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La nonviolenza e' in cammino. 1075
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 1075
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 6 Oct 2005 00:15:32 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1075 del 6 ottobre 2005 Sommario di questo numero: 1. Il Consiglio Provinciale di Viterbo ha approvato all'unanimita' l'ordine del giorno a sostegno della Campagna per il disarmo in Brasile 2. Daria Bonfietti: Si' 3. Elena Buccoliero: Si' 4. Pierluigi Consorti: Si' 5. Alfredo Galasso: Si' 6. Lilli Gruber: Si' 7. Un altro sondaggio dal Brasile: tre brasiliani su quattro dicono si' 8. Severino Vardacampi: Sull'utilita' e sul danno dei sondaggi. E ancora un si' con tutti i sentimenti 9. Rossana Rossanda: Le donne, le guerre 10. Simonetta Fiori intervista Luisa Muraro 11. Domenico Jervolino: Un incontro a Lima 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. DISARMO. IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI VITERBO HA APPROVATO ALL'UNANIMITA' L'ORDINE DEL GIORNO A SOSTEGNO DELLA CAMPAGNA PER IL DISARMO IN BRASILE Nella seduta del 3 ottobre 2005 il Consiglio Provinciale di Viterbo ha approvato all'unanimita' l'ordine del giorno a sostegno della Campagna per il disarmo in Brasile. Il testo adottato e' quello predisposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo e gia' pubblicato su questo foglio nei giorni scorsi. Per quanto a nostra conoscenza, e' il primo pronunciamento ufficiale di un organo istituzionale italiano a sostegno di questa grande iniziativa di civilta' di cui il voto referendario del 23 ottobre costituisce il coronamento. Mentre ringraziamo l'intero Consiglio Provinciale di Viterbo, confidiamo che questo atto sia di buon auspicio affinche' anche altre istituzioni approvino analoghi documenti. 2. 23 OTTOBRE. DARIA BONFIETTI: SI' [Ringraziamo Daria Bonfietti (per contatti: bonfietti_d at posta.senato.it) per questo intervento. Daria Bonfietti, nata a Mantova nel 1945, residente a Bologna, insegnante, presidente dell'associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica, e' attualmente senatrice della Repubblica, e in senato fa parte della terza Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione), della Commissione straordinaria per i diritti umani e della Delegazione italiana presso l'Assemblea dell'Osce; della sua rilevante attivita' legislativa segnaliamo particolarmente alcune proposte di legge di cui e' prima firmataria: quella per l'"Assistenza psicologica e legale urgente in favore delle vittime di gravi reati di violenza e dei loro familiari"; quella per "Nuove norme per la limitazione del segreto di Stato e modifiche al codice penale"; quella per l'"Estensione dei benefici di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206, ai familiari delle vittime della strage di Ustica, nonche' ai familiari e ai superstiti delle vittime della cosiddetta banda della Uno bianca"] Non conosco bene il contesto nel quale si inserisce il referendum brasiliano, ma credo che ogni iniziativa di pace e di disarmo sia sempre da considerare positivamente. Le armi sono strumenti di morte. Non solo, sono anche costi, e sono soprattutto risorse che vengono sottratte a iniziative ben piu' ragionevoli, contro la fame e la poverta'. Abbiamo denunciato in Italia il progressivo superamento-abbandono della legge per il controllo delle armi, abbiano segnalato come negativo l'incremento della produzione di nostre industrie in questo campo. Salutiamo quindi positivamente un'iniziativa che invece vuole eliminare le armi. 3. 23 OTTOBRE. ELENA BUCCOLIERO: SI' [Ringraziamo Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it) per questo intervento. Elena Buccoliero (Ferrara 1970) collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del Comune e dell'azienda Usl di Ferrara dove si occupa di adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze, e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E' autrice di diverse pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi, Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena Buccoliero e' nel n. 836 di questo notiziario] Quando per la prima volta ho letto del referendum brasilano ho provato quasi un senso di irrealta': un segnale da non trascurare. L'esistenza delle armi e della violenza armata devono avere radici ben profonde dentro di noi se, pur muovendomi verso l'amicizia con la nonviolenza, mi sembra stravagante pensare che si possa "davvero" farne senza. Eppure il popolo brasiliano decidera' davvero su questo e sara' una grande lezione per il mondo, direi quasi "al di la' del risultato", per il semplice fatto che renderanno piu' legittimo e praticabile chiedersi se le armi ci sono poi davvero cosi' necessarie. Insomma, spezzare i fucili, collettivamente e con la legge, sara' un'ipotesi un po' piu' vicina e forse, se i dati ci aiuteranno, anche una realta' che potra' crescere. Cosi' ho pensato che l'idea di Mao Valpiana - proporre ai partiti del centrosinistra di impiegare una parte dei fondi raccolti per le primarie per acquistare una pagina sui maggiori quotidiani nazionali, il 22 ottobre, e far sapere del referendum brasiliano - e' davvero un'ottima idea ma non so come si faccia, ne' se sia facile farsi ascoltare. Non ho nemmeno una grande fiducia nel fatto che i politici siano meno ignoranti dei giornalisti nazionali - certo potremmo essere noi ad informarli... come si puo' fare? * Mentre riflettevo che non conosco le strade per concretizzare "proprio questo", mi e' venuto in mente di scrivere a Laura. Vi dico chi e'. Laura e' una ragazza che sta svolgendo il servizio civile volontario presso il Comune per cui lavoro, in un progetto intitolato "Ferrara citta' per la pace". Il suo lavoro consiste principalmente nell'appoggiare gli operatori comunali per: costruire eventi culturali sui temi della pace e della nonviolenza, promuovere progetti di cooperazione decentrata e favorire iniziative di educazione alla pace. Ho scritto a Laura per: - dirle che il referendum c'e' e proporle di informarsi sui "nostri" siti, che meno male ci sono; - scrivere un articolo su questo per un sito che il Comune di Ferrara rivolge ai giovani, visitato ogni giorno da circa 1.400 persone (sperando non siano tutti i giorni le stesse...); - fotocopiare l'articolo o la scheda che preparera' e metterli a disposizione di altri, cominciando dagli studenti universitari (Laura e' una studentessa), in diversi punti della citta'. I suggerimenti proseguono con l'idea di svolgere un sondaggio locale come quello che Mao ha realizzato in proprio, parlando con le persone piu' svariate, per informarle sul referendum (tanto si sa che alla domanda "Sai che...?" tutti dicono di no... come potrebbe essere diversamente?, quindi sara' un momento di minima informazione), chiedere loro cosa ne pensano e magari, perche' no, proporre un articolo con i risultati del sondaggio ai quotidiani cittadini che non darebbero una riga per parlare del Brasile (troppo lontano) ma darebbero un occhio per un nuovo articolo che faccia parlare tanti ferraresi, con l'idea che questi poi comprino il giornale per leggersi. Riferisco tutto questo, che non ha niente di straordinario, semplicemente perche' in questo momento e' quello che io mi sentivo di fare su questa faccenda - mettere su questa pista una ragazza in formazione con un servizio civile "a tema", provare a darle una mano... - con ragioni anche egoistiche: quietare il senso di impotenza -, e perche' credo che altri potrebbero riprendere l'idea, affinarla, migliorarla, utilizzarla nelle loro citta', farla girare magari attraverso questo notiziario. * P. S.: tra qualche giorno vi diro' che cosa ha risposto Laura. Chissa'... 4. 23 OTTOBRE. PIERLUIGI CONSORTI: SI' [Ringraziamo Pierluigi Consorti (per contatti: consorti at ddp.unipi.it) per questo intervento. Pierluigi Consorti e' presidente del Comitato consultivo nazionale per la difesa civile non armata e nonviolenta, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio nazionale per il servizio civile; gia' obiettore di coscienza, e' docente presso il Dipartimento di diritto pubblico dell'Universita' di Pisa, fa parte del Centro interdisciplinare scienze per la pace, e' direttore del Master universitario in "Gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi" (www.pace.unipi.it/didattica/master), e' docente "garante" del corso di laurea in Scienze per la pace dell'Universita' di Pisa, dove inoltre dirige lo sportello per i diritti umani. Tra le opere recenti di Pierluigi Consorti: L'avventura senza ritorno. Intervento e ingerenza umanitaria nell'ordinamento giuridico e nel magistero pontificio, Edizioni Plus, Pisa 2002; Senza armi per la pace, Edizioni Plus, Pisa 2003] Il referendum che si svolgera' il 23 ottobre in Brasile riveste una portata storica, almeno sotto due diversi punti di vista: vale a dire quello relativo al Brasile in senso proprio, e quello di portata mondiale connesso al valore testimoniale della consultazione. Non sono un esperto di cose brasiliane: tuttavia come tutti posso apprezzare l'importanza di un avvenimento politico che cerca di valorizzare in un momento democratico la scelta di diminuire la violenza limitando l'uso della forza armata. Si tratta di un'opportunita' eccezionale, e bisogna augurarci che il Brasile sappia indicare una strada che anche altri Stati possano in seguito intraprendere. Questa speranza rafforza il valore testimoniale del referendum. Al di la' dei dati tecnici, questo e' il lato che mi appassiona di piu', in quanto consente di porre l'attenzione sulla possibilita' effettiva di raggiungere alcuni degli obiettivi significativi proposti dal movimento nonviolento. Infatti promuove, attraverso scelte che nascono dal basso e sono basate sul confronto democratico, una societa' senza armi, che tuttavia prende in carico la necessita' di affrontare i conflitti esistenti utilizzando strumenti nonviolenti. La societa' brasiliana conosce dinamiche sociali altamente conflittuali, che peraltro appaiono sempre piu' frequenti, connesse a modelli di prevaricazione sociale che affidano alla forza - delle armi, dell'economia, del dominio - la soluzione dei conflitti. Che infatti non si risolvono, ma si aggravano e diventano sempre piu' complessi. Ed e' proprio sul timore di non venirne a capo che insistono gli avversari del referendum. Il loro punto di forza insiste proprio su questa paura. Secondo loro l'impossibilita' di acquistare legalmente le armi "metterebbe in ancor maggiore difficolta' i cittadini onesti, che non potrebbero piu' difendersi dai delinquenti" (che invece resterebbero armati). La paura diventa l'arma della divisione sociale, una divisione che la societa' in armi puo' solo accentuare, credendo erroneamente che l'uso della forza possa dirimere i conflitti. Al contrario i conflitti, che certamente non possono essere semplicemente cancellati, debbono essere gestiti in modo da convincere piuttosto che "vincere". E le armi non servono per convincere, ma per vincere. Una vittoria del si' in Brasile potrebbe innescare dinamiche nuove, in grado di restituire vitalita' all'impegno per la costruzione di un mondo diverso, liberato dalle armi, che bandisca la violenza e lotti per la giustizia con strumenti pacifici. 5. 23 OTTOBRE. ALFREDO GALASSO: SI' [Ringraziamo Alfredo Galasso (per contatti: law.galasso at flashnet.it) per questo intervento. Alfredo Galasso, nato a Palermo nel 1940, avvocato, docente universitario, parlamentare, dal 1981 al 1986 membro del Consiglio Superiore della Magistratura, rappresenta e difende i familiari delle vittime in diversi processi, come il maxiprocesso contro la mafia, il processo per la strage di Ustica, quello per l'incendio del Moby Prince; e' tra le figure di riferimento della lotta contro la mafia, per la legalita' e la democrazia. Opere di Alfredo Galasso: La mafia non esiste, Pironti, Napoli 1988; Trenta anni di mafia, L'altritalia, Roma 1992; La mafia politica, Baldini & Castoldi, Milano 1993] Non saprei dire piu' di quello che e' stato scritto e ho letto sulle pagine de "La nonviolenza e' in cammino". Penso che dovremmo provare a recitare e far recitare nelle scuole, fra le giovani generazioni, il "Manifesto delle vittime civili" di Nella Ginatempo pubblicato nel n. 1068 del 29 settembre. Ho provato con i miei studenti e dalla risposta emozionata ho compreso che dovremmo occuparci con insistenza e pazienza di parlare ai ragazzi e alle ragazze a cui pochi o forse nessuno raccontano la realta' del mondo. In una intervista alla Westdeutscher Rundfunk del 1986, Primo Levi si chiedeva: "Cosa si deve, o forse non si deve raccontare alle generazioni future?". E rispondeva: "Io penso che si debba raccontare tutto". Il commercio delle armi arricchisce perche' uccide e uccide perche' arricchisce. Illecitamente, se e' vero in tutti gli ordinamenti che ogni contratto e' illecito quando e' contrario all'ordine pubblico e al buon costume. C'e' qualche governante disposto a dire pubblicamente che il commercio delle armi e' conforme all'ordine pubblico e al buon costume? Se si', chiediamo che cosa intende per l'uno e per l'altro. O e' solo l'aborto che uccide, ed e' contrario percio' al buon costume? Quanta insopportabile ipocrisia e quanta timida rassegnazione c'e' in giro. Il mio si' e' convinto, ma anche indignato. 6. 23 OTTOBRE. LILLI GRUBER: SI' [Ringraziamo Lilli Gruber (per contatti: lgruber at europarl.eu.int) per questo intervento. Lilli Gruber, gia' apprezzatissima giornalista televisiva, e' attualmente parlamentare europea; nel 2003, durante i bombardamenti, era a Baghdad sotto le bombe, con il popolo iracheno; nel parlamento europeo fa parte sia della Commissione per le liberta' civili, la giustizia e gli affari interni, sia della Commissione per gli affari esteri; e' presidente della delegazione per le relazioni con gli Stati del Golfo, fa parte della delegazione per le relazioni con l'Iran, e' vicepresidente dell'Intergruppo stampa, comunicazione e liberta'. Opere di Lilli Gruber: L'altro Islam, Rizzoli; I miei giorni a Bagdad, Rai Eri - Rizzoli; (con Paolo Borella), Quei giorni a Berlino, Eri] Proibire il commercio di armi da fuoco non potra' risolvere tutti i soprusi nel mondo, ma e' un segno di civilta' e di amore che aiutera' ad evitarne alcuni ed a fare del Brasile un modello per tanti altri paesi che si definiscono civili. Se fossi brasiliana voterei convintamente si'. 7. 23 OTTOBRE. UN ALTRO SONDAGGIO DAL BRASILE: TRE BRASILIANI SU QUATTRO DICONO SI' AL DISARMO, ALLA VITA, ALL'UMANITA' [Da padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) riceviamo e diffondiamo il seguente articolo diffuso dall'agenzia stampa "Adital". Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito" per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare: 8599692314, sito: www.adital.com.br ; "sacerdote bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario per coordinare da qui a ottobre l'attivita' di sensibilizzazione di Adital" (Francesco Comina)] Un'inchiesta realizzata dall'Istituto Ipsos e diffusa dall'Agenzia di Stato rivela che il 76% dei brasiliani sono favorevoli al disarmo. Quelli che sono contrari alla proibizione della vendita di armi in Brasile costituiscono invece il 21%; il rimanente 3% del campione sondato non ha espresso la propria opinione. L'inchiesta, realizzata tra il 25 e il 29 agosto, segnala altresi' che l'intervento ritenuto dalla popolazione brasiliana come il piu' importante per eliminare la violenza sia la creazione di posti di lavoro. E ancora, che i brasiliani considerano che le politiche sociali in generale siano le forme piu' efficaci per combattere la criminalita'. Per Denis Mitze, dell'Istituto Sou da Paz, di San Paolo, "naturalmente il disarmo e' solo una misura (necessaria e fondamentale) all'interno di un insieme di provvedimenti in favore della sicurezza. L'idea che la violenza si possa risolvere con un tocco di bacchetta magica non e' certo nostra, ma piuttosto di quelli che dicono che le armi sono la soluzione". Secondo l'inchiesta, la persone tra i 16 e i 34 anni con educazione media superiore completa o incompleta, appartenenti alle classi sociali medio-basse e abitanti nelle regioni del Nordest e del Sud, sono la fascia della popolazione piu' favorevole alla proibizione della commercializzazione delle armi da fuoco in Brasile. 8. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: SULL'UTILITA' E SUL DANNO DEI SONDAGGI. E ANCORA UN SI' CON TUTTI I SENTIMENTI [Severino Vardacampi e' uno dei principali collaboratori di questo foglio] Tutti i sondaggi che provengono dagli istituti demoscopici brasiliani ci dicono che il 23 ottobre vincera' il si' al disarmo, e questo l'alma di magno gaudio ci colma. Ma sono sondaggi fatti su campioni assai ridotti, mi par di capire perlopiu' di aree urbane fornite di servizi, immagino di persone contattate perlopiu' telefonicamente, disposte a parlare con l'intervistatore, che non hanno remore a dire la loro opinione. Non e' questa la condizione di molti, la condizione dei piu'. E quindi se i sondaggi servono a dare ai pessimisti l'impulso che occorre loro per crederci in questo ben concreto miracolo, che il disarmo sia possibile e che l'umanita' possa vincere qui e adesso contro i signori della morte, contro il mercato della morte, contro le armi assassine, e possa vincere con un si' alla vita e alla dignita' umana, ebbene, allora ben vengano i sondaggi. Ma se questi sondaggi cosi' favorevoli avessero l'effetto di persuaderci che il piu' e' stato fatto, e si tratta ormai solo di attendere sotto il pero che le frutta ci cadano mature in bocca, allora sciagura a noi. * Perche' la lotta entra solo ora nel vivo, e questa manciata di giorni che ci separa dal 23 ottobre sara' decisiva per per informare, coscientizzare, convincere piu' persone possibile di quell'immenso paese ad andare a votare, con piena cognizione di causa, secondo scienza e coscienza: affinche' corale e dirompente emerga dalle urne un si' all'umanita' che tutti ci salvi dalla tremenda distretta in cui il mondo intero si trova. E dunque a ciascuna e a ciascuno di noi il compito di fare qualcosa: molti hanno ricordato in questi giorni il motto di Carlo Rosselli, si': oggi in Brasile, domani in tutto il mondo, abolire il traffico delle armi, salvare ogni vita umana. Sostenere la causa del si' nel referendum brasiliano e' sostenere la causa dell'umanita' ovunque. * Rievocavamo con alcuni cari amici giorni fa in quel di Narni quella sublime immagine di Giacomo Leopardi, dell'intera umanita' che si tiene per mano come stretta in una sola catena, e solo cosi' ogni singolo individuo puo' resistere al male e alla morte, al vento del nulla, perche' a tenerlo in piedi, a tenerlo in vita, e' i'umanita' intera, fraterna e sororale. Un'immagine analoga, ricordera' chi legge, e' anche in Cesar Vallejo, in cui addirittura la solidarieta' universale ("Entonces todos los hombres de la tierra...") riporta in vita anche chi era stato ucciso. Cosi' oggi dobbiamo tutte e tutti sostenere le sorelle e i fratelli che in Brasile stanno cercando di raggiungere ogni quartiere ed ogni villaggio, ogni casa e ogni baracca, per portare questo messaggio grande, questa parola buona: tu non uccidere, tu salva le vite. Si', si puo' vincere, ma questo e' il momento dello sforzo piu' nitido e piu' appassionato da parte di tutte e tutti. * Chiunque puo', informi parenti, amici, colleghi, associazioni, movimenti, istituzioni, mass-media, e a tutte e tutti chieda un ascolto, un impegno, un gesto. Chiunque puo', interpelli i suoi interlocutori in Brasile par chiedere loro un impegno per salvare anche le nostre vite. Chiunque puo', aiuti anche materialmente le sorelle e i fratelli che in Brasile hanno innalzato la bandiera dell'umanita' contro le armi assassine, e stanno chiamando a questa grande lotta nonviolenta: che possa il 23 ottobre essere il primo giorno di festa per un'umanita' dolente di infinite guerre, stragi, uccisioni. Possa essere il giorno in cui in un grande paese un popolo dalla lunga tormentata storia possa far compiere all'umanita' intera un passo avanti lungo il cammino della nonviolenza, che e' il cammino dell'amore, della pace, della dignita'. Solo nel disarmo e' la salvezza comune. E si' all'umanita'. 9. RIFLESSIONE. ROSSANA ROSSANDA: LE DONNE, LE GUERRE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 ottobre 2005. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Tra le opere di Rossana Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] Il pensiero femminile e la guerra, una discussione sul conflitto jugoslavo. Stasera alle sedici, nella sala dell'Archivio di stato di Mantova, si discutera' finalmente d'un libro, a mio avviso, raro e ingiustamente poco segnalato: Le guerre cominciano a primavera. A cura di Maria Bacchi e Melitta Richter (Rubettino 2003). Titolo piu' elusivo del sottotilo che lo segue: Identita' e genere nel conflitto jugoslavo. Ne parleranno con le due curatrici Lea Melandri e Tania Sekulic. Dico finalmente perche' e' uno dei pochi lavori - per quel che conosco - che assieme a quelli di Rada Ivekovic e alle riflessioni di Judith Butler, va oltre l'enunciazione del generale e generico rifiuto femminile della guerra. Che le donne siano contro la guerra e' diventato senso comune. Una loro distanza e diversita' appartiene perfino a millenni di civilta'. E' femminile il volto dolente e maledicente della donna che in guerra ha perduto il suo uomo o suo figlio, e talvolta neppure lo portra' seppellire. Ed e' assegnata alla donna la funzione che nelle guerre ha da svolgere, curare i feriti e dire l'ultima parola ai morenti, quando non penetrare, a scontro finito, sul campo di battaglia per raccogliere i morti. Da millenni le donne sono state il risvolto, in qualche misura confortante, della fatalita' delle guerre, sulle quali non le era dato di decidere mai. Non decidono neanche oggi, neanche col finire di una esplicita interdizione a prendere la parola. Cosi' Florence Nightingale, o anche Madre Coraggio sono intrinseche alle culture piu' tradizionali di ogni paese. E lo e' anche la donna che accoglie il prigioniero o il disperato o lo sconfitto dell'altra parte quando bussa alla sua porta, la compassione e l'amore di cui e' "per natura" portatrice superando le barriere della conflittualita' degli uomini. E' il suo ruolo consolatorio, e una traccia ne e' ancora presente, pur nella inabituale forza, nelle immagini di Cindy Sheehan che assedia la Casa bianca o di Manuela Dviri, che contro venti e maree si batte con altre israeliane e palestinesi per la pace e contro l'occupazione nei territori in Medioriente: sono due madri orbate di un figlio che si levano sull'inaccettabilita' della tragedia. * Ma da qualche tempo in qua nella parte del mondo dove le donne si sono prese il diritto alla parola, molte di esse, anche se sollevate da private perdite, hanno smesso di subire la guerra come un destino. Da quando hanno rifiutato di pensare anche se stesse come un destino. Questo non va da se'. Le voci che cercano di sfondare l'indifferenza appartengono al secolo scorso, e fino agli anni '70 sono rimaste isolate, ancora nella seconda guerra mondiale mogli e madri hanno accompagnato con lacrime e fierezza mariti e figli che partivano per la trince, o le fidanzate hanno disprezzato l'uomo che rifiutava l'uso della armi. E' rimasta solitaria Virginia Woolf, quando ha rifiutato il contributo delle tre ghinee allo sforzo britannico di prepararsi a una guerra, della quale piu' di altre, essendo stata coinvolta negli affetti dalla guerra civile spagnola, comprendeva i tremendi motivi. Tuttavia il ragionamento della Woolf era piu' articolato di certe sue interpretazioni successive: perche' dovremmo partecipare anche in modesta misura a una guerra che fa parte di quelle ragioni e decisioni tutte maschili dalle quali la societa' ci esclude? Ci hanno estraniato. E io, scrive Viginia Woolf, dichiaro questa mia estraneita' negando ogni gesto che possa suonare un'accettazione. L'estraneita' ha accompagnato anche l'elaborazione piu' recente della differenza femminile, sia che sia stata attribuita a una ontologia o un essenzialismo, sia che sia stata riportata, in un registro non metafisico, alla diversita' della costituzione psichica fra i sessi prodotta da millenni di una divisione sociale dei ruoli fondata sul principio di invidia e di potere che segna tuttora i rapporti sociali. La donna, se appena si vede con occhi propri, si scoprirebbe fondamentalmente estranea a questi principi di conflittualita', cosi' introiettati da segnare come un'ambivalenza tutti e due i sessi e, temibile mimesi o eredita', gli stessi rapporti omosessuali. * E' un'estraneita' tutta ovvia e innocente? Non credo. Essa induce o alla comunita' dello Scamandro di Christa Wolf, o a un mondo separato di relazioni femminili che, anche ad ammettere che sia privo di devastanti relazioni conflittuali perche' si arresterebbe almeno alla soglia dei corpi viventi, sembra a me, per dirla in modo provocatorio, simile al noto "Fermate il mondo, voglio scendere", che non solo e' fuori dalla possibilita', ma implica una fondamentale innocenza delle donne del modo in cui il mondo va come va, innocenza che siamo molto lontane dall'avere. E soprattutto, per quanto riguarda il tema di cui si discute stasera, e dal quale parte questa riflessione, arrestandosi al gesto finale omicida che renderebbe la guerra non un evento ma una permanenza metastorica se non proprio naturale, inducendo a considerare ogni guerra simile all'altra, rendendo inspiegabili o poco interessanti le specificita' che ne sono le cause o gli sviluppi. E' forse inevitabile che il pensiero femminile insista sulle origini, quelle che oggi soltanto gli si chiariscono, ma questo lo induce a una poverta' di analisi e di conseguenza - mi si perdoni l'ingenerosita' - riduce la capacita' di intervenire contro e prima delle guerre. Se una guerra e' identica all'altra, riproduce eternamente lo stesso gesto mortale, e introiettato dagli uomini, che protrebbero fare le donne? Ma il "che posso fare..." significa tirarsene fuori. Poche pensatrici evitano questo scoglio e, fra quelle che conosco, Judith Butler e Rada Ivekovic. Mi ha colpito il libro della Bacchi e della Richter perche' di questo discute. * Nella guerra sono sempre due nazioni, piu' o meno simboliche, che si scontrano. Il noto discorso di Samuel Huntington sull'impossibile convivenza di diverse civilta' e' assai semplificatorio. La guerra e', si voglia o no, uno scontro fra stati o per la natura dello stato. Lo stato e' l'irrigidirsi istituzionale della nazione, o il suo identificarsi a una terra. E nazione e terra sono una estensione dell'appartenenza alla famiglia, di un affratellarsi nel territorio (la patria). L'etnia ammesso che non sia un puro prodotto culturale e' l'estrinsecazione massima del legame di sangue. E questo non e' intrinseco al legame familiare e non e' fatalmente congeniale all'essenza femminile? Quale sangue e' piu' stretto di quello della madre col figlio, quali che siano i cromosomi, che lo sigleranno? Ma e' un pensare che, se riflette una base di realta', la immobilizza in una verita' simbolica, che rende inevitabile lo scontro, perche' nell'etnia non e' una scelta che parla, ma la fatalita' di un cadere in un luogo e tempo circoscritti del mondo. E dove c'e' fatalita' non c'e' scelta, e dove non c'e' scelta si e' liberati da ogni responsabilita'. Come una volta ebbe ad accennare Alessandra Bocchetti a proposito dei fatti di Cernobyl, non e' vero che le donne siano estranee o deresponsabilizzate dall'attuale costituzione sociale, e quindi da scelte mortali come il nucleare, non fosse che per la loro adesione, fin eccessiva e sostitutiva di una identita' incerta, ai modelli di consumo. Cosi' il conflitto jugoslavo ha visto le donne e questo mette in evidenza il lavoro della Bacchi e della Richter attraversate sia dal rifiuto di quel massacro, del quale la piu' imponente testimonianza sta nello scambio di lettere oltre gli assurdi confini, sia dal parteciparvi, dilaniate nelle propria carne, del prendervi parte come donne madri o mogli o figlie. Tutti e due questi volti si sono visti e non solo in Bosnia. In questo la guerra jugoslava non e' stata una fra le guerre, ed e' ben distante dall'aggressione all'Iraq, quali che siano state le velleita' della Germania o del Vaticano nell'ingerenza fra Serbia e Croazia, e dell'ideologia islamista in Bosnia Erzegovina. Non si e' trattato di una realta' residuale, ma dell'estrema modernita', nella quale le donne non sono soltanto una parte soggetto. Quel che emerge e' insieme il subire ed essere costitutive di una crisi identitaria dell'oggi. E in questo gioca il rifiuto ad andare nella sfera delle decisioni. Non solo vietata ma in gran parte non cercata. Non inevitabile, non impossibile. Certo la traversata di un universo anche oggi strutturato su forme pensate al maschile non e' semplice. Ma e' un tema ormai maturo, e al quale i contributi del libro di cui stiamo discutendo, anche maschili, portano un materiale che deve far riflettere. 10. RIFLESSIONE. SIMONETTA FIORI INTERVISTA LUISA MURARO [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 15 settembre 2005. Simonetta Fiori e' giornalista e saggista, scrive per le pagine culturali del quotidiano "La Repubblica". Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997"] "Se e' lecito parlare di un avvicinamento del femminismo al cattolicesimo? In un certo senso si', ma bisogna intendersi". Luisa Muraro, filosofa della differenza sessuale, nata nel 1940 con la guerra, osserva la scena dopo la tempesta. Da anni studia la mistica femminile, incuriosita dal rapporto di "confidenza e suprema liberta'" intessuto dalle donne con Dio. Il Dio delle donne (Mondadori) e' anche il titolo del suo ultimo libro: pagine che trasmettono emozione dinanzi al dialogo con il divino. Ma se le chiedi di definire la sua identita' religiosa, Muraro si limita a risponderti: "Mia madre era cattolica". * - Simonetta Fiori: Alcune donne sono approdate su una sponda di ortodossia clericale. - Luisa Muraro: Non ne condivido le scelte, ma sono una femminista e questo vuol dire anche ascoltare al meglio quello che altre donne hanno da dire. L'ascolto e lo scambio pacifico cessano nel momento in cui si vuole usare la legge per dare forza a posizioni che richiedono, non la forza della legge, ma quella di un convincimento personale. Allora bisogna lottare, perche' ne va della liberta' femminile. * - Simonetta Fiori: Al di la' delle posizioni piu' estreme, e' lecito parlare di un progressivo accostarsi delle femministe alla Chiesa cattolica? - Luisa Muraro: Bisogna intendersi su cosa intendiamo per cattolicesimo. Se ci riferiamo alle posizioni ufficiali della gerarchia cattolica in materia di fede e morale, direi proprio di no. Se invece intendiamo la societa' di quelli e quelle che credono in Dio, lo pregano, non disprezzano i preti e le chiese, si sforzano di amare il prossimo, leggono testi di natura religiosa, in tal caso mi pare di osservare che oggi tra le donne c'e' piu' cattolicesimo di ieri. A dire il vero, sono esitante nel dire questo. * - Simonetta Fiori: Perche'? - Luisa Muraro: Non noto i segni di una sana polemica femminile nei confronti del clericalismo. Le donne animate da un forte spirito religioso mi risulta storicamente che abbiano sempre combattuto questa tipica malattia religiosa maschile. * - Simonetta Fiori: Per quest'ultimo referendum lei ha scritto che - seppure usato strumentalmente - ha vinto lo slogan "sulla vita non si vota". Questo ha a che vedere con un crescente sentimento religioso delle donne? - Luisa Muraro: Ha molto a che vedere con il sentimento politico delle donne. Ma non e' sbagliato includervi una pulsione religiosa, perche' in noi donne i sentimenti abitano insieme e si parlano molto. Per sentimento politico intendo un atteggiamento che ci porta non a separare la vita dalla politica, ma viceversa a tenere una certa politica - quella del potere, del contarsi, della maggioranza-minoranza - lontana dalle cose della vita. * - Simonetta Fiori: I suoi studi sulla mistica femminile sono anch'essi spia di una crescente attenzione del femminismo verso la religione cattolica? - Luisa Muraro: Per me al principio c'e' stata la scoperta di Margherita Porete, autrice di un libro meraviglioso e difficile che le e' costato la morte sul rogo. Piu' che sullo spostamento del femminismo verso la Chiesa, richiamerei l'attenzione sullo spostamento della Chiesa cattolica verso l'ascolto del pensiero delle donne. Me l'ha confermato la lettera scritta l'estate scorsa dall'allora cardinal Ratzinger sulla possibilita' di collaborazione tra donne e uomini. * - Simonetta Fiori: Lei allora gli rispose con una lettera che suscito' sorpresa. ´Se il cardinal Ratzinger fosse un mio studente', lei scriveva, 'di molte cose mi piacerebbe ragionare con lui, complimentarmi o distanziarmi'. La Rossanda sul 'Manifesto' lamento' un eccesso di benevolenza. - Luisa Muraro: Forse Rossana e' ancora legata a una vecchia cultura anticlericale, non troppo sensibile ai pur minimi slittamenti delle gerarchie cattoliche. La Chiesa e' quello che e': non ho prospettive irrrealistiche e m'accontento dei piccoli passi. * - Simonetta Fiori: Lei si limita a dire che sua madre era cattolica. Ma lei? - Luisa Muraro: Non la giudicherei una risposta evasiva. Valorizzare il rapporto con la madre per noi femministe vuol dire molto. 11. RIFLESSIONE. DOMENICO JERVOLINO: UN INCONTRO A LIMA [Dal quotidiano "Liberazione" del 28 settembre 2005. Domenico Jervolino (per contatti: djervol at tin.it), nato a Sorrento nel 1946, discepolo di Pietro Piovani, studioso ed amico di Paul Ricoeur e Hans Georg Gadamer, due fra i maggiori filosofi del Novecento, insegna ermeneutica e filosofia del linguaggio all'Universita' di Napoli Federico II. Fa parte degli organismi dirigenti dell'Associazione internazionale per la Filosofia della Liberazione (Afyl) e della International Gramsci Society (Igs). E' stato recentemente eletto membro della Consulta filosofica italiana (organismo rappresantivo della comunita' scientifica nel campo degli studi filosofici). Nell'ambito dell'impegno politico e nelle istituzioni e' stato consigliere regionale della Campania dal 1979 al 1987 e membro della presidenza del Consiglio regionale. E' stato anche nel corso degli anni tra i promotori del movimento dei Cristiani per il socialismo, dirigente delle Acli e della Cisl Universita', membro della direzione nazionale della Lega delle Autonomie Locali e della segreteria nazionale di Democrazia Proletaria di cui e' stato a lungo responsabile nazionale cultura e scuola. In Rifondazione Comunista e' attualmente membro del Comitato politico nazionale e responsabile nazionale Universita'. Assessore all'educazione del Comune di Napoli dal marzo 2000 al marzo 2001. E' autore, nel campo degli studi filosofici, dei volumi: Il cogito e l'ermeneutica. La questione del soggetto in Ricoeur, Procaccini, Napoli 1984, Marietti, Genova 1993 (tradotto in inglese presso Kluwer nel 1990); Pierre Thevenaz e la filosofia senza assoluto, Athena, Napoli 1984; Logica del concreto ed ermeneutica della vita morale. Newman, Blondel, Piovani, Morano, Napoli 1994; Ricoeur. L'amore difficile, Studium, Roma 1995; Le parole della prassi. Saggi di ermeneutica, Citta' del sole, Napoli 1996 (in una collana dell'Istituto italiano per gli studi filosofici); Paul Ricoeur. Une hermeneutique de la condition humaine, Ellypses, Paris 2002; Introduzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia 2003. Ha curato e introdotto l'antologia ricoeuriana Filosofia e linguaggio, Guerini, Milano 1994, e una scelta di scritti di Ricoeur sulla traduzione: La traduzione. Una scelta etica, Morcelliana, Brescia 2001. Ha curato, inoltre, i volumi: Filosofia e liberazione, Capone, Lecce 1992 (con G. Cantillo); e Fenomenologia e filosofia del linguaggio, Loffredo, Napoli 1996 (con R. Pititto); L'eredita' filosofica di Jan Patocka, Cuen, Napoli 2000. Ha partecipato ai principali volumi collettivi pubblicati su Ricoeur negli ultimi anni in Francia, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti e continua, attualmente, i suoi studi, lavorando in particolare sull'opera di Jan Patocka e sugli sviluppi della fenomenologia di lingua francese nonche' sul raporto ermeneutica-traduzione. Complessivamente i suoi saggi e articoli di filosofia sono circa ottanta in italiano o tradotti in sette lingue straniere. Nel campo della saggistica politica e' autore dei volumi: Questione cattolica e politica di classe, Rosenberg & Sellier, Torino 1969; Neoconservatorismo e sinistra alternativa, Athena, Napoli 1985; e di una vasta produzione pubblicistica. Collabora a numerose riviste italiane e straniere, tra cui "Concordia" di Aachen, "Actuel Marx" di Parigi, "Filosofia e teologia" e "Studium" di Roma, "Segni e comprensione" di Lecce; dirige la rivista "Alternative" di Roma. E' condirettore della rivista "Il tetto" di Napoli, di cui fa parte da circa trent'anni] Come mettere d'accordo la ricerca della scienza con la domanda sul senso dell'uomo? E' ormai questa la questione fondamentale del nostro tempo, non a caso ripresa come tema centrale dai lavori del secondo congresso mondiale delle scuole fenomenologiche, la Opo, che si e' tenuto a Lima. La fenomenologia e' una della correnti filosofiche piu' importanti del XX secolo, intesa non solo come pensiero del suo fondatore, Edmund Husserl, ma anche nei tanti sviluppi che dal nucleo centrale si diramano, noti anche al grande pubblico come filosofie dell'esistenza, ermeneutica, fenomenologia sociale, e le tantissime applicazioni nel campo della psicologia, della sociologia, delle scienze umane, dello studio della letteratura e delle arti. A Lima c'e' anche chi applica il metodo fenomenologico alla musica, alla danza e alla fotografia. Quest'area di studi viene etichettata sotto il nome generico di "filosofia continentale" in opposizione globale alla filosofia analitica di lingua inglese, che tende a dominare oggi nel mondo globalizzato col suo stile che una volta Marcuse avrebbe chiamato "a una dimensione". Anche quest'opposizione peraltro non e' assoluta e qua e la' i pensatori piu' geniali hanno cercato di stabilire rapporti dialettici fra i due stili di pensiero, finora con risultati molto parziali. Anche nella vecchia Europa la filosofia si "americanizza". In compenso proprio negli Stati Uniti c'e' una minoranza che coltiva seriamente gli studi fenomenologici, esistenziali, ermeneutici. Americano di quest'altra America, colta, intelligente e radicale, e' Lester Ebree, il coordinatore dell'Opo, fondata tre anni fa nella mitica Praga di Patocka, l'ultimo grande allievo di Husserl che fu uno dei protagonisti della primavera praghese del '68 e poi portavoce del movimento Charta '77, morto per infarto dopo pesanti interrogatori della polizia in quello stesso tragico 1977. Del resto come capita alla filosofia dai tempi di Socrate, anche la fenomenologia ha avuto i suoi martiri: mentre il suo fondatore Husserl si spegneva nel 1938 in una Germania ormai preda della barbarie, i suoi allievi finivano davanti ai plotoni di esecuzione come il francese Jean Cavailles, o nelle camere a gas come Edith Stein (e l'elenco e' incompleto). * Quello di Lima e' stato un convegno di carattere scientifico, non destinato a una immediata finalita' politica (come invece il foro dei filosofi di Caracas dello scorso luglio). Eppure la realta' latino-americana e' cosi' pregnante e ricca di stimoli politici da permettere a chi lo volesse di leggere fra le righe il rapporto tra il mondo contemporaneo e una filosofia che nella sua ricerca intorno alla "funzione delle scienze" non intende mai perdere il "senso dell'uomo" - per ricordare con queste parole virgolettate un grande fenomenologo italiano degli anni sessanta, Enzo Paci, uno dei protagonisti in quegli anni del cosiddetto marxismo fenomenologico. Nella stessa Universita' Cattolica di Lima che ha ospitato il congresso, si trovavano ancora tracce della straordinaria stagione della teologia della liberazione che nel Peru' di Mariategui ha avuto un grande protagonista in Gustavo Gutierrez e nel centro Bartolome' de Las Casas. Da questo centro, ancora operante a Lima, nonostante il fatto che Gustavo sia stato costretto ad emigrare, per la normalizzazione della chiesa peruviana, esce in questi giorni l'"Informe final", vale a dire il rapporto della commissione d'inchiesta (presieduta dall'ex rettore dell'universita' cattolica, Salomon Lerner, nostro amabilissimo ospite con la moglie Rosemarie Rizo-Patron, coordinatrice del congresso) sui circa ottantamila assassinii politici verificatici nel paese andino in questi ultimi anni di lotta alla guerriglia ma anche di repressione di movimenti sociali e contadini. Del gran numero di comunicazioni presentate al congresso non e' luogo qui per riferire. Basti indicare il sito www.o-p-o.net e la annessa newsletter veramente preziosissima. Poco numerosa la presenza europea, come si diceva, nonostante la spendida introduzione del belga Taminiaux sulle radici del pensiero di Heidegger. Significative invece le presenze di tutto il continente americano e, questa forse e' una novita', di studiosi cinesi e giapponesi. Il prossimo meeting si svolgera' a Hong Kong nel 2008. Prima pero' si svolgeranno incontri preparatori nell'area euro-mediterranea e balcanica, secondo gli impegni che ci siamo assunti come organizzazioni europee presenti. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 1075 del 6 ottobre 2005 Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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