[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 1076
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1076
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 7 Oct 2005 00:25:17 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1076 del 7 ottobre 2005 Sommario di questo numero: 1. Frei Betto: Si' al disarmo, si' alla vita 2. Maria Cecilia de Souza Minayo: Diciamo si' al referendum. Con un piccolo decalogo 3. Mauro Brilli: Si' 4. Pasquale Iannamorelli: Si' 5. Marcello Vigli: Si' 6. Ermanno Allegri: Un ringraziamento al Consiglio Provinciale di Viterbo 7. Nel giorno di Francesco d'Assisi una catena umana per la pace ha unito il Brasile 8. Elena Pulcini: Eta' globale, Io globale 9. Raniero La Valle: Un attentato alla Costituzione 10. Maria G. Di Rienzo: Un'azione mondiale per la giustizia climatica 11. Augusto Illuminati presenta "Il pensiero islamico contemporaneo" di Massimo Campanini 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. VOCI DAL BRASILE. FREI BETTO: SI' AL DISARMO, SI' ALLA VITA [Da padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) riceviamo e diffondiamo il seguente intervento di Frei Betto. Carlos Alberto Libanio Christo, noto col suo nome da religioso, Frei Betto, e' nato a Belo Horizonte, in Brasile, nel 1944. Impegnato nel movimento studentesco, entro' poi nell'ordine domenicano. Giornalista, teologo, scrittore, impegnato per i diritti umani, arrestato nel 1969 e detenuto in carcere per anni sotto la dittatura. E' una delle voci piu' note della teologia della liberazione e della chiesa popolare in America Latina. Opere di Frei Betto: Dai sotterranei della storia, Mondadori, Milano 1973; Novena di S. Domenico, Queriniana, Brescia 1974; Diario di Puebla, Queriniana, Brescia 1979; Lettere dalla prigione, Dehoniane, Bologna 1980; La preghiera nell'azione, Dehoniane, Bologna 1980; Il lievito nella massa, Emi, Bologna 1982; Battesimo di sangue, Emi, Bologna 1983; Allucinante suono di tuba, La Piccola, Celleno 1993. Cfr. inoltre Una scuola chiamata vita (con Paulo Freire), Emi, Bologna. Ha anche partecipato a molti volumi in collaborazione (tra cui ad esempio Complicita' o resistenza? La Chiesa in America Latina, Cittadella, Assisi 1976; Fede e perestroika, Cittadella, Assisi 1988; Cina, l'armonia dei contrari, Cittadella, Assisi 1989), e pubblicato libri-intervista come il noto volume Fidel Castro: la mia fede, Paoline, Cinisello Balsamo 1986] Esiste un organismo multilaterale chiamato Ocde (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che riunisce i 30 paesi ricchi. Per ogni dollaro destinato alla cooperazione, i trenta spendono 10 dollari per attivita' militari. Il dato e' del Rapporto sullo sviluppo umano, Onu, 2005. Nel 2000 sono stati spesi in armamenti 524 miliardi di dollari. Nel 2003 642 miliardi di dollari. Un aumento del 25%. E nel 2003 i 30 paesi hanno destinato alla collaborazione con i paesi piu' poveri solo 69 miliardi di dollari. Cioe' il 10% di quanto si e' investito in armi. Il caso degli Usa fa orrore, come direbbe mio nipote: l'1% del suo bilancio e' andato per gli aiuti internazionali e il 25% per attivita' belliche. Tutto l'aiuto che nel corso di un anno quei paesi danno per combattere l'aids rappresenta appena tre giorni di spese militari. Conviene ricordare che l'aids uccide circa tre milioni di persone all'anno. La fame, cinque milioni di bambini all'anno. Un genocidio. La stessa Onu predica bene ma razzola male. Nel 2005 sta spendendo per mantenere i suoi caschi blu nelle zone di conflitto piu' di quanto i paesi ricchi daranno in aiuti per l'Africa. * In Brasile il 23 ottobre votiamo per decidere se il commercio delle armi deve o no essere proibito nel paese. Votero' si' (opzione n. 2 nella scheda di voto). Un'inchiesta dell'Unesco, diffusa il 9 settembre, dimostra che nel 2004 il numero dei morti per armi da fuoco e' diminuito del 15,4% rispetto alle previsioni. Sono state risparmiate 5.563 vite. E questo grazie alla campagna per il disarmo del governo Lula. Tra il 2003 e il 2004, confrontando i numeri delle vittime delle armi da fuoco, c'e' stata una riduzione dell'8,2%. Sono state risparmiate 3.234 vite. E' un piccolo passo in avanti. Rispetto all'indice dei morti, e' quasi niente. L'anno scorso, le pallottole uscite dalle canne di revolver e fucili, pistole e mitragliatrici, hanno falciato 36.119 vite in Brasile. Se non ci fosse la campagna per il disarmo le persone assassinate sarebbero state circa 42.000. Grazie al fatto che molti hanno rinunciato alle loro armi, nella regione meridionale la riduzione dei morti per arma da fuoco nel 2004 e' stata' dell'ordine del 20,1%, la piu' rilevante del paese. Meno armi, meno morti. Votare si' nel referendum del 23 ottobre e' dire si' alla vita. L'argomento secondo cui anche col disarmo i malviventi continueranno ad essere armati come prima e' una sciocchezza e una menzogna. Meno commercio di armi, meno possibilita' di ottenerle. Oggi i malviventi agiscono spesso sotto l'effetto della droga. Quando vedono la vittima armata, sparano per uccidere. Le statistiche dimostrano che una vittima disarmata ha piu' possibilita' di sopravvivere di quella che porta con se' un'arma. Il paese piu' violento del mondo sono gli Usa. Piu' di due milioni di persone nelle prigioni. Cio' dimostra che la violenza non e' risultato della miseria, ma della mancanza di una cultura umanista. Chi impara a sentire piacere nell'uccidere pupazzi virtuali nei videogame sta bevendo il veleno bellicista. Una ricerca recente rivela che, negli Usa, 1,7 milioni di bambini vivono in una casa con armi. E un terzo degli adulti possiede revolver o qualche tipo di fucile in casa (www.pediatrics.org). Nel 2002, le armi da fuoco hanno fatto 1.400 vittime tra bambini e adolescenti, il 90% dei quali si trovavano in casa quando e' avvenuta la tragedia. Bush crede che la pace verra' come risultato dell'imposizione attraverso le armi. Il profeta Isaia indica il cammino contrario: la pace ci sara' solo come figlia della giustizia (32, 17). Una civilta' dell'amore non sara' mai una conquista di spiriti guerrieri. 2. VOCI DAL BRASILE: MARIA CECILIA DE SOUZA MINAYO: DICIAMO SI' AL REFERENDUM. CON UN PICCOLO DECALOGO [Dal sito www.referendosim.com.br riprendiamo il seguente intervento. Maria Cecilia de Souza Minayo, sociologa, direttrice di Claves-Ensp-Fiocruz, e' una ricercatrice della Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz)] Diciamo si' al referendum per la proibizione del commercio delle armi in Brasile. Lo Statuto del disarmo e' stato gia' approvato dal Congresso nazionale. Questa legge e' ampia e complessa, sicuramente valida, ed e' considerata avanzata dagli esperti in materia. Tuttavia i legislatori hanno ritenuto opportuno che si facesse un referendum su uno degli articoli dello Statuto: quello che proibisce il commercio delle armi da fuoco nel paese. * Ritengo che qualunque persona impegnata per il bene pubblico eanche specificamente per la salute pubblica concordi sulla necessita' di dire si' alla proibizione del commercio delle armi da fuoco in Brasile. Impegnarsi nella campagna per il si' e' oggi altrettanto importante che impegnarsi nelle campagne di vaccinazione, di promozione della salute e di prevenzione delle malattie. Non ci dimentichiamo che la violenza oggi nel nostro paese e' la seconda causa di mortalita' per l'intera popolazione, ed e' la prima causa per la fascia d'eta' tra i 5 e i 49 anni. Attualmente non e' possibile parlare degli omicidi in Brasile senza che emerga in tutta evidenza il ruolo fondamentale delle armi da fuoco nell'esecuzione delle uccisioni: questa possente e malvagia tecnologia alimenta uno dei maggiori mercati dell'economia globale. Le mappe della violenza in Brasile dimostrano una consistente crescita parallela degli omicidi e dell'uso delle armi da fuoco. Se anche fosse vero che le armi da fuoco di per se' non promuovono la violenza, esse sono comunque il mezzo piu' potente oggi disponibile in Brasile per provocare la morte di esseri umani, soprattutto giovani e adolescenti, rendendo il nostro paese uno dei primi nel mondo quanto a uccisioni. * I dati relativi alla decade degli anni '90 analizzati dapprima da Peres (2004) e successivamente da Souza e Lima (2004) evidenziano che circa il 60% degli assassinii commessi nelle aree urbane brasiliane sono stati commessi con armi da fuoco. Analogamente l'Organizzazione mondiale della sanita' (Who, 2001) ha stimato che 2,3 milioni di morti violente avvenute nel mondo nel 2000 erano state provocate da armi da fuoco: varie centinaia di migliaia come risultato di omicidi, suicidi e vittime di conflitti bellici. Analizzando i dati di 52 paesi ad alto reddito, l'Organizzazione mondiale della sanita' nel 2001 ha calcolato che circa 115.000 persone sono morte uccise da armi da fuoco ogni anno della decade degli anni '90. Di questi decessi, 79.000 (il 69%) erano per omicidio, e piu' dell'80% delle vittime erano uomini, principalmente nella fascia d'eta' giovane, tra i 15 e i 44 anni d'eta'. * Uno dei principali sofismi di coloro che sono favorevoli alle disponibilita' di armi nelle mani della popolazione civile, e conseguentemente sono contrari alla proibizione del commercio, e' che un'arma sarebbe una sicurezza e una difesa personale in una societa' affetta dalla violenza. Proibire al cittadino di comprare un'arma, per chi la pensa cosi', e' la stessa cosa che privarlo dell'unica ed ultima possibilita' di reagire agli orrori della violenza altrui, alla violenza sociale. ma questo argomento emotivo contrasta flagrantemente con quanto emerge da tutti gli studi svolti in varie aree da vari autori, soprattutto quelli dell'area della salute pubblica. Negli Stati Uniti, per esempio, varie ricerche del Cdc (Centro nazionale per il controllo delle malattie e degli infortuni) dimostrano che tenere un'arma da fuoco in casa aumenta di 43 volte la possibilita' che delle persone - compresi i familiari - siano uccise o ferite. Gli studi dimostrano che se non dispongono di armi, le persone si vedono costrette a discutere, argomentare, e anche quando si aggrediscono fisicamente in genere non arrivano a provocare la morte di qualcuno. * Un altro argomento usato molto frequentemente a favore della libera circolazione delle armi, e' che le persone perbene saranno danneggiate dalla proibizione del commercio di esse, poiche' aggressori e criminali continuerebbero comunque a procurarsele con mezzi illeciti, come hanno sempre fatto. Questa tesi e' vera solo in parte, ed in parte e' palesemente falsa e quindi ingannevole. E' chiaro che i criminali non vanno ad acquistare le armi in armeria, e continueranno quindi a rifornirsene attraverso il mercato illegale. Ma questo e' un fatto criminale di cui deve occuparsi la polizia e la magistratura penale. Se il criminale non consegna le armi, esse devono essere sequestrate dalle forze addette alla repressione del crimine. La verita' e' che le persone oneste non sono affatto danneggiate dall'approvazione dell'articolo della legge sul disarmo che prioibisce il commercio delle armi. Anche perche', purtroppo, piu' della meta' degli omicidi commessi con armi da fuoco non avvengono in seguito ad aggressioni da parte di criminali, accadono invece tra persone comuni, normali lavoratori, come forma di reazione esacerbata fino alla tragedia nel corso di conflitti interpersonali. Molta gente muore a causa della degenerazione di screzi tra conoscenti, liti tra vicini, controversie coniugali, e soprattutto dopo essersi ubriacata al bar, quando le persone perdono il controllo delle proprie emozioni e reazioni. Pertanto, diciamo si' alla proibizione del commercio delle armi. Diciamo si' alla vita. * Se occorressero altri argomenti per persuadere della giustezza del si' al disarmo i vicini e i colleghi, oltre gli argomenti gia' menzionati propongo quelli formulati dall'antropologo ed operatore sociale Rubens Cesar Fernandes (2004), segretario esecutivo del movimento "Viva Rio", personalmente ed istituzionalmente impegnato nel movimento per il disarmo, che ha esposto le ragioni del si' organizzandole in forma di decalogo: 1. le armi da fuoco minacciano le persone che ci sono vicine, trasformando banali conflitti in tragedie irreversibili; 2. le armi da fuoco favoriscono gli incidenti; 3. le armi da fuoco sono piu' efficaci per aggredire che per difendere, in quanto strumenti di violenza; 4. le armi da fuoco sfuggono al controllo delle persone, delle autorita' legittime e della societa'; 5. le armi da fuoco rendono la polizia prigioniera della loro logica; 6. le armi da fuoco trasformano adolescenti e giovani in pericolosi aggressori; 7. le armi da fuoco aumentano la gravita' dei problemi e delle lesioni nei conflitti; 8. le armi da fuoco non proteggono i cittadini; 9. le armi da fuoco sono strumenti nelle mani della criminalita' organizzata; 10. le armi da fuoco alimentano il traffico clandestino e illegale dei beni e dei prodotti nazionali ed internazionali. * Per concludere, credo che sia importante chiarire la portata della decisione di dire si'. E' chiaro che la proibizione del commercio delle armi, di per se', non e' sufficiente a mettere fine alla violenza, e noi potremmo restare frustrati se, proibito il mercato delle armi, nella pratica non ci sara' subito un cambiamento profondo. Le cause della violenza sono molte e complesse, profonde e radicate, ed occorre analizzarle in tutta la loro estensione e nelle loro interrelazioni. E' compito dello stato e dei cittadini impegnarsi per comprenderne le origini e per trovare le vie del suo superamento. Ma intanto agire per la proibizione del commercio delle armi e' una scelta possibile per tutti ed utile a tutti. Infatti l'uso delle armi ha l'effetto di provocare conflitti e di gestire i conflitti con la violenza vigliacca che costringe al silenzio le persone senza che possano esporre le loro ragioni. Le armi perpetuano la logica militarista e autoritaria nella risoluzione dei conflitti. Di piu': esse oscurano quei valori di solidarieta', di temperanza e di pazienza, le belle virtu' del popolo brasiliano, popolo consciuto qui e nel mondo intero per la sua capacita' di fondere ed armonizzare le differenze. * Dire si' alla proibizione del commercio delle armi e' naturalmente solo un primo passo nella costruzione della pace che vogliamo. La pace cui aspiriamo e' attiva e positiva. E' la pace di chi fa la storia del cambiamento con l'aumento dell'inclusione sociale e della creazione di opportunita' per tutti, e soprattutto per i giovani poveri, che sono le principali vittime di omicidi. E' la pace della costruzione di una societa' piu' giusta, che sia capace di sconfiggere la disperazione di quei brasiliani che pensano che verranno ascoltati solo se ricorrono alla forza delle armi; e' la pace crestituisce diritti, dignita' e speranza a tutti; la pace che contrasta e sconfigge la violenza; la pace delle iniziative che dimostrano che vale la pena di vivere in un paese in cui e' possibile far valere le proprie ragioni con la parola, con un gesto d'affetto, e con un fiore, piuttosto che con un'arma assassina. * Alcuni riferimenti bibliografici: - Fernandes, R. C. 2004. Dodici ragioni per proibire il commercio delle armi, in Rede Gandhi: desarmar para viver, Brasilia, Conasems. - Peres, M. F. T., 2004. Mortalidade por armas de fogo no Brasil, 1991-2000, Brasilia, Ministero della Salute, Who/Opas/Sas/Nev-Usp. - Souza, E. R. e Lima, M. L. 2004. Violenza interpersonale: omicidi e aggressioni, in: Rapporto brasiliano sulla violenza e la salute, Ms/Opas/Claves. - Who (World Health Organization: Organizzazione mondiale della sanita'), 2001. Small arms and global health: Injuries Violence Prevention Department, Non-communicable Diseases and Mental Health. Ginevra, Who. 3. 23 OTTOBRE. MAURO BRILLI: SI' [Ringraziamo Mauro Brilli (per contatti: mauro.brilli5 at tin.it) per questo intervento. Mauro Brilli, nato a Livorno nel 1941, dal 1977 a Viterbo, artista poliedrico, poeta, pittore e musicista, organizzatore ed animatore di eventi culturali, impegnato nel movimento per la deistituzionalizzazione e per i diritti umani di tutti gli emarginati dalla societa', e' uno storico protagonista delle lotte per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Opere di Mauro Brilli: alcuni suoi lavori sono nel sito www.maurobrilli.com] Partendo dal Brasile una goccia di sensata umanita' e presa di coscienza popolare con un referendum a favore del disarmo lancera' una luce di speranza al mondo intero, ancora incapace di ribellarsi al matrimonio distruttore "commercio armi-guerra". La vittoria di questo referendum avrebbe sicuramente un impatto mentale positivo per tutte quelle societa' non ancora completamente annientate dalla cultura della sopraffazione. 4. 23 OTTOBRE. PASQUALE IANNAMORELLI: SI' [Ringraziamo Pasquale Iannamorelli (per contatti: qualevita3 at tele2.it) per questo intervento. Pasquale Iannamorelli, costruttore di pace, amico della nonviolenza, una delle figure piu' rilevanti dei movimenti nonviolenti in Italia, e' infaticabile animatore del bel bimestrale di informazione e riflessione nonviolenta "Qualevita" e della insostituibile casa editrice omonima: strumenti di lavoro di grande utilita' ed esperienze da sostenere con convinzione (per informazioni e richieste: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora 086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito: www.peacelink.it/users/qualevita)] Ogni volta che si decide di non fabbricare o di distruggere un'arma, si dice un forte si' alla vita nel mondo. Se il governo di uno dei paesi impoveriti proprio dalle nostre cristiane e civili armi da fuoco nei secoli passati ma anche oggi, decide di sottoporre alla decisione popolare un tema cosi' cruciale, non possiamo fare altro che essere al fianco di tutti coloro che in questi giorni prima del 23 ottobre si battono perche' almeno in Brasile vinca la logica della vita e non quella della morte, perche' almeno per una volta il nome di Dio non venga pronunciato invano ma risuoni in tutta la sua autorita' di geloso custode dell'umanita'. Non uccidere, Egli ha piu' volte ripetuto a tutti gli uomini. Per rispettare questo comandamento non ci rimane che eliminare ogni tipo di arma dalla terra. Forza, fratelli e compagni brasiliani: date un esempio al mondo intero. Dopo di voi, anche altri popoli dovranno pronunciarsi e decidere. 5. 23 OTTOBRE. MARCELLO VIGLI: SI' [Ringraziamo Marcello Vigli (per contatti: marcvigl at tin.it) per questo intervento. Marcello Vigli, animatore del comitato "Scuola e Costituzione" e di tante iniziative per i diritti, di pace e di solidarieta', e' una delle piu' limpide figure della cultura democratica italiana] Il referendum brasiliano ha un grande valore perche' rappresenta indubbiamente una pesante denuncia delle responsabilita' dei fabbricanti di armi, veri mercanti di morte, e costituisce un esempio per il resto del mondo. Il giusto apprezzamento per questo obiettivo non deve indurre a trascurare il profondo significato che esso assume in un paese in cui la democrazia sta faticosamente affermandosi. Non solo contribuisce a sviluppare nei cittadini partecipazione e coscienza politica con la consapevole rinuncia alla "giustizia fai da te", alla quale guardano i fautori dell'autodifesa armata, ma li conferma nell'accettazione del principio, fondamentale in regime democratico, per il quale l'uso della forza e' riservata allo stato a garanzia della liberta' e dei diritti di tutti. E' il primo passo per promuovere la responsabilizzazione nel controllo di tale uso cioe' verso l'esercizio effettivo della sovranita' popolare. Indipendentemente quindi dagli esiti del referendum sulla reale diminuzione della circolazione delle armi, ovviamente auspicabile, la vittoria del si' rappresentera' la conferma che la democrazia, in Brasile e non solo, si costruisce dal basso e non puo' essere "esportata" con la violenza delle armi. 6. LETTERE DAL BRASILE. ERMANNO ALLEGRI: UN RINGRAZIAMENTO AL CONSIGLIO PROVINCIALE DI VITERBO [Ringraziamo padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) per averci messo a disposizione questa lettera. Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito" per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare: 8599692314, sito: www.adital.com.br ; "sacerdote bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario per coordinare da qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital" (Francesco Comina)] Cari amici, vorrei esprimere un ringraziamento particolare al Consiglio Provinciale di Viterbo per la solidarieta' espressa alla Campagna per il disarmo in Brasile. Veramente e' sempre piu' evidente che la causa della proibizione della vendita di armi non e' solo brasiliana, ma e' universale, perche' ha come obiettivo la difesa della vita e della persona umana. Spero che riusciremo a diffondere qualcosa di quello che si fa in Italia anche qui in Brasile. Un carissimo saluto. 7. 23 OTTOBRE. NEL GIORNO DI FRANCESCO D'ASSISI UNA CATENA UMANA PER LA PACE HA UNITO IL BRASILE [Da padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) riceviamo e diffondiamo il seguente articolo diffuso dall'agenzia stampa "Adital" da lui diretta] Alle ore 9 del 4 ottobre, giorno di San Francesco d'Assisi, si e' realizzata una "catena per la pace e per la vita" in tutto lo stato del Ceara', nel Nordest del Brasile. Senza lasciare il posto di lavoro, in qualsiasi luogo, ogni persona e' stata invitata a formare una catena con tutte le persone vicine per fare una manifestazione per la pace e per la vita. Cosi' e' avvenuto in decine di strade, piazze, scuole: musica, preghiere, dibattiti, abbracci, tutti atti che promuovono una cultura e una prassi di pace. "Fate del bene a una o piu' persone, ed ogni persona beneficiata fara' del bene a un'altra persona ancora. Questa e' una catena che crescera' con gli atti individuali e collettivi per la pace e per la vita, per il bene, per la morale, per la giustizia sociale, per i diritti umani, per la cittadinanza. E per il si' al disarmo", diceva il testo distribuito dai movimenti organizzatori dell'iniziativa. Molti gli incontri e le manifestazioni. * A Fortaleza, la capitale del Ceara', le attivita' della "catena per la pace" sono iniziate presto, nel Parco Rio Branco, a partire dalle 7, presenti circa 70 bambini e adolescenti in situazione di rischio, che partecipano al "Progetto Seminare" e frequentano la scuola comunale "Madre Teresa di Calcutta", oltre a un centinaio di adulti. Gli adolescenti hanno piantato e seminato un giardino che adesso si chiamera' "Giardino della pace". Questo ha risvegliato negli studenti presenti la consapevolezza dell'importanza della natura nella costruzione della pace. Ana Rebeca, studentessa impegnata nel Progetto, ha detto che le "e' piaciuto molto farlo (il Giardino) perche' e' stato utilizzato materiale riciclabile". Le persone presenti nel parco (che vi passeggiano o corrono abitualmente) sono state invitate a partecipare al momento comune per la pace con musiche, poesie e la preghiera di San Francesco. Il professore Pardal ha recitato versi del suo cordel (composizione popolare letteraria tipica del nordest) "Disarmo si' o no: questo e' il problema" che ha composto la sua opera a favore del si' al disarmo sia per convincimento personale, sia anche perche' "stimolato dal documento della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile". Secondo Pardal, il cordel e' uno strumento che permette di arrivare alle persone piu' facilmente. Il Movimento Pro-parco, che ha coordinato l'evento, e' sorto durante una camminata per la pace, realizzata all'inizio dell'anno dai cristiani del quartiere in cui si trova il parco. La camminata ha fatto nascere un gruppo coordinato oggi da dodici persone. Il gruppo ha gia' realizzato una parte del rimboschimento del Parco Rio Branco piantando 50 alberelli. Un altro luogo in cui la "catena per la pace" ha riunito centinaia di persone, e' stata la piazza Jose' de Alencar, nel centro della capitale. Li' la cantante Eliane Brasileiro e il comunicatore sociale Duda Quadros hanno realizzato un grande girotondo cantando la Preghiera per la pace di San Francesco. Erano presenti all'evento l'assessore comunale alla sanita' e funzionari del sistema sanitario di Fortaleza. Una grande striscia bianca copriva un lato di un edificio della piazza con la parola "pace". 8. RIFLESSIONE. ELENA PULCINI: ETA' GLOBALE, IO GLOBALE [Da Elena Pulcini, "L'Io globale: crisi del legame sociale e nuove forme di solidarieta'", in Dimitri D'Andrea, Elena Pulcini (a cura di), Filosofie della globalizzazione, Ets, Pisa 2001, 2003, p. 57. Elena Pulcini e' docente di filosofia sociale all'Universita' di Firenze, acuta saggista, da anni riflette su decisivi temi morali e politici in dialogo con le esperienze piu' vive del pensiero delle donne, dei movimenti solleciti del bene comune per l'umanita' e la biosfera, e della ricerca filosofica, e specificamente assiologica, epistemologica e politica contemporanea. Tra le opere di Elena Pulcini: La famiglia al crepuscolo, Editori Riuniti, Roma 1987; Amour-passion e amore coniugale. Rousseau e l'origine di un conflitto moderno, Marsilio, Venezia 1990; con P. Messeri (a cura di), Immagini dell'impensabile. Ricerche interdisciplinari sulla guerra nucleare, Marietti, Genova 1991; L'individuo senza passioni, Bollati Boringhieri, Torino 2001; con Dimitri D'Andrea (a cura di), Filosofie della globalizzazione, Ets, Pisa 2001, 2003; Il potere di unire, Bollati Boringhieri, Torino 2003; con Mariapaola Fimiani, Vanna Gessa Kurotschka (a cura di), Umano, post-umano, Editori Riuniti, Roma 2004] L'eta' globale, quale fase radicale dello sviluppo della modernita', condivide con quest'ultima una strutturale ambivalenza. In particolare, sul piano del legame sociale, essa appare caratterizzata da una doppia ambivalenza. In primo luogo, infatti, il processo di globalizzazione genera da un lato la crisi, e dall'altro il ricostituirsi del legame sociale in forme regressive e distruttive. Si assiste cioe' ad una sorta di nuova polarizzazione che vede da un lato l'emergere di un individualismo narcisistico (omologazione, indifferenza, perdita di comunita'), dall'altro il configurarsi di un comunitarismo tribale (ritorno delle comunita' in forme distruttive ed esclusive). In secondo luogo, l'eta' globale presenta tuttavia potenzialita' emancipative iscritte in prima istanza nella struttura antropologica degli individui. Essa contiene in altri termini un'inedita chance di legame sociale planetario tra individui accomunati, pur nelle loro irriducibili differenze, da una universale debolezza e da un uguale destino. A dispetto delle sue patologie, l'Io globale sembra essere guidato, in virtu' della propria debolezza, da un bisogno di comunita' che si deposita simbolicamente in nuove forme di reciprocita' (il dono), a partire dalle quali e' possibile ripensare la rinascita della solidarieta' tra individui appartenenti ad uno stesso genere umano. 9. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: UN ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE [Ringraziamo Raniero La Valle (per contatti: raniero.lavalle at tiscalinet.it) per averci messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo scritto il 3 ottobre che comparira' nella sua rubrica "Resistenza e pace" nel prossimo numero del quindicinale "Rocca", la bella rivista della Pro Civitate Christiana di Assisi. Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di Vasti - scuola di critica delle antropologie, presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003] La cosiddetta legge elettorale proposta dalla destra al potere non e' solo un attentato al centro-sinistra per fare della sua eventuale vittoria una vittoria mutilata, sottraendogli decine di seggi; e nemmeno il suo carattere iniquo consiste nel fatto che si sia voluto imporre il cambiamento delle regole del gioco all'ultimo minuto, quando ormai tutte le strategie per la durissima battaglia elettorale imminente erano state studiate e preparate in funzione delle vecchie regole. Queste due cose sono gravi, ma non tanto gravi da configurare un attacco alla Costituzione e alla Repubblica. Se si trattasse solo di questo, cioe' di un ritorno, sia pure fuori tempo massimo, dal maggioritario al proporzionale, per salvare il salvabile della destra in rotta, sarebbe un gioco duro, ma non fuori della democrazia, e anche i proporzionalisti della sinistra, pur di uscire dallo sconcio del sistema maggioritario, avrebbero potuto essere tentati di sostenerlo. Invece, come hanno fatto sapere dopo una loro assemblea a Roma, hanno respinto il progetto della destra "con sdegno". Perche' con sdegno? Perche' la legge, cosi' come e' stata proposta e, al momento in cui scriviamo, gia' approvata dalla prima commissione della Camera, e' in realta' lo strumento mediante il quale si puo' instaurare un regime (nel senso di fascista). Purtroppo ne' la stampa ne' le televisioni hanno rivelato i contenuti veri della legge, ne' essi sono stati denunciati dal centro-sinistra che, limitandosi alle due suddette critiche, sia pure furibonde, fa la figura di difendere solo i suoi interessi a breve. Cosi' ancora una volta l'opinione pubblica e' all'oscuro della vera posta in gioco. * La proposta elettorale della destra sovverte con legge ordinaria la Costituzione della Repubblica prima della riforma costituzionale in corso d'opera, e in modo ancora piu' radicale. Essa stabilisce prima di tutto che la maggioranza di governo sia fissata per legge in almeno 340 deputati alla Camera e 170 seggi al Senato (ben piu' della maggioranza assoluta) e che tale numero di parlamentari sia assegnato d'ufficio al singolo partito o alla coalizione di partiti che, con qualsiasi percentuale, abbia anche solo un voto in piu' di ogni altro partito o coalizione. Se questa norma fosse stata in vigore nei decenni della cosiddetta Prima Repubblica, la Democrazia Cristiana avrebbe avuto sempre 340 deputati e 170 senatori, non ci sarebbe stato bisogno della legge truffa, non ci sarebbero stati ne' il centrismo, ne' il centro-sinistra, ne' la solidarieta' nazionale... In nessuna democrazia del mondo, per quanto maggioritaria, c'e' una simile norma; e in Germania oggi non si discuterebbe di grande coalizione. In secondo luogo la legge stabilisce che ogni partito, sia che si presenti da solo sia che sia collegato ad altri in una coalizione, deve dichiarare il nome e il cognome del candidato alla presidenza del Consiglio. Percio' si stabilisce un obbligo verso di lui sia del Presidente della Repubblica, che perderebbe cosi' il suo potere di nomina secondo l'art. 92 della Costituzione, sia dei 340 deputati e 170 senatori, che avrebbero in tal modo un vincolo di mandato, contro l'art. 67 della stessa Costituzione; e Follini che dice a Berlusconi: "Io no", sarebbe un fuori-legge. In terzo luogo si stabilisce che ogni partito deve depositare il programma elettorale, e tutti i partiti che si collegano in una coalizione devono presentare lo stesso programma: il che vuol dire che ogni differenza tra i partiti collegati deve scomparire. Fini deve volere le stesse cose di Bossi, e Bertinotti le stesse di Mastella, e per prendere Pannella bisogna farsi tutti radicali ex-lege; e cosi' la proporzionale che dovrebbe servire a salvare le identita' si rovescerebbe nella piu' grande omologazione e mistificazione; e a giustificarla resterebbe solo la lotta di potere. In quarto luogo si stabilisce che, senza preferenze, gli eletti sarebbero designati in liste bloccate secondo l'ordine deciso dai capi-partito, per cui tutti i candidati si trasformerebbero in clienti, e i parlamentari in vassalli, e il Parlamento in una aggregazione di feudi con al vertice un principe, e a scendere un gruppo di baroni ciascuno con i suoi valvassori e valvassini. Nemmeno la legge Acerbo, ne' quella che permise ad Hitler di prendere il potere, erano cosi'. Ma questa sarebbe la legge costitutiva di quella che fu una Repubblica, se essa superasse, cosi' com'e', la prova parlamentare. Per fortuna non sara' cosi': perche' Ciampi non e' Facta, l'ultimo presidente del Consiglio dell'Italia prefascista, e percio' non potra' non rinviare la legge alle Camere, con messaggio motivato, per la violazione di un numero impressionante di articoli della vigente Costituzione. 10. INIZIATIVE. MARIA G. DI RIENZO: UN'AZIONE MONDIALE PER LA GIUSTIZIA CLIMATICA [Dal mensile "Azione nonviolenta" di giugno 2005 (sito: www.nonviolenti.org). Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005] "Clima per la vita, non per il profitto" e "Ratificate il protocollo di Kyoto ora" erano due dei grandi striscioni prodotti dagli attivisti australiani di "Friends of the Earth" (Amici della Terra), riuniti nel gruppo d'affinita' "Climate Justice" (Giustizia climatica). Il gruppo era particolarmente preoccupato a causa della posizione ostruzionista presentata dal proprio governo durante la settima Conferenza sul Clima tenutasi sotto l'egida dell'Onu a Marrakech, in Marocco. Alle 7,30 del mattino, a Melbourne, gli striscioni erano gia' ben visibili dalla torre del centro artistico della citta' e sulla facciata del palazzo federale; altri, disposti in modo da formare un'isola pedonale nel mezzo dell'intenso traffico di Swanston, sono stati il punto dal quale i manifestanti hanno distribuito migliaia di volantini agli automobilisti. Lungi dall'essere disturbati, molti automobilisti hanno manifestato concretamente il loro sostegno. A mezzogiorno il presidio si e' spostato davanti all'ufficio postale, e all'una alcuni attivisti sono entrati nella sede della multinazionale Hq St. Collins, per distribuire volantini e parlare con gli impiegati. Il materiale di "Climate Justice", di comune accordo con i lavoratori, e' stato affisso alle bacheche. La risposta degli impiegati all'inattesa visita e' stato cordiale, e molti hanno voluto discutere delle politiche della multinazionale, che costruisce e finanzia impianti a gas dall'alto impatto ambientale, e spesso inefficienti oltre che dannosi. Mentre gli attivisti lasciavano l'edificio, c'e' infatti stato un black-out, che ha sottolineato ironicamente come i piani energetici della Hq, che ha contratti con il governo australiano, siano assai deboli. Nel frattempo, in Corea, gli attivisti locali di "Friends of the Earth" criticavano similmente la posizione del proprio governo in materia ambientale. La loro azione si e' dispiegata durante piu' giorni, in cui il gruppo si e' impegnato in un'intensa campagna di informazione ("Information tour") che ha toccato, fra l'altro, la maggior parte delle universita' del paese. Il 7 novembre vi sono state cinque testimonianze simultanee davanti alle sedi delle istituzioni responsabili per la posizione del governo coreano a Marrakech: il ministero del commercio (che comprende industria ed energia), la Shell Corea, l'ambasciata statunitense, la Kcc, il palazzo del congresso. In fila per uno, gli attivisti hanno silenziosamente continuato a muoversi mostrando i loro cartelli di protesta. Il 9 novembre, in accordo con le linee guida della Giornata d'azione mondiale, si e' tenuto invece un corteo di massa a Seoul, che ha effettuato una notevole distribuzione di materiale informativo, ed e' terminato con canti, performance teatrali e danze. Gli "Amici della Terra" hanno organizzato eventi anche in altri paesi, europei e non, e tutti avevano la medesima chiave: l'informazione. * In Australia e Corea, riferendomi ai due esempi piu' riusciti della Giornata d'azione mondiale, i non attivisti potevano ovviamente conoscere, tramite i media tradizionali, le posizioni espresse dai loro governi (poco attente alla tutela ambientale e accondiscendenti verso gli interessi delle multinazionali del gas, del carbone e del petrolio): il 9 novembre 2004 hanno avuto modo di conoscere le conseguenze immediate e future di tali posizioni. Sebbene l'informazione non sia di per se' sufficiente a muovere le persone all'azione (e' necessario facilitare il processo) e' sempre il primo irrinunciabile passo di una campagna efficace. Cio' e' ancora piu' vero nella nostra epoca, che e' segnata da una grande circolazione di informazioni su cui spesso non e' possibile avere alcun riscontro o verifica, e che vengono per cosi' dire "macinate" durante il loro percorso (troppi stimoli, spesso contemporanei, tutti velocissimi: situazione che vanifica la tenuta della nostra attenzione e il tentativo di approfondimento e riflessione) o sensibilmente modificate a seconda del media di provenienza o diffusione. Inoltre, i mezzi tramite i quali le riceviamo non ci permettono di interagire, di esprimere i nostri pareri o di chiarire i nostri dubbi: non hanno un volto umano al quale possiamo rivolgerci. Gli "Amici della Terra" hanno messo a disposizione i propri volti, la disponibilita' alla relazione ed al confronto, e in questo modo, assieme ai dati, le informazioni hanno veicolato un giudizio positivo sugli attivisti e le attiviste. 11. LIBRI. AUGUSTO ILLUMINATI PRESENTA "IL PENSIERO ISLAMICO CONTEMPORANEO" DI MASSIMO CAMPANINI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 ottobre 2005. Augusto Illuminati, nato a Perugia nel 1937, e' docente di filosofia politica all'Universita' di Urbino; tra le sue molte opere segnaliamo particolarmente Sociologia e classi sociali, Einaudi, Torino 1967, 1977; Kant politico, La Nuova Italia, Firenze 1971; Lavoro e rivoluzione, Mazzotta, Milano 1974; Rousseau e la fondazione dei valori borghesi, Il Saggiatore, Milano 1977; Classi sociali e crisi capitalistica, Mazzotta, Milano 1977; Gli inganni di Sarastro, Einaudi, Torino 1980; La citta' e il desiderio, Manifestolibri, Roma 1992; Esercizi politici. Quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994. Massimo Campanini insegna nelle Universita' di Milano e Urbino, ha curato fondamentali edizioni di opere di alcuni dei piu' grandi pensatori islamici] Chi non si accontenti dei servizievoli "mattinali" del vicedirettore del "Corriere della sera" o degli scomposti improperi degli ex-straussiani devoti e degli ex-popperiani papisti trovera' molti elementi di informazione e riflessione in Il pensiero islamico contemporaneo di Massimo Campanini (Il Mulino, Bologna 2005, euro 10,50), che fa seguito a Islam e politica (il Mulino, Bologna 1999) e Introduzione alla filosofia islamica (Laterza, Roma-Bari 2004), nonche' a fondamentali edizioni critiche di classici quali Averroe', Avempace e al-Ghazali. Non a caso si parla di pensiero e pensatori e non di filosofia e filosofi islamici, perche' negli autori della grande tradizione medievale della falsafa e ancor piu' nei contemporanei la tematica strettamente speculativa e' accessoria e complementare a quelle teologiche, giuridiche e mistiche. E ovviamente all'ideologia politica. Non e' dunque possibile rintracciare - come forse era ancora possibile per Averroe' o Avicenna - un testo di metafisica pura o epistemologia che non siano contaminate con la storia vissuta e la religione, con l'impegno quasi ossessivo alla riforma interna, al confronto e alla riscossa contro il dominio coloniale e la sua proiezione ideologica "orientalista". Mentre sarebbe restrittivo scrivere un'introduzione alla filosofia cristiana contemporanea, e' del tutto naturale qualificare come islamici gli autori di cui Campanini si occupa, ben cogliendo il duplice aspetto per cui si rivelano tali: la tormentata revisione della propria eredita' e il confronto con l'altro, cioe' l'Occidente - che invece ignora placidamente qualsiasi influenza esterna, compresa quella fondativa medievale islamica, quando non si balocca con lo scontro di civilta'. Per i pensatori islamici si e' trattato "di pensare come l'altro nel metodo, ma pensare diverso dall'altro nel contenuto". Cio' che rende impossibile una loro neutralita' ideologica (per esempio, nei confronti del Corano), ma puo' trovare uno sbocco positivo, al momento assai contrastato, in una razionalita' plurale che ha il suo antecedente medievale nella teologia mu'tazilita. * Su queste premesse Campanini analizza le tendenze moderniste e riformiste (ma pur sempre nell'ottica della "islamizzazione della modernita'") fra '800 e '900, cosi' come si sviluppano caratteristicamente ai due poli indo-pakistano ed egiziano, con particolare rilievo a Muhammad Iqbal, Taha Husayn e Muhammad 'Abdu (discepolo del leader rivoluzionario sciita panislamico al-Afghani), per affrontare in seguito alcuni indirizzi sorti in evidente relazioni a correnti della filosofia occidentale, come la riflessione sulla condizione spirituale coloniale dell'algerino Malek Bennabi, il personalismo di impronta fenomenologica del marocchino 'Aziz Lahbabi e la dura critica allo gnosticismo latente nella tradizione araba di 'Abid al-Jabri, di cui e' nota la parola d'ordine del "ritorno ad Averroe'", con forti accenti razionalistici e laici. Operazione analoga compie Abdou Filali-Ansary, riprendendo un celebre libro (1925) di 'Abd al-Raziq, che traeva le conseguenze piu' drastiche dall'allora recente abolizione del califfato, sostenendo la netta separazione degli ambiti religioso e politico. Ma per Campanini il tentativo piu' interessante di rileggere il problema dell'eredita' (turath) e' quello dell'egiziano Hasan Hanafi, influenzato dalla fenomenologia, che si misura dialetticamente con l'occidentalismo, cioe' l'equivalente del nostro orientalismo, dell'altro. Scienza dell'emancipazione coloniale vs scienza del dominio coloniale, al fine di riacquisire la propria autocoscienza per pervenire a una fase in cui occidente e oriente possano interagire come soggetti culturali alla pari. Pur restando entro il limite idealistico di una riduzione della storia a storia delle idee, si potrebbe avvicinare tale concezione a quella gramsciana di ideologia e a un tentativo di conseguire un'egemonia criticando le idee dei popoli (occidentali) dominanti e spostando cosi' la bilancia del potere. Il primato della prassi trasformatrice sulla definizione teologica si mostra nella reinterpretazione dell'Unicita' di Dio (tawhid) come ideologia attiva di liberazione, assunzione di responsabilita' nella storia. * Dopo un capitolo dedicato alla filosofia piu' tradizionale, anzi proprio di impronta gnostica, i successivi sono consacrati alle tematiche piu' strettamente politiche e Campanini vi fa funzionare due elementi decisivi: la critica dell'immaginario islamico come utopia retrospettiva, cioe' credenza nel carattere increato (quindi immodificabile o non-interpretabile) del Corano e nostalgia per l'epoca dei primi Califfi "ben guidati", e per conseguenza la difficolta' a conseguire un approccio positivo con la storicita'. Cercano di sottrarsi a questi limiti alcuni studiosi, con diversi gradi di radicalita': in ambito sunnita dal piu' ortodosso pakistano Fazlur Rahman, che insiste sulla necessita' di uno studio endogeno e non esogeno del Libro sacro, tale da privilegiare il senso complessivo sui versetti isolati, all'egiziano Abu Zayd (noto per le accuse di apostasia, che lo hanno costretto a emigrare in Olanda), che considera il Corano un discorso (una struttura vivente che si confronta con la storia) e non un testo dogmaticamente fissato nella sua articolazione. In modi diversi assumono posizioni piu' radicali Muhammad Arkoun, che distingue un ristretto pensato tradizionale islamico da un piu' vasto impensato (laicita', storicita', sessualita'), la cui censura occlude lo sviluppo del pensiero, e che propone non solo lo studio scientifico del Corano ma addirittura mette in discussione la sacralita' della lingua araba, derivante dalla natura increata o dettata del testo, e il sudanese Mahmud Taha, socialista e vittima della repressione di Nimeiry nell'85, che si fonda invece proprio sul testo del Corano, rovesciando il metodo dell'abrogazione (per cui le parti redatte a Medina completano o annullano quelle anteriormente scritte alla Mecca) e sostenendo invece che le sure anteriori hanno un carattere morale universale, mentre le ultime sono storicamente condizionate e quindi non piu' vincolanti per il nostro tempo. * In ambito sciita va ricordato che lo stesso 'Ali Shari'ati, ispiratore teorico dell'insurrezione iraniana del 1979 (assassinato dalla polizia segreta dello Shah due anni prima) aveva negato la separazione fra religione e stato ed esaltato il martirio al fine di rendere individui e masse responsabili dell'instaurazione della felicita' e della giustizia, rifiutando qualsiasi compromesso, con accenti che ricordano curiosamente quelli della teologia della liberazione. 'Abdolkarim Soroushi, enfaticamente definito il Lutero dell'Islam, che aveva appoggiato la rivoluzione khomeinista, ma poi ne aveva preso le distanze finendo esiliato negli Usa, non solo riduce la religione al foro interiore del credente lasciando lo spazio esterno al diritto positivo (fiqh, elaborazione tutta umana dei principi della shari'a), ma l'abbandona alla libera scelta del credente e perfino del non credente. * In conclusione, una sezione dedicata al femminismo islamico, campo ancor piu' dei precedenti ignoto alla corrente pubblicistica politica. * In complesso si tratta di un testo insostituibile per comprendere le motivazioni di un mondo frastagliato, di cui il fondamentalismo (o radicalismo, come preferisce chiamarlo Campanini per evitare equivoci con la tradizione cristiana) e il terrorismo sono frange appariscenti ma non determinanti. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1076 del 7 ottobre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
- Prev by Date: Nonviolenza. Femminile plurale. 32
- Next by Date: La nonviolenza e' in cammino. 1077
- Previous by thread: Nonviolenza. Femminile plurale. 32
- Next by thread: La nonviolenza e' in cammino. 1077
- Indice: