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La nonviolenza e' in cammino. 1077
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1077
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 8 Oct 2005 00:25:59 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1077 dell'8 ottobre 2005 Sommario di questo numero: 0. Una comunicazione di servizio 1. Joao Oneres Marchiori: Se vuoi la pace, costruisci la solidarieta'. Si' al referendum, si' al disarmo, si' alla vita 2. Elena Pulcini: Perche' si' 3. Gino Barsella: Si' 4. Vittorio Bellavite: Si' 5. Alessandro Ercoli: Si' 6. Monica Frassoni: Si' 7. Giorgio Giannini: Si' 8. Stefano Longagnani: Si' 9. Luigi Manconi: Si' 10. Claudia Fanti: Il 23 ottobre si' al disarmo, si' alla vita, si' all'umanita' 11. Maria G. Di Rienzo: Uno sciopero della fame nella prigione di Telmond 12. Ileana Montini: La politica del patriarcato 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 0. UNA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO Problemi al server della nostra mailing list hanno creato quanche difficolta' alla regolare e puntuale diffusione del notiziario in questi ultimi giorni. Ce ne scusiamo con chi ci legge. Naturalmente speriamo che le disfunzioni cessino al piu' presto. 1. LETTERE DAL BRASILE. JOAO ONERES MARCHIORI: SE VUOI LA PACE, COSTRUISCI LA SOLIDARIETA'. SI' AL REFERENDUM, SI' AL DISARMO, SI' ALLA VITA [Ringraziamo di tutto cuore monsignor Joao Oneres Marchiori (per contatti: domoneres at twc.com.br) per questa lettera. Monsignor Joao Oneres Marchiori e' vescovo di Lages, Santa Catarina, Brasile] Tutto il Brasile si sta mobilitando per partecipare al referendum che chiede: "Il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni deve essere proibito in Brasile?". Questo referendum sara' senza dubbio un evento storico per il Brasile e una novita' molto importante nella vita delle societa' democratiche. Un impegno cosi' importante per la vita delle persone e della societa' sara' deciso per mezzo della democrazia diretta. Ogni cittadino ed ogni cittadina saranno chiamati a manifestare la loro opinione. * Leggiamo nel Vangelo di Matteo: "Beati i costruttori di pace, perche' saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5, 9). E' necessario costruire la pace. Il popolo brasiliano ne ha coscienza poiche' soffre terribilmente a causa della violenza. Il Brasile detiene nel mondo il triste primato del piu' alto numero di persone uccise da armi da fuoco, come attesta l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ogni dieci uccisioni che si verificano in Brasile, otto sono provocate dall'uso di armi da fuoco. In Brasile vive solo il 2,8% della popolazione mondiale, ma l'8% degli omicidi commessi con armi da fuoco di tutto il pianeta avvengono qui. In Brasile si muore piu' per armi da fuoco che per incidenti stradali. Ogni anno in Brasile 38.000 persone vengono uccise da armi da fuoco: un numero di morti piu' elevato di quello dei paesi in cui sono in corso conflitti armati. Una media di una uccisione ogni dodici minuti. * Senza dubbio questi dati dimostrano quanto grandi siano le dimensioni del problema. Proprio per questo l'indizione di un referendum su questo argomento ha richiamato l'attenzione di molte persone, di istituzioni e soggetti collettivi, di varie organizzazioni della societa' civile. In Brasile esiste gia' uno Statuto per il disarmo, in vigore dal 23 dicembre 2003: esso intende esercitare un controllo sulla domanda, per limitare la ricerca di armi da parte delle persone; prevede un controllo sull'offerta, per limitare l'immissione di armi sul mercato; e un controllo sulla detenzione, mirando a diminuire la quantita' di armi a disposizione della popolazione. Naturalmente esiste anche una forte opposizione a questo referendum: vi e' infatti chi suggerisce di votare no alla proibizione del commercio delle armi. Sono molteplici gli argomenti addotti a tal fine: la necessita' delle armi per autodifesa e per la difesa dei patrimoni; il fatto che i criminali sono gia' armati; il bisogno di essere armati per farsi rispettare, eccetera. Ma io penso che se vogliamo costruire una societa' di pace, dobbiamo togliere le armi dalla circolazione, e questo aiutera' anche a disarmare i criminali. E' ovvio che il disarmo non bastera' a risolvere del tutto il problema della violenza e del crimine, ma sicuramente il disarmo aiutera' a far diminuire la violenza: il fatto che una persona sia senza armi e' sempre un ostacolo alla commissione di crimini. * Per questo siamo tutti invitati a votare si' il prossimo 23 ottobre. L'antico detto "se vuoi la pace, prepara la guerra" non vale piu'. Io direi piuttosto: "se vuoi la pace, costruisci la solidarieta'". * Vedo che il quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino" si e' unito a noi brasiliani per il si' al referendum. Questo ci da' forza e dimostra che siamo in cammino sulla giusta strada. Come brasiliano (discendente da un italiano, di Belvedere di Tezze) vi sono molto grato del vostro sostegno: la solidarieta' e' la nostra migliore difesa. 2. EDITORIALE. ELENA PULCINI: PERCHE' SI' [Ringraziamo Elena Pulcini (per contatti: e_pulcini at unifi.it) per questo intervento. Elena Pulcini e' docente di filosofia sociale all'Universita' di Firenze, acuta saggista, da anni riflette su decisivi temi morali e politici in dialogo con le esperienze piu' vive del pensiero delle donne, dei movimenti solleciti del bene comune per l'umanita' e la biosfera, e della ricerca filosofica, e specificamente assiologica, epistemologica e politica contemporanea. Tra le opere di Elena Pulcini: La famiglia al crepuscolo, Editori Riuniti, Roma 1987; Amour-passion e amore coniugale. Rousseau e l'origine di un conflitto moderno, Marsilio, Venezia 1990; con P. Messeri (a cura di), Immagini dell'impensabile. Ricerche interdisciplinari sulla guerra nucleare, Marietti, Genova 1991; L'individuo senza passioni, Bollati Boringhieri, Torino 2001; con Dimitri D'Andrea (a cura di), Filosofie della globalizzazione, Ets, Pisa 2001, 2003; Il potere di unire, Bollati Boringhieri, Torino 2003; con Mariapaola Fimiani, Vanna Gessa Kurotschka (a cura di), Umano, post-umano, Editori Riuniti, Roma 2004] Le ragioni per il si' al referendum sul commercio delle armi che si terra' in Brasile il prossimo 23 ottobre, sono tante e tante sono gia' state espresse nelle molteplici adesioni al si'. Condividendo la maggior parte delle cose dette e soprattutto lo spirito con cui spesso sono state dette, vorrei dunque solo aggiungere la mia testimonianza attraverso qualche breve riflessione. Indipendentemente dalla particolare situazione brasiliana, penso che questo referendum possa avere una efficace risonanza simbolica in quanto costringe a misurarsi con un problema che non e', purtroppo, solo "locale", confinato alla singola realta' nazionale, ma "globale", come lo sono oggi, per lo piu', tutti gli avvenimenti significativi. Siamo nel mondo globale infatti: vale a dire in un mondo caratterizzato dalla "interdipendenza degli eventi" in virtu' della quale qualcosa che accade in una parte di questo nostro pianeta, anche la piu' remota, puo' riguardare l'intera umanita' ed avere effetti sul suo destino; basti pensare ai cosiddetti "rischi globali" (dalla minaccia nucleare al global warming, dai virus letali al degrado ambientale, dal terrorismo alla guerra...) che rendono la nostra vita profondamente precaria e insicura, ponendoci di fronte, come un'unica umanita', a sfide inedite che spesso ci sentiamo incapaci di affrontare. Ma insieme a questo aspetto negativo, inquietante e produttore di paure, il mondo globale e interdipendente produce potenzialmente effetti positivi: come quello, per esempio in questo caso, di farci sentire partecipi di una realta', quale e' quella brasiliana, geograficamente lontana, ma simbolicamente molto vicina, e capace di evocare in noi reazioni ed immagini che vanno appunto al di la' del particolare evento locale... La prima immagine che imperiosamente si attiva nella mia mente quando penso alle armi e' appunto, e ovviamente, la guerra: il suo proliferare nelle varie parti del globo e soprattutto la sua escalation nella forma a dir poco preoccupante di "guerra preventiva": formula tristemente sloganistica dietro la quale si cela l'arroganza di un potere imperiale a caccia di risorse (petrolifere e non) in un mondo che si configura sempre piu' povero di risorse... Dire no alle armi significa dunque dire no alla guerra quale strumento di risoluzione delle sfide globali e dei conflitti. Ma c'e' anche un altro aspetto che mi preme sottolineare. Come vediamo anche in Occidente (si pensi a questo problema negli Stati Uniti), il possesso delle armi diventa ogni giorno di piu' un fatto "normale", legittimo, tanto da essere concesso anche alle giovani generazioni. Questo referendum e' dunque anche un'occasione per chiedersi cosa c'e' al fondo di questo fenomeno; il quale cela probabilmente un'ossessione per la sicurezza in un mondo divenuto appunto fortemente insicuro, e un delirio di potenza che supplisce a quella che potremmo chiamare una perdita di identita', prodotta dal consumismo e dall'imperialismo del mercato, dalla indifferenza e dalla disaffezione alla sfera pubblica, dalla crisi dei valori e dal deficit di solidarieta'... D'altra parte, puo' sembrare banale, ma e' bene ricordarlo, l'uso della violenza presuppone sempre identita' fragili, spaesate e prive di valori; e di conseguenza essenzialmente reattive e disponibili a proiezioni mitiche di se'. Ben venga dunque un evento locale/globale che ci spinge a riflettere su tutto questo. 3. 23 OTTOBRE. GINO BARSELLA: SI' [Ringraziamo Gino Barsella (per contatti: ginobrs at libero.it) per questo intervento. Gino Barsella, missionario comboniano, gia' direttore del mensile "Nigrizia" dal 1999 al 2002, coordinatore nazionale della Campagna "Sdebitarsi" per l'abolizione del debito dei paesi in via di sviluppo, e' una delle figure piu' note dell'impegno di solidarieta', per la pace, il disarmo, la nonviolenza] Il 23 ottobre in Brasile la gente sara' chiamata a decidere, tramite referendum, se vuole proibire il commercio delle armi nel paese. Un'opportunita' unica, per il popolo, di dire in che tipo di societa' vogliano vivere, un'opportunita' unica per appoggiare e valorizzare il referendum come strumento di partecipazione e decisione popolare. In Brasile le armi da fuoco uccidono piu' che gli incidenti stradali, l'aids o qualsiasi altra malattia o causa esterna: muoiono quasi quarantamila persone l'anno, una vera guerra civile! Nel paese esistono 18 milioni di armi da fuoco, di cui oltre 9 milioni non sono registrate, e sono la prima causa di morte dei giovani. Il governo Lula sta lavorando con impegno per combattere questa piaga. Nel dicembre del 2003 e' stato varato uno Statuto per il disarmo che rende piu' rigide e precise le norme sulla circolazione di armi, sulla vendita e sulle esportazioni... Nel luglio del 2004 e' stata lanciata una campagna per la consegna volontaria delle armi da fuoco, senza il dovere di dare alcuna spiegazione e in cambio di un rimborso fino a 300 reali. La campagna ha avuto un grande successo e, ad oggi, sono state riconsegnate oltre quattrocentomila armi. Nel referendum si confrontano due schieramenti. Il "Fronte per un Brasile senza armi" di cui fa parte anche il Partito dei lavoratori, il partito del rpesidente Lula, con i movimenti di base, le ong, le associazioni per la pace e i diritti dell'uomo: difendono l'immediato disarmo e la fine della vendita di armi e munizioni, perche' credono che non siano queste a garantire e creare giustizia, sicurezza e prosperita' nel paese. Il secondo schieramento e' il "Fronte parlamentare per il diritto alla legittima difesa", che raccoglie i consensi della destra e dei potentati economici delle armi, dei proprietari terrieri e dell'oligarchia politica che si oppone al presidente Lula. * Se vinceranno i si' ci saranno ripercussioni profondissime anche nel resto del mondo, in quanto una delle potenze economiche del pianeta avrebbe vietato il commercio delle armi proprio quando la dottrina dei "neocons" americani predica a gran voce la guerra preventiva e infinita. Sarebbe, simbolicamente come politicamente, un segnale molto forte ai governi e ai popoli della terra: un segnale che dimostrerebbe come, con la volonta' politica e la determinazione, si possano raggiungere risultati di grande rilevanza. E importantissimo sarebbe il fatto che una scelta cosi' innovativa, e in controtendenza rispetto all'Occidente, ancora una volta venga dal Sud del mondo. In Europa infatti, e ancor piu' in Italia, se ne parla poco. Nel nostro paese, ad esempio, e' stata invece annacquata una legge, la 185/90, che era quanto di meglio ci fosse in giro sulla regolamentazione del commercio delle armi, favorendo cosi' i grandi produttori di armi. Il messaggio e' stato chiarissimo: al Sud possono tentare di arginare la piaga quanto vogliono, ma noi capitalisti del Nord continuiamo a incrementare questo lucroso mercato che ci permette di proseguire il saccheggio e il controllo delle risorse del Sud. La partita percio' va ben oltre la sitazione brasiliana, ed e' importante anche per noi. Infatti, la vittoria del "si" potrebbe incoraggiare una nuova partenza di tutto il movimento che ha lottato per salvare la 185/90, ed essere uno stimolo perche' il controllo, se non ancora il divieto, della vendita delle armi abbia un posto piu' rilevante nell'agenda politica del centrosinistra. Ecco perche' e' importante sostenerla, in ogni modo. Difendendo il disarmo collaboriamo con tutti coloro che desiderano costruire una nuova cultura di pace, di dialogo e di rispetto dell'integrita' fisica e morale delle persone, in Brasile come ovunque. 4. 23 OTTOBRE. VITTORIO BELLAVITE: SI' [Ringraziamo Vittorio Bellavite (per contatti: vittorio.bellavite at fastwebnet.it) per questo intervento. Vittorio Bellavite, docente, coordinatore di "Noi Siamo Chiesa" a Milano, da molti anni una delle figure piu' vive del movimento dei cristiani per il socialismo e dell'esperienza delle comunita' di base, e' da sempre impegnato nei movimenti di pace e di solidarieta'] Un referendum di questo genere e' una novita' assoluta al mondo e non puo' che aprire il cuore alla speranza. Suppongo che i nostri fratelli ed amici che lo hanno promosso abbiano calcolato bene il rischio di una tale consultazione e siano abbastanza sicuri di vincerla e di vincerla bene (e' chiaro a tutti che una sconfitta in questo referendum farebbe tornare indietro di molto la situazione). Sono appena tornato dal Peru' dove la situazione di violenza mi dicono simile a quella del Brasile e della Colombia. Nel "conflitto armato interno" tra il 1980 e il 2000 (tra Sendero Luminoso da una parte e l'esercito e la polizia dall'altra) sono state uccise piu' di 69.000 persone. La cosa terribile e' che sono state tutte vittime di armi leggere; non ci sono stati infatti bombardamenti aerei o battaglie campali. Tutti morti in rappresaglie, stragi di contadini poveri e indifesi sulla Sierra. Continuo a pensare a come le cose sarebbero potute andare in modo diverso se non ci fossero state armi disseminate ovunque alla portata di tutti (bisogna tenere presente che in Peru' non ci furono interventi esterni per il rifornimento di armi come invece in altre situazioni, tipo il Vietnam). Speriamo intensamente. Faro' circolare l'informazione nel circuito di "Noi Siamo Chiesa". 5. 23 OTTOBRE. ALESSANDRO ERCOLI: SI' [Ringraziamo Alessandro Ercoli (per contatti: ercoliale at libero.it) per questo intervento. Alessandro Ercoli, fisico, insegna nei licei e presso l'Universita' di Viterbo; impegnato in molteplici esperienze di pace e di solidarieta', per molti anni e' stato responsabile della formazione degli obiettori di coscienza in servizio civile presso la Caritas di Viterbo; nei primi anni '90 ha partecipato all'esperienza nonviolenta di "Mir Sada"] Proibire il commercio di armi e' un primo grande, necessario passo verso una prassi pacifica e pacificata. Per questo e' auspicabile che al referendum in Brasile del 23 ottobre vincano i si'. Le ragioni di questo auspicio sono molte, e gran parte di queste sono gia' state scritte da illustri ed autorevoli interventi. Esistono d'altronde anche ragioni meno "politicamente" perseguibili. Mi spiego. Disarmare non significa solo togliere le armi o non commerciarle piu': significa anche e prioritariamente non produrle piu'. E' chiaro che proibirne il commercio e', come detto, un primo passo in questo senso, ma potrebbe anche non essere cosi'. In Brasile anche l'uso indiscriminato ed incontrollato di armi ha reso precaria, insicura e pericolosa la vita quotidiana, tanto piu' nei grandi agglomerati urbani, minando quel senso di sicurezza auspicabile per ogni civilta'. Ma la "sicurezza" puo' non significare necessariamente pacificazione, abbiamo esempi su scala planetaria dell'esatto contrario. Ecco, vorrei che il senso del refendum non fosse "soltanto" il recupero di questa sicurezza (pur necessaria e perseguibile con decisione visto che sono in gioco la vita e la morte degli esseri umani), ma che, se dovessero, come speriamo, vincere i si', si facesse un ulteriore passo verso la richiesta di proibire la produzione delle armi. E' l'esistenza dell'arma in se' che e' da eliminare. Si deve essere chiari ed intellettualmente onesti: l'arma e' costruita per offendere, per arrecare dolore ad altre persone, e questo e' gia' in linea di principio inconciliabile con una realizzata civilta' di pace. Non bisogna mai smettere di gridare lo scandalo di un uomo che impiega sforzi, energia, ricchezza, risorse e tempo per pensare, progettare e realizzare oggetti il cui unico scopo e' il dolore di un altro uomo. Mi piace credere che l'uomo disarmato sia una delle caratteristiche di quell'"uomo inedito" nato nella mente e nel cuore di Ernesto Balducci: e' vero che e' l'uomo che non e' ancora, ma e' anche l'uomo che puo' essere qualcosa di altro che, per il semplice fatto che non si sia manifestato, non significa che non esiste. Quindi si', spero che vincano i si', in modo netto e limpido. Sarebbe anche il segno di un popolo che intraprende una nuova strada, che sceglie, anche quando le condizioni di estrema miseria ed ingiustizia lo renderebbero quanto meno spiegabile, di non ricorerre piu' all'uso delle armi. Spero che proprio chi vive "nei sotterranei della storia" possa contribuire in modo decisivo alla vittoria dei si'. Sarebbe forse quel passo sperato da dom Helder Camara quando diceva che liberare i poveri significa innanzitutto liberarli dalla necessita' che hanno di usare la violenza. 6. 23 OTTOBRE. MONICA FRASSONI: SI' [Ringraziamo Monica Frassoni (per contatti: mfrassoni at europarl.eu.int) per questo intervento. Monica Frassoni, parlamentare europea, tra le figure piu' note dell'impegno ecologista, e' presidente del gruppo parlamentare dei Verdi al Parlamento europeo] Il prossimo 23 ottobre i brasiliani saranno chiamati a votare per un referendum unico nel suo genere ed il cui quesito consistera' semplicemente delle parole: "Il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni deve essere proibito in Brasile?". L'esito e' difficile da prevedere, tuttavia i sondaggi dicono che dal 60 all'80% delle persone voteranno un convinto si' al disarmo e alla vita. Se cio' si verifichera', per la prima volta nella storia gli interessi di una potente lobby di industrie armiere nazionali, appoggiate dalla National Rifle Association degli Usa, saranno sconfitti dalla volonta' di cittadini che per anni hanno fatto campagne per liberare le loro case, strade, scuole e luoghi pubblici dalla presenza delle armi, cittadini che non vogliono piu' che i loro figli rischino la vita ogni volta che mettono piede fuori casa. La legge che nascerebbe dal referendum vieterebbe l'uso delle armi, intervenendo in modo radicale nella vendita e riducendo l'enorme numero di armi da fuoco attualmente in circolazione. * In Brasile circolano quasi 17 milioni di armi da fuoco; ogni 15 minuti una persona muore per colpi d'arma da fuoco, per un totale di 39.000 morti l'anno. Muore piu' gente a causa delle armi che per incidenti stradali, e le ferite d'arma da fuoco sono la principale causa di morte per i giovani di eta' compresa tra i 15 ed i 24 anni. Come europei e come gruppo dei Verdi al Parlamento europeo seguiremo da vicino questa campagna referendaria e l'esito che essa avra', per dare tutto il nostro sostegno. Nell'Unione Europea la questione del controllo delle armi in circolazione forse non e' cosi' drammatica come altrove nel mondo, ma presenta aspetti problematici in alcuni paesi ai suoi confini. Nondimeno anche nei nostri paesi la lobby delle armi e' molto forte e tenta di impedire qualsiasi sforzo di ridurre i profitti legati alla vendita libera di armi nel mercato europeo ed in quello internazionale. Per questo al Parlamento europeo siamo in prima fila nella ricerca di un maggiore controllo sulla vendita delle armi. Raul Romeva, eurodeputato verde di Barcellona, e' il relatore sul Codice di condotta dell'Unione Europea per l'esportazione delle armi, che e' considerato uno degli strumenti legislativi piu' avanzati nel mondo per porre freno al traffico d'armi; tuttavia anche questo Codice puo' ancora essere migliorato di molto. Raul e' inoltre la persona che nel Parlamento europeo guida una campagna il cui scopo e' il risultato positivo della conferenza Onu di revisione del programma di controllo delle armi piccole e di quelle leggere. In quella conferenza si dovrebbero raggiungere accordi per la prevenzione di trasferimenti illegali di armi attraverso l'obbligo di registrazione per i mediatori e la marcatura delle armi, in modo da renderne sempre rintracciabile l'origine. Fino ad ora la questione del controllo delle armi private non fa ancora parte di questo programma Onu, ma con il sostegno dei brasiliani contiamo sul fatto di poter cambiare le cose. Last but not least, stiamo facendo campagna anche per un Trattato internazionale sul commercio delle armi di ogni tipo. 7. 23 OTTOBRE. GIORGIO GIANNINI: SI' [Ringraziamo Giorgio Giannini (per contatti: giannini2000 at libero.it) per questo intervento. Giorgio Giannini, nato a Roma nel 1949, docente di discipline giuridiche, storico della Resistenza e della nonviolenza, impegnato in vari centri studi e movimenti per la pace e i diritti umani. Opere di Giorgio Giannini: segnaliamo almeno L'obiezione di coscienza, Satyagraha, Torino 1985; L'obiezione di coscienza al servizio militare. Saggio storico-giuridico, Edizioni Dehoniane, Napoli 1987; (a cura di), La lotta nonarmata nella Resistenza, Centro Studi Difesa Civile, Roma 1993; (a cura di), La Resistenza nonarmata, Sinnos, Roma 1995; (a cura di), L'opposizione popolare al fascismo, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1996; Il giorno della memoria. Per non dimenticare, Edizioni Associate, Roma 2005] Naturalmente anch'io sono a favore del referendum in Brasile contro le armi leggere. Spero che ci sia un buon risultato, .peraltro il 23 ottobre e' anche il mio compleanno... 8. 23 OTTOBRE. STEFANO LONGAGNANI: SI' [Ringraziamo Stefano Longagnani (per contatti: longagnani at yahoo.it) per questo intervento. Stefano Longagnani, docente, e' impegnato nei movimenti di solidarieta', per la pace e la nonviolenza, nell'educazione alla pace e ai diritti umani, ed e' una delle persone piu' sagge e miti e generose che abbiamo avuto l'immensa fortuna di conoscere] Esprimo un si' convinto al referendum brasiliano contro il commercio di armi. Quando parlo ad amici e conoscenti del referendum indetto in Brasile per proibire il commercio delle armi, la prima domanda che mi viene fatta e: "E a noi che ci importa?". Gia', a noi che ci importa? Come ci puo' toccare? E' "solo" un segnale positivo, come scrivono autorevoli commentatori? E' "solo" un altro passo verso un mondo meno violento, dove i morti ammazzati saranno sempre meno? Certo, la risposta e' felicemente positiva ad ambedue le domande qui retoricamente poste. Ma manca, credo, ancora qualcosa. Mi ripeto:"Gia', a noi che ci importa? Come ci puo' toccare?". Tentare di rispondere a queste domande mi richiama alla mente un celebre eroe dei fumetti: l'uomo ragno, spider man. Questi, appena si accorge di avere poteri soprannaturali, pensa bene di guadagnarci sopra, vendendo se stesso negli spettacoli di lotta. Un criminale gli passa a fianco, e lui, pensando che non siano affari suoi, lo lascia fuggire via senza nemmeno tentare di fermarlo. Peter Parker (spider man) torna quindi a casa, dove trova lo zio in fin di vita, colpito a morte da un colpo esploso proprio dal criminale che poco prima ha lasciato fuggire voltandosi dall'altra parte. Certo la vita reale e' molto piu' complessa di questa apparentemente ingenua storiella. I nessi di causa-effetto sono tremendamente piu' intricati e meno trasparenti. Desolatamente non so proprio rispondere alla domanda su "come" ci tocchera' il referendum brasiliano. So pero' che in qualche modo ci tocchera', questo e' certo. "Da un grande potere, deriva una grande responsabilita'", ronza nella testa dell'uomo ragno dopo i fatti che vi ho raccontato. E nella nostra testa di ricchi e grassi cittadini dell'occidente, che ronza? 9. 23 OTTOBRE. LUIGI MANCONI: SI' [Ringraziamo Luigi Manconi (per contatti: diritti.civili at dsonline.it) per questo intervento. Luigi Manconi, sociologo, docente universitario, giornalista professionista, saggista, gia' senatore nella XII e XIII legislatura, gia' portavoce nazionale dei Verdi, presidente di "A buon diritto. Associazione per le liberta'", "Garante per i diritti dei detenuti" per il Comune di Roma, responsabile nazionale Diritti civili dei Ds, collaboratore di varie riviste e quotidiani. Tra le opere di Luigi Manconi: con Laura Balbo, I razzismi possibili, Feltrinelli, Milano 1990; con Laura Balbo, I razzismi reali, Feltrinelli, Milano 1992; con Laura Balbo, Razzismi. Un vocabolario, Feltrinelli, Milano 1993] Ritengo assai importante il referendum che si terra' in Brasile in materia di commercio delle armi da fuoco. Le "cifre crudeli" sulle conseguenze di quello che e' un vero e proprio libero mercato (un morto ogni 14 minuti, 550.000 negli ultimi dieci anni, di cui la meta' ha tra i 15 e i 24 anni) non possono lasciare spazio al dubbio. La vittoria del si' non contribuira' solo a disinnescare, almeno in parte, un'arma puntata contro gli stessi brasiliani (e i piu' poveri e deboli tra essi): la vittoria del si' potra' contribuire a diffondere un'idea di societa' e di rapporti sociali non governati dall'esercizio della violenza e dal potere della sopraffazione. 10. 23 OTTOBRE. CLAUDIA FANTI: IL 23 OTTOBRE SI' AL DISARMO, SI' ALLA VITA, SI' ALL'UMANITA' [Ringraziamo Claudia Fanti (per contatti: claudia at adista.it) per averci messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo che uscira' nel n. 69/2005 di "Adista". "Adista" e' una prestigiosa agenzia di notizie, documenti, rassegne, dossier su mondo cattolico e realta' religiose; per contatti: via Acciaioli 7, 00186 Roma, tel. 066868692 - 0668801924, fax: 066865898, sito: www.adista.it Claudia Fanti, redattrice di "Adista", e' impegnate in varie iniziative di pace e di solidarieta'] E' un appuntamento doppiamente speciale quello che, il 23 ottobre prossimo, vedra' la popolazione brasiliana esprimersi sulla proibizione del commercio delle armi da fuoco e delle munizioni: non e', infatti, solo il primo referendum popolare nella storia del Brasile (in un momento in cui, di fronte alla crisi politica seguita alle denunce di corruzione, l'esigenza di forme di democrazia diretta e' quanto mai acuta) ma anche il primo al mondo in assoluto ad offrire ai cittadini la possibilita' di mettere al bando le armi nel proprio paese. La consultazione popolare del 23 ottobre e' il punto di arrivo del processo iniziato con l'approvazione da parte della Camera federale dello Statuto del disarmo, entrato in vigore nel luglio del 2004, e con la contemporanea campagna per la consegna volontaria delle armi da fuoco in cambio di un indennizzo monetario: un'iniziativa che ha portato alla consegna, in poco piu' di un anno, di circa 450.000 armi e alla riduzione delle morti per arma da fuoco, in un anno, dell'8,2%. * Che il problema della criminalita' sia una piaga sociale gravissima, lo indicano in maniera chiara le statistiche: il Brasile e' il paese in cui si uccide di piu' con armi da fuoco, al ritmo di circa 40.000 persone all'anno (in massima parte poveri, giovani, neri e mulatti delle grandi periferie). Dei 17 milioni e mezzo di armi da fuoco che secondo le stime circolano nel paese, in massima parte di fabbricazione brasiliana, il 90% e' in mano ai privati e solo il 10% allo Stato: armi che vengono rubate (circa 11.000 ogni anno nel solo Stato di San Paolo), finendo cosi' nelle mani dei criminali; armi che, anche in mano a individui estranei ad attivita' criminali, trasformano banali e occasionali litigi in tragedie; armi che costituiscono molto piu' un rischio che una protezione per chi le porta con se', perche' nella maggior parte dei casi in cui un cittadino tenta di reagire con un'arma a un'aggressione il risultato e' tragico per la vittima. E non e' tutto: secondo uno studio realizzato negli Stati Uniti, la presenza in casa di un'arma da fuoco aumenta del 41% (del 272% per le donne) il rischio che qualcuno venga assassinato: quasi la meta' delle donne morte per arma da fuoco in Brasile sono state uccise con le armi di casa dai loro compagni. Non e', quello della criminalita', un problema che potra' risolversi solo con l'abolizione del commercio delle armi, ma, come sottolinea il sociologo Antonio Rangel Bandeira, la proibizione rappresenta un primo indispensabile passo, a cui aggiungerne poi altri come "l'umanizzazione del sistema carcerario, la democratizzazione del sistema giudiziario e la riforma della polizia". Anche secondo la Conferenza episcopale brasiliana, tra i maggiori sostenitori del si', "proibire il commercio e l'uso di armi e' un passo decisivo, sebbene non sufficiente. Siamo contrari - afferma in una nota - a qualunque tipo di violenza. Oltre a migliorare la sicurezza pubblica, e' indispensabile educare alla pace e alla difesa della vita, attraverso pratiche di nonviolenza attiva". * Malgrado i sondaggi indichino che piu' del 70% dei brasiliani si dice d'accordo con la proposta di abolizione del commercio delle armi da fuoco, il successo della consultazione e' pero' tutt'altro che scontato: a preoccupare i sostenitori del referendum e' tanto l'inerzia di una popolazione delusa dalla politica nazionale quanto l'esigua disponibilita' economica della campagna per il si', a fronte delle ben piu' significative risorse su cui possono contare le potenti lobby delle societa' produttrici di armi da fuoco e dei mercanti di armi, dietro slogan del tipo "Tu hai il diritto di difenderti" o "Non e' giusto che solo i banditi siano armati". * Al referendum del 23 ottobre guarda con interesse anche il movimento pacifista italiano, che sul tema delle armi vanta battaglie come l'obiezione alle spese militari, la campagna contro le mine, quella contro le banche armate, "Control arms" (la campagna di mobilitazione internazionale per il controllo del commercio di armi): una vittoria del si' in Brasile, sostiene, rappresenterebbe non solo un passo importante nella lotta contro il commercio internazionale delle armi, ma anche un modello di riferimento per un paese come l'Italia che figura al secondo posto al mondo nella produzione di armi leggere e che, come afferma Giuliano Pontara, uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, "produce da piu' di mezzo secolo, e vende sempre meglio, il tipo di pistola con cui fu assassinato Gandhi: una Beretta". * Tutte le informazioni sulla consultazione popolare del 23 ottobre possono essere lette, in portoghese, sul sito www.referendosim.com.br e su quello dell'agenzia brasiliana Adital (www.adital.com.br) (con i riferimenti per inviare un aiuto economico) e, in italiano, sui siti di Pax Christi, Peacelink, Rete di Lilliput e diversi altri. Una vera campagna di sostegno al referendum brasiliano e' portata avanti sul notiziario "La nonviolenza e' in cammino", il foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo, che all'evento dedica, da diverse settimane, notizie, approfondimenti, commenti ed appelli. 11. DIRITTI. MARIA G. DI RIENZO: UNO SCIOPERO DELLA FAME NELLA PRIGIONE DI TELMOND [Da "Azione nonviolenta" di luglio 2005 (sito: www.nonviolenti.org). Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] Era l'ora d'aria del 28 novembre 2004. Ma non era ancora trascorsa, quando le guardie ordinarono alle detenute palestinesi della prigione di Telmond di rientrare nelle loro celle. La loro rappresentante, Amna Mouna, lo disse alle guardie. Percio' fu pesantemente picchiata e trascinata in una "cella punitiva", una stanza priva di letto, riscaldamento e luce. Indignate, le altre detenute cominciarono ad urlare e a chiedere che la loro portavoce fosse immediatamente fatta uscire dall'isolamento. Le guardie carcerarie risposero con un brutale attacco in massa, armate di bastoni, e inondarono le prigioniere di acqua e gas. Tre di esse, Sana Amer, Suad Ghazal e Asma Hussain, riportarono fratture a gambe e braccia, mentre altre 13 donne furono condotte in isolamento. L'amministrazione carceraria non forni' alcun soccorso medico alle donne ferite, ne' lo forni' per la persona che aveva sofferto di piu', ovvero il piccolo Nor, nato in prigione da Manal Ghanem il 10 ottobre 2003. Dopo essere stato investito dai fiotti di acqua gelida e dal gas, Nor si e' seriamente ammalato. Ci furono altre misure repressive, che attendevano le donne al ritorno nelle loro celle: l'amministrazione carceraria aveva sospeso l'erogazione di elettricita' ed acqua, ed aveva confiscato le loro scorte personali di cibo e sigarette (cose che le donne avevano pagato all'amministrazione con il proprio denaro); inoltre, nel deliberato tentativo di rendere ancora piu' miserabile la loro situazione, i materassi e le coperte erano stati inzuppati d'acqua. Essendo inverno, le donne non avevano alcun modo di far asciugare i loro letti e furono costrette a servirsene cosi' com'erano, mentre la puzza dei gas impregnava corpi e oggetti. Le condizioni di vita nella prigione di Telmond non erano decenti neppure prima del "giro di vite" dell'amministrazione carceraria, con 86 detenute (di cui cinque minorenni) costrette ad affollare in cinque per volta celle disegnate per contenere al massimo due persone, ma l'attacco del 28 novembre spinse la totalita' delle donne ad un'azione nonviolenta di protesta contro i maltrattamenti, molto comune nelle prigioni di tutto il mondo: lo sciopero della fame. L'amministrazione carceraria venne a patti con le donne dopo tre giorni di protesta, il primo dicembre 2004, incalzata anche dal fatto che la notizia dello sciopero aveva raggiunto l'esterno tramite un'avvocata della sezione palestinese di Defense Children International. * Lo sciopero della fame e' un'azione allo stesso tempo potente, delicata e a volte controversa, che ha lo scopo di forzare gli oppositori a consultare la propria coscienza e il cui messaggio simbolico e': sono disposto/a a soffrire, e (qualora sia condotto ad oltranza) persino a rinunciare alla vita, purche' mi si ascolti, purche' questo problema venga alla luce, eccetera. Condotto collettivamente interessa di solito gruppi di ispirazione religiosa o comunita' chiuse (prigioni, caserme, collegi) per le quali e' anche una delle forme di azione piu' accessibili; condotto individualmente puo' essere collegato ad una campagna oppure configurarsi come un momento molto personale di riflessione e/o protesta. Lo sciopero della fame non va mai scelto con leggerezza, perche' il rischio della sua banalizzazione e' alto, soprattutto in Italia ove e' collegato nell'immaginario collettivo ad alcuni personaggi che ne hanno fatto un uso spesso scriteriato. Nel caso delle detenute di Telmond lo sciopero della fame era appunto una delle scelte ovvie a disposizione, ma la chiave del successo consiste' nel riuscire a proiettare la protesta all'esterno grazie all'intervento di Defense Children International: era difficile non solidarizzare con le prigioniere, qualunque fosse il motivo che le aveva portate in carcere, perche' le loro rivendicazioni consistevano nella richiesta di un trattamento piu' umano; come era difficile guardare l'immagine di un bimbo di un anno e sostenere che avesse in qualche modo "meritato" il trattamento ricevuto. 12. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: LA POLITICA DEL PATRIARCATO [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Ha recentemente pubblicato, con altri coautori, Il desiderio e l'identita' maschile e femminile. Un percorso di ricerca, Franco Angeli, Milano 2004. Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda. Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004] Domenica 16 ottobre ci sara' l'evento delle primarie del centro-sinistra, mentre a destra Berlusconi ribadisce che non le vuole perche' il candidato deve essere lui per autoinvestitura. Ma la distanza tra i due schieramenti, se misurata secondo un punto di vista altro rispetto alla politica tradizionalmente dominante, non e' poi cosi' grande. L'altro punto di vista potrebbe essere quello della misura del grado di patriarcato. Il risultato allora e' che entrambi gli schieramenti ne contengono tanto. Lidia Menapace, in un intervento al Forum delle donne del 16 luglio, ha detto che, grazie anche al rilancio fondamentalista delle tre religioni monoteiste, l'istituzione giuridica politica culturale storica del patriarcato dimostra una resistenza poca scalfita, alla fin fine, dal movimento femminista e dalla modernita' (occidentale). Appunto, basta fare riferimento all'evento delle primarie dove di fatto non c'e' una sola donna candidata. Secondo Lidia Menapace probabilmente le femministe stesse hanno sottovalutato la forza della tradizione e ora bisognerebbe chiedersi come mai il patriarcato si trovi bene nel capitalismo globalizzato, alimentandolo culturalmente. A dimostrazione del fatto che anche a sinistra non si va tanto piu' in la' delle (ipocrite) affermazioni di principio, cita un episodio recente relativo alla riunione sulle tesi per il congresso del partito della sinistra europea. La bozza "non contiene cenno sul femminismo, nemmeno la formula rituale 'e ci sono anche le donne'; niente, il puro niente". E racconta che a proposito delle primarie ha scritto e protestato (non solo lei, naturalmente) e chiesto che le candidature siano in coppia, un uomo e una donna: ottenendo come unica risposta "il silenzio piu' totale, accompagnato da atteggiamenti seccati addolorati stizziti, come se la nostra sola esistenza fosse fastidiosa". * Se questa e' la premessa, c'e' poco da aspettarsi per le candidature alle elezioni del prossimo anno: anche il centro-sinistra sara' responsabile di un'eventuale diminuzione delle donne parlamentari. E dato che l'Italia e' scesa a questo proposito tra gli ultimi paesi, anche sotto alcuni del cosiddetto terzo mondo, perche' attualmente non raggiunge la quota del 12%, sarebbe bene indirizzare le nostre riflessioni, almeno un po' di piu', in questa direzione. L'Italia e' uno dei paesi in cui lo stato sociale rispetto agli asili-nido, le scuole materne, le strutture per gli anziani, segna il passo. Al sud piu' ancora che nelle regioni del nord perche' la tradizione e' piu' forte e percio e' "naturale" che siano le mamme, le donne, a farsi carico della famiglia: dei figli piccoli o degli anziani. Ma perfino al nord una giovane donna puo' sentirsi dire, rimasta incinta, che dovrebbe rinunciare al lavoro per dedicarsi anima e corpo al figlio. * Neppure i verdi, votati a dare voce e importanza alla difesa dell'ambiente, sono stati capaci di dare spazio alle donne. In televisione e sui giornali ormai le donne dei partiti sono sparite. E quando qualcuna vi appare una tantum si adegua allo stile di comunicazione dominante, che consiste nell'esaltazione della propria posizione, attaccando la controparte comunque e sempre; come si dice: per partito preso. L'effetto su noi meri ascoltatori si manifesta in due modi: o ci si schiera tout court nell'identificazione totale con i propri personaggi (atteggiamento fideistico/affiiativo) o ci si interroga e si decide che non si riesce piu' ad avere idee chiare. Ormai l'arena della politica e' un luogo monosessuale, in cui gli uomini politici degli opposti schieramenti si eccitano a vicenda in una competizione narcisistica interminabile. Questo e' veramente un aspetto dell'ultimo patriarcato, che contiene un quid di violenza inaudita perche' e' di totale negazione dell'alterita' sessuale. Infatti, dice Lidia, si perde "una visione tridimensionale della realta'" in quanto bisognerebbe guardare con due punti di vista, altrimenti "si ha una visione piatta e insensata". Amen. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1077 dell'8 ottobre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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