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La nonviolenza e' in cammino. 1116
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1116
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 16 Nov 2005 00:04:18 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1116 del 16 novembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Alex Zanotelli: Volti negati 2. Giulio Vittorangeli: La fattoria degli animali 3. Enrico Peyretti: I fuochi di Parigi 4. Paola Azzolini intervista Luce Irigaray 5. Letizia Tomassone presenta "Quintessenza" di Mary Daly 6. Tonino Bucci intervista Pino Cacucci su Nahui Olin 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. UMANITA'. ALEX ZANOTELLI: VOLTI NEGATI [Ringraziamo padre Alex Zanotelli (per contatti: alex.zanotelli at libero.it) per questo intervento. Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003; (con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003; Korogocho, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003] Il 4 novembre ho assistito alla demolizione di tre campi rom, situati nel comune di Casoria, nella provincia di Napoli. In questi campi c'erano circa quattrocento persone. Alle 8 del mattino sono arrivate, scortate dalla polizia, scavatrici, ruspe, cingolati per demolire tutto. Sembrava un esercito in assetto di guerra che spianava tutto. Unica sorpresa: il campo era stato abbandonato dai rom durante la notte. Infatti la sera prima, un notevole contingente di polizia aveva ammonito tutti ad andarsene. E se ne erano andati, scappando da tutte le parti: chi verso la stazione ferroviaria (piazza Garibaldi), chi verso centri sociali ove poter passare la notte. Non si era mai vista a Napoli un'azione del genere: buttare fuori con la forza persone dal proprio habitat senza offrire loro prima un altro luogo dove andare. Mi ricordava certe scene viste nei regimi militari. Mi ricordava soprattutto le demolizioni che avevo visto delle baraccopoli di Nairobi. Mai mi sarei aspettato che avrei assistito a simili scene nella mia Italia. Era da alcuni mesi che accompagnavo da vicino, insieme al professor Marco Nieli, l'avventura di questi rom: gente buona, semplice, attiva, gente che non ha mai partecipato ad una guerra, gente che era scappata dalla Romania per trovare un po' di dignita'. Ero stato, con Marco, ospite dei rom di Casoria: un'ospitalita' calorosa e aperta. Con loro ho potuto vedere la realta' del campo. Devo confessare che non avevo mai visto in Italia una situazione cosi' degradata. Mi faceva venire in mente certi angoli di Korogocho, la baraccopoli di Nairobi, dove sono vissuto per 12 anni. Questo sia per la sua posizione, sia per le condizioni del campo. Infatti l'accampamento rom di Casoria e' posto sotto un immenso arco con piloni enormi della tangenziale di Napoli. Ma le condizioni igieniche e ambientali del campo non sono meno agghiaccianti. Baracche accatastate una sopra l'altra in piccolissimi spazi. Senza acqua potabile. Stretto tra due ferrovie (un ragazzo e' morto qualche mese fa sotto un treno). Enormi topi che passeggiavano tranquillamente. La gente ci ha accolto con tanto calore e tanti caffe'. Avevano invitato tutti a venire l'11 aprile davanti al Comune di Casoria per parlare con gli esponenti del Comune. Quel giorno buona parte della comunita' venne in piazza a gridare, battere i tamburi, per chiedere l'acqua potabile nel campo, un bus per portare i bambini a scuola, ed infine un luogo alternativo ove i rom potessero costruire il loro campo. Ci incontrammo con l'assessore alle politiche sociali, con il sindaco che promise.di andare con noi dal presidente della Regione. E' incredibile che in Campania non ci sia ancora una legge quadro per i rom. Furono solo promesse. Dopo tante insistenze. arrivarono i poliziotti, le ruspe... e via! Via tutti quelli che "sporcano" le nostre citta'. La cosa piu' incredibile e' che il comune di Casoria e' stato commissariato per infiltrazioni mafiose! Come ultimo gesto il sindaco uscente aveva firmato l'ordinanza dello sgombero. Grave, molto grave che si dia effetto immediato a un'ordinanza di un sindaco "scaduto". Il prefetto l'ha immediatamente resa effettiva. E' proprio vero che sono sempre i poveri a pagare. Ma ho visto un gruppo di fuggiaschi fuori dalla stazione Gianturco: donne incinte, bambini che piangevano. Ora vivono nella diaspora, nella quasi totale indifferenza delle istituzioni e dei cittadini. E' questa l'Italia democratica? E' cosi' che trattiamo i rom? Non e' forse cosi' che trattiamo anche gli immigrati chiudendoli nei "Centri di permanenza temporanea", veri campi di concentramento? I poveri a nord come a sud, a Napoli come a Nairobi, non contano! Eppure sono volti! 2. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: LA FATTORIA DEGLI ANIMALI [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] La democrazia non e' in buona salute in nessuna parte del mondo, ed anche in Italia non scherziamo. Come e' stato scritto, viviamo in un'epoca in cui i maiali (quelli della Fattoria degli animali di orwelliana memoria) governano, gli asini parlano, scrivono o tengono comizi, le volpi fanno i ministri, le gazze e i vampiri amministrano, gli sciacalli fanno i bottegai, i topi gestiscono l'ambiente, i formichieri fanno carriera (questione di lingua), i lupi scalano borse e banche, i camaleonti si candidano dal centro-destra al centro-sinistra, a conferma che la politica per molti e' diventata solo politicantismo, e chi piu' ne ha piu' ne metta. Viviamo ingabbiati in mezzo agli equivoci in cui la societa' stempera i suoi sensi di colpa, nel chiasso indicente della societa' consumistica e mediatica. Diciamo di stare dalla parte delle vittime, di stare ogni volta dalla parte di ogni vittima, ma siano nella confusione piu' totale nei confronti dei conflitti del mondo globale. Essere dalla parte dei palestinesi vittime della politica del governo israeliano e contemporaneamente essere dalla parte degli israeliani vittime delle stragi provocate dagli attentatori omicidi-suicidi, e' cosa piu' complessa del previsto, richiede un impegno piu' limpido, convinto e adeguato da parte di tutti. Se no non si spiega come una causa sacrosanta come l'esistenza dello stato di Israele possa apparire essere fatta propria esclusivamente dal quotidiano "Il foglio", un giornale che quotidianamente sostiene lo "scontro di civilta'", il primato dell'Occidente sul resto del mondo, la guerra in Iraq e altrove. Cosi' come, a un anno dalla morte di Yasser Arafat (l'ipotesi che sia stato avvelenato e' oramai convinzione di una larga fetta dell'opinione pubblica in Palestina e nel mondo arabo), e dal cambio della guardia ai vertici dell'Autorita' nazionale palestinese, "con nuovi interlocutori graditi, almeno sulla carta, agli Stati Uniti, non ha fatto riscontro un cambiamento della situazione nei Territori palestinesi occupati, dove continuano repressioni, uccisioni mirate e ogni tipo di violenza ai danni della popolazione civile, a riprova del fatto che Israele continua a non essere disposta a rispettare ne' le risoluzioni delle Nazioni Unite ne' quanto previsto dagli accordi di Oslo o dalla Road Map. Il ritiro dai territori illegalmente occupati, lo smantellamento delle colonie ebraiche, la creazione di uno stato palestinese sovrano, la soluzione del problema di Gerusalemme e del ritorno dei profughi non hanno mai fatto parte, nemmeno formalmente, dell'agenda del governo israeliano, nonostante siano punti imprescindibili per poter almeno teorizzare un avvicinamento a una soluzione politica del conflitto" (Ali Rashid, sul "Manifesto" del 12 novembre 2005). Sembra che resti solo la sensibilita' individuale, davanti alla paralisi politica, anche nelle cose di casa nostra. Solo per fare un esempio: tanto parlare dell'assurdita' ed anche disumanita' dei Centri di permanenza temporanea (i famigerati Cpt), ma davvero abbiamo la certezza che l'auspicato cambio di governo portera' alla loro chiusura? Ed ancora, l'uso del fosforo bianco a Falluja, ennesimo crimine di guerra, perche' non scardina la gabbia della politica attuale? * Cosi' non ci resta che scrivere, cercando di incollare insieme i frammenti di un mondo assediato dalle catastrofi e dal mosaico delle guerre e del terrorismo. Quel terrorismo che prospera e trova consenso, perche' si presenta (e poco importa se cosi' non e') come il veicolo di riscatto per i poveri del mondo, cioe' per oltre meta' del genere umano a cui l'Occidente destina, quando non e' piu' conveniente distruggerle, le briciole del proprio benessere. Far partire tutto l'armamentario del terrorismo islamico dall'11 settembre 2001 e' un espediente tattico. E' una semplificazione eccessiva di un fenomeno complesso e sfaccettato. Prima della prima guerra del Golfo, quel terrorismo, come fenomeno internazionale, quasi non esisteva. Il terrorismo islamico con le sue caratteristiche odierne e' nato quindici anni fa. Scrivere, cercando di rompere questo crescendo di paure ed atrocita' (stragi, fame, squilibri economici, ecc.), che caratterizzano la nostra quotidianita'. Sintomi apparentemente banali, come le scritte razziste che imbrattano i muri delle nostre citta', o i pestaggi, fino alle teste rasate con le croci uncinate e con tutti i tatuaggi mentali che rimandano a quel periodo di follia criminale culminato in Auschwitz. Scrivere, cercando di rompere quell'armatura di carta che la futilita' delle chiacchiere quotidiane ci incolla addosso. Perche' l'indifferenza, il disimpegno morale, sono spesso la piu' feroce delle prigioni nelle quali si confisca la fiducia nel futuro e delle relazioni umane. Cercando le verita' scomode che scorticano i pensieri; le parole che tracciano il futuro. 3. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: I FUOCHI DI PARIGI [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] Mentre provo a commentare i brutti casi francesi, i fuochi di Parigi si allargano in Europa. Il cardine insostituibile in ogni ragionamento sui conflitti violenti e' la responsabilita' personale: nessun male sociale toglie la responsabilita' della violenza personale. Altrettanto e' vero che nessuna responsabilita' personale esonera la societa' dall'esame e riconoscimento dei propri mali. Ora, il carattere prevalente delle nostre societa' e' la corsa individuale al successo, identificato nel possesso abbondante. Questa ideologia indiscussa e' martellata nelle menti in ogni istante, da ogni voce e immagine della onnipervasiva propaganda seduttiva e corruttrice, del vivere come avere per se' e primeggiare sugli altri. Se la vita e' una gara, se la societa' crea e premia "vincenti", crea e punisce contemporaneamente e in numero assai maggiore, masse di perdenti, quindi frustrati e arrabbiati. Se vivere e' vincere o perdere, la vita e' una guerra con tutti i mezzi. E la societa' e' gia' distrutta, prima che la violenza interiorizzata produca atti violenti. L'immigrazione, la mancata integrazione in societa' capaci di pluralismo culturale e religioso, in Francia l'eredita' del dominio coloniale, gli attriti tra culture e costumi diversi: queste sono solo componenti del problema, non il problema. Il problema e': con quale senso viviamo insieme, abitiamo le stesse citta', ci muoviamo e ci incontriamo sulle vie e nei luoghi comuni? Se ci sono luoghi comuni, spazi e piazze, che sono le case dell'abitare sociale. Se c'e' un senso che sia dare e ricevere, non togliere agli altri. Il commento piu' esatto e lungimirante sui casi francesi mi sembra quello di Gorbaciov ("La Stampa", 11 novembre 2005). L'individualismo, che ha funzione liberatrice nei confronti dei totalitarismi antichi o nuovi, dell'ancien regime come dei fascismi e stalinismi, si rovescia in distruzione quando non si sa vivere in positivo la liberta' conquistata. La liberta' atomizzata disintegra l'umanita' e le persone. La liberta' costruttiva di relazioni nella giustizia, realizza le persone e la societa'. * Le piccole politiche dei governi, nell'emergenza, oscillano tra la repressione dura, segno disperato del tutto analogo a quello dei violenti, e la proclamazione frettolosa di nuovi provvedimenti per settori sociali e territoriali emarginati, segno tardivo di impotenza culturale. La violenza e' sempre grave, va giudicata, ma anche interpretata. In casi come questi, essa, anche per le forme che adotta, e' soprattutto domanda di riconoscimento (cfr. Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Pisa University Press, 2004, pp. 48-50; cfr. anche Comprendere la violenza della rivolta, nel mensile torinese "il foglio", n. 289, febbraio 2002). La violenza sfacciata ed esibita dei ricchi provoca la violenza dei poveri, o dei meno ricchi, o degli invidiosi, o degli intossicati e frustrati dal mito dell'abbondanza. La violenza strutturale della disuguaglianza celebrata provoca alla violenza la giusta esigenza di eguaglianza sostanziale. La violenza strutturale dell'esclusione provoca la ricerca violenta dell'inclusione. La manifestazione degli aspetti violenti di una cultura dominante provoca nelle culture dominate lo scatenamento delle loro componenti violente. Non esiste il fossato che si vorrebbe tra violenti e non violenti, perche' la rinuncia alla violenza e la conversione alla gestione nonviolenta dei conflitti e' compito e problema di tutti, di tutte le culture, senza esoneri. Percio' il primo provvedimento, il piu' saggio, in conflitti come questo che attraversa l'Europa, e' la ricerca di comunicazione, di parola, di colloquio - se ancora e' possibile, e deve esserlo - con chi, senza parola ascoltata, ricorre a bruciare le auto, denso simbolo del nostro vivere separato. 4. RIFLESSIONE. PAOLA AZZOLINI INTERVISTA LUCE IRIGARAY [Dal sito della Libreria della donne di Milano (www.libreriaelledonne.it) riprendiamo la seguente intervista dal titolo "Pensare il cambiamento. Come definire le condizioni per una cultura e una convivenza tra soggetti differenti" apparsa sulla rivista "Leggendaria", n. 50, giugno 2005. Paola Azzolini e' scrittrice, giornalista, critica letteraria; collabora con "L'Arena di Verona", ha curato edizioni di opere di Manzoni e Capuana, pubblicato studi su vari temi di letteratura italiana otto-novecentesca, svolto ricerche sulle scrittrici italiane del Novecento, contribuito a varie pubblicazioni. Tra le opere di Paola Azzolini: Il cielo vuoto dell'eroina, Bulzoni, Roma 2002. Luce Irigaray, nata in Belgio, direttrice di ricerca al Cnrs a Parigi, e' tra le piu' influenti pensatrici degli ultimi decenni. Opere di Luce Irigaray: Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975; Questo sesso che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano 1978; Amante marina. Friedrich Nietzsche, Feltrinelli, Milano 1981; Passioni elementari, Feltrinelli, Milano 1983; Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985; Sessi e genealogie, La Tartaruga, Milano 1987; Il tempo della differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; Parlare non e' mai neutro, Editori Riuniti, Roma 1991; Io, tu, noi, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Amo a te, Bollati Boringhieri, Torino 1993; Essere due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri, Torino 1996] Luce Irigaray, a Verona nel marzo scorso nell'ambito del seminario organizzato dall'associazione "Il filo di Arianna" sul tema "L'insostenibile violenza delle donne", ci ha gentilmente aggiornato sul suo lavoro e sulle sue ultime pubblicazioni. Sono passati trent'anni dalla pubblicazione in Italia di Speculum. L'altra donna, nella splendida traduzione di Luisa Muraro, ma l'attualita' e il valore rivoluzionario del suo pensiero rimane intatto. Come intatta rimane la ricezione che in Italia ha trovato la sua filosofia, centrata sulla necessita' di recuperare la mancata esperienza dell'altro, il dialogo fra i generi, che e' alla base di qualsiasi altro dialogo fra entita' e individui diversi. In questi anni Luce Irigaray ha ulteriormente sviluppato la sua riflessione, affrontando il tema della differenza a livello di democrazia e di linguaggio, cioe' di educazione dei giovani. Secondo Irigaray e' necessario oggi lavorare a livello educativo alla costruzione di un terreno comune tra i sessi, fatto da un linguaggio e una cultura condivisi, nel rispetto delle reciproche differenze. Inoltre ha preso posto fra i temi della sua riflessione quello della felicita' e dell'energia vitale. * - Paola Azzolini: Quali sono i tuoi interessi e i tuoi progetti di lavoro in questo periodo? - Luce Irigaray: In questi ultimi anni lavoro anzitutto alla terza parte della mia opera: definire e mettere in pratica le condizioni per una cultura e una convivenza fra soggetti differenti, di cui il paradigma piu' universale e' la relazione uomo e donna, uomini e donne. La prima parte del mio lavoro era dedicata alla critica di una cultura basata e gestita a partire da un unico soggetto, sedicente neutro, in realta' maschile. La seconda parte era centrata sulla definizione di valori necessari per assicurare l'autonomia del soggetto femminile. Certo le tre parti si mescolano e interagiscono: si parla della necessita' di una cultura a due soggetti gia' in Speculum. Il mio lavoro attuale e' piu' costruttivo. Probabilmente per questo e' meno apprezzato da donne che si fermano alla critica, alla decostruzione, piu' che curarsi di creare una nuova cultura. * - Paola Azzolini: Quello che dici potrebbe spiegare la violenza, di cui sono protagoniste oggi le donne e di cui tanto si parla? - Luce Irigaray: Forse le donne che, per tanti secoli, hanno provato contro di se' la violenza patita hanno bisogno di farla uscire, di manifestarla esteriormente. La critica, una certa comprensione della decostruzione corrispondono a gesti assai aggressivi di cui sembra necessitino certe donne. Capisco questa necessita' ma temo che fermarsi alla critica o all'identificazione all'oppressore non possano essere un modo di acquisire una vera autonomia, soprattutto quando si tratta di un atteggiamento globale e non solo intellettuale. Per di piu' non fa sbocciare la felicita'. Da li' risulta un circolo vizioso, in cui la donna genera la propria infelicita'. * - Paola Azzolini: Sarebbe interessante avere qualche notizia sulle tue recenti pubblicazioni, non ancora uscite in Italia... - Luce Irigaray: I miei ultimi libri, stampati dapprima in inglese, trattano delle vie per giungere a una cultura a due soggetti piu' giusta e felice. La via dell'amore (The Way of Love) propone cammini, segnatamente nel parlare, per potere avvicinarsi all'altro ed entrare in dialogo. Cerco di far sentire come il fatto di risolvere la questione della convivenza fra i sessi, i generi, ci aiuta a trattare le altre differenze: di generazione, di cultura, di razza... Lo stesso atteggiamento vale in ogni caso: rispettare le differenze dell'altro. E' sbagliato opporre o contrapporre la differenza fra i sessi e la differenza fra le culture o le razze come fanno certi o certe. Ma e' vero che, in primo luogo, e' necessario confrontarsi con la differenza fra i sessi che coinvolge l'intera persona e ci costringe a coltivare i nostri istinti. E anche stata pubblicata una raccolta di venti testi (Luce Irigaray, Key Writings, 2004) organizzati in cinque parti: filosofia, linguaggio, arte, spiritualita', politica, che trattano dello stesso argomento: come elaborare una cultura che non supponga un soggetto neutro e universale, ma che tenga conto della o delle differenze in ogni ambito. * - Paola Azzolini: Il tuo lavoro tiene conto della realta'? Non rischia di fermarsi alla teoria? - Luce Irigaray: Il mio lavoro suscita entusiasmo quando lo conoscono anzitutto da parte dei piu' giovani ma provoca anche rigetto, perche' tocca la realta' e chiede di cambiarla, di evolversi. Molti discorsi oggi sono fondati sull'ideologia, per di piu' un'ideologia non adatta al presente: sono ascoltati dalla gente gia' convinta, su cui esercitano una sorta di seduzione e repressione morale che si propaga come cio' su cui conviene accordarsi; sono sostenuti dai mass-media perche' incontrano il successo di un rumore che si comunica, di cui si parla ma che non chiede lo sforzo di un cambiamento, per prima di se stessi. Sono discorsi abbastanza formali e conformisti che tuttora pretendono di imporre la loro legge su un pensiero piu' vicino alla realta' come quello che si preoccupa di differenza sessuale. Una realta' difficile da negare. * - Paola Azzolini: Dunque tu non rinunceresti alle tue posizioni, nonostante le recenti polemiche fra posizioni rispetto all'eguaglianza e quelle che si confrontano con la differenza? - Luce Irigaray: Non so tutto su questo. Non posso nemmeno essere responsabile di tutte le proposte che si fanno ormai in nome della differenza. Ma senza dubbio restero' fedele al mio pensiero, quali che siano le resistenze che incontro, quali che siano le violenze che patisco a causa di esso. Penso che il mio pensiero non e' ancora bene capito da alcuni e alcune, ma anche che altri o altre si impegnano perche' sia cosi'. E' un peccato. Perche' oltre al fatto che questo pensiero e' necessario per passare ad un'altra tappa della cultura, e' indispensabile per cambiare i nostri atteggiamenti, fra l'altro amorosi, nei confronti dell'altro, di ogni sorta di altro. * - Paola Azzolini: Poco tempo fa ci ha lasciato Renzo Imbeni, con cui tu hai collaborato fra l'altro quando era vicepresidente del Parlamento Europeo. Da questo incontro sono nati due dei tuoi libri, La democrazia comincia a due e Amo a te. Potresti rievocare questo personaggio importante e la tua collaborazione con lui? - Luce Irigaray: La mia stima per Renzo Imbeni e' nata dalla sua capacita' di mettere in pratica le sue convinzioni senza limitarsi a belle parole. Renzo Imbeni e' il solo che mi ha salutata dopo il mio intervento all'ultimo congresso del Pci. Mi ha affidato la gestione delle serata dedicata alla sua elezione al Parlamento Europeo malgrado la resistenza di persone del suo partito, come racconto nel prologo di Amo a te. Ha anche accettato di lavorare insieme a me al progetto di codice di cittadinanza nell'ambito del Parlamento Europeo, come spiego ne La democrazia comincia a due. Un uomo di una simile onesta', convivialita', disponibilita', non si incontra spesso. Anche qui temo che molti e molte non abbian capito bene il senso e lo scopo della nostra relazione: dedicata a una democrazia fondata sulla differenza. 5. LIBRI. LETIZIA TOMASSONE PRESENTA "QUINTESSENZA" DI MARY DALY [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 novembre 2005. Letizia Tomassone (per contatti: carrarametodista at libero.it), pastora valdese, attualmente pastora della chiesa evangelica metodista di Carrara, gia' impegnata nell'esperienza di Agape, e' una delle figure piu' prestigiose dell'impegno per la pace, di solidarieta', per i diritti umani. Su Mary Daly riportiamo alcuni stralci da una breve nota di Luciana Percovich del 2002: "Mary Daly e' tra le piu' potenti creatrici di pensiero, linguaggio e visione generate dal Movimento Femminista degli anni '70. Filosofa, teologa, femminista radicale, ha pubblicato fino ad oggi sette libri: The Church and the Second Sex, 1968; Beyond God the Father: toward a Philosophy of Women's Liberation, 1973; Gyn/Ecology: the Metaethics of Radical Feminism, 1978; Pure lust: Elemental Feminist Philosophy, 1984; Websters' First New Intergalactic Wickedary of the English Language, 1987; Outcourse: the Be-Dazzling Voyage, 1992; Quintessence: Realizing the Archaic Future, 1998. Per molti anni docente di Etica Femminista al Boston College, Massachusetts, da cui e' stata licenziata e chiusa letteralmente fuori dal suo ufficio"; per piu' ampie notizie si veda il profilo in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 21 del maggio 2005] La forza che viene dal sapere di avercela fatta e' quella nota di gioia che Mary Daly ci regala con il suo ultimo libro: Quintessenza. Realizzare il futuro arcaico (Venexia, pp. 284, euro 19). Se infatti i suoi testi dagli anni '70 in poi erano osservatori privilegiati per esprimere la "rabbia selvaggia" delle donne per la miseria, la cancellazione in cui vivono nel mondo patriarcale, e se molti suoi testi sono stati occasioni per rendere visibile, nominandola, la violenza contro le donne e la loro oppressione fisica e simbolica, questo volume edito con coraggio, in Italia, da Luciana Percovich, mostra come la "rabbia" puo' diventare consapevolezza e possibilita' di vita piu' intensa, e dar luogo al "salto nel futuro arcaico". Scrive Daly: "Quando una Cercatrice Vede, Nomina e Agisce Vegliarda-mente i suoi Momenti/Movimenti nel Tempo, la sua conoscenza della Quarta Dimensione e' ravvivata e lei Stessa diventa piu' Viva. Si riempie di Ginergia (l'energia femminile, ndr) ed e' mossa dalla Brama di Balzare in avanti. E' spinta a Volare oltre nel Futuro Arcaico per Irrompere nella Quinta Dimensione, dove/quando puo' essere Presente in modo sempre piu' consapevole partecipando alla Danza Abbagliante dell'Universo - l'Armonia Cosmica, la Quintessenza". Parole che rivelano da subito come Daly lavori profondamente sul linguaggio per svelarne dimensioni occultate e ribaltarne i significati. Svelando come la cultura patriarcale abbia spesso rovesciato in negativo termini che esprimevano forza e liberta' femminile, come "Vegliarde", "Donne Selvagge", "Ammaliatrici"... * Mary Daly era gia' nota in Italia soprattutto per questo lavoro sul linguaggio e sul nominare la realta' e Dio. Con saggi come La Chiesa e il secondo sesso (Rizzoli, '82) e Al di la' di Dio Padre (Editori Riuniti, '91), gli unici tradotti in italiano e purtroppo ormai fuori catalogo. Centrale per la ricerca delle teologhe femministe e' la sua affermazione che il "nominare Dio" al femminile (per esempio come Madre) non sposta i rapporti simbolici e materiali tra donne e uomini se questo nome resta un sostantivo. Il nominare che trasforma le relazioni e' una "dinamica dell'essere" e puo' essere espresso solo con un verbo. "Nell'idea di Mary Daly l'essere e' apertura, rilancio, movimento squilibrante e la' dove si mostra la differenza di essere donne e uomini come squilibrio, e se ne da' testimonianza, si partecipa di tale movimento - scrive Chiara Zamboni in Parole non consumate, Liguori 2001 -. Altrimenti il linguaggio puo' dire la differenza sessuale come costruzione storica, puo' usare i generi grammaticali femminili, e introdurre la parola "Dea" nel cristianesimo, ma se non c'e' una esposizione dinamica della nostra compromissione, il linguaggio rimane statico, solo sostantivo e non verbo, scollegato dal movimento dell'essere. C'e' parola di verita' e di vita la' dove c'e' esposizione di noi, la' dove simbolico e testimonianza sono legate". Ma il lavoro di Daly sul linguaggio e' continuato con un suo praticare in modo sempre piu' vorticoso parole ri-dette, fino ad arrivare alla compilazione, con Jane Caputi, di un Dizionario (il Websters' First New Intergalactic Wickedary of the English Language, '87). La qualita' di Quintessenza non sta quindi nel suo linguaggio, linguaggio sperimentato e praticato con radicalita' fin dagli anni '80, ma dalla visione dell'incontro con le "Compagne del Futuro Arcaico". Naturalmente il Futuro puo' essere Arcaico solo se richiama una "brama" intensa di realizzare del nuovo e se dice qualcosa non solo di cio' che vogliamo costruire, ma di cio' che ci precede. Anzi, in un certo senso, e' proprio perche' c'e' stato un passato "fuori dal patriarcato" che ci e' possibile incontrare un "futuro libero". * Quintessenza racconta dell'incontro fra le donne dell'Era Biofila e Mary Daly, la quale viaggia tra il 2048, in cui loro vivono, e la vecchia realta' datata 1998. L'incontro costituisce il presente che fonda il futuro e trasmette forza alle Viaggiatrici nell'era necrofila, cioe' nel patriarcato. Ed e' narrato a due voci. Quella di Daly che nel '98 denuncia l'oppressione delle donne attraverso le violenze, le guerre, le spiritualita' patriarcali, le biotecnologie e le tecniche di procreazione assistita, cioe' tutte quelle cose che distruggono la differenza e l'armonia della vita e fanno avvizzire la nostra mente e la nostra immaginazione. E quella di Anonima che, nata all'inizio dell'"Era Biofila", e' piena di curiosita' per queste antenate costrette a sviluppare la loro resistenza e la loro "Indocilita'" in una situazione cosi' violenta e triste. Anonima arrivare ad evocare Mary Daly per incontrarla. E' dunque in gioco il desiderio. Il desiderio di realizzare la propria integrita' spinge Daly al "Salto nella Quinta Dimensione", e il desiderio di capire spinge Anonima a creare le condizioni perche' il "Qui" diventi luogo di incontro. Quello raccontato in Quintessenza e' un incontro profondo tra generazioni, mosso dal desiderio reciproco. Daly lo sa, ed esprime anche la frustrazione che accompagna questo tipo di incontro nell'era patriarcale, quando a ogni generazione bisogna ricominciare daccapo, perche' la "Memoria della Donne Selvagge" e' continuamente cancellata. E "nominare connessioni, in modo che potessimo continuare a fare le nostre analisi piu' in profondita' e raggiungere la radice dei problemi" e' esattamente il compito che Daly assegna al suo lavoro. Connessioni tra passato e futuro per il qui del presente. Nell'era necrofila, scrive Daly, "divenne difficile per molte nominare le connessioni tra la crescente oppressione delle donne da parte dei movimenti e dei regimi fondamentalisti sparsi nel mondo e la violazione e la distruzione delle donne e della natura da parte dell'impero nectec (di tecnologia necrofila, ndr)". L'opera del patriarcato necrofilo appare infatti in Quintessenza come un'opera continua di cancellazione della "Vita" e dell'esistenza delle donne e le donne, nella loro "Giusta Rabbia", possono superare queste cancellazioni "Spiraleggiando Via". Nel "Continente Ritrovato", un luogo di armonia e sincronia con natura e animali che e' anche, pero', l'immagine di quella Quinta Dimensione o Quinta regione che diventa il centro di espansione della "Presenza" delle creature "Biofile". * Il testo di Daly, impregnato di spiritualita', e' quindi profondamente politico. Le Antenate del Futuro sono per noi risorsa e occasione di ricordare che il mondo e' altro dalla violenza e manipolazione di corpi, anime e menti, e che ogni forza empatica degli umani (delle donne) con gli altri esseri viventi puo' trasformare la realta' e farci fare un balzo nello "Stato di Grazia Naturale". "Man mano che le Capricciose Donne Vagabonde si radicano sempre di piu' nello Stato di Grazia Naturale, riconosciamo la consapevolezza delle sincronicita'/Sin-crone-citta' come un segno che stiamo entrando in armonia con le altre creature Elementali, stiamo cioe' scoprendo la Quintessenza, che e' l'Integrita' Supremamente Armoniosa dell'Universo e Fonte di Estasi". 6. LIBRI. TONINO BUCCI INTERVISTA PINO CACUCCI SU NAHUI OLIN [Dal quotidiano "Liberazione" del 6 novembre 2005. Tonino Bucci, giornalista, scrive di temi culturali sul quotidiano "Liberazione". Pino Cacucci e' nato nel 1955 ad Alessandria, cresciuto a Chiavari (Ge), e trasferitosi a Bologna nel 1975 per frequentare il Dams; all'inizio degli anni ottanta ha trascorso lunghi periodi a Parigi e a Barcellona, a cui sono seguiti i primi viaggi in Messico e in Centroamerica, dove ha poi risieduto per alcuni anni; romanziere e saggista, all'attivita' narrativa affianca un intenso lavoro di traduttore di letteratura spagnola e latinoamericana (oltre una quarantina i titoli finora tradotti), collabora a riviste e giornali, e' coautore di soggetti e sceneggiature per il cinema e il fumetto. Tra le opere di Pino Cacucci: Outland Rock; Puerto Escondido; San Isidro Futbol; Tina; Punti di fuga; Forfora e altre sventure; In ogni caso nessun rimorso; La polvere del Messico; Camminando, incontri di un viandante; Demasiado Corazon; Ribelli!; Gracias Mexico; Mastruzzi indaga, Nahui. Carmen Mondragon, in arte Nahui Olin, pittrice, poetessa, ispiratrice di artisti, e' stata una delle protagoniste della cultura messicana negli anni venti e trenta] Torna come un motivo ricorrente il Messico sullo sfondo dei personaggi di Pino Cacucci. Nei suoi romanzi ha raccontato storie di ribelli e rivoluzionari, di ideali e passioni politiche, di sconfitte e redenzioni, tutte legate da un filo comune al continente latinoamericano. Quasi sempre accade che nelle parole e nelle azioni dei suoi personaggi prevalga il desiderio dell'emancipazione, ma anche della ricerca delle origini di un continente stuprato dal colonialismo. Nell'ultimo lavoro di Cacucci, Nahui (Feltrinelli, pp. 234, euro 14) lo sfondo e' uguale, ma cambia la storia e il protagonista. Anzi, la protagonista, visto che stavolta la figura centrale e' una donna, Carmen Mondragon. Una donna inquieta, figlia di un generale, protagonista di scandali ed eventi culturali durante la rivoluzione messicana. Non e' un personaggio politico, almeno non nel modo tradizionale in cui lo sono gli altri nei precedenti racconti di Cacucci. La sua rivoluzione nasce nella ribellione alle convenzioni familiari, nei rapporti privati, nel modo di vivere l'erotismo e l'arte nella vita. Il suo nome adottivo, in azteco, e' Nahui Olin. * - Tonino Bucci: Per Nahui Olin la politica nasce da dentro, da una forte carica interiore. Un personaggio anomalo, no? - Pino Cacucci: E' da anni che porto nella memoria il personaggio di Nahui Olin - che in realta' si chiamava Carmen Mondragon. Mi sono imbattuto in questa figura fin dai tempi in cui ero alla ricerca delle tracce di Tina Modotti, negli anni Ottanta. Ho scoperto un mondo di relazioni profonde, di passione e creativita'. Frida Khalo, i pittori muralisti. Tutto si mescolava, l'arte stessa era politica. Anche i rapporti interpersonali erano improntati alla ribellione. La politica era sempre presente. Di Nahui Olin venni a sapere in alcune citazioni frettolose. Sapevo che aveva posato per i murales di Diego Rivera. Ancora oggi, il suo volto si puo' vedere in diversi dipinti murali. * - Tonino Bucci: Ha lasciato anche degli scritti, per quanto poco conosciuti... - Pino Cacucci: E molti quadri che ora sono sparsi in varie collezioni. Negli anni Ottanta ci fu una mostra delle opere di Nahui Olin e delle foto che le erano state scattate da Antonio Garduno e Edward Weston. Fu quest'ultimo a dire che i migliori ritratti da lui fatti in Messico erano proprio quelli di Nahui. E aggiunse che bisognava essere di pietra per non innamorarsi di lei. Frasi come queste non possono non accendere la curiosita' per un personaggio del genere. In questi ultimi anni sono andato anche nei luoghi in cui aveva vissuto, tra i quali il bellissimo ex convento della Merced. Qui abito' insieme a Gerardo Murillo, un vulcanologo, con il quale ebbe una storia d'amore. * - Tonino Bucci: Oltre a una biografia intensa, Nahui Olin ha avuto anche una psicologia tormentata, a tratti cupa. E' cosi'? - Pino Cacucci: Si', visse traumi profondi che la segnarono. C'e' chi la riteneva una pazza, una folle. C'e' chi racconta che aveva perso il senno. Ma ci sono testimonianze sull'ultimo periodo della sua vita, quando era stata abbandonata da tutti e molti la consideravano una pazza che guardava il sole e dava da mangiare ai gatti, che dicono il contrario. Un libraio al quale capito' d'incontrarla, racconta che era lucidissima, che si recava spesso nella sua libreria e che amava discutere di Cesare Pavese - una sua grande passione. Da questi racconti si capisce come non fosse per nulla pazza. Aveva semplicemente chiuso i rapporti con il mondo. * - Tonino Bucci: Alla sua biografia fa da sfondo Citta' del Messico. Cosa faceva di questa capitale una citta' rivoluzionaria? - Pino Cacucci: Ho coltivato questa passione per Nahui Olin anche come emblema di quell'epoca memorabile che furono gli anni '20 e '30 a Citta' del Messico. Non bisogna dimenticare che la prima rivoluzione del secolo fu quella messicana. Fu certamente una rivoluzione lunga, a fasi alterne, un susseguirsi di colpi di stato, controrivoluzioni, tregue e riprese delle armi. Ma aveva una matrice messicana, un legame con le proprie radici e la propria cultura come testimonia l'alta partecipazione di poeti, intellettuali, scrittori, artisti. Fu una rivoluzione che tento' di costruire l'uomo nuovo, come si diceva allora, una nuova societa' e un modo diverso d'intendere i rapporti tra le persone. E tantissime furono le donne protagoniste. Molte nell'arte e nel teatro, ma e' difficile fissare queste biografie in un'unica attivita' e questo vale anche per gli uomini. Facevano tante cose. Nahui scriveva, dipingeva, componeva versi ed era anche musicista. Purtroppo non restano spartiti delle sue composizioni, ma sappiamo che era una grande pianista. Questa grande fervore alla fine ha messo radici, Citta' del Messico rimane ancora oggi una metropoli culturalmente viva. Harold Pinter - scrittore che stimo per l'impegno politico e per le cose che dice - anni fa disse "quando voglio respirare cultura nuova vado a Citta' del Messico. Altro che Londra o New York!". Non ci rendiamo conto di quanto succede a Citta' del Messico in campo culturale. * - Tonino Bucci: Il Messico e' un miscuglio di avanguardia culturale e arretratezza, di eredita' coloniale e ricerca delle radici indigene. Sara' per questo, come scrive nel suo romanzo, che e' incomprensibile per chiunque non sia messicano? - Pino Cacucci: A noi sembra paradossale. Anche la rivoluzione fu il parto travagliato della modernita' di un Messico che pero' non voleva rinunciare a certe tradizioni. Il Messico e' l'unico paese latinoamericano che confina con gli Usa e, quindi, il primo a ricevere tutta la paccottiglia subculturale che producono gli Stati Uniti. Ma e' anche il paese che in tutto il continente latinoamericano e' piu' forte e difende le proprie radici. C'e' una potente carica d'identita' culturale che mi ha sempre affascinato. Ma, attenzione, non e' nazionalismo. E' qualcosa di piu' profondo. * - Tonino Bucci: Anzi, questa riscoperta delle proprie origini inizia a penetrare negli stessi Stati Uniti dove esiste una forte comunita' ispanica. La scrittrice chicana Sandra Cisneros ne ha fatto un cavallo di battaglia. E' un segno di ripresa? - Pino Cacucci: Non dimentichiamo che meta' del territorio messicano e' stato rubato a meta' dell'Ottocento dagli Usa. Il New Mexico, l'Arizona, la California, il Texas, il Colorado, lo Utah. Che la' ci vivano dei messicani e' naturale. Ci vivono da millenni. Prima erano aztechi, prima ancora maya. Guillermo Arriaga, lo scrittore e sceneggiatore messicano, autore di Amores Perros e di 21 grammi, ha detto: "Ci hanno tolto meta' del territorio, ma state tranquilli, ce lo stiamo riprendendo". Con la piu' sana e pacifica invasione. * - Tonino Bucci: Forse, al di la' degli aspetti politici - che furono contraddittori - il risultato piu' originale della rivoluzione messicana fu proprio la ricerca d'autonomia culturale. O no? - Pino Cacucci: Il grande riscatto delle radici indigene parte proprio dalla rivoluzione. Fino ad allora gli indigeni erano considerati servi e schiavi, nei loro confronti prevaleva il razzismo. Ma da quel momento gli intellettuali avrebbero preso coscienza e iniziato a rivendicare le origini indigene anzichÈ vergognarsene come avevano sempre fatto. Questo si puÚ dire anche dell'altra rivoluzione con il quale il Messico ha chiuso il '900, lo zapatismo. * - Tonino Bucci: C'e' un filo che lega la prima e la seconda rivoluzione, tra l'inizio e la fine del '900? - Pino Cacucci: Sicuramente si'. Ambedue sono rivolte e rivoluzioni con caratteri totalmente originali, autoctoni. Non hanno importato ideologie dall'estero. Non hanno avuto bisogno di un Marx o di un Lenin come e' invece avvenuto per altri paesi dell'Asia o dell'Africa. Il Messico aveva Zapata e Pancho Villa, aveva i suoi uomini d'azione e i suoi pensatori. Non e' casuale che questa eredita' non sia morta. E' frutto del sangue e del sudore dei messicani. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1116 del 16 novembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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