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La nonviolenza e' in cammino. 1111
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1111
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 11 Nov 2005 00:07:15 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1111 dell'11 novembre 2005 Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Del dolore e della morte 2. Enrico Peyretti: Tre pensieri 3. Ottavio Raimondo presenta "Dalla violenza alla pienezza" 4. Massimo Ortalli: Leggere l'anarchismo (parte terza) 5. Letture: Gustavo Zagrebelsky, Imparare la democrazia 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: DEL DOLORE E DELLA MORTE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] "Si stanno rivoltando contro l'occidente e i suoi simboli": con ai piedi le scarpe Nike o addosso la felpa Lonsdale e in tasca l'ultima versione di cellulare. "Vogliono rispetto": e per ottenerlo hanno massacrato di botte i loro coetanei che protestavano contro la riforma scolastica, colpevoli di essere "ricchi e fisicamente deboli", e bastonato a morte un pensionato di 61 anni che non li aveva infastiditi in alcun modo, e sparato addosso a un gendarme che oggi rischia di perdere una gamba. Quello che si ottiene con questi sistemi non e' il rispetto, ma la paura, il terrore, la rabbia, il rigetto. "Le loro parole d'ordine sono onore e vendetta": le ho gia' sentite, e quasi sempre provenivano da ideologie politiche di destra ("C'e' una violenza che rende schiavi e una violenza che libera", Benito Mussolini). "E' colpa delle legge sul velo": non l'ha menzionata nessuno dei casseurs francesi, ma noi intellettuali di sinistra ne sappiamo sempre una piu' del diavolo. Ah, ci avessero ascoltato! Noi, naturalmente, non abbiamo bisogno di ascoltare nessuno: che ce ne importa, a noi, se la maggioranza dei cittadini francesi originari di paesi musulmani si dichiarano religiosamente indifferenti? Perche' dovremmo perdere tempo ad ascoltare chi in quei quartieri ci e' nata e ci vive, come Fadela Amara, che da anni assieme ad altre donne e ragazze si ribella alla violenza delle periferie? "Le donne e le ragazze dei quartiers vivono costanti aggressioni: insulti, mani addosso, schiaffi. Il primo criterio in base a cui vengono giudicate e' il loro abbigliamento che, secondo il codice locale, deve coprire interamente i loro corpi. La maggior parte delle ragazze si infagotta in tute da ginnastica e pantaloni larghi. Per non essere chiamate troie e puttane e non essere assalite, oltre a conformarsi a questo modo di vestire, le ragazze si sono abituate a fare lunghi giri per non incrociare i gruppi dei ragazzi. Alcune portano il velo non perche' siano musulmane, ma perche' sperano di essere lasciate in pace". * Ora, io non respingo nessuna delle analisi sociologiche che devono aiutarci a capire le origini della rivolta nei sobborghi francesi: i problemi sociali aumentati a dismisura anche per effetto del peggioramento delle condizioni economiche generali, il tasso di disoccupazione che in quelle zone e' piu' del doppio della media nazionale, l'essere discriminati ed esclusi, e non ultimo il dolore abbacinante della morte di due giovanissimi. E sono del tutto d'accordo sul fatto che la repressione violenta peggiorera' la situazione. In effetti, ringraziando il cielo, sino ad ora le forze dell'ordine francesi hanno tenuto la testa a posto e non hanno risposto con la brutalita' che potrebbero usare, ne' hanno risposto al fuoco quando bersagliati da colpi. Quello che non posso accettare e' la giustificazione della violenza. Qualcuno mi deve spiegare che "onore" e che "vendetta" sono presenti nel fatto di trascinare una donna sconosciuta fuori dalla propria auto per i capelli, e nel pestarla mentre si trova a terra e nel dare fuoco alla sua automobile. O che senso "rivoluzionario" ci sia nel prendere a bersaglio asili, ospedali e macchine di operai. O che identita' alternativa possa fondarsi sull'odio, finanche quando quest'ultimo e' speculare a del disprezzo ricevuto. Possibile che nessuno veda quanto questi sistemi siano funzionali a cancellare il dialogo, quanto verranno usati come giustificazione per future legislazioni repressive, per la criminalizzazione di interi gruppi? O per massicci investimenti in strumenti di controllo sempre piu' letali? ("La violenza accelera lo sviluppo economico", Engels). * Naturalmente mi si rispondera' che la mia argomentazione e' troppo "semplice", e' troppo facile bollare come violenza distruttiva la violenza distruttiva: dovrei saper leggere in essa i segni del crollo dell'universalismo, del rifiuto della societa' occidentale, e magari anche del fatto che quando le donne non stanno al loro posto i loro figli e fratelli si arrabbiano e bruciano i quartieri. Figli e fratelli che nell'usare violenza ripetono ciecamente cio' che i loro "padri simbolici" (stato, polizie, eserciti) hanno sempre fatto, e in questa ripetizione senza sbocco affermano di aver trovato la loro "identita'". Ovviamente i padri sostengono o ripudiano a seconda di quanto da vicino i figli ne hanno seguito le tracce. Permettetemi di rivendicare la mia stupida semplicita': del dolore e della morte inflitti ad un altro essere umano, sia esso un ragazzino delle periferie, un pensionato, un gendarme, una donna al volante, io so solo dare le denominazioni "sbagliato", "dannoso", "inutile". E non riesco a cambiare giudizio a seconda che dall'altra parte, nel ruolo di chi infligge dolore e morte, ci sia qualcuno che identifico come oppresso o come oppressore. La ruota che vedo girare e' sempre e desolatamente la stessa. Cercare di dirsi reciprocamente la verita': ecco la maggior forma di rispetto che posso offrire a chiunque, compresi i casseurs francesi. "Perche' essendo qui, e sapendo cio' che so, non posso scegliere altro che di inventare un modo diverso di vivere. Non posso, pero', farlo da sola. Ed e' qui che entri in campo tu" (Robin Morgan, Il demone amante, La Tartaruga, Milano 1998, p. 205). 2. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: TRE PENSIERI [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario] 9 novembre 2005: oggi e' l'anniversario del Muro di Berlino. Non fu una "caduta", come si continua a dire. Non fu per fatiscenza o terremoto, ma per sollevazione popolare nonviolenta. La storia ufficiale continua a non conoscere questa categoria di fatti storici. Si puo' vedere http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti articolo n. 6. Non conosco analisi migliore sulla fine del Muro di Berlino di quella fatta da Giovanni Salio in Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, 1995. Quel giorno stesso, eravamo in tanti ad un seminario con Norberto Bobbio, nel Centro Studi Piero Godetti, di Torino. Arrivata la notizia, fu esultanza generale. Ma Bobbio taceva, scuro in volto. Interrogato, rispose: "Aspettate. Potrebbe essere la guerra". Vedeva giusto. Fu l'inizio della nuova eta' delle guerre calde, dopo la fine della Guerra Fredda. Fu l'inizio del "decennio perduto", come dira' Gorbaciov. Fu il tradimento della pace possibile nel diritto internazionale delle Nazioni Unite, se fosse stato rispettato. Fu l'emergere dei localismi violenti. Fu l'occasione colta dalla volonta' di potenza per rilegittimare la guerra di potenza. Ricordo che Bobbio, qualche anno prima, in un convegno, avvertiva: "L'equilibrio del terrore bipolare e' pericoloso, ma un monopolarismo sarebbe peggiore". * Nel tempo delle idee deboli, io sono per le idee forti. Non l'ideologia micidiale del privatismo antisociale, non il dogma violento dell'antropologia competitiva, celebrato dalla imperiosa dottrina ufficiale del pensiero unico. E' questa l'ideologia totale, che impera oggi, nel tempo della presunta fine delle ideologie. Idee "forti" sono state i totalitarismi del Novecento. Ma di quale forza? Non era forza la loro, ma violenza sulle menti e sulla vita. La forza e' costruttiva, la violenza e' distruttiva. La forza difende, la violenza offende. Senza questa distinzione, siamo confusi. Una lettura riduttiva delle esperienze storiche del Novecento identifica la forza delle idee con la violenza totalitaria, e cosi' contribuisce ad occultare le grandi violenze ideologiche in atto oggi. La nonviolenza positiva, attiva, gandhiana, e' un'idea forte, ed e' libera persuasione, umile fede, consapevolezza della possibilita' di errore (il "fallibilismo" gandhiano, i suoi "esperimenti con la verita'"), ricerca del dialogo correttivo e arricchente, accettazione del conflitto e sua gestione non offensiva ma costruttiva. Il "principio nonviolenza" (Jean-Marie Muller) e' la sola idea e pratica storica che oggi puo' guidare l'umanita' a "uscire dalla barbarie" (Giuliano Pontara), a salvarsi dalle presenti altissime violenze ideologiche, economiche, militari a cui il debolismo nichilista fa strada. * Le religioni sono piu' durature delle filosofie. Queste durano poco, sono continuamente contestate, corrette, integrate, superate. Le religioni mutano, si', e devono mutare, ma permangono, ciascuna nella sua visione tipica dell'esistenza e del suo senso. Le filosofie pensano spesso di potere stringere la realta' e la sua verita' in un discorso dimostrativo. Le argomentazioni possono convincere, solo i valori persuadono. Nelle religioni c'e' un maggiore deposito antico e nuovo di sapienza, proposto a chi puo' e vuole comprendere, non per una evidenza cogente, ma per una adesione simpatetica e vitale, piu' libera e profonda. Le religioni (parlo dello spirito religioso, non delle organizzazioni) restano intuitive, contemplative, hanno minori pretese, e cosi' si avvicinano con piu' profonda intelligenza alla realta' e alla verita'. Le filosofie producono maestri, le religioni testimoni. La gerarchia hegeliana tra religione e filosofia e', in realta', da invertire. La tecnica, poi, pensiero e potere sommo del nostro tempo, offre strumenti per la vita, ma non sa dire nulla sulla vita. Il suo pregio e' facilitare l'azione. Il suo pericolo e' dare occasioni alla volonta' di potenza, che e' il maggior nemico della vita e della sua dignita'. 3. LIBRI. OTTAVIO RAIMONDO PRESENTA "DALLA VIOLENZA ALLA PIENEZZA" [Ringraziamo padre Ottavio Raimondo, direttore della Emi - Editrice Missionaria Italiana (per contatti: via di Corticella 181, 40128 Bologna, tel. 051326027, fax 051327552, e-mail: sermis at emi.it, sito: www.emi.it) per questo intervento. Ottavio Raimondo, missionario comboniano, e' direttore della Emi, Editrice Missionaria Italiana, che ha pubblicato innumerevoli utilissimi libri] Il potere trasformante della nonviolenza attiva "Dalla violenza alla pienezza" e' un percorso di studio in dieci tappe e un programma d'azione che esplora la nonviolenza in quanto processo creativo, potente ed efficace per affrontare e risolvere i conflitti nelle nostre vite e nella vita del mondo. Basandosi sulle esperienze di Gesu', Gandhi, Martin Luther King, Shelley Douglass e molti altri, questo programma offre alle chiese, alle comunita' o ai gruppi un insieme di risorse per approfondire il percorso dalla paura alla liberta', dalla disperazione alla speranza, dalla violenza alla pienezza. * Affrontare la violenza Che ci piaccia o no, la maggior parte di noi e' iscritta a qualche scuola di violenza. Le lezioni non si limitano a un orario particolare, a un momento speciale della giornata. Nessuno ci chiede se le vogliamo frequentare. Non sono richieste pagelle, ne' una buona media di voti. La violenza si insegna ovunque, e' una scuola aperta a tutti. I nostri maestri sono i media, con il loro flusso di immagini e messaggi violenti, e i valori della nostra societa': il consumismo, l'individualismo cinico, il senso di superiorita'. A volte riceviamo lezioni extra in famiglia o nell'ambiente di lavoro. Partecipiamo a speciali seminari di studio quando il nostro paese entra in guerra o quando la violenza dilaga nelle strade. Consapevolmente o no, siamo continuamente istruiti nella logica e nella pratica della violenza psicologica, verbale, fisica o strutturale. Che cosa impariamo a questa scuola? Prima di tutto ci insegnano che il mondo e' un posto pericoloso e che gli esseri umani sono violenti per natura. Questo e' vero in particolare per i nostri nemici, che sono i piu' violenti, al di la' di ogni possibilita' di redenzione o cambiamento. Messi di fronte a questi crudi fatti, impariamo la seconda lezione: il solo modo di affrontare la violenza e' adattarvisi, fuggirla o usare violenza a nostra volta. La televisione, la famiglia, la politica del governo ci insegnano questi metodi, che poi mettiamo in pratica nella vita reale. Di fronte ad ogni conflitto ricorriamo a questi tre "copioni" scendendo a patti con la violenza, fuggendola, o tirando un pugno fisico o verbale. La grande illusione della violenza e' che risolvera' i nostri problemi una volta per tutte. Purtroppo, spesso i conflitti non finiscono quando si usa la violenza; generalmente continuano a covare sotto la cenere o ad aumentare. L'ultima e definitiva lezione della scuola della violenza e' che la violenza si nutre di se stessa e non puo' finire; c'e' sempre un resto di risentimento e d'ingiustizia. Qual e' la risposta della nostra societa' a questa spirale di violenza? Piu' violenza. Da questo punto di vista, essere umani significa diventare cronicamente sospettosi nei confronti di un mondo popolato di reali o potenziali nemici, nel quale la rabbia repressa e il male sono sempre in fermento. Il mondo puo' essere pericoloso, e certamente affrontiamo conflitti per tutta la vita. Ma siamo davvero condannati a un ciclo senza fine di ritorsione e sopraffazione? Le risposte tradizionali alla violenza spesso peggiorano le situazioni perche' non affrontano le cause profonde e perdono di vista l'interezza delle parti in conflitto. Quelle risposte sono fondamentalmente inaffidabili e inefficaci. E ci impediscono di vedere che cos'e' realmente la violenza: un comportamento emotivo, verbale o fisico che domina, sminuisce o distrugge noi stessi e gli altri. La violenza oltrepassa i confini senza chiedere permesso. La violenza sconvolge le relazioni autentiche. La violenza ci separa dagli altri. Cancella la persona e profana l'immagine di Dio. E' un processo di sottomissione economica, di genere, razziale, sociale o culturale. Per diventare veramente umani e adorare fedelmente il Dio-Amore bisogna superare questa violenza, trasformando gli schemi distruttivi in un sacro viaggio dalla paura alla liberta', dalla disperazione alla speranza, dalla violenza alla pienezza. * L'alternativa nonviolenta Gesu', Gandhi, Dorothy Day, Martin Luther King e molti altri hanno affermato con le loro vite un'alternativa al sistema della violenza. Hanno predicato e praticato la nonviolenza attiva come metodo per risolvere i conflitti in maniera veramente umana ed efficace, per diventare realmente umani e per essere fedeli al Dio nonviolento. Alla radice della violenza in noi stessi, negli altri, nella cultura, ci sono le nostre ferite. La nonviolenza attiva le guarda in faccia. Cio' significa individuare e, gradualmente, trasformare i nostri "copioni" personali e sociali che ci legano al guinzaglio della violenza. Ma la nonviolenza attiva scende ancora piu' in profondita': ci mette in contatto con la sacralita' che si nasconde al di sotto delle nostre ferite. Questa sacralita' e' la presenza di Dio che desidera la nostra pienezza. Li' vive il nostro vero io, li' riceviamo in dono la vera ricchezza, la nostra autenticita', la capacita' di compassione. E' questo il centro spirituale dove diveniamo piu' coscienti, ritroviamo l'equilibrio e recuperiamo la nostra umanita'. Guardando in faccia le nostre ferite e riconoscendo la nostra sacralita', la nonviolenza attiva ci prepara ad affrontare i conflitti nella nostra vita e nella vita del mondo, in modo da saper vedere le ferite e la sacralita' di coloro contro i quali lottiamo. Cosi' diventiamo capaci di: - uscire dai nostri abituali copioni e lasciare che il nostro vero io sia pienamente presente; - interrompere creativamente il circolo violento della ritorsione; - riconoscere e proteggere l'umanita' dei nostri avversari come la nostra; - individuare e lottare in modo nonviolento per raggiungere un accordo che rispetti entrambe le parti. * Dalla violenza alla pienezza: un manuale di nonviolenza attiva "Dalla violenza alla pienezza" e' un percorso di studio in dieci tappe e un programma d'azione che esplora la spiritualita' e la pratica della nonviolenza attiva. Realizzato dal Centro francescano per la nonviolenza "Pace e bene", questo programma offre un approfondimento teologico della nonviolenza e un insieme di tecniche utilizzabili nella vita di tutti i giorni. Chiese locali, assistenti religiosi di universita' americane, congregazioni cattoliche maschili e femminili, e i gruppi di Pax Christi degli Stati Uniti hanno utilizzato questo percorso. Attraverso esposizioni di casi, riflessioni per piccoli gruppi, brani biblici, letture, e la stesura di un diario della nonviolenza, i/le partecipanti imparano a usare la nonviolenza attiva nella loro vita. Il percorso mette in evidenza che: - la nonviolenza e' un atto di fede nel Dio di amore e giustizia; - gli esseri umani sono chiamati ad amare e ad essere amati; - la realta' e' relazione: siamo chiamati a trasformare tutto cio' che divide gli esseri umani da se stessi, dagli altri e dalla Terra; - la nonviolenza attiva e' una maniera efficace di interrompere la spirale ritorsiva della violenza e di creare alternative per un mondo piu' umano. * La struttura del percorso dalla violenza alla pienezza Ci sono molti modi per iniziare il cammino spirituale della trasformazione nonviolenta. Il programma "Dalla violenza alla pienezza" - dieci incontri di due ore ciascuno - viene offerto come quadro di riferimento per esplorare la spiritualita' e la pratica della nonviolenza attiva. Ciascun incontro generalmente include: - una preghiera o meditazione d'apertura (sono forniti esempi - voi potete formulare una vostra preghiera o meditazione); - riflessioni su questioni o esperienze personali che hanno suscitato la nostra attenzione dopo l'incontro precedente; - riflessioni per piccoli gruppi sulle nostre esperienze di vita; - discussione dell'argomento dell'incontro e relative letture; - un gioco di ruolo; - riflessione sulla lettura principale (che si trova sempre alla fine dell'incontro); - condivisione di brani dai "diari della nonviolenza" dei/delle partecipanti. Tenere un diario della nonviolenza e' un buon metodo per riflettere sui temi, sui ricordi e sulle domande che emergono durante il percorso. Si tratta di diari riservati, ma se le persone si sentono a loro agio nel gruppo le si puo' incoraggiare a condividerne dei brani. * Note per il facilitatore/la facilitatrice - Questo manuale fornisce al facilitatore/alla facilitatrice un programma consigliato per ciascun incontro di due ore. Ogni "capitolo" si apre con uno schema che presenta gli argomenti da trattare durante la riunione. Questa "scaletta" suggerisce i tempi per sviluppare ciascun punto; ma spesso gli argomenti suscitano molte discussioni e in tal caso vi invitiamo a modificare lo schema. In generale abbiamo fornito piu' materiali di quanti possano essere utilizzati in due ore. Cio' vi permette di scegliere tra varie possibilita' per realizzare gli schemi degli incontri. Inoltre, alla fine di quasi tutti i "capitoli" trovate dei materiali integrativi; potete usarne alcuni al posto dello schema standard o utilizzarli in incontri futuri se il gruppo desidera proseguire il percorso anche oltre la decima tappa. - Ciascun incontro include commenti, preghiere, esposizioni di casi e istruzioni per i/le partecipanti. Sentitevi liberi/e di utilizzarli nella forma in cui sono stampati o di riformularli con parole vostre; - Il facilitatore/la facilitatrice deve leggere e ripassare i materiali prima dell'incontro; - Chiedete ai/alle partecipanti di prepararsi all'incontro successivo leggendo tutti i relativi materiali: lo schema della sessione, i materiali supplementari, le letture; - In molti incontri vi serviranno cartelloni e pennarelli per scrivere le idee che emergono dalle discussioni del gruppo; - Questo libro e' concepito per permettere di condividere la facilitazione degli incontri. Se lo ritenete opportuno, incoraggiate i/le partecipanti a facilitare uno o piu' incontri; - Vi invitiamo a utilizzare musica durante gli incontri; - I/le partecipanti sono incoraggiati/e a guardare film e documentari sulla nonviolenza tra un incontro e l'altro; - Il gruppo che ha realizzato questo manuale e' disponibile a rispondere a tutte le domande riguardo alla facilitazione del programma. Contattateci in piena liberta' * Ringraziamenti Nel 1993 Ken Butigan ha realizzato un progetto pilota per il percorso Dalla violenza alla pienezza, scrivendo il programma originale. Nel 1994, Patricia Bruno, Op, e' entrata a far parte del progetto. Insieme hanno elaborato la forma e i contenuti delle parti del presente volume. Sulla base di questo processo creativo e interattivo, Ken ha scritto il libro, mentre Patricia ha contribuito alla sua redazione e revisione. Lei ha scelto anche quattro letture. Inoltre, Patricia ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione e promozione di questo libro, partecipando alla direzione del progetto per tre anni. Questo programma si ispira direttamente al pensiero e all'opera dell'intera comunita' del Centro francescano per la nonviolenza "Pace e bene", che include Alain Richard, Ofm, Rosemary Linch, Osf, Louis Vitale, Ofm, Michele Fischer, Sc, Mary Litell, Osf, Peter Ediger, Julia Occhiogrosso e Mary Morton. Gran parte della struttura e dei contenuti del percorso e' emersa da una serie di ritiri di sette giorni che "Pace e bene" organizza dal 1992. Ringraziamo in particolare Cynthia Okayama Dopke e Christine Wilcox per aver battuto a macchina il manoscritto. Infine, desideriamo ringraziare le donne e gli uomini che in gran numero si sono impegnate/i in tante iniziative di nonviolenza attiva. E' il loro esempio di fede, di amore e di impegno appassionato a sostenere il nostro esperimento in corso sulla via per diventare piu' profondamente umani. 4. DOCUMENTAZIONE. MASSIMO ORTALLI: LEGGERE L'ANARCHISMO (PARTE TERZA) [Dal sito di "A. rivista anarchica" (www.arivista.org) riprendiamo questa ampia bibliografia ragionata apparsa come inserto di "A. rivista anarchica", anno XXXV, n. 311 (7/2005), ottobre 2005, ma disponibile anche in edizione a stampa a se'. "A. rivista anarchica" e' una delle migliori riviste mensili di politica e cultura disponibili in Italia; esce regolarmente nove volte l'anno dal febbraio 1971; non esce nei mesi di gennaio, agosto e settembre; e' in vendita per abbonamento, in numerose librerie e presso centri sociali, circoli anarchici, botteghe, ecc.. E' possibile richiederne una copia/saggio. Per qualsiasi informazione, compresa la lista completa dei vari materiali prodotti dalla rivista (dossier "Gli anarchici contro il fascismo", letture di Bakunin, Kropotkin, Malatesta e Proudhon, volantoni della serie anti-globalizzazione, poster di Malatesta 1921, i nostri dossier, cd e dvd di/su Fabrizio De Andre', dossier su Franco Serantini, lista di oltre cento cd, mc, ecc. della "Musica per 'A'", ecc.) contattare la redazione per fax, e-mail o in segreteria telefonica. Una copia di "A" costa 3 euro, l'abbonamento annuo 30 euro, quello estero 40 euro, l'abbonamento sostenitore da 100 euro in su. Per contatti: Editrice A, cas. post. 17120, I - 20170 Milano, tel. (+39) 022896627, fax (+39) 0228001271, e-mail: arivista at tin.it, sito: www.arivista.org, conto corrente postale 12552204, conto corrente bancario n. 107397 presso Banca Popolare Etica, filiale di Milano (abi 05018, cab. 01600). Per effettuare un bonifico, le banche richiedono spesso le coordinate: quelle nazionali (BBAN) sono H 05018 01600 00000107397 e quelle internazionali (IBAN) sono IT10 H050 1801 6000 0000 0107 397. Massimo Ortalli (per contatti: massimo.ortalli at acantho.it), storico, saggista, studioso e militante del movimento libertario, e' impegnato nell'Archivio storico della Federazione anarchica italiana di Imola] Astensionismo e federalismo Astensionismo e federalismo sono temi quanto mai cari agli anarchici, ma il fatto che siano ormai profondamente sedimentati nel loro sentire spiega come mai in questi anni la nostra editoria se ne sia curata poco. Sull'astensionismo segnalo, di Massimo Varengo, Astensione. Arma rivoluzionaria contro governo e parlamento (Livorno, Sempre Avanti, 1994). L'autore, consapevole dell'importanza ricoperta dalla pratica astensionista, affronta, con competenza "militante", aspetti e conseguenze del rifiuto della delega, integrando il suo saggio con una ricca appendice documentaria. Sul federalismo segnalo una sorta di piccolo manuale ad opera di Gigi Di Lembo, Il federalismo libertario e anarchico in Italia dal Risorgimento alla seconda guerra mondiale (Livorno, Sempre Avanti, 1994). Per chi non avesse ancora chiara la differenza abissale che intercorre fra il federalismo escludente di bassa lega e quello ugualitario e solidale dell'anarchismo, figlio di Cattaneo e Pisacane, questa lettura si rende davvero indispensabile. Restando in tema di federalismo e Lega Nord, segnalo, di Maria Matteo, Marco Rossi e Cosimo Scarinzi, Le armi della Lega. Razzismo, xenofobia e populismo in Val Padana (Livorno, Sempre Avanti, 1998). Uscito quasi un decennio fa, il testo conserva ancora la sua attualita' per la chiarezza e l'efficacia con cui denuncia l'estremismo razzista dei "padani", sostanziale puntello di quel potere statale che questi beceri individui affermano, invece, di voler combattere. * Sindacalismo rivoluzionario E veniamo ora al sindacalismo, al mondo del lavoro e alla necessita' di costruire un'organizzazione orizzontale e non verticistica con i lavoratori piu' coscienti. Il movimento anarchico ha sempre marciato a fianco degli sfruttati, nella consapevolezza che l'eliminazione dello sfruttamento e' premessa indispensabile e necessaria per realizzare una societa' liberata. Ecco allora il significativo Il sindacalismo autogestionario. L'Usi dalle origini ad oggi, di Gianfranco Careri (Roma, Unione Sindacale Italiana, 1991), che ricostruisce la storia dell'Unione Sindacale Italiana, il sindacato anarchico autogestito che ha vissuto, soprattutto nel primo dopoguerra, una stagione di grandi lotte, consensi e successi. L'autore, per anni segretario generale di questo sindacato, ma anche militante di base, offre una rara testimonianza specifica su una delle organizzazioni piu' interessanti del panorama libertario. Di Maurizio Antonioli, il piu' competente storico dei movimenti sindacali, va ricordato Azione diretta e organizzazione operaia. Sindacalismo rivoluzionario e anarchismo tra la fine dell'Ottocento e il fascismo (Manduria, Lacaita, 1990), dove si affrontano gli intensi e continui rapporti intercorsi fra avanguardie sindacali e movimento anarchico, a smentita del vieto luogo comune sull'individualismo e sul presunto disinteresse degli anarchici per la lotta di classe e sindacale. Le edizioni Zero in Condotta hanno poi pubblicato i vecchi ma sempre interessanti articoli che Alibrando Giovannetti scriveva sul giornale americano "Il Proletario" negli anni Venti. Il sindacalismo rivoluzionario in Italia. L'azione diretta, le lotte e le conquiste proletarie (Milano, 2004) offre la puntigliosa ricostruzione degli avvenimenti legati alla "rivoluzione mancata" del primo dopoguerra, consentendo una riflessione quanto mai attuale sulle strategie di lotta dei movimenti sindacali e rivoluzionari. * Una scelta ecologista Anche nel campo ecologista e dello sviluppo urbano sostenibile, non mancano interessanti contributi, stimolati soprattutto dalla linea editoriale scelta da Eleuthera. Attenta a queste tematiche, l'editrice ha creato una vera e propria collana saggistica, con caratteristiche di alta qualita' scientifica e di facile fruibilita', anche per i non addetti ai lavori. Innanzitutto va segnalata la seconda edizione di uno dei "testi sacri" di Murray Bookchin, Democrazia diretta. Idee per un municipalismo libertario (Milano, Eleuthera, 2000), ispiratore di quel concetto di cittadinanza, intesa come "partecipazione attiva e diretta dei cittadini alla politica", che ha stimolato la riflessione e l'azione del movimento anarchico in questi ultimi anni. Di Franco Buncuga sono le Conversazioni con Giancarlo De Carlo. Architettura e liberta' (Milano, Eleuthera, 2000), la penetrante testimonianza lasciataci dal grande urbanista da poco scomparso, attento intellettuale libertario vicino al movimento nel secondo dopoguerra, che ha sempre improntato il suo lavoro alla realizzazione di progetti di forte impegno sociale. Colin Ward, in Acqua e comunita'. Crisi idrica e responsabilita' sociale (Milano, Eleuthera, 2003), affronta uno fra i problemi piu' drammatici del prossimo futuro, quello della conclamata scarsita' delle risorse idriche. Drammatico per le politiche di rapina e di sconsiderato sfruttamento praticate ovunque dai poteri che condizionano i destini del mondo, il problema potrebbe trovare risposte razionali e praticabili nelle semplici soluzioni prospettate dallo studioso anglosassone. Sempre a testimonianza dell'attenzione con la quale Eleuthera segue queste tematiche, e' stato pubblicato, nel 2003, La citta' imprevista. Il dissenso nell'uso dello spazio urbano, di Paolo Cottino, un giovane esperto di pianificazione del territorio, che contribuisce, con questo tassello, all'illustrazione di un'ipotesi di migliore vivibilita' quotidiana non utopistica ma realizzabile e supportata da esempi concreti. Della stessa casa editrice, Progettare per abitare (Milano, 2003), di Adriano Paolella, al quale si deve inoltre Abitare i luoghi (Pisa, Bfs, 2004). * Pedagogia libertaria "Lasciate che i bambini vengano a me" disse chi era consapevole del valore dell'educazione nella formazione delle coscienze degli adulti. Anche per bilanciare e contrastare gli strumenti educativi autoritari e coercitivi del potere, gli anarchici hanno posto particolare attenzione al problema educativo, cercando strade che portassero alla formazione di coscienze libere e consapevoli. Della grande ricchezza e varieta' delle esperienze pedagogiche promosse dagli anarchici, e dell'importanza che e' sempre stata attribuita all'insegnamento, inteso come formazione libera e libertaria del fanciullo, tratta Francesco Codello nel suo recente La buona educazione. Esperienze libertarie e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neill (Milano, Angeli, 2005): un ricco e documentato studio sulle esperienze educative che hanno visto all'opera pensatori e maestri libertari e che mostra i tentativi, a volte falliti ma sempre generosi e intelligenti, di sottrarre l'educazione dei giovani alla chiesa e allo stato. Dell'esperienza forse piu' famosa, anche per la drammatica sorte del suo promotore, tratta Giuliana Iurlano in Da Barcellona a Stelton. Ferrer e il Movimento delle Scuole Moderne in Spagna e negli Stati Uniti (Milano, M&B, 2000), un importante studio su Francisco Ferrer, sulla formulazione della sua teoria e della sua pratica pedagogica, profondamente innovativa rispetto ai tempi e caratterizzata da fortissime tensioni razionaliste e libertarie. Talmente libertarie da causare la morte per fucilazione del suo protagonista - fortemente voluta dai preti - nella Spagna del 1911. Di un altro grande pedagogista libertario scrive Sabrina Pulvirenti in Paul Robin (Catania, Coop. Univ. Editrice Catanese di Magistero, 1999), un testo interessante non solo perche' ricostruisce l'esistenza di un personaggio centrale nell'esperienza pedagogica libertaria, ma anche perche' e' l'unico pubblicato in Italia su questo personaggio vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento, molto noto e apprezzato in Francia. Eleuthera ha ricordato Lamberto Borghi, il piu' grande pedagogista italiano, pubblicando nel 2000 La citta' e la scuola, un'antologia di testi fondamentali usciti sulla rivista "Scuola e citta'" dai primi anni '50 fino agli anni '90, curata da Goffredo Fofi, a cui si deve anche la prefazione. Va poi segnalato, di Rino Ermini, Per una pedagogia libertaria (Livorno, Sempre Avanti, 1998), un breve studio sulla possibilita' di dare un senso libertario e di trasformazione radicale all'insegnamento, una proposta e un'ipotesi indirizzate al sensibile e attento mondo degli insegnanti e un invito a infondere contenuti rivoluzionari anche dietro l'apparenza della normalita'. Infine, di Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria (Milano, Eleuthera, 2004), nel quale l'autore offre una prospettiva di lettura delle idee-forza dell'educazione libertaria per come si sono espresse negli anni. Passando dalla teoria alla pratica, va segnalato Gli anarchici di Clivio e la Scuola moderna razionalista, a cura di Amerigo Sassi (Varese, Macchione, 1998), testo che ripercorre, anche con l'aiuto di numerose fotografie, la storia di una delle piu' originali esperienze pedagogiche messe in atto agli inizi del Novecento dagli anarchici: in questo caso, significativamente, nel bianco Varesotto. * Per una critica radicale Veniamo, ora, alla critica radicale della societa' e alla prospettiva di una trasformazione profonda, in grado di coniugare le tensioni utopistiche del pensiero libertario con prospettive oggettivamente praticabili. Curata da Salvo Vaccaro nel 1999, Eleuthera propone Il pianeta unico. Processi di globalizzazione, una raccolta di testi sul processo di globalizzazione apparentemente inarrestabile, rispetto al quale, pero', gli autori contrappongono l'idea che questo sia ancora in divenire e che, pertanto, sia possibile creare spazi alternativi e liberati. Sempre in contrapposizione all'idea che "questo" progresso sia ineluttabile, interviene piu' volte John Zerzan, sia con Ammazzare il tempo, sia con Futuro primitivo (Torino, Nautilus, 1995 e 2001). Si tratta di due testi esemplari di questo originale teorico del primitivismo, molto seguito negli Usa, che prospetta una societa' "altra", nella quale sia abolito lo scambio a favore del dono e del gioco, dove sia possibile emanciparsi dalla tecnocrazia, e dove la liberazione dallo sfruttamento coincida con l'esaltazione della creativita' degli individui. Sotto lo pseudonimo di Odoteo e Crisso, e' stato pubblicato Barbari. L'insorgenza disordinata (Pont St. Martin, NN, 2002). Gli autori, critici delle argomentazioni pseudo-rivoluzionarie oggi a' la page e attenti alle loro implicazioni, propongono questo efficace e irriverente ribaltamento libertario dell'ultimo best seller di Toni Negri, Impero, rilevando la sottile ambiguita' del teorico della "moltitudine" e l'altrettanto sottile esaltazione del capitalismo e del suo ruolo. Per finire citiamo, di David Goodway, Conversazioni con Colin Ward. Lo sguardo anarchico (Milano, Eleuthera, 2003), una sorta di libro-intervista nel quale l'autore, docente di storia sociale all'universita' di Leeds, evidenzia nell'anarchismo anglosassone di Colin Ward, insegnante, pubblicista e filosofo, la peculiare espressione dell'anarchismo pragmatico di un osservatore attento a cogliere "il seme dell'anarchia reale" nelle cose che vengono fatte e nel modo in cui vengono fatte. * Sebben che siamo donne Termino questo excursus sulle tematiche dell'anarchismo segnalando i testi usciti in quest'ultimo decennio, dedicati ad approfondire la conoscenza del ruolo femminile nel movimento libertario, sia come presenza militante sia come apporto di idee. Due sono le biografie al femminile uscite in questi anni. La prima e' di Emma Goldman, Vivendo la mia vita, di cui Zero in condotta ha pubblicato, nel 1993, il quarto e ultimo volume (dopo i tre usciti per La Salamandra negli anni Settanta). Da questa straordinaria autobiografia dell'anarchica russo-americana di origine ebraica esce un quadro suggestivo, non solo delle vicende dell'autrice, ma anche degli avvenimenti piu' importanti della prima meta' del Novecento dei quali "red Emma" fu protagonista. Rudolf Rocker e' autore di Zensl Elfinger Muehsam. Una libertaria in lotta contro i totalitarismi (Ragusa, La Fiaccola, 2002), in cui narra la drammatica parabola di vita di questa limpida militante libertaria, compagna di Erich Muehsam ucciso in un lager nazista, e lei stessa drammaticamente passata per i gulag sovietici, a dimostrazione di quanto sia stata irriducibile l'etica anarchica rispetto ai totalitarismi che insanguinarono il secolo passato. Spartaco ha poi pubblicato, di Mary Wollstonecraft, Tempo di rivoluzioni. Sui diritti degli uomini e delle donne (Santa Maria Capua Vetere, 2004), con una bella introduzione della Goldman sul pensiero di questa antesignana del femminismo, moglie di William Godwin e vissuta ai tempi della Rivoluzione francese. Di tutt'altro tenore, ma sempre legato alle tematiche femminili, e' il testo di Chiara Gazzola e Laura Siddi, Il desiderio, il controllo e l'eresia. Approcci critici alla bioetica (Ragusa, La Fiaccola, 2003). Scritto a quattro mani, ma frutto di un ricco dibattito tutto fra donne, svoltosi al XVIII meeting anticlericale, il saggio offre un'inedita e interessante possibilita' di confronto con quanto il pensiero anarchico puo' dire su problemi quali la bioetica, la fecondazione assistita e la sperimentazione dei farmaci su donne e bambini. * Al cinema Se, come visto, non sono poche le opere relative agli aspetti politici e militanti dell'anarchismo, altrettante sono quelle che fanno riferimento alle frequenti e felici "contaminazioni" con il mondo della cultura. E non c'e' alcun ambito artistico che non registri lavori interessanti e innovativi. Iniziando dal cinema, da segnalare sono soprattutto i lavori di Pino Bertelli, critico anticonformista dal forte afflato libertario. Luis Bunuel il fascino discreto dell'anarchia (Pisa, BFS, 1996) traccia un profilo della vita e dell'opera di questo grande regista spagnolo, tanto surrealista sul piano dell'estetica quanto sovversivo su quello dell'impegno politico; Cinema e anarchia. Nell'eta' della falsificazione e del conformismo sociale (1992-1998) (Ragusa, La Fiaccola, 1998) raccoglie una serie di scritti e recensioni apparsi su varie testate; e infine Glauber Rocha. Cinema in utopia. Dall'estetica della fame all'estetica della liberta' (Ragusa, La Fiaccola, 2002) e' un interessante lavoro sul regista brasiliano e sulla grande tradizione "innovativa" del Cinema Novo del paese sudamericano. Da citare, infine, Il cinema libera la testa. Elogio della ribellione nella macchina/cinema, di Fratel Luther Blissett (Ragusa, La Fiaccola, 2004). Arricchito dalla prefazione di Guy Debord e dall'introduzione di Raoul Vaneigem, e' un trattato sulla ribellione libertaria nella storia del cinema, con particolare attenzione alle opere di Vigo, Bunuel, Rocha, Truffaut e Pasolini. * Arti figurative Nel campo delle arti figurative, ricordo lo studio di Eva Civolani, La sovversione estetica. Arte e pensiero libertario tra Ottocento e Novecento (Milano, Eleuthera, 2000), dove sono messi in luce i numerosi e felici momenti di contatto tra le correnti artistiche piu' sovversive, dal dadaismo al simbolismo, dal futurismo al surrealismo, e la "forma piu' estrema di sovversione sociale", l'anarchismo. Curato sempre da Eva Civolani e da Antonietta Gabellini e' Mio caro Lucien. Lettere al figlio su arte e anarchia di Camille Pissarro (Milano, Eleuthera, 1998), che raccoglie la copiosa corrispondenza intercorsa fra il grande pittore impressionista e il figlio, ricca di riferimenti non solo ai problemi legati all'estetica pittorica, ma anche ai grandi temi politici e sociali a cui partecipo' Pissarro, come dimostra la collaborazione a numerose pubblicazioni libertarie e la splendida raccolta di disegni Turpitudes sociales. Ricco di spunti e' Baj Bakunin, Ascona. Atti del convegno 1996 (Lugano, La Baronata, 2000), testo che raccoglie gli atti di un convegno interessante e per tutti i gusti, che si tenne in Svizzera in occasione dell'inaugurazione dello "smonumento" a Bakunin, e si svolse nel solco della migliore tradizione patafisica di cui il pittore milanese era maestro. Ancora di Baj e Paul Virilio, Discorso sull'orrore dell'arte (Milano, Eleuthera, 2002), stimolante confronto e dialogo fra l'artista e l'urbanista francese, che vede i due interrogarsi reciprocamente sulla percezione dell'arte e dei luoghi che la ospitano e la espongono. Nel 2000, per le edizioni del Centro Internazionale della Grafica di Venezia, e' apparso un curioso opuscolo di Alberto Ciampi, Forma e forme. I colori dell'anarchia nelle pubblicazioni periodiche, dove l'autore, indagando sulle forme artistiche coniugate all'anarchia, analizza l'uso del colore, e i suoi significati non detti, nelle pubblicazioni anarchiche. Per finire con le arti figurative in senso lato, veniamo a un testo piu' propriamente militante, quello curato da Massimiliano Giorgi, Gli anarchici non archiviano (Carrara, Germinal, 2002). Si tratta del catalogo dei manifesti conservati presso il Circolo culturale anarchico di Carrara, molti dei quali stampati dalla Cooperativa Tipolitografica ed esposti nella mostra tenutasi nella citta' del marmo. Una cavalcata sorprendente e stimolante lungo trent'anni di comunicazione "gridata" dai muri italiani, che consente di cogliere con immediatezza i modi e i settori d'intervento degli anarchici. * A teatro In campo teatrale, cominciamo con Dal cabaret alle barricate (Milano, Eleuthera, 1999), un'antologia dei feroci testi satirici di Erich Muehsam, il geniale intellettuale ebreo tedesco impegnato nella lotta contro il totalitarismo nazista, torturato e ucciso in uno dei primi campi di concentramento tedeschi nei quali Hitler rinchiuse i suoi oppositori politici. Un testo sorprendente e coinvolgente, capace di attrarre il lettore per il suo irriverente anticonformismo. Venendo ai nostri giorni, ricordo, di Cristina Valenti, Intervista con Judith Malina. L'arte, l'anarchia, il Living Theatre (Milano, Eleuthera, 1995), la lunga e intensa conversazione fra la studiosa di teatro e una delle massime icone del teatro rivoluzionario del Novecento. Attraverso il dialogo fra le due donne, appassionato e ricco di momenti emozionanti, si ricompone la storia di una delle piu' importanti avventure artistiche e intellettuali del Novecento, quella del Living Theatre, sempre a cavallo fra la provocazione artistica e il forte impegno sociale e nonviolento. Non su, ma di Judith Malina, Love and politics (Roma, Stampa Alternativa, 1998), un Millelire curato da Cristina Valenti che raccoglie alcune delle piu' belle poesie della fondatrice, con Julian Beck, del mitico Living Theatre, tenacemente ispirate al progetto di costruzione della Bella Rivoluzione Anarchica Nonviolenta. Sul Living Theatre, da segnalare Quattro spettacoli del Living Theatre (Lecce, Manni, 2000), un testo bilingue che raccoglie gli ultimi lavori del regista e drammaturgo Hanon Reznikov, tra cui Il metodo zero e Anarchia. Si parla ancora di Living Theatre, ma anche di Gori, Brecht e Peter Brook, in Maschera e rivoluzione. Visioni di un teatro di ricerca, a cura di Fernando Mastropasqua (Pisa, Bfs, 1999), testo che ospita i saggi di vari studiosi interessati alle numerose esperienze "rivoluzionarie" espresse in campo teatrale. * Musica e canti Dal teatro alla musica, quella popolare e militante delle canzoni di lotta, e quella dei colti e sofisticati cantautori dalla impronta libertaria. Iniziamo con Il canto anarchico in Italia nell'Ottocento e nel Novecento di Santo Catanuto e Franco Schirone (Milano, Zero in condotta, 2001), frutto della tenace e lunga ricerca condotta dai due compagni della Federazione anarchica milanese, che vede raccolti, per la prima volta e in modo pressoche' completo, tutti i testi e quasi tutte le partiture delle canzoni, delle strofe, dei brani musicali della tradizione anarchica e libertaria, dalle origini ottocentesche fino a oggi. Ogni pezzo e' opportunamente accompagnato da un apparato documentario, mentre l'introduzione illustra metodi e finalita' della ricerca. Praticamente in sedicesimo, rispetto al precedente, e' il Nuovo canzoniere dei ribelli di Donato Landini (Livorno, Sempre avanti, 1996), un'antologia ragionata, anche dal punto di vista musicale, di alcuni dei testi piu' famosi della tradizione libertaria. Nel cuore della bestia. Storie personali nel mondo della musica bastarda (Milano, Zero in condotta, 1996) e' opera di un artista, Stefano Giaccone, e di un conoscitore della "musica bastarda" senza uguali, Marco Pandin, ai quali si deve un'intelligente raccolta dei materiali prodotti dal variegato e affollatissimo universo delle autoproduzioni, sempre vicino, per tematiche e comportamenti, a quello libertario. Dicevamo dei cantanti autori dalla spiccata sensibilita' libertaria. Su Fabrizio De Andre' segnalo, in questa bibliografia, solo De Andre' e Napoli. Storia d'amore e d'anarchia di Federico Vacalebre (Milano, Sperling & Kupfer, 2002) e Gli occhi della memoria di Romano Giuffrida (Milano, Eleuthera, 2002) perche', fra i tanti titoli usciti dopo la sua morte, evidenziano piu' di altri l'impronta fortemente libera e libertaria dell'ispirazione artistica del cantautore. Di Mauro Macario sono i saggi dedicati a Leo Ferre', l'arte della rivolta (Milano, Selene, 2003), un piacevole testo in cui si colgono l'amore e l'ammirazione per il grande poeta e chansonnier anarchico che ha composto alcune delle nostre canzoni-poesie piu' belle di questi decenni, e Il cantore dell'immaginario (Milano, Eleuthera 2000), che vede raccolte alcune delle sue opere piu' significative. (Parte terza - Segue) 5. LETTURE. GUSTAVO ZAGREBELSKY: IMPARARE LA DEMOCRAZIA Gustavo Zagrebelsky, Imparare la democrazia, Gruppo editoriale L'Espresso, suppl. a "La Repubblica", Roma 2005, pp. 224, euro 6,90. Con una introduzione di Eugenio Scalfari e una vastissima appendice (con estratti da opere di Aristofane, Gennaro Carillo, Erodoto, Cicerone, Charles-Louis de Montesquieu, Norberto Bobbio, Alexis de Tocqueville, Hannah Arendt, George Orwell, Bertolt Brecht oltre che dell'autore), un acuto, magistrale saggio dell'illustre giurista. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1111 dell'11 novembre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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