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La nonviolenza e' in cammino. 1118
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1118
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 18 Nov 2005 00:37:39 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1118 del 18 novembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Un crimine 2. Piero Calamandrei: Epigrafi per donne, uomini e citta' della Resistenza 3. Enrico Peyretti ricorda don Michele Do 4. Marina Forti: La vita di Akbar Ganji e' in pericolo 5. Comitato scienziate e scienziati contro la guerra: Un appello 6. Nanni Salio: Errore di sistema 7. Natalia Aspesi: Isabelle Huppert, il mistero e l'arte 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. UN CRIMINE Il Senato della Repubblica ridotto a bivacco di manipoli. La Costituzione fatta a pezzi da un'orda di barbari. I martiri della Resistenza assassinati la seconda volta. 2. MAESTRI. PIERO CALAMANDREI: EPIGRAFI PER DONNE, UOMINI E CITTA' DELLA RESISTENZA [I testi che qui ancora una volta riproponiamo sono estratti dal libro di discorsi, scritti ed epigrafi di Piero Calamandrei, Uomini e citta' della Resistenza, edito nel 1955 e successivamente ristampato da Laterza, Bari 1977 (l'edizione da cui citiamo), piu' recentemente riproposto da Linea d'ombra, Milano 1994. Piero Calamandrei, nato a Firenze nel 1889 ed ivi deceduto nel 1956, avvocato, giurista, docente universitario, antifascista limpido ed intransigente, dopo la Liberazione fu costituente e parlamentare, fondatore ed animatore della rivista "Il Ponte", impegnato nelle grandi lotte civili] VIVI E PRESENTI CON NOI FINCHE' IN LORO CI RITROVEREMO UNITI MORTI PER SEMPRE PER NOSTRA VILTA' QUANDO FOSSE VERO CHE SONO MORTI INVANO (In limine al libro Uomini e citta' della Resistenza) * DA QUESTA CASA OVE NEL 1925 IL PRIMO FOGLIO CLANDESTINO ANTIFASCISTA DETTE ALLA RESISTENZA LA PAROLA D'ORDINE NON MOLLARE FEDELI A QUESTA CONSEGNA COL PENSIERO E COLL'AZIONE CARLO E NELLO ROSSELLI SOFFRENDO CONFINI CARCERI ESILII IN ITALIA IN FRANCIA IN SPAGNA MOSSERO CONSAPEVOLI PER DIVERSE VIE INCONTRO ALL'AGGUATO FASCISTA CHE LI RICONGIUNSE NEL SACRIFICIO IL 9 GIUGNO 1937 A BAGNOLES DE L'ORNE MA INVANO SI ILLUSERO GLI OPRESSORI DI AVER FATTO LA NOTTE SU QUELLE DUE FRONTI QUANDO SPUNTO' L'ALBA SI VIDERO IN ARMI SU OGNI VETTA D'ITALIA MILLE E MILLE COL LORO STESSO VOLTO VOLONTARI DELLE BRIGATE ROSSELLI CHE SULLA FIAMMA RECAVANO IMPRESSO GRIDO LANCIATO DA UN POPOLO ALL'AVVENIRE GIUSTIZIA E LIBERTA' (Epigrafe sulla casa dei fratelli Rosselli, in Firenze, via Giusti n. 38) * GIUSTIZIA E LIBERTA' PER QUESTO MORIRONO PER QUESTO VIVONO (Epigrafe sulla tomba dei fratelli Rosselli, nel cimitero di Trespiano - Firenze) * NON PIU' VILLA TRISTE SE IN QUESTE MURA SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI ARMATI SOL DI COSCIENZA IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI VOLLERO PER RISCATTARE VERGOGNA PER RESTITUIR DIGNITA' PER NON RIVELARE IL COMPAGNO LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE NON TRADIRE (Epigrafe sulla villa di via Bolognese, a Firenze - dove fu la sede della banda Carita' - nella quale Enrico Bocci fu torturato: e che fu chiamata in quei mesi "Villa triste") * GIANFRANCO MATTEI DOCENTE UNIVERSITARIO DI CHIMICA NELL'ORA DELL'AZIONE CLANDESTINA FECE DELLA SUA SCIENZA ARMA PER LA LIBERTA' COMUNIONE COL SUO POPOLO SILENZIOSA SCELTA DEL MARTIRIO SU QUESTA CASA OVE NACQUE RIMANGANO INCISE LE ULTIME PAROLE SCRITTE NEL CARCERE QUANDO SOTTRASSE AL CARNEFICE E INVITTA CONSEGNO' ALL'AVVENIRE LA CERTEZZA DELLA SUA FEDE "SIATE FORTI - COME IO LO FUI" Milano 11 dicembre 1916 - Roma febbraio 1944 (Epigrafe sulla casa di Milano, ove nacque l'11 dicembre 1916 Gianfranco Mattei) * LA MADRE QUANDO LA SERA TORNAVANO DAI CAMPI SETTE FIGLI ED OTTO COL PADRE IL SUO SORRISO ATTENDEVA SULL'USCIO PER ANNUNCIARE CHE IL DESCO ERA PRONTO MA QUANDO IN UN UNICO SPARO CADDERO IN SETTE DINANZI A QUEL MURO LA MADRE DISSE NON VI RIMPROVERO O FIGLI D'AVERMI DATO TANTO DOLORE L'AVETE FATTO PER UN'IDEA PERCHE' MAI PIU' NEL MONDO ALTRE MADRI DEBBAN SOFFRIRE LA STESSA MIA PENA MA CHE CI FACCIO QUI SULLA SOGLIA SE PIU' LA SERA NON TORNERETE IL PADRE E' FORTE E RINCUORA I NIPOTI DOPO UN RACCOLTO NE VIENE UN ALTRO MA IO SONO SOLTANTO UNA MAMMA O FIGLI CARI VENGO CON VOI (Epigrafe dettata per il busto, collocato nella sala del consiglio del Comune di Campegine, di Genoveffa Cocconi, madre dei sette fratelli Cervi, morta di dolore poco dopo la loro fucilazione) * A POCHI METRI DALL'ULTIMA CIMA AVVOLTA NEL NEMBO QUALCUNO PIU' SAGGIO DISSE SCENDIAMO MA LIVIO COMANDA QUANDO UN'IMPRESA SI E' COMINCIATA NON VALE SAGGEZZA A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE DALLA MONTAGNA NERA DOPO DIECI ANNI DAL PRIMO CONVEGNO S'AFFACCIANO LE OMBRE IN VEDETTA L'HANNO RICONOSCIUTO SVENTOLANO I VERDI FAZZOLETTI RICANTAN LE VECCHIE CANZONI E' LIVIO CHE SALE E' IL LORO CAPO CHE PER NON RINUNCIARE ALLA VETTA TRA I MORTI GIOVANI GIOVANE ANCH'EGLI E' VOLUTO RESTARE ASCIUGHIAMO IL PIANTO GUARDIAMO SU IN ALTO IN CERCA DI TE COME TI VIDERO I TEDESCHI FUGGENTI FERMO SULLA RUPE LE SPALLE QUADRATE MONTANARE LA MASCHIA FRONTE OSTINATA L'OCCHIO ACCESO DI DOLCE FIEREZZA FACCI UN CENNO LIVIO SE VACILLEREMO A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE ANCHE SE QUESTO E' MORIRE (Epigrafe per la morte di Livio Bianco avvenuta nel luglio del 1953, per una sciagura di montagna) * DALL'XI AGOSTO MCMXLIV NON DONATA MA RICONQUISTATA A PREZZO DI ROVINE DI TORTURE DI SANGUE LA LIBERTA' SOLA MINISTRA DI GIUSTIZIA SOCIALE PER INSURREZIONE DI POPOLO PER VITTORIA DEGLI ESERCITI ALLEATI IN QUESTO PALAZZO DEI PADRI PIU' ALTO SULLE MACERIE DEI PONTI HA RIPRESO STANZA NEI SECOLI (Epigrafe apposta dopo la liberazione sulla parete di Palazzo Vecchio che guarda Via dei Gondi, a Firenze) * SULLE FOSSE DEL VOSTRO MARTIRIO NEGLI STESSI CAMPI DI BATTAGLIA O SUPPLIZIATI DI BELFIORE O VOLONTARI DI CURTATONE E MONTANARA DOPO UN SECOLO MANTOVA VI AFFIDA QUESTI SUOI CADUTI DELLA GUERRA PARTIGIANA COME VOI SONO ANDATI INCONTRO ALLA MORTE A FRONTE ALTA CON PASSO SICURO SENZA VOLTARSI INDIETRO ACCOGLIETELI OMBRE FRATERNE SONO DELLA VOSTRA FAMIGLIA MUTANO I VOLTI DEI CARNEFICI RADETZKY O KESSELRING VARIANO I NOMI DELLE LIBERAZIONI RISORGIMENTO O RESISTENZA MA L'ANELITO DEI POPOLI E' UNO NELLA STORIA DOVE I SECOLI SONO ATTIMI LE GENERAZIONI SI TRASMETTONO QUESTA FIAMMA RIBELLE PATIBOLI E TORTURE NON LA SPENGONO DOPO CENT'ANNI QUANDO L'ORA SPUNTA I CIMITERI CHIAMANO LIBERTA' DA OGNI TOMBA BALZA UNA GIOVANE SCHIERA L'AVANZATA RIPRENDE FINO A CHE OGNI SCHIAVITU' SARA' BANDITA DAL MONDO PACIFICATO (Epigrafe murata nella sala del Palazzo Provinciale di Mantova nel primo decennale della Resistenza, giugno 1954) * RITORNO DI KESSELRING NON E' PIU' VERO NON E' PIU' VERO O FUCILATI DELLA RESISTENZA O INNOCENTI ARSI VIVI DI SANT'ANNA E DI MARZABOTTO NON E' PIU' VERO CHE NEL ROGO DEI CASALI DIETRO LE PORTE INCHIODATE MADRI E CREATURE TORCENDOSI TRA LE FIAMME URLAVANO DISPERATAMENTE PIETA' AI CAMERATI GUASTATORI CHE SI GLORIARONO DI QUELLE GRIDA SIA RESA ALFINE GIUSTIZIA RIPRENDANO TORCE ED ELMETTI SI SCHIERINO IN PARATA ALTRI ROGHI DOVRANNO ESSERE ACCESI PER LA FELICITA' DEL MONDO NON PIU' FIORI PER LE VOSTRE TOMBE SONO STATI TUTTI REQUISITI PER FARE LA FIORITA SULLE VIE DEL LORO RITORNO LI COMANDERA' ANCORA COLL'ONORE MILITARE CUCITO IN ORO SUL PETTO IL CAMERATA KESSELRING IL VOSTRO ASSASSINO * IL MONUMENTO A KESSELRING LO AVRAI CAMERATA KESSELRING IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA' A DECIDERLO TOCCA A NOI NON COI SASSI AFFUMICATI DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO NON COLLA TERRA DEI CIMITERI DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI RIPOSANO IN SERENITA' NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI CHE TI VIDE FUGGIRE MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI PIU' DURO D'OGNI MACIGNO SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO GIURATO FRA UOMINI LIBERI CHE VOLONTARI SI ADUNARONO PER DIGNITA' NON PER ODIO DECISI A RISCATTARE LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE AI NOSTRI POSTI CI RITROVERAI MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO CHE SI CHIAMA ORA E SEMPRE RESISTENZA (Lapide murata nel Palazzo Comunale di Cuneo il 21 dicembre 1952) * ALL'OMBRA DI QUESTE MONTAGNE IL 12 SETTEMBRE 1943 POCHI RIBELLI QUI CONVENUTI ARMATI DI FEDE E NON DI GALLONI FURONO LA PRIMA PATTUGLIA DELLA RESISTENZA PIEMONTESE CHE DOPO DUE INVERNI CON DUCCIO E LIVIO AL COMANDO PER OGNI CADUTO CENTO SOPRAGGIUNTI DIVENTO' L'ESERCITO DI GIUSTIZIA E LIBERTA' DILAGANTE VITTORIOSO IN PIANURA NEL PRIMO DECENNALE I VIVI SALUTANO I MORTI DORMITE IN PACE COMPAGNI L'IMPEGNO DI MARCIARE INSIEME VERSO L'AVVENIRE NON E' CADUTO (Epigrafe murata sulla Chiesa di Madonna del Colletto, inaugurata il 27 settembre 1953 con un discorso di Ferruccio Parri) * CONTRO OGNI RITORNO INERMI BORGATE DELL'ALPE ASILO DI RIFUGIATI PRESE D'ASSALTO COI LANCIAFIAMME ARSI VIVI NEL ROGO DEI CASALI I BAMBINI AVVINGHIATI ALLE MADRI FOSSE NOTTURNE SCAVATE DAGLI ASSASSINI IN FUGA PER NASCONDERVI STRAGI DI TRUCIDATI INNOCENTI QUESTO VI RIUSCI' S. TERENZIO BERGIOLA ZERI VINCA FORNO MOMMIO TRAVERDE S. ANNA S. LEONARDO SCRIVETE QUESTI NOMI SON LE VOSTRE VITTORIE MA ESPUGNARE QUESTE TRINCEE DI MARMO DI DOVE IL POPOLO APUANO CAVATORI E PASTORI E LE LORO DONNE STAFFETTE TUTTI ARMATI DI FAME E DI LIBERTA' VI SFIDAVA BEFFARDO DA OGNI CIMA QUESTO NON VI RIUSCI' ORA SUL MARE SON TORNATI AL CARICO I VELIERI E NELLE CAVE I BOATI DELLE MINE CHIAMAN LAVORO E NON GUERRA MA QUESTA PACE NON E' OBLIO STANNO IN VEDETTA QUESTE MONTAGNE DECORATE DI MEDAGLIE D'ORO AL VALORE PARTIGIANO TAGLIENTI COME LAME IMMACOLATO BALUARDO SEMPRE ALL'ERTA CONTRO OGNI RITORNO (Epigrafe scolpita sul marmo della stele commemorativa delle Fosse del Frigido, inaugurata il 21 ottobre 1954) * FANTASMI NON RAMMARICATEVI DAI VOSTRI CIMITERI DI MONTAGNA SE GIU' AL PIANO NELL'AULA OVE FU GIURATA LA COSTITUZIONE MURATA COL VOSTRO SANGUE SONO TORNATI DA REMOTE CALIGINI I FANTASMI DELLA VERGOGNA TROPPO PRESTO LI AVEVAMO DIMENTICATI E' BENE CHE SIANO ESPOSTI IN VISTA SU QUESTO PALCO PERCHE' TUTTO IL POPOLO RICONOSCA I LORO VOLTI E SI RICORDI CHE TUTTO QUESTO FU VERO CHIEDERANNO LA PAROLA AVREMO TANTO DA IMPARARE MANGANELLI PUGNALI PATIBOLI VENT'ANNI DI RAPINE DUE ANNI DI CARNEFICINE I BRIGANTI SUGLI SCANNI I GIUSTI ALLA TORTURA TRIESTE VENDUTA AL TEDESCO L'ITALIA RIDOTTA UN ROGO QUESTO SI CHIAMA GOVERNARE PER FAR GRANDE LA PATRIA APPRENDEREMO DA FONTE DIRETTA LA STORIA VISTA DALLA PARTE DEI CARNEFICI PARLERANNO I DIPLOMATICI DELL'ASSE I FIERI MINISTRI DI SALO' APRIRANNO I LORO ARCHIVI SEGRETI DI OGNI IMPICCATO SAPREMO LA SEPOLTURA DI OGNI INCENDIO SI RITROVERA' IL PROTOCOLLO CIVITELLA SANT'ANNA BOVES MARZABOTTO TUTTE IN REGOLA SAPREMO FINALMENTE QUANTO COSTO' L'ASSASSINIO DI CARLO E NELLO ROSSELLI MA FORSE A QUESTO PUNTO PREFERIRANNO RINUNCIARE ALLA PAROLA PECCATO QUESTI GRANDI UOMINI DI STATO AVREBBERO TANTO DA RACCONTARE (Epigrafe pubblicata sul "Ponte" dopo le elezioni politiche del 7 giugno 1953) 3. MEMORIA. ENRICO PEYRETTI RICORDA DON MICHELE DO [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo ricordo. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] E' morto sabato 12 novembre 2005 ad Aosta, don Michele Do, un uomo autentico, un prete cristiano, un testimone dell'umana sete di Dio. Nato a Canale, presso Alba (provincia di Cuneo), il 13 aprile 1918, abbandono' l'insegnamento in seminario nel 1945, ritirandosi nella frazione di St. Jacques di Champoluc (Aosta), allora senza strada, villaggio di alta montagna, nel quale don Michele cercava la vita ritirata, pensosa. E' stato rettore di quella piccola chiesa fino a quando, nella vecchiaia, si e' ritirato nella Casa Favre, sulla pendice del monte, sopra il villaggio, una pensione-fraternita', luogo di amicizia e spiritualita' aperta. Il suo maggiore riferimento, nella linea del modernismo piu' spirituale - il cuore umano come primo luogo della sete religiosa e dell'evangelo universale - fu don Primo Mazzolari, insieme a tanti altri spiriti ardenti della chiesa e di ogni focolare religioso. I suoi maggiori amici e fratelli di cammino furono David Maria Turoldo, Umberto Vivarelli, padre Acchiappati, Ernesto Balducci, sorella Maria di Spello e, tramite lei, Ernesto Buonaiuti, padre Rogers e sua moglie (anglicani) e tanti, tanti altri, non solo credenti, ma tutti assetati e commensali di verita' e autenticita' vissuta. Appartato, ma senza polemiche superficiali, rispetto alle strutture ecclesiastiche, e' stato un centro vivissimo di aperte amicizie e accoglienze, che ha attirato una quantita' di cuori vivi in ricerca, da tutte le condizioni umane. E' stato una grande anima, uno spirito acceso dal fuoco vivo dello Spirito. Un cercatore instancabile di Dio. Fremeva e cercava, in ogni colloquio e incontro, l'aiuto e l'ascolto nostro per una rilettura essenziale del cristianesimo e di tutta la ricerca spirituale umana, e comunicava tracce preziose di luce. Il giorno prima di morire, ad una nostra amica, Anna, che gli telefonava da Milano, diceva di trovarsi in quel momento seduto al sole a contemplare "la sua piazza san Pietro", cioe' la sua splendida Val d'Ayas. In questa valle di sole, di cime bianche, di foresta dipinta di fervido autunno, ci siamo trovati in tantissimi, martedi' 15, nella chiesa grande di Champoluc, per l'eucarestia del commiato e della consegna nelle braccia di Dio di un grande amico, un'anima grande, incarnata nella forza bella, e a tutto resistente, delle amicizie. Il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, gli ha reso onore nell'omelia dicendo che, nell'avventura della vita, e' stata una delle poche persone, credenti o non credenti, che affrontano con profonda autenticita' e intensa amichevole comunicazione il problema dell'esistenza: cercava il volto di Dio, mai completamente definibile, in un serrato dialogo tra le domande degli uomini piu' emarginati e le risposte della fede, raccogliendo intorno a se' la tensione di tanti cercatori. L'umana insipienza e distrazione ottiene anche una cosa molto buona: grandi persone restano immuni - per sapienza loro, per fortuna nostra - dai disastrosi clamori della fama (spesso elatrgita in abbondanza a tante vanita'), ma non sfuggono alle amicizie dirette, felici di attingere alle sorgenti profonde che, attraverso il loro volto, voce, energia, tenerezza, pensiero, zampillano fino a noi, grati e stupiti e beneficati. * Trascrivo qui sotto alcuni frammenti dagli appunti del mio ultimo colloquio con lui a St. Jacques, lunedi' 11 luglio di quest'anno, scritti mentre parla e risponde, avvertendo che sono da intendere nei limiti della mia comprensione. Ho altri appunti come questi, precedenti anche di anni, solo in parte trascritti. Altri amici hanno appunti, trascrizioni, registrazioni, raccolti lungo molti anni. Don Michele non ha mai voluto scrivere nulla, pero' negli ultimi tempi, al mattino scriveva alcuni suoi pensieri, che, col tempo, sara' bello conoscere. * - Sull'avvicinarsi della morte (pensieri forse da Teilhard de Chardin, rielaborati personalmente): "Diminuire consentendo; consentire con animo sereno; distacco appassionato". - Dice di avere, riguardo alla fede cristiana "faticate, dubitose, irrinunciabili chiarezze". - Il cristianesimo e' "l'immagine piu' alta, piu' degna di essere vera, piu' degna del martirio fisico e dell'altro martirio, piu' difficile, nella quotidianita'"; e' "la divina poesia dell'evangelo". - Sull'idea di Dio: "Non il Dio della legge e potenza, ma dell'icona, delle immagini interiorizzate. Luce interiore, seme annidato - non prigioniero - nella zolla oscura". - "Gesu' non e' venuto a fondare una religione, ma a rivelare la profondita' sacra ultima di ogni pura religiosita'. Gandhi diceva di non avere bisogno di cercare la grotta sacra, 'perche' l'ho dentro di me'. Ogni lunedi' stava in silenzio, in ascolto della 'piccola voce'". Qui don Michele richiamava il colloquio di Gesu' con la Samaritana, in Giovanni 4. - "I discepoli di Emmaus rappresentano il passaggio dalla perdita della presenza all'immagine interiore. Piangono perche' Gesu' non c'e' piu', poi interiorizzano la sua presenza: il Dio delle icone. Scoperta di Emmaus: la presenza fisica di Gesu' non e' necessaria, ma lo e' quella interiore". - "Due immagini di Dio: della potenza, della legge, del miracolo magico, un Dio estrinseco; oppure delle icone, immagini testimoniate, come fa Gesu': il pensare, sentire, agire del Padre. O il Dio della legge e della redenzione estrinseca, o il Dio delle icone interiori che rendono creativo l'uomo". - "Un cammino ascensionale che porta ciascuno alla sua verita'. 'Chi fa la verita' viene alla luce'". - 'L'inferno? Nella visioni di Fatima! Ma e' detto: 'Quando Dio sara' tutto in tutte le cose'. Inferno riaffermato nel Credo di Paolo VI, solennemente. C'e' un teologo che non lo ha firmato?". Dice il suo forte disagio per il peccato originale inteso come fatto storico, per l'inferno, per il battesimo come atto magico. - "Unde malum? [da dove viene il male?]. La zolla oscura in cui e' annidato il seme di Dio con l'uomo. Dio non opera direttamente, ma attraverso l'icona in cui si interiorizza, attraverso i testimoni". - "Il peccato originale e' la falsa immagine di Dio, potenza magica estrinseca, satanica, del divino. 'Voi avete ancora Satana per padre'. Non e' un peccato storico. Paolo VI, uomo spirituale, era toccato dalla patologia del religioso". - "Non il miracolo magico, ma l'interiorizzarsi che rende creativo l'uomo: 'Il Regno di Dio e' dentro di voi'". - "L'eucarestia e' un sacramento che traduce un'esperienza spirituale, e' l'icona sacramentale, espressiva dell'esperienza di Cristo interiorizzato: 'Mihi vivere Christus est'. 'Vivo ego jam non ego' [Per me vivere e' Cristo. Vivo, pero' non piu' io vivo]". - "Grazie al buon ladrone Gesu' ritrova il Padre. Il Calvario e' il vero monte della trasfigurazione. Sul Calvario Gesu' ama come Dio: non perche' sei buono, ma perche' ti amo cosi' ostinatamente che finirai per accogliere. Il centurione: 'Veramente costui era figlio di Dio'". - "Dio e' luce, e luce che ama. Porta ogni piccolo seme alla sua verita' e alla sua bellezza. L'inferno e' la negazione del Dio di Gesu'. Anche i vangeli sono espressioni di esperienze differenti. Non profanare l'evangelo. I racconti evangelici sono icone, non racconti storici". - "Testimoni, non mediatori. Il concetto di mediazione e redenzione e' pagano" [mi pare che redenzione, nel suo discorso, significhi la teoria sacrificale vendicativa]. 4. APPELLI. MARINA FORTI: LAVITA DI AKBAR GANJI E' IN PERICOLO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 novembre 2005. Marina Forti, giornalista particolarmente attenta ai temi dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione, scrive per il quotidiano "Il manifesto" sempre acuti articoli e reportages sui temi dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera. Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004. Akbar Ganji, giornalista d'inchiesta, intellettuale democratico, e' detenuto in Iran e in pericolo di vita] Forse il piu' noto tra i giornalisti dissidenti in Iran, Akbar Ganji, ricevera' oggi, a Siena, il "Premio per la liberta' di stampa", dato dal Comune e dall'Information Safety and Freedom. Lui pero' non sara' nella citta' toscana a riceverlo perche' si trova nel carcere di Evin, a Tehran. Anzi: da oltre due mesi e' in isolamento, dice il difensore, in un reparto speciale che si trova sotto il controllo diretto del ministero dell'intelligence. L'estate scorsa, tra giorno e agosto, ha effettuato uno sciopero della fame che lo ha lasciato in condizioni di salute incerte. A ritirare il premio sara' dunque una delegazione guidata dalla moglie, Massoumeh Shafii, che giorni fa in un'intervista all'Adn Kronos International si e' detta convinta che le autorita' "vogliono farlo morire in cella". L'ultima volta che lo ha potuto vedere, dice, pesava appena 51 chili: "Tre chili meno di quando ha interrotto il suo digiuno di 70 giorni". Sara' con lei il difensore di Ganji, l'avvocato Yousuf Molaie, che da anni ormai si dedica alla difesa di persone accusate di reati politici e di opinione ed e' convinto che il caso di Ganji sia eccezionale, un accanimento: "Dobbiamo adoperarci perche' esca vivo da quella prigione", ci ha detto ieri, di passaggio a Roma: "Il suo stato di salute e' preoccupante. E' indebolito, stremato. La sua scarcerazione e' urgente". Nella delegazione venuta a ritirare il premio in nome di Akbar Ganji - e a perorare la causa della sua scarcerazione - c'e' inoltre Ahmad Refat, portavoce dell'Associazione per la liberta' di espressione in Iran, ed e' venuto da Tehran anche Masahollah Shamsolvaisin, vicepresidente dell'Associazione iraniana dei giornalisti. Perche' la magistratura iraniana si accanisce tanto contro Akbar Ganji? La sua vicenda rappresenta bene la lotta di potere avvenuta in Iran negli anni '90 e in particolare con l'avvento della presidenza riformista di Mohammad Khatami, quando e' nata una stampa indipendente - ed e' diventata un terreno di scontro tra le correnti riformiste e il sistema di potere della repubblica islamica, di cui la magistratura resta un bastione. Ganji e' tra i giornalisti che nel '98 e '99 hanno scritto articoli d'inchiesta sui misteriosi omicidi di intellettuali e oppositori che avevano segnato gli anni '90, noti in Iran come "serial killings". E aveva chiamato in causa alcuni apparati di sicurezza dello stato, l'ex presidente di allora - Hashemi Rafsanjani - e altre figure politiche molto in vista, come l'allora ministro dell'intelligence Ali Falahian. Cosi' pressanti erano quelle inchieste che il ministro dell'intelligence aveva dovuto ammettere il coinvolgimento di alcuni elementi dei servizi in quegli omicidi - "elementi deviati", verrebbe da dire in Italia, ma pur sempre un'ammissione clamorosa. La raccolta di quelle inchieste, pubblicata nel 2000 con il titolo Scheletri nell'armadio, e' tra i "capi d'imputazione" contestati a Ganji, cosi' come un altro suo libro, L'arcipelago del carcere, uscito nel 2003. Processato una prima volta nel 2000 (anche per aver partecipato a una conferenza a Berlino sul futuro dell'Iran, nel '99), condannato infine nel 2001 a sei anni di detenzione per vari reati tra cui "diffondere propaganda contro la repubblica islamica", Ganji ha continuato a far uscire dal carcere lettere che poi circolavano su internet. Nel 2002 ha scritto un "Manifesto repubblicano" in cui prefigura un sistema democratico. Nel giugno scorso, quando ha avuto una "licenza" dal carcere per motivi di salute, Ganji ha subito chiesto la scarcerazione di tutti i detenuti per motivi d'opinione, poi ha lanciato un appello al "non voto" nelle imminenti elezioni presidenziali. E' stato reincarcerato subito per ordine del procuratore generale Saeed Mortazavi - gia' capo del tribunale per la stampa a cui si deve la chiusura di tanti giornali (e l'incarcerazione di tanti giornalisti). Ganji e' quello che ha portato piu' a fondo la sua sfida al potere. "Finche' eravamo tutti dentro e fuori Evin era piu' o meno normale", ci dice Shamsolvaisin - anche lui, come direttore del primo quotidiano indipendente nato allora, ha conosciuto la galera. "Lo statuto di Ganji e' cambiato quando ha alzato il tono e ha attaccato direttamente la 'guida suprema', l'ayatollah Ali Khamenei", massima autorita' nel sistema della repubblica islamica. Ora la sua salute e' in pericolo, dice il difensore. E fa appello a moltiplicare le pressioni per il suo rilascio: "Lasciamo da parte l'aspetto politico, ci interessa il lato umano. E' in pericolo. Chiediamo il rilascio senza condizioni, per motivi umanitari". 5. APPELLI. COMITATO SCIENZIATE E SCIENZIATI CONTRO LA GUERRA: UN APPELLO [Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo] Le recenti rivelazioni da parte di alcuni mass-media sull'operato delle forze statunitensi durante l'assedio di Falluja ci spingono a prendere posizione in quanto scienziate e scienziati spinti dalla volonta' di usare a fini di pace le competenze acquisite per il lavoro che facciamo. L'uso di WP (Willi Pete, ovvero il fosforo bianco nel gergo militare), come documentato in particolare dal servizio di Ranucci su Rainews24, costituisce una violazione del principio di base della Convenzione sulle armi chimiche, cui gli Stati Uniti aderiscono dal 1997. La convenzione infatti si pone come fine "la proibizione e l'eliminazione di tutti i tipi di armi di distruzione di massa; convinti che la completa ed effettiva proibizione dello sviluppo, produzione, acquisizione, immagazzinaggio, detenzione, trasferimento ed uso di armi chimiche e loro distruzione, rappresenta un passo necessario verso il conseguimento di tali obiettivi comuni". Il WP, come il Napalm, e' una sostanza classificata come "incendiaria" il cui uso in guerra sarebbe permesso in circostanze ben definite. Al di la' di usi "legalmente" permessi e vietati, pero', il risultato sui civili (previsto, ed anzi cercato dai militari Usa), costituisce un fatto documentato ed ormai indubitabile. L'utilizzo di queste tecniche sulla popolazione civile e' di gravita' inaudita, suscita il nostro orrore, e ci impone di denunciare con forza l'abominio che rappresenta: la trasformazione di conoscenza, bene comune dell'umanita', in strumento di distruzione di massa. L'episodio (ammesso che di episodio si tratti e non di strategia deliberata) e' reso ancora piu' grave dai tentativi di impedire le testimonianze, facendo pagare prezzi altissimi e personali ai giornalisti non-embedded per il coraggio delle loro denunce. Come se non bastasse, una volta svelata la strage nascosta, l'amministrazione Usa tenta ancora di minimizzare e/o negare l'accaduto e i suoi effetti drammatici. Ma le conseguenze di tale gesto potrebbero essere ancora piu' gravi: ci domandiamo infatti su quale base si potranno ritenere vincolanti tutti i trattati e le convenzioni con cui si e' cercato di costruire un mondo vivibile, nonostante la propensione umana alla guerra. Il comportamento dell'esercito statunitense oggi in Iraq, come trenta anni prima in Vietnam, come anche la guerra chimica messa in atto dalla Nato contro la cittadinanza jugoslava (i cui effetti di lungo periodo sono stati rilevati anche da organismi internazionali) fanno ridiventare "prassi bellica ordinaria" quei crimini di guerra che si speravano banditi per sempre dalla storia. Chi mai si sentira' obbligato a non diffondere malattie, a non avvelenare le acque, a non "distruggere il nemico" anche usando armi atomiche? Se e' concesso ai piu' potenti di non seguire le regole da loro stessi imposte a tutti gli altri, perche' chi gia' soffre per i loro soprusi non dovrebbe usare le stesse armi? Malgrado tutti gli impegni solenni pronunciati dopo Hiroshima e l'Olocausto, dopo il Vietnam, si stanno ripetendo orrori che speravamo espulsi dalla storia; orrori che saranno ancora un volta pagati da tutta la collettivita' mondiale, in termini fisici e sociali, a partire come sempre dai piu' poveri ed indifesi. E' possibile che i veri responsabili di tutto questo non saranno mai ufficialmente giudicati e condannati, magari appellandosi a cavilli (il WP non e' compreso nell'elenco delle armi chimiche, gli Usa non hanno mai firmato il protocollo di Ginevra sulle armi incendiarie, ecc), ma tutte le persone devono sapere quali sono gli interessi strategici ed economici che rendono il mondo un luogo in cui e' sempre piu' difficile e doloroso sopravvivere. E' necessaria ed urgente una reazione molto decisa, che gia' si intravede nelle prime mobilitazioni popolari. A queste aggiungiamo da parte nostra la ferma richiesta che sia fatta piena luce su questo come su altri episodi recenti di guerra inumana da parte di Usa e Nato, e "coalizioni di volenterosi" di cui disgraziatamente fanno parte anche forze del nostro Paese. Chiediamo chiare prese di posizione ed azioni conseguenti dei nostri esponenti politici, che devono decretare il rientro immediato delle nostre truppe e farsi portatori di richieste presso tutti gli organismi internazionali specifici (Cwc - Chemical Warfare Commission) e generali (Onu) affinche' essi si pronuncino su questa guerra, su questo episodio, su questo criterio di due pesi e due misure nei rapporti tra Stati. Per parte nostra, ribadiamo il nostro impegno a non collaborare a qualsiasi attivita' connessa con l'industria bellica, ed esprimiamo la ferma condanna di ogni forma di sopraffazione dei popoli e delle persone. Rifiutiamo il coinvolgimento della scienza per questi scopi ed invitiamo tutte le persone, scienziate/i in particolare, ad operare per un mondo di pace. * Scienziate e scienziati contro la guerra Prime adesioni: Alessandroni Giacomo, ingegnere elettronico, Pesaro; Ascoli Davide, matematico, Torino; Badiale Marino, matematico, Torino; Balsi Marco, ingegnere elettronico, Roma; Baracca Angelo, fisico, Firenze; Barone Giulia, storica, Roma; Bettio Curzio, chimico, Padova; Bianchi Alessandro, informatico, Bari; Brandi Vincenzo, ricercatore, Roma; Caire Luisella, matematica, Torino; Cavallaro Chiara, economista, Roma; Celentano Marco, filosofo, Napoli; Cervino Marco, fisico, Bologna; Chiado' Piat Valeria, matematica, Torino; Clarizia Alberto, fisico, Napoli; Cristaldi Mauro, naturalista, Roma; Damiani Ilaria, matematica, Roma; Del Bello Claudio, filosofo, Roma; Delle Donne Marcella, sociologa, Roma; De Remigis Paolo, elettronico, Torino; De Sole Pasquale, biochimico, Roma; Di Fazio Alberto, astrofisico, Roma; Drago Antonino, fisico, Napoli; Ferrarese Giorgio, matematico, Torino; Filabozzi Alessandra, fisica, Roma; Fujita Yashima Hisao, matematico, Torino; Gaetani Sancia, biologa, Roma; Ghidini Massimo, fisico, Parma; Gigli Anna, matematica, Roma; Iannuzzelli Francesco, informatico, Londra; Letardi Paola, fisica, Genova; Macchi Silvia, urbanista, Roma; Magnone Edoardo, chimico, Genova; Marenco Franco, fisico, Roma; Martocchia Andrea, fisico, Roma; Morandi Vittorio, ricercatore, Bologna; Munck Karin, operatrice cultura scientifica, Parma; Nencini Luca, fisico, Roma; Paciello Maria Luigia, fisica, Roma; Pagani Elio, Varese; Palmegiano Giovanni Battista, zootecnico, Torino; Pedicini Marco, matematico, Roma; Pieroni Enrico, fisico, Cagliari; Polcaro V. Francesco, fisico spaziale, Roma; Pona Carlo, fisico, Roma; Pratali Maffei Sergio, architetto, Venezia; Prosperi Marcella, tecnica, Roma; Remino Carlo, ingegnere, Brescia; Roggero Margherita, matematica, Torino; Salerno Silvana, biologa, Roma; Sarti Alessandro, Bologna; Signorini Antonella, biologa, Roma; Spinazzola Francesco, virologo, Roma; Stasolla Maria Giovanna, storica, Roma; Tarozzi Alberto, sociologo, Bologna; Triolo Lucio, fisico, Roma; Valente Adriana, sociologa, Roma; Vitiello Libero, biologo, Padova; Vitiello Spartaco, operatore audiovisivi, Padova; Zerbino Ettore, psicanalista, Roma; Zoppe' Monica, biologa, Pisa; Zucchetti Massimo, ingegnere nucleare, Torino. 6. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: ERRORE DI SISTEMA [Ringraziamo Nanni Salio (per contatti: info at cssr-pas.org) per averci messo a disposizione questo suo articolo che apparira' sul prossimo fascicolo della bella rivista "Ecole". Giovanni (Nanni) Salio, torinese, nato nel 1943, ricercatore nella facolta' di Fisica dell'Universita' di Torino, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), si occupa da alcuni decenni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della cultura nonviolenta in Italia; e' il fondatore e presidente del Centro studi "Domenico Sereno Regis", dotato di ricca biblioteca ed emeroteca specializzate su pace, ambiente, sviluppo (sede: via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail: regis at arpnet.it, sito: www.cssr-pas.org). Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, II edizione riveduta, Perugia 1983; Ipri (a cura di Giovanni Salio), Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; con Antonino Drago, Scienza e guerra: i fisici contro la guerra nucleare, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Ipri (introduzione e cura di Giovanni Salio), I movimenti per la pace, vol. I. Le ragioni e il futuro, vol. II. Gli attori principali, vol. III. Una prospettiva mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Le guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; con altri, Domenico Sereno Regis, Satyagraha, Torino 1994; Il potere della nonviolenza: dal crollo del muro di Berlino al nuovo disordine mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001; con D. Filippone, G. Martignetti, S. Procopio, Internet per l'ambiente, Utet, Torino 2001] "Non festa, ma lutto", e' lo slogan che da molti anni i movimenti antimilitaristi, anarchici e nonviolenti contrappongono alle parate, alzabandiera e discorsi retorici con cui le istituzioni commemorano il 4 novembre. Secondo l'opinione di molti politici e intellettuali del tempo, la prima guerra mondiale doveva essere "la guerra che metteva fine a tutte le guerre", ma e' avvenuto esattamente l'opposto: e' stata "la madre di tutte le guerre". Questa e' la tesi, ormai largamente accreditata da molti studi specifici (si veda per esempio: Charley Reese, The War to End All Wars That Starter Them All, www.antiwar.com/reese/?articleid=7560 , 8 ottobre 2005) sulle nefaste conseguenze della prima guerra mondiale, costata oltre dieci milioni di morti, difficile da trovare nei normali manuali scolastici di storia, spesso intrisi di retorica. Ma cio' che e' piu' grave e' che non abbiamo imparato nulla dagli errori, ne' allora, ne' dopo. Passiamoli in rassegna, prima di chiederci il perche' di tanta cecita'. * Primo errore: demonizzare il nemico. Se il nemico e' un demonio, non ci sono possibilita' di negoziato, deve essere distrutto totalmente. E la coazione a ripetere ha portato a individuare altri demoni... sino al piu' recente "asse del male" per giustificare le ultime guerre (Afghanistan, Iraq). Secondo errore: reprimere e schiacciare il dissenso. Durante la prima guerra mondiale, gli obiettori di coscienza furono trattati come i peggiori criminali, chiusi in celle d'isolamento, ingiuriati, torturati. Terzo errore: una politica fondata sulla menzogna e le bugie. Purtroppo, e' diventato addirittura un luogo comune dire che "la verita' e' la prima vittima della guerra". Oggi questo e' piu' che mai vero, ma valeva tanto per la prima guerra mondiale, quanto per la seconda (l'ambiguo attacco a Pearl Harbour), per la guerra del Vietnam, e in maniera, se possibile, ancora pu' clamorosa per l'Iraq, come conferma il "Ciagate", tuttora in corso. Quarto errore: asservire i media. Oggi il termine corrente, coniato appositamente per la guerra in Iraq, e' quello di giornalisti "embedded" (letteralmente "a letto con", prostituiti). Ma questo vale anche per il clero, che giustifica la guerra in nome della religione, e per "il tradimento dei chierici", gli intellettuali che dimenticano la loro vera funzione di ricerca critica e libera. Quinto errore: una pace punitiva. E' avvenuto con la pace di Versailles, che ha aperto la strada all'avvento di Hitler, e si e' ripetuto in molti altri casi, da Dayton a Oslo, alla pace imposta all'Iraq dopo la prima guerra del Golfo. Questi errori hanno prodotto una lunga serie di conseguenze negative: collasso dell'economia mondiale; nascita del nazifascismo e dei sistemi totalitari; avvio del progetto inglese di colonizzazione del Medio Oriente; corsa agli armamenti: armi chimiche, guerra aerea, uccisioni di massa, genocidi, bombardamento dei civili, e infine militarizzazione della politica. Molti di questi errori li ritroviamo nell'appassionata denuncia che Robert McNamara ha avuto il coraggio e l'onesta' intellettuale di fare nello splendido documentario di Errol Morris, The Fog of War (si veda il testo trascritto in italiano nel sito www.strategiaglobale.com/the_fog_of_war.html). McNamara, gia' segretario alla difesa durante le presidenze Kennedy e Johnson, analizza gli errori commessi durante la guerra del Vietnam e la crisi dei missili a Cuba e individua undici lezioni che avremmo dovuto apprendere dalla guerra, ma che purtroppo non siamo ancora disposti ad apprendere. * La conclusione definitiva di queste amare riflessioni e' che ci troviamo di fronte a quello che, con linguaggio informatico, dobbiamo chiamare "errore di sistema". Ma a differenza dei computer non possiamo semplicemente spegnere e riavviare. Non e' cosi' semplice. Abbiamo una pesante eredita' negativa con la quale dobbiamo fare i conti, e i movimenti per la pace e per la nonviolenza hanno l'impegnativo compito di aiutare l'umanita' a risalire una china pericolosa prima che sia troppo tardi. Ma per far cio' e' necessario riconoscere gli errori e cambiare i paradigmi dominanti nel campo della politica, dell'economia, della difesa e delle religioni. La nonviolenza ha il pregio, rispetto ad altre filosofie e culture, di permetterci di riconoscere e correggere per tempo questi errori prima che sia troppo tardi, e di ritornare sui nostri passi se necessario. E' una grande lezione di saggezza e di umilta', in un mondo pervaso dall'ansia di conquistare e consumare che si traduce facilmente in distruzione. 7. PROFILI. NATALIA ASPESI: ISABELLE HUPPERT, IL MISTERO E L'ARTE [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La repubblica" del 23 ottobre 2005. Natalia Aspesi e' una notissima giornalista e scrittrice, acuta e brillante osservatrice dei fenomeni di costume, critica cinematografica e di altre espressioni artistiche e forme di spettacolo; e' nata, vive e lavora a Milano, dove ha iniziato l'attivita' giornalistica alla "Notte", diventando successivamente inviata del "Giorno" e poi di "Repubblica", giornale cui collabora dalla fondazione] Pareva quasi sconveniente darle il premio come miglior attrice, all'ultima Mostra del cinema di Venezia, dove del resto in passato lo aveva gia' vinto tre volte; a parte il fatto che bisognava assolutamente onorare un'attrice italiana per non creare guai (e infatti fu scelta Giovanna Mezzogiorno), che senso aveva dichiarare per l'ennesima volta che lei e' la piu' brava, quando la sua bravura e' imparagonabile e forse non e' neanche bravura, ma un suo segreto maleficio che mette a disagio lo spettatore, lo relega in un angolo, se ne impossessa, lo trafigge, lo svuota, lo incanta? Cosi' con somma condiscendenza Isabelle Huppert ritiro' il premio appositamente inventato per lei in quel momento, il Leone speciale all'insieme dell'opera: un insieme quasi inumano, oggi che le attrici arrancano in una manciata di film e appena la luce della giovinezza si annebbia vengono scansate come la peste, a meno che si adattino a ruoli horror o comici, in cui come donne vengono irrise e maltrattate. Gabrielle di Patrice Chereau, il film presentato a Venezia, e' per la Huppert il suo settantesimo, e nel frattempo ne aveva gia' girato un altro e altri registi questuanti erano in fila ad aspettare la sua generosa disponibilita'. Non e' solo il cinema francese a non poter fare a meno di questa cinquantenne piccolina e incorporea, esangue e severa: e infatti si e' appena aperta (sino al 23 novembre) al MoMA di New York una retrospettiva del suo cinema, e i curatori hanno dato spazio soprattutto ai film in cui e' diretta da grandi registi internazionali, dal polacco Wajda all'italiano Ferreri, dall'americano Cimino al tedesco Schroeter, dall'ungherese Meszaros all'austriaco Haneke. Lei e' per gli autori una calamita, un'attrazione fatale, una icona salvifica, quasi un vizio, in fondo una mancanza di fantasia: appena uno immagina un personaggio femminile travagliato, oscuro, maledetto, eppure rubacuori, pensa subito a lei, e questo ormai da trent'anni, da quando cioe' lo svizzero Claude Goretta la volle protagonista di La merlettaia, nel ruolo drammatico di una giovanissima parrucchiera anoressica avviata alla follia. Da allora, Huppert, prostituta, ha avvelenato i genitori (Violette Noziere); cortigiana, e' morta di consunzione (La storia vera della signora delle camelie); abortista clandestina nella Francia occupata dai nazisti, e' stata condannata a morte (Un affare di donne); scrittrice nevrotica, si e' data fuoco (Malina); adultera, si e' suicidata col veleno (Madame Bovary); e' stata una postina infanticida e pluriassassina (Il buio nella mente); un'imprenditrice omicida (Grazie per la cioccolata); una sadomasochista efferata (La pianista); una madre incestuosa (Ma mere). Ha molto turbato ma mai scandalizzato, perche' il suo talento straziante riscatta ogni orrore e ogni nequizia, come se i suoi personaggi feroci o dal destino crudele, avessero comunque diritto alla comprensione, alla pieta', al perdono, perche' l'umanita' e' anche questa, fatta di errori, orrori, strazio, violenza, tragedia. Attorno al mistero del suo viso si sono accaniti anche i fotografi, alla vana ricerca della sua verita': e adesso Contrasto pubblica in Italia (in Francia lo ha fatto Editions du Seuil) una raccolta di suoi ritratti tentati da grandi artisti che vanno da maestri come Henri Cartier-Bresson e Jacques-Henri Lartigue, a star della fotografia di moda come Richard Avedon o Helmut Newton, agli esponenti del ritratto contemporaneo come Ange Leccia ed Antoine d'Agata. Il libro e' curato da Ronald Chammah, produttore e regista cinematografico, fotografo amatoriale, libanese d'origine, italiano d'adozione, parigino di vita: tra l'altro marito di Isabelle che ha diretto in un film del 1987, Milan Noir, mai arrivato in Italia. Pare non esistere un filo conduttore, ne' cronologico ne' alfabetico dei fotografi, nella successione dei ritratti, che invece deve esistere, segreto, nel modo di guardarsi e pensarsi, di condividere memorie e pensieri, della coppia. Ma e' questa apparente casualita' e addirittura caos, che rivela la capacita' mimetica e sorprendente di un viso e di un corpo continuamente mutevole eppure immutabile. Nelle fotografie come nei film, Huppert e' sempre se stessa e sempre un'altra, e' lei e il personaggio che sta incarnando: di se' non vuole si sappia nulla, del ruolo che offre tutto. In questo alternarsi di ritratti di fotografi diversi e in anni diversi, c'e' il segreto della sua bellezza inquietante, incompleta, che si fa piu' magica quando sfiora la desolazione, il brutto. A trent'anni pare ancora un'adolescente, imbronciata e chiusa, e in Una donna pericolosa di Christine Pascal e' gia' stata violentata dal poliziotto Richard Berry; a quaranta la sua sapienza erotica sboccia irresistibile e in Rien ne va plus di Chabrol e' una ladruncola che seduce e addormenta le sue vittime. E intanto le sue guance rotonde si sono affinate, la sua bocca piena si e' assottigliata, i suoi occhi azzurri si sono oscurati, il suo corpo quasi infantile e' rimasto tale, fragile e nascosto, oppure esposto come punizione, come rinuncia, come offesa. La carnagione candida delle rosse e' diventata piu' fragile, ogni piccola ruga, mai nascosta, un mistero in piu', il disegno delle efelidi e' ancora oggi un labirinto in cui chi la guarda si turba e si perde. I capelli si accorciano, si allungano, si appiattiscono, si arricciano, la rendono sexy, la imbruttiscono, incorniciano la sua rabbia e la sua dolcezza, la sua desolazione e la sua cocciutaggine. Docile, l'attrice espone il suo viso nudo all'occhio della macchina fotografica: non ride mai, talvolta sorride, quasi sempre offre nel suo apparente rifiuto di ogni espressione tutte le possibili interpretazioni: basta un po' di trucco e diventa Greta Garbo o Renee Falconetti, Rita Hayworth o Kate Moss. Era piu' bella nel '78, a ventitre' anni, quando vinse il premio di miglior attrice al Festival di Cannes con Violette Noziere di Chabrol o lo e' ora, a cinquanta, dopo il Leone d'oro veneziano? Adesso, certamente, perche' il suo talento l'ha spogliata da ogni fisicita', dalla prigione implacabile della giovinezza perduta che avvelena la maturita' di tante donne ma non la sua. Quando in Gabrielle si materializza dal buio e dal silenzio, in una casa patrizia Belle epoque, il viso celato da una veletta sotto un grande cappello nero, fa intuire al marito, allo spettatore, la tragedia femminile che sta attraversando, senza uno sguardo, senza una parola. E' una donna sposata da dieci anni con un uomo che l'ama come un prezioso oggetto; lei se ne e' andata lasciando una lettera al marito incredulo e disperato, ma poco dopo ritorna, e non sa dire perche'. Nel lungo, spietato scontro verbale tra i due, in cui lei scende nel fondo della loro ipocrisia e lontananza, offre il suo corpo senza carnalita' nella desolazione piu' umiliante per lui; e sono una prova sconvolgente di attrice la violenza trattenuta che anima la sua elegante compostezza, le emozioni e i sentimenti che raggelano e infiammano il suo viso immobile, spento. Sulla televisione satellitare hanno riproposto in questi giorni La pianista, regia di Haneke, tratto dal romanzo del premio Nobel Elfriede Jelinek, che con Patrice Chereau e Susan Sontag ha scritto i saggi di Isabelle Huppert, la donna dei ritratti. Pluripremiata per il ruolo piu' sgradevole della sua carriera in un film di erotismo umiliato e soffocante, la Huppert trasmette agli spettatori un malessere autentico, che il cinema, ormai confezionato soprattutto per le famiglie e per i passaggi sulle televisioni generaliste, non osa piu' affrontare. Malvestita, spettinata, brutta, nevrotica, spenta, furente, masochista, disperata, violenta, malata, vendicativa, autolesionista, giustifica con i suoi silenzi cocciuti, il suo viso raggelato, quel corpicino monacale, gli sguardi imperiosi, i gesti sconnessi e bruschi, l'amore appassionato di un suo allievo giovane, bello, sincero cui chiede, disgustandolo e perdendolo, di essere picchiata, umiliata, annientata. Parrebbe che il lavoro di attrice sia tutta la vita di questa donna che accumula film su film e in piu' gira i palcoscenici del mondo, portando in scena personaggi drammatici e testi tragici, come la Medea di Euripide, l'Orlando di Virgina Woolf, la Maria Stuarda di Schiller, la Hedda Gabler di Ibsen, e il monologo Psicosi delle 4,48 di Sarah Kane, suicida nel '99 a 28 anni, che sta recitando adesso a New York e portera' al teatro Strehler di Milano in dicembre. Invece Isabelle ha una sua vita privata, un marito, tre figli, di cui la maggiore gia' attrice. Un muro impenetrabile la difende, non esistono sue foto di famiglia, giornalisti di tutto il mondo non le hanno cavato una sola parola che non riguardi il suo lavoro. E questo ormai da quando, appena sedicenne, la sua grazia infantile e altera incomincio' a interessare il mondo del cinema non solo francese. Certo oggi il suo atteggiamento di intransigente segretezza puo' apparire una bizzarria, un eccesso di snobismo. Non si sa quindi se la compiangono, o forse la invidiano, certe nostre donnine arrivate alla celebrite' perche' senza biancheria negli show televisivi, certe nostre bellissime star impietrite da chirughi estetici ostili alle donne, che si innamorano, litigano, annunciano concepimenti, si separano, fanno le corna, divorziano, piangono, tra le fauci di conduttori-corruttori televisivi. Il privato viene confuso con il peggiore dei mali, l'anonimato: e l'esibizionismo dei sentimenti e del corpo diventa una professione, anzi la sola accessibile per chi non sa cosa siano il talento e la passione che hanno fatto grande Isabelle Huppert. 8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1118 del 18 novembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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