La nonviolenza e' in cammino. 1075



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1075 del 6 ottobre 2005

Sommario di questo numero:
1. Il Consiglio Provinciale di Viterbo ha approvato all'unanimita' l'ordine
del giorno a sostegno della Campagna per il disarmo in Brasile
2. Daria Bonfietti: Si'
3. Elena Buccoliero: Si'
4. Pierluigi Consorti: Si'
5. Alfredo Galasso: Si'
6. Lilli Gruber: Si'
7. Un altro sondaggio dal Brasile: tre brasiliani su quattro dicono si'
8. Severino Vardacampi: Sull'utilita' e sul danno dei sondaggi. E ancora un
si' con tutti i sentimenti
9. Rossana Rossanda: Le donne, le guerre
10. Simonetta Fiori intervista Luisa Muraro
11. Domenico Jervolino: Un incontro a Lima
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. DISARMO. IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI VITERBO HA APPROVATO ALL'UNANIMITA'
L'ORDINE DEL GIORNO A SOSTEGNO DELLA CAMPAGNA PER IL DISARMO IN BRASILE

Nella seduta del 3 ottobre 2005 il Consiglio Provinciale di Viterbo ha
approvato all'unanimita' l'ordine del giorno a sostegno della Campagna per
il disarmo in Brasile.
Il testo adottato e' quello predisposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo e gia' pubblicato su questo foglio nei giorni scorsi.
Per quanto a nostra conoscenza, e' il primo pronunciamento ufficiale di un
organo istituzionale italiano a sostegno di questa grande iniziativa di
civilta' di cui il voto referendario del 23 ottobre costituisce il
coronamento.
Mentre ringraziamo l'intero Consiglio Provinciale di Viterbo, confidiamo che
questo atto sia di buon auspicio affinche' anche altre istituzioni approvino
analoghi documenti.

2. 23 OTTOBRE. DARIA BONFIETTI: SI'
[Ringraziamo Daria Bonfietti (per contatti: bonfietti_d at posta.senato.it) per
questo intervento. Daria Bonfietti, nata a Mantova nel 1945, residente a
Bologna, insegnante, presidente dell'associazione dei parenti delle vittime
della strage di Ustica, e' attualmente senatrice della Repubblica, e in
senato fa parte della terza Commissione permanente (Affari esteri,
emigrazione), della Commissione straordinaria per i diritti umani e della
Delegazione italiana presso l'Assemblea dell'Osce; della sua rilevante
attivita' legislativa segnaliamo particolarmente alcune proposte di legge di
cui e' prima firmataria: quella per l'"Assistenza psicologica e legale
urgente in favore delle vittime di gravi reati di violenza e dei loro
familiari"; quella per "Nuove norme per la limitazione del segreto di Stato
e modifiche al codice penale"; quella per l'"Estensione dei benefici di cui
alla legge 3 agosto 2004, n. 206, ai familiari delle vittime della strage di
Ustica, nonche' ai familiari e ai superstiti delle vittime della cosiddetta
banda della Uno bianca"]

Non conosco bene il contesto nel quale si inserisce il referendum
brasiliano, ma credo che ogni iniziativa di pace e di disarmo sia sempre da
considerare positivamente.
Le armi sono strumenti di morte.
Non solo, sono anche costi, e sono soprattutto risorse che vengono sottratte
a iniziative ben piu' ragionevoli, contro la fame e la poverta'.
Abbiamo denunciato in Italia il progressivo superamento-abbandono della
legge per il controllo delle armi, abbiano segnalato come negativo
l'incremento della produzione di nostre industrie in questo campo.
Salutiamo quindi positivamente un'iniziativa che invece vuole eliminare le
armi.

3. 23 OTTOBRE. ELENA BUCCOLIERO: SI'
[Ringraziamo Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it) per
questo intervento. Elena Buccoliero (Ferrara 1970) collabora ad "Azione
nonviolenta" e fa parte del comitato di coordinamento del Movimento
Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del Comune e dell'azienda Usl di
Ferrara dove si occupa di adolescenti con particolare attenzione al bullismo
e al consumo di sostanze, e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli
adulti; a Ferrara, insieme ad altri amici, anima la Scuola della
nonviolenza. E' autrice di diverse pubblicazioni, tra cui il recente (con
Marco Maggi), Bullismo, bullismi, Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio
profilo biobibliografico di Elena Buccoliero e' nel n. 836 di questo
notiziario]

Quando per la prima volta ho letto del referendum brasilano ho provato quasi
un senso di irrealta': un segnale da non trascurare. L'esistenza delle armi
e della violenza armata devono avere radici ben profonde dentro di noi se,
pur muovendomi verso l'amicizia con la nonviolenza, mi sembra stravagante
pensare che si possa "davvero" farne senza. Eppure il popolo brasiliano
decidera' davvero su questo e sara' una grande lezione per il mondo, direi
quasi "al di la' del risultato", per il semplice fatto che renderanno piu'
legittimo e praticabile chiedersi se le armi ci sono poi davvero cosi'
necessarie. Insomma, spezzare i fucili, collettivamente e con la legge,
sara' un'ipotesi un po' piu' vicina e forse, se i dati ci aiuteranno, anche
una realta' che potra' crescere.
Cosi' ho pensato che l'idea di Mao Valpiana - proporre ai partiti del
centrosinistra di impiegare una parte dei fondi raccolti per le primarie per
acquistare una pagina sui maggiori quotidiani nazionali, il 22 ottobre, e
far sapere del referendum brasiliano - e' davvero un'ottima idea ma non so
come si faccia, ne' se sia facile farsi ascoltare. Non ho nemmeno una grande
fiducia nel fatto che i politici siano meno ignoranti dei giornalisti
nazionali - certo potremmo essere noi ad informarli... come si puo' fare?
*
Mentre riflettevo che non conosco le strade per concretizzare "proprio
questo", mi e' venuto in mente di scrivere a Laura. Vi dico chi e'. Laura e'
una ragazza che sta svolgendo il servizio civile volontario presso il Comune
per cui lavoro, in un progetto intitolato "Ferrara citta' per la pace". Il
suo lavoro consiste principalmente nell'appoggiare gli operatori comunali
per: costruire eventi culturali sui temi della pace e della nonviolenza,
promuovere progetti di cooperazione decentrata e favorire iniziative di
educazione alla pace.
Ho scritto a Laura per:
- dirle che il referendum c'e' e proporle di informarsi sui "nostri" siti,
che meno male ci sono;
- scrivere un articolo su questo per un sito che il Comune di Ferrara
rivolge ai giovani, visitato ogni giorno da circa 1.400 persone (sperando
non siano tutti i giorni le stesse...);
- fotocopiare l'articolo o la scheda che preparera' e metterli a
disposizione di altri, cominciando dagli studenti universitari (Laura e' una
studentessa), in diversi punti della citta'.
I suggerimenti proseguono con l'idea di svolgere un sondaggio locale come
quello che Mao ha realizzato in proprio, parlando con le persone piu'
svariate, per informarle sul referendum (tanto si sa che alla domanda "Sai
che...?" tutti dicono di no... come potrebbe essere diversamente?, quindi
sara' un momento di minima informazione), chiedere loro cosa ne pensano e
magari, perche' no, proporre un articolo con i risultati del sondaggio ai
quotidiani cittadini che non darebbero una riga per parlare del Brasile
(troppo lontano) ma darebbero un occhio per un nuovo articolo che faccia
parlare tanti ferraresi, con l'idea che questi poi comprino il giornale per
leggersi.
Riferisco tutto questo, che non ha niente di straordinario, semplicemente
perche' in questo momento e' quello che io mi sentivo di fare su questa
faccenda - mettere su questa pista una ragazza in formazione con un servizio
civile "a tema", provare a darle una mano... - con ragioni anche egoistiche:
quietare il senso di impotenza -, e perche' credo che altri potrebbero
riprendere l'idea, affinarla, migliorarla, utilizzarla nelle loro citta',
farla girare magari attraverso questo notiziario.
*
P. S.: tra qualche giorno vi diro' che cosa ha risposto Laura. Chissa'...

4. 23 OTTOBRE. PIERLUIGI CONSORTI: SI'
[Ringraziamo Pierluigi Consorti (per contatti: consorti at ddp.unipi.it) per
questo intervento. Pierluigi Consorti e' presidente del Comitato consultivo
nazionale per la difesa civile non armata e nonviolenta, presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio nazionale per il servizio
civile; gia' obiettore di coscienza, e' docente presso il Dipartimento di
diritto pubblico dell'Universita' di Pisa, fa parte del Centro
interdisciplinare scienze per la pace, e' direttore del Master universitario
in "Gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi"
(www.pace.unipi.it/didattica/master), e' docente "garante" del corso di
laurea in Scienze per la pace dell'Universita' di Pisa, dove inoltre dirige
lo sportello per i diritti umani. Tra le opere recenti di Pierluigi
Consorti: L'avventura senza ritorno. Intervento e ingerenza umanitaria
nell'ordinamento giuridico e nel magistero pontificio, Edizioni Plus, Pisa
2002; Senza armi per la pace, Edizioni Plus, Pisa 2003]

Il referendum che si svolgera' il 23 ottobre in Brasile riveste una portata
storica,  almeno sotto due diversi punti di vista: vale a dire quello
relativo al Brasile in senso proprio, e quello di portata mondiale connesso
al valore testimoniale della consultazione.
Non sono un esperto di cose brasiliane: tuttavia come tutti posso apprezzare
l'importanza di un avvenimento politico che cerca di valorizzare in un
momento democratico la scelta di diminuire la violenza limitando l'uso della
forza armata. Si tratta di un'opportunita' eccezionale, e bisogna augurarci
che il Brasile sappia indicare una strada che anche altri Stati possano in
seguito intraprendere.
Questa speranza rafforza il valore testimoniale del referendum. Al di la'
dei dati tecnici, questo e' il lato che mi appassiona di piu', in quanto
consente di porre l'attenzione sulla possibilita' effettiva di raggiungere
alcuni degli obiettivi significativi proposti dal movimento nonviolento.
Infatti promuove, attraverso scelte che nascono dal basso e sono basate sul
confronto democratico, una societa' senza armi, che tuttavia prende in
carico la necessita' di affrontare i conflitti esistenti utilizzando
strumenti nonviolenti.
La societa' brasiliana conosce dinamiche sociali altamente conflittuali, che
peraltro appaiono sempre piu' frequenti, connesse a modelli di
prevaricazione sociale che affidano alla forza - delle armi, dell'economia,
del dominio - la soluzione dei conflitti. Che infatti non si risolvono, ma
si aggravano e diventano sempre piu' complessi.
Ed e' proprio sul timore di non venirne a capo che insistono gli avversari
del referendum. Il loro punto di forza insiste proprio su questa paura.
Secondo loro l'impossibilita' di acquistare legalmente le armi "metterebbe
in ancor maggiore difficolta' i cittadini onesti, che non potrebbero piu'
difendersi dai delinquenti" (che invece resterebbero armati). La paura
diventa l'arma della divisione sociale, una divisione che la societa' in
armi puo' solo accentuare, credendo erroneamente che l'uso della forza possa
dirimere i conflitti. Al contrario i conflitti, che certamente non possono
essere semplicemente cancellati, debbono essere gestiti in modo da
convincere piuttosto che "vincere". E le armi non servono per convincere, ma
per vincere.
Una vittoria del si' in Brasile potrebbe innescare dinamiche nuove, in grado
di restituire vitalita' all'impegno per la costruzione di un mondo diverso,
liberato dalle armi, che bandisca la violenza e lotti per la giustizia con
strumenti pacifici.

5. 23 OTTOBRE. ALFREDO GALASSO: SI'
[Ringraziamo Alfredo Galasso (per contatti: law.galasso at flashnet.it) per
questo intervento. Alfredo Galasso, nato a Palermo nel 1940, avvocato,
docente universitario, parlamentare, dal 1981 al 1986 membro del Consiglio
Superiore della Magistratura, rappresenta e difende i familiari delle
vittime in diversi processi, come il maxiprocesso contro la mafia, il
processo per la strage di Ustica, quello per l'incendio del Moby Prince; e'
tra le figure di riferimento della lotta contro la mafia, per la legalita' e
la democrazia. Opere di Alfredo Galasso: La mafia non esiste, Pironti,
Napoli 1988; Trenta anni di mafia, L'altritalia, Roma 1992; La mafia
politica, Baldini & Castoldi, Milano 1993]

Non saprei dire piu' di quello che e' stato scritto e ho letto sulle pagine
de "La nonviolenza e' in cammino". Penso che dovremmo provare a recitare e
far recitare nelle scuole, fra le giovani generazioni, il "Manifesto delle
vittime civili" di Nella Ginatempo pubblicato nel n. 1068 del 29 settembre.
Ho provato con i miei studenti e dalla risposta emozionata ho compreso che
dovremmo occuparci con insistenza e pazienza di parlare ai ragazzi e alle
ragazze a cui pochi o forse nessuno raccontano la realta' del mondo.
In una intervista alla Westdeutscher Rundfunk del 1986, Primo Levi si
chiedeva: "Cosa si deve, o forse non si deve raccontare alle generazioni
future?". E rispondeva: "Io penso che si debba raccontare tutto".
Il commercio delle armi arricchisce perche' uccide e uccide perche'
arricchisce. Illecitamente, se e' vero in tutti gli ordinamenti che ogni
contratto e' illecito quando e' contrario all'ordine pubblico e al buon
costume. C'e' qualche governante disposto a dire pubblicamente che il
commercio delle armi e' conforme all'ordine pubblico e al buon costume? Se
si', chiediamo che cosa intende per l'uno e per l'altro. O e' solo l'aborto
che uccide, ed e' contrario percio' al buon costume? Quanta insopportabile
ipocrisia e quanta timida rassegnazione c'e' in giro.
Il mio si' e' convinto, ma anche indignato.

6. 23 OTTOBRE. LILLI GRUBER: SI'
[Ringraziamo Lilli Gruber (per contatti: lgruber at europarl.eu.int) per questo
intervento. Lilli Gruber, gia' apprezzatissima giornalista televisiva, e'
attualmente parlamentare europea; nel 2003, durante i bombardamenti, era a
Baghdad sotto le bombe, con il popolo iracheno; nel parlamento europeo fa
parte sia della Commissione per le liberta' civili, la giustizia e gli
affari interni, sia della Commissione per gli affari esteri; e' presidente
della delegazione per le relazioni con gli Stati del Golfo, fa parte della
delegazione per le relazioni con l'Iran, e' vicepresidente dell'Intergruppo
stampa, comunicazione e liberta'. Opere di Lilli Gruber: L'altro Islam,
Rizzoli; I miei giorni a Bagdad, Rai Eri - Rizzoli; (con Paolo Borella),
Quei giorni a Berlino, Eri]

Proibire il commercio di armi da fuoco non potra' risolvere tutti i soprusi
nel mondo, ma e' un segno di civilta' e di amore che aiutera' ad evitarne
alcuni ed a fare del Brasile un modello per tanti altri paesi che si
definiscono civili.
Se fossi brasiliana voterei convintamente si'.

7. 23 OTTOBRE. UN ALTRO SONDAGGIO DAL BRASILE: TRE BRASILIANI SU QUATTRO
DICONO SI' AL DISARMO, ALLA VITA, ALL'UMANITA'
[Da padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) riceviamo e
diffondiamo il seguente articolo diffuso dall'agenzia stampa "Adital".
Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito"
per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare:
8599692314, sito: www.adital.com.br ; "sacerdote bolzanino da trent'anni in
Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e
ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br),
nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione
latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la
poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle
azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile
alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle
armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore
di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto
importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace
di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le
multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in
campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda
anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario
per coordinare da qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital"
(Francesco Comina)]

Un'inchiesta realizzata dall'Istituto Ipsos e diffusa dall'Agenzia di Stato
rivela che il 76% dei brasiliani sono favorevoli al disarmo. Quelli che sono
contrari alla proibizione della vendita di armi in Brasile costituiscono
invece il 21%; il rimanente 3% del campione sondato non ha espresso la
propria opinione.
L'inchiesta, realizzata tra il 25 e il 29 agosto, segnala altresi' che
l'intervento ritenuto dalla popolazione  brasiliana come il piu' importante
per eliminare la violenza sia la creazione di posti di lavoro. E ancora, che
i brasiliani considerano che le politiche sociali in generale siano le forme
piu' efficaci per combattere la criminalita'.
Per Denis Mitze, dell'Istituto Sou da Paz, di San Paolo, "naturalmente il
disarmo e' solo una misura (necessaria e fondamentale) all'interno di un
insieme di provvedimenti in favore della sicurezza. L'idea che la violenza
si possa risolvere con un tocco di bacchetta magica non e' certo nostra, ma
piuttosto di quelli che dicono che le armi sono la soluzione".
Secondo l'inchiesta, la persone tra i 16 e i 34 anni con educazione media
superiore completa o incompleta, appartenenti alle classi sociali
medio-basse e abitanti nelle regioni del Nordest e del Sud, sono la fascia
della popolazione piu' favorevole alla proibizione della commercializzazione
delle armi da fuoco in Brasile.

8. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: SULL'UTILITA' E SUL DANNO DEI SONDAGGI.
E ANCORA UN SI' CON TUTTI I SENTIMENTI
[Severino Vardacampi e' uno dei principali collaboratori di questo foglio]

Tutti i sondaggi che provengono dagli istituti demoscopici brasiliani ci
dicono che il 23 ottobre vincera' il si' al disarmo, e questo l'alma di
magno gaudio ci colma.
Ma sono sondaggi fatti su campioni assai ridotti, mi par di capire perlopiu'
di aree urbane fornite di servizi, immagino di persone contattate perlopiu'
telefonicamente, disposte a parlare con l'intervistatore, che non hanno
remore a dire la loro opinione. Non e' questa la condizione di molti, la
condizione dei piu'.
E quindi se i sondaggi servono a dare ai pessimisti l'impulso che occorre
loro per crederci in questo ben concreto miracolo, che il disarmo sia
possibile e che l'umanita' possa vincere qui e adesso contro i signori della
morte, contro il mercato della morte, contro le armi assassine, e possa
vincere con un si' alla vita e alla dignita' umana, ebbene, allora ben
vengano i sondaggi.
Ma se questi sondaggi cosi' favorevoli avessero l'effetto di persuaderci che
il piu' e' stato fatto, e si tratta ormai solo di attendere sotto il pero
che le frutta ci cadano mature in bocca, allora sciagura a noi.
*
Perche' la lotta entra solo ora nel vivo, e questa manciata di giorni che ci
separa dal 23 ottobre sara' decisiva per per informare, coscientizzare,
convincere piu' persone possibile di quell'immenso paese ad andare a votare,
con piena cognizione di causa, secondo scienza e coscienza: affinche' corale
e dirompente emerga dalle urne un si' all'umanita' che tutti ci salvi dalla
tremenda distretta in cui il mondo intero si trova.
E dunque a ciascuna e a ciascuno di noi il compito di fare qualcosa: molti
hanno ricordato in questi giorni il motto di Carlo Rosselli, si': oggi in
Brasile, domani in tutto il mondo, abolire il traffico delle armi, salvare
ogni vita umana. Sostenere la causa del si' nel referendum brasiliano e'
sostenere la causa dell'umanita' ovunque.
*
Rievocavamo con alcuni cari amici giorni fa in quel di Narni quella sublime
immagine di Giacomo Leopardi, dell'intera umanita' che si tiene per mano
come stretta in una sola catena, e solo cosi' ogni singolo individuo puo'
resistere al male e alla morte, al vento del nulla, perche' a tenerlo in
piedi, a tenerlo in vita, e' i'umanita' intera, fraterna e sororale.
Un'immagine analoga, ricordera' chi legge, e' anche in Cesar Vallejo, in cui
addirittura la solidarieta' universale ("Entonces todos los hombres de la
tierra...") riporta in vita anche chi era stato ucciso.
Cosi' oggi dobbiamo tutte e tutti sostenere le sorelle e i fratelli che in
Brasile stanno cercando di raggiungere ogni quartiere ed ogni villaggio,
ogni casa e ogni baracca, per portare questo messaggio grande, questa parola
buona: tu non uccidere, tu salva le vite.
Si', si puo' vincere, ma questo e' il momento dello sforzo piu' nitido e
piu' appassionato da parte di tutte e tutti.
*
Chiunque puo', informi parenti, amici, colleghi, associazioni, movimenti,
istituzioni, mass-media, e a tutte e tutti chieda un ascolto, un impegno, un
gesto.
Chiunque puo', interpelli i suoi interlocutori in Brasile par chiedere loro
un impegno per salvare anche le nostre vite.
Chiunque puo', aiuti anche materialmente le sorelle e i fratelli che in
Brasile hanno innalzato la bandiera dell'umanita' contro le armi assassine,
e stanno chiamando a questa grande lotta nonviolenta: che possa il 23
ottobre essere il primo giorno di festa per un'umanita' dolente di infinite
guerre, stragi, uccisioni. Possa essere il giorno in cui in un grande paese
un popolo dalla lunga tormentata storia possa far compiere all'umanita'
intera un passo avanti lungo il cammino della nonviolenza, che e' il cammino
dell'amore, della pace, della dignita'.
Solo nel disarmo e' la salvezza comune.
E si' all'umanita'.

9. RIFLESSIONE. ROSSANA ROSSANDA: LE DONNE, LE GUERRE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 ottobre 2005. Rossana Rossanda e' nata
a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente
del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il
Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive
della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi
quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti,
interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui
temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana
Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della
politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me.
Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con
Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma
1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione,
immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri,
Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della
testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e
politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e
interventi pubblicati in giornali e riviste]

Il pensiero femminile e la guerra, una discussione sul conflitto jugoslavo.
Stasera alle sedici, nella sala dell'Archivio di stato di Mantova, si
discutera' finalmente d'un libro, a mio avviso, raro e ingiustamente poco
segnalato: Le guerre cominciano a primavera. A cura di Maria Bacchi e
Melitta Richter (Rubettino 2003). Titolo piu' elusivo del sottotilo che lo
segue: Identita' e genere nel conflitto jugoslavo. Ne parleranno con le due
curatrici Lea Melandri e Tania Sekulic. Dico finalmente perche' e' uno dei
pochi lavori - per quel che conosco - che assieme a quelli di Rada Ivekovic
e alle riflessioni di Judith Butler, va oltre l'enunciazione del generale e
generico rifiuto femminile della guerra.
Che le donne siano contro la guerra e' diventato senso comune. Una loro
distanza e diversita' appartiene perfino a millenni di civilta'. E'
femminile il volto dolente e maledicente della donna che in guerra ha
perduto il suo uomo o suo figlio, e talvolta neppure lo portra' seppellire.
Ed e' assegnata alla donna la funzione che nelle guerre ha da svolgere,
curare i feriti e dire l'ultima parola ai morenti, quando non penetrare, a
scontro finito, sul campo di battaglia per raccogliere i morti.
Da millenni le donne sono state il risvolto, in qualche misura confortante,
della fatalita' delle guerre, sulle quali non le era dato di decidere mai.
Non decidono neanche oggi, neanche col finire di una esplicita interdizione
a prendere la parola. Cosi' Florence Nightingale, o anche Madre Coraggio
sono intrinseche alle culture piu' tradizionali di ogni paese. E lo e' anche
la donna che accoglie il prigioniero o il disperato o lo sconfitto
dell'altra parte quando bussa alla sua porta, la compassione e l'amore di
cui e' "per natura" portatrice superando le barriere della conflittualita'
degli uomini. E' il suo ruolo consolatorio, e una traccia ne e' ancora
presente, pur nella inabituale forza, nelle immagini di Cindy Sheehan che
assedia la Casa bianca o di Manuela Dviri, che contro venti e maree si batte
con altre israeliane e palestinesi per la pace e contro l'occupazione nei
territori in Medioriente: sono due madri orbate di un figlio che si levano
sull'inaccettabilita' della tragedia.
*
Ma da qualche tempo in qua nella parte del mondo dove le donne si sono prese
il diritto alla parola, molte di esse, anche se sollevate da private
perdite, hanno smesso di subire la guerra come un destino. Da quando hanno
rifiutato di pensare anche se stesse come un destino. Questo non va da se'.
Le voci che cercano di sfondare l'indifferenza appartengono al secolo
scorso, e fino agli anni '70 sono rimaste isolate, ancora nella seconda
guerra mondiale mogli e madri hanno accompagnato con lacrime e fierezza
mariti e figli che partivano per la trince, o le fidanzate hanno disprezzato
l'uomo che rifiutava l'uso della armi.
E' rimasta solitaria Virginia Woolf, quando ha rifiutato il contributo delle
tre ghinee allo sforzo britannico di prepararsi a una guerra, della quale
piu' di altre, essendo stata coinvolta negli affetti dalla guerra civile
spagnola, comprendeva i tremendi motivi. Tuttavia il ragionamento della
Woolf era piu' articolato di certe sue interpretazioni successive: perche'
dovremmo partecipare anche in modesta misura a una guerra che fa parte di
quelle ragioni e decisioni tutte maschili dalle quali la societa' ci
esclude? Ci hanno estraniato. E io, scrive Viginia Woolf, dichiaro questa
mia estraneita' negando ogni gesto che possa suonare un'accettazione.
L'estraneita' ha accompagnato anche l'elaborazione piu' recente della
differenza femminile, sia che sia stata attribuita a una ontologia o un
essenzialismo, sia che sia stata riportata, in un registro non metafisico,
alla diversita' della costituzione psichica fra i sessi prodotta da millenni
di una divisione sociale dei ruoli fondata sul principio di invidia e di
potere che segna tuttora i rapporti sociali. La donna, se appena si vede con
occhi propri, si scoprirebbe fondamentalmente estranea a questi principi di
conflittualita', cosi' introiettati da segnare come un'ambivalenza tutti e
due i sessi e, temibile mimesi o eredita', gli stessi rapporti omosessuali.
*
E' un'estraneita' tutta ovvia e innocente? Non credo.
Essa induce o alla comunita' dello Scamandro di Christa Wolf, o a un mondo
separato di relazioni femminili che, anche ad ammettere che sia privo di
devastanti relazioni conflittuali perche' si arresterebbe almeno alla soglia
dei corpi viventi, sembra a me, per dirla in modo provocatorio, simile al
noto "Fermate il mondo, voglio scendere", che non solo e' fuori dalla
possibilita', ma implica una fondamentale innocenza delle donne del modo in
cui il mondo va come va, innocenza che siamo molto lontane dall'avere. E
soprattutto, per quanto riguarda il tema di cui si discute stasera, e dal
quale parte questa riflessione, arrestandosi al gesto finale omicida che
renderebbe la guerra non un evento ma una permanenza metastorica se non
proprio naturale, inducendo a considerare ogni guerra simile all'altra,
rendendo inspiegabili o poco interessanti le specificita' che ne sono le
cause o gli sviluppi.
E' forse inevitabile che il pensiero femminile insista sulle origini, quelle
che oggi soltanto gli si chiariscono, ma questo lo induce a una poverta' di
analisi e di conseguenza - mi si perdoni l'ingenerosita' - riduce la
capacita' di intervenire contro e prima delle guerre. Se una guerra e'
identica all'altra, riproduce eternamente lo stesso gesto mortale, e
introiettato dagli uomini, che protrebbero fare le donne? Ma il "che posso
fare..." significa tirarsene fuori. Poche pensatrici evitano questo scoglio
e, fra quelle che conosco, Judith Butler e Rada Ivekovic. Mi ha colpito il
libro della Bacchi e della Richter perche' di questo discute.
*
Nella guerra sono sempre due nazioni, piu' o meno simboliche, che si
scontrano. Il noto discorso di Samuel Huntington sull'impossibile convivenza
di diverse civilta' e' assai semplificatorio. La guerra e', si voglia o no,
uno scontro fra stati o per la natura dello stato. Lo stato e' l'irrigidirsi
istituzionale della nazione, o il suo identificarsi a una terra. E nazione e
terra sono una estensione dell'appartenenza alla famiglia, di un
affratellarsi nel territorio (la patria). L'etnia ammesso che non sia un
puro prodotto culturale e' l'estrinsecazione massima del legame di sangue. E
questo non e' intrinseco al legame familiare e non e' fatalmente congeniale
all'essenza femminile? Quale sangue e' piu' stretto di quello della madre
col figlio, quali che siano i cromosomi, che lo sigleranno?
Ma e' un pensare che, se riflette una base di realta', la immobilizza in una
verita' simbolica, che rende inevitabile lo scontro, perche' nell'etnia non
e' una scelta che parla, ma la fatalita' di un cadere in un luogo e tempo
circoscritti del mondo. E dove c'e' fatalita' non c'e' scelta, e dove non
c'e' scelta si e' liberati da ogni responsabilita'.
Come una volta ebbe ad accennare Alessandra Bocchetti a proposito dei fatti
di Cernobyl, non e' vero che le donne siano estranee o deresponsabilizzate
dall'attuale costituzione sociale, e quindi da scelte mortali come il
nucleare, non fosse che per la loro adesione, fin eccessiva e sostitutiva di
una identita' incerta, ai modelli di consumo.
Cosi' il conflitto jugoslavo ha visto le donne e questo mette in evidenza il
lavoro della Bacchi e della Richter attraversate sia dal rifiuto di quel
massacro, del quale la piu' imponente testimonianza sta nello scambio di
lettere oltre gli assurdi confini, sia dal parteciparvi, dilaniate nelle
propria carne, del prendervi parte come donne madri o mogli o figlie. Tutti
e due questi volti si sono visti e non solo in Bosnia. In questo la guerra
jugoslava non e' stata una fra le guerre, ed e' ben distante
dall'aggressione all'Iraq, quali che siano state le velleita' della Germania
o del Vaticano nell'ingerenza fra Serbia e Croazia, e dell'ideologia
islamista in Bosnia Erzegovina. Non si e' trattato di una realta' residuale,
ma dell'estrema modernita', nella quale le donne non sono soltanto una parte
soggetto. Quel che emerge e' insieme il subire ed essere costitutive di una
crisi identitaria dell'oggi. E in questo gioca il rifiuto ad andare nella
sfera delle decisioni. Non solo vietata ma in gran parte non cercata. Non
inevitabile, non impossibile. Certo la traversata di un universo anche oggi
strutturato su forme pensate al maschile non e' semplice. Ma e' un tema
ormai maturo, e al quale i contributi del libro di cui stiamo discutendo,
anche maschili, portano un materiale che deve far riflettere.

10. RIFLESSIONE. SIMONETTA FIORI INTERVISTA LUISA MURARO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del
15 settembre 2005.
Simonetta Fiori e' giornalista e saggista, scrive per le pagine culturali
del quotidiano "La Repubblica".
Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa parte della comunita'
filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul
femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro,
sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a
Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata
in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo
Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal
Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora
nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al
progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo
coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e
Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi
sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte
della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano
1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri),
Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della
madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria,
Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato
vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista
trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita'
filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei
(da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il
profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e
nonna nel 1997"]

"Se e' lecito parlare di un avvicinamento del femminismo al cattolicesimo?
In un certo senso si', ma bisogna intendersi". Luisa Muraro, filosofa della
differenza sessuale, nata nel 1940 con la guerra, osserva la scena dopo la
tempesta. Da anni studia la mistica femminile, incuriosita dal rapporto di
"confidenza e suprema liberta'" intessuto dalle donne con Dio. Il Dio delle
donne (Mondadori) e' anche il titolo del suo ultimo libro: pagine che
trasmettono emozione dinanzi al dialogo con il divino. Ma se le chiedi di
definire la sua identita' religiosa, Muraro si limita a risponderti: "Mia
madre era cattolica".
*
- Simonetta Fiori: Alcune donne sono approdate su una sponda di ortodossia
clericale.
- Luisa Muraro: Non ne condivido le scelte, ma sono una femminista e questo
vuol dire anche ascoltare al meglio quello che altre donne hanno da dire.
L'ascolto e lo scambio pacifico cessano nel momento in cui si vuole usare la
legge per dare forza a posizioni che richiedono, non la forza della legge,
ma quella di un convincimento personale. Allora bisogna lottare, perche' ne
va della liberta' femminile.
*
- Simonetta Fiori: Al di la' delle posizioni piu' estreme, e' lecito parlare
di un progressivo accostarsi delle femministe alla Chiesa cattolica?
- Luisa Muraro: Bisogna intendersi su cosa intendiamo per cattolicesimo. Se
ci riferiamo alle posizioni ufficiali della gerarchia cattolica in materia
di fede e morale, direi proprio di no. Se invece intendiamo la societa' di
quelli e quelle che credono in Dio, lo pregano, non disprezzano i preti e le
chiese, si sforzano di amare il prossimo, leggono testi di natura religiosa,
in tal caso mi pare di osservare che oggi tra le donne c'e' piu'
cattolicesimo di ieri. A dire il vero, sono esitante nel dire questo.
*
- Simonetta Fiori: Perche'?
- Luisa Muraro: Non noto i segni di una sana polemica femminile nei
confronti del clericalismo. Le donne animate da un forte spirito religioso
mi risulta storicamente che abbiano sempre combattuto questa tipica malattia
religiosa maschile.
*
- Simonetta Fiori: Per quest'ultimo referendum lei ha scritto che - seppure
usato strumentalmente - ha vinto lo slogan "sulla vita non si vota". Questo
ha a che vedere con un crescente sentimento religioso delle donne?
- Luisa Muraro: Ha molto a che vedere con il sentimento politico delle
donne. Ma non e' sbagliato includervi una pulsione religiosa, perche' in noi
donne i sentimenti abitano insieme e si parlano molto. Per sentimento
politico intendo un atteggiamento che ci porta non a separare la vita dalla
politica, ma viceversa a tenere una certa politica - quella del potere, del
contarsi, della maggioranza-minoranza - lontana dalle cose della vita.
*
- Simonetta Fiori: I suoi studi sulla mistica femminile sono anch'essi spia
di una crescente attenzione del femminismo verso la religione cattolica?
- Luisa Muraro: Per me al principio c'e' stata la scoperta di Margherita
Porete, autrice di un libro meraviglioso e difficile che le e' costato la
morte sul rogo. Piu' che sullo spostamento del femminismo verso la Chiesa,
richiamerei l'attenzione sullo spostamento della Chiesa cattolica verso
l'ascolto del pensiero delle donne. Me l'ha confermato la lettera scritta
l'estate scorsa dall'allora cardinal Ratzinger sulla possibilita' di
collaborazione tra donne e uomini.
*
- Simonetta Fiori: Lei allora gli rispose con una lettera che suscito'
sorpresa. ´Se il cardinal Ratzinger fosse un mio studente', lei scriveva,
'di molte cose mi piacerebbe ragionare con lui, complimentarmi o
distanziarmi'. La Rossanda sul 'Manifesto' lamento' un eccesso di
benevolenza.
- Luisa Muraro: Forse Rossana e' ancora legata a una vecchia cultura
anticlericale, non troppo sensibile ai pur minimi slittamenti delle
gerarchie cattoliche. La Chiesa e' quello che e': non ho prospettive
irrrealistiche e m'accontento dei piccoli passi.
*
- Simonetta Fiori: Lei si limita a dire che sua madre era cattolica. Ma lei?
- Luisa Muraro: Non la giudicherei una risposta evasiva. Valorizzare il
rapporto con la madre per noi femministe vuol dire molto.

11. RIFLESSIONE. DOMENICO JERVOLINO: UN INCONTRO A LIMA
[Dal quotidiano "Liberazione" del 28 settembre 2005. Domenico Jervolino (per
contatti: djervol at tin.it), nato a Sorrento nel 1946, discepolo di Pietro
Piovani, studioso ed amico di Paul Ricoeur e Hans Georg Gadamer, due fra i
maggiori filosofi del Novecento, insegna ermeneutica e filosofia del
linguaggio all'Universita' di Napoli Federico II. Fa parte degli organismi
dirigenti dell'Associazione internazionale per la Filosofia della
Liberazione (Afyl) e della International Gramsci Society (Igs). E' stato
recentemente eletto membro della Consulta filosofica italiana (organismo
rappresantivo della comunita' scientifica nel campo degli studi filosofici).
Nell'ambito dell'impegno politico e nelle istituzioni e' stato consigliere
regionale della Campania dal 1979 al 1987 e membro della presidenza del
Consiglio regionale. E' stato anche nel corso degli anni tra i promotori del
movimento dei Cristiani per il socialismo, dirigente delle Acli e della Cisl
Universita', membro della direzione nazionale della Lega delle Autonomie
Locali e della segreteria nazionale di Democrazia Proletaria di cui e' stato
a lungo responsabile nazionale cultura e scuola. In Rifondazione Comunista
e' attualmente membro del Comitato politico nazionale e responsabile
nazionale Universita'. Assessore all'educazione del Comune di Napoli dal
marzo 2000 al marzo 2001. E' autore, nel campo degli studi filosofici, dei
volumi: Il cogito e l'ermeneutica. La questione del soggetto in Ricoeur,
Procaccini,  Napoli 1984, Marietti, Genova 1993  (tradotto in inglese presso
Kluwer nel 1990); Pierre Thevenaz e la filosofia senza assoluto, Athena,
Napoli 1984; Logica del concreto ed ermeneutica della vita morale. Newman,
Blondel, Piovani, Morano, Napoli 1994; Ricoeur. L'amore difficile, Studium,
Roma 1995; Le parole della prassi. Saggi di ermeneutica, Citta' del sole,
Napoli 1996 (in una collana dell'Istituto italiano per gli studi
filosofici); Paul Ricoeur. Une hermeneutique de la condition humaine,
Ellypses, Paris 2002; Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003. Ha
curato e introdotto l'antologia ricoeuriana Filosofia e linguaggio, Guerini,
Milano 1994, e una scelta di scritti di Ricoeur sulla traduzione: La
traduzione. Una scelta etica, Morcelliana, Brescia 2001. Ha curato, inoltre,
i volumi: Filosofia e liberazione, Capone, Lecce 1992 (con G. Cantillo); e
Fenomenologia e filosofia del linguaggio, Loffredo, Napoli 1996 (con R.
Pititto); L'eredita' filosofica di Jan Patocka, Cuen, Napoli 2000. Ha
partecipato ai principali volumi collettivi pubblicati su Ricoeur negli
ultimi anni in Francia, Spagna, Inghilterra  e Stati Uniti e continua,
attualmente, i suoi studi, lavorando in particolare sull'opera di Jan
Patocka e sugli sviluppi della fenomenologia di lingua francese nonche' sul
raporto ermeneutica-traduzione. Complessivamente i suoi saggi e articoli di
filosofia sono circa ottanta in italiano o tradotti in sette lingue
straniere. Nel campo della saggistica politica e' autore dei volumi:
Questione cattolica e politica di classe, Rosenberg & Sellier, Torino 1969;
Neoconservatorismo e sinistra alternativa, Athena, Napoli 1985; e di una
vasta produzione pubblicistica. Collabora a numerose riviste italiane e
straniere, tra cui  "Concordia" di Aachen, "Actuel Marx" di Parigi,
"Filosofia e teologia" e "Studium" di Roma, "Segni e comprensione" di Lecce;
dirige la  rivista "Alternative" di Roma. E' condirettore della rivista "Il
tetto" di Napoli, di cui fa parte da circa trent'anni]

Come mettere d'accordo la ricerca della scienza con la domanda sul senso
dell'uomo?
E' ormai questa la questione fondamentale del nostro tempo, non a caso
ripresa come tema centrale dai lavori del secondo congresso mondiale delle
scuole fenomenologiche, la Opo, che si e' tenuto a Lima.
La fenomenologia e' una della correnti filosofiche piu' importanti del XX
secolo, intesa non solo come pensiero del suo fondatore, Edmund Husserl, ma
anche nei tanti sviluppi che dal nucleo centrale si diramano, noti anche al
grande pubblico come filosofie dell'esistenza, ermeneutica, fenomenologia
sociale, e le tantissime applicazioni nel campo della psicologia, della
sociologia, delle scienze umane, dello studio della letteratura e delle
arti. A Lima c'e' anche chi applica il metodo fenomenologico alla musica,
alla danza e alla fotografia.
Quest'area di studi viene etichettata sotto il nome generico di "filosofia
continentale" in opposizione globale alla filosofia analitica di lingua
inglese, che tende a dominare oggi nel mondo globalizzato col suo stile che
una volta Marcuse avrebbe chiamato "a una dimensione". Anche
quest'opposizione peraltro non e' assoluta e qua e la' i pensatori piu'
geniali hanno cercato di stabilire rapporti dialettici fra i due stili di
pensiero, finora con risultati molto parziali. Anche nella vecchia Europa la
filosofia si "americanizza". In compenso proprio negli Stati Uniti c'e' una
minoranza che coltiva seriamente gli studi fenomenologici, esistenziali,
ermeneutici. Americano di quest'altra America, colta, intelligente e
radicale, e' Lester Ebree, il coordinatore dell'Opo, fondata tre anni fa
nella mitica Praga di Patocka, l'ultimo grande allievo di Husserl che fu uno
dei protagonisti della primavera praghese del '68 e poi portavoce del
movimento Charta '77, morto per infarto dopo pesanti interrogatori della
polizia in quello stesso tragico 1977.
Del resto come capita alla filosofia dai tempi di Socrate, anche la
fenomenologia ha avuto i suoi martiri: mentre il suo fondatore Husserl si
spegneva nel 1938 in una Germania ormai preda della barbarie, i suoi allievi
finivano davanti ai plotoni di esecuzione come il francese Jean Cavailles, o
nelle camere a gas come Edith Stein (e l'elenco e' incompleto).
*
Quello di Lima e' stato un convegno di carattere scientifico, non destinato
a una immediata finalita' politica (come invece il foro dei filosofi di
Caracas dello scorso luglio).
Eppure la realta' latino-americana e' cosi' pregnante e ricca di stimoli
politici da permettere a chi lo volesse di leggere fra le righe il rapporto
tra il mondo contemporaneo e una filosofia che nella sua ricerca intorno
alla "funzione delle scienze" non intende mai perdere il "senso dell'uomo" -
per ricordare con queste parole virgolettate un grande fenomenologo italiano
degli anni sessanta, Enzo Paci, uno dei protagonisti in quegli anni del
cosiddetto marxismo fenomenologico.
Nella stessa Universita' Cattolica di Lima che ha ospitato il congresso, si
trovavano ancora tracce della straordinaria stagione della teologia della
liberazione che nel Peru' di Mariategui ha avuto un grande protagonista in
Gustavo Gutierrez e nel centro Bartolome' de Las Casas.
Da questo centro, ancora operante a Lima, nonostante il fatto che Gustavo
sia stato costretto ad emigrare, per la normalizzazione della chiesa
peruviana, esce in questi giorni l'"Informe final", vale a dire il rapporto
della commissione d'inchiesta (presieduta dall'ex rettore dell'universita'
cattolica, Salomon Lerner, nostro amabilissimo ospite con la moglie
Rosemarie Rizo-Patron, coordinatrice del congresso) sui circa ottantamila
assassinii politici verificatici nel paese andino in questi ultimi anni di
lotta alla guerriglia ma anche di repressione di movimenti sociali e
contadini.
Del gran numero di comunicazioni presentate al congresso non e' luogo qui
per riferire. Basti indicare il sito www.o-p-o.net e la annessa newsletter
veramente preziosissima. Poco numerosa la presenza europea, come si diceva,
nonostante la spendida introduzione del belga Taminiaux sulle radici del
pensiero di Heidegger. Significative invece le presenze di tutto il
continente americano e, questa forse e' una novita', di studiosi cinesi e
giapponesi. Il prossimo meeting si svolgera' a Hong Kong nel 2008. Prima
pero' si svolgeranno incontri preparatori nell'area euro-mediterranea e
balcanica, secondo gli impegni che ci siamo assunti come organizzazioni
europee presenti.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1075 del 6 ottobre 2005

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