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La nonviolenza e' in cammino. 1119
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1119
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 19 Nov 2005 00:53:55 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1119 del 19 novembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Cindy Sheehan: Ai giudici 2. Katherine Jashinki: La mia obiezione di coscienza 3. La Fondazione Alexander Langer solidale con Natasa Kandic 4. Un incontro con Jean-Leonard Touadi a Lucca 5. Guido Caldiron intervista Enzo Traverso 6. Francesca Borrelli presenta "Le intermittenze della morte" di Jose' Saramago 7. Daniela Santucci ed Enrico Alleva presentano "Collasso" di Jared Diamond 8. Luca Tomassini intervista Jared Diamond 9. Riletture: Umberto Galimberti, Psiche e techne 10. Riletture: Marvin Harris, Cannibali e re 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: AI GIUDICI [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente discorso pronunciato da Cindy Sheehan il 16 novembre 2005. Il tribunale ha poi condannato Cindy Sheehan ed altri 26 pacifisti, ordinando loro di pagare la multa comminata il 26 settembre, ovvero i 75 dollari di cui sopra. Cindy Sheehan si e' appellata contro la sentenza. La settimana prossima, in cui il 24 cade la festa del Ringraziamento, Cindy tornera' a Crawford, davanti al ranch in cui il presidente passera' questa vacanza: "Io credo fermamente che abbia l'obbligo di incontrarmi", ha dichiarato all'Associated Press. In dicembre Cindy ha pianificato di portare il suo messaggio di pace in Europa, con visite a Londra e Madrid. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo figlio. Intorno alla sua figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio movimento contro la guerra] Oggi una parte delle 376 persone arrestate di fronte alla Casa Bianca verranno processate: siamo in 125. I giudici, Scooter e Karl, si aspettano che circa 60-70 di noi contestino l'arresto. Abbiamo un team di avvocati di Washington che ci stanno aiutando. Il mio mi ha informato che potrei essere multata di 500 dollari, o passare sei mesi in prigione. L'accusa e' avere "dimostrato senza permesso", e la sentenza in proporzione mi sembra abbastanza dura. Sono preparata, ma non sono spaventata all'idea di ricevere il massimo della pena. Non penso che mi manderanno in prigione, ma certamente non intendo pagare la multa. Se lo avessi voluto, avrei pagato quella originaria di 75 dollari e non sarei venuta in tribunale. Cosi', saro' davanti alla Corte, e questa sara' la mia difesa. * Il mio caro e amato figlio e' stato ucciso in Iraq il 4 aprile 2004. Ad ucciderlo e' stato un "insorgente" iracheno, ma a premere il grilletto sono stati George Bush e la sua banda di bugiardi criminali. E' stato provato ad oltranza che costoro ci hanno mentito sull'invasione e continuano a mentirci sull'occupazione. Il 26 settembre 2005 io sapevo benissimo di star violando la legge, sedendo sul marciapiede della Casa Bianca senza permesso. Ma il motivo per cui stavo seduta la' era attirare l'attenzione sul fatto che all'interno ci vivono e lavorano degli assassini. Non fosse per loro, io avrei mio figlio vivo, e migliaia di innocenti sarebbero vivi anch'essi. L'omicidio non e' forse un crimine? Perche' questa gente non viene portata di fronte alla giustizia per crimini di guerra e crimini contro l'umanita'? Chi vorrebbe vivere in un mondo in cui gli assassini sono liberi di sterminare cittadini innocenti ed interi paesi? Io so che non lo voglio. 2. TESTIMONIANZE. KATHERINE JASHINKI: LA MIA OBIEZIONE DI COSCIENZA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il testo del discorso tenuto da Katherine Jashinki di fronte al centro di addestramento di Fort Benning il 17 novembre 2005; Katherine ha tenuto il suo discorso di fronte a 15.000 manifestanti pacifisti; alla sua destra ed alla sua sinistra stavano altri due obiettori di coscienza dell'esercito Usa, Aidan Delgado ed Aimee Allison. Katherine Jashinki, arruolatasi nella Guardia Nazionale nell'aprile 2002, ha chiesto di essere congedata come obiettrice di coscienza nell'estate del 2004. La scorsa settimana, il tribunale ha rigettato la sua richiesta. Nel frattempo Katherine, che fino ad ora ha servito come cuoca, ha ricevuto l'ordine di sottoporsi all'addestramento alle armi, in vista del trasferimento della sua unita' in Afghanistan] Il mio nome e' Katherine Jashinki. Sono un soldato specializzato nella Guardia Nazionale del Texas. Sono nata a Milwaukee, nel Wisconsin, ed ho 22 anni. Quando mi sono diplomata alle superiori mi sono trasferita ad Austin, dove intendevo frequentare l'universita'. A 19 anni mi sono arruolata: quando lo feci credevo gia' che uccidere fosse immorale, ma pensavo pure che la guerra era una parte inevitabile dell'esistenza, una sorta di eccezione alla regola. Dopo l'arruolamento ho cominciato la lenta trasformazione verso l'essere un'adulta. Come molti adolescenti che lasciano la loro casa per la prima volta, ho attraversato un periodo di crescita e di ricerca. Ho incontrato molte nuove persone, e molte nuove idee, che hanno espanso grandemente le mie esperienze. Dopo aver letto i saggi di Bertrand Russel, ed aver viaggiato nel Pacifico del sud, ed aver parlato con persone di tutto il mondo, le mie convinzioni sull'umanita' e la relazione dell'umanita' con la guerra sono cambiate. Ho cominciato a vedere un quadro piu' ampio del mondo, ed ho cominciato a rivalutare quello che mi era stato insegnato sulla guerra quand'ero bambina. Ho sviluppato la convinzione che prendere la vita di un altro essere umano e' sbagliato sempre, non ci sono eccezioni. Allora sono stata capace di chiarire a me stessa chi sono e cosa sostengo. Cio' di cui ho piu' rispetto al mondo e' la vita, e non prendero' mai la vita di un'altra persona. Come altri hanno fede in Dio, io ho fede nell'umanita'. Sono profondamente convinta che le persone debbano risolvere i conflitti tramite una pacifica diplomazia e senza uso di violenza. La violenza genera solo altra violenza. Poiche' credo fortemente nella nonviolenza, non posso svolgere alcun ruolo nell'esercito. Ogni persona che sta nell'esercito, qualunque lavoro svolga, contribuisce alla pianificazione, alla preparazione ed all'implementazione della guerra. Per 18 mesi, mentre attendevo che mi venisse riconosciuto lo status di obiettrice di coscienza, io ho onorato gli impegni che avevo preso con l'esercito, ed ho fatto tutto cio' che mi chiedevano di fare. Ma domenica scorsa mi e' stato ordinato di recarmi qui a Fort Benning per essere addestrata alle armi, in preparazione al mio invio in zona di guerra. Ora io sono giunta al punto in cui devo decidere se scegliere il mio obbligo legale verso l'esercito o i miei piu' profondi valori morali. Voglio sia chiaro che non intendo comprometterli per alcuna ragione. Ho un obbligo morale non solo verso me stessa, ma verso il mondo intero, e cio' e' piu' importante di qualsiasi contratto. Sono arrivata ad avere le mie convinzioni con la riflessione personale, con lo studio intenso. Esse sono tutto cio' che io sono e tutto cio' per cui lotto. Dopo aver considerato gli effetti che la decisione da me presa avra' sul mio futuro e sulla mia famiglia, come la possibilita' di essere mandata in prigione, e l'inevitabile disprezzo e scherno che dovro' affrontare, io ora sono del tutto risoluta. Esercitero' il mio diritto legale di non usare un'arma, e di non partecipare alla guerra. Voglio essere congedata come obiettrice di coscienza, e mentre attendo il processo d'appello continuero' ad eseguire gli ordini che non entreranno in conflitto con la mia coscienza, sino a che il mio status non verra' definito. Sono preparata ad accettare le conseguenze dell'attenermi ai miei valori. Cio' che caratterizza un obiettore di coscienza e' la sua volonta' di affrontare le avversita' e di attenersi ai propri valori ad ogni costo. Non facciamo questo perche' sia facile, ne' perche' ci porti popolarita', ma perche' non possiamo fare altro. 3. VERITA' E GIUSTIZIA. LA FONDAZIONE ALEXANDER LANGER SOLIDALE CON NATASA KANDIC [Dalla Fondazione Alexander Langer (per contatti: info at alexanderlanger.org) riceviamo e volentieri diffondiamo. Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bz) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi' generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992; dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La meridiana, Molfetta 2000; AA. VV., Una vita piu' semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005. Si sta ancora procedendo alla raccolta di tutti gli scritti e gli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa). Si vedano comunque almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione de La Fondazione Alexander Langer - Stiftung, suppl. a "Una citta'", Forli' (per richieste: tel. 054321422; fax 054330421, e-mail: unacitta at unacitta.it, sito: www.unacitta.it), ed il nuovo fascicolo edito dalla Fondazione nel maggio 2000; una nuova edizione ancora e' del 2004 (per richieste: tel. e fax 00390471977691, e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org); la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (per informazioni: tel. 0458009803; fax 0458009212; e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Indirizzi utili: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Portici 49 Lauben, 39100 Bolzano-Bozen, tel. e fax 00390471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org Natasa Kandic (1946), laureata in sociologia nel 1972 presso l'Universita' di Belgrado, entra a far parte di quel gruppo di intellettuali che, gia' a partire dal 1990, si oppone attivamente alla linea politica repressiva delle autorita' serbe nei confronti delle minoranze democratiche e si impegna per la difesa dei diritti umani e per la difesa delle vittime di soprusi perpetrati nel nome della superiorita' etnica o nazionale. Nel 1992 fonda lo Humanitarian Law Center a Belgrado, di cui e' attualmente il Direttore Esecutivo. Inizia a recarsi con regolarita' anche in Kosova/o, dove oltre a raccogliere una documentazione sul campo, fornisce assistenza legale, ed altre forme di solidarieta'. Nel 1996 apre un ufficio dello Humanitarian Law Center anche a Pristina. Continua la sua attivita' nonostante le minacce e le limitazioni imposte dal regime di Belgrado, non fermandosi nemmeno dopo lo scoppio della guerra. Natasa Kandic, nel pieno dei bombardamenti Nato, si reca piu' volte in taxi a Pristina, per rendersi conto direttamente della situazione, rischiando la vita per portare in salvo qualche kosovaro. Fa sentire spesso la sua voce attraverso la stampa internazionale e grazie al lavoro d'inchiesta portato avanti con gli uffici dell'Humanitarian Law Center, ha potuto offrire un prezioso contributo alla creazione del tribunale dell'Aja e alle sue prime sentenze di condanna. Ha ricevuto insieme a Veton Surroi, direttore del quotidiano di Pristina "Koha Ditore", il premio per la democrazia dal "National Endowment for Democracy" a Washington; nel 2000 ha ricevuto il premio internazionale "Alexander Langer" insieme a Vjosa Dobruna] La Fondazione Alexander Langer ha mandato questa lettera a Natasa Kandic, premio Alexander Langer 2000, contro la quale e' stato aperto un procedimento d'incriminazione per diffamazione, per aver chiesto al governo serbo di riconoscere i crimini compiuti in Bosnia e soprattutto a Srebrenica. Natasa Kandic e' la principale, scomoda e temuta testimone ai processi dell'Aja contro i responsabili di crimini contro l'umanita' commessi durante la guerra in Bosnia. Vedi in www.alexanderlanger.org * All'Humanitarian Law Centre - Belgrado La Fondazione Alexander Langer, a seguito delle notizie riguardanti l'apertura di un procedimento di incriminazione per diffamazione contro Natasa Kandic, direttrice dell'Humanitarian Law Centre e premiata col premio Alexander Langer 2000, vuole esprimere la sua grande indignazione riguardo a questo evidente stravolgimento e inversione delle responsabilita', come anche la sua piena solidarieta' e il suo deciso appoggio verso Natasa, nella sua coraggiosa e tenace lotta per fare luce sui crimini commessi durante i conflitti armati in ex Yugoslavia, e in particolare riguardo al massacro genocidiario di Srebrenica. La Fondazione Alexander Langer e' d'accordo con l'Humanitarian Law Centre che la critica verso la scarsa volonta' delle istituzioni di garantire giustizia alle vittime e' legale e legittima, e dovrebbe essere presa nella dovuta considerazione piuttosto che stigmatizzata come ostilita'. Inoltre, la Fondazione vuole premere perche' i rappresentanti delle istituzioni serbe prendano nettamente le distanze dai crimini che sono stati commessi in passato e perche' lavorino in favore del raggiungimento di un pieno stato di legalita' e democrazia attraverso il raggiungimento della verita' sui crimini di guerra. Inoltre, la Fondazione Alexander Langer e' convinta che questo procedimento di incriminazione per diffamazione rappresenti un pericoloso tentativo di mettere sotto pressione la liberta' di opinione e parola. Per questo, ha inoltrato il comunicato stampa dell'Humanitarian Law Centre ai Parlamenti italiano ed europeo, nella speranza che prendano posizione riguardo a questo fatto. La Fondazione Alexander Langer spera che molti altri esponenti della societa' civile e delle istituzioni esprimano la loro piena solidarieta' verso Natasa Kandic. Con solidarieta', La Fondazione Alexander Langer 4. INCONTRI. UN INCONTRO CON JEAN-LEONARD TOUADI A LUCCA [Dalla "Scuola della pace" di Lucca (per contatti: scuolapace at provincia.lucca.it) riceviamo e diffondiamo] Mercoledi' 23 novembre, ore 21, nella Sala Maria Luisa del Palazzo Ducale a Lucca si svolgera' un incontro con Jean-Leonard Touadi sul tema "Viaggio nel dolore verso al speranza", racconto di un viaggio con i migranti attraverso le lunghe strade dell'Africa verso il Mediterraneo. Jean-Leonard Touadi e' nato a Brazzaville (Congo) e risiede in Italia da oltre vent'anni. Laureato in filosofia presso l'Universita' Gregoriana di Roma e con un master post-laurea in giornalismo e comunicazioni di massa presso la facolta' di scienze politiche della Libera Universita' degli Studi Sociali (Luiss) di Roma. Entrato in Rai nel 1992 ha lavorato presso la redazione degli esteri del Tg3. Dal 1999 a giugno 2003, e' stato uno degli autori del programma di Rai Educational "Un mondo a colori", di cui e' stato anche conduttore. Consulente scientifico ed editorialista di numerose riviste italiane ed estere specializzate sui temi dell'immigrazione, della multicultura e dei rapporti Nord/Sud, ha al suo attivo numerose pubblicazioni, anche di carattere divulgativo, su geopolitica, problemi culturali e sociali legati ai fenomeni migratori e sugli aspetti comunicativi nella societa' multiculturale. Attualmente e' co-autore del programma di approfondimento di tematiche internazionali "C'era una volta" in onda su Rai Tre in seconda serata. Ha pubblicato recentemente i libri Africa la pentola che bolle (Emi, Bologna) e Congo, Ruanda, Burundi. Le parole per conoscere (Editori Riuniti, Roma Riuniti). L'incontro e' promosso dalla Scuola della pace di Lucca, in collaborazione con il Gvai (Gruppo volontari accoglienza immigrati), l'Arcidiocesi di Lucca - Ufficio pastorale Caritas, il Centro diocesano di cooperazione missionaria. 5. MEMORIA. GUIDO CALDIRON INTERVISTA ENZO TRAVERSO [Dal quotidiano "Liberazione" del 15 novembre 2005. Guido Caldiron e' giornalista e saggista. Opere di Guido Caldiron: Gli squadristi del 2000, Manifestolibri, Roma 1993; AA. VV., Negationnistes: les chifonniers de l'histoire, Syllepse-Golias, 1997; La destra plurale, Manifestolibri, Roma 2001; Lessico postfascista, Manifestolibri, Roma 2002. Enzo Traverso, storico (nato nel 1957), docente all'Universita' della Picardie "Jules Verne" di Amiens, saggista, acuto studioso della Shoah e del totalitarismo. Tra le opere di Enzo Traverso. Gli ebrei e la Germania: Auschwitz e la simbiosi ebraico-tedesca, Il Mulino, Bologna 1994; La violenza nazista. Una genealogia, Il Mulino, Bologna 2002; Auschwitz e gli intellettuali. La Shoah nella cultura del dopoguerra, il Mulino, Bologna 2004; (con Marina Cattaruzza, Marcello Flores e Simon Levis Sullam), Storia della Shoah, Utet, Torino 2005; in francese: Les marxistes et la question juive, La Breche-Pec, Montreuil 1990; Les Juifs et l'Allemagne, de la "symbiose judeo-allemande" a' la memoire d'Auschwitz, La Decouverte, Paris 1992; L'Histoire dechiree. Essai sur Auschwitz et les intellectuels, Editions du Cerf, Paris 1997; Pour une critique de la barbarie moderne. Ecrits sur l'histoire des Juifs et l'antisemitisme, Editions Page deux (Cahiers libres), Lausanne 2000; Le totalitarisme. Le XXeme siecle en debat, Seuil, Paris 2001; La violence nazie. Essai de genealogie historique, La Fabrique, Paris 2001; La pensee dispersee, Ed. Leo Scheer, Paris, 2004] "La Shoah nasce dalle viscere sociali e culturali dell'Europa, non e' ne' un incidente di percorso ne' una 'malattia' e neppure il risultato dell'irruzione di forze 'irrazionali' nel cuore della civilta'. Figlia dell'Europa, la Shoah ne rimette in discussione la storia e la civilta'. In questo senso, essa continua a interrogare il nostro presente". Nelle parole che Enzo Traverso utilizza per introdurre il primo volume della Storia della Shoah, in questi giorni in libreria per Utet, sono gia' riassunte molte delle sfide con cui la storiografia del genocidio degli ebrei d'Europa deve misurarsi ancora oggi. Sfide a cui la vasta opera - oltre 2800 pagine di testi, 3 dvd e un cd-rom ipertestuale - inaugurata dal volume La crisi dell'Europa e lo sterminio degli ebrei (pp. 1188, euro 45), presentato ieri pomeriggio a Roma in Campidoglio, intende rispondere. Proprio ad Enzo Traverso, docente di scienze politiche all'Universita' di Amiens e autore, tra le altre sue opere, di Auschwitz e gli intellettuali (Il Mulino, 2004), abbiamo chiesto di spiegarci il significato e le novita' contenute in questa vasta ricerca. "Si tratta di una sorta di bilancio critico delle ricerche fin qui svolte - ci ha spiegato Traverso -, ricerche che sono sempre piu' vaste e che toccano campi sempre piu' ampi e diversi, del tutto assenti solo fino a una ventina di anni fa. Penso alla fotografia o alla presenza dei bambini nei campi o al rapporto tra antisemitismo nazista e razzismo antislavo, tra colonialismo e nazismo: tutta una serie di ricerche e lavori che aprono orizzonti nuovi". "Inoltre - aggiunge Enzo Traverso - credo che si tratti di un'opera nuova perche' non e' solo una Storia della Shoah, nonostante il titolo, bensi' un approccio alla Shoah come problema storico, nel senso non solo della ricostruzione dell'evento e del processo che lo ha preparato, ma anche della sua memoria: non solo quella dei testimoni, la memoria collettiva e i suoi molti percorsi, ma anche l'impatto della Shoah sulla cultura del Novecento. Penso anche alla ricostruzione dell'eterogeneita' della memoria che si e' cercato di rendere: ad esempio con un saggio dello storico palestinese Elias Sanbar sulla percezione araba della Shoah". * - Guido Caldiron: Gia' nella costruzione della memoria collettiva della Shoah si possono indicare sfide e rischi, come problematizzarli mantenendo aperta la riflessione? - Enzo Traverso: Si possono identificare varie tappe sia nella costruzione della memoria collettiva della Shoah, sia nell'elaborazione di una sua storiografia. In una prima fase, infatti, la Shoah non esisteva come specifico problema storiografico e la memoria di quella vicenda era considerata marginale o addirittura occultata. Poi si e' assistito a un grande sviluppo della ricerca su questo tema e la Shoah ha cominciato ad essere studiata come problema storiografico specifico, e' nato in questa fase tutto il dibattito sull'unicita' dello sterminio degli ebrei. Si e' arrivati cosi' al riconoscimento della Shoah come elemento di "rottura della storia", come evento centrale nella storia del Novecento. Ora questo primo punto d'arrivo della ricerca storiografica rischia di trasformarsi in un ostacolo epistemologico, quindi tra gli elementi che hanno ispirato questo lavoro collettivo vi e' anche quello di re-inscrivere la Shoah nella storia del Novecento. Questo significa mettere in rapporto l'antisemitismo con altre forme di razzismo e di esclusione, con altre ideologie che possono aver ispirato pratiche di violenza e di massacro, mettere in rapporto la Shoah con altri genocidi, vedere ad esempio quali affinita' possono esistere tra l'antisemitismo, l'eugenismo e il razzismo coloniale dell'Ottocento. * - Guido Caldiron: Tra i punti piu' dibattuti nella storiografia della Shoah, vi e' quello del rapporto tra l'Olocausto e la modernita'. Un tema spesso utilizzato per proiettare la riflessione sul passato verso il presente, cosa ne pensa? - Enzo Traverso: Sono almeno vent'anni che si riflette molto su questo tema, e sul libro di Zygmunt Bauman che ha per titolo proprio Modernita' e Olocausto si e' discusso a lungo. Si tratta di un argomento centrale, che attraversa ovviamente anche questa Storia della Shoah, perche' presuppone di riconoscere il genocidio ebraico per quello che e', vale a dire un prodotto della moderna civilta' occidentale, industriale e capitalistica. Accanto a questo aspetto fondamentale ve ne sono pero' altri di grande importanza. La Shoah non sono soltanto le camere a gas, vale a dire il rapporto del genocidio con la razionalita' produttiva, amministrativa - la razionalita' strumentale, per dirla con Adorno e Horkheimer, del capitalismo moderno e dell'Occidente -; la Shoah e' anche una "violenza calda", fatta di massacri nei ghetti, di un'ondata di violenza che si inscrive nel cuore della guerra, legata percio' alla violenza antislava e al progetto di distruzione del bolscevismo e dell'Unione Sovietica. Penso che si possa parlare della Shoah come di una miscela di violenza "calda" che si nutre di passioni, emozioni, fanatismo e si alimenta naturalmente anche dell'ideologia, e di una violenza "fredda" che invece richiede non una sospensione o una regressione delle forme della civilta', ma che presuppone invece proprio le acquisizioni del processo di civilizzazione, vale a dire il monopolio statale della violenza, una razionalita' produttiva e amministrativa, separazione e divisione del lavoro e competenze tecniche che non hanno bisogno di odio, di ideologia e di fanatismo, ma che possono fare a meno del pregiudizio. Forse e' proprio perche' alla sua base vi e' l'incontro tra questi due elementi che la Shoah e' diventata un paradigma dei genocidi e delle violenze del Novecento. Dal genocidio degli armeni al Ruanda, passando per i gulag - e sto parlando di fenomeni molto diversi tra loro, assolutamente non assimilabili in una sola categoria -, tutti questi eventi vengono paragonati alla Shoah, considerata come una sorta di "matrice" a partire dalla quale si possono misurare e comparare le diverse violenze. E questo credo avvenga proprio perche' la Shoah racchiude in se' tutti questi diversi aspetti. * - Guido Caldiron: Lei ricordava come la Shoah non sia riducibile alle sole camere a gas, che pure ne rappresentano il tragico approdo finale. Il primo passo verso lo sterminio si compie pero' con la privazione dei diritti di una parte della popolazione, con l'istituzionalizzazione del pregiudizio e del razzismo. Qualcosa che sembra parlare anche alle societa' contemporanee e non solo al dibattito storiografico, non crede? - Enzo Traverso: Certo, la privazione dei diritti e' una tappa fondamentale sulla via che porta allo sterminio. Le leggi razziali di Norimberga mettono fine a oltre un secolo di emancipazione ebraica in Germania e vengono considerate come il momento di svolta, anche sul piano simbolico, di rottura del nazismo con una tradizione liberale occidentale. Nel dire cio' spesso si dimentica pero' che questa stessa tradizione occidentale e liberale, che negli Trenta - nel '38 in Italia con le leggi razziali - rompe con il principio di uguaglianza, facendo degli ebrei un corpo estraneo alle nazioni in cui risiedono, si e' pero' sempre fondata sull'esclusione dei popoli che ha colonizzato da ogni diritto di cittadinanza. Credo percio' che non si possa descrivere la storia della Shoah come una sorta di partita che si gioca tra nazisti e ebrei al di fuori di un contesto nel quale intervengono invece molti altri attori. * - Guido Caldiron: La "Storia della Shoah" si apre con una ricostruzione della genesi dell'antisemitismo e del razzismo moderni, un quadro che mostra come si sia arrivati pian piano agli orrori di Auschwitz. In questo contesto come si puo' giudicare il consenso sociale che quel progetto di sterminio trovo' in Germania? - Enzo Traverso: Spesso il tema del "consenso" resta in secondo piano proprio quando si mette l'accento sul rapporto tra Olocausto e modernita'. Nel senso che se si portassero ad esempio alle estreme conseguenze le tesi esposte ne La banalita' del male da Hannah Arendt si potrebbe arrivare ad affermare che si possono sterminare milioni di persone senza averne l'intenzione o senza quasi rendersene conto. L'odio e il razzismo diventano invece aspetti secondari. E invece proprio gli studi degli ultimi anni hanno mostrato quanto profondo fu il consenso della societa' civile tedesca verso la politica nazista di sterminio. Ampie fasce della societa' tedesca erano al corrente di quanto stava avvenendo e se non approvavano, certo non contestavano quella politica. Basti pensare all'esercito, alla Wermacht, e al suo coinvolgimento nelle pratiche di sterminio. Stiamo parlando di milioni di soldati impegnati sul fronte orientale, soldati che scrivevano a casa, che andavano e tornavano dalle licenze, che scattavano fotografie al fronte come quando erano impegnati in azioni di sterminio. Questo senza contare tutti i civili tedeschi che assistevano alle scene di deportazione dei loro concittadini ebrei. La Shoah e' stata anche tutto questo. 6. LIBRI. FRANCESCA BORRELLI PRESENTA "LE INTERMITTENZE DELLA MORTE" DI JOSE' SARAMAGO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 novembre 2005. Francesca Borrelli si e' laureata in lettere moderne con indirizzo in critica letteraria, con tesi sulle Strutture concettuali e iconiche nell'opera di Carlo Emilio Gadda; dall'87 redattrice culturale del quotidiano "Il manifesto", di cui ha diretto, nella precedente veste grafica, il supplemento libri. Attualmente e' inviata per la sezione cultura; ha collaborato a diverse riviste letterarie con recensioni e interviste; nel secondo semestre del 1997 ha tenuto diversi seminari nelle universita' statunitensi di Yale, Berkely, Browne, Harvard; ha pubblicato molti saggi, ed ha tra l'altro curato i volumi di AA. VV., Un tocco di classico, Sellerio, Palermo, 1987; e AA. VV., Pensare l'inconscio. La rivoluzione psicoanalitica tra ermeneutica e scienza, Manifestolibri, Roma 2001. Jose' Saramago (Azinhaga, 1922), scrittore portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998, intellettuale di forte impegno civile] La musica, solo lei, rende immortali: e' questa la logica che corre sotterranea lungo tutto l'ultimo intreccio ideato da Jose' Saramago, fino a risalire alla superficie e rendersi manifesta in un finale di fiaba. Nessuna morale la governa, e' chiaro piuttosto che la predilezione dell'autore per il linguaggio dei suoni cercava da tempo la strada per affiorare e l'ha trovata nelle pagine del romanzo titolato Le intermittenze della morte, che oggi esce da Einaudi (pp. 205, euro 17), affidato alla magnifica traduzione di Rita Desti. Avvolto nella ricorrenza di una identica frase che apre la narrazione e ne suggella il finale - "Il giorno seguente non mori' nessuno" - il libro di Saramago concede spazio all'impossibile e immagina che il contratto con la vita conosca una proroga alla sua naturale scadenza. Succede, in una citta' senza nome, che il primo di gennaio di un anno imprecisato la morte decida di sospendere l'attivita', e abusando del suo potere si renda latitante per gli otto mesi successivi, rifiutando indistintamente di ottemperare ai suoi uffici. Malati sull'orlo del trapasso, vecchi giunti a quello che si presumeva essere l'ultimo dei loro giorni, vittime di ferite senza margini di speranza, aspiranti suicidi, tutti indistintamente condividono da quel giorno l'identica situazione di chi si trova gia' con un piede nella fossa, ma con l'altro si tiene saldamente ancorato all'aldiqua. Felicita' insperata di un regalo che non tarda a reclamare il suo prezzo. La chiesa per prima fa arrivare i suoi lamenti: senza morte non c'e' resurrezione, a quale scopo dunque affidare al prete le proprie anime? Poi e' la volta delle pompe funebri: senza morte non c'e' sepoltura, chi provvedera' al futuro della categoria? E gli ospedali: senza morte non c'e' ricambio, chi smaltira' la folla dei malati eternamente terminali? E le assicurazioni: senza morte non ha senso una polizza sulla vita... e cosi' via fino ai familiari, chi sara' disposto a vegliare sine die al capezzale di coloro che non si decidono a morire? Problemi mai previsti, questioni mai dibattute, rimedi mai escogitati. L'estro di Saramago ha di che sbizzarrirsi, moltiplica i frutti dell'inventiva e allo stesso tempo li sottopone al ferreo controllo di una consequenzialita' cui nulla sfugge, mentre la sua scrittura, gia' consumata nell'esercizio della dilazione, in queste pagine si stira fino al limite del parossisimo, mima la scomposizione del pensiero in un labirinto di diramazioni, le segue, le indaga, le giudica nei dettagli, e nel farlo apre gorghi ipotattici che risucchiano le frasi una dentro l'altra, sempre ospitando i dialoghi in continuita', senza intervalli a segnalarli. Ma il virtuosismo di Saramago non si esaurisce negli aspetti formali della narrazione: se nei romanzi precedenti aveva sfidato i problemi del nostro tempo mascherandoli sotto il velo della allegoria, qui si misura direttamente con la morte, sfidando i luoghi comuni che le si accompagnano e l'iconografia che la descrive. Dunque, tutto era cominciato da una sorta di sciopero nella normale risoluzione del contratto con la vita. Ma cosi' come aveva deciso di sospendere la sua attivita', un giorno la morte decide di riprenderla. Dopo avere abusato del suo potere scegliendo di non esercitarlo piu', ora decide di abusarne incapricciandosi di una trovata: mandera' una lettera di preavviso, una lettera viola in base alla quale chi la riceve sapra' di avere otto giorni a disposizione per assolvere alle sue volonta' e poi morire. Sovrana degli umani destini, la morte compila gli indirizzi delle sue vittime nei sotterranei che ospitano gli archivi di tutti i viventi. A un gesto della sua mano la lettera parte; ma ce n'e' una che non vuole saperne di arrivare a destinazione. La morte se la vede ricomparire sul tavolo, la rimanda e quella vola indietro, la invia una terza volta e quella e' li' di nuovo. Uno sconcerto mai provato prima turba la morte, chi sara' l'impudente che osa sfidare il suo volere? Consulta gli archivi, estrae il cartellino, l'indirizzo e' giusto, corrisponde al nome di un violoncellista, la data della morte e' quella indicata nella lettera, ma la lettera e' tornata indietro e l'uomo che avrebbe dovuto morire a quarantanove anni nel frattempo ne ha compiuti cinquanta. Quale affronto per la morte. Man mano che la prospettiva del narratore abbandona i destini della collettivita' per stringersi sul duetto tra il violoncellista e la morte, il romanzo si fa piu' lieve, l'ironia piu' scoperta, il divertimento dell'autore piu' manifesto. Mirabile il dialogo in cui la falce si sottrae al silenzio che le impone la sua natura per complimentarsi con l'aspetto della padrona: la morte ha assunto, infatti, le sembianze di una donna, e di quelle si servira' per ricondurre il violoncellista al suo volere. Approfittando della sua invisibilita', la morte spia i movimenti dell'uomo, gli prende le misure, si insinua nella sua vita contandogli i secondi. Porta la lettera viola in tasca, la lettera con la quale annuncera' al violoncellista che il suo tempo e' scaduto. Un giorno o l'altro gliela consegnera', ma per farlo ha bisogno di manifestarsi; percio' assume piu' o meno le fattezze che l'iconografia popolare le attribuisce, trentasei anni circa e per il resto bisogna adeguarsi alla moda. Cosi', tutta agghindata, la morte assiste al concerto del violoncellista, poi lo aspetta all'uscita degli artisti per complimentarsi, lo provoca in dialoghi che sfidano le cose ultime, scivola lentamente nei suoi pensieri e ne diventa tiranna. Prenota un palco al concerto successivo ma poi non va; inutilmente gli occhi del violoncellista la cercano in sala, invano si attarda aspettandola all'uscita, e quando ormai tutte le attese sono frustrate e le speranze svanite, proprio come nelle fiabe quel che non era dato si avvera. Sospeso tra assurdo e meraviglioso, il finale che non sveleremo si avvia lungo passaggi che consentono a Saramago la piu' grande delle soddisfazioni, mettere in ginocchio la morte di fronte alla sovrana bellezza della musica. E forse non e' un caso se lo spartito sul quale termina il romanzo e' quello della sesta suite per violoncello di Bach: non soltanto, infatti, il contrasto degli affetti musicato trova corrispondenza in quello narrato, ma anche la anomalia dello strumento per il quale la sesta suite fu scritta, un violoncello dotato di una quinta corda aggiuntiva, sembra alludere alla bizzarria di questo romanzo, che si permette lentamente di scivolare nella fiaba concedendosi un finale che consola. 7. LIBRI. DANIELA SANTUCCI ED ENRICO ALLEVA PRESENTANO "COLLASSO" DI JARED DIAMOND [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 novembre 2005. Daniela Santucci opera presso l'Istituto superiore di sanita'. Enrico Alleva e' dirigente di ricerca all'Istituto superiore di sanita', dal prestigioso curriculum scientifico. Jared Diamond (Boston, 1937), scienziato americano, si e' occupato di fisiologia, biologia evolutiva e biogeografia; e' considerato il massimo esperto mondiale della flora e della fauna della Nuova Guinea; docente all'Universita' della California, e' membro dell'Accademia nazionale delle scienze americana; ha ricevuto il premio Pulitzer per la saggistica nel 1998 per Armi, acciaio e malattie, oltre ad altri numerosi riconoscimenti scientifici. Opere di Jared Diamond: Il terzo scimpanze', Bollati Boringhieri, Torino; Armi, acciaio e malattie, Einaudi, Torino; Collasso, Einaudi, Torino] Le ricorrenze si rincorrono. Nel 1859 usci' un libro che divenne subito un best seller internazionale: L'origine delle specie, scritto dal non piu' giovane Charles Darwin, un naturalista che dall'osservazione di forme e comportamenti degli animali bizzarri incontrati circumnavigando il globo terrestre aveva tratto spunto di riflessione e di studio per elaborare una potente visione analitica del mondo vivente, utile a spiegare anche non pochi aspetti del comportamento umano. Cento anni dopo un altro testo avrebbe segnato la storia della cultura occidentale: nel saggio Le due culture, pubblicato nel 1959, Charles Percy Snow mise in evidenza il pericolo di una visione dicotomica che, disgiungendo gli ambiti umanistici e scientifici, finisce per limitare il proprio potere di analisi. In questo ideale percorso non appare secondaria la pubblicazione, alla fine dello stesso secolo, di Armi, acciaio e malattie, salutato da un clamoroso successo di vendite e da un coro di osanna per il suo autore, Jared Diamond. Docente di fisiologia e di geografia presso l'universita' della California e vincitore di un Pulitzer, Diamond e' un ornitologo appassionato, che ha saputo osservare la storia passata e recente dell'umanita' con la visione binoculare del bird-watcher. Infrangendo la storica separatezza tra le due culture e adottando lo sguardo di uno zoologo che bada ai fatti senza soffermarsi troppo su aspetti prettamente socio-antropologici, lo studioso ha analizzato con successo fenomeni fra loro assai diversi come l'addomesticamento del cavallo, la selezione del mais o l'evolversi delle infezioni. * Esploratore di specie rare di uccelli, Diamond - che vive in un perenne nomadismo geografico e culturale e parla fra l'altro un italiano forbito - si rivela nel suo nuovo libro, Collasso: come le societa' scelgono di morire o di vivere (Einaudi, pp. 566, euro 24), uno studioso attento di "ecocidio", di quei fattori cioe' che hanno portato all'estinzione di tante specie animali e vegetali. Dalle costruzioni delle culture Maya sommerse dalla giungla alle gigantesche figure dell'Isola di Pasqua, fino alla ben piu' recente estinzione dei norvegesi in Groenlandia nel 1450, Collasso avrebbe dovuto inizialmente trattare i meccanismi che condussero cinque distinte societa' umane ad autodistruggersi, forse per i danni ambientali dovuti al sovrappopolamento. Poi il progetto si e' ampliato, e il libro prende in considerazione molti altri crolli di societa' di piccole o medie dimensioni. Fra gli esempi analizzati dallo studioso, viene privilegiato il caso del Montana - un luogo che per i figli del baby boom italiano, allevati a suon di caroselli, evoca il vecchio motivetto pubblicitario di una marca di carne in scatola: "Laggiu' nel Montana, tra mandrie e cow-boy c'e' sempre qualcuno di troppo tra noi". Una societa' rissosa e isolata, insomma: ed e' interessante l'analisi dal sapore sottilmente lacaniano che il docente di una universita' californiana fa di una zona culturalmente disagiata e disseminata di miniere d'oro del proprio grande paese-continente. Nella lettura di Diamond anche la fine dell'impero romano, osservata con gli occhi di un ecologo che si e' a lungo dedicato all'estinzione di specie rare di uccelli, assume toni (a tratti) culturalmente esilaranti. La parte piu' interessante del libro, e la piu' originale, resta pero' quella sulle cause fisiche e sociali che hanno determinato la scomparsa di intere popolazioni. Ovviamente lo sfruttamento eccessivo delle risorse ambientali gioca un ruolo centrale nel testo. Ma l'analisi sul ruolo delle popolazioni nemiche e bellicose che risiedevano nelle zone circostanti le aree abitate da genti oggi scomparse e' una visione darwinianamente inaspettata. Anche perche' un conto e' leggere di territorialismo diversificato in ambienti ottimali o subottimali nel caso di gorilla africani o di colonie di taccole centroeuropee, altro conto e' vedere regole dal sapore non cosi' diverso applicate con dovizia di argomenti a societa' umane. Ancor piu' interessante l'analisi di un fattore critico spesso trascurato, ovvero la rottura di una omeostasi sociale, quei cambiamenti nelle regole istituzionali di una popolazione che permettono di evitarne l'estinzione. L'autore favorisce l'esempio dell'isola di Pasqua, felice meta di tanti turisti. Ma lo stile conoscitivo con cui Diamond fonde dati classici dell'archeologia e dati meno noti della paleobotanica e' davvero una novita': la botanica dei fossili si basa per esempio su pollini pietrificati che permettono di ricostruire l'andamento delle comunita' forestali e arbusticole via via devastate da popolazioni isolane da molto tempo scomparse. * Etologo, ecologo, ecologista, figura cult di quella generazione che sfila convinta che un altro mondo e' possibile, Diamond racconta una fiaba dal finale incerto, dove i cattivi sono anche le onde lunghe e rapidissime dei collassi socioeconomici e dei rischi sanitari, e punta il dito sul solipsismo delle caste che prendono le decisioni per tutti gli altri, come quei sovrani Maya rinserrati nelle loro regge, che non si accorgevano dell'erosione del suolo perche' non avevano modo di affacciarsi da una molto plebea finestra. Una riuscita galleria di ecocidi, monito per un'umanita' ogni giorno piu' informata, ma forse per questo anche miope e immemore delle sciagure sociali del passato. 8. RIFLESSIONE. LUCA TOMASSINI INTERVISTA JARED DIAMOND [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 novembre 2005. Luca Tomassini e' giornalista, scrive su varie testate] Fisiologo e ornitologo, titolare di una cattedra di geografia e ambientalista (e' un importante dirigente del Wwf statunitense), Jared Diamond non ha certo il physique du role del narratore di catastrofi umane. Gentile, minuto, occhi che brillano di intelligenza e curiosita', spiega immediatamente cosa lo ha spinto a scrivere Collasso: "Mi sono sempre chiesto perche' una societa' ricca e potente scompare. Una curiosita' che mi porto dietro dall'infanzia, certo, ma anche un grande problema dell'oggi. Ci troviamo a affrontare difficolta' che si sono gia' presentate in passato e non dobbiamo ripetere gli errori di chi ci ha preceduto". * - Luca Tomassini: Come e perche' una societa' umana muore? - Jared Diamond: Per prima cosa una precisazione: a questa domanda il mio libro risponde in oltre cinquecento pagine. Cio' detto, ho individuato cinque essenziali gruppi di fattori. Il primo e' senza dubbio l'impatto delle comunita' umane sull'ambiente circostante: le deforestazioni, l'impoverimento e il degrado del suolo, l'esaurimento delle fonti idriche, la distruzione della biodiversita'. Il secondo fattore e' il cambiamento climatico. Oggi lo si identifica con il riscaldamento globale provocato dall'inquinamento umano, ma nel passato radicali modificazioni hanno avuto anche cause naturali e provocato enormi conseguenze. Poi il terzo elemento, i nemici. Proprio oggi sono andato a visitare il Foro romano: impossibile non chiedersi come sia stata possibile la fine di una civilta' tanto straordinaria. Il dibattito e' ancora aperto, ma certo le invasioni barbariche hanno avuto un ruolo fondamentale. Il quarto elemento e' in un certo senso opposto al precedente, sono i popoli amici. Se una societa' dipende in maniera essenziale da beni forniti da altri (come nel nostro caso il petrolio del Medio oriente), una caduta di questi ultimi si riflettera' inevitabilmente su di essa. * - Luca Tomassini: E il quinto? - Jared Diamond: Ultimo, ma non certo per importanza, e' tutto il complesso di elementi sociali, politici e di organizzazione economica che caratterizzano qualunque comunita' umana: questo condiziona severamente la capacita' di una societa' di fornire risposte efficienti alle sfide poste dall'ambiente. * - Luca Tomassini: Il sottotitolo di Collasso accenna a societa' che scelgono di morire. Dove e' finito il determinismo ecologico di cui e' stato spesso accusato? - Jared Diamond: Di fronte a una minaccia la scelta e' un elemento importantissimo. Non era cosi' in Armi, acciaio e malattie dove analizzavo le cause del dominio della societa' occidentale. Ma e' importante stare attenti alle parole: non conosco un solo caso di una societa' che abbia scelto di scomparire, ma tutte prima o poi si trovano di fronte a diverse opzioni e le conseguenti decisioni hanno ovviamente delle conseguenze sulla loro sopravvivenza. * - Luca Tomassini: Quanto conta l'organizzazione di una societa' sulle scelte che compie? Nella nostra le elites sono caratterizzate dal privilegio di decidere cosa produrre e cosa no. Considera questo un fattore decisivo per il futuro? - Jared Diamond: E' vero che in una tirannia l'elite gode di un potere assoluto, almeno fino a quando la massa del popolo non si ribella. Per esempio i regni Maya erano tali e una rivolta ha portato alla deposizione del re. Ma in una democrazia i cittadini possono esercitare un potere, magari attraverso il voto. E a questo proposito mi piace ricordare che grazie alle elezioni locali solo pochi giorni fa un duro colpo e' stato dato al nostro presidente. Certo, a volte ci sembra di non poter fare nulla ma resto convinto che la scelta sia nelle nostre mani. * - Luca Tomassini: Una tipica obiezione ai suoi argomenti "ecologisti" e' che comunque la tecnologia risolvera' i nostri problemi. E' d'accordo? - Jared Diamond: Niente affatto. In una conversazione, se pur con mille dubbi, Bill Gates mi ha detto proprio questo. Io credo che la tecnologia sia semplicemente potere, potere di fare del bene o di distruggere. Oggi questo potere e' enorme ma e' anche una delle cause, insieme alla crescita demografica, della velocita' e intensita' con la quale sorgono oggi i problemi ambientali: troppo spesso una nuova tecnica ci pone di fronte a inattese conseguenze negative e dimenticarlo e' un imperdonabile eccesso di ottimismo. * - Luca Tomassini: Neutralita' della tecnologia, quindi. E della scienza? - Jared Diamond: Il discorso a mio parere non cambia. Anche la scienza e' potere e spetta a noi decidere come utilizzarla. * - Luca Tomassini: Vede nello stretto legame tra ambiente e comunita' umana una chiave per rinnovare il metodo storico? - Jared Diamond: Certamente, ma sottolineo che e' una tra le molte. E forse e' una conseguenza di una mentalita' che pone l'accento sul paragone tra tempi e luoghi differenti, alla ricerca di regolarita'. Ma dobbiamo sempre tenere presente che quando si parla di storia fare esperimenti e' impossibile. Per questo quando parlo di "scienza storica" non penso tanto alla fisica o alla chimica quanto alla mia cara ornitologia o alla geologia. Di norma gli storici non si considerano scienziati e soprattutto si occupano di luoghi e periodi circoscritti: avremo sempre bisogno di esperti del Rinascimento italiano ma per sviluppare una vera e propria scienza il metodo comparativo e' imprescindibile. * - Luca Tomassini: Ci salveremo? - Jared Diamond: La verita' e' che non lo so. Faccio comunque una proposta: ripetiamo questa intervista tra trent'anni e forse potro' rispondere. 9. RILETTURE. UMBERTO GALIMBERTI: PSICHE E TECHNE Umberto Galimberti, Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano 1999, 2002, pp. 814, euro 15. Un'opera di straordinaria ricchezza. 10. RILETTURE. MARVIN HARRIS: CANNIBALI E RE Marvin Harris, Cannibali e re. Le origini delle culture, Feltrinelli, Milano 1979, 1981, pp. 240, lire 10.000. Un libro appassionante del grande antropologo. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1119 del 19 novembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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