fallujah. E visto che ci siamo, George, l'uso delle armi chimiche non e' proibito? Non hai sempre detto che Saddam era "un uomo malvagio" perche' usava armi chimiche contro la sua stessa gente? Per te va bene usarle in Iraq, visto che i cittadini iracheni non sono la tua gente? Saddam dovrebbe essere processato per aver ucciso cosi' tante persone innocenti. Bombardare citta' dove vivono civili innocenti ed usare armi chimiche sono crimini di guerra. Cio' non fa forse di te un provato criminale di guerra? C'e' un nuovo "uomo malvagio" in citta'. * George, per il bene del popolo iracheno, non credi sia ora di portare le nostre forze armate a casa dall'Iraq? E' ora di finirla con le ipocrisie e l'insensibilita' dell'ucciderli per diffondere il tuo tipo di liberta' e democrazia. So qual e' il tipo di liberta' e democrazia che preferisci. Quando nessun dissenso aperto e' permesso, quando nessuno puo' chiedere al governo di raddrizzare i torti, mentre le nostre e-mail possono essere lette e controllate e i libri nella nostra biblioteca analizzati e scandagliati. Il tuo tipo di liberta' e democrazia calunnia patrioti coraggiosi come codardi e traditori perche' hanno il coraggio di parlare contro le tue politiche omicide. La maggioranza degli americani non lo vuole proprio, il tuo tipo di liberta' e democrazia. Cosa ti fa pensare che lo voglia il popolo iracheno? George, anche per il bene delle persone meravigliose, coraggiose e molto giovani che vestono con orgoglio l'uniforme degli Usa: e' tempo di portarle a casa. Hanno fatto tutto quello che hai chiesto loro di fare. Hanno anche fatto cose che rende almeno un quarto di queste persone molto malate, nei loro cuori e nelle loro anime. Alcune sono state uccise senza necessita', in modi che potevano essere evitati, e alcune stanno tornando a casa mutilate. Per cosa, George? Per quale nobile causa? * George, tu hai sempre avuto tutto fornito su un piatto d'argento. Non ti biasimo per aver usato l'influenza della tua famiglia per evitare di andare in Vietnam. Non biasimo nessuno che abbia tentato di tirarsi fuori da quella guerra disastrosa e totalmente malvagia. Cio' per cui ti biasimo e' l'aver ucciso mio figlio in un'altra guerra disastrosa e totalmente malvagia. Lui voleva servire il suo paese, ed era pronto a morire per salvare le vite dei suoi compagni. Dovresti vergognarti di sfruttare l'onore di Casey e l'onore di altri nelle forze armate, di cui sei il comandante in capo perche' anche questo ruolo ti e' stato offerto sul piatto d'argento. Domanda al tuo vice se pensa che Casey potesse avere altre priorita' invece di morire a 24 anni. Tu hai il sacro lusso di avere due figlie in casa con te, oggi, per il pranzo del Ringraziamento. Vi punzecchiate scherzando, durante il pasto, come la mia famiglia era solita fare? Racconti loro vecchi e buffi aneddoti di famiglia, e ridete pensando ai vecchi tempi? E' cosi' che va per te, George? La nostra famiglia ha condiviso il pasto e abbiamo tentato di essere allegri, ma pensa un po': non e' la stessa cosa quando un membro molto apprezzato della famiglia se ne e' andato per sempre. La morte prematura di Casey getta un'ombra su tutti i nostri giorni, ma le festivita' sono particolarmente dure. Tu e Laura vi rivolterete nel letto stanotte, e vi alzerete e andrete alla finestra, tormentati dalla paura che le vostre figlie Jenna e Barbara possano essere uccise in Iraq? Fate un salto ogni volta che squilla il telefono? Il vostro cuore batte all'impazzata mentre sentite bussare alla porta, temendo che all'uscio ci sia l'Angelo della Morte vestito con la divisa dell'esercito? Non credo. Due soldati sono stati uccisi oggi in Iraq, George. Spero le loro famiglie non fossero sedute a pranzo quando e' stato annunciato loro che le vacanze erano finite per sempre, ma non c'e' alcun momento buono per notizie tanto orrende. Te lo chiedo di nuovo, faí la cosa giusta. Porta a casa le nostre truppe dall'Iraq. Non continuare ad ucciderne altri perche' le tue politiche omicide ne hanno gia' uccisi tanti. Quanti morti saranno abbastanza? 58.000? Uno solo era gia' troppo. Te la diro' io la nobile causa per cui Casey e' morto, George: una pace vera e duratura. Per favore, dai dignita' a tutte queste morti mettendo la parola fine al barbaro massacro, prima di rovinare troppe feste per troppe persone. 5. RIFLESSIONE. JEAN-MARIE MULLER: ASCOLTARE LA VIOLENZA [Ringraziamo Silvia Cosentino (per contatti: sicosent at tiscali.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione questo articolo di Jean-Marie Muller. Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire de la non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005] La violenza che sta incendiando i sobborghi non e' un mezzo d'azione, ma un mezzo d'espressione. Le violenza appare come l'ultimo mezzo di espressione a coloro ai quali le societa' ha rifiutato tutti gli altri mezzi per esprimersi. Le violenza e' l'ultima risorsa di coloro che sono esclusi da ogni partecipazione alla vita della societa'. La violenza esprime allora una richiesta di riconoscimento, una volonta' di vivere: "sono violento, quindi sono". Questa violenza porta un po' di vividezza nel grigiore dell'esistenza. Essa viene a rompere la monotonia del tempo che trascorre nella disoccupazione e nel vuoto dei giorni. Nello stesso tempo, le violenza e' una maschera che nasconde degli esseri che errano, che soffrono, che si disperano. Bisogna ascoltare e comprendere questa violenza come una pro-vocazione, cioe', secondo il significato etimologico della parola, come un appello. La violenza ha le sue radici nell'angoscia e vuole essere una richiesta d'aiuto. La violenza vorrebbe essere una parola; essa e', quantomeno, un grido. Si tratta quindi di capire questa violenza, mentre e' vano condannarla con un surplus di indignazione. In definitiva, questa violenza e' l'espressione di un desiderio di comunicazione, un bisogno di dialogo. Spetta alla societa' capire questo appello. Le delinquenza causa la rottura del legame sociale, ma essa ne e' in primo luogo una conseguenza. A partire dal momento in cui un individuo, soprattutto un giovane, non trova nella societa' quel radicamento che struttura la sua personalita' e da' un senso alla sua esistenza, egli si trova in una situazione di rottura. Se ha un insuccesso scolastico, si trovera' senza lavoro e sara' privato di una vera cittadinanza. Nella maggior parte dei casi, la discriminazione etnica rafforza l'esclusione. E' un ingranaggio. L'incivilta' e' precisamente la conseguenza di una privazione di cittadinanza. * Le violenza permette tanto piu' di farsi riconoscere quanto piu' e' proibita dalla societa'. Essa simboleggia la trasgressione di un ordine sociale che non merita di essere rispettato. Cio' che gli attori della violenza ricercano e' precisamente questa trasgressione. Essi ritengono che non vi sia alcuna ragione di rispettare le leggi di una societa' che non rispetta i loro diritti. A coloro che la legge esclude da ogni tipo di riconoscimento, la violazione della legge appare il miglior mezzo per farsi riconoscere. In piu', la violenza della trasgressione, distruggendo i simboli di una societa' iniqua, calpestando gli attributi di un ordine ingiusto, procura un piacere sottile, un godimento reale. Per questo motivo, la violenza esercita un fascino su coloro che sentono la frustrazione e l'umiliazione di essere degli esclusi. La violenza rappresenta un tentativo disperato di riappropriarsi del potere sulle loro vite, di cui sono stati spossessati. Non e' questo un mezzo degenerato, deviato, di accesso a una forma di trascendenza? Ogni tentativo di "moralizzazione" e' destinato all'insuccesso. Peggio ancora, ogni stigmatizzazione non puo' che aggravare la situazione e rendere impossibile la riconciliazione. Piu' che uno sbaglio, essa costituisce un errore politico. La repressione poliziesca e' una fuga in avanti che allarga la frattura sociale e allontana il ritorno alla pace. La "tolleranza zero" deve in primo luogo concernere i poliziotti incivili di cui i giovani dei sobborghi sono troppo spesso vittime. Occorre riconoscere che, malgrado la retorica ufficiale, la nostra democrazia ha un cattivo rapporto con la sua polizia. Bisogna certo "ristabilire l'ordine", ma questo deve significare che bisogna in primo luogo "ristabilire la giustizia" in questi quartieri diseredati. * Sforzarsi di comprendere le violenza non significa "lasciar dire e lasciar fare". Al contrario, comprendere la violenza e' il modo migliore per interdirla. Ma soltanto se la societa' sara' capace essa stessa di dare un segnale forte di nonviolenza sara' possibile dare un significato all'interdizione della violenza. Questa violenza manifesta che coloro che vi si abbandonano non incontrano limiti; nella stesso tempo, essi domandano che si pongano loro dei limiti. Questi serviranno loro come un riferimento, che dara' loro la sicurezza di cui hanno un bisogno vitale e permettera' di strutturare le loro personalita'. Bisogna dunque rispondere alla violenza tentando di ristabilire la comunicazione. La cosa peggiore e' rispondere a questa violenza con la violenza. E' un formidabile segno d'impotenza da parte della societa'. Bisogna dunque rispondere a questa violenza mettendo in atto una strategia nonviolenta rivolta a creare degli spazi d'intermediazione, in cui dei mediatori potranno ristabilire la comunicazione fra questi esclusi e la societa'. Sara' allora possibile far prevalere il rispetto della legge. * Se la violenza e' l'espressione di una parola che non ha potuto essere detta, nel momento in cui il delinquente potra' dire la sua violenza, sara' gia' in grado di governarla e di trasformarla. La parola libera dalla violenza. La mediazione deve mirare a permettere agli esclusi e ai delinquenti di riappropriarsi della loro vita per mezzo della parola. La parola ha una virtu' efficiente. Mettere in parole - verbalizzare - le proprie sofferenze, le proprie paure, le proprie frustrazioni, i propri desideri, significa distaccarsene cosi' da poter affrontare e gestire la realta' con la riflessione. La vera sfida lanciata da questi violenti alla societa' e' quella di decostruire la cultura della violenza che domina le nostra civilta'. E' compito di tutti i cittadini impegnarsi nella promozione di una cultura della nonviolenza che permetta di inventare comportamenti e metodi che consentano una risoluzione umana degli inevitabili conflitti che costituiscono la trama della nostra vita collettiva. 6. MATERIALI. ALDO CAPITINI RIASSUME IL MANUALE DI CHARLES C. WALKER SULL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA [Riproponiamo il capitolo dodicesimo del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, 1967, pp. 158-165 (l'aureo libretto e' stato poi ristampato da Linea d'ombra, Milano 1989; ed e' stato successivamente ripreso anche in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it L'opuscolo di Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, arricchito da ulteriori materiali, e' stato successivamente pubblicato dalle Edizioni del Movimento Nonviolento nei "Quaderni di azione nonviolenta", cui puo' essere richiesto al modicissimo costo di 2 euro; e' un materiale di lavoro utilissimo (per richieste: tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it); il solo testo dell'opuscolo di Walker abbiamo anche piu' volte riprodotto su questo foglio, da ultimo recentissimamente nel n. 1122] Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Frémont lo ha tradotto in francese. L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue, Enfield, Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il confronto con il Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione nonviolenta si sia accresciuta negli anni, specialmente per le grandi campagne gandhiane e per quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove. Del resto, il manuale integra spesso i suoi suggerimenti con indicazioni bibliografiche. Metteremo in luce la struttura del lavoro, e i punti piu' rilevanti e utilizzabili. Il Manuale e' diviso in quindici sezioni. * 1. Preparazione Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo continuamente notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata, indicando alle vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi il nome e l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi e associazioni che possono simpatizzare. Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere apertamente notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne deduce: prima di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere largamente. * 2. Lancio di un programma costruttivo Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle vittime, stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative, assistenza alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in comunita'. Utile anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa. * 3. Apprendimento del metodo Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche, economiche, implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto), sull'atteggiamento dei vari gruppi. Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima di ogni azione nonviolenta). Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi possibili. Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni onorifiche date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione importante, purche' non leda il principio. Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare tutti gli implicati nella cosa. Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati. L'azione diretta ha questi aspetti: - Veglia in un luogo simbolico; - Picchetti di militanti; - Digiuno o sciopero della fame; - Noncooperazione; - Boicottaggio; - Arresto del lavoro per un certo periodo; - Sciopero; - Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso); - Intervento p. es. in un luogo proibito; - Disobbedienza civile; - Migrazione; - Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste. * 4. L'addestramento Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film, fare riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di realizzazione di iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro, raccontare fatti eroici, prendere pasti in comune, formare bene gli individui per i compiti che saranno a loro affidati; distinguere tra l'addestramento generale e quello per determinate azioni. * 5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per stampare, per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio preliminare. Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio giuridico). * 6. La preparazione dell'azione Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere, anche per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per affissioni, automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella zona). Stabilire un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione: telefono, altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni appropriate per i capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare manifesti e volantini (da apprestare molto per tempo). * 7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza legale. * 8. Messa a punto di una disciplina collettiva Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina. * 9. Sviluppo di una campagna di propaganda Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi, visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli di giornali. * 10. La riunione dei partecipanti all'azione Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni (alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai comitati). * 11. L'avvio dell'azione Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta e tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie. Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni), e se piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in quanto possibile, un silenzio assoluto. * 12. Fronteggiare le rappresaglie L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere dal disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con la violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio posto disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti. In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza. Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e in tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano e reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le sofferenze redentrici possono liberare dal veleno della violenza accumulatosi da tanto tempo). * 13. Mantenere la vitalita' del movimento Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime delle rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne, ecc.). Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al corrente gli aderenti. Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di personalita' eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.). Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far agire il maggior numero di volontari che sia possibile. * 14. I capi Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in gruppo. * 15. Quando la lotta si fa lunga Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni: l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo. Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della giustizia e dell'onesta' umana). 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1127 del 27 novembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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